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SECONDA SERIE

AVVERTENZA

l. Il presente volume, quinto della serie II, ha inizio col nuovo ministero Minghetti; il suo termine è puramente cronologico, non legato cioè a particolari avvenimenti di politica estera od interna.

In esso, come nei precedenti, ha notevole risalto la documentazione relativa all'Internaz,iona1e e ai movimenti repubblicani mentre nel campo più proprio della politica estera si nota l'estendersi dei rapporti diplomatici e commerciali verso i paesi danubiani, prova di un'attenzione, destinata ad accentuarsi negli anni seguenti, verso quell'area europea.

Un particolare rilievo viene riservato alla documentazione circa la Conferenza di Bruxelles sul trattamento dei prigionieri di guerra ed il regolamento dei diritti e dei doveri degli Stati belligeranti, la prima del genere, che riveste aspetti umanitari e sociali internazionali di sicuro interesse.

Risulta ampiamente documentata altresì la visita del Re a Vienna e Berlino, significativa per gli ulteriori sviluppi di politica estera. Rimangono infine sempre in evidenza sia la questione romana sia le conseguenze della questione istituzionale in Spagna.

2. Il volume, come i precedenti, è in gran parte fondato sulla documentazione conservata nell'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri e precisamente sui seguenti fondi archivistici:

a) Gabinetto e Segretariato Generale: Corrispondenza telegrafica in arrivo e in partenza;

b) Carteggio confidenziale e riservato;

c) Divisione • politica • : Registri copialettere in partenza, Rapporti in arrivo;

d) Pratiche diverse trattate dalla Divisione • politica ».

3. -Altri Archiv,i, sopratutto privati, hanno fornito un importante contributo per la compilazione del volume: in particolare l'Archivio Visconti Venosta, conservato a Santena, le carte Minghetti della Biblioteca Comunale di Bologna e le carte Robilant conservate presso la Commissione. 4. -Per le ricerche e il coordinamento dei documenti ho avuto la preziosa collaborazione del Prof. Francesco Bacino a cui va il mio particolare ringraziamento. Con lui desidero ringraziare vivamente le Dott. Emma !annetti e Emma Ghisalberti per la compilazione dell'apparato critico.

ANGELO TAMBORRA

l

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5 6 7 8 9 IO

Il

12 13 14

Provenienza e data

Roma 11 luglio 1873

Vienna 12 luglio 1873

Vienna 12 luglio 1873

Parigi 13 luglio 1873

Parigi 13 luglio 1873

Roma 13 luglio 1873

Parigi 14 luglio 1873

Berlino 17 luglio 1873

Berlino 17 luglio 1873

Pietroburgo 18 luglio 1873

Roma 19 luglio 1873

Berlino 19 luglio 1873

Roma 20 luglio 1873

Roma 21 luglio 1873

Vienna 22 luglio 1873


DOCUMENTI
1

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 131. Roma, 11 luglio 1873, ore 14.

Je suis allé à Florence pour voir le Roi. Il part ce soir pour Valsavaranche

et l'idée de revenir à Turin rencontrer le Schah le met de mauvaise humeur.

Cependant dites au Grand Vizir que le Roi qui passe les mois des grandes

chaleurs dans les montagnes devra se rendre exprès à Turin pour la visite du Schah. Il est donc nécessaire que je connaisse exactement le jour de l'arrivée du Schah en Italie 'et son itinéraire por que je puisse prévenir à temps le Roi. Tàchez de savoir si outre Turin le Schah se propose de visiter aussi d'autres villes d'Italie pour que je puisse répondre aux demandes de,s Municipalités. Télégraphiez moi résultat votre entrevue avec Grand Vizir.

2

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 206. Vienna, 12 luglio 1873 (per. il 21).

Non ho mancato alla prima udienza che io ebbi dal Conte Andrassy di

sdebitarmi del gradito incarico che all'E.V. piaceva affidarmi col suo ossequiato

dispaccio dei 28 scorso Giugno N. 88 (l) della presente Serie. Il Conte accolse

con marcata soddisfazione la conferma che io ebbi a ripetergli del vivo desi

derio del Governo del Re di mantenersi coll'Austria-Ungheria in un costante

ed amichevole scambio di idee sulle principali questioni politiche, nonché

la speranza che io gli lasciai travedere che il suo dispaccio al Conte Wimpffen,

di cui l'Inviato Imperiale avea lasciato copia all'E.V., riuscisse ad indurre

l'Augusto Nostro Sovrano a fissare definitivamente l'epoca del suo viaggio a

Vienna.

Esaurita la conversazione su questo argomento, il Conte Andrassy accen

nò a voler parlar meco di cose affatto estranee alle nostre relazioni interna

zionali. Credetti però non dovere assecondare questa sua intenzione, premen

domi assai non lasciar sfuggire l'occasione di toccare seco Lui altro più grave

argomento, quello cioè a cui si riferisce il successivo dispaccio dell'E.V. dello

stesso giorno. Reputavo ciò tanto più necessario ché pochi giorni prima aveva

mo avuto assieme un breve colloquio in proposito in una serata, conversazione che era stata rotta a metà da circostanze indipendenti dalla nostra volontà.

Abbordai la questione, riferendomi a quell'anteriore breve colloquio, a cui egli aveva dato occasione scherzando sulle voci, corse nei giornali, di un accordo dell'Austria-Ungheria colla Francia per fare osservazioni all'Italia sull'articolo della Legge sulle Corporazioni Religiose che si riferisce ai Generalati. Gli ripetei ciò che gli aveva risposto quella sera, cioè che se l'accordo non aveva effettivamente esistito, il fatto però vi aveva dato tale apparenza da non potere a meno di fare impressione. Egli mostrossi alquanto risentito di queste mie parole, e onde respingere nel modo il più assoluto l'esistenza di qualsiasi concerto a riguardo del passo fatto dal Gabinetto di Vienna, fecemi leggere un brano di un suo dispaccio dei 26 giugno al Conte Appony, in cui faceva cenno a quell'Ambasciatore della comunicazione di cui aveva incaricato l'Inviato Imperiale a Roma, avvertendolo che di ciò gli dava conoscenza unicamente per sua norma. Soggiungevami poi tosto che ad ogni modo il Governo Italiano non si doveva meravigliare se di una questione che interessa l'esercizio dell'Autorità Spirituale del Pontefice sugli Ordini Religiosi sparsi nell'Orbe Cattolico, due Potenze Cattoliche se ne fossero contemporaneamente occupate. E qui il Conte Andrassy credette nuovamente entrare nel merito del sopracitato articolo della nostra legge, dimostrando la speranza che esso potesse venire ulteriormente modificato, ed intanto con temperamenti governativi attenuato nei suoi effetti.

Io non credetti seguirlo su questo terreno, e quindi mentre a norma delle istruzioni contenute nel dispaccio dell'E.V. l'assicurai che il criterio con cui il Governo si propone di regolarsi nell'applicazione di codeste disposizioni legislative non cesserà di essere quello della equità e dello spirito di moderazione,

volli però accentuare che mi trovavo nella impossibilità di discutere seco Lui le disposizioni della legge, non trattandosi più di un progetto, ma bensì di una Legge sancita dai tre poteri dello Stato e quindi per me indiscutibile. Questo mio contegno fermo nella sostanza, cortesemente cordiale nella forma parvemi non facesse cattiva impressione sull'animo del Conte. Infatti dissemi tosto capire la mia riserva e quella pure del R. Governo, non essere però evidentemente il Gabinetto di Vienna legato da vincoli uguali, credere quindi aver fatto egli atto di lealtà nel non celare la sua opinione anche a cosa compiuta. Averlo anzi dovuto fare, affinché i suoi avversarj in Austria non gli potessero un giorno rimproverare di aver taciuto per mancanza di coraggio: • Non ho nascosto il mio modo di -vedere, l'ho palesato anzi in modo chiaro ed esplicito al tempo stesso, ho tenuto a dimostrare al Governo Italiano che il mio desiderio di cordiali relazioni seco lui non era punto scemato per questo fatto speciale, scrivendo lo stesso giorno al Conte Wimpffen i due dispacci relativi alla venuta del Re, che furono in antecedenza letti ed approvati dall'Imperatore al pari di quello che si riferisce alle nostre osservazioni sulla questione dei Generalati ». Con queste parole presso a poco ebbe termine il nostro discorso, che io lasciai cadere non sembrandomi utile né opportuno il continuarlo, e ci lasciammo di lì a un momento con reciproco scambio di cordiali espressioni.

Avrei così ragione di credere l'incidente esaurito; non ne rispondo però, poiché colle simpatie che regnano qui nelle alte regioni per l'attuale Governo

Francese, credo non impossibile si facciano ancora nuovi passi, ove il Maresciallo Mac-Mahon si adoperi a ciò con tatto e destrezza. Il malumore poco celato dalla Germania per quanto già si è fatto, potrebbe in verità consigliare maggior prudenza per l'avvenire; non mi stupirebbe però che per un certo prurito di indipendenza dal potente vicino che si fa alquanto sentire in questi giorni nelle succitate alte sfere, l'effetto non fosse anzi contrario.

Ad ogni modo, senza pregiudicare l'avvenire, la mia impressione oggi su questo incidente si è che in fondo il Gabinetto di Vienna ed il Conte Andrassy in particolare poco si preoccupa della sorte dei Generalati degli Ordini Religiosi; se, ciò nondimeno, si vollero presentare delle osservazioni, far quasi delle riserve, si fu unicamente per essere in grado di dire un giorno all'opposizione Cattolica sempre potente qui: non ci siamo lasciati tenere a bada dal Governo Italiano, abbiamo fatto ciò che dovevamo fare; di più non vogliamo né possiamo, perché voi stessi non ce lo consigliereste.

(l) Cfr. Serie II, vol. IV, n. 585.

3

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 12 luglio 1873.

Troverete nello stesso piego in cui acchiudo la presente, e che prego il Ministro Finali a ben volervi consegnare, un mio rapporto sulla conversazione avuta coll'Andrassy lunedì scorso a riguardo dell'eterna questione dei Generalati (1). Ho però alquanto gazé nel mio rapporto ufficiale, sembrandomi inutile farvi menzione in esso, degli incidenti alquanto vivi della discussione, avendo essa d'altronde avuto fine cordiale. Ve ne citerò però uno. Il Conte Andrassy avendomi detto che se io non potevo più discutere una Legge dello Stato, dovevo però ammettere ch'egli non era tenuto ad ugual riserva, e che quindi poteva dirmi che la Legge com'era riescita emendata n'était pas heu1"euse, io gli risposi che volendo esser seco Lui del pari franco non volevo celargli che il mio particolar apprezzamento era press'a poco conforme al suo, ma che per esser franco intieramente dovevo però aggiungergli: que ça n'avait 'pas non plus été heureux de la part de l'Autriche de nous faire connaitre ses impressions à ce sujet en mème temps que la France. Questa mia sortita lo fece saltar in furia, non tardò però a calmarsi poiché in fondo mi dava ragione. Come già vi dissi spero l'incidente sia vidé, e non mi si parli più dei Generalati, però ammaestrato dall'esperienza non rispondo più di niente. Intanto sia l'Imperatore che l'Andrassy si mostrano meco particolarmente gentili, ed io naturalmente corrispondo alle cortesie che mi si usano coi migliori miei sorrisi. Venne testè nominato un nuovo addetto militare a Roma, il Luogotenente Colonnello Haymerle ufficiale molto distinto sotto ogni aspetto, egli però non potrà

intervenire alle nostre grandi manovre, dovendo prima far una cura balnearia, ma l'Imperatore non volendo si ripeta l'avvenuto l'anno scorso che tutti i principali Eserciti d'Europa meno l'Austriaco erano rappresentati al nostro campo, ha già destinato alti ufficiali di cui più non rammento il nome ad intervenirvi. Vi ho parlato di rose, non voglio però tacervi di alcune spine che vedo spuntare. Il Conte di Wimpffen deve avervi parlato od il suo rimpiazzante vi parlerà d'un reclamo dell'Ordine di Malta per certe commende poste sotto sequestro in Sicilia durante la dittatura di Garibaldi. Così pure non si tarderà a ripigliar la questione della fortuna privata di Francesco II. La questione deve esser stata rimessa sul tappeto allorché venne qui lo Tzar. Del primo affare nulla so e sarebbe bene ne avessi un'idea. In quanto al secondo avendo luogo di dubitar sarà con me che si riaprirà il fuoco sarebbe conveniente sapessi se il Governo è fermo nell'idea che il momento non è opportuno per trattar quest'affare, mentre invece non sarebbe alieno dal parlar dell'acquisto del Palazzo Farnese. Questa seconda idea che chiamerei derivatoria mi era stata posta avanti dal Sella, e siccome in fondo d'altro non si tratta se non di rifornir l'esausta borsa dell'ex Re, potrebbe aver conseguenze pratiche. Tutto ciò non tarderà a venir a galla, poiché so che si fa qui particolar assegno sul carattere e sui modi concilianti di cui l'onorevole Presidente del Consiglio

ebbe a dar prova durante la sua missione a Vienna.

Mi fu detto che i giornali nostri di parte sinistra avanzata, nel parlar della crisi prima del suo scioglimento, ebbero a dar come pronto ad andar in scena un ministero bello formato del loro partito, nel quale figuravo io come Ministro degli Affari Esteri! Trovo il procédé più che strano, ma non me ne inquieto affatto lascio quindi dire ciò che vogliono. Domani vado per qualche giorno in campagna a Teplitz, cinque o sei giorni al più, dovendo trovarmi qui per la venuta dello Sciah a cui anche a Vienna si prepara splendida accoglienza. Finite quelle feste se non vi saranno affari grossi od altre circostanze che m'impediranno d'allontanarmi, vi sarò grato se mi lascierete andar nuovamente a Teplitz dove la mia famiglia passa l'estate, per 15 o 20 giorni, avendo proprio bisogno di cambiar aria. Voi pure non dubito vi sentireste egual sommo bisogno, ma parmi poco probabile possiate soddisfarlo poiché il Ministero essendo nuovo dovete aver più che mai bisogno di riunirvi frequentemente. Anche per questa ragione apprezzo grandemente il sacrifizio che avete dovuto fare nel conservar il Vostro portafoglio.

(1) Cfr. n. 2.

4

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 303. Parigi, 13 luglio 1873, ore 15 (per. ore 19,20).

Veuillez soumettre respectueusement à S.M. que le Schah a pris lui meme l'initiative d'une entrevue avec le Roi dans la haute Italie et que dès lors il est impossible de refuser sans inconvénients. La renonciation du Schah à passer par l'Italie, qui serait la conséquence du refus, produirait une facheuse impression chez nous. Du reste, le Grand Vizir vient de me faire savoir que le Schah accepte Turin comme lieu d'entrevue et il se réserve de me faire connaitre le jour et l'itinéraire le plus promptement possible.

5

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 304. Parigi, 13 luglio 1873, ore 16,10 (per. ore 20,50).

Je ne vois pas la possibilité d'éviter l'entrevue du Schah avec le Roi.

S.M. Persane dit à tout le monde qu'il a tant entendu parler du Roi Victor Emmanuel qu'il désire ne pas quitter l'Europe sans l'avoir vu.

6

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

L. P. Roma, 13 luglio 1873.

Da qualche tempo doveva scriverle intorno al progettato viaggio del Re in Germania ed in Austria, ma vedendo approssimarsi un'inevitabile crisi ministeriale, e durante la crisi, sospesi la mia lettera per non creare impegni in uno stato di cose che non poteva ammetterne.

Ora, appena ricostituito il nuovo Gabinetto, mi recai a Firenze per conferire con Sua Maestà intorno a questo argomento. Dopo le conversazioni che il Presidente del Consiglio ed io ebbimo col Re su questo importante argomento, mi affretto a scriverle per farle conoscere quale è lo stato delle cose e quale il modo di vedere del Governo.

Dalle sue lettere e dal suo telegramma del 7 corrente (1), risulta che, al primo esame delle quistioni che coi miei dispacci telegrafici io le ponevo in modo sommario ed incompleto, il suo avviso sarebbe:

l) che il Re dovrebbe recarsi prima a Berlino e quindi, se lo crede, a Vienna;

2) che varrebbe meglio, senza attendere un invito dalla parte dell'Imperatore, enunciare semplicemente l'intenzione del Re di recarsi a Berlino per fare visita all'Imperatore Guglielmo.

Io comprendo benissimo la maggiore spontaneità che vi sarebbe in questo modo di procedere e i vantaggi che vi sarebbero sotto questo punto di vista

esclusivo. Ma è necessario tener conto di alt11i elementi di fatto che raccomando alla sua attenzione, ed è pure necessario che io la informi della situazione nella quale il Governo si trova.

La prima difficoltà innanzi alla quale si trova il Ministero è la poco favorevole disposizione d'animo, per non dire la ripugnanza, del Re per questo viaggio. Certo che Sua Maestà, in questa come in ogni altra occasione, finirebbe col subordinare le sue preferenze personali al vantaggio dello Stato. Ma, nello stato attuale delle cose, -ed è bene tenerlo anzi tutto presente, noi non abbiamo una volontà favorevole del Re mediante la quale si possa sorpassare a molte difficoltà e rendere agevoli, agli occhi suoi, le circostanze e le condizioni del viaggio. La verità sta piuttosto nel contrario. È d'uopo l'insieme delle circostanze e delle condizioni le più opportune per poter influenzare e decidere in un modo favorevole la volontà del Re. Ella conosce la ripugnanza grandissima di Sua Maestà ad abbandonare le sue abitudini, alle cerimonie, alle rappresentanze, ai contatti con persone che non conosce, specialmente se sono Sovrani, e al lasciarsi condurre sovra un terreno politico diverso da quello che così bene gli è noto. Queste ripugnanze sono note a tutto il mondo, in Italia e fuori d'Italia. Ed è per questo che il Re d'Italia è forse uno dei Sovrani che hanno meno viaggiato: da venti anni può dirsi ch'Egli non sia uscito dai suoi Stati. Appunto per questo, il Re sente che un suo viaggio, come cosa affatto eccezionale e nelle presenti circostanze, ha e deve avere una importanza politica di cui l'opinione pubblica, tanto nel nostro paese come in tutta l'Europa, sarà piuttosto condotta ad esagerare che a diminuire l'importanza.

Il Re dunque, ne sono convinto, non si deciderebbe in un senso favorevole ai nostri desiderj, che quando questo viaggio si spiegasse con una occasione propizia e spontanea, si compiesse nelle migliori condizioni e avesse d'altronde gli effetti e il valore pratico ed efficace di un atto politico.

L'occasione naturale e spontanea è l'Esposizione di Vienna. Oltre l'invito fatto da più mesi a Sua Maestà, nella stessa forma che agli altri Sovrani, l'Imperatore Francesco Giuseppe espresse due volte al nostro rappresentante a Vienna il desiderio di vedere il Re d'Italia. Il Conte Andrassy parlando col Conte di Robilant e il Conte Wimpffen parlando meco per istruzione espressa del suo Governo, espressero più volte e nel modo più accentuato il desiderio che questo viaggio, a cui si attaccava un pregio speciale, potesse aver luogo. In fine, poiché era pur d'uopo rispondere qualche cosa, io dissi, per incarico del Re al Conte Wimpffen che Sua Maestà si recava ora, per consiglio dei medici, in Piemonte, che sperava che più tardi, nell'autunno, le circostanze gli avrebbero permesso di visitare l'Imperatore, nel caso contrario vi si sarebbe recato S.A.R. il Principe di Piemonte. In seguito a ciò giunse un nuovo dispaccio che il Conte Wimpffen era incaricato di portare a diretta conoscenza di Sua Maestà, in cui il desiderio che il viaggio abbia luogo è ancora vivamente espresso. Quando il Re dunque si decidesse a questo viaggio, gli sarebbe difficile, per un sentimento di convenienza, di non tener conto della priorità di quest'invito. Nelle circostanze attuali e dopo i cambiamenti poco rassicuranti per noi avvenuti in Francia, il Re è reso, da una certa suscettibilità che si comprende, poco proclive all'idea di partire direttamente dall'Italia per Berlino, contro ogni sua nota consuetudine, e senza una ragione speciale che giustifichi questo viaggio. L'Esposizione di Vienna fu una occasione alla visita di molti Sovrani alla capitale austriaca, e così, senza parlare d'altre ragioni, può esserlo ad un viaggio del Re, ed è naturale che il Re, una volta che sia uscito d'Italia, e si trovi in Austria, non lasci passare questa occasione senza fare una visita a Berlino, dov'è una Corte amica colla quale si vogliono rendere sempre più intime e amichevoli le relazioni. In vista dunque di questo complesso di circostanze, crederei che il viaggio di Sua Maestà a Vienna debba essere l'occasione del suo viaggio a Berlino.

Se questo è anche il modo di vedere del Re, Sua Maestà però comprende che l'importanza vera del viaggio consisterebbe nella visita a Berlino, più che in quella a Vienna. Lo comprende per modo che per me è dubbio che si risolva d'andare a Vienna, se il viaggio a Berlino non è prima assicurato.

Nello stesso tempo però sono convinto che il Re non vincerebbe la sua ripugnanza ad ogni viaggio s'io dovessi dirgli ch'Egli deve prendere l'iniziativa di annunziare, senza alcun invito ricevuto, la sua visita all'Imperatore Guglielmo a Berlino. Ciò che mi parrebbe utile, per non dire necessario, sarebbe che, una volta reso noto ed ufficiale il viaggio del Re a Vienna, il Re, sia in Italia prima della sua partenza, sia a Vienna ricevesse un invito dall'Imperatore Guglielmo in quella forma che sarà tanto migliore quanto più sarà diretta. S'io potessi assicurare Sua Maestà che le cose avverranno in questo modo, credo che potrei vincere ogni sua esitazione. Ma oltre questa quistione che è sovratutto di forma, v'è anche quella degli effetti e del valore politico del viaggio.

È impossibile occuparsi di questa parte dell'argomento senza pensare al Principe di Bismarck.

Si dice che in questo momento l'Imperatore Guglielmo e il Cancelliere dell'Impero siano in termini alquanto freddi, che il Principe di Bismarck si sia ritirato a Varzin e che il suo ritiro non sia scevro di malumore, che alla Corte, e anche presso l'Imperatore, la corrente non sia oggi favorevole a lui. Non so quanto vi sia di vero in queste voci, delle quali Ella potrà misurare l'esattezza e l'importanza ma se in ciò v'ha qualche cosa di vero, mi parrebbe tanto meno conveniente e prudente il lasciare il Principe di Bismarck, nel suo ritiro di Varzin, quasi all'infuori di questi progetti e di queste preparazioni della visita del Re d'Italia alla Corte di Berlino. Se il Principe di Bismarck è ora in un periodo di bouderie, potrebbe darsi ch'egli lasciasse compiersi questo viaggio, combinato all'infuori del suo intervento e della sua approvazione, senza neppure muoversi da Varzin. Il caso, per quanto parrebbe strano, è pure prevedibile. Ora non le nascondo che se il Re venisse a Berlino e il Principe di Bismarck rimanesse nelle sue terre, come avvenne quando i RR. Principi intervennero l'anno scorso al battesimo, io credo che il Re se ne risentirebbe, e inoltre l'effetto di questa assenza sarebbe che il Principe avrebbe voluto, per tal modo, marcare che il viaggio del Re è da lui considerato come un fatto di Corte, una cortesia di Sovrani senza alcuna importanza politica. In questo caso tanto varrebbe rinunciarvi.

Io Le lascio dunque considerare, carissimo Conte, se non sarebbe conveniente e prudente l'ottenere l'adesione e il concorso del Principe di Bismarck

al nostro progetto. Intorno al modo migliore e più abile per ottenere questa adesione preventiva Ella potrà giudicare colla perfetta cognizione che ha degli uomini e delle cose, e col suo tatto sicuro ed esperto. S'Ella credesse utile di far intervenire in qualche modo anche Keudell, attenderò i suoi consigli. Ella comprende che per quanto siano importanti i rapporti delle due Corti e dei due Sovrani, è di una importanza non meno vitale per noi il non indisporre la personalità politica del Principe di Bismarck e l'assicurarci, in tutti i nostri rapporti colla Germania, un concorso e un buon volere costante da parte sua. Nello stato attuale delle cose è questa una guarentigia che non si può trascurare. Vorrei dunque concludere le mie parole colle seguenti domande:

l) Crede Lei che in occasione d'un possibile viaggio del Re a Vienna possa ritenersi assicurato un invito dell'Imperatore Guglielmo a Sua Maestà di recarsi a Berlino?

2) Crede che si possa ottenere l'adesione e il concorso del Principe di Bismarck a questo progetto e la sua venuta a Berlino quando vi sia il Re? 3) Crede che questo viaggio di Sua Maestà possa avere un vero ed efficace valore politico? Non voglio chiudere questa lettera senza chiedere la sua attuale impressione su un argomento che non è senza attinenza coll'eventuale viaggio del Re.

Ogni qualvolta abbiamo scambiato le nostre idee sui rapporti fra l'Italia e la Germania, sia per iscritto, sia a voce quando Ella venne a Roma, e quando se ne parlò col Ministro Sella e anche con Sua Maestà, Ella mi espresse sempre il convincimento che v'era fra i due paesi una situazione da coltivare con cura ed assiduità, per rendere sempre più intimi i rapporti, più solidari gli interessi, in modo che l'alleanza dei due paesi si trovasse già moralmente fatta il giorno in cui sorgessero delle eventualità che potessero renderla effettiva, ma che, nella sua convinzione, non si poteva andare più in là, e che non era, d'altronde nel modo d'agire del Principe di Bismarck il legarsi con degli impegni positivi per delle eventualità incerte e a termine indefinito. Ella si rammenterà che il nostro modo di vedere era uniforme a questo riguardo. In questi ultimi tempi però ho rimarcato alcuni sintomi che, per quanto non abbiano un valore positivo, colpirono alquanto la mia attenzione. Le voci e le notizie di trattati firmati fra la Germania e l'Italia furono ripetute dai giornali tedeschi con una insistenza da far quasi credere ad un eccitamento indiretto. Alcuni giornali che hanno qualche attinenza col Gabinetto di Berlino persistettero a parlare dell'Italia come di un paese che vorrebbe nelle sue relazioni internazionali ricevere senza dare e dispensarsi dal prendere un'attitudine più netta verso la Germania, perché ha la convinzione che malgrado ciò la Germania non potrebbe, per interesse proprio, abbandonarla. Potrei moltiplicare questi esempj, i quali mi lasciarono talvolta supporre che si attenda da noi qualche iniziativa che non si crede della propria dignità il prendere verso di noi. Ha Lei in qualche modo luogo di credere che le disposizioni siano mutate da quando mi esprimeva il suo avviso, e che ora invece si sarebbe disposti a prendere coll'Italia separatamente degli accordi scritti e degli impegni positivi? Se tale fosse il caso, non sarebbe difficile il prevedere che quando il Re fosse a Berlino si coglierebbe l'occasione, sia per farci qualche proposta,

sia per tenerci un linguaggio tale da farci comprendere che si attende da noi qualche simile entratura. È una eventualità che è bene prevedere. Comprendo bene che Ella non può rispondere in modo positivo alla mia domanda. Ella non può darmi che un apprezzamento personale, ed è solo un apprezzamento di simile natura ch'io le chiedo.

La prego, quando avrà ricevuto questa lettera, e anche prima della sua risposta scritta, che potrà inviarmi col Corriere, di mandarmi per telegrafo le sue impressioni. Dopo queste prime intelligenze, spero ch'Ella potrà partire in congedo proponendomi pure di fare altrettanto.

(1) Cfr. Serie II, vol. IV, n. 600.

7

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 14 luglio 1873.

Ho fatto tutto quello che poteva farsi decentemente per evitare a Sua Maestà la calamità, come la chiama, della visita dello Sciah. Non solo mi astenni scrupolosamente dal pigliare un'iniziativa qualsiasi intorno a questo progetto, ma quando questa iniziativa fu presa dal Gran Vizir e da MalcolmKhan, dissi loro che il Re era in procinto di recarsi, come fa ogni anno, a cacciare sulle alte Alpi Graje dove soleva soggiornare abbastanza a lungo. E quando lo Sciah mi pregò di far sapere al Re che esso desiderava di vederlo in una città dell'Alta Italia che il Re stesso avrebbe designato, risposi pure che il Re doveva andare sulle montagne, aggiungendo che ciò nondimeno avrei fatto conoscere a Sua Maestà il desiderio dello Sciah, il quale desiderio sarebbe, senza dubbio, stato appreso dal Re con soddisfazione. Non era possibile, nello stato delle cose, e colle istruzioni che aveva, il dire di meno, senza formulare un rifiuto esplicito che io non ero autorizzato d'esprimere. Malgrado la mancanza d'ogni iniziativa da parte vostra, malgrado l'assenza d'un invito diretto

o indiretto, malgrado l'evidente freddezza del mio linguaggio, lo Sciah persiste a voler traversare l'Alta Italia per vedere il Re, che dice di voler conoscere prima di tornare in Asia, e lascia a Sua Maestà il determinare il luogo e il giorno. Francamente in tali condizioni un rifiuto non è possibile senza gravi inconvenienti. Questi inconvenienti li sapete meglio di me. Lo Sciah partirebbe mal disposto ed i nostri viaggiatori e commercianti subirebbero le conseguenze di questa cattiva disposizione. Inoltre se la gita in Italia dello Sciah andasse a monte pel fatto del Re l'impressione in Italia ed anche fuori sarebbe pessima. Torino e Milano ne sarebbero malcontente. V'è qui adunque una questione che interessa lo Stato, ed io non dubito che S.M. farà anche questa volta il sacrifizio dei suoi comodi personali al bene dello Stato. Ve lo ripeto, a meno che lo Sciah, il quale ha preso l'iniziativa della visita, cambi d'idea di per sè, e spaventato del tunnel del Cenisio (ha grande ripugnanza, a quanto sembra, a passare sotto i tunnel), prenda l'iniziativa esso stesso di rinunziare alla

3 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. V

visita, io non vedo proprio la possibilità di dir di no ad un Sovrano che viene dal centro dell'Asia, e che vi lascia liberi di fissare il giorno e il luogo del convegno che vuole avere col Re. Del resto dite rispettosamente a Sua Maestà che l'intenzione dello Sciah non è di rimanere a lungo in Italia. Esso desidera fermarsi soltanto il tempo necessario per vedere il Re ed una o due delle città dell'Alta Italia, e ciò solamente di passaggio. Il Gran Vizir m'ha detto che verrà fra due giorni egli stesso a comunicarmi le intenzioni dello Sciah ed il suo itinerario, ed io avrò cura di telegrafarvi subito. Ora si dice che lo Sciah passerà da Parigi soltanto il 23, cioè che rimanderebbe la gita in Italia, tenuto conto del soggiorno in !svizzera, alla fine del mese corrente.

Vi domando il permesso di recarmi, come feci l'anno scorso, a passare le domeniche e i lunedì in riva al mare, e prendervi qualche bagno, probabilmente a Dieppe, che è a sole 4 ore di distanza da Parigi. L'udienza del Duca di Broglie essendo fissata pel giovedì, potrò ogni settimana spedirvi il corriere politico e nel tempo stesso prendere questi bagni di cui ho proprio bisogno.

Vi confermo che il vostro mantenimento agli Affari Esteri, e la nomina di Minghetti sono qui bene accolti nelle sfere ufficiali e nel pubblico.

8

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. Be1·lino, 17 luglio 1873, ore 16,10 (per. ore 10,40 del 18).

Courrier arrivé nuit dernière. Voici réponse sommaire à Vos trois questions:

I. Dans le cas de voyage du Roi à Vienne, tout me porte à croire que l'Empereur d'Allemagne invitera Sa Majesté à venir également ici, à moins d'empéchement absolu de santé.

2. -Vu intérét mutuel et si évident, je ne doute pas du concours du Prince de Bismarck, mais il faut immédiatement le faire sonder par Keudell. Je n'ai ici personne pour préparer terrain. Plus nous agirons avec confiance envers Bismarck, plus il nous en saura gré et se sentira engagé; 3. -Je persiste dans mon ancienne manière de voir sur la situation politique, et je crois plus que jamais à l'importance et à l'avantage politique de ce voyage. Je ne crois pas que le Cabinet Impérial en profite pour proposer ou insinuer stipulation écrite quelconque. Le fait seul de la présence de Notre Auguste Souverain sera pour ce Gouvernement et pour l'opinion publique le gage de l'avenir.

Je garde Courrier, en attendant que Vous ayez la bonté de me télégraphier décision. Je vous saurai gré de le faire le plus tòt possible, car je ne puis retarder visite à la Princesse Marguerite et avoir peut étre ainsi occasion de rencontrer l'Empereur.

lO

9

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. l. Berlino, 17 luglio 1873.

Je vous remercie de votre lettre particulière du 13 courant (l) que j'ai reçue, la nuit dernière, par le Courrier Anielli.

L'ensemble de circonstances que Vous me dépeignez me laisse comprendre qu'il faut s'abstenir d'insister sur la priorité d'une visite à la Cour de Prusse. Une visite ainsi faite aurait eu plus de signification, mais elle n'en aurait pas moins une très-grande meme en accordant le pas à Vienne.

J'ai répondu aujourd'hui sommairement par le télégraphe (2) aux trois questions qui résumaient votre lettre. Je vais ajouter quelques considérations à l'appui de ma manière de voir.

l) Puisque vous jugez qu'il convient de sauver les apparences vis-à-vis de l'Autriche en visitant d'abord sa Capitale durant l'Exposition Universelle, et de fournir ainsi au Roi une occasion naturelle d'étendre la course jusqu'à Berlin; puisque vous pensez que de la sorte Notre Auguste Souverain se déciderait avec moins de répugnance à quitter l'Italie; puisque une invitation semble préférable au simple énoncé de l'intention de se rendre à Berlin après Vienne, je me range de votre bord. Le mieux est parfois l'ennemi du bien. Mais, au nom du ciel, sortons au plus tòt de l'indécision. Nous sommes en quelque sorte dans un cercle vicieux. S'il existe certaine disposition pour un voyage à Vienne afin de répondre aux appels réitérés de l'Empereur François-Joseph, d'autre part nous nous rendons parfaitement compte que l'objectif principal doit etre Berlin. Pour aller à Vienne il faudrait donc que le voyage à Berlin fùt d'abord assuré moyennant une invitation de l'Empereur Guillaume. Mais encore une invitation de ce dernier Souverain ne saurait se produire avant qu'elle fut précédée de quelques pourparlers indiquant le programme d'arriver ici, si la santé de l'Empereur d'Allemagne le permet, par l'étape presque obligée de Vienne. Je ne doute pas d'une invitation en tout état de cause de la Cour de Berlin, pourvu qu'elle connaisse nos bonnes dispositions, et qu'elle sache que Notre Auguste Souverain est résolu à sacrifier ses gouts personnels, ses répugnances pour la représentation au désir de donner une nouvelle preuve de ses sympathies envers l'Allemagne et la Famille Impériale.

2) Le séjour à Berlin du Prince et de la Princesse de Piémont en 1872 a été envisagé dans les régions officielles et par la presse des deux Pays comme un événement d'une grande portée politique et cela, malgré l'absence du Prince de Bismarck. Il en serait de meme dans le cas où, contre toute probabilité, des raisons de santé le retenaient à Varzin si notre Roi venait dans cette Capitale. Mais il va sans dire que sa présence serait des plus désirables, et il serait le premier, le cas échéant, à en saisir l'utilité. Je ne doute pas un

seui instant de son adhésion et de son concours à favoriser de toute manière la réalisation de notre projet. Il est trop fin calculateur pour ne pas en apprécier tous les avantages réciproques. Mais il conviendrait, sans tarder, de faire sonder le terrain par M. de Keudell. Je n'ai en ce moment aucun intermédiaire, aucun aboutissant pour arriver jusqu'à Varzin. M. de Balan, entre autres, n'est pas l'homme fait pour s'acquitter d'un semblable message, tandis que

M. de Keudell qui range parmi les intimes saurait parfaitement rendre compte, et avec la sympathie voulue, de vos ouvertures confidentielles. Le Chancelier ne manquerait pas de reconnaitre nos bons procédés. Plus nous agirions avec confiance, plus il nous en saurait gré et se sentirait engagé à payer de sa propre personne, et à faire en sorte qu'une invitation de son Souverain fut expédiée au Roi soit en Italie avant son départ, soit à Vienne mème, dans la forme la plus courtoise et la plus directe. Vous avez sous la main le meilleur instrument. Vous pouvez vous en servir en pleine sécurité, car le nouveau représentant de l'Empire à Rome est profondément convaincu de l'intérèt majeur d'amener entre les deux Pays les relations les plus amicales. A cet égard je réponds de lui comme de moi-mème, et c'est pour ce motif que j'ai posé sa candidature pour le poste de Rome aussitòt après le décès du Comte Brassier. Vu l'impossibilité de tout contact direct avec le premier Ministre, les Chefs de Mission ici sont réduits à un ròle des plus secondaires. C'est triste d'en etre à ce point, et ce n'est pas une consolation de partager la loi commune. Mais il faut faire de nécessité vertu, se soumettre à cette attitude d'effacement, et il est de mon devoir de vous signaler la meilleure voie à suivre dans tout ce qui sort du maniement ordinaire des affaires. Je plains celui qui viendra un jour après moi, car il lui faudra, s'il retrouve la mème situation, un rude apprentissage avant de s'habituer à faire abnégation de toute ambition non pas de briller, mais de remplir sa tàche avec les facilités de mise dans d'autres résidences. M. de Keudell est parfaitement à mème, par sa position privilégiée, de combler cette lacune.

Par mon télégramme du 7 Juillet (1), je vous demandais l'autorisation de présentir l'Empereur à mon passage à Ems pour me rendre à Schwalbach auprès de la Princesse Marguerite. Mais je me proposais bien de ne pas agir à I'insu du Chancelier. Sa Majesté Impériale a dans son entourage un Employé des Affaires Etrangères, M. de Btilow, celui précisément qui remplit maintenant dans une certaine mesure les anciennes fonctions de M. de Keudell. Je me serais donc adressé à M. de Btilow pour prévenir confidentiellement le Prince de Bismarck de ma démarche. Je n'aurais eu garde de lui en faire un mystère, car il est toujours l'homme le plus infiuent, et il ne faut accueillir qu'avec beaucoup de restriction les bruits qui ont circulé d'une presque disgrace encourue par Son Altesse auprès du Monarque. Il semble avéré qu'il s'est produit entre eux quelque mésintelligence, notamment en suite de quelques observations présentées par le Chancelier sur l'irrégularité d'une correspondance directe entre Sa Majesté et Son Ambassadeur à Paris. Maints tiraillements se sont manifestés aussi dans le Ministère Prussien partagé entre deux camps,

depuis surtout que M. de Bismarck en a quitté la Présidence. Son Altesse viserait, dit-on, à réduire ses Collègues au ròle plus modeste de Secrétaires d'Etat, et à cet effet briguerait en Prusse une position analogue à celle qu'elle occupe déjà dans l'Empire comme Chancelier. Les journaux de chaque parti dans le Cabinet se sont livrés à une polémique assez scandaleuse au grand mécontentement de la Cour. L'Impératrice ne cachait pas ses préférences pour les adversaires du premier Ministre. La camarilla se rangeait du meme bord. De là des récriminations, des rapports un peu tendus. On s'est séparé de part et d'autre avec quelque levain de mauvaise humeur. Mais il y a loin de là à une disgrace, à un amoindrissement de l'influence de l'homme d'Etat qui a rendu des services trop signalés et dont les conseils sont trop nécessaires pour qu'on puisse oublier les uns et se priver des autres. Ce n'est là qu'une bouderie passagère qui n'exclut nullement que dans chaque question de quelque importance, l'avis du Prince finit par prévaloir. Il est donc évident que nous ne saurions faire abstraction de sa personne et de son adhésion à la réalisation de

notre projet. 3) Je crois plus que jamais à l'importance et aux avantages politiques d'un voyage en Allemagne de Notre Auguste Souverain. L'avènement au pouvoir en France d'un Ministère de coalition qui, à défaut d'un programme commun et bien défini sur maintes questions, simule toutes les vertus, affecte tous les mérites, et a sans cesse sur les lèvres les grands mots: ordre et religion est un sérieux avertissement. Nous ne saurions trop nous tenir sur nos gardes devant ce masque de vertu. En admettant que par impuissance le Cabinet de Versailles ne songe pas maintenant à une guerre contre l'Allemagne ou l'Italie et qu'il ne fasse que de la politique hypocritement cléricale à l'intérieur, il ne joue pas moins le jeu dangereux de préparer le peuple à une lutte religieuse, de surexciter les passions au point qu'il ne pourra plus les contenir. Il s'expose à etre conduit plus loin qu'il ne voudrait sans doute aUer. Les pèlerinages, les bravades fanfaronnes à l'intérieur, prédisposent les esprits à des croisades, à des expéditions à l'étranger. Ce mouvement, il est à prévoir, s'accentuera davantage lorsque, dans quelques semaines, le territoire français sera entièrement libéré de l'occupation allemande. N'a-t-il pas déjà essayé de nous asticoter de ce que la question des maisons généralices n'ait pas été réglée par nos Chambres d'une manière conforme aux propositions ministérielles? Les journaux l'ont affirmé et jusqu'ici du moins il n'y a pas eu de démenti forme!. Une communication dans le meme sens nous aurait été faite par l'Autriche. Si ce n'est pas là une tentative d'intimidation, c'est au moins une immixtion dans nos propres affaires que nous ne devons tolérer de la part d'aucune Puissance étrangère. Si nous entrons dans une voie de rapprochement avec le St. Siège, il faut que ce soit un acte spontané de notre part; à ce titre seul il serait méritoire et acceptable par ceux qui appartiennent au parti modéré et sagement libéral. Mais si la France cherche à nous intimider d'une manière quelconque, sur un terrain quelconque, si elle touche à notre compétence, n'hésitons pas à lui montrer les dents.

Si donc la marche des choses en France, et meme en Autriche dans la Cisleithanie, indique des velléités réactionnaires, il convient de réagir à notre tour contre ces velléités surtout de la part de la France. Plus elle aura des preuves évidentes de nos relations intimes, de la solidarité de nos intérets avec le Cabinet de Berlin, moins elle inclinera à nous créer des embarras, et à nous mettre dans la nécessité d'user de représailles. Or une rencontre entre le Roi d'Italie et l'Empereur d'Allemagne remplirait parfaitement ce but. Ce serait un service rendu non seulement aux deux Pays, mais à l'Europe entière en ce sens que ce serait une garantie générale de paix, car de longtemps la France ne sera pas en état de soutenir une guerre à la fois sur ses frontières du Nord et de l'Est et d'empecher une double invasion de son territoire.

Mais il y a plus. Vous savez que plus d'une fois j'ai été dans le cas de combattre des défiances injustes, comme si, meme depuis les événements de 1870-71, notre attitude était trop condescendante envers la France. Oubliant un peu combien avait été significative la présence du Prince et de la Princesse de Piémont au bapteme d'un des enfants de Prusse, le Prince de Bismarck me demandait, il y a peu de mois, un nouvel acte qui démontrat nos préférences pour le Cabinet de Berlin, et qui fùt en meme temps un hommage de plus aux doctrines économiques inaugurées chez nous par le Comte de Cavour. Il s'agissait de la révision des Traités de Commerce. Nous n'avons pas cru devoir nous rendre à ce désir. Le protocole signé entre M. Ozenne et Luzzatti a produit la plus mauvaise impression sur l'esprit du Chancelier. Lors meme que ce protocole soit maintenant sans valeur vu la résistance de l'Assemblée nationale au nouveau régime commerciai, il n'est pas moins vrai que nous avions un instant consenti à négocier sur les bases du protocole précité. L'effet moral en reste.

Quelque temps après survenait notre changement de Cabinet. Officiellement

il ne m'a été faite aucune allusion défavorable. Je ne l'eusse pas acceptée. Vous vous souviendrez meme, comme je vous l'ai écrit, que durant la crise M. de Balan expr,imait l'espoir que vous conserveri:ez votre portefeuille dans la nouvelle administration. Les journaux d'un caractère officieux avoué se tiennent sur la réserve à cet égard; mais la presse indépendante ou soi-disant indépendante fourmille de commentaires des moins obligeants pour un Cabinet qu'ils représentent comme ayant des tendances plus prononcées que son prédécesseur en faveur de la France. La Gazette de Spener excitée peut-etre par certains articles de la Perseveranza pleins de sarcasme contre l'Allemagne, accueille des correspondances dictées par un prussien M. Homberger, qui a longtemps habité Florence et pour qui les hommes sont restés stationnaires chez nous quoique les circonstances se soient considérablement modifiées. Il convient d'empecher que l'opinion publique ne se laisse endoctriner de la sorte. Cette meme presse qui avait accueilli avec des doutes le bruit qui avait couru d'un traité d'alliance offensive et défensive entre les deux Pays, tout en continuant à en precher l'opportunité, laisse clairement entendre qu'avec notre Gouvernement actuel les chances en sont devenues plus incertaines. Je passe sous silence les dé:oositions tres compromettantes faites par le Comte Chaudordy devant la Commission d'enquete parlementaire.

Dans ces conditions tout concourt à indiquer combien arriverait à propos un acte qui réduirait à leur juste valeur ces appréciations si erronées. Je suis toujours d'avis que mieux vaut ne pas nous lier d'avance les mains, de ne pas prendre des engagements positifs à échéance indéterminée. Tel est aussi, ou

je me trompe fort, la mamere de voir du Prince de Bismarck. Je ne crois pas ainsi que l'on chercherait à tirer parti de la présence de notre Roi à Berlin pour une proposition ou insinuation de stipulations écrites. Comme je vous le télégraphiais ce matin, le fait seu(l_ du voyage de Sa Majesté serait pour le Gouvernement et l'opinion publique la meilleure pierre d'attente, le meilleur gage d'avenir. Soyons grands en pensée et en action, comme nous l'avons été par le passé; et quant à Notre Auguste Souverain les services immenses qu'il a déjà rendus à l'Italie, nous imposent d'etre discrets en lui demandant un nouveau témoignage d'abnégation et de patriotisme. Mais il est indubitable que Sa Majesté, en venant à Berlin, mettrait le comble à tous les actes d'une vie si généreusement, si noblement dévouée à la cause nationale.

Il est une autre raison QUi ne me semble pas sans valeur pour déterminer le Roi à exécuter le projet de voyage. L'Empereur Guillaume a été sérieusement malade au retour de St. Pétersbourg. En vous l'écrivant par la poste, jen'ai parlé que d'une grippe, mais l'indisposition aurait eu un caractère beaucoup plus alarmant. C'était, assure-t-on, un transport au cerveau et les médecins craignent fort qu'une seconde attaque serait mortelle. C'est pour tacher de combattre cette tendance que les eaux de Gastein ont été prescrites à Sa Majesté après son traitement de Ems. Sa santé s'est déjà merveilleusement rétablie. Il a repris, entre autres, l'entière faculté de la mémoire. Ce n'est pas moins un signe, indépendamment meme de l'age avancé, que sa vie est bien près du terme. Il est évident que l'impression de reconnaissance d'une visite et des égards rendus au vieux Monarque qui personnifie l'Allemagne et ses victoires, serait beaucoup plus vive et plus durable à cette Cour et dans le pays que si la visite était ajournée à un changement de règne. Il serait d'ailleurs plus malaisé alors à Notre Auguste Souverain de prendre les devants vis-à-vis d'un successeur au tròne.

(l) -Cfr. n. 6. (2) -Cfr. n. 8

(l) Cfr. Serie II, vol. IV, n. 600.

10

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 325. Pietroburgo, 18 luglio 1873 (per. il 24).

Ho esitato finora a scrivere all'E.V. intorno all'incontro degli Imperatori d'Austria e di Russia, poiché qui le notizie mancavano del tutto per la lontananza dalla sede del Convegno e l'assenza di quelli che senza svelarne i misteri avrebbero potuto dar campo di formarsi una qualche opinione.

Le sole informazioni che fornisce il Gabinetto russo hanno certamente una grave importanza, ma esse si riassumono nell'avveramento teorico di eccellenti rapporti fra LL.MM.II. Francesco Giuseppe e Alessandro, come pure fra i loro Cancellieri ed il fatto mi è stato confermato da questo rappresentante d'Austria-Ungheria, il quale -come lo sa l'E.V. accompagnò lo Czar durante la sua visita a Vienna.

Prima che il tempo abbia recato i suoi insegnamenti è difficile di rendersi chiaramente conto delle basi sulle quali riposano queste buone relazioni e

dei principì che sono destinati a mantenerle, ed in mezzo alle difficoltà che si contrapporrebbero alla effettuazione d'un accordo durevole, l'Oriente è lo scoglio più apparente; la cessazione subitanea della rivalità che da lunghi anni regna fra l'Austria e la Russia su ciò che si è convenuto di chiamare la quistione d'Oriente, cagiona una sorpresa che induce ad ideare la probabilità di progetti colossali od a dubitare dell'esistenza reale della quistione.

Nella credenza che forse l'a parte dei due Imperatori avesse fatto nascere gelosia a Berlino, domandai in questo senso ad uno dei principali membri della Ambasciata Germanica, se la Russia e l'Austria non avessero conchiuso fra di loro qualche accordo speciale. Egli mi rispose con dimostrazione di fiducia:

• la route entre Pétersbourg et Vienne doi t passer .par Berlin •.

Il Principe di Reuss pure che interrogai in proposito volle esprimere lo stesso pensiero dicendo che erano state semplicemente continuate a Vienna le Conversazioni cominciate a Berlino ed aggiunse: • On s'est entendu sur la question Polonaise. en sorte que la politique Autrichienne et la politique Russe ne viennent point s'y heurter et rendre difficile le Gouvernement de la Pologne par le manque d'action combinée. La question d'Orient ne sera plus entre les deux puissances une cause de discorde, et du reste les Russes ont eu lieu de se convaincre à Vienne que la Russie jouissait parmi les Slaves du midi de moins de sympathie qu'un certain parti d'ici n'était disposé à le croire •.

Quanto alla quistione sociale il Ministro d'Austria-Ungheria mi disse ch'essa era stata presa in considerazione durante la visita di Vienna, e che il Principe Gortschakoff era disposto ad associarsi al maximum delle misure che sarebbero giudicate necessarie; ciò del resto non potersi considerare come una concessione, poiché le leggi Russe non impediscono i mezzi più arbitrarii di repressione.

In somma, Onorevolissimo Signor Ministro, io non penso che la Russia e l'Austria si siano concertate a Vienna sopra nessuna quistione all'insaputa della Germania, poiché ho ragioni fondate per credere all'esistenza d'un patto che sarebbe stato l'anno scorso sottoscritto a Berlino dai tre Cancellieri e la conversazione che ho avuta coll'Ambasciatore di Germania mi ha anche convinto che quel Convegno aveva delineato un quadro politico comune alle tre Potenze e stabilito sopra basi tali che il triplice concerto non possa essere turbato dalle quistioni speciali, o per cosi dire individuali che finora erano state cagione di disaccordo, e pare evidente che l'accordo comune debba riposare anzi tutto sopra impegni presi relativamente alla Francia ed alla quistione Orientale.

11

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. Roma, 19 luglio 1873, ore 14,45.

Merci de votre télégramme (1). Nous sommes d'accord sur le but et aussi sur le moyen d'y parvenir. J'aurai bientòt entretien avec Keudell et je tacherai

de connaitre par lui les propositions de Bismarck. Vous pouvez partir pour Schwalbach et Ems. Si vous voyez Empereur Guillaume vous pouvez lui dire que rien n'est décidé encore quant au voyage du Roi à Vienne et exprimer en votre nom personnel votre désir que ce voyage donne au Roi l'occasion de faire la connaissance de l'Empereur Guillaume. Il faut éviter d'engager directement le Roi car je ne suis pas encore siìr de son consentement. Il faut d'ailleurs attendre aussi de connaitre les dispositions de Bismarck. Vous pourrez m'envoyer d'Ems le courrier à Turin où je serai avec Sa Majesté et Minghetti le 25 et le 26 Juillet.

(l) Cfr. n. 8.

12

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. 2. Berlino, 19 luglio 1873.

Je n'ai pas besoin de vous répéter combien je suis satisfait que nous vous conservions à la direction des Affaires Etrangères. Je ne vois que l'intéret de la Dynastie et du Pays qui doit primer les convenances ou les subtilités parlementaires. Les circonstances ne comportaient certes pas un Ministère exclusivement de la gauche et c'était rendre service à notre cause que d'écarter son avènement au pouvoir. En sacrifiant vos convenances personnelles, vous avez fait une bonne action, et une telle conduite ne vous laissera aucun regret. Je forme donc les meilleurs voeux pour le nouveau Cabinet présidé par M. le Commandeur Minghetti. Veuillez me rappeler à son bon souvenir.

En restant au Ministère, vous affirmez par le fait que notre politique extérieure ne varie pas surtout pour ce qui concerne l'Allemagne. Je n'ai pas manqué de le dire à M. de Balan. Espérons que l'occasion ne tardera pas à se présenter d'avouer publiquement nos sympathies en prouvant que dans cet ordre d'idées le qu'en dira-t-on en France ne nous arrète pas. Le voyage du Roi à Berlin est indiqué de toute manière. Je crois l'avoir suffisamment démontré dans ma lettre particulière N. l (1). J'ajouterais meme que le Ministère se fortifierai,t davantage à l'intérieur, quand on saurait que Sa Majesté

se serait résolue à entrer en relations directes, et personnelles avec le chef d'un Empire notre allié nature!.

Ne vous préoccupez pas de l'attitude d'une partie de la presse allemande. Ses commentaires absurdes tomberont d'eux memes le jour où nous aurons posé un acte aussi significatif que celui d'une visite de Sa Majesté à cette Cour.

Je compte d'ailleurs beaucoup, pour redresser des jugements aussi erronés, sur le concours de M. de Keudell auquel, je le sais, vous avez déjà inspiré une grande confiance. • Le Chevalier Visconti Venosta m'a-t-il écrit, me fait l'impression d'un esprit supérieur aussi droit q_ue gracieux •.

Je vais lui répondre, et je vous laisse à juger avec quel empressement je l'entretiendrai dans ses excellentes dispositions à notre égard. J'attends la réponse à mon télégramme du 17 (l) avant de vous réexpédier le Courrier de Cabinet.

(l) Cfr. n. 9.

13

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PAGET

D. s. N. Roma, 20 Luglio 1873.

La S.V. si compiacque di farmi tenere per incarico del Governo della Regina una copia del dispaccio col quale il conte di Granville ha dato all'Agente e Console generale britannico in Bucarest l'istruzione di far nuove rimostranze presso il Principe ed il Governo di Rumania circa i mali trattamenti cui sono esposti gli israeliti nei Principati danubiani (2).

Il Governo italiano che ha più di una volta manifestato in modo non dubbio il rammarico per le condizioni fatte in Rumania alla popolazione israelitica non ha mai negletto le occasioni che gli si offersero di unire i suoi sforzi a quelli delle altre potenze civili per far cessare uno stato di cose tanto deplorevole. Io offro perciò i miei ringraziamenti alla S.V. per la cortese comunicazione che Ella volle farci delle nuove istruzioni date all'agente britannico in Rumania e mi compiaccio d'informarLa che il Barone Fava ha ricevuto l'incarico di mettere in opera la sua influenza presso il Gabinetto di Bucarest in conformità dei sentimenti umanitari che animano in questa quistione il Governo della Regina ed ai quali noi sinceramente ci associamo.

14

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI

D. 49. Roma, 21 Luglio 1873.

Segno ricevuta alla S.V. Illustrissima dei pregiati rapporti di questa serie fino al N. 345 incluso e La prego di gradire i miei ringraziamenti per la cura diligente colla quale Ella non tralascia di tenermi informato degli avvenimenti che si succedono in !spagna con tanta rapidità. Approvo in genere, il contegno tenuto dalla S.V. nelle circostanze in cui Ella ebbe a comunicare coi vari Ministri che hanno occupato in questi tempi il Dipartimento degli Affari

Esteri a Madrid, e mi lusingo che perseverando nella riserva finora tenuta,

potremo vedere il termine della presente crisi senza incidenti per la nostra

rappresentanza costì.

Neppure, fortunatamente, avemmo finora a lamentare alcun inconveniente nelle province spagnole ove maggiori sono i nostri interessi malgrado i disordini avvenuti, segnatamente a Barcellona, a Cadice ed a Malaga, e di ciò dobbiamo tanto più rallegrarci inquantoché per varie ragioni il R. Governo preferirebbe potersi dispensare, per qualche tempo almeno, dal far comparire legni da guerra italiani nei porti della penisola. Ella si è resa interprete di questo desiderio quando, in previsione di casi urgenti e gravi, assicurò ai nostri connazionali la protezione della bandiera britannica. Come prima io ebbi notizia della premura colla quale il suo collega d'Inghilterra ha aderito alla richiesta della V.S., mi affrettai renderne informato S.E. il Cav. Cadorna incaricandolo di offrire al Governo della Regina i nostri ringraziamenti per questo atto di cortesia.

(l) -Cfr. n. 8. (2) -Cfr. Serie II, vol. IV, n. 539.
15

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 208. Vienna, 22 luglio 1873 (per. il 25).

I giornali austriaci si fanno in questi giorni l'eco delle voci che da qualche tempo corrono con una certa insistenza nei circoli politici di Vienna nonché di alcune altre fra le principali città della Monarchia, di possibili cambiamenti Ministeriali. Sebbene io non dia eccessiva importanza a quelle voci, pure ammettendo come già le tante volte ebbi a dire alla E.V. tutto possibile a Vienna, credo opportuno riferirLe quei si dice, che ad ogni modo sono un riflesso della situazione.

In primo luogo si dice che i giorni del Ministero Auersperg siano contati e che ben tosto dovrà cedere il posto ad un Ministero Schmerling.

Se la costituzione funzionasse in Austria come da noi, un tale cambiamento sarebbe impossibile nel momento in cui il paese si prepara alle elezioni, che per la prima volta appunto si faranno colla legge presentata e efficacemente propugnata da questo Ministero. Ad elezioni fatte poi si vedrà, ma vi ha apparenza non vi sarà maggiore ragione perché il Ministero si ritiri, sembrando quasi sicuro ch'esso avrà la maggioranza nella Camera. Con tutto ciò, come dissi, si parla di possibile crisi e non senza qualche ragione.

Il Ministero non ha un programma ben preciso, o per lo meno non si sente forte abbastanza da applicarlo scrupolosamente; la corrente reazionaria che soffia in Francia si fa sentire sino a Vienna, e trova propizio adito a Corte; dal che ne consegue che questo Ministro dei Culti e della Istruzione Pubblica, per accarezzare i clericali e conservare al Ministero la benevolenza del Sovrano, disdice oggi ciò che ha fatto jeri e perde così le simpatie e l'appoggio del partito liberale, che sostenne sino ad ora il Ministero. Forse il Signor Stremayr, nel seguire tale condotta, non riflette abbastanza che il giorno in cui, avendo perduto il favore del partito liberale, avrà cessato di essere una forza del Governo, sarà senz'altro messo da parte dal Sovrano, che personalmente non ha simpatia per lui. La fallita Esposizione Universale e la crisi finanziaria sono pure due cause che contribuiscono grandemente a indebolire il Ministero, il quale in verità è proprio innocente tanto dell'insuccesso di quella come della seconda. Tutto ciò insieme fa sì che il Ministero, se non è ancora, a mio avviso, in serio pericolo pel momento, naviga però abbastanza in cattive acque e ciò tanto più che l'eventualità di un Ministero Schmerling pare sia accarezzata dall'Imperatore, essendo egli il capo Gabinetto patronizzato dal partito clericale centralista, che riconosce per duce il Cardinale Rauscher. Questo partito in verità è piccolissimo e di lui pure si potrebbe dire che meglio che un partito è una pattuglia; di tutti però è il più simpatico al Sovrano, di che si ha una prova nel Gran Cordone di San Stefano, di cui fu decorato il prefato Cavaliere Schmerling or sono pochi mesi, malgrado la viva opposizione fatta dal Conte Andrassy al conferimento di quella altissima onorificenza ungherese, al notissimo avversario dell'autonomia del Regno di Ungheria.

Qualora si verificasse il notevole sovramenzionato cambiamento nella politica interna, sembrerebbe naturale conseguenza avvenisse pure una analoga evoluzione nella politica estera, e quindi il Conte Andrassy cedesse il posto ad altro personaggio che stando sempre ai si dice potrebbe essere l'antico Ambasciatore a Roma Conte Trautmannsdorf, Vice Presidente della Camera dei Signori, ed uno dei capi, per nascita e posizione, della sovramenzionata pattuglia. Per conto mio non credo all'impossibilità della caduta del Conte Andrassy; tanto più se lo Schmerling venisse chiamato alla Presidenza del Gabinetto Cisleitano. Sta di fatto che l'attuale Ministro degli Affari Esteri non segue neppure egli una condotta ben decisa; egli pure accarezza il partito clericale, senza troppo preoccuparsi se ciò armonizzi intieramente con quella amicizia colla Germania e coll'Italia, che al suo giungere al potere dichiarava esplicitamente voler porre a base della sua politica. Nel ciò fare egli pure, è

mio avviso, non badi che gli succederà quanto già ho detto pel Signor Stremayr, cioè che perderà l'appoggio del partito liberale, e cessando così di essere una forza, sarà ben presto abbandonato dall'Imperatore, che in fin dei conti non deve nutrire troppa simpatia personale pel ribelle del 1848, pel Generale degli Honwed. Dubbia pure, o per lo meno incerta, è la politica che il Conte Andrassy accenna a seguire verso l'Oriente. Già mi sono fatto dovere di ripetere all'E.V. le idee generali svoltemi a tale riguardo dal Conte. La politica dell'avvenire, di cui esse sono l'espressione, già ebbe campo a palesarsi abbastanza da destare preoccupazione nei circoli diplomatici; si tentò quindi di negarla, affermando nei giornali più o meno ufficiosi una politica conservatrice, che se non è proprio quella tradizionale dell'Austria, molto vi si avvicina. Conseguenza di tutto ciò sarà indubbiamente di far perdere all'Austria-Ungheria i vantaggi ch'essa pure potrebbe ricavare dal seguire tanto l'una quanto l'altra di quelle due politiche; l'opinione pubblica se ne preoccupa, e la posizione del Ministro è indebolita dal convincimento ch'egli non sa con precisione ciò che meglio convenga fare. Tutto ciò non implica in verità la necessità che egli ceda il

posto ad un altro, anzi quasi direi che sarebbe un motivo perché lo conservasse, poco garbando sempre all'Imperatore l'avere a capo della sua Cancelleria di Stato un Ministro troppo forte; ma costituisce però gli elementi voluti perché, concorrendo le altre circostanze preenunciate, la caduta si verifichi. In tale caso verrebbe la successione devoluta al Trautmannsdorf, come si dice? Difficile si è il fare profezie in proposito, tanto più in un paese in cui la scelta dei Ministri non è la conseguenza di un voto parlamentare, né dello stato dei partiti nella Camera, ma dipende intieramente dal beneplacito della Corona.

Il Trautmannsdorf, come ho detto, appartiene al partito Rauscher, che piccolissimo di numero è forte perché ha le simpatie dell'Imperatore; egli ha il nome e la posizione che occorrono per rappresentare convenientemente, come vuolsi a Vienna, la parte sua alla Cancelleria di Stato. È clericale, anzi clericalissimo, atteggiandosi però a moderato nelle conseguenze pratiche dei suoi principi; prova ne sia ch'egli affetta volentieri di trovarsi meco e di parlarmi delle cose nostre e delle questioni riferentisi a Roma, quasi volesse sin d'ora assicurarmi che, venendo egli al potere, le relazioni coll'Italia non soffrirebbero alterazione. Egli è in fondo uomo di ben poco valore politico; ma ciò non di meno credo abbastanza indicato egli sarebbe l'uomo della situazione, qualora il partito Rauscher avesse il sopravvento.

Citando le voci che corrono ho creduto dover mio accennare le cause su cui poggiano; devo ora dire che, senza dare a queste maggior peso .di quel che hanno né a quelle soverchia importanza, non si può a meno di convenire ch'esse sono l'espressione di uno stato di cose non intieramente regolare, da cui potrebbe da un momento all'altro scaturire una crisi, e quindi un mutamento nella politica interna ed estera dell'Austria, abbastanza sensibile. Sin d'ora però si può preconizzare: che un sistema politico che <al giorno d'oggi avrebbe per corifei il Trautmannsdorf e lo Schmerling sarebbe di breve durata, poiché in fin dei conti non sarebbe se non la ripetizione non migliorata del tentativo Hohenwart e quindi durerebbe anche meno, perché se lo si volesse far durare quanto quello, od anche di più, converrebbe ricorrere ad un poco mascherato assolutismo che sarebbe il • finis Austriae •.

16

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 6447. Roma, 24 luglio 1873 (per. il 25).

Per norma dell'E.V. mi pregio di significarle, che notizie pervenute a questo Ministero recano che sono partiti per la Spagna per prendere parte all'insurrezione promossa dall'Internazionale, e senza essere muniti di passaporto, i nominati Aroldi Luigi di Giacomo, Tosi Ermete di Stefano e Mutti Natale fu Cirillo, tutti e tre appartenenti alla Provincia di Mantova.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

(AVV)

L. P. Parigi, 25 luglio 1873.

Ho visto ieri giovedì, all'occasione dell'udienza settimanale, il Duca di BrogHe. Egli si espresse meco molto favorevolmente sulla composiz,ione del nostro nuovo Ministero; esprimendo di nuovo il desiderio di vivere in buoni rapporti con noi; mi parlò di Fournier (che ho visto qui la settimana scorsa) in termini tali da escludere la supposizione d'un cambiamento qualunque, per

ora almeno, nella rappresentanza francese in Roma. Mi ringraziò dell'avviso che io gli diedi a nome vostro degli esercizi delle Compagnie alpine. Ma a questo riguardo mi disse che le popolazioni francesi della frontiera s'erano turbate per la presenza sulle estreme cime delle Alpi di questa compagnia, e di altre truppe appartenenti all'esercito regolare. Sembra difatto che oltre alle Compagnie alpine vi sia un certo numero di soldati sulla frontiera verso Briançon e Castel Delfino, destinati ad impedire il contrabbando del sale. Il Duca di Broglie mi pregò di farvi conoscere queste inquietudini che si erano prodotte e si producevano fra le popolazioni francesi della frontiera, e di esprimervi il di lui desiderio che per parte nostra e per quanto è possibile si tenti di evitare ogni cosa che possa dar luogo alla supposizione di non buoni rapporti fra l'Italia e la Francia, promettendo che dal canto suo il Governo francese agirebbe in questo medesimo senso. Colla scorta delle indicazioni che m'avete fornito a suo tempo, rassicurai il Duca di Broglie sul carattere e sull'importanza degli esercizii della Compagnia Alpina. Gli dissi poi che ignoravo la presenza di truppe regolari sull'estrema frontiera, ma aggiunsi che certamente il numero di questi soldati, se pure c'erano, doveva essere molto limitato, e notai che sulla frontiera italiana non abbiamo una sola fortezza armata. Comunque sia, se potete mandarmi qualche indicazione intorno a quest'ultimo punto, ve ne sarò grato, perché potrò così tranquillare anche su ciò l'animo del Vice presidente del Consiglio il quale del resto è molto annoiato dell'accusa di clericalismo che dalla Francia e dal di fuori viene inflitta continuamente al Ministero di cui è il Capo. Egli mi disse espressamente che queste accuse erano infondate, che il Governo francese rispettava e faceva rispettare le convinzioni religiose, ma che, persuaso che i sentimenti religiosi hanno la loro sede naturale nell'intima coscienza, il Governo francese non si associerebbe a nessuna manifestazione esterna di clericalismo. Questo linguaggio è conforme in sostanza alle dichiarazioni fatte testé dal

Signor Batbie in seno all'Assemblea nazionale, e che vi mando nel foglio qui unito. Io impegnai il Duca di Broglie a perseverare in queste idee, e non gli celai le inquietudini che destavano dappertutto anche nei più sinceri amici della Francia, le manifestazioni clericali di cui questo paese dà spettacolo all'Europa meravigliata.

Vi prego di salutare Minghetti per me, e di dirgli che gli raccomando l'affare dell'acquisto del palazzo della Legazione, e che non glielo raccomanderei certamente, se non avessi la convinzione che tale acquisto sarà un atto di buona amministrazione.

Io vado domani e dopo domani e lunedì a fare tre bagni di mare a Dieppe, pronto però a rientrare in Parigi ad un cenno telegrafico. La distanza da Parigi a Dieppe è di 4 ore di strada ferrata e vi sono quattro partenze al giorno, cosicché il servizio della Legazione è perfettamente assicurato.

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IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(B C B, Carte Minghetti)

L. P. Vienna, 25 Luglio 1873.

Sommamente cortese ed indulgente sempre per me, credeste dovermi ringraziare per quel piccolissimo concorso che le circostanze mi porsero occasione di prestarvi nella formazione del Vostro Ministero. Non mi dovevate però ringraziamenti di sorta poiché fu e sarà sempre un sommo piacere per me il potervi servire.

Non mancherò vedendo il conte Andrassy di fargli la vostra commissione, già però posso dirvi ch'egli fu lietissimo del vostro avvenimento al potere nonché della conservazione nel gabinetto del Visconti pel quale ha pur molta simpatia. Penso che vedrò il conte in occasione del soggiorno qui dello Sciah altrimenti sarebbe abbastanza difficile, poiché in questa stagione tutti scappano il più che possibile da Vienna per goder un po' di fresco, e l'Andrassy è colla famiglia a Reichenau.

Persuaso come sono, che la venuta di Sua Maestà a Vienna sarebbe un fatto non solo importante, ma importantissimo nell'interesse dei due paesi, così spero che malgré tout il Re si deciderà a venire, ed anzi valendomi della autorizzazione che me ne date, fra qualche giorno vi scriverò in proposito una lettera ostensibile di cui potrete far quell'uso che crederete migliore. Parto questa sera per Teplitz dove mia moglie si trova, e non mancherò di portargli i saluti così cordiali di cui Vi piacque incaricarmi. Non farò però questa volta un soggiorno in Boemia che brevissimo, lo Sciah dovendo arrivar qui il 29 a sera, e dovendo io trovarmi al mio posto il giorno dopo onde assistere ai ricevimenti e feste che gli si daranno. Del colera di Vienna si parla molto più fuori che qui, poiché i casi sono proprio meno che pochi, ed anzi van ancora scemando; spero dunque che vostra moglie trovandosi a Franzensbad non vorrà far ritorno in Italia senza passar da Vienna e visitarvi almen di volo l'esposizione.

Sono lietissimo nell'interesse di Paolo che la determinazione presa di andare al Giappone abbia avuto eseguimento, e spero se ne troverà bene in avvenire.

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IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 6387. Roma, 26 Luglio 1873 (per. il 27).

Qualche periodico austriaco ha già riferita la voce che in Gorizia ed a Trieste il partito ultra cattolico dia opera a reclutare giovani per una crociata contro l'Italia.

Particolari notizie farebbero credere che dell'assoldamento di queste nuove milizie che si chiamerebbero della Croce rossa, si occupino certi Signori Ricci e Sormani, ora residenti nei luoghi sovra menzionati.

Vedrà l'E.V. se sia il caso di attingere dai RR. Rappresentanti in quelle contrade, qualche notizia più precisa (1).

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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 356. Madrid, 27 luglio 1873 (per. il 5 agosto).

Ho ricevuto a suo tempo il pregiato dispaccio riservato di questa serie N. 47 del 10 scorso giugno (2), col quale l'E.V. ha avuto la somma bontà di esprimermi la sua soddisfazione per i pochi cenni sulle mene degli Internazionalisti spagnuoli in relazione coi loro affigliati in Italia.

Non è pervenuto nell'intervallo a mia conoscenza alcun particolare a questo riguardo degno di essere riferito a V.E. Rilevando oggi però nel noto organo comunista di Barcellona un invito diramato dalla Federazione italiana avente sede in Bologna alle Sezioni della stessa associazione in !spagna, per farle concorrere al Congresso generale di cui si contempla la riunione in Ginevra il l o del prossimo settembre, mi affretto ad ogni buon fine di qui mandarne la traduzione a V.E.

Non tralascerò in alcuna circostanza d'informare V.E. delle cose che la libertà di cui qui godono i sovvertitori d'ogni ordine sociale potrà far giungere a mia cognizione sul movimento cosmopolita che forma il loro programma...

(l) -Con dispaccio s.n. del 28 luglio Artom chiese notizie in proposito al console generale a Trie•te. Bruno. (2) -Non pubblicato.
21

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 399. Bucarest, 28 luglio 1873 (per. l'8 agosto).

Da altre sorgenti venne per fermo a V.E. indicato siccome i mutamenti vertiginosi avvenuti di recente nell'amministrazione turca fornirono alla stampa austro-ungarica l'agio di rilevare, per la prima volta forse, la poca saldezza dell'Impero Ottomano.

Timidamente dapprima, apertamente in seguito i giornali del Conte Andrassy insinuarono che senza cospirare per lo smembramento della Turchia, all'Austria Ungheria pur s'imponeva in codesto stato di cose la necessità di tenere in un qualche conto le aspirazioni dei popoli cristiani, vassalli o direttamente soggetti alla Porta. La quale se non ha più il nerbo di amministrare se stessa, mal potrebbe difendere poi gli interessi dei paesi della di cui alta Sovranità essa è cotanto gelosa.

Mentre le sbrigliate condizioni interne dell'impero ravvivano, fra i Cristiani di Oriente l'antica popolarità della Russia, non è a meravigliare se l'Austria Ungheria si studia di affievolire l'intensità di codeste tendenze, lusingando essa stessa le velleità d'indipendenza esistenti nei Principati limitrofi, e riservandosi di agire più tardi in conformità dei suoi propri interessi territoriali.

Ma la Pressa di Bukarest, organo dell'attuale Ministro degli Esteri Signor Boeresco che ne è il principal redattore, ha mostrato di credere di buona lega l'eloquenza dei diari austro-ungarici, ed ha attribuito al Conte Andrassy un programma sinceramente favorevole alle speranze dei paesi tributari. Dopo aver espressa la sua riconoscenza per l'uomo di Stato che alla politica di Metternich sostituisce principi più conformi alla ·pienezza dei tempi, disse essere l'Austria-Ungheria il più saldo sostegno della Rumania che agogna la sua indipendenza.

Il linguaggio del giornale ufficioso coincideva con la presenza del Principe Carlo e del suo Ministro degli Esteri a Vienna, dove il Sovrano della Rumania, che s'incontrò con l'Imperatrice di Germania Sua Augusta Parente, fu molto cortesemente accolto.

Quanto precede è sufficiente per constatare la tenacità del partito conservatore rappresentato dalla Pressa di voler raggiungere l'indipendenza senza avventatezza, ma solo appoggiandosi a qualche grande Potenza Europea, ed esagerando poi all'interno tutte le prerogative di autonomia consentite ad uno Stato Sovrano.

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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 357. Madrid, 29 luglio 1873 (per. il 5 agosto).

Lo scoppio di una seconda guerra civile, solo risultato che ebbe finora la proclamazione della Repubblica federale per le provincie orientali e meridionali della Spagna, è stato causa che in questi ultimi tempi molti RR. Consoli si sono a me rivolti per avere istruzioni sul modo di regolarsi nelle critiche eventualità alle quali lo sconvolgimento attuale espone i nostri nazionali. Da prima era, come V.E. sa, la questione della loro protezione che l'assenza di navi da guerra italiane su queste coste forniva ai medesimi materia di preoccupazione; assicurata questa in modo efficace grazie alla pronta condiscendenza dell'Inghilterra e avendo in molti casi fatto ripetere dalla Legazione Britannica le norme opportune a quei Consoli e Comandanti di bastimenti della Regina che, a detta dei nostri Agenti, non parevano aver ben inteso la misura nella quale tale protezione doveva esserci accordata, mi rimaneva tuttavia a risponder loro su altri punti.

Il Commendatore De Martino principalmente mi indirizzò frequenti istanze. Egli mi scrisse che, nella ipotesi che le condizioni terribilmente precarie delle provincie avessero spinto i rappresentanti esteri residenti a Madrid a concertarsi per tracciare una linea di condotta uniforme ai loro Consoli rispettivi, desiderava di subito conoscere i miei cenni, credendo molto probabile che a Barcellona il Corpo Consolare avrebbe presto tenuto una riunione allo stesso proposito.

Egli mi aggiungeva quindi:

• La mia posizione è molto delicata, e non posso bene comprendere il motivo che induce il R. Governo a non mandare sulle coste di Spagna, al pari delle altre grandi Potenze, dei propri legni da guerra per la protezione dei RR. sudditi, i quali si credono abbandonati, e mormorano fortemente! Non mi sorprenderà se un giorno non lontano la stampa pubblica parlerà di questo fatto contro il R. Governo, e forse anche di noi poveri Consoli, mentre che non abbiamo mancato al dovere di domandare ripetute volte dei nostri legni da guerra, facendone generalmente la mancanza pessima impressione! Mi credo nell'obbligo di scriverne di nuovo a V.S. Illustrissima per le misure che sull'assunto nella sua nota assennatezza stimerà opportune. Questo Console d'Inghilterra attende da Madrid più ampie istruzioni, relativamente alla destinazione

dello stazionario Inglese per la protezione di questa Colonia Italiana.

In seguito a queste sollecitazioni feci trasmettere nuove e precise raccomandazioni al Console inglese a Barcellona. Dando poscia di ciò comunicazione al Comm. De Martino, gli additai come l'incidente sollevato a Cartagena dalla fregata Prussiana ponesse pienamente in evidenza la saviezza del Governo del Re nel volere a qualunque costo evitare nella nostra situazione tutta speciale un conflitto di quella o di qualsivoglia altra natura alla bandiera

italiana. Che le istruz,ioni da me ricevute da codesto Ministero nel prendere la reggenza di questa Legazione erano state di non mai scostarmi dalla più prudente riserva, e che serbando egli lo stesso contegno e valendosi, senza però mai farlo degenerare in abuso, dell'appoggio cortesemente accordatoci dal Governo Britannico, non sarebbe mai venuta meno la necessaria tutela alla nostra Colonia la quale non aveva ora più ragione alcuna di mostrarsi così allarmata.

Tale è pur stato press'a poco il linguaggio che ho tenuto agli altri Consoli e da Malaga come da Cadice ricevetti da parecchi giorni l'annunzio che la Squadra Britannica aveva ordini di difendere in tutti i porti gli interessi delle nostre Colonie e della nostra Marina mercantile, per la qual cosa i due detti RR. Agenti si palesavano altamente soddisfatti.

Dal primo di essi poi mi venne rivolta una domanda la quale, perdurando l'attuale stato di cose, potrà occorrere a varie altre delle nostre sedi Consolari dell'Andalusia, quella cioè di accennargli la condotta che doveva seguire nel caso assai probabile che, esausti i mezzi pecuniarii si adottasse dalle autorità cantonali di Malaga il sistema di repartos, ossia contribuzioni forzate, e che si cercasse di comprendere i sudditi italiani in siffatta misura. Non ho tardato a rispondere al Cavalier Bruna che intorno a tutte le disposizioni che sarebbero per prendersi relativamente a sudditi esteri supponevo che i Consoli delle varie Potenze non avrebbero mancato di porsi d'accordo come è uso in queste tristi circostanze per adottare in comune quell'attitudine creduta maggiormente atta a rispondere ai bisogni del momento. Ma che in ogni caso ero d'avviso che avrebbe dovuto resistere a qualunque tentativo di applicare agli italiani i repartos o altre contribuzioni straordinarie di guerra, e se in presenza di forza maggiore essi fossero costretti a cedere, solo il facessero sotto le debite proteste. Questo è altresì il parere diviso dai colleghi che ho consultato e specialmente dal Ministro degli Stati Uniti il quale per le intime relazioni che ha col Governo repubblicano mi parve persona adatta a pronunziare un giudizio.

Spero che quanto ho avuto l'onore di rassegnare col presente rapporto avrà la sorte d'incontrare l'alta approvazione di V.E., e un breve cenno a questo riguardo mi tornerebbe doppiamente gradito imperocché esso potrebbe servire di guida per l'avvenire.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DELLA MARINA, SAINT BON

D. s. N. Roma, 31 luglio 1873.

Recenti rapporti dei RR. Consoli in !spagna, rappresentando come gravissime le condizioni della sicurezza pubblica in quel paese, hanno portato a conoscenza di questo Ministero vive e ripetute istanze delle colonie italiane colà residenti perché qualche legno della Reale Marina abbia a visitare i porti della penisola e proteggere all'occorrenza i RR. sudditi minacciati nelle persone e nelle proprietà. In presenza di queste insistenti domande, il sottoscritto è di parere che debbano cadere le considerazioni che Io distolsero finora dal promuovere l'invio di alcun legno da guerra in !spagna; esso si rivolge al Ministero della Marina, pregandolo di voler prendere le disposizioni necessarie perché una nave dello Stato si rechi a Barcellona e visiti successivamente, secondo le circostanze, i principali porti spagnuoli.

Le istruzioni da darsi al Comandante del bastimento cui verrà affidata

questa missione, si riducono in sostanza a mettersi d'accordo coi Consoli di

Sua Maestà per la protezione dei RR. sudditi residenti in quei porti, e man

tenere del resto la più assoluta riserva in presenza degli avversi partiti che

si combattono ora in !spagna. Sopra quest'ultimo punto conviene che le istru

zioni insistano in modo speciale, consigliando anzi al Comandante di disporre

le cose in modo che gli equipaggi abbiano il minor possibile contatto colla

popolazione del paese, e ciò al fine di prevenire con tutta la cura ogni pericolo

di spiacevoli incidenti.

Resterebbe un'ultima osservazione, relativamente cioè alla quistione del saluto da scambiarsi all'ingresso e all'uscita dei porti visitati. Sopra questo particolare converrebbe essere preventivamente informati della condotta seguita dai bastimenti da guerra delle altre potenze europee che hanno da ultimo frequentato i porti spagnuoli, e far sì che la nave italiana si regoli esattamente sul loro esempio evitando ogni atto che importi il riconoscimento di diritto dell'attuale Governo.

Per l'esecuzione di queste norme, il sottoscritto si rimette interamente al

savio giudizio del Ministero della Marina, e lo prega soltanto di volerlo tener

informato del giorno in cui il bastimento in questione sarà per giungere a

Barcellona.

24

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 210. Vienna, l agosto 1873 (per. il 5).

Sin dai primi giorni dello scorso luglio ebbi a rilevare nei giornali nostri

ed Austriaci la notizia dei supposti arruolamenti che il partito ultra-cattolico

starebbe facendo a Trieste ed a Gorizia per organizzare una crociata contro

l'Italia! Mi feci quindi premura di rivolgermi al R. Console a Trieste invitan

dolo a fornirmi in proposito tutte quelle maggiori informazioni che gli fosse

riuscito raccogliere. A tale mia interpellanza il Cavaliere Bruno in data 5 luglio

riscontrava assicurandomi che tutte le voci sparse al riguardo non erano se

non esagerazioni dei giornali, giacché i fatti sostanzialmente riducevansi a

quanto segue.

A Trieste il Comitato di cui i Giornali parlano non ha pel momento

importanza né influenza di sorta, essendosi finora limitato a raccogliere pochi

danari per l'obolo di S. Pietro.

A Gorizia il fatto che richiamò l'attenzione pubblica c che diede forse origine alle voci riprodotte dai giornali, si fu una processione orgap.izzata il giorno del Corpus Domini a cui intervennero Signore e Zitelle con nastri e medaglie al collo.

Il 26 poi dello stesso mese pure il Cavaliere Sambuy, reggente il R. Consolato Generale, con suo speciale rapporto confermavami nulla esservi di fondato nelle voci ripetute dai giornali; essere però di fatto che in Trieste trovasi presentemente quel tale Ricci, di cui precisamente è menzione nel dispaccio di V.E., ma che in nessun modo consta egli si occupi di arruolamento.

Mentre anche dal canto mio, starò in attenzione, ed ove venissi a conoscere fatti aventi relazione colla questione di cui si tratta, non mancherò di informarne l'E.V., colgo l'opportunità...

25

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 334. Parigi, 2 agosto 1873, ore 17,10 (per. ore 21).

Comte de Paris est parti pour Vienne disposé à rendre visite au Comte de Chambord. Les chefs des partis légitimiste et orléaniste attachent une irnportance toute particulière à cette démarche et aux tentatives de fusion qui doivent s'ensuivre.

26

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2146. Parigi, 4 agosto 1873 (per. l' 8).

La condotta che il Governo Francese si propone di tenere verso la Spagna nei presenti sconvolgimenti della Penisola, è abbastanza esattamente indicata nella nota (l) che ho l'onore di mandare qui unita all'E.V. e che fu comunicata ai vari giornali dall'Agenzia Havas. Questa nota è di fatto d'origine officiosa, ed essa concorda in sostanza col linguaggio tenuto qui nelle sfere ufficiali. Una sola rettifica convien fare a questa nota. In essa è detto che la politica del Governo francese rispetto alla crisi spagnola può riassumersi nella parola neutralità. Questa parola non è esatta, perché farebbe supporre ciò che non

è, che il Governo francese consideri i Carlisti dall'un lato, e gli insorti dall'altro, come belligeranti. Alla parola neutralitd deve quindi surrogarsi quella di non intervento o d'astensione.

(l) Non si pubblica.

27

IL CONSOLE A SCUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2. Scutari, 5 agosto 1873 (per. il 21).

Il recente viaggio di S.A. il Principe del Montenegro in Europa e le onorevoli accoglienze ch'ebbe dalla Maestà del Re nostro Augusto Sovrano, dagli Imperatori di Russia ed Austria hanno naturalmente destate nuove speranze nel Principato.

Forse la pace di questi paesi se ne vantaggerà comecché le benevole dimostrazioni di cui fu oggetto il Montenegro nella persona del Sovrano possano dar nuovo indirizzo agli abitanti ed il Governo Montenegrino possa averne fondamento ad azione più corretta e ad allontanarsi da moti subitanei e da misure disordinate.

Ieri S.E. il Governatore Generale venuto a farmi visita mi disse che il Maresciallo Rodich, Governatore Civile e Militare della Dalmazia, gli ha diretto una nota con cui suggerisce al Governo Ottomano di cedere al Montenegro la baja e la frontiera di Spitza.

Questa baja e questa frontiera fu sempre l'aspirazione del Montenegro come la cagione delle contese colla Turchia. Poco giovamento in vero pei rapporti economici ne avrebbe il Principato dal possesso d'un lembo di terra lontano dal suo centro, ma ne avrebbe ad ogni modo non piccolo vantaggio nello scopo politico di cessare dall'isolamento e di essere in grado di ricevere armi e munizioni.

Se non che parmi che nel far la proposta il Maresciallo eccede i limiti della sua competenza e nel farla al Governatore dell'Albania sbagli d'indirizzo.

È forse un ballon d'essai, un mezzo di tastare il terreno.

Chevket Pascià nel darmi questa notizia si mostrò maravigliato della proposta: mi aggiunse che il Maresciallo essendo slavo vuoi soddisfare agli interessi dei suoi compatrioti forse più che le condizioni dell'Impero (così disse) glielo consentano o lo consiglino; poi soggiunse: • perché l'Austria così generosa del fatto altrui non cederebbe piuttosto Cattaro ottimo porto pel Montenegro, provincia abitata da uomini all'Austria stessa avver.si? • e mi raccontò che nell'insurrezione cattarese quelli che fecero il maggior male alle Truppe inviate a domarla, il nucleo dei rivoltosi era formato dalla Tribù dei Pastrevich che abita nel territorio di Cattaro ma è montenegrina per usi, per costumi, per interessi, per stirpe.

Che la proposta del Rodich possa non essere un concetto semplicemente del Maresciallo ma un intendimento del Governo Austriaco si può forse dedurre dalle tendenze nuove del Governo medesimo.

Già nella mia corrispondenza da Galatz mi avvenne di notare la fase

in cui entrano i rapporti dell'Austria coi paesi sottoposti alla Turchia e parmi

ch'essa miri addirittura ad uno smembramento fatto in modo pacifico e diplo

matico.

Questo smembramento farà sì che il centro di gravitazione di quei paesi

sia l'Austria, la quale non mancherà di avvantaggiarsi dell'influenza e della

Signoria perduta dall'Impero Ottomano.

Del rimanente l'accrescersi del Montenegro a danno della Turchia non

solo non sarebbe mai di pregiudizio all'Austria ma afforzando la barriera che

esiste tra le due Potenze renderebbe a quella più agevole il conseguimento

del suo scopo probabile nella Bosnia.

Qui si fa un gran discorrere di ferrovie. In realtà l'interesse della Turchia ciò esigerebbe che presto e da molte strade ferrate fossero solcati questi paesi. Non solo si avvantaggerebbe il commercio delle ricche produzioni di questi territori, e le popolazioni delle ricchezze che ora inutilmente possiedono, ma sarebbe distrutta la feudalità che qui regna ancora, quelle repubblich~tte che sono una piaga dell'Impero ed un ostacolo al progresso, e più la Turchia avrebbe mezzi per governare e contenere queste popolazioni.

Si trattò di una ferrovia da Antivari a Scutari proposta da un Ingegnere francese, il Signor Lecoq: ma non erano ancor finiti gli studi allo scalo d'Antivari che venne in campo la proposta d'una ferrovia a Prisrend ed ora non ancora studiato quel progetto si tratta della diramazione da Prisrend ad Uskup per Pristina la quale farebbe probabilmente di Scutari il deposito di una gran parte della Rumelia (seppure l'importanza di Salonicco non venisse a soverchiare) e di Antivari lo scalo della Serbia, della Bulgaria, della Rumelia e dell'Albania.

Non pare che le spese della ferrovia Antivari-Scutari sarebbero gravissime e dicesi che non eccederebbero i 5 milioni di franchi. Anche per giungere a Pris

rend pare siasi trovata lungo il Drin una via che permetterebbe di giungere

a quella Città superando il masso di montagne in cui è posta.

Finora però nulla v'ha di definito.

Un avvenimento recente mena gran rumore e scema le simpatie che aveva finora la Mirdizia (Tribù cattoliche (così dette!) dell'Albania a Sud Est di Scutari). Un albanese, Turco, che aveva attentato alla vita di suo padre e di suoi fratelli si arruolò nell'esercito (gli Albanesi non sono per privilegio sottoposti a reclutamento): ma la triste indole non ismentendo uccise un suo superiore: cacciato in prigione fuggì; venne condannato alla morte; la forza ebbe ordine di impadronirsene ma non riuscì e molti gendarmi furono vittime del loro dovere: ricoveratosi in una delle tante rovine che coprono queste contrade venne circondato da una Compagnia di regolari, ma dapprima stese a terra parecchi poi con una fortuna degna dell'audacia attraversò la linea dei soldati e corse a mettersi in salvo fra i Mirditi. E quivi fu accolto come sempre quelli che ebbero a piatire colla giustizia: la bessa (la fede) cosa santa in Albania li francava da qualsivoglia timore. Or bene i Mirditi restituirono, cosa insolita ed inaudita, il soldato all'Autorità Imperiale.

Se la giustizia debbe rallegrarsi di tale decisione i Mirditi non ne acquistano simpatie.

Divisi fra di loro comecché alcuni seguono il Capitan Gioni od il Capitan Nicola ed altri riservino la loro obbedienza al figlio del defunto Principe BibDoda (che è ora agli studi e forse anche trattenuto come ostaggio in Costantinopoli) essi si lasciarono imporre un Turco per Caimacan (luogotenente del Principe) il quale coll'arte finì per aver anch'egli un numero di partigiani e per esercitare se non regolare ed assoluto Governo qualche influenza e comando fra quelle barbare e bellicose Tribù.

Si attendono da Costantinopoli le decisioni relative allo sciopero dei

negozianti di Podgorizza che narrò il Signor Tonietti nel rapporto del 26 luglio

p.p. si crede che verrà ordine ai negozianti di pagare il nuovo tributo (Tapon) e che non tarderanno ad arrendersi a tale ingiunzione.

28

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL PRINCIPE DI PIEMONTE

(B C B, Carte Minghetti, ed in. M. MINGHETTI, Copialettere 1873-1876, vol. I, pp. 11-12)

L. P. Roma, 6 agosto 1873.

Sarebbe mio desiderio di dare a Vostra Altezza una risposta precisa e categorica, ma sono costretto invece a esporle semplicemente la situazione delle cose.

Prima che il Conte Wimpffen partisse pel suo congedo da Roma egli rinnovò a nome dell'Imperatore e del Governo Austro-Ungarico l'invito e la speranza che S.M. il Re visitasse l'Esposizione. Sua Maestà gli fece rispondere da E. Visconti Venosta il 10 giugno molte cose cortesi con la seguente conclusione: La salute di S.M. il Re esige assolutamente il suo soggiorno per alcune settimane nelle alte Alpi, quindi Sua Maestà senza rinunziare completamente al viaggio, si vede forzato di rimetterne l'esecuzione dopo la fine dell'estate. Se a quell'epoca Sua Maestà non potesse eseguire il viaggio, il Principe Umberto si recherebbe a Vienna per esprimere all'Imperatore i ringraziamenti e il rammarico di Sua Maestà.

Suppongo che fosse in seguito di questa comunicazione che Sua Maestà abbia avvertito Vostra Altezza della possibilità del suo viaggio. Ora durante la mia dimora a Torino il 24 e 25 luglio ho trovato in Sua Maestà non solo poca disposizione ad andare a Vienna, ma anzi una decisa ripugnanza. Quindi restando le cose come sono, dovrei pregare Vostra Altezza Reale a prepararsi per la seconda metà di settembre.

Però mi è d'uopo di soggiungere che nelle mie conversazioni con Sua Maestà io espressi ripetutamente questi pensieri: che non riguardavo punto la decisione di Sua Maestà come irrevocabile, che ero anzi persuaso che se per l'interesse del paese la buona politica lo richiedes:;;e, Sua Maestà avrebbe, come tante altre volte, sacrificato il suo personale desiderio al vantaggio pubblico, e che intanto avrei raccolto tutti i dati necessari per portare un giudizio sulla maggiore o minore convenienza del viaggio di Sua Maestà e quindi mi sarei permesso di presentarglieli ai primi di settembre per la sua definitiva risoluzione.

Ora Vostra Altezza ne sa proprio quanto ne so io su questo argomento sul quale non mancherò di tenerla informata di ogni nuova circostanza che si manifestasse. E avvertirò Visconti che si trova in Valtellina, affinché al suo ritorno, che sarà circa alla metà del mese corrente, passando di costì possa intrattenerne l'Altezza Vostra.

29

~L MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1215. Berlino, 6 agosto 1873 (per. il 10).

Il rapporto politico n. 1184 di questa R. Legazione in data 8 maggio ultimo (l) riassumeva il punto di vista di questo Governo di fronte alla quistione della riforma giudiziaria in Egitto. Il Gabinetto di Berlino, per approvare il progetto elaborato dalla Commissione riunita in Costantinopoli, avrebbe avuto bisogno di un atto da sottoporre al Bundesrath e al Reichstag. Il supplente del Segretario di Stato, cui ne tenni parola ieri nell'intento di sapere se la pratica aveva progredito, mi confermò soltanto simile osservazione, aggiungendo però che in massima il Governo Imperiale tedesco era d'accordo per ammettere le conclusioni della predetta Commissione.

Intanto è venuta a mia cognizione una serie di atti concernenti il medesimo argomento, i quali costituirebbero in certo modo una nuova fase della quistione. L'E.V. non può a meno di esserne già informata da altra parte: stimo però utile di riferirli ad ogni buon fine per intero, potendo ciò valere a completarne l'insieme per quel tanto che più particolarmente tocca il Governo tedesco.

Nel giugno ultimo, e, se non erro, precisamente il 17, il Gabinetto di Pietroburgo prendeva l'iniziativa di una proposta, che valesse a concretare senza ulteriore ritardo i risultamenti dei negoziati protratti già da tanto tempo intorno la riforma giudiziaria in Egitto. Il Signor di Westmann fece valere siffatte considerazioni in un dispaccio diretto o comunicato a Vienna, a Parigi e a Berlino, suggerendo che i quattro Gabinetti facessero di comune accordo a Costantinopoli la proposta di procedere senz'altro alla attivazione della riforma giudiziaria in Egitto; e ciò sulle basi seguenti, mercé le quali si sarebbero possibilmente conciliate le pretese dell'Egitto con le garanzie che le Potenze Estere stimano dover mantenere.

I nuovi tribunali egiziani eserciterebbero per cinque anni, a titolo di esperimento, le loro funzioni con piena competenza in materia di diritto civile e commerciale.

Siffatta competenza si estenderebbe in materia penale ai delitti e alle contravvenzioni commesse nell'interno del pretorio; e ciò per guarentire giudici nell'esercizio delle loro funzioni.

Per simili delitti e contravvenzioni commesse fuori del pretorio, l'esperienza dimostrerebbe nel seguito se la competenza dei suddetti Tribunali dovrà estendervisi.

Per quanto concerne i crimini, rimarrebbe in vigore l'antica giurepondenza.

Inclino a credere che l'iniziativa di questo accordo a quattro provenga da Vienna, dove si sarà stimato utile per il buon successo della proposta, di far sì che essa partisse da Pietroburgo. Comunque sia, rimane poco chiaro per me un lato della quistione, la ragione cioè per la quale la proposta in discorso venne fatta a Vienna, a Parigi e a Berlino, e non al R. Governo ed al Governo Inglese.

Ecco intanto quale ne fu sinora il risultato, per quanto venni a sapere.

Il Conte Andrassy accettò senza riserva, sono sue parole, il progetto russo, completandolo dal canto suo, mediante alcune aggiunte di dettaglio. Il Duca di Broglie scrisse a Vienna che la Francia, per la speciale posizione presa nel passato, non credeva di poter mettersi in prima linea cogli altri nell'iniziativa da prendere a Costantinopoli: desiderava però vivamente che la cosa avesse luogo, ed insisteva perché da Vienna si accettasse di associarsi alla proposta russa: terminava il suo dispaccio promettendo che in simile eventualità, il Governo francese avrebbe subito seguito quello di Vienna. Secondo il solito, riusciva difficile di muovere il Gabinetto di Berlino a pronunciarsi recisamente per l'affermativa o per la negativa. V.E. sa che, in simili quistioni, che invero non toccano guari da vicino gli interessi della Germania, il Governo tedesco evita di prendere impegni. Non è se non in questi giorni che S.E. il Signor di Philipsborn diede la sua risposta all'Ambasciata russa in Berlino, e lo fece in modo da lasciar sussistere qualche dubbiezza. Egli disse che il Governo Imperiale approvava in massima le considerazioni ed il progetto messo innanzi dal Signor di Westmann: d'altra parte le ragioni di NubarPascià non sembravano senza peso (gewichtslos) : e dopo aver riassunto in tre punti la proposta russa (competenza civile e commerciale -delitti e contravvenzioni nell'interno del pretorio -delitti, contravvenzioni e crimini fuori del pretorio) conchiuse osservando che il Gabinetto di Berlino non era certo che fosse pratica siffatta distinzione di competenza civile e di competenza penale.

Una simile risposta avrà l'effetto di far cadere a terra il progetto russo, e indurrebbe a credere che qui non si tiene moltissimo alla riforma parziale dell'organismo giudiziario attuale dell'Egitto. A Vienna si faceva molto assegnamento sull'iniziativa del Governo russo: e ciò tanto più per la tema che col crescente favore che va guadagnando il Khedive presso il Sultano, non riesca per avventura poi difficile assai d'imporgli in tempo più remoto condizioni che sieno soddisfacenti per le Potenze estere.

(l) Non pubblicato.

30

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CONELLI DE' PROSPERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1527l 426. Londra, 6 agosto 1873 (per. il 10).

Ho l'onore di qui acchiudere all'E.V. una copia del discorso Reale (l) di chiusura della presente Sessione Parlamentare, stato letto ieri dal Lord Cancelliere ad entrambe le Camere riunite. Il Parlamento è riconvocato pel giorno 22 del prossimo ottobre.

Il Times di ieri pubblica pure un rimarchevole articolo in cui passa in rivista con saggia critica gli schemi di legge stati in ciascun ramo del Parlamento votati o respinti. Nella impossibilità, stante le attuali circostanze della Legazione, di fare un rapporto sull'argomento che valesse se non altro ad addimostrarle d'aver tenuto dietro con interesse e studio a questi dibattimenti Parlamentari, annetto al presente l'articolo succitato (1), che rende un conto esatto dei lavori e delle vicende della or chiusa sessione.

Quali possano essere le sorti dell'attuale Amministrazione al riaprirsi del Parlamento, egli sarebbe in vero difficile il prevedere, e diverse sono pure le opinioni circa la vera convenienza che il Signor Gladstone possa avere di trovarsi al potere all'epoca delle nuove elezioni. Certo è che dal 1868 in qua questo paese sovranamente conservatore nelle sue forme libere, ha fatto accoglienza e plauso alle grandi misure del programma wigh, programma che ad eccezione di quanto concerne l'Irlanda, (per la quale la principale misura era quella della secolarizzazione dell'istruzione, • Irish University Bill • che ebbe esito sfavorevole nel marzo ultimo), può dirsi quasi compiuto.

Il paese ha abbracciato francamente le idee politiche ed amministrative del Signor Gladstone, e se la parte Tory venisse per momentanea fortuna ad afferrare le redini dello Stato, del che per conoscenza delle proprie forze non si mostra ansiosa, egli è a ritenersi che non potrebbe a lungo durare in carica, non essendo ormai più l'espressione della grande maggioranza del popolo Inglese.

31

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

T. 149. Roma, 7 agosto 1873, ore 11,15.

Tàchez de me faire savoir le plus tòt possible l'itinéraire qll)e le Shah suivra pour aller à Constantinople. Evitez cependant toute interpellation directe au Grand Vizir de crainte qu'il n'interprète une pareille démarche pour une invitation à choisir la route d'Italie.

Vous savez d'ailleurs par les journaux qu'il y a malheureusement toujours des cas de choléra dans les provinces vénitiennes et que le litoral de l'Adriatique est le plus directement menacé par l'invasion cholérique. Vous pourriez donner très confidentiellement cette dernìère information si vous étiez interrogé par les personnes à la Cour du Shah.

(l) Non si pubblica.

32

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 342. Vienna, 8 agosto 1873, ore 0,20 (per. ore 1).

Itinéraire Schah déjà fixé. Il n'y a pas moyen faire changer. Mais j'ai parlé ce soir au Grand Vizir de manière à laisser comprendre qu'aucune réception ne sera faite au passage Italie. Mon avis serait de se borner à donner garde à la porte hòtel où il passera nuit. Pas autre chose.

33

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 344. Parigi, 8 agosto 1873, ore 12 (per. ore 15,35).

Broglie m'a dit hier au soir que puisque les principales puissances entendaient suivre vis à vis de l'Espagne une conduite uniforme s'abstenant de toute intervention dans les affaires intérieures et se bornant à protéger les nationaux respectifs et leurs propriétés, il était désirable que les consuls et les commandants des batiments de guerre étrangers reçoivent de leurs Gouvernements respectifs l'instruction de se concerter d'avance entr'eux et d'agir possiblement d'accord chaque fois que les circonstances exigent leur action. Broglie m'a prié de vous faire part de ce désir, je vous prie de me faire connaitre votre manière de voir après avoir pressenti au besoin l'avis des autres Cabinets. Par cette proposition Broglie voudrait se prémunir à la fois contre les legitimistes qui ont la tendance carliste et ceux qui accusent le Cabinet français d'avoir cette meme tendance.

34

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 345. Vienna, 8 agosto 1873, ore 13 (per. ore 15,45).

Toutes les informations concordent à assurer que le Comte de Paris a fait ainsi qu'au nom des princes de la branche d'Orléans soumission pleine entière au Comte de Chambord. La question de principe ainsi résolue, on aurait réservé toute question pratique.

35

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 151. Roma, 8 agosto 1873, ore 22,10.

Nous avons envoyé trois vaisseaux et un aviso sur les còtes d'Espagne avec ces instructions: protection des sujets italiens, abstention de toute ingérence politique, s'entendre au possible dans les procédés avec les commandants anglais, car ceux-ci étaient chargés jusqu'à présent de protéger nos nationaux. Notre position est très délicate, nous ne voudrions pas prendre d'initiative, mais si toutes les autres puissances sont d'accord pour accepter le projet de M. Broglie nous sommes disposés à y adhérer.

36

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 6784. Roma, 8 agosto 1873 (per. il 9).

Per opportuna notizia, credo bene significare alla E.V. in appendice di

precedenti comunicazioni, che, secondo informazioni testè pervenute a questo

Ministero, il noto Perazzini Giovanni, Capo del partito Internazionale di Ri

mini, ora al servizio della Repubblica Spagnuola, travasi attualmente a Bar

cellona, dove stanno raccolti circa 200 italiani militanti, coll'intendimento

di sostenere colle armi alla mano, se occorre, la Repubblica Sociale, diffi

dando assai del Governo di Madrid.

Il Perazzini avrebbe fatto conoscere che probabilmente un nucleo di

volontari incaricheranno lui di rappresentarli al Congresso di settembre in

!svizzera.

37

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Berlino, 8 agosto 1873.

Les journaux vous disent dans la Valteline M. Artom serait aussi en congé. Ne sachant à qui m'adresser à Rome, j'espère que vous voudrez bien m'excuser, si je viens vous troubler au milieu de vos loisirs.

*Vous savez, d'après le télégramme chiffré et la lettre particulière que je vous ai écrite d'Ems le 23 Juillet (1), que j'ai rempli à la lettre vos

instructions. Pas un mot de plus, pas un mot de moins, de ce que vous me préscriviez par votre télégramme du 19 du meme mois (1). Le lendemain, je dinais chez l'Empereur, qui a été selon sa coutume très affable avec moi, mais de part et d'autre il n'a été fait aucune allusion au sujet que j'avais touché la veille. Ayant diné une seconde fois, le 28, avec l'Empereur à Schlangenbad, Sa Majesté n'en a également point parlé. En suite de votre télégramme du 26 Juillet (2), je me suis aussi abstenu. Sa Majesté a seulement demandé à la Princesse Marguerite, si Elle irait à l'exposition à Vienne.

S.A.R. s'est bornée à répondre que rien n'était encore décidé. C'eut été là cependant la meilleure des occasions de s'expliquer et de se concerter, sur la réalisation du projet qui devrait tant nous tenir à coeur.

Quoi qu'il en soit, je tiens à bien constater que je me suis tenu, soit avec l'Empereur, soit avec M. de Biilow, dans les strictes limites que vous m'aviez tracées * (3). Je n'avais fait que jeter la sonde, en laissant clairement entendre que le désir que j'exprimais, d'une rencontre entre les deux Souverains, m'était tout à fait personnel.

Voici maintenant ce que j'ai appris depuis par le Chevalier Tosi, qui le tenait du Chargé d'Affaires d'Autriche, M. de Mtinch. Ce diplomate ayant rencontré le 4 Aout un des fils du Prince de Bismarck à son retour de Varzin, lui demanda quand le Chancelier Impérial reviendrait. Le Conte de Bismarck a répondu que so n père • serait ici en Septembre pour recevoir les Italiens ».

M. de Mtinch interpella ensuite à deux reprises sur ce dernier point, M. de Radowitz, un des employés du Département des Affaires Etrangères. Celui-ci ne nia pas qu'il fut question d'un voyage de Notre Auguste Souverain à Berlin, mais que la chose, lors meme qu'elle fiìt probable, n'était pas encore entièrement décidée.

Ainsi, d'après ces détails qui m'ont été confirmés ce matin par M. de Mtinch, le Prince de Bismarck se préparait à venir ici pour saluer notre Roi, dans le cas où Sa Majesté se résoudrait à faire ce voyage. Le Comte de Bismarck en parlait comme d'une chose certaine, tandisque M. de Radowitz ne l'envisageait encore que comme une probabilité. Tout ce bruit n'a pu ètre produit par mon langage des plus réservés à Ems. Il se pourrait donc que ce fut une conséquence de l'entrevue que vous vous proposiez d'avoir avec

M. de Keudell, ou que M. Minghetti aura eue avec ce dernier, au sujet des dispositions éventuelles du Chancelier. M. de Keudell aura rendu compte de cet entretien, et son chef a mordu à l'hameçon, car il a l'esprit trop perspicace, pour ne pas comprendre toute l'importance qu'aurait, pour l'Allemagne aussi bien que pour l'Italie, le fait à lui seui d'une entrevue entre les Souverains des deux Nations. Il ne faudrait pas maintenant que tout finit par un mécompte. L'impression serait déplorable.

* Ce serait commettre une énorme faute politique que de ne pas donner suite à l'idée de ce voyage. Votre dernier télégramme, du 26 Juillet, qui m'est parvenu à Schwalbach, m'à laissé une pénible impression. Ce temps

d'arret, ou d'incertitude, me pèse beaucoup. Nou! avons à peine un mois devant nous, pour prendre un parti. Au nom de l'Italie, tachez d'influencer le Roi à se résoudre, comme je vous l'écrivais déjà, à mettre le comble à son dévouement pour le Pays, en signalant encore son règne si bien rempli, par un acte dont ses sujets Lui sauront infiniment gré, en ce qu'il assure le présent et prépare l'avenir.

Il me tarde d'apprendre quelque chose de positif. Je vous serais obligé de me répondre quelques mots *.

(l) Non pubblicati.

(l) -Cfr. n. 11. (2) -Non pubblicato. (3) -I brani fra asterischi furono comunicati al Re.
38

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2148. Parigi, 9 agosto 1873 (per. il 13).

Lo scambio di visite che ebbe luogo a Froshdorf ed a Vienna fra il Conte di Parigi ed il Conte di Chambord è considerato da tutti i partiti come un evento di grande importanza per l'avvenire della Francia. Il partito orleanista se ne mostra specialmente soddisfatto ed orleanisti e legittimisti fondano sopra di esso la speranza della restaurazione della monarchia. Si crede facilmente a ciò che si desidera, ed è molto possibile che alle presenti speranze succedano pronti disinganni. La restaurazione della monarchia fatta all'infuori del suffragio popolare, è in aperta contraddizione col sentimento della grande maggioranza del paese e col sistema della sovranità plebiscitaria che il popolo francese era stato assuefatto a considerare come base del suo diritto pubblico interno. Tutti gli elementi repubblicani e gran parte degli elementi bonapartisti ripugnano ad ammettere una tale soluzione della questione della forma di Governo. Ma queste ripugnanze per gravi che siano, costituiranno bensì una difficoltà perché la monarchia, così fatta, possa radicarsi e vivere a lungo; non sono però una difficoltà insuperabile perché essa possa venir proclamata, e durare un certo tempo. lmperocché il tentativo che i partiti monarchici sembrano disposti a fare, si produrrà all'infuori del suffragio popolare, e sarà fatto in seno alla Assemblea. Ora la decisione dell'Assemblea quale che essa possa essere, sarà subìta dal paese senza apparenza di contrasto, e sarà pure accettata dall'esercito, che molto verosimilmente non cercherà d'esercitare un'ingerenza indebita né in seno all'assemblea né fuori. Le sole difficoltà di cui convenga perciò tener conto nella presente circostanza, sono quelle che possono prodursi in seno all'assemblea stessa. E queste si riducono in sostanza alla possibilità che la maggioranza, la quale si è fatta ed esiste contro la forma repubblicana, non si trovi più per proclamare la monarchia borbonica. Giova quindi esaminare le condizioni di questa maggioranza. Bisogna escludere in primo luogo, in una votazione in favore di tale monarchia, tutte le frazioni repubblicane. Inoltre bisogna escludere gli elementi bonapartisti, pochi di numero, mà apprezzabili sotto altri rispetti. Detratti tutti questi elementi, rimane tuttavia una maggioranza monarchica di circa 40 o 50 voti, a condizione che non vi sia nessuna defezione. Qui veramente sta il nodo della questione. Gli orleanisti, che formano la grossa falange, non possono accettare la monarchia del puro diritto divino, colla bandiera bianca e con una costituzione data dal beneplacito del Re. I legittimisti, dal canto loro, seguiranno gli ordini del loro Re, e se questo persiste nelle idee che ha manifestate iteratamente, non si vede la probabilità d'un accordo. A toglier di mezzo le difficoltà, ed a facilitare l'accordo, sembra che i due partiti siano disposti ad agire nel senso che mi proverò di indicare, attenendomi alle informazioni, ancora incomplete, che ho potuto procurarmi. La maggioranza orleanista-legittimista sa, che se si fanno le elezioni generali pel rinnovamento totale o parziale dell'assemblea, ha poca probabilità di ritrovarsi costituita com'è ora. Essa crede quindi che il tentativo monarchico deve esser fatto coll'assemblea attuale. D'altronde v'è una scadenza fissa. Al mese

di novembre prossimo devono discutersi le leggi costituzionali presentate da Thiers e da Dufaure. Si è in questa occasione che la proposta d'una costituzione monarchica può esser fatta come controproposta alle leggi costituzionali repubblicane presentate dal Gabinetto precedente. L'idea prevalente è di presentare un solo articolo di legge, col quale si rimetterebbe in vigore la costituzione del 1814, eccettuati parecchi articoli (quelli p.e. relativi alla Camera ereditaria, al censo elettorale ecc.) pei quali si farebbe riserva di presentare posteriormente leggi speciali. Nella costituzione del 1814 non è fatto cenno della bandiera. Questa questione non sarebbe quindi toccata per adesso. La votazione di quella costituzione soddisfa gli orleanisti, perché essendo votata dall'Assemblea, non si potrebbe dire che è una costituzione data dal beneplacito regio. D'altro lato il Conte di Chambord ed i legittimisti non potrebbero ragionevolmente rifiutare una costituzione che emanò in origine da un Sovrano riconosciuto legittimo. Per tal modo su questo terreno i due partiti potrebbero trovarsi d'accordo. La visita fatta dal Conte di Parigi a Froshdorf, consigliata dai Principi e dai Capi orleanisti ha avuto per iscopo di facilitare questo accordo. Ora gli orleanisti insistono presso i legittimisti perché una commissione di questi ultimi si rechi dal Conte di Chambord, e lo induca ad entrare in quest'ordine di idee. Se il Conte di Chambord aderisse a questo piano, la votazione della monarchia legittima potrebbe diventare un'eventualità probabile.

Questi sono i progetti ventilati in questo momento dai capi dei due partiti. Non v'è dubbio che essi sono favoreggiati dalla maggior parte dei membri del Gabinetto. Né il Maresciallo Presidente farebbe, a quanto si crede, opposizione ai medesimi, tenendosi per probabile che egli, secondo le proprie dichiarazioni precedenti, farebbe rispettare, anziché combattere, le decisioni della maggioranza dell'Assemblea. L'esito del tentativo dipende invero da molte ipotesi, e come accennai dianzi, la non verificazione di alcuna di esse può mutare le speranze dei partiti monarchici in amari disinganni. Ciò nondimeno non si deve dissimulare che dall'apertura dell'Assemblea a Bordeaux fino ad oggi, la restaurazione legittimista in Francia non ebbe mai così prossima probabilità di riuscita come ora.

39

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 368. Madrid, 9 agosto 1873 (per. il 18).

Ho l'onore di mandare qui unito a V.E. il decreto (l) del Governo Spagnuolo col quale viene stabilita in Roma un'accademia di belle arti destinandovi i fondi appartenenti all'opera pia di Santiago e Monserrat.

Questo decreto al quale alludeva il mio rapporto N. 315 della presente serie (1), viene seguito dal relativo regolamento e nell'affrettarmi di porre entrambi sott'occhio di V.E....

40

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 350. Costantinopoli, 10 agosto 1873, ore 21,05 (per. ore 21,45).

La Sublime Porte enverra renovation invitation aux Cabinets pour réunion commission internationale qui doit statuer sur le ty.pe universel du jaugeage et, le cas échéant sur la question spéciale de Suez. La Sublime Porte croit utile l'envoi de deux délégués de la part de chaque Gouvernement. La Russie en a déjà choisi deux. Le ministre des affaires étrangères désirerait connaitre dès à présent les intentions du Gouvernement du Roi à cet égard.

41

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 6813. Roma, 10 agosto 1873 (per. l' 11).

Il noto Costa di Bologna ha avvertito per lettera la Federazione Operaia di Firenze che molti romagnoli, fra i quali il proprietario del Caffè comunale di quella città, Cajo Zavoli di Rimini, certo Zanibelli ed altri, sono già partiti per la Spagna onde soccorrere gli internazionalisti di colà, e nello stesso tempo esorta gli affiliati di Firenze a seguirne l'esempio nel maggior numero possibile, indirizzandoli a Barcellona presso un tal Ferro! Fedel. Mi affretto di portare ciò a notizia dell'E.V. in continuazione della mia nota in data 8 corrente

N. 6784 (2).

4 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. V

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 36.
42

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, DE BOCCARD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 360. Tunisi, 12 agosto 1873 (per. il 18).

Il titolare Comm. Pinna, lasciando questa residenza, mi diede per istruzione di sollecitare in ogni miglior modo la risposta statagli personalmente promessa dal Bey, circa l'autorizzazione allo stabilirsi in Tunisi di una Banca anonima sotto la ragione di • Banca Italo-Tunisina »,

Essendo riescito nel mio assunto, mi affretto trasmettere qui acclusi tanto il progetto di Statuti, quali vennero assoggettati alla Sovrana approvazione, quanto la risposta in copia del Kasnadar, unitamente alle modificazioni richieste dal Bey ad essi statuti (1).

Dal confronto dei medesimi l'E.V. rileverà facilmente che basandosi sovra

una falsa interpretazione dell'art. 18 del Trattato tra l'Italia e la Tunisia S.A.

il Bey vorrebbe sottrarre questa instituzione alla guarentigia della Legge

Italiana, e derogare per essa alla giurisdizione Consolare, stabilendo un peri

coloso precedente.

Mi astengo affatto di entrare nei vantaggi sì politici che economici che potressimo ricavare dalla Banca Anonima Italo-Tunisina, essendo espresso proposito del Comm. Pinna di trattarne di persona coll'E.V.; ma intanto nel sottoporre la pratica corredata di tutti i documenti, debbo pregarla di ben volermi indicare la linea di condotta che nella sua saggezza Ella ravviserà più opportuna, essendo mio proposito di non prendere alcuna determinazione a questo

riguardo prima di aver ricevuto precise istruzioni dall'E.V., e malgrado che i

promotori di essa banca sieno decisi di rispondere ed insistere immediatamente

a quanto, a ragione, essi riguardano come una violazione di diritto.

P.S. -Al momento di spedire il corriere, mi giunge la replica del Signor Cesana promotore della Banca Italo-Tunisina, e mi affretto di trasmetterla.

43

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1220. Berlino, 13 agosto 1873 (per. il 16).

La Spenersche Zeitung contient dans son numéro 359 du 5 Aoì1t un article sur notre changement ministériel et sur les relations entre l'Allemagne et l'Italie. C'est la continuation de la polémique engagée entre ce journal et la Perseveranza. Mais cette fois encore la Gazette allemande se livrait à des appréciations aussi odieuses qu'inexactes sur la conduite politique de V.E. et de M. le Commandeur Minghetti.

Sans formuler aucune plainte, j'ai cependant jugé à propos de laisser entendre ici que de semblables critiques dans un journal qui passait pour avoir des attaches officieuses, ne pouvaient manquer de produire à Rome un facheux effet.

M. de Philipsborn m'a répondu que l'article dont il s'agit avait déjà attiré son attention, et que de son propre mouvement il avait fait savoir à la rédaction de la Spener que le Ministère s'abstiendrait de lui communiquer des nouvelles, si elle persistait dans son attitude envers notre Gouvernement.

Aujourd'hui le meme journal donne des extraits d'un article de la Perseveranza du 4 Aòut, en cherchant à démontrer qu'il n'avait pas eu tort de n'accueillir que sous bénéfice d'inventaire les protestations d'amitié de notre Cabinet, et il cite à l'appui le langage de la feuille de Milan • qui doit etre considérée comme l'organe principal du parti dominant en Italie •. Une apostille du bureau de la rédaction s'applique à atténuer la portée de cette publication. On voit que les avertissements de M. de Philipsborn commencent à porter fruit.

Je crois qu'il serait opportun que la Perseveranza mit aussi une sourdine à son langage parfois trop provoquant. M. Bonghi a trop de patriotisme pour ne pas renoncer à ces joutes, et trop d'intelligence pour ne pas comprendre qu'il ferait fausse route en puisant dans son arsenal les memes armes dont il se servait avant 1870. Il tire sur nos amis et n'a de ménagements que pour ceux qui tòt ou tard nous coucheront en joue. Il faudrait etre aveugle pour ne pas voir maintenant les dangers qui nous menacent du còté de la France, et pour ne pas chercher à nous en prémunir en donnant le mot d'ordre à notre presse sérieuse. Il est vraiment regrettable de ne plus trouver chez elle trace de cette ancienne discipline tant admirée et enviée par le Prince de Bismarck. Si elle était de mise quand il s'agissait de préparer, de fonder l'unité nationale, elle l'est tout autant quand il s'agit de nous consolider et de bien discerner avec quelle Puissance nous avons des intérets mutuels et permanents à sauvegarder.

(l) Non si pubblicano gli allegati.

44

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(B C B, Carte Minghetti)

L. P. Bormio, 14 agosto 1873.

HQ ricevuto la tua lettera da Napoli del 10 corrente e il giorno stesso ricevetti qui direttamente da Berlino la lettera di de Launay che ti accludo (l) e che leggerai con interesse. In fondo mi spiace questa indiscrezione del Principe di Bismark che a quest'ora avrà fatto il suo viaggio in tutta la diplomazia di

Berlino e che può lasciar supporre che la visita del Re sia frutto di preparazioni lunghe e di sollecitazioni da parte nostra, mentre sarebbe stato preferibile avesse il carattere d'un invito spontaneo venuto dall'Imperatore di Germania una volta deciso e conosciuto il viaggio del Re a Vienna per l'esposizione. Ma a questo mondo bisogna accontentarsi del possibile e il lato buono di quanto scrive de Launay sta nella quasi assicurazione che ci dà che Bismark lascerebbe Varzin per Berlino in quell'occasione. Ora tu sai che questo era uno dei punti capitali su cui Keudell stesso si avanzava con molta riserva, conoscendo l'umore bisbetico del padrone, e sul quale noi non potremo transigere. Vedo con piacere dalla tua lettera che tu hai ferma fiducia di ottenere alla fine l'assenso del Re. La lettera di de Launay è per noi una ragione di più per insistere, credo però che questa lettera non possa essere mostrata a Sua Maestà perché si attribuisce ogni cosa ai nostri colloqui con Keudell e il Re, che è abbastanza sospettoso, ci farebbe il carico d'essere noi stessi che

facciamo la necessità per valercene dappoi. Tu vedrai del resto meglio di me quello che giovi fare (1).

Sono io pure di avviso che era oramai necessario il mandare sulle coste di Spagna qualche bastimento per la protezione degli italiani quando tutti gli altri ci erano andati prima di noi, il che pure è bene. La risposta da te fatta alla comunicazione del Duca di Broglie parmi la migliore possibile.

Non vedo bene quali sieno questi fuochi del Bengala che Pisanelli desidera, perché guai se il razzo fallisse e, una volta spenta la girandola, il pubblico s'avvede che fa più buio di prima. Mi sembra che il viaggio del Re possa appagare le aspettazioni pubbliche sino alle quistioni fininanziarie che verranno innanzi al Parlamento e che pur troppo si rischiarano con altri lumi.

Un giornale di Valtellina, in un articolo riprodotto dalla Perseveranza, ha annunziato un mio prossimo discorso a un banchetto d'elettori a Tirano. La notizia non è esatta. È vero che alcuni elettori dei più influenti mi parlarono, con desiderio e con insistenza, di questa manifestazione e che non mi si voleva lasciar partire senza il banchetto e senza il discorso. Io però ho cercato ragioni di varie specie per persuadere loro che valeva meglio rinviare questo progetto a più tardi, quando avrei fatto nell'autunno una gita e una dimora un po' più riposata a Tirano. La vera ragione era poi che, in questi tempi di carestia giornalistica, una stampa famelica si sarebbe gettata sul mio discorso e che non volevo parlare prima d'essermi inteso con te sul linguaggio da tenere

e sulle quistioni d'opportunità. I miei elettori che sono brava gente mi parve si accontentassero d'avere il loro discorsino più tardi, all'epoca delle castagne. Le date di cui è irta la fine della tua lettera m'avvertono che la mia vacanza

volge al suo termine. S'io dovessi giungere a Roma prima della tua partenza

al 18 dovrei partire da qui oggi stesso perché ci vogliono due giorni e due

notti. Rimarrò dunque qui sino al 20, sperando e confidando che il telegrafo

mi lasci fare una sosta d'un giorno a Tirano, e una d'un giorno a Milano

che sarebbero proprio richieste da alcuni miei affari personali. Una volta a

Milano un telegramma di Tornielli mi farebbe essere venti ore dopo a Roma

e non suppongo la probabilità d'un affare che non lasci 20 ore di tempo. Ad ogni modo sarò a Roma, secondo il bisogno, fra il 22 e il 24. Se tu credi che prima di recarmi a Roma debba passare a Livorno non hai che a farmelo sapere col mezzo di Tornielli. Ma forse non sarà necessario e sarà invece preferibile che vada direttamente a Roma. Non mi immagino che io debba venir teco a Torino quando si tratterà di persuadere il Re. La cosa darebbe troppo nell'occhio, io non aggiungerei alcuna maggiore influenza e il tuo colloquio a quattr'occhi, dovendo essere decisivo, sarebbe anche più efficace.

Unisco qui un Pro-Memoria per un affare che dipende dal Ministero delle Finanze e che mi fu vivamente raccomandato da Lodovico Trotti il quale è uno dei Direttori della Società di cui si tratta. Ciò che solo importa è che l'affare sia sbrigato prontamente negli uffici e la risoluzione giunga sollecita. Se tu farai giungere una parola la quale raggiunga questo intento, farai cosa gratissima al nostro comune amico Trotti.

Ti auguro che i pochi giorni di respiro e qualche bagno di mare ti ristorino alquanto.

(l) Cfr. n. 37.

(l) Della lettena di De Launay furono comunicati al Re solo alcuni brani. Cfr. p. 38, nota 3.

45

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 371. Madrid, 14 agosto 1873 (per. il 25).

Ho l'onore di segnar ricevuta del telegramma portante la firma di S. E. il Presidente del Consiglio e pervenutomi il 4 corrente (1), col quale mi si dava partecipazione della decisione presa dal Governo del Re di mandare un bastimento da guerra sulle coste di Spagna con ordine di toccare in primo luogo il porto di Barcellona.

Scorgo ora dai giornali di costà in data del 9, che le corazzate della Squadra permanente Roma, Venezia, San Martino e l'avviso Authion avevano avuto ordine di partire alla volta di Cartagena.

Non dubito che questa disposizione sia per produrre il miglior effetto sui numerosi RR. sudditi stabiliti sul litorale di quest'agitatissima penisola, e ove la bandiera Italiana era la sola che mancasse fra il concorso di navigli esteri qui riuniti per la protezione dei loro nazionali.

Mi pregio spedire a V.E. il qui unito rapporto (l) del R. Console a Cadice contenente la relazione che il medesimo rivolge a codesto Ministero circa i fatti di Cadice, e nel rallegrarmi che nessuna informazione di danni sofferti da Italiani tanto in quella città come nell'adiacente località di San Fernando ci sia pervenuta all'infuori di quella già da me segnalata di cui fu vittima il Signor Tassio...

P.S. -Sarò grato all'E.V. se si compiacerà far consegnare al Segretario di Legazione Conte di Prampero la qui acchiusa lettera che per lui mi è stata rimessa dalla Legazione Austro-Ungarica.

(l) Non pubblicato.

46

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 6964. Roma, 16 agosto 1873 (per. il 17).

Mi si riferisce che diversi Comunisti francesi, rifugiati in Inghilterra e nel Belgio, sotto mentite spoglie sieno rientrati in Francia per organizzare un movimento insurrezionale che avrebbe luogo in ottobre.

Tale notizia sarebbe stata data anche ai primari rivoluzionari socialisti delle altre regioni. Migliaia di circolari e di opuscoli, trattanti la propaganda e l'azione, sarebbero stati sparsi per la Francia. La Direzione del movimento sarebbe a Londra, con succursali a Marsiglia ed a Lione. Pregiomi informarne l'E.V. per opportuna notizia.

47

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 6965. Roma, 16 agosto 1873 (per. il 17).

Vengo informato che la Commissione Internazionale di Bologna ha ricevuto una Circolare del Giura e diretta a tutte le Sezioni perché nel Congresso di Ginevra, nel quale si troveranno riunite tutte le celebrità rivoluzionarie comuniste, si faccia sul serio atto di solidarietà cogli intransigenti spagnoli, mandando colà ogni regione il proprio contingente.

Si aggiunge che dalla Francia molti internazionalisti, massime di Marsiglia, sono di già partiti. Mi fo un pregio di comunicare queste notizie alla E.V. ad opportuna intelligenza.

48

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 372. Madrid, 16 agosto 1873 (per. il 28).

Facendo seguito al mio rapporto n. 356 (l) col quale avevo l'onore d'inviare a V.E. l'avviso diramato alle varie Sezioni internazionaliste spagnuole dalla

commissione di corrispondenza della Federazione Italiana, avente sede in Bologna, per invitarle a mandare i loro rappresentanti al Congresso antiautoritario da tenersi in Ginevra il l o settembre, acchiudo oggi un altro manifesto proveniente dalla stessa fonte il quale invece altera il luogo e la data di questa riunione, fissandola pel 28 corrente a Neuchatel onde anteporla e non confonderla col Congresso autoritario che il Consiglio generale di New York aveva pure convocato pel l o settembre a Ginevra.

Un'annotazione della Commissione Spagnuola nel dare pubblicità a quanto precede, fa però osservare sapersi ora che detto Consiglio generale con risoluzione del l o luglio ha stabilito che il suo Congresso abbia luogo soltanto il lunedì 8 settembre, e che non havvi in tal guisa ragione alcuna per uniformarsi alla proposta delle sezioni Italiane.

Unisco inoltre una risposta mandata da una sezione dell'associazione operaja di Bologna ad una circolare emanata dal corrispondente ramo internazionalista di Barcellonà, in cui sono svolti i principii più anarchici nello stile proprio a tutte le effusioni officiali del Socialismo.

I giornali dell'Internazionale sono furenti contro l'attitudine presa recentemente dal Potere esecutivo della Repubblica. L'organo principale della setta dice a questo riguardo:

" La reazione monarchica aveva per base fondamentale l'esercito permanente. La reazione repubblicana fa peggio e ci rappresenta come i nemici della repubblica e della libertà; noi che siamo i veri liberali repubblicani, perché vogliamo le guarentigie necessarie acciò esse esistano di fatto.

Ci dipingono come nemici del Federalismo; noi che lo vogliamo fino alle sue ultime conseguenze, che lo bramiamo sincero, che chiediamo la sua piena applicazione nella collettività sociale, nella comune, nell'associazione del lavoro.

La reazione Monarchica dirigeva contro di noi le baionette dei soldati. La reazione repubblicana dirige contro di noi le baionette dei cittadini. Dinanzi a tale ostacolo non retrocederemo. In ogni modo dobbiamo trionfare ».

Nella sua rassegna estera l'articolo da cui estraggo questo brano espone che le federazioni e sezioni delle Romagne hanno tenuto un congresso regionale molto numeroso nel quale vennero adottati importanti accordi per la rivoluzione sociale, e che vi è stato anco deciso l'invio di un delegato al congresso antiautoritario più sopra mentovato, per sostenere le teorie dell'autonomia e della federazione libera.

Non so se torneranno nuovi all'Onorevole Signor Ministro dell'Interno i particolari del presente rapporto, ciò non di meno ho creduto dover mio trasmetterli a V. E.

(l) Cfr. n. 20.

49

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 221. Alessandria, 17 agosto 1873 (per. il 25).

Il giorno 14 il Khedive è arrivato, ma essendo ora piuttosto tarda, si rimisero all'indomani le ricezioni ufficiali. Il Corpo Consolare fu a compii

mentarlo, e Sua Altezza, allorché mi alzai per salutarlo, mi pregò di ripassare da lui nelle ore pomeridiane.

Ieri ebbe luogo la funzione ufficiale della lettura del Firmano, che il Khedive fece con una pompa inusitata, essendo presenti tutte le Amministrazioni civili, militari e religiose, il Corpo Consolare, e gran numero dei notabili delle Colonie. Nello stesso tempo dal Ministro della guerra s'inaugurava il monumento, innalzato nella piazza principale di questa Città, a Mohammed Aly.

Dopo la cerimonia della lettura del Firmano, come Decano, ho dovuto dirigere a Sua Altezza poche parole di felicitazioni in termini generali, augurando che le concessioni ottenute dalla Porta possino aver per risultato di sviluppare la prosperità dell'Egitto, che è intimamente legata a quella delle nostre Colonie, al cui benessere Sua Altezza si è sempre interessata senza far distinzione tra indigeni e stranieri.

Il Khedive nel rispondere non si è tenuto nelle generalità, ma nel ringraziarci delle nostre felicitazioni per le concessioni ottenute dalla benevolenza del Sultano, soggiunse con proposito deliberato di ritenere come il principale successo del suo viaggio a Costantinopoli quello di poter impiantare immediatamente la riforma giudiziaria, che formerà degli indigeni e degli stranieri abitanti in Egitto una sola famiglia.

Queste parole ufficiali del Khedive hanno fatto credere che Sua Altezza sia riescito a vincere tutte le difficoltà che si opponevano a questa riforma.

Nella conversazione particolare che ebbi con Sua Altezza il giorno antecedente, Egli mi raccontò confidenzialmente quanto ebbe a fare per ottenere questo Firmano, e positivamente lo deve ad un estro di particolare benevolenza del Sultano. Fu combinato tra essi all'insaputa del Gran Vizir e dei Ministri, ai quali dal Sultano stesso fu rimesso per l'approvazione, ciò che diveniva una pura formalità, quando così aperta si mostrava la volontà Imperiale. E fu anche per ordine espresso del Sultano che fu comunicato alle Potenze, comunicazione, che secondo il Khedive, implicitamente ne stabilisce la garanzia delle Potenze, invitate dalla Sublime Porta a regolare su questo documento le loro relazioni con l'Egitto. Sua Altezza è egli stesso entusiasmato dell'opera sua, e crede non solo di aver stabilito la sua posizione in Egitto, ma di aver anche occupata la posizione la più importante nella questione generale d'Oriente.

Per confronto di traduzione ne rimetto a V.E. un esemplare di quella pub

blicata dal Governo Egiziano.

Il Khedive mi parlò anche della riforma giudiziaria. Egli mi disse di aver ottenuta l'adesione dell'Alemagna, d'esser certo, ed attendere a momenti, di quella della Russia, alla quale è subordinata quella degli Stati Uniti d'America, che in Francia si erano molto modificate le idee in senso favorevole, e che non dubitava avrebbe in breve anch'essa aderito, e che l'Austria era rimasta

sola in un campo di aperta opposizione, avendo anche mostrato alla Porta risentita disapprovazione per la concessione del nuovo Firmano. Il Viceré non sa spiegarsi quest'attitudine del Governo Austro-Ungarico così diametralmente opposta a quella tenuta sempre per lo passato. Sua Altezza mi ha soggiunto, e mi è stato ripetuto da Nubar Pascià, che appena ottenute le adesioni della Russia e degli Stati Uniti, introdurrebbe la riforma, e costituirebbe i nuovi Tribunali.

In ultimo Sua Altezza mi ha tenuto discorso della quistione del Canale di Suez, e mi ha detto che certamente il de Lesseps non accetterà l'opinione emessa dalla Sublime Porta, e che perciò si dovrà convocare una Commissione internazionale per adottare un sistema unico sulla percezione del tonnellaggio. Accennò infine ad un accordo, al quale sarebbe pervenuto con la Legazione francese, che ogni questione relativa al Canale di Suez sarebbe di assoluta competenza dei Tribunali Egiziani. Non si è spiegato in modo però da farmi comprendere che un tale accordo fosse confermato dal Governo Francese.

In questa conversazione particolare, a cui S.A. ha avuto la gentilezza di chiamarmi, in una giornata di trambusto di ricezioni ufficiali, non ho creduto interpellarla su molti dettagli, e mi riservo perciò d'informare in seguito l'E.V. di quanto possa interessarlo.

Sua Altezza è partita questa notte per Cairo.

Ieri ebbero luogo diversi cambiamenti nel personale governativo. Il Principe Hussein Pascià dall'Istruzione Pubblica è passato all'Interno. lsmail Saddik Pascià Ministro dell'Interno che per veto della Porta era stato l'anno scorso rimosso dalle Finanze, è ritornato ad esserne il titolare. Nubar Pascià ha ripreso la direzione del Ministero Esteri, restando Scerif Pascià alla direzione di quello della Giustizia. E nei cambiamenti di ordine secondario si è rimarcato che pochissima parte è stata data all'antico elemento turco ostile sempre ad ogni riforma.

50

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, A VITTORIO EMANUELE II

(B C B, Carte Minghetti)

L. P. Livorno, 24 agosto 1873.

Mi fece sommo piacere l'ultimo telegramma di Vostra Maestà nel quale mi dava così buone nuove della sua salute. È evidente che l'aria delle alte montagne e quella vita così faticosa e dura le giova mirabilmente e mi rallegro anche di vedere che le sue spedizioni siano state felici.

lo mi sentivo veramente stanco di questi due mesi di lavoro indefesso sotto un ·calore tropicale, e son venuto qui a riposarmi per una settimana per venire a Firenze appena Vostra Maestà secondo il pensiero espressomi vi si rechi, e tenendomi sempre pronto agli ordini di Vostra Maestà ovunque le piacesse di chiamarmi.

Quando ebbi l'onore di vederLa a Torino, Vostra Maestà mi espresse la sua ripugnanza al viaggio di Vienna, però mi permise di raccogliere dati e informazioni che più tardi potessero servire a riesaminare la questione. Ben inteso senza compromettere in alcun modo Vostra Maestà, rispetto alla quale

le cose rimangono sempre in quella medesima pos1z10ne che furono messe dal telegramma che Vostra Maestà ordinò a Visconti di spedire a Vienna sino il 12 giugno.

Ora io Le invio alcuni dei molti documenti che possono darle un concetto dello stato delle cose.

Due lettere di de Launay una di antica data, l'altra più recente. Da quest'ultima vedrà anche come le istruzioni date da Vostra Maestà a Visconti a Torino siano state scrupolosamente adempite.

Una lettera considerevole di Robilant diretta a me. E similmente un estratto di lettera del Conte Emanuele Borromeo che come Vostra Maestà conosce è il Commissario Regio all'Esposizione.

Debbo soggiungere ancora che per istruzioni verbali ci consta in modo indubitabile che S. M. l'Imperatore di Germania vedrebbe con grandissimo piacere l'andata di Vostra Maestà a Berlino e che qualora sapesse la sua visita a Vienna non esiterebbe a pregarla di ricevere da lui ospitalità.

Che il Principe di Bismark reputa del più che questo viaggio sarebbe utilissimo e fecondo di buoni risultati. Come Vostra Maestà sa il Principe dimora per salute a Varzin donde non si mosse neppure quando venne l'Imperatore di Russia a Berlino. Ora mi consta che egli ha detto anche in famiglia che il solo motivo che lo indurrebbe a lasciare la campagna e venire a Berlino sarebbe se Vostra Maestà vi si recasse.

Queste sono le informazioni raccolte di Germania alle quali conviene anche aggiungere questa avvertenza che la situazione dell'Austria potrebbe cambiarsi all'interno, e accentuarsi in modo meno liberale come già più volte si minacciò cosicché una occasione come la presente potrebbe essere perduta indefinitamente.

Quanto alle cose di Francia, Vostra Maestà a quest'ora ne sarà informata meglio di me, ed anzi aspetto con grandissimo desiderio di conoscere le sue impressioni. Certamente dall'epoca che ebbi l'onore di vedere Vostra Maestà a Torino un fatto nuovo e gravissimo si è compiuto: la fusione di due rami della casa Borbone. E questo fatto in Italia ha prodotto una forte impressione, più forte a mio avviso anche di quella che sarebbe stato conveniente. Ma le impressioni dei popoli non si comandano, e il sentimento di un ravvicinamento alla Germania è nelle menti e nelle speranze di tutti.

Però come io sono certo che Vostra Maestà sarebbe accolto in Germania colle maggiori dimostrazioni di riverenza e di simpatia, così son certo del pari che il viaggio di Vostra Maestà per quanto breve sarebbe popolarissimo in Italia, e molto varrebbe a mantenere negli animi la fiducia. E questo dico non solo per riguardo al Parlamento ma per riguardo a tutta la nazione.

Ecco lo stato delle cose, quale mi reco in debito di sottoporre a Vostra Maestà, alla quale non chieggo ora né la sua decisione, né i suoi ordini sopra di ciò. Soltanto spero che Vostra Maestà avrà la bontà di riprendere in esame le circostanze attuali tanto cambiate da un mese fa, e quando avrò l'onore di vederla mi dirà il suo giudizio della cui penetrazione e sicurezza io fo la più grande stima.

51

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. u. 7146. Roma, 25 agosto 1873 (per. il 26).

Siccome già ebbi a notificare all'E.V. con precedente mia del 21 corrente N. 7022 (1), il giorno 8 settembre p.v. avrà luogo in Ginevra il 6° Congresso Generale dell'Internazionale, al quale interverranno rappresentanti Spagnuoli, Belgi, Tedeschi, Italiani, Inglesi ed Americani, e fors'anco diversi membri della Comune di Parigi.

Questo Congresso; così detto degli Autoritari; sarà preceduto da quello degli Antiautoritari, da tenersi pure a Ginevra il giorno, l dello stesso mese.

Importando assai di conoscere quale sarà effettivamente il numero degli intervenuti tanto Italiani, che stranieri, a quei Congressi, il processo delle discussioni, le deliberazioni prese, e tutti quanti insomma i principali episodì delle riunioni medesime sulle quali sarà naturalmente rivolta l'attenzione di tutti i Governi, prego l'E.V. di volermi favorire tutte quelle notizie che Ella potrà procurarsi in proposito.

Potendo in quesÙ giorni conoscere tutti i nomi degli Inter~azionalisti Italiani che verranno definitivamente delegati ad assistere come Rappresentanti ai Congressi suddetti, non mancherò di notificarli all'E.V. per opportuna intelligenza; ed intanto Le partecipo, che secondo le informazioni pervenute a questo Ministero, la Sezione dell'Internazionale di Ravenna, avrebbe già designato a suo rappresentante il noto Lodovico Nabruzzi (2).

52

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE GENERALE A FRANCOFORTE, CENTURIONE

D. s. N. Roma, 26 agosto 1873.

Al momento in cui, destinandosi un funzionario di prima categoria al posto di Francoforte V.S. è chiamata a prendere la direzione di quell'ufficio, stimo opportuno farle conoscere, essere intendimento del Governo di Sua Maestà che a tal fatto non si possa attribuire alcun significato politico.

Gl'interessi economici e finanziarì bastano a spiegare l'istituzione di un Consolato d'Italia in codesta importante piazza di commercio ed io sono convinto che la S.V. saprà astenersi da qualunque attività politica limitandosi a trattare gli affari schiettamente consolari che Le offriranno un campo assai vasto per dar prova di operosità e per rendere servigi importanti al Governo.

L'essere stata Ella per qualche tempo impiegato presso la Legazione del Re in Francoforte, lo aver Ella sinora coperto un ufficio diplomatico in paese di Germania rendono la posizione di Lei ancora più delicata. Epperò io neì porgerle questi avvertimenti non voglio mettere in dubbio la prudenza di V.S., ma intendo soltanto tracciarle una via sicura per la quale Ella potrà condursi con piena soddisfazione del Governo del Re, e giustificare così pienamente la fiducia che in Lei ha riposto il Ministero.

(l) -Non pubblicato. (2) -Con dispacci del 26 agosto Visconti Venosta incaricò i rappresentanti a Ginevra e Berna di inviare informazioni su questi congressi dell'Internazionale.
53

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. 114. Roma, 29 agosto 1873.

Per informazione di V.S. illustrissima e riferendomi al dispaccio che Le ho indirizzato il 26 (l) di questo mese relativamente ai congressi dell'Internazionale, che stanno per adunarsi a Ginevra, ho l'onore di farle conoscere che consta finora al R. Ministero dell'Interno della nomina di 4 delegati italiani che debbono assistere a quelle riunioni. Questi sarebbero L. Nabruzzi per la sezione internazionale di Ravenna, Grassi Gaetano e Bacci Carrer per la fede

razione operaja toscana, Costa Andrea per la federazione romagnola. Ho pure

informato dei nomi di questi individui il R. Console in Ginevra, per facilitargli

la sorveglianza di cui il Ministero lo ha incaricato in questa congiuntura.

P. S. -Ai nomi indicati va aggiunto quello di Franco Mattei, delegato della consociazione dei lavoratori amiternini d'Aquila.

54

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 84. Roma, 30 agosto 1873.

Mercè i lodevoli sforzì fatti dal Governo egiziano a Costantinopoli e le buone disposizioni addimostrate dalla Porta nonché dalle altre potenze interessate, noi speriamo di poter ormai considerare come risoluta in principio la questione della riforma giudiziaria in Egitto che fu per così lungo tratto oggetto delle nostre cure. Per affrettare il momento in cui ci sarà dato di raccoglierne il frutto, io debbo ora chiamare l'attenzione della S.V. sovra un punto relativo alla pratica attuazione di quel progetto, che ha per noi una singolare impor

tanza; voglio alludere alla versione italiana dei codici destinati all'uso dei futuri tribunali egiziani. È questo un lavoro del quale sarebbe superfluo che io dimostrassi a V.S. la necessità, l'italiano essendo una delle lingue ufficiali ammesse nei giudizi e fra le più adoperate dagli stranieri in Egitto. La versione dei codici d'altronde, per essere eseguita con accuratezza richiederà necessariamente un certo tempo e non sarebbe eccessiva previdenza l'intraprenderla fin d'ora, se si vuole averla terminata in tempo utile. Io prego perciò la S.V. di voler intrattenere di questo affare S.E. Nubar Pascià, chiedendogli quali disposizioni intenda prendere il Governo egiziano per l'esecuzione del lavoro di cui si tratta, al quale sarebbe indispensabile provvedere colla massima sollecitudine.

(l) Cfr. P. 51, nota 2.

55

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1225. Berlino, 30 agosto 1873 (per. il 2 settembre).

È nota all'E.V. la gran cura che il Governo Prussiano pone nello studio della quistione sociale. Ed Ella sa pure, come ebbi a scriverlo nel mio precedente carteggio con codesto Ministero, che questo Governo, vista la poca utilità che seguiva dalle investigazioni condotte finora con un metodo generale e comprensivo di tutta la vasta materia, cercò di pervenire alla soluzione del gran problema, con un procedimento affatto contrario, il quale consiste principalmente nello studio parziale e diretto di ciascuno dei singoli punti, che sono inchiusi nella quistione. Un metodo cosiffatto ha, tra gli altri vantaggi, quello di semplificare le indagini e di renderle più fruttuose, in quanto che dà agio alla mente di potersi tutta concentrare sovra un punto determinato.

Guidato da questo criterio il Governo Prussiano nominò una Commissione speciale per elaborare un progetto di riforma, inteso a regolare efficacemente le condizioni giuridiche delle popolazioni agricole.

L'esperienza ha dimostrato che la legislazione concernente le condizioni giuridiche degli agricoltori e degli operai agricoli, a somiglianza di quella che regola le relazioni degli industriali e degli operai delle fabbriche, si è chiarita per una parte, insufficiente, e per l'altra, inefficace. Ed a quella guisa che si tentò per ciò che riguarda l'Industria manifatturiera, si ha oggi in animo di sottoporre ad un'altra revisione quelle norme legislative, stabilite per proteggere l'adempimento dei contratti intervenuti tra gli agricoltori e gli operai delle campagne.

È risaputo che tra l'Industria manifatturiera e l'Agricoltura esiste una sostanziale differenza anche per ciò che si attiene alle relazioni dei padroni e degli operai: quindi è che non tutte le regole applicate in proposito al primo ramo della produzione economica vanno senz'altro rivolte al secondo. E ciò anche per un'altra ragione, ricavata dalla natura peculiare delle popolazioni addette all'agricoltura.

E per fermo in Prussia gli operai agricoli vanno divisi in quattro categorie principali, secondo l'opera e il salario di ciascuna di esse.

l". L'operaio può intraprendere un determinato lavoro dietro una rimunerazione fissata di comune accordo col padrone, akkord-arbeiter, come qui lo chiamano.

2". L'operaio può lavorare per un determinato tempo, ad ore o per giorni, dietro un salario in danaro, freie arbeite1·. 3". L'operaio s'impegna a làvorare per una più lunga durata di tempo (cioè per un anno), dietro un salario consistente in danaro, abitazione e vitto,

landwirthschaftliches Gesinde.

4". L'operaio assume l'obbligo di prestare il proprio lavoro e quello della sua famiglia per una più lunga durata, dietro un salario, che consta di danaro, e di prestazioni naturali (abitazione, uso della terra ove lavora, partecipazione ai frutti di questa). Hof-TagelOhner, Inst-leute etc.

Stante tutta questa discrepanza di relazioni tra padroni ed operai, addetti all'agricoltura, è evidente che bisognerà pure adoperare criteri vari per assicurare l'adempimento degli obblighi che risultano dai contratti conchiusi tra padroni ed operai.

Questi contratti di locazione di opere, come i giuristi sogliono addimandarli, a norma del Codice civile prussiano, vanno in gran parte stipulati per iscritto, ovvero dinanzi al giudice od al Notaio, quando i contraenti siano analfabeti. Nel caso che una delle parti contraenti si rifiuti d'adempiere i suoi obblighi, l'altra ;parte ha soltanto la facoltà di essere risarcita dei danni in via civile dinanzi i Tribunali ordinari. Or codesto sistema dà origine nella pratica a non pochi inconvenienti. Sia perché la forma scritta da darsi al contratto generale genera alquanti fastidi, sia perché in generale gli operai agricoli mostrano una certa avversione contro ogni contrattazione scritta, accade che di rado essa viene adoperata; mentre che ad ogni contratto verbale manca sempre quel fondamento indispensabile per iniziare un procedimento giudiziario, ove una delle parti avesse violato il patto. Ed inoltre anche facendo uso della forma scritta, il richiamo ai Tribunali ordinari va congiunto con tante formalità fastidiose e con tante lungaggini che soltanto in casi rari le parti interessate se ne servono.

Per parare a questi inconvenienti s'intende d'introdurre una forma più

semplice e spedita per la validità dei contratti conchiusi. In caso di litigio tra

le parti è stato proposto di deferire alle autorità di Polizia la facoltà di dare

decisioni provvisorie, salvo appello ai Tribunali, e di costringere la parte recal

citrante all'esecuzione del contratto. E venne pure proposto di non deferire ai

Tribunali ordinari la decisione definitiva della controversia, ma bensì ad un

Tribunale speciale di periti, come ancora di punire con sanzioni penali la

diretta violazione del contratto.

Quanto al modo di decidere le controversie tra agricoltori e operai si è qui di parere che bisognerà adottare forme speditive e sommarie che cagionino minor perdita di tempo. A tal uopo, come venne proposto per gli operai delle fabbriche, si raccomanda l'istituzione di un Giurì agricolo, a cui sarà commessa la trattazione delle controversie, salvo sempre l'appello ai Tribunali ordi

nari. Questa istituzione offre un duplice vantaggio:-quello cioè di far valere le norme di diritto e quello pure di far tesoro di certe considerazioni pratiche, peculiari affatto a coloro che sono dediti all'agricoltura.

A questo si riduce tutto il desiderato della riforma legislativa per ciò che riguarda le relazioni tra gli agricoltori e gli operai in Prussia. Da questi principi prenderà le mosse il progetto di riforma, di cui il Potere legislativo di questo Paese avrà fra breve ad occuparsi.

A me non sembra aver fatto cosa inutile di rapportare all'E.V. quanto precede, posta l'importanza dell'argomento, che qui non cessa di essere sempre all'ordine del giorno.

56

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,. AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

T. 157. Roma,, 31 agosto 1873, ore 16,35.

Je vous prie d'annoncer officiellement visite du Roi à l'Empereur. S.M. a l'intention de partir de Turin directement pour Vienne vers le 20 septembre et désire connaitre si à cette époque l'Empereur sera de retour à Vienne. Je vous écrirai par le courrier.

57

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 158. Roma, 31 agosto 1873, ore 16,40.

Le Roi a décidé de partir pour Vienne le 20 septembre. Ce sera donc le 24 ou le 25 que le Roi pourra se rendre à Berlin. Le temps est venu de régler la question de l'initiative. Plus on y mettra de formes mieux ce sera. Faitesmoi connaitre votre avis là dessus.

58

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 160. Roma, 1 settembre 1873, ore 15,45.

Le Roi a fait annoncer à la Cour de Vienne sa visite. Le désir de voir le Roi à Berlin ayant été exprimé par l'Empereur d'Allemagne et une invitation formelle étant probablement prochaine, le Roi a décidé d'accepter aussi cette invitation. En attendant que je vous écrive par le courrier qui partira demain je Vous envoie ce télégramme pour vous autoriser, si on vous interpelle à expliquer ce voyage en lui levant tout caractère d'hostilité contre la France.

59

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 92. Roma, l settembre 1873.

Segno ricevuta alla S.V. Illustrissima della pregiata sua corrispondenza di questa serie che mi è giunta regolarmente fino al N. 212 incluso, e per la quale io La prego di gradire i miei ringraziamenti.

I documenti che andavano uniti al rapporto N. 207 relativo alla quistione della frontiera sull'Aussa (1), mentre dimostrano la cura che Ella pone nel sostenere i diritti del R. Governo a tale riguardo, provano però, come Ella stessa giustamente lo osserva, che una ulteriore discussione su questa controversia, riproducendo gli argomenti già svolti dalle due parti, condurrà difficilmente a una soluzione conforme ai nostri interessi, tanto più che le condizioni di possesso sono del tutto favorevoli all'Austria. Tenuto conto soprattutto di questa ultima circostanza, il progetto da Lei altra volta accennato e sul quale Ella ritorna ora più specificamente di cercare una base di compenso su altro terreno, non mi pare, in massima, da respingersi. E neppure sarei alieno dal prendere in considerazione la proposta che Ella fa nel rapporto predetto, di cercare quell'eventuale compenso nella rinunzia per parte dell'Austria-Ungheria al diritto di avere sul proprio territorio la stazione internazionale da stabilirsi sulla ferrovia Udine-Gorizia. Anche questa è una vertenza che si è ormai troppo lungamente protratta, e della quale, senza entrare nel campo proprio dell'ufficio commerciale, mi limiterò ad osservare che in essa pure l'AustriaUngheria ha il vantaggio del possesso effettivo di un diritto conferitole per trattato, sebbene stia per avventura in poter nostro di non agevolarne la pratica attuazione.

Ad ogni modo, e indipendentemente dall'accoglienza che sarebbe per incontrare questa proposizione, Ella comprenderà che prima di presentarla, conviene farne oggetto di un accurato esame. La quistione è di per sè assai complessa, trattandosi di stabilire una compensazione fra interessi appartenenti a due campi affatto diversi. E inoltre è mestieri risolvere il dubbio se, nel caso in cui la proposta fosse accettata, il Governo del Re non sarebbe costretto a sottoporre alla sanzione del Parlamento un accordo che avrebbe per oggetto la cessione di una porzione, per quanto si voglia minima, del territorio dello Stato; non isfuggirà alla penetrazione di V.S. Illustrissima come questa circostanza meriti pure di essere tenuta in conto.

In conclusione, riconoscendo la convenienza di cercare una soluzione di questo affare, io mi propongo di sottoporne i termini al Consiglio dei Ministri, e quando mi sarò munito dell'autorevole parere dei miei colleghi, io Le farò conoscere se ed in qual misura il Governo del Re La autorizzi a proporre al Governo Imperiale e Reale Austriaco una transazione per via di compenso sulla quistione di cui si tratta.

Mi riservo di farle tenere con altra occasione la memoria originale del Barone Godel-Lannoy, della quale la S.V. ha chiesto la restituzione.

(l) Non pubblicato.

60

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, l settembre 1873.

Finalmente ci siamo riusciti. Il Re, malgrado una ripugnanza di cui difficilmente potete farvi un'idea, malgrado che l'ultima volta che Minghetti ed io lo vedemmo a Torino ci avesse fatto conoscere una assoluta determinazione contraria, si decise a fare il viaggio. E bisogna essergliene riconoscenti, perché egli fa davvero un sacrificio, poiché crede che questo sia pel bene del paese.

Nel mio pensiero come nel vostro il viaggio di Sua Maestà a Vienna non poteva, nelle attuali circostanze, separarsi da una visita a Berlino. Sino dunque da un mese fa, avevo creduto necessario, senza impegnare in alcun modo la determinazione ancora incerta di Sua Maestà, di avere una conversazione confidenziale con Keudell, e per conoscere prima, con un atto di fiducia, l'opinione del Principe di Bismark e per avere una certezza morale che quando il viaggio di Sua Maestà a Vienna e l'accettazione dell'invito fattogli dall'Imperatore Francesco Giuseppe [sic], il Re avrebbe ricevuto dall'Imperatore Guglielmo l'espressione del desiderio di vederlo pure a Berlino. Keudell scrisse e le risposte che ricevetti furono affatto soddisfacenti e quasi non si potevano desiderare migliori. Ecco, com'è lo stato delle cose. Se io avessi potuto contare prima sulla accettazione del Re e farla conoscere, a quest'ora tutto sarebbe definitivamente in regola anche dalla parte di Berlino. Così, le notizie dei giornali avendo precorso la realtà delle cose e la regolarità ufficiale, la cronologia degli inviti e delle accettazioni ne rimase alquanto turbata. Ma sono queste piccole difficoltà preliminari che saranno presto regolate e che scompariranno nel fatto compiuto.

Ad una cosa frattanto ho creduto si dovesse tenere. Ad annunciare anzitutto ufficialmente la visita a Vienna e ad averne la risposta; perché la cortesia impone di evitare tutto ciò che possa lasciare troppo chiaramente supporre che il Re si è deciso d'andare a Vienna, poiché si è deciso di andare a Berlino, e che la visita all'Imperatore d'Austria non è che un pretesto per la visita all'Imperatore di Germania. In questo però avrete veduto che la stampa italiana

è stata, la Dio mercé, conveniente. Essa non ha posto troppo apertamente la

visita a Vienna in seconda linea, ma le ha assegnato il posto che apparteneva

alla priorità dell'invito. La stampa e l'opinione pubblica hanno qui accolto,

colla più grande simpatia, l'annuncio del viaggio del Re a Vienna e ne hanno

commentato il significato per quanto concerne l nostri rapporti coll'Austria,

con una vera e spontanea manifestazione di favore pubblico.

È una perfetta inutilità il pregarvi di circondare delle forme le più amabili

tutto ciò che riguarda l'annuncio della visita del Re a S.M.!., ma quando

avrete occasione di intrattenere il Conte Andrassy ditegli pure in quel modo

che crederete migliore come gli siamo grati del cortese buon volere che pose in questo affare, e come io pure m'applaudisca di veder realizzato un evento che fu sempre così conforme ai nostri comuni desiderii.

Ed ora che il viaggio è fortunatamente deciso vi saranno molti dettagli da regolare. In primo luogo credo che possiamo contare sull'animo cavalleresco dell'Imperatore perché, ad ogni buon conto, la sua personale volontà intervenga 1Jer prevenire qualunque inconveniente da ·parte di qualche membro della Famiglia Imperiale animato da sentimenti poco amichevoli. La preoccupazione di questi incidenti, soprattutto da parte degli Arciduchi legati con lui da più stretta parentela, era uno dei principali argomenti del Re contro il viaggio. È un argomento delicato e sul quale non possiamo aver l'aria di fare delle condizioni. Col vostro tatto e coi Vostri rapporti col Conte Andrassy voi vedrete se sia il caso di fargliene motto per vostra ispirazione personale.

Benché si tratti ora di cosa prematura, credo bene di farvi parola fin d'ora di un altro argomento. Il Re, nell'acconsentire al viaggio pose alcune condizioni, e la prima di queste è la seguente: che non sia posto in occasione di dover accettare nè a Vienna, nè a Berlino il comando onorario di qualche reggimento. Credo che siano varii i motivi di questa ripugnanza del Re, alcuni si possono dire ed altri no. Egli crede che l'accettare il comando d'un reggimento prussiano sia qualcosa di contrario troppo alle memorie delle campagne di guerra fatte da lui nel 1859 coll'esercito francese. Se accettasse a Vienna dovrebbe fare altrettanto a Berlino. Credo inoltre che non abbia desiderio di comparire a qualche festa di Corte con qualche uniforme poco adatta alla sua persona. Inoltre v'è un motivo che, a un bisogno, si può sempre dire. Ed è che questi comandi e titoli onorarii non esistendo da noi, il Re non ama di accettare una cosa per la quale nel proprio Stato e nel suo esercito non esiste la reciprocità. È codesta una eventualità di cui ora non si tratta, ma ho creduto, ad ogni buon conto, di prevenirvene fin d'ora.

Sua Maestà farebbe conto di partire il 20 e, credo, di rimanere a Vienna quattro giorni, compreso il giorno della partenza da Vienna. Ma su questo dovrò prendere degli accordi ulteriori con Sua Maestà di cui vi terrò informato pel telegrafo.

Mi sono permesso di far sentire a Sua Maestà, col mezzo· di Minghetti che è ora a Firenze, l'opportunità che il seguito di Sua Maestà sia poco numeroso e ben scelto. Sua Maestà si è riservato di farmi mandare la lista delle persone che lo accompagneranno e che mi affretterò pure a comunicarvi.

Così pure sarà bene che mi mandiate, anche con questo corriere, in una lettera confidenziale, tutti quei consigli e tutte quelle indicazioni, che la circostanza e la vostra pratica della Corte d'Italia e della Corte d'Austria vi faranno credere opportune.

Io, o il Presidente del Consiglio, o tutti e due accompagneremo Sua Maestà. È questo un particolare, che, anche per un sentimento di delicatezza, non voglio determinare prima d'averne parlato con Minghetti che non sarà che domani l'altro di ritorno a Roma da Firenze.

61

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. Roma, 2 settembre 1873.

V'ho telegrafato ieri-del viaggio del Re (l) e mi valgo del corriere d'oggi per aggiungervi qualche particolare in proposito.

Da molti mesi e prima ancora che l'Esposizione si aprisse il Re aveva ricevuto dall'Imperatore Francesco Giuseppe un invito di assistervi. In seguito il Conte Andrassy non lasciò passare occasione per insistere perché questo viaggio si facesse, per farne risaltare l'opportunità e l'utilità, per dirci che fra tutte le visite di Sovrani alla Corte d'Austria egli desiderava specialmente quella del Re d'Italia. L'Imperatore espresse più volte a Robilant, quando ebbe occasione di vederlo, e al nostro Commissario il desiderio che il Re venisse a Vienna. In seguito a ciò, verso la metà dello scorso giugno, dissi al Conte Wimpffen, per incarico di Sua Maestà, che il Re desiderava di poter fare una visita all'Imperatore, che ora la sua salute esigeva che si recasse per qualche tempo in Piemonte, che egli sperava di poter riprendere il progetto più tardi in principio d'autunno, che, quando le circostanze non glielo avessero permesso, il Principe di Piemonte sarebbe andato a Vienna per portare all'Imperatore l'espressione dei sentimenti di Sua Maestà. In risposta a questa mia comunicazione il Conte Wimpffen fu incaricato da parte dell'Imperatore di esprimere di nuovo al Re il desiderio che questo progetto potesse effettuarsi ed io ricevetti comunicàzione di un dispaccio nel quale il Conte Andrassy si rivolgeva a me, direi quasi personalmente, perché potesse realizzarsi un evento del quale, egli diceva, ambedue avremmo avuto ragione d'esser soddisfatti.

Per parte mia, ho s(!mpre desiderato che il Re acconsentisse a questo viaggio. Dopo le lunghe nostre lotte coll'Austria, un convegno dei due Sovrani era sempre desiderabile. Ma, dopo l'unione di Roma all'Italia, la presenza di Vittorio Emanuele, dopo ripetuti inviti, nella capitale dell'Austria, grande Potenza cattolica e conservatrice, era un fatto che aveva certo un valore. Le nostre buone relazioni coll'Austria hanno sempre avuto, agli occhi miei, ed hanno una grande importanza, specialmente nella questione pontificia e ri

guardo alla Francia la quale, senza l'Austria, si trova isolata in questa questione, mentre, se le si fosse offerta compagna, difficilmente avrebbe potuto, anche in circostanze normali, esimersi dal crearci qualche difficoltà e qualche imbarazzo. Uno degli argomenti d'inquietudine che ho per l'avvenire sta appunto nel non avere una piena fiducia nelle guarentigie e nella stabilità dell'indirizzo liberale in Austria. Ad ogni modo il viaggio del Re servirà ad approfittarci delle circostanze favorevoli sinché dureranno, e quando si fossero modificate

in senso meno propizio, ad attenuarne forse le conseguenze.

Era però prevedibile che in pratica sarebbe stato difficile il separare, in ogni caso, il progetto del viaggio a Vienna dalla eventualità d'un viaggio a Berlino. Sino dal 1866 i due Sovrani avevano fatto giungere l'uno all'altro l'espressione del desiderio di fare la reciproca conoscenza personale. Queste istesse dichiarazioni erano state ripetute in occasione del viaggio del Principe e della Principessa a Berlino e delle replicate visite che il Principe Imperiale di Germania fece in Italia. Era probabile, come infatti avvenne, che ci si facesse conoscere il desiderio dell'Imperatore, nel caso che il Re si decidesse a uscire dai suoi Stati e a recarsi a Vienna, di vederlo anche a Berlino. Se non si fosse risposto a questo desiderio, le nostre relazioni colla Germania non sarebbero rimaste nello statu quo ma avrebbero fatto un passo indietro. L'andare a Vienna, in tale condizione di cose, escludendo, con un pretesto o coll'altro, Berlino avrebbe prodotto sul Governo germanico, ne avevo quasi le prove, una pessima impressione. Si sarebbe trovata curiosa l'attitudine del Governo italiano che mentre dichiarava di voler coltivare le migliori relazioni colla Germania e di contare, in date circostanze, sulla sua amicizia, temeva frattanto di dare una prova di simpatia a questo amico di cui poteva aver bisogno. Gli umori non sono facili a Berlino e lo spirito di diffidenza non vi manca. Si sarebbe colta e forse provocata un'occasione per farci sentire il nostro isolamento. Accogliendo dunque il progetto del viaggio di Sua Maestà a Vienna, bisognava ammettere eventualmente anche il viaggio a Berlino.

La situazione in Francia, quale si è disegnata in questi ultimi tempi, ci ha decisi. Io credo esagerati i vivi allarmi che si sono manifestati nell'opinione italiana. La restaurazione di Enrico V non è fatta e dubito che il primo atto della Monarchia sia di dichiarare la guerra all'Italia. Ma se la restaurazione legittimista non è fatta, essa non fu mai tanto probabile e forse solo qualche grossa imprudenza del Conte di Chambord può impedirla. Un Governo restaurato come lo sarebbe, nelle attuali condizioni della Francia non potrà forse contare su un lungo avvenire, ma nei primi anni s'imporrà come una necessità e disporrà della Francia. È impossibile non preoccuparsi di questa eventualità e di non prendere le proprie precauzioni.

Il partito clericale non considera questa eventualità sotto un altro punto di vista. Non potete credere quanto alzi la testa qui in Roma e quanto sia grande la recrudescenza nelle sue speranze e nella sua attitudine provocatrice. Pel Vaticano la guerra della Francia contro l'Italia per ristabilire il potere temporale è una questione di pochi mesi. E, com'è nella natura delle cose, queste speranze e queste illusioni danno il predominio, fra i Consiglieri del Vaticano alla parte più fanatica, che vuole spingere ogni cosa all'estremo e si rifiuta a ogni consiglio di moderazione e di prudenza. Questa recrudescenza

conduce seco, necessariamente, nel campo opposto, la sua inevitabile reazione, per quanto il Governo sia deciso a non dipartirsi dal contegno finora serbato. In questo stato di cose il viaggio di Berlino aveva per noi più di un vantaggio. Non far nulla in presenza della nuova situazione, aspettare, in una completa inerzia, e senza avvalorare alcuna nostra guarentigia, che l'ambiente politico dell'Europa si mutasse in un senso contrario a noi, era troppo poco. Prendere degli impegni positivi, offrire dei patti, pei quali fosse sin d'ora alienata la nostra libertà d'azione era pericoloso e, speriamolo, prematuro. Il viaggio del Re, la conoscenza personale dei due Sovrani dà alle nostre relazioni colla Germania una guarentigia morale che ne assicura l'ulteriore sviluppo a norma delle eventualità e dei bisogni. Certe situazioni bisogna prepararle, anche a costo di taluni inconvenienti, perché non è all'ultim'ora, quando il bisogno urge ed è assoluto, che si possa avere degli amici. Coltivare le relazioni colla Germania

non al di là dei bisogni della situazione, ma a seconda dello svolgersi della situazione, in modo che all'occorrenza, il frutto sia maturo, ecco quale parmi debba essere il nostro intento. Inoltre questo viaggio rassicura lo spirito pubblico all'interno. È Questo un risultato assai importante, perché gli animi rassicurati saranno anche più disposti alla moderazione e perché esso attenuerà nella stampa e preverrà nella Camera una polemica sulla nostra situazione estera, sulla necessità di riavvicinarci alla Germania, anche più irritante del viaggio che si può più facilmente spiegare.

V'è un grave inconveniente, lo so, quello della cattiva impressione che il

viaggio produrrà sulla pubblica opinione in Francia. Ma se la restaurazione legittimista non riesce, questo evento rafforzerà o la Repubblica o l'Impero e in questo caso repubblicani e imperialisti non vorranno serbarci un eterno rancore d'un atto compiuto in vista di quella restaurazione che tanto temevamo. O riesce, e allora non avremo a pentirei di aver compiuto un atto di utile previdenza.

Noi non andiamo a Berlino coll'intenzione di fare qualche cosa d'ostile alla Francia, o di entrare in combinazioni ostili alla Francia. Gli uomini di buona fede e che conoscono l'Italia sanno bene che non esiste da noi alcun sentimento ostile verso la Francia, se si manifesta alle volte qualche sintomo d'irritazione, è di quella irritazione passagg,era che l'inquietitudine suol destare presso un popolo che vorrebbe invece vivere tranquillo, e non desidera che la pace e la fiducia nella pace e nei buoni rapporti coi suoi vicini. Il viaggio del Re non è una dimostrazione e se pure vi si vuole vedere una dimostrazione, essa è contro quel partito che empie l'Europa delle sue manifestazioni contro di noi e fa specialmente della Francia il campo di queste manifestazioni, non nascondendoci certo le sue speranze, i suoi progetti ostili e le sue minacce. D'altronde il miglior argomento che le persone ragionevoli possono in Francia opporre a quel partito che predica la crociata contro di noi è appunto quello delle conseguenze che potrebbe avere per gli interessi francesi una simile impresa, è di poter provare che l'Italia non è debole, e all'occorrenza potrebbe anche non essere sola. Infine quando un partito che si dice conservatore, ma che vorrebbe mettere a soqquadro mezza l'Europa, non cessa dal manifestare le sue intenzioni a nostro riguardo, non è inopportuno mostrare che l'Italia, sotto l'egida d'una delle più antiche dinastie, ha pure il suo posto nell'Europa

monarchica e conservatrice. Non ho bisogno d'indicare a voi quale linguaggio dobbiate tenere, quando vi si interpelli o vi si porga occasione di parlare di questo viaggio. Noi non abbiamo ora a spiegarci nè coll'Imperatore, e nemmeno col Signor di Rémusat e col Signor Thiers. È naturale dunque che le nostre dichiarazioni siano parche, anche per non esporci a perdere a Berlino quello che non guadagneremmo a Versailles. Ma voi saprete tenere quel linguaggio che vi parrà più utile ed opportuno per attenuare le cattive impressioni, per togliere al viaggio un significato ostile e conservare la nostra attitudine moderata e conciliante. In Italia il viaggio è popolare, la stampa però è temperata e conveniente per quanto riguarda i rapporti fra questo viaggio e le nostre

relazioni colla Francia. Cercherò che continui allo stesso modo.

(l) Cfr. n. 58.

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IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 213. Vienna, 2 settembre 1873 (per. il 5).

Tutti i giornali austro-ungarici si occupano del viaggio di Sua Maestà a Vienna ed a Berlino e lo considerano come un avvenimento di somma rilevanza politica. Il viaggio alle due Capitali, creduto vero alcuni mesi or sono, poi posto in dubbio, viene ora ritenuto come certo. La stampa austriaca e quella ungarica di tutti i partiti, connette strettamente le due visite alle Corti di Vienna e di Berlino e vede in questo fatto un nuovo e forte anello di congiunzione tra le tre Dinastie ed i tre Stati. I giornali di tutte le opinioni, ma, come di ragione, segnatamente gli ufficiosi e quelli liberali, vale a dire la grande maggiorità della stampa, dichiarano che Re Vittorio Emanuele non si sarebbe mosso senza insistente e premuroso invito e vedono in ciò un'arra di condotta liberale nella politica estera e interna per parte della Corona.

Il vivo desiderio espresso di accogliere come ospite il Re d'Italia è la migliore smentita, essi dicono, alle voci le quali insinuavano vedere il Sovrano di buon occhio, ed anzi appoggiare la fusione borbonica all'estero e, come conseguenza, una politica clericale e quindi federalista all'interno. La considerazione che il Reale viaggio a Berlino ed a Vienna rappresenta, secondo il loro avviso, anche per l'Austria alleanza colla Prussia e consolidamento della politica liberale e costituzionale all'Interno fa sì che S.M. il Re, Nostro Augusto Sovrano, è inneggiato quasi con entusiasmo e ben più di qualsiasi altro Sovrano che visitò Vienna in quest'anno. Questo entusiasmo, il quale sgorga ancora maggiormente dal convincimento di necessità politiche, che dal cuore, è, a mio credere, la prova più luminosa del concetto che si ha deÙ'illustre persona del nostro Re e del paese che rappresenta.

Del resto anche la stampa clericale si atteggia a relativa moderazione. Il Volksfreund, organo dell'Arcivescovo Rauscher, il prelato più potente presso l'Imperatore e capo del piccolo ma ora influente partito clericale-centralista, è rassegnato alla visita del • Re d'Italia •.

Anche il VateTland, organo della maggioranza federalista-clericale, nasconde in parte il suo livore e assicura che per Sua Maestà avrà i riguardi dovuti all'ospite dell'Imperatore.

63

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 214. Vienna, 2 settembre 1873 (per. il 5).

Siccome è già noto all'E.V. il Principe Milano di Serbia trovasi da pochi giorni a Vienna.

Non sarà credo inopportuno che io rassegni all'E.V. alcune considerazioni e circostanze di fatto che si collegano colla visita di questo Principe, e che traggono origine dai rapporti esistenti fra quel Principato e la Potenza Alto Sovrana, sui quali ebbi già altra volta occasione di intrattenerla.

Allorché fu parola per la prima volta della visita del Principe Milano a Vienna, si agitò la questione del modo col quale Egli sarebbe ricevuto e dell'eventu&lc intervento dell'Ambasciatore Ottomano al relativo cerimoniale di Corte. Il viaggio del Signor Ristic capo del Gabinetto Serbo, che in un precedente mio rapporto segnalai all'E.V. ebbe anche lo scopo di scandagliare le intenzioni del Governo Imperiale e Reale in proposito.

Mi risulta che in questa occasione fu tenuto discorso di un viaggio che il Principe Milano intraprenderebbe a Costantinopoli per ossequiarvi S.M. il Sultano prima di recarsi a Vienna, ma che il Conte Andrassy, pur vantandone l'opportunità, non insisté in modo speciale sull'adempimento di questo progetto. Ad ogni modo fu in allora stabilito che l'intervento dell'Ambasciatore Turco alla presentazione non dovesse avverarsi, annuendo in tal modo ai due precedenti esistenti, nei ricevimenti cioè dei Principi Milanowich e Karageorgewich. In pari tempo si rimase d'accordo che il Principe Milano, si recherebbe, appena giunto, a far visita all'Ambasciatore di Turchia, e che al pranzo di gala da darsi in suo onore alla Corte Imperiale e Reale, quest'ultimo sarebbe accompagnato da tutto il personale dell'Ambasciata e prenderebbe posto prima del Principe.

L'arrivo del Sovrano di Serbia in questa Capitale ebbe pertanto luogo per la via del Danubio. Egli fu ricevuto allo scalo dalle principali Autorità di Vienna, senza intervento di alcun membro della famiglia Imperiale a similitudine di quanto si era praticato pel Principe Carlo di Rumenia ed a norma del Cerimoniale in uso per i Principi non indipendenti. Se non che nel tempo stesso il Rappresentante Ottomano recavasi in campagna, adducendo per motivo dP.lla sua partenza in questa occasione, l'aver il Signor Christic, Agente diplomatico di Serbia a Costantinopoli, preso formale impegno colla Sublime Porta che, verificandosi la visita del suo Sovrano a Vienna senza prima aver osse

quiato il Sultano nella sua capitale, Egli avrebbe assunto il più stretto incognito. Non poter quindi mettersi in rapporto qualsiasi con un Principe che aveva mancato agli impegni pres'i colla Sublime Porta. Ciò non astante il Principe

Milano, appena sbarcato, fece domandare all'Ambasciatore il giorno e l'ora in cui avrebbe potuto essere da lui ricevuto, adempiendo così alle formalità prestabilite. Frattanto il cerimoniale di Corte fu compiuto senza che verun membro dell'Ambasciata Turca vi prendesse parte. L'accoglienza fatta al Principe di Serbia fu in generale cordialissima, e conforme in tutto a quella fatta qualche tempo fa al Principe di Rumenia.

Dopoché l'Imperatore, trattenutosi qualche giorno in città per ricevere il suo ospite, fu partito per Ischl, e cessato quindi ogni cerimoniale, S.E Kabuli Pacha fece ritorno a Vienna e si recò tosto dal Conte Andrassy per esporgli tutte le sue riserve nel senso più sopra riferito. Mi risulterebbe però che nessuna Nota relativa a reclami di siffatta natura fu lasciata al Ministero I.R. degli Affari Esteri. Il Conte Andrassy disse di ignorare assolutamente l'esistenza di impegni precedenti presi colla Sublime Porta, fece rilevare particolarmente la visita del Principe Milano all'Ambasciata, ed in generale si espresse in modo da non trovare fondate le riserve del Rappresentante Ottomano.

Dal sin qui detto risulta in modo non dubbio che la politica del Governo Austro-Ungarico rispetto ai Principati Vassalli della Sublime Porta continua ad affermare lo speciale carattere a cui accenna da alcun tempo, e che trova pure una certa ragione di essere negli interessi commerciali di questo Impero cogli Stati Confinanti.

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IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, DE BOCCARD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 364. Tunisi, 3 settembre 1873 (per. il 7).

Privo di riscontro al mio rapporto N. 360, del 12 scorso agosto, della presente serie (1), non ho potuto dare ulteriore corso alla pratica relativa all'instituzione della Banca Anonima Italo-Tunisina benché io ravvisi che ogni indugio accresce la difficoltà alla sua riuscita, massimamente che la Banca Inglese Ranking, di cui ebbe lungamente a corrispondere coll'E. V. il Comm. Pinna, validamente sostenuta dal proprio Governo, ha ottenuto, malgrado l'opposizione fattagli, lo stabilirsi in Tunisi, qual succursale di una Casa di Londra ed accettando qualche altra modificazione al proprio Statuto.

Obbediente alle istruzioni avute dal Titolare che si riservò il riferirne di persona a codesto R. Ministero, mi trovo costretto all'inoperosità in una pratica di tanta rilevanza sempre in attesa delle istruzioni dell'E.V., ma i promotori si risentono di questo ritardo, giacché, a parte l'interesse Nazionale, essi si promettono da tale instituzione ingenti e certissimi lucri.

In tale stato di cose, essi mi invitano a trasmettere la qui unita instanza (2) diretta all'E.V. al solo oggetto ch'Ella si piaccia dettarmi con ogni sollecitudine

9 possibilmente per telegramma le istruzioni che nell'alta sua saviezza Ella ravviserà opportune, le quali anticipatamente mi faccio forte di mandare ad esRtta ed immediata esecuzione a seconda la fiducia dall'E.V. in me riposta.

(l) -Cfr. n. 42. (2) -Non si pubblica.
65

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Berlino, 3 settembre 1873.

J'ai été très reconnaissant de la lettre que vous m'avez écrite de Bormio en date du 14 Aout (1). Je restais dès lors dans l'attente de l'avis que vous me promettiez avant la fin du mois. Le 31 ayant été interpellé ici de différents cOtés et n'ayant encore rien reçu, je vous ai télégraphié deux fois, de crainte que des obstacles eussent surgi à la dernière heure.

Votre télégramme du 31 (2), qui m'est parvenu dans la soirée, est venu me rassurer. Le Prince de Bismarck venait justement d'arriver, fatigué du chemin de fer et invisible. Je me suis donc borné à annoncer au Secrétaire d'État ad intérim la décision prise par Notre Auguste Souverain de se rendre à Vienne, d'où Sa Majesté pourrait partir pour Berlin vers l'époque que vous m'indiquiez. J'ai laissé entendre que le moment était venu de combiner la forme d'invitation. M. de Philipsborn se réservait d'en référer le lendemain au Chancelier, mais il me fit aussitòt l'observation que, d'après votre télégramme, les pourparlers antérieurs entre vous et M. de Keudell, ainsi que d'après la réponse transmise d'ici à ce dernier, il pensait qu'une invitation formelle serait superflue. Je ne l'ai pas moins prié de fixer l'attention de son chef sur ce point, auquel nous attachions une grande importance.

L'Empereur n'accorda audience au Prince de Bismarck, qu'après la fermeture des bureaux. Le Secrétaire d'État ne put dès lors, ni le l"' ni le 2, journées entièrement employées à la solennité de l'inauguration du monument pour les dernières guerres, me faire connaitre les dispositions de Sa Majesté. Ces détails vous expliqueront mon silence pendant ces deux jours. J'étais comme sur le gril, à cause de ce retard inexplicable pour quiconque ne connait pas la difficulté de traiter ici les affaires.

Aujourd'hui seulement vers midi, cet Employé me donna lecture d'un télégramrr.e qu'on était en train de chiffrer pour M. de Keudell, qui avait l'ordre de le porter à votre connaissance. Le Prince de Bismarck, au nom de l'Empereur, chargeait ce diplomate (qui venait de télégraphier que le voyage à Berlin était chose décidée abgeschlossene Sache), de faire savoir de la manière la plus obligeante que Sa Majesté Impériale attend notre Roi avec joie et avec une satisfaction la plus cordiale, -que cette visite à sa Cour était déjà considérée comme chose parfaitement convenue, puisqu'on s'était déjà concerté pour la date du 20 Septembre. Dans ces conditions, l'Empereur avait pris des engagements pour se rendre dans la seconde moitié du mois dans le Sud de l'Allemagne. Il désirerait donc beaucoup que l'arrivée ici fut accélérée, avant le 25, et meme

Il nous serait très reconnaissant de chaque jour d'anticipation. Le Prince de Bismarck estime également qu'une invitation ultérieure et directe, de Souverain à Souverain, est superflue: ce serait en quelque sorte diminuer le prix des accords déjà concertés, en voulant leur donner une consécration de pure forme.

M. de Philipsborn, en entendant émettre ce jugement, n'avait pas cru devoir insister: non pas qu'il s'attendit à un refus, bien loin de là, mais précisément pour ne pas amoindrir la portée d'une interprétation toute à l'avantage de Notre Auguste Souverain, invité né à la Cour de Prusse. Il ne faudrait pas s'en tenir aux strictes règles de Chancellerie, là où l'amitié seule diete la manière d'agir.

En considérant ainsi les choses, je crois que mieux vaut ne pas revenir sur ce point. Il est vraiment dommage que le Prince de Bismarck soit venu ici pour quelques jours seulement, dans un état nerveux qui l'oblige à défendre sa porte. Si j'avais pu négocier directement avec lui, -j'en ai fait vainement la tentative, -j'aurais réussi, je n'en doute pas, à lui faire comprendre qu'un bon procedé de plus serait très indiqué, surtout après les arrangements éventuels prix avec M. de Keudell, dont vous me parliez dans votre lettre précitée du 14 Aoùt. Je n'avais pas manqué de le rappeler à M. de Philipsborn. L'Empereur, dont l'extreme courtoisie est connue, aurait eu garde de n'en pas fournir une nouvelle preuve, lors meme qu'Il la juge cornme surabondante, et inutile entre deux véritables amis.

Depuis deux jours on s'occupe déjà de fixer le programme des fetes. Ainsi que je viens de vous le mander par le télégraphe en vous demandant une réponse par la mème voie, il serait bien que le Roi rlaignat m'autoriser à inviter en Son nom l'Empereur pour un diner à la légation. Comme il s'agit du Roi, et non pas comme l'année dernière du Prince de Piémont, il ne serait pas respectueux que j'invitasse moi-meme Notre Auguste Souverain, là où Il est chez lui dès qu'Il y met les pieds. L'Empereur fixerait le jour à sa

convenance. Je sais que cela ferait plaisir à Sa Majesté Impériale. Ce serait une manière de Lui rendre une politesse, ainsi qu'aux Princes. J'ai un état de maison qui me permet ce luxe, et d'ici là je saurai me procurer ce qui manque encore. Seulement, pour me faciliter les arrangements nécessaires, je vous prierais de

m'autoriser à inserire les dépenses au pied de liste, de mème que celles pour compléter provisoirement l'ameublement de l'autre partie de l'étage de mon appartement. Quand le voyage du Roi est devenu certain, j'ai fait les commandes nécessaires, mais elles ne pourront pas etre livrées en entier dans ce court espace de temps. Vous me permettrez, j'espère, de porter en compte les meubles et autres objets que je devrai prendre en location pour ces quelques jours.

Le Prince de Bismarck m'a fait dire que nous pouvions compter sur sa présence lors de l'arrivée du Roi. Comme les journaux disent, sans qu'on les ait démentis, que le Commandeur Minghetti et le Ministre des Affaires Etrangères accompagneront Sa Majesté je n'ai pas besoin d'insister sur ce que votre présence est nécessaire pour que la manifestation politique ait son véritable caractère. Je m'en réjouis d'avance de toute manière.

Je me réserve de vous transmettre incessamment un aperçu des décorations et cadeaux qu'il conviendra de donner ici. A cet effet, je consulterai les archives

du Maréchalat de la Cour. Lors de la visite du Prince Humbert, il a été conféré 6 grands Cordons, 5 croix de Grand Officier, 9 de Commandeur, 2 d'officier, et 9 de chevalier, c'est-à-dire 31 décorations. Ce chiffre devra ètre porté plus haut, à 50 peut-ètre. Il faudra une caisse bìen fournie de décorations de chaque classe et de dipl6mes en blanc. Il conviendra également, camme l'année dernière, de puiser le moins possible dans l'Ordre de S. Maurice, qui a pour le moins rang d'ancienneté sur la couronne d'Italie et dont il nous importe d'ètre moins prodigues. Deux des hautes charges de Cour, le Grand Maréchal et le Maréchal de la Cour, Comtes Puckler et Perponcher, ayant déjà le Grand Cordon de Saint Maurice, on ne pourra faire à moins que de leur remettre, camme en Juin 1872, des tabatières ornées de diamants: au premier de la valeur d'une dizaine de mille francs, au second de 7 mille. Le Prince de Bismarck est déjà Collier de l'Ordre: lui aussi devrait recevoir une tabatière, de la valeur de quinze à vingt mille francs. Selon l'usage des Cours du Nord, ces boites devraient porter non le chiffre, mais la miniature du Souverain. C'est un point auquel il faut faire attention.

J e me permets enfin de suggérer que le Roi confère en cette circonstance le Collier de l'Annonciade au Fils ainé du Prince Impérial, agé de 14 ans. Il a déjà été décoré par d'autres Souverains.

Je ne parle de l'Impératrice, que pour dire qu'elle n'est venue ICI qu'afin d'assister à la fète du 2 Septembre, et qu'elle repartira incessamment pour Bade, où chaque année elle suit un traitement durant ce mais. C'est là une circonstance qui expliquera aux yeux du public son absence. (Ci-joint un annexe e n chiffre).

Je vous félicite d'avoir mené à bon terme cette affaire si importante pour notre politique, et dont le Pays ne pourra à moins que de vous savoir gré, ainsi qu'au Ministère.

ALLEGATO.

ANNESSO CIFRATO

L'Impératrice nous déteste et nous en donnera ainsi un nouveau témoignage; du surplus je considère son absence camme favorable pour le Roi et devant faciliter toute chose ici mais il nous convient d'accepter l'explication officielle du traitement à Baden.

(l) -La minuta di questa lettera non è conservata in AVV. (2) -Cfr. n. 57.
66

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

T. 163. Roma, 4 settembre 1873, ore 14,20.

Il a déjà été décidé que le Roi ne passera pas par le Tyrol ni à son allée ni à son retour (1). J'attends avec impatience résultat conversation avec Andrassy.

(l) Questo telegramma risponde al t. 361 del 3 settembre, non pubblicato, con cui Robilant invitava ad evitare che il Re attraversasse il Tirolo per recarsi a Vienna o durante il ritorno in Italia.

67

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 364. Vienna, 4 settembre 1873, ore 14 (per. ore 15,15).

J'ai vu le Comte Andrassy, l'Empereur prie vivement le Roi d'arriver à Vienne le 16; dans le cas que cela ne lui fut pas possible, alors le 26, mais pas avant. L'époque annoncée par Sa Majesté ne serait pas possible, raison n'a rien de politique, mais elle est majeure. Je la dirai au Roi quand il sera ici. On demande réponse aussi prompte que possible. Je me permets d'insister pour le 16. L'Empereur se propose de faire au Roi un accueil aussi cordial que digne de Notre Auguste Souverain.

68

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, DE BOCCARD

D. 142. Roma, 4 settembre 1873.

Ho ricevuto il rapporto di V.S. Illustrissima in data del 12 agosto (1),

col quale Ella mi ha informato delle difficoltà che incontra la creazione di una

banca italo-tunisina per parte del Governo del Bey.

Le comunicazioni annesse a quel rapporto mi fanno conoscere che il

Governo di Tunisi avea subordinato l'autorizzazione, domandatagli dai fonda

tori della nuova banca, alla condizione di molte modificazioni sostanziali da

introdursi negli Statuti di quello stabilimento. I fondatori poi dal canto loro

hanno protestato con una lettera, di cui Ella mi ha trasmesso copia, appoggian

dosi ai diritti ch'essi credono assicurati dal trattato in vigore fra l'Italia e la

Tunisia.

Io mi lusingavo di poter avere dal Signor Comm. Pinna verbali spiegazioni

sopra questo affare che solleva due gravi quistioni di massima. Ma quell'egregio

funzionario non essendo ancora venuto a Roma, non vorrei più a lungo indugiare

ad esporle la impressione che mi produsse la lettura del rapporto di V.S.

Illustrissima e dei documenti unitivi.

Le due questioni che si affacciano e che non è agevole risolvere, sono

queste:

l) Il diritto che hanno gli italiani, in base all'art. 18 del trattato del 1868, di poter stabilire nella Tunisia delle società bancarie assicura alle società stesse il carattere ed i diritti di una persona giuridica italiana godente perciò dei privilegi che in materia di giurisdizione sono guarentiti ai singoli cittadini italiani dimoranti negli Stati del Bey?

2) La riserva contenuta nel citato art. 18, in forza della quale le società anonime ed in accomandita non possono stabilirsi a Tunisi senza l'autorizzazione del Governo locale, dà a questo ultimo la facoltà di imporre delle condizioni a tale sua autorizzazione in guisa da restringere i limiti delle operazioni consentite alle società stesse e da modificarne anche in altre parti gli Statuti?

L'una e l'altra questione mi lasciano in gravissimo dubbio, ed io ritengo che, più nei precedenti stabiliti già in codesto paese in favore di altre società estere che nell'interpretazione del testo del trattato si abbiano a ricercare gli argomenti in favore della tesi sostenuta dai fondatori della banca italo-tunisina.

Il caso recente della banca inglese che si volle fondare in codesto paese, pare che offrirebbe un'analogia assoluta con quello che ci si presenta a risolvere. Noi siamo fondati a sostenere al Governo tunisino che le stesse concessioni che ha fatto alla Banca inglese non possono essere ricusate agli Italiani. La parità di trattamento può essere da noi invocata senza limitazione. Ma io esiterei a sostenere che possano esistere all'estero delle personalità giuridiche italiane, sotto la giurisdizione e la protezione dei nostri consolati, le quali abbiano ricevuto l'esistenza unicamente dall'autorizzazione di un Governo straniero e non abbiano esistenza legale e sede in Italia.

E siccome la seconda parte dell'art. 18 del trattato, che stabilisce appunto l'obbligo di ottenere l'autorizzazione del Governo locale, non potrebbe essere interpretata a Tunisi diversamente di quello che sarebbe interpretata in Italia se dei Tunisini vi volessero fare una società in accomandita od anonima, così io debbo avvisare V.S. Illustrissima che indubitatamente l'autorità nostra ravviserebbe nelle espressioni adoperate nel detto articolo la facoltà di imporre delle modificazioni agli Statuti della società medesima.

Avrei desiderato pertanto che un affare di questa natura fosse stato trattato piuttosto nelle forme delle amichevoli concessioni che non in quelle delle ripetizioni di diritto. Il diritto, lo ripeto, non mi sembra incontestabile, a meno che, abbandonando la discussione che si volle impegnare sull'art. 18 del trattato, gli interessati non possano produrre casi di una perfetta analogia, che diano a codesto R. Ufficio il mezzo d'invocare dal Bey la parità di trattamento che Sua Altezza non potrebbe rifiutarci.

Aspetterò dunque le ulteriori informazioni che Ella sarà in grado di favorirmi, ed intanto V.S. Illustrissima vorrà prendere norma dalle cose sovra esposte per determinarsi sulla condotta da tenere.

(l) Cfr. n. 42.

69

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 367. Parigi, 5 settembre 1873, ore 12 (per. ore 12,51).

Le courrier de Cabinet m'a remis votre lettre (1). J'exécuterai vos instructions. Je ne prendrai pas l'initiative d'une conversation sur le voyage du Roi.

En tout cas je serai sobre d'explications et celles que je donnerai seront dans le sens et dans la mesure que vous m'indiquez.

(l) Cfr. n. 61.

70

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 216. Vienna, 5 settembre 1873 (per. il 10).

Avendo avuto ieri occasione di vedere il Conte Andrassy col quale non avevo più potuto parlare da più di un mese, dopo essermi seco lui intrattenuto del prossimo viaggio di S.M. l'Augusto Nostro Sovrano a Vienna siccome ebbi a riferire all'E.V. col mio telegramma di ieri, egli mi disse essere lieto di aver l'opportunità di mettermi a giorno di un fatto di cui, d'altronde, aveva incaricato il Rappresentante Austro Ungarico a Roma di informare l'E.V. Trascrivo qui presso a poco le parole del Conte come me le ricordo:

• Negli scorsi giorni venne qui una persona •. • Sì -risposi io -Monsignor Nardi •. • Va benissimo, Monsignor Nardi, visto che volete chiamarlo col suo nome. Egli diede come pretesto della sua venuta qui, l'incarico di felicitare per parte del Pontefice il Cardinale Rauscher pel suo giubileo sacerdotale; chiese però tosto ed ottenne dall'Imperatore un'udienza in cui gli disse: esistere una Bolla Pontificia che stabilisce l'elezione del successore di Pio IX abbia a farsi in due ore di tempo presente cadavere, poiché altro mezzo non vi ha di assicurare la libertà della scelta, il Governo non essendo in grado di proteggere la indipendenza del Conclave, né d'altronde, anche potendolo, il vorrebbe, poiché ciò non farebbe il conto della Germania; un solo mezzo egli vedeva di evitare tale forma di elezione, e questo si era che l'Austria offerisse sin d'ora una località nel suo territorio dove il Conclave potesse tranquillamente riunirsi e compiervi la sua missione; egli dava da intendere essere incaricato dal Santo Padre di ciò chiedere all'Imperatore. Questa apertura però non impressionò affatto il Sovrano, il quale risposegli tosto essere spiacente di non poter prendere in considerazione l'espressogli desiderio, essere egli persuasissimo che il Conclave troverebbe in Roma tutta la sicurezza desiderabile. Ad ogni modo non poter egli assolutamente accondiscendere ad ospitarlo nei suoi Stati •. • Dunque, disse il Nardi, dacché l'Austria ci oppone un rifiuto assoluto ci rivolgeremo alla Francia •. • Fate ciò che vi accomoda, soggiunsegli tosto l'Imperatore, io nulla posso cambiare a quanto vi dissi; andate dal Conte Andrassy ed egli vi svolgerà maggiormente le considerazioni che motivano la nostra linea di condotta •, e così ebbe termine l'udienza.

Il Nardi non tardò a recarsi dal Conte che già era stato avvisato dall'Imperatore della sua visita, e gli ripeté le cose stesse dette al Sovrano. Evidentemente ne ebbe egual risposta, cioè un rifiuto assoluto di prendere in consi

derazione la domanda vera o supposta del Papa. Il Conte Andrassy dissegli inoltre conoscere troppo bene i sentimenti del Governo Italiano, ed in particolare quelli da cui sono animati gli uomini che attualmente stanno al timone dello Stato, per non aver l'assoluto convincimento che la libertà del Conclave sarebbe pienamente assicurata nel Vaticano, località d'altronde adatta a tale scopo come nessun'altra al mondo; che inoltre un Papa eletto fuori di Roma in circostanze non pienamente giustificabili, avrebbe somma probabilità di non essere riconosciuto come legittimo. Che ad ogni modo poi il Governo Imperiale e Reale si rifiutava recisamente ad accogliere il Conclave sul territorio dello Stato, anche perché l'elezione del Papa in Austria implicava l'impegno di portarlo a Roma alle condizioni da esso imposte, e, come ultima conseguenza, la necessità all'evenienza di muovere guerra all'Italia, cosa questa che il Governo Imperiale e Reale non intendeva assolutamente di fare. Alla minaccia di rivolgersi alla Francia il Conte Andrassy risposegli: « Fate ciò che vi piace; la Francia pensi ai suoi affari, noi pensiamo ai nostri. Badate però che l'elezione fatta in conclave regolare a Roma avrà per conseguenza l'elezione di un Papa moderato, mentre che se essa si compie presente cadavere od all'estero, evidentemente il risultato sarà l'elezione di un intransigente; le conseguenze di un tal fatto le lascio al vostro apprezzamento; d'altronde il timore che esprimete per la indipendenza del Conclave dimostrerebbe che avete ben poca fiducia nel coraggio o per meglio dire nella indipendenza dei Cardinali,

che io, !asciatemi vi dica, voglio giudicare sotto migliori colori». «Dunque -risposegli il Nardi -l'Austria abbandona il Papa e si rifiuta di dargli quell'asilo che in tutti i tempi sempre vi fu chi gli accordò». «No, disse Andrassy, non abbandoniamo affatto il Santo Padre, ma non vediamo la necessità di dargli asilo, mentre Esso possiede il Vaticano ». E così ebbe fine quel colloquio, ed il Nardi ripartì per Roma.

Il Conte Andrassy, dopo avermi riferito tutto ciò e detto, come già accennai più sopra, aver anche incaricato l'Inviato Imperiale e Reale a Roma di renderne avvisato il R. Governo per sua norma, pregavami di voler esprimere all'E.V. il suo vivo desiderio che tutto ciò abbia ad essere tenuto segretissimo. Come conclusione poi egli aggiungevami ancora sembrargli sarebbe opportuno il R. Governo trovasse una occasione qualunque di dichiarare ufficialmente e solennemente, rispondendo ad una interpellanza alla Camera od altrimenti, la sua recisa intenzione di assicurare la piena libertà di elezione al Conclave che si riunirebbe al Vaticano, dando così efficace argomento ai Governi Cattolici per rispondere alle nuove aperture che la Corte Pontificia potrebbe far loro su questo stesso soggetto. A ciò però io risposi non sembrarmi la cosa fosse necessaria, simile dichiarazione avendo già trovato posto nella legge delle Guarentigie, e d'altronde essendosi già ripetuta, le tante volte, in mille modi. Ciò nondimeno egli insistette nell'espressione del suo desiderio, ed io non credetti di altro rispondergli, !imitandomi a rilevare alcune parti del discorso da esso tenuto al Nardi, e rafforzandole con maggiori e più precisi argomenti.

Per conto mio ritengo pienamente sinceri gli intendimenti espressi su questa questione, tanto dall'Imperatore quanto dal suo primo Ministro, e ciò essenzialmente poiché l'Austria ha ogni ragione tanto per la sua quiete interna come per relazioni sue e nostre colla Germania di non seguire altra linea di condotta.

71

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

T. 167. Roma, 6 settembre 1873, ore 14.

Pour déférer au désir exprimé par l'Empereur (l) le Roi a décidé de partir le 16 de Turin pour arriver le 17 à Vienne. Des engagements précédents ont empéché Sa Majesté de partire le 15. J.e vous préviens confidentiellement que ce résultat n'ayant pas été ob.tenu sans difficulté il n'y aurait à revenir sur la date fixée pour le départ.

72

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 168. Roma, 6 settembre 1873, ore 14,15.

La date du départ pour Vienne a été fixée pour le 16. Sa Majesté à qui j'ai soumis vos télégrammes pourra ainsi se trouver à Berlin pour l'époque qui convient le mieux à l'Empereur d'Allemagne. Ce sera donc le 22 que le Roi arrivera à Berlin.

73

IL MINISTRO A STOCCOLMA, SALLIER DE LA TOUR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 368. Stoccolma, 6 settembre 1873, ore 17,30 (per. ore l del 7).

Je sais que S.M. le Roi de Suède adresse aujourd'hui un télégramme au Roi notre Auguste Souverain pour l'inviter à venir en Suède après son voyage en Allemagne.

(l) Cfr. n. 67.

74

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 5-6 settembre 1873.

Comincio questa lettera oggi m attesa di ricever la definitiva decisione di Sua Maestà sul giorno del suo arrivo. Vi ho spedito oggi un telegramma che probabilmente vi avrà fatto capire la necessità del richiesto cambiamento. Ad ogni modo eccovi senza reticenze cos'è questa ragione così .segreta. L'Imperatrice Donna anche nel suo stato normale abbastanza strana, allorché trovasi in certe circostanze mensili, a cui si dà nome vario secondo i paesi e le lingue, è stranissima si chiude in camera e il Cielo cascherebbe che nessuno più la può veder, vegeta dai cinque ai sei giorni finché la cosa dura, coricata su di una chaise-longue in una quasi completa oscurità. Tal prossima epoca deve appunto verificarsi in questo mese dal 20 al 26. Or bene se il Re arrivasse quando si era annunciato, l'Imperatrice nol riceverebbe, né potrebbe probabilmente vederlo durante tutto il suo soggiorno a Vienna, e quindi i giornali direbbero ch'Essa non volle incontrarsi col Re perché sorella dell'ex Regina di Napoli, perché etc. etc. Tutto questo l'Imperatore non vuole si dica perché non è, e tiene in modo assoluto acché Sua moglie faccia gli onori di casa al Re, quindi ne consegue la Sua preghiera a cui non si può non aderire di anticipar

o ritardar l'arrivo. Voi vedete quanto la questione n'è delicata, e come sarebbe spiacente ch'essa venisse a conoscenza del pubblico locché si verificherebbe tosto trovandosi in più di due o tre a saperla. Eccovi spiegato l'arcano ed anche la mia discrezione che forse avrete trovata eccessiva. Ma si tratta di una Donna, bella, anzi bellissima, e che di più è Imperatrice, mi par quindi i riguardi non siano mai soverchi. Basta spero prima che questa lettera parta di ricever una Vostra risposta conforme alla mia aspettazione. Non vedrò probabilmente più Andrassy prima dell'arrivo di Sua Maestà egli è in campagna e non viene quasi mai a Vienna, copiando in ciò un pochino il Signor

di Bismarck. Ad ogni modo gli parlai ieri ed ancorché non avessi ricevuto la vostra lettera (1) ch'ebbi soltanto ieri sera gli parlai nel senso da Voi desiderato; facendogli essenzialmente capire, cosa di cui mostrava sommo desiderio, cioè che il Re parte dall'Italia per venir a Vienna, quel che farà dopo è un'altra questione, e in fondo Andrassy desidera anche lui che vada a Berlino, ma gli premeva esser assicurato che Sua Maestà non posponeva nelle apparenze Vienna a Berlino. Tal assicuranza io ero fondato a dargliela in base al Vostro primo telegramma (2) in cui mi dicevate che il Re partirebbe di1·ettamente da Torino per Vienna. A quanti poi mi chiedono della visita a Berlino poiché in fondo si è quella che dà maggior peso alla visita a Vienna, rispondo che la credo possibile ma che nulla ne so la cosa non riguardandomi affatto, il mio Governo non avendomi mai parlato che di Vienna.

Non v'aspettate acché il Re sii clamorosamente accolto qui, ciò non è né nel carattere né negli usi di questa popolazione, posso però dirvi che Sua Maestà

5 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. V

è il Lion del momento e che non si parla più che di Lui dal salone alla Birreria dal Principe al fiaccherajo. Insomma sarà accolto qui come nessu~1altro Sovrano lo fu nè lo sarà. In quanto alla cordial accoglienza per parte dell'Imperatore non ho dubbio di sorta, l'Imperatrice pure sarà gentilissima ed i rimanenti membri della famiglia Imperiale che saranno a Vienna in quel momento capiranno il loro dovere, e lo faranno non ne dubito. Dei cognati del Re due soli sono ordinariamente qui, Raineri e Leopoldo, il primo ha già capito il vento che soffia e sarà convenientissimo, il secondo mi parlò, la prima volta che mi vide, del Re con affetto, e quindi son tranquillissimo sul conto suo. Sigismondo ed Enrico non sono mai a Vienna quindi nulla troverei di straordinario acché non venissero in questa circostanza. Ma relativamente alla necessità di una buon'accoglienza per parte della famiglia Imperiale ne parlai tante volte coll'Andrassy, allorché la visita Reale era ancora un pio desiderio, che ho la certezza che anche a questo riguardo tutte le precauzioni saranno state prese affinché la visita riesca come deve riescire, e Sua Maestà rimanga soddisfatta del suo soggiorno qui. Io non so chi potrò ancora vedere prima dell'arrivo del Re perché in questi giorni vi ha uno sciopero qui a Corte e nei Ministeri come non s'ha idea in altri paesi possa verificarsi, gli uffici stessi suono vuoti, ma ad ogni modo mi muoverò tanto che preparerò il terreno dl maniera acché tutto proceda bene non solo, ma benissimo. Dell'affare del Colonnellato onorario di un Reggimento è difficile ne apra bocca per declinarlo se nessun me ne parla, ma son persuaso non offrirebbero senza prima aver presentito, avete dunque fatto egregiamente ad avvisarmi. Non so dar torto al Re per la sua decisione al riguardo, credo però non ci penseranno qui, sebbene altri Sovrani come p.e. il Re del Belgio sii Proprietario d'un Reggimento Austriaco mentre nel suo Esercito non vi sii la reciprocanza. Il Re Carlo Alberto pure era proprietario d'un Reggimento Austriaco, il 5o Ussari che gli fu tolto dal 48 e dato a Radetzki! Ma altri tempi. Il soggiorno· di 4 giorni mi par conveniente. Ritengo certo che fermo resterà l'accordo iniziato dal Conte Andrassy di non scambiar decorazioni in occasione delle visite Sovrane all'Esposizione; parmi però sii il caso di pensar se non sarebbe conveniente Sua Maestà vi derogasse parzialmente conferendo il Collar del-· l'Annunziata al Conte Andrassy. Pensateci ne parleremo ancora, ma credo sarebbe a proposito, l'Andrassy essendosi costantemente dimostrato sincero fautore dell'amicizia anzi dell'alleanza coll'Italia, ed essendo egli già insignito di tutti i Primi ordini cavallereschi dell'Europa.

Una lettera di Minghetti che ho ricevuto stamane mi dice che sarete Voi che accompagnerete il Re. Voi mi dite che sarete Voi od il Presidente del Consiglio od anche tutti due, per conto mio spero che sarà l'ultima la soluzione a cui v'arresterete.

Tutti i miei colleghi mi chiedono informazioni e notizie sul viaggio del Re. Il Marchese di Banneville col quale fui sempre in cordialissime relazioni dicevami ieri sera premergli molto saper l'epoca precisa dell'arrivo di Sua

Maestà poiché sta per cessar dalle sue funzioni il Marchese d'Harcourt suo successore essendo già nominato, • mais », dicevami egli, • évidemment je ne présenterais pas mes lettres de rappel mème si je les recevais ces jours-ci, avant d'avoir fait ma cour au Roi •. Vedremo se così farà, il credo d'altronde

probabile, poiché il successore potrà difficilmente presentar le sue credenziali

-prima dell'arrivo di Sua Maestà, e quindi vi sarebbe un interim nell'Ambasciata Francese che a mio avviso farebbe poco onore allo spirito del Governo di Versailles. Non vi parlo della pubblicazione del La Marmora avendone già scritto a Minghetti, ed anche perché ho d'uopo di risparmiar i miei nervi in questi giorni, mi limiterò solo a dirvi che ha fatto nel pubblico qui un effetto impossibile, nessuno capisce come un Uomo di Stato, un gentiluomo abbia potuto permettersi una cosa simile. Basta è meglio che non ne dica altro per oggi perché proprio direi troppo.

6 settemb1·e 1873.

Il sospirato telegramma (l) non arriva, capisco d'altronde il tempo che ci vuole ad aver una risposta da Sua Maestà in questi giorni. Mi raccomando per l'affare della serata alla R. Legazione, tutti gli altri hanno onorato la casa del loro

rappresentante, è questione di decoro per la Legazione, vi prego però di avvisarmi per telegrafo affinché si possano far i necessari preparativi. È l'ora di chiuder la valigia e di consegnarla al corriere che deve partire, poiché qualunque risposta mi facciate non c'è più tempo di discuterla per lettera, ed è bene riceviate questa il più presto possibile.

Ah ancora una cosa voglio aggiungere, ed è che Sua Maestà non deve aspet

tarsi ad uno di Quegli ingressi solenni qui come li facciamo noi, e come si fanno in altre Capitali. A Vienna non vi ha mai le truppe sotto le armi in tali circostanze. Vi sarà l'Imperatore e gli Arciduchi alla stazione ed una guardia d'onore

<Con musica e questa sarà tutta la solennità dell'arrivo.

(l) -Cfr. n. 60. (2) -Cfr. n. 56.
75

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 171. Roma, 8 settembre 1873, ore 15.

Sa Majesté sera accompagné à Berlin par le président du Conseil et par moi. Ce soir ou demain je vous enverrai liste du personnel par poste. J'ai demandé les ordres du Roi pour le diner. J'en attends la réponse (2).

76

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 376. Vienna, 8 settembre 1873, ore 14,50 (per. ore 19,50).

Voici quel serait le programme pour le séjour du Roi: 17, visites à recevoir et rendre, diner en famille à Schonbriinn; le soir à l'Opéra: 18, visite

à l'exposition: déjeuner dans le pavillon impérial; diner de gala à Vienne~ le soir Opéra et soirée à la légation de Sa Majesté; 19, chasse aux perdreaux dans les environs de Laxembourg; diner pas encore fixé ou probablement chez Archiduc Rénier; 20 matin, chasse dans le pare impérial près de Lainz. Réponse à tout ceci ne presse pas. Sa Majesté me la fera quand j'aurai l'honneur· de la voir, mais je prie réponse aussi prompte que possible pour soirée à la

légation.

(l) -Cfr. n. 71. (2) -Con t. 175 del 10 settembre Launay fu informato che il Re accettava il pranzo alla legazione.
77

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A STOCCOLMA, SALLIER DE LA TOUR

T. 172. Roma, 9 settembre 1873, ore 15,15.

Le télégramme du Roi de Suède m'ayant été communiqué par le chargé d'affaires de Suède pour le faire parvenir à Notre Auguste Souverain, Sa Majesté me charge de transmettre par votre entremise sa réponse au Roi Oscar. Le rétard dans la réponse a été causé par l'absence du Roi et par l'interruption des lignes télégraphiques dans les montagnes.

• Le Roi d'Italie au Roi de Suède. -Votre Majesté ne peut douter de la sincère amitié qui me lie depuis bien des années à Sa Personne et du bonheur que j'éprouverais en profitant de Sa gracieuse invitation, mais je dois prévenir Votre Majesté que je dois rentrer en Italie le 26 ou le 27 pour affaires d'état, ce qui m'empéche pour cette fois d'avoir le bonheur de Vous faire ma visite, que j'espère pourtant pouvoir effectuer une autre fois. Je Vous remercie infiniment de Votre bonté à mon égard et en vous souhaitant toute espèce de bonheur, je vous prie de présenter mes profonds respects à S.M. la Reine. Signé: Victor Emmanuel •.

78

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. s. N. Trieste, 9 settembre 1873 (per. l' 11 )..

Spero che sia giunta a mani dell'E.V. la lettera che ho avuto l'onore dirigerLe in data del 7 andante, relativamente al prossimo viaggio del Re a Vienna, e che Le ho spedito per mezzo privato.

Nel mentre attendo le istruzioni che con quella lettera ho pregato l'E.V. di favorirmi, non debbo nasconderLe che alcuni Triestini avrebbero intenzione di organizzare una dimostrazione da farsi a Nabresina al momento del passaggio di Sua Maestà. Io credo che non si tratti finora che di vane parole, e spero del resto che quest'idea antipatriottica non troverà aderenti. Parmi tuttavia opportuno che l'E.V. abbia presente la possibilità di un tal fatto per quelle precauzioni che nell'alta di Lei saviezza Ella crederà di consigliare.

Anche da parte di alcuni dei principali cittadini del Regno d'Italia qui residenti, sono stato interrogato se non sarebbe conveniente che alcuni in.

nome della Colonia si rechino a Nabresina per ossequiare Sua Maestà. Io risposi che non poteva dare alcun consiglio non avendo finora ricevuto avviso che il Re debba recarsi a Vienna per la via di Nabresina, ed essendo incerto che Sua Maestà si fermi a quella stazione qualora anche vi si recasse per quella via. Se questa Colonia italiana avesse una rappresentanza legale, non vedrei alcun inconveniente che questa, composta di poche persone, si recasse a Nabresina onde ossequiare Sua Maestà. Ma questa Colonia non ha rappresentanza e sarebbe assai difficile di scegliere fra i cittadini del Regno qui residenti alcuni pochi a cui affidare il mandato di ossequiare il Re, senza dar luogo ad inconvenienti. Vi sarebbe inoltre il pericolo che a questi si associassero molti altri non chiamati, e che anche intervenissero con loro dei Triestini.

In attesa delle desiderate istruzioni avverto l'E.V. che nel caso che io non ricevessi dall'E.V. ovvero dalla R. Legazione a Vienna l'ordine di recarmi a Nabresina od a Cormons per essere presente al passaggio di Sua Maestà, io non mi muoverò punto da Trieste.

79

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2155. Parigi, 9 settembre 1873 (per. il 12).

Ho l'onore di qui unito inviare all' E.V., per Sua informazione, un' istruzione pastorale dell' Arcivescovo di Parigi, che prescrive preghiere per la Chiesa e pel Papa. È questa, tra i molti documenti di simile genere emanati dal clero francese, particolarmente notevole non meno per la diocesi in cui si produce e per l'eminente situazione di Monsignor Guibert tra i prelati francesi che per la forma esplicita nella quale vi sono espresse le querele e le speranze del clero dl Francia. Il mandamento di Monsignor Guibert segna chiaramente il progresso compiuto negli ultimi tempi dalla azione clericale; il linguaggio prende modi più risoluti nel momento in cui divengono più manifesti e più numerosi gl'indizi dei risultati prodotti da' perseveranti sforzi della propaganda politico-clericale.

80

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, DE BOCCARD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 365. Tunisi, 9 settembre 1873 (per. il 14).

Ho presa bene attenta cogmzwne dell'ossequiata Ministeriale N. 142 p.s., del 4 corrente (1), pervenutami oggi, e m'incumbe anzitutto l'obbligo di viva

mente ringraziare l'E.V. d'essersi piaciuta di parteciparmi la di Lei alta apprezziazione nella difficile vertenza della progettata Banca Anonima • Italo-Tunisina •, e l'avermi precisata la linea di condotta a seguire.

Credo tuttavia mio dovere di non frapporre indugio ad informare l'E.V. delle circostanze essenziali, che potrebbero forse arrecare qualche modificazione ai di Lei apprezzamenti, riservando sempre al Titolare Comm. Pinna di svolgere verbalmente all'E.V. i motivi che lo indussero ad energicamente patrocinare l'istituzione della Banca Italo-Tunisina, i quali certamente militano a suo favore tuttora.

Fin dal momento in cui veniva stabilita in Tunisi la Commissione Finanziaria, non v'ha dubbio che il Kaznadar e generalmente tutti i funzionari del Bardo a cui veniva con tal mezzo interdetto lo sperpero della pubblica ricchezza, già premeditavano la sua rovina.

D'altra parte si verifica incontestabilmente che il Console Inglese vagheggia da molti anni l'instituzione in Tunisi di una Banca anonima Britannica, la quale dovrebbe concorrere ad accaparrare irrevocabilmente all'Inghilterra la preponderanza in Paese.

Un probabile ravvicinamento del Kaznadar e del Console Inglese avrebbe dato luogo al progetto della « Banca di Londra • da stabilirsi in Tunisia con speciale protezione, privilegi e facoltà di emettere carta monetata.

Mentre l'opposizione formale e collettiva di tutti gli altri Consoli, sembra far desistere dal progetto di stabilire essa Banca Inglese, vengono sottoposti all'approvazione del Bey gli Statuti della Banca Italo-Tunisina, promossa apparentemente dal negoziante Italiano Cesana, senza chiedere privilegi ed in consonanza col Trattato vigente tra l'Italia e la Tunisia.

Tenuto conto che il Signor Cesana gode la piena fiducia del Kaznadar, tutto porta a credere che quest'ultimo sarebbe il maggiore azionista della Banca Anonima Italo-Tunisina, in unione ad alcuni grossi Capitalisti d'Italia, mentreché la Banca Inglese non sarebbe che un'instituzione supplementaria, le quali entrambe avrebbero per essenziale oggetto di monopolizzare il debito pubblico Tunisino, coll'appropriarsi la maggior parte delle corrispondenti obbligazioni, ed abbattere conseguentemente la Commissione Finanziaria.

L'esattezza di tale apprezzamento mi risulta dall'assoluta opposizione della Commissione Finanziaria alla instituzione delle Banche Anonime, la quale si è chiaramente delineata in questa settimana.

Ho l'onore di qui unire copia di una Nota (l) che il Comitato di Controllo della Commissione ha diretto il giorno 4 corrente ai Rappresentanti d'Italia, Francia ed Inghilterra, in cui esibendo copia dei documenti scambiati tra il Governo Tunisino e la Commissione Finanziaria relativamente alla Banca Inglese, esso tende a stabilire che nessuna concessione in materia finanziaria possa essere accordata dal Bey senza il previo intervento ed approvazione della Commissione Finanziaria, richiedendo a tal uopo l'assistenza dei Rappresentanti dei tre Governi sotto la protezione dei quali essa si trova.

D'altra parte ho l'onore di qui compiegare copia di una seconda Nota (1),

statami diretta il 7 corrente dal prefato Signor Cesana, membro del Comitato

di Controllo, in cui egli espone i motivi che gli hanno impedito di associarsi

ai suoi Colleghi per firmare la Nota precedente.

Da ciò chiara appare la lotta che si è impegnata ad oltranza fra i fautori della Commissione Finanziaria e gli avversari della medesima partitanti delle Banche Anonime. Lo stesso dualismo si è dichiarato in seno del Governo, da una parte il Bey sotto la pressione del Ministro dirigente Kerredin, presidente della Commissione Finanziaria e dall'altra il Primo Ministro Kaznadar, il quale per le ragioni suesposte ne è il più acerrimo avversario.

In tale stato di cose il Console Inglese ha precipitata l'apertura della « Banca di Londra • e fin da sabato 6 corrente, stabiliva un fatto compiuto facendogli fare una prima operazione di Commercio. Mi consta però da buona fonte ch'egli abbia ricevuto ieri dal Governo Locale una Nota per cui l'esercizio della Banca viene interdetto, contrariamente alla Concessione avuta.

Privo sin oggi di istruzioni da parte dell'E.V., mi sono sin qui astenuto dal pronunciarmi. La situazione è certamente assai difficile in quanto che m'incumbe di tutelare contemporaneamente gli interessi tanto della Commissione Finanziaria, quanto quelli della Banca Italo-Tunisina in opposizione tra loro ed in opposizione entrambe col Governo locale; secondariamente in quanto che il Console di Francia, ligio alla Commissione si è apertamente dichiarato avversario all'istituzione delle Banche anonime ed appoggia con tutta energia presso il Governo del Bey la Nota del Comitato di Controllo, mentre che il Console d'Inghilterra dichiara assurde le pretese della Commissione Finanziaria nel voler intervenire nelle concessioni che non essendo di finanza pubblica, sono di esclusiva competenza del Bey; finalmente in quanto che il Kaznadar con cui ebbi vari colloqui in proposito, mi vorrebbe indurre a sostenere il diritto all'istituzione della Banca Italo-Tunisina conformemente all'Articolo 18 del Trattato; mentre che le istruzioni impartitemi dall'E.V., alle quali pienamente mi uniformerò, sono di trattare questo affare nelle forme delle amichevoli concessioni anziché in quelle delle ripetizioni di diritto, dovendomi valere dei casi in cui potrei invocare dal Bey la parità di trattamento.

Il conflitto da parte della Commissione Finanziaria essendo appunto occasionato dalle istituzioni delle Banche anonime, dispero di poter con essa patteggiare nel senso di secondarne le pretese contro il Governo Locale per ottenerne concessioni a favore della Banca Italo-Tunisina; tenterò tuttavia, potendo, qualche mezzo di conciliazione senza stabilire viziosi precedenti e soprattutto evitando di entrare in difficoltà maggiori.

Ho sin qui potuto molto prudentemente temporeggiare accostandomi secondo l'opportunità ora al Console di Francia ora a quello d'Inghilterra senza però impegnarmi né con l'uno, né con l'altro. Mi propongo di dar cenno di ricevuta tanto al Co~itato di Controllo quanto al Signor Cesana delle loro rispettive Note, riservandomi tuttavia ogni libertà di azione. Dovendo però

appigliarmi ad un partito, prego l'E.V. di ben voler prendere nella sua saviezza la decisione ch'io non mi credo facoltizzato d'abbracciare di moto proprio, e darme-ne possibilmente telegrafica comunicazione.

(l) Cfr. n. 68.

(1) Non si pubblica.

(l) Non si pubblica.

81

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 385. Madrid, 9 settembre 1873 (per. il 16).

Ho l'onore di trasmettere a V.E. il testo del discorso programma (l) pronunciato ieri dal Signor Castelar nell'assumere la presidenza del Consiglio.

Se gli atti corrisponderanno ai detti, e se potranno ricever compimento le promesse fatte dal Nuovo Ministro della Repubblica, le sue parole potranno segnare l'inaugurazione di quel mutamento, di quella metamorfosi che additavano i miei ultimi rapporti sulla situazione politica. Egli bensì dichiarò prima di terminare che aveva sempre difeso il programma federale, ma aggiunse che sebbene il suo cuore costantemente serbasse un culto religioso per quei principii, ciò che la repubblica abbisognava prima di qualunque altra cosa era ordine, autorità e governo.

Egli osò por fine al triste dilemma di pretendere fare energicar:1ente la guerra e di tutelare l'ordine senza gli attributi che formano precipua base dell'autorità di un Governo. Affrontò l'accusa d'inconseguenza, d'impopolarità, si sacrificò sull'altare della patria, e omise nel suo discorso le utopie tante volte da lui sostenute sui diritti individuali, proclamando invece come criterio supremo in questi gravissimi momenti l'istinto conservatore innato in ogni società, e reclamando per il salvamento di essa quei mezzi che sono sempre sua esigenza eterna e imprescindibile.

A tali espressioni si associò con entusiasmo la maggioranza dell'Assemblea, siccome ho già detto altre volte, la più democratica che da lungo tempo abbia veduto l'Europa, e per l'amor proprio del Signor Castelar ciò può addolcire

l'amarezza che deve aver provato nel fare le confessioni che uscirono ieri

dalle sue labbra.

Sotto alla di lui presidenza il Ministero è ricostituito come segue:

Rimangono all'Interno e alla Marina i Signori Maisonnave e Ore;yro.

Dalle Finanze passa il Signor Carvajal agli Affari Esteri e da quest'ultimo Dicastero è trasferito a quello d'oltremare il Signor Soler y Plà. I nuovi Ministri sono i Signori Pedregal, Sanchez Bregua, Del Rio e Gil Bergés alle Finanze, Guerra, Culti e Lavori Pubblici. La rielezione del Signor Salmeron alla Presidenza dell'Assemblea è in conformità di quanto prevedevasi. Mando in foglio separato il sunto del programma sviluppato dal Signor Castelar (l).

Havvi però una circostanza che potrebbe fin dal principio intralciare il

suo cammino. Egli affermò solennemente che nemico della illegalità, non

avrebbe usato di alcuna misura straordinaria se non legittimamente sanzio

nata dalla Camera, e se in pari tempo questa non gli dava l'autorità neces

saria, si sarebbe immantinenti dimesso.

Or bene a nulla gli servirà di sacrificare la sua personaUtà la sua riputa

zione; a nulla gli servirà che i 133 voti che lo portarono al potere approvino

senza discutere gli importanti progetti che presenterà, se al momento della

votazione sette deputati chiedono ch'essa sia nominale e abbandonano la seduta

traendo seco i 60 altri membri della sinistra che votarono per il Signor Pi

y Margall.

Rimontando alla seduta del 6 corrente giorno in cui venne agitata nell'Assemblea la designazione del futuro capo del Potere esecutivo, non posso tralasciare di accennar brevemente l'incidente sollevato dal Signor Pi y Margall, della difesa ch'ei fece della sua passata amministrazione e dell'attitudine cogli intransigenti che tanto oggi gli si rimprovera.

Nonostante la riservatezza e astuzia che lo caratterizzano, dimostrò pienamente le sue tendenze favorevoli al socialismo rappresentato nelle Cortes in maggiori o minori gradazioni dal centro sinistro e dalla sinistra pura, e disse in conclusione che la Repubblica era pei repubblicani le cui differenze dovevano appianarsi per poter formare un Ministero di conciliazione senza uscire dai principi professati dal partito.

Molti furono gli oratori che parlarono contro di lui, ma chi completamente lo refutò coll'a~torevole posizione che occupa è il Signor Salmeron, il quale dichiarò che sopra alle questioni di parte stava il Paese, che per la conservazione della Repubblica era urgente il concorso di tutte le frazioni liberali, e che non solo si comprometterebbero le sorti della Repubblica ma anche l'avvenire della Spagna se si seguisse la condotta tracciata dal Signor Pi y Margall. Asserì che il di lui discorso era un programma politico presentato alla nazione per giungere al potere e negò in pari tempo che mai egli potrebbe con ciò inalberar la bandiera dell'unione del partito.

Molte altre ragioni espose per condannar il Signor Pi la cui individualità soffrì non poco dal contrasto che offre con essa il sacrificio fatto dal Signor Salmeron per non trovarsi d'accordo coll'opinione della maggioranza delle Costituenti.

Il gran problema è ora se il Signor Castelar riuscirà nel suo compito coll'appoggio che invoca da tutti i gruppi ben pensanti o se al contrario la coadiuvazione degli antichi liberali, dei generali, com'ei disse alle Cortes, più compromessi nella passata ristorazione Borbonica, non aprirà la strada a una trasformazione più essenziale ancora di cui un colpo di Stato o una dittatura potrebbe essere il primo stadio.

La improvvisa venuta a Madrid del Maresciallo Serrano il quale ne era assente dalla crisi del 23 aprile, simultaneamente a quella del Signor Martos· con altri radicali e l'annuncio che presto pure ritornerà il Signor Sagasta; è certamente in questo istante una coincidenza assai degna di nota.

.

(l) Non si pubblica.

82

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 9 settembre 1873.

Ho ricevuto la Vostra lettera del 6 (1), rispondo alle Vostre interpellanze e vi dò le informazioni che credo opportune, mano mano le idee mi vengono ma con molta fretta in verità. Usatemi indulgenza. A maggior spiegazione d'un mio telegramma di ieri (2) Vi mando qui unito il progetto dell'impiego delle giornate di Sua Maestà a Vienna, fatto in base alle idee che mi furono comunicate dalla Corte qui. Se piacerà al Re ripartir altrimenti suo tempo non avrà difficoltà ad esser soddisfatto, ma in quel progetto ho essenzialmente tenuto a dar un'idea di tutto ciò che si dovrà fare. Con mio rapporto d'oggi vi spiego le ragioni per le quali, a Vienna la presenza del Nunzio Pontificio non può dar origine ad incidenti di sorta. Ieri vi telegrafai pregandovi di chieder a De Launay e a Nigra come si sieno comportati verso gli Ambasciatori i Sovrani che visitarono Berlino e Parigi in questi ultimi anni. So che l'Imperatore Francesco Giuseppe passò alla porta degli Ambasciatori a Berlino, ed in assenza dell'Ambasciatore lasciò la sua carta di visita come restituzione della visita fattagli dall'Ambasciatore. A Vienna tutti i Re che vennero qui da parecchi anni restituirono sempre a quel modo la visita agli Ambasciatori. Non mi risulta l'Imperatore di Russia abbia tenuto lo stesso sistema, il mio collega di Russia non essendo qui non posso però conoscer con precisione come la cosa sia andata. Visto però i precedenti, credo sarà conveniente Sua Maestà restituisca dette visite, e così pure faccia a riguardo del Conte Andrassy. Ma di ciò parleremo meglio a Vienna, ho soltanto voluto indicarvi in antecedenza la questione, anche per spiegarvi meglio perché vi ho suggerito di far fare i

biglietti di visita a Sua Maestà.

Parliamo ora degli acquisti a farsi all'Esposizione. Trovo sarebbe atto di cortesia per parte di Sua Maestà l'acquistar 3 o 4 oggetti in tutto fra l'Austria e l'Ungheria, anche per rispondere all'egual cortesia usataci dall'Imperatore acquistando testè due nostre statue proprio con nessun altro scopo che di far una gentilezza. Non saprei poi assolutamente capire perché il Re farebbe acquisti in Germania, in Francia, in Inghilterra od altrove. I Sovrani e Principi amateurs di cose antiche comperarono per soddisfar il loro gusto ciò che piacque loro senza badar in che regione si trovasse. L'Imperatore di Russia acquistò niente, salvo un vaso di gran valore nella sezione Russa che donò a Francesco Giuseppe in contracambio di altro prezioso dono statogli fatto seduta stante dall'Imperia! suo ospite. Non prese però lui l'iniziativa, ove la cosa

si presentasse nelle stesse condizioni si potrebbe far altretanto se no nò. In quanto agli acquisti nell'Esposizione nostra, ripeto è cosa sulla quale non so dar un consiglio, poiché è affar del tutto interno, e che a mio avviso dipende da ciò che già si è fatto alle precedenti Esposizioni. Se il Principe Umberto ha fatto acquisti nella regione Italiana all'esposizione di Parigi, il precedente farebbe forse, che il Re dovrebbe acquistar anche lui qualche cosa qui. Trovo però che non si devono far prodigalità, il troppo spendere non farà piacere in Italia, e non ci farà neppur onore all'Estero, poiché tutti sanno che non nuotiamo nell'oro. Ad ogni modo Borromeo lavora già da alcun tempo (col massimo segreto) a preparar una nota di oggetti che volendo si potrebbe comperar, la limiterò alla cifra che m'indicate, e farò comprendere anche in essa tre o quattro oggetti Austriaci ed Ungheresi. La cosa essendo per tal modo preparata, deciderete qui sopra luogo con facilità il da farsi. Visitai testè gli appartamenti alla Burg. Sua Maestà avrà il primo appartamento di quel Primo Palazzo Imperiale. Minghetti e voi sarete alloggiati al piano superiore in due magnifici quartieri con diretta comunicazione dall'uno all'altro. Il Castellengo sarà il più vicino a Sua Maestà e tutti gli altri saranno pure benissimo alloggiati e abbastanza vicini a Sua Maestà.

A riguardo delle decorazioni Vi ho già ricordato in un mio telegramma il desiderio espresso dal Gabinetto di Vienna in antecedenza all'Esposizione d'astenersi dal farne scambio in questa circostanza. Se insistessimo forse eccezionalmente si potrebbe in questo caso speciale rivenire su quella determinazione; ma perché farlo? Il dar decorazioni qui sarebbe un affar serio con tutte quelle grandi cariche di Corte che hanno il Toson d'oro, e non accetterebbero quindi forse il S. Maurizio, profittiamo degli utili, esprimiamo il rincrescimento di non poter far ciò che sarebbe nel desiderio del Re e seguiamo l'esempio di tutti gli altri dando niente. Forse si potrà far un'eccezione per Andrassy, ma forse anche per non pregiudicar la questione si potrà (Sua Maestà) annunciargli il Collare, e lasciarmelo perché glie lo rimetta alcun tempo dopo la partenza di Sua Maestà. Ma di ciò anche parleremo lungo la strada ed a Vienna. Se l'Arciduca ereditario, ma di ciò dubito, trovasi a Vienna, sarebbe conveniente conferirgli il collare, così pure all'Arciduca Ranieri Presidente dell'Esposizione e cognato di Sua Maestà. Ciò farebbe già tre Collari, ma se non sbaglio Vi ho chiesto di portarne quattro. L'ultimo, sarebbe nel caso si recedesse dal sistema di non dar decorazioni e se ne facesse una distribuzione, in tal caso sarebbe inevitabile conferir l'Annunziata al Principe di Hohenlohe Primo Gran Maestro dell'Imperatore che in tal qualità ha la prima carica nella Monarchia, la cosa non vi sembrerà naturale ma in questo Paese è così, e convien accettar

il fatto qual è.

L'arrivo a Vienna alle 5 pomeridiane va benissimo, credo però che sarà naturalmente protratto alle 6, a causa delle due fermate lungo la strada, la prima per prender il caffè verso le 7 del mattino, la seconda per far il déjeuner al mezzogiorno forse a Gratz. Ma di queste due piccole refezioni credo sarebbe bene il Re non fosse avvisato in antecedenza, poiché conosco le sue abitudini di viaggio, e non vorrebbe probabilmente acconsentirvi, e sarebbe un male.

Primo perché arriveremmo tutti qui morti di fame. Secondo perché dispiacerebbe probabilmente alla Corte che non si volesse accettar quelle due refezioni, ed anche perché increscerebbe assai alle popolazioni dei due luoghi di fermata di esser privati del piacere che si promettono di veder Sua Maestà. Il sol inconveniente che vedo nell'orario del viaggio si è che Sua Maestà varca la frontiera a metà della notte, e che quindi dovrà forse ricevere in ora molto incomoda i personaggi mandatigli incontro dall'Imperatore. Se però il Re dorme a quell'ora faremo salir nel treno quietamente quei Signori, e si presenteranno al Re al momento in cui si prende il caffè. Preparerò in antecedenza le cose in modo da render possibile questa soluzione. La stessa cosa farò io a Udine. Se però come dissi il transitar la frontiera di notte è un inconveniente, tutti capiscono che era cosa inevitabile, e quindi da non poter influire sull'orario adottato. Vi ha d'altronde anche una ragione non senz'importanza, che fa sì che trovo non solo opportuno ma anzi necessario che il Re faccia di notte tutto quel tratto di strada, ed anzi m'immagino sarà stata anche presa in considerazione. Vi prego a volermi poi in antecedenza annunciar telegraficamente il giorno e l'ora della vostra partenza da Roma per raggiungere Sua Maestà. Per conto mio parto il 15 alle 7 del mattino coi Signori Austriaci che s'arresteranno a Cormons, ed io prose

guirò sino a Udine dove giungerò nella notte dal 15 al 16. Relativamente a ciò che mi dite intorno alla composizione del seguito di Sua Maestà chino il capo e ... mi rassegno.

P .S. -Spero ricever una risposta favorevole intorno all'accettazione per parte di Sua Maestà della soirée in casa mia (1), ci tengo moltissimo poiché è questione che interessa il prestigio in faccia al pubblico della R. Legazione, ed anche affinché gl'Italiani che si trovano qui abbian occasione di veder Sua Maestà. Intanto ho cominciato i preparativi.

ALLEGATO.

PROGETTO

Soggiorno di S.M. a Vienna.

17. --Arrivo alle 5 pomeridiane troverà l'Imperatore e gli Arciduchi alla stazione. L'Imperatore accompagnerà Sua Maestà al Palazzo della Burg. Sua Maestà sarà quindi lasciata pranzar solo col suo seguito Italiano ed Austriaco. Probabilmente dopo il pranzo l'Imperatore verrà a far la sua prima visita al Re. 18. --Visita di Sua Maestà all'Imperatore ed all'Imperatrice a Schèinbrunn. Sua Maestà riceverà al Palazzo della Burg la visita degli Arciduchi che quindi contracambierà, riceverà quindi se lo crederà il Conte Andrassy e quegli altri alti personaggi che fosse del caso. Pranzo di famiglia a Schonbrunn. Alla sera intervento ad un Teatro.

S4

19. -Visita all'Esposizione accompagnato da S.M. l'Imperatore e déjeuner nel Padiglione Imperiale a mezzogiorno. Al ritorno al Palazzo della Burg

-verso le 3 ricevimento degli Ambasciatori e quindi del Corpo diplomatico. Pranzo di gala a Vienna. Intervento al Teatro quindi serata alla R. Legazione (se Sua Maestà l'accetta).

20. --Caccia alle pernici e déjeuner al castello di Laxenburg. Pranzo da fissarsi, probabilmente dall'Arciduca Raineri. 21. --Caccia detta all'archibugio in uno dei Parchi Imperiali presso Vienna, e partenza di Sua Maestà se il soggiorno non deve a secondo delle intenzioni del Re oltrepassar i tre giorni pieni.
(l) -Non pubblicata. (2) -Cfr. n. 76.

(l) Con t. 176 del 10 settembre Robilant fu informato dell'accettazione del Re.

83

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO

D. S.N. Roma, 10 settembre 1873.

Non volendo indugiare a rispondere al dispaccio s.n. del 7 corrente (l)

indirizzatomi da V.S. Illustrissima, le ho spedito oggi stesso un telegramma

per indicarle i motivi che fanno desiderare che si evitino, nell'occasione del

viaggio del Re a Vienna, tutte le dimostrazioni che potrebbero dar pretesto ad

erronee od esagerate interpretazioni.

La scelta della via della Nabresina, ad esclusione di quella che traversa il Tirolo, fu appunto determinata dal pensiero che così riuscirebbe più facile l'evitare ogni dimostrazione che, nelle circostanze presenti, non potrebbe che dispiacere al Sovrano di cui il nostro Re sarà ospite in Vienna. I sentimenti di delicatezza del nostro Re sono abbastanza conosciuti perché si comprenda che qualunque atto che possa essere male interpretato a Vienna debba neces.sariamente dispiacergli.

Capisco bene che la deputazione che si sarebbe recata a Nabresina sarebbe

;;tata composta di regnicoli dimoranti a Trieste; ma una simile manifestazione

potrebbe servire di pretesto ad altre ed in questo genere di cose si sa che è

impossibile fissare un limite che non venga poi oltrepassato, malgrado tutto

il buon volere dei promotori e degli ordinatori della dimostrazione.

Il partito più sicuro consiste nell'evitare qualunque cosa che possa servire

di pretesto alla manifestazione che si vuole evitare. Epperciò io ho fatto appello

al tatto di V.S. Illustrissima perché Ella faccia capire che qualunque dimo

strazione deve essere assolutamente evitata, che S.M. il Re passerà a Nabresina

nel cuore della notte, che per volontà del Re V.S. Illustrissima e tutti gli

uffiziali consolari sono stati dispensati di portarsi sul passaggio di Sua Maestà-

La prego caldamente, Signor Commendatore, di adoperarsi in modo da evitare qualunque atto o dimostrazione che nella circostanza attuale riuscirebbe sommamente inopportuna. Faccio gran conto in questa occasione sulla prudenza di Lei, non meno che sopra quella autorità e quell'influenza che Ella è in grado di esercitare in codesto paese. Esporrò al Re tutto ciò ch'Ella mi ha scritto e le istruzioni che le ho date, e sono persuaso che Sua Maestà avrà occasione di apprezzare altamente nella condotta di V.S. un nuovo importante servizio reso al Governo.

La presenza di V.S. Illustrissima in Trieste sarà necessaria fino a che il Re non sia passato a Nabresina; debbo anzi riservatissimamente informarla che il ritorno di Sua Maestà si effettuerà per la stessa via; ma se nell'intervallo, che sarà tutt'al più di una diecina di giorni, Ella volesse recarsi a Vienna, io sarò ben lieto di avere l'occasione di vederla in quella capitale e le faccio perciò facoltà di approfittare del congedo a tal fine già concedutole."

(l) Non pubblicato.

84

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A WASHINGTON, CORTI (l)

D. s. N. Roma, 11 settembre 1873,

Prima di lasciare il suo posto per recarsi in Europa, V.S. Illustrissima annunziava al Signor Fish, Segretario di Stato, con una nota in data del 25 settembre p.p., essere terminati i lavori della Commissione mista istituita a norma del trattato di Washington tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna e così essere cessate le attribuzioni a Lei conferite dai due Governi in ordine a quei lavori.

A tale comunicazione, la quale per un ritardo postale, siccome mi fu riferito, non giunse al Dipartimento di Stato se non dopo la partenza di V.S. Illustrissima, rispose il Signor Fish una nota del 15 ottobre p.p. al R. Incaricato d'Affari. Con essa il Segretario di Stato, oltre all'accusare ricevimento della di Lei nota, fa sollecitazione alla Legazione di Sua Maestà perché manifesti a

V.S. Illustrissima la gratitudine del Governo degli Stati Uniti per la solerzia, la sapienza e l'imparzialità da Lei dimostrate nel soddisfare l'arduo compito che le venne affidato, e le dimostri quanto fu apprezzata l'influenza che le di Lei personali qualità hanno esercitato sullo scioglimento delle intricate questioni di cui la Commissione fu chiamata ad occuparsi.

Nell'atto in cui io mi pregio di trasmettere a V.S. Illustrissima la qui unita copia del documento ora accennato, sento il dovere di esprimerle la viva

soddisfazione che gli elogi a Lei tributati dal Governo degli Stati Uniti hanno procurato al Governo del Re, il quale si compiace altamente di scorgere che

i propri Rappresentanti, come Ella ha saputo fare, dimostrano qualità che ci rendono oggetto di speciale stima e fiducia per parte degli esteri Stati, e cagione di lustro alla nazione cui appartengono.

(l) Corti si troyava in vacanza, come risulta anche dal primo capoverso del presente"dispaccio.

85

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R.S.N. Trieste, 11 settembre 1873 (per. il 13).

Ho ricevuto stanotte il telegramma in cifre che l'E.V. si è degnata di dirigermi in data di ieri (1), ed ho con piena soddisfazione appreso che Ella, non meno di me, si preoccupa di evitare qualsiasi dimostrazione al passaggio di Sua Maestà nelle vicinanze di Trieste. Io credo che non mi riuscirà difficile di ottenere che i cittadini del Regno rinunziino al desiderio che avevano manifestato di offrire gli omaggi di questa colonia italiana a Sua Maestà. Ma la cosa è assai diversa quanto ai Triestini che, per quanto mi è stato riferito da buona fonte, hanno fissato di cogliere l'occasione del passaggio del Re per fare una dimostrazione contro l'Austria e protestare in tal modo contro le dichiarazioni fatte dal Lamarmora, nell'opuscolo recentemente da lui pubblicato, che Trieste non è terra italiana.

Queste dichiarazioni hanno fatto una tristissima impressione sui Triestini di lingua italiana che compongono la grandissima maggioranza, e ciò tanto più che esse serviranno in avvenire come punto d'appoggio ai nemici dell'italianità di Trieste. Io amo sperare che allorquando si penserà a mente fredda, non già alla sconvenienza di tale dimostrazione, poiché quelli che la promuovono sono avversi ai buoni rapporti tra l'Italia e l'Austria, ma ai pericoli a cui si esporranno i dimostranti i quali verranno senza dubbio presi in nota dalla polizia, non saranno molti quelli che avranno il coraggio di prendervi parte.

Ad ogni modo sarebbe utile di cercare un mezzo onde prevenire ogni pericolo di tal sorta. Il passaggio di Sua Maestà nel cuor della notte e la determinazione presa che il convoglio Reale non abbia a fermarsi a Nabresina, sono ottime disposizioni, ma temo non basteranno. Io prego pertanto l'E.V. di esaminare se non sarebbe possibile il dissimulare l'ora della partenza del convoglio Reale. Ove per esempio si facessero spargere dai giornali notizie contraddicentisi circa l'ora della partenza, ovvero si potesse far annunziare dalle Agenzie Telegrafiche o dai giornali che il convoglio Reale partirà otto o dieci ore dopo l'ora fissata per la partenza effettiva, ne seguirebbe che quelli i quali intendono concorrere alla progettata dimostrazione, si troverebbero

(l} Non pubblicato, ma cfr. n. 83.

incerti nel primo caso, od apprenderebbero nel secondo caso il passaggio dei Re al momento in cui si disporrebbero alla partenza per Nabresina o per· Sessana.

Io non so però se ciO sia possibile e conveniente trattandosi di cosa così importante aual è la partenza di Sua Maestà.

Intanto posso assicurare l'E.V. che sarà mia cura particolare di impiegare tutta la mia influenza personale e quella dei miei amici onde sconsigliare la dimostrazione temuta.

P.S. -Al momento che stavo per chiudere questo mio rapporto mi venne· riferito che pare abbiano i promotori della progettata dimostrazione di Triestini disegnato di recarsi in Udine vedendo le difficoltà di farla impunemente in una delle vicine stazioni. Se ciò fosse vero sarebbe un minor male poichépochissimi potrebbero recarsi in Udine e forse anche questi pochi vi rinun-· zieranno.

86

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 392. Vienna, 12 settembre 1873, ore 14,30 (per. ore 17,35).

Il me résulte possible qu'un nombre assez considérable d'habitants de Triestedésirent faire une ovation à Sa Majesté à son passage à Nabresina surtout en conséquence du livre du général Lamarmora. J'espère que l'heure du passage empèche; de toute manière je croirais plus prudent que le consul général à Trieste reçoive l'ordre de V.E. de ne pas bouger de sa résidence.

87

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 12 settembre 1873.

Il Duca di Broglie non ha dato questa settimana la solita udienza al Corpo diplomatico. Non ho creduto, d'altra parte, che mi convenisse d'andare a Versaglia espressamente per aver l'occasione di portargli spiegazioni sul viaggio del Re. Se la solita udienza avesse avuto luogo, mi sarei recato, come fo sempre o quasi sempre, dal Ministro degli Affari Esteri, e la conversazione m'avrebbe probabilmente dato occasione di parlare di questo viaggio e di esprimermi intorno ad esso nel modo e nella misura che m'avete indicato. Ma ciò non essendo accaduto, fino a questo momento non ho parlato del viaggio nè a Broglie, né a Mac-Mahon che non ebbi occasione di vedere. Non trattengo·

tuttavia il corriere di Gabinetto, giacché penso che siate sulle mosse e vorrei che questa lettera vi giungesse prima della vostra partenza.

Il viaggio fa naturalmente qui un'impressione sgradevole. La cosa non poteva essere altramente, e bisogna bene che ciascuno se n'acconci. So positivamente che il Governo Francese ne prova dispiacere ed amarezza, non soltanto per le conseguenze politiche dirò così esterne, ma ancora e più specialmente per le interne. Il duca di Broglie tiene personalmente, per quanto so, un linguaggio corretto, ma gli organi del Ministero, fra gli altri il Français, frenano a stento il dispetto. Io mi sforzo d'attenuare quest'impressione dichiarando alle persone politiche con cui ho l'occasione di parlare, che il viaggio del Re a Vienna ed a Berlino non ha, nel pensiero del Governo del Re, un significato ostile alla Francia ed al Governo Francese, e che se esso ha un significato politico, questo non può essere diretto se non contro quel partito clericale ed assolutista che riempie l'Europa, come voi giustamente notate, di manifestazioni contro l'Italia, contro il suo Re e contro il suo Governo. A Broglie, se ne ho l'occasione, terrò lo stesso linguaggio, ripeto, se ne ho l'occasione, perché penso, come voi, che noi non dobbiamo in nessuna guisa aver nemmeno l'apparenza di cercare giustificazioni per questo viaggio, nè dobbiamo attenuarne l'effetto con spiegazioni esagerate. Noi dobbiamo considerare il Governo attuale di Francia come un vicino che intende mantenere verso di noi una condotta corretta, anziché un amico che ami e facci confidenze od a cui noi abbiamo a farne. Questa situazione non è senza vantaggi per noi. Il linguaggio della nostra stampa, parlo dei giornali più ragguardevoli, mi sembra abbastanza moderato e giusto in ordine a quest'argomento del viaggio del Re. Ora vi raccomando, e raccomando a Minghetti di vegliare perché si eviti durante il viaggio tutto ciò che potesse avere tin significato speciale d'ostilità verso la Francia, o ferire più particolarmente il sentimento francese. Cosi, per citare un esempio, sarebbe assolutamente fuori di luogo che si afferisse al Re e che il Re accettasse il comando o l'uniforme d'un reggi-mento Austriaco o Prussiano. Anzitutto sarebbe a considerarsi se ciò fosse conforme alle regole costituzionali. Ma se anche fosse, ragioni d'alta convenienza consigliano d'evitare tali dimostrazioni.

Il viaggio a Vienna è consigliato dai nostri più vitali interessi. Quello a Berlino è una conseguenza necessaria dell'altro. Quest'ultimo può avere risultamenti materiali considerevoli. Ma il primo avrà senza dubbio conseguenze morali fino ad un certo punto più rilevanti. Concordo interamente con voi che è ottima politica per noi il coltivare le buone relazioni coll'Austria. Nulla può meglio ajutarci a vincere le difficoltà che ci suscita ovunque il partito oltramontano. E difatti i clericali di Francia hanno sentito e sentono più vivamente il colpo che per questo viaggio è loro portato da Vienna, che non da Berlino, ed il viaggio del Re non sarà stato e non sarà senza esercitare un'influenza salutare contro la restaurazione borbonica legittimista in Francia.

Questa restaurazione ha perduto di fatto da qualche tempo un po' del terreno che sembrava aver acquistato. Il linguaggio insensato degli organi del clericalismo, i mandamenti dei vescovi, quello specialmente dell'Arcivescovo di Parigi, il movimento straordinario e veramente teatrale dei pellegrinaggi, cominciano ad irritare la fibra democratica delle popolazioni delle·

89'

'campagne, ed i membri dell'Assemblea che si trovano in contatto con esse ne sentono necessariamente il contracolpo. li Governo stesso, come potete giudicare dal linguaggio tenuto da Broglie in varie circostanze e ieri ancora in seno alla Commissione di permanenza, sembra volersi mostrare ogni di più disinteressato nella questione. Il partito Bonapartista ha fatto, per organo .di Cassagnac, un'evoluzione completa in favore dell'unità dell'Italia. Tuttavia i monarchici dell'Assemblea non hanno ancora rinunziato a fare il loro tentativo alla ripresa delle sedute. Essi stanno ora contandosi. Se si trovano in maggioranza, sembrano pur sempre risolti a proporre la ripristinazione della costituzione del 1814, mutatis mutandis, ed a domandare, in caso di titubanza .o rifiuto di Chambord, una luogotenenza o presidenza principesca, di Nemours preferibilmente ad Aumale. Ma è più probabile che a conti fatti questa maggioranza che un mese fa era calcolata a 40 o 50 voti, ora non si trovi più. Giacché, oltre ai repubblicani d'ogni colore ed ai bonapartisti, sembra che una frazione dei monarchici temperati e forse anche alcuni membri del Gabinetto, propendano ora alla proroga dei poteri di Mac-Mahon. Questa combinazione ha anche il vantaggio d'essere più facile e pratica, e non sarebbe a stupire se finisse per trionfare. Ed è veramente desiderabile che trionfi nell'interesse dell'Europa come in quello della Francia. Imperciocché se trionfasse invece la restaurazione legittimista, essa sarebbe senza dubbio subita per un po' di tempo. Ma non tarderebbe a dar luogo ad una reazione democratica e forse anche comunista in Francia, quale è difficile l'immaginare anche dopo la Comune di Parigi. Senonché la proroga dei poteri di Mac-Mahon è la morte della restaurazione legittimista. I legittimisti lo sentono, e perciò faranno ogni sforzo per sottrarvisi. Eccovi la situazione come io la vedo.

Desidererei potervi vedere e veder Minghetti a Torino o in altra città dell'alta Italia al vostro passaggio prima o dopo il viaggio, cioè all'andata o al ritorno. Lo desidero per più ragioni, ed anche specialmente per parlare ad entrambi della incredibile pubblicazione fatta dal Generale La Marmora. Fatemi sapere, vi prego, per telegrafo o altramente, se e dove posso vedervi e quando.

P.S. -Non ho ancora potuto avere un esemplare del libro di La Marmora. ·vi sarei grato se potrete farmelo spedire.

Non ho bisogno di dirvi che questa lettera è per voi come per Minghetti che vi prego di salutare per me.

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IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 394. Trieste, 13 settembre 1873, ore 11,30 (per. ore 0,10 del 14).

Je puis vous assurer qu'aucune députation colonie italienne ne se préseniera au passage de Sa Majesté, et je suis presque sur qu'aucun inconvénient n'aura lieu de la part de Triestins.

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IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S. N. Trieste, 13 settembre 1873 (per. il 15).

Come già ne ho informata l'E.V. col telegramma di stamane (1), non ho· incontrata difficoltà ad indurre i cittadini del Regno a rinunziare al desiderio che mr avevano espresso di incaricare una deputazione di ossequiare Sua Maestà al suo passaggio a Nabresina.

Sono pure lieto di confermarle quanto già Le scrissi collo stesso telegramma che cioè ho motivo di credere che nessun inconveniente sarà per avvenire per parte dei Triestini. Da un lato l'incertezza dell'ora del passaggio di Sua Maestà e la notizia divulgata che il convoglio Reale non si fermerà né a Nabresina né a Sessana, e dall'altro le pratiche che per mezzo di persone influenti feci fare presso i promotori per sconsigliare la progettata dimostrazione, riescirono, io spero, a scongiurare definitivamente il pericolo che io temeva, e sul quale aveva stimato mio obbligo di chiamare la superiore attenzione dell'E.V. Io ripeto quindi che sono quasi sicuro che nessun inconveniente sarà per succedere; ciò nondimeno credo possa essere utile di far nascere, se è possibile, l'incertezza sul giorno e sull'ora del passaggio di Sua Maestà.

Sono oltremodo grato all'E.V. dell'autorizzazione che mi ha gentilmente· accordata di recarmi a Vienna durante il soggiorno di Sua Maestà in quella capitale, preferisco però di non valermene poiché, dovendo Sua Maestà ritornare nel Regno per la stessa via, credo opportuno di rimanere in Trieste per invigilare a che le temute dimostrazioni non abbiano luogo al ritorno del Convoglio Reale. Non ho bisogno di pregare l'E.V. a mantenere segreta la risoluzione presa da Sua Maestà di ritornare per la via di Lubiana e Nabresina_

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IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, DE BOCCARD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 368. Tunisi, 15 settembre 1873 (per. il 21)

La situazione della quistione tra le Banche e la Commissione Finanziaria, quale ebbi l'onore di indicarla nel mio Rapporto N. 365 della presente serie, riservato (2), da me inviato all'E.V. col precedente Corriere, è venuta insensibilmente delineandosi e s'approssima alla sua soluzione.

Debbo anzitutto confermarle il telegramma cifrato che ravvisai opportuno indirizzarle il 12 corrente (l) concepito in questi termini: • Bey voulant empecher établissement Banque Anglaise, Consul Anglais, audience particulière menace rompre rélations. Bey semble plier ».

Difatti il Signor Wood, richiesta al Bey un'udienza particolare il giorno 11,

alla sola presenza del Primo Ministro Kaznadar e del Ministro dirigente Kerredine, interpellò vivamente il Bey in proposito della lettera statagli indirizzata dal Governo con cui si interdiceva l'esercizio della Banca Inglese. Il Kaznadar si scusò sopra Kerredine, e questi assumeva la responsabilità della lettera qual presidente della Commissione Finanziaria, motivandola sui danni che la Banca Anonima avrebbe potuto arrecare alla Tunisia. Il Signor Wood trasse allora al cospetto del Bey l'Amera con cui eragli stata concessa l'istituzione della Banca, e gli rammentò che per tre volte aveva avuta la Sovrana parola perché la Banca si stabHisse, consigliandogli a non cimentare la Regina d'Inghilterra che avrebbe saputo rammentargliela.

Quest'ultima espressione è assai famigliare al Wood trattando col Bardo, quindi non gli si deve attribuire troppa importanza, ma l'incidente provocando da parte del Governo Locale il riconoscimento della Banca Inglese, credetti convegnente di non !asciarlo ignorare dall'E.V.

La coesistenza della Banca Inglese e della Banca Italiana in Tunisi non

è incompatibile, quindi uniformandomi alle istruzioni avute dall'E.V., tendo a

che la prima esplicitamente ottenga la facoltà di stabilirsi, per ottenere uguale

concessione alla Banca Italiana invocando dal Bey a suo tempo uguale trat

tamento.

Si è quindi che in questa pratica per identità d'interessi mi sono ravvici

nato al Wood.

Intanto un vivo carteggio va continuando tra la Commissione Finanziaria ed il Signor Cesana. La Commissione vorrebbe forzare il promotore della Banca Italo-Tunisina a dimettersi dalla sua qualità di membro del Comitato di Con

trollo, egli, per contro si ostina a rimanervi. Vorrebbesi sottomettere la diffe

renza al Governo Locale ed ai tre Consoli d'Italia, Francia ed Inghilterra quali

rappresentanti i portatori dei Titoli del debito Tunisino. Il che, per parte mia,

tendo ad evitare per non essere costretto a pronunciarmi anzi tempo, prefe

rendo procedere adagio, ma con piena sicurezza. Le circostanze mi hanno

çonseguentemente consigliato ad attenermi sin ora ad una mera politica di

osservazione:

l o -Perché mi conviene che il Signor Wood sia il primo ad entrare, suo malgrado, attivamente nella quistione;

2° -Perché non conosco ancora la politica a cui vorrà appigliarsi il nuovo Console di Francia, il Visconte di Vallat;

3o -Perché la stessa lotta (benché latentemente) essendosi impegnata assai più viva tra il Kaznadar, maggior Capitalista della Banca Italo-Tunisina e Kerredine, presidente della Commissione Finanziaria, che non tra essa Com

missione ed il Cesana, aspetto di vedere quale dei due sta per cadere in disgrazia presso il Bey, per potermi dichiarare in favore del più forte, non convenendomi in verun caso di crearmi inutili difficoltà per tentare di sostenere il più debole.

Credo che la mia linea di condotta chiara e ben determinata, conforme

alle istruzioni dall'E.V. impartitemi, ne incontrerà l'approvazione, giacché pro

cedendo prudentemente poco a poco evito gli urti e mi assicuro il successo,

valendomi dell'opera altrui per eliminare le difficoltà, non scordandomi però

mai di quanta protezione spetta da un!). parte alla Commissione Finanziaria € dall'altra quanta alla libertà commerciale di una ditta apparentemente del tutto Nazionale. Lusingandomi aver col prossimo corriere ulteriori istruzioni dell'E.V. in proposito, colgo l'occasione...

(l) -Cfr. n. 88. (2) -Cfr. n. 80.

(l) Non pubblicato.

91

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM

T. 409. Vienna, 17 settembre 1873, ore 23,16 (per. ore 23,55).

Reçu votre télégramme. Arrivé à Vienne à 5 l/2. Empereur et tout les

archiducs exceptés seulement les dépossédés attendaient à la gare. Rencontre des deux Souverains très cordiale. Roi a été particulièrement aimable pour archiduc Albert. Confusion immense de population. Accueil très sympathique.

On a tout lieu de ètre content et Roi est satisfait.

92

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, DE BOCCARD

D. 143. Roma, 18 settembre 1873.

Ho preso in attento esame, unitamente al Signor Comm. Pinna, l'argo

mento della Banca Italo-Tunisina e della Banca di Londra, a cui si riferi

vano i telegrammi di V.S. del 10 e 12 corrente ed i rapporti N. 364 e 365 della

Serie Politica (1), ed ho pure preso esatta notizia di quanto è contenuto nei

vari documenti da Lei trasmessimi.

Sono soddisfatto di aver scorto che V.S. si è scrupolosamente attenuta alle

istruzioni che le furono date in merito all'accennato argomento, limitandosi

ad accusare ricevuta, tanto al Comitato di controllo quanto al Signor Cesana delle rispettive loro comunicazioni, e riservando ogni libertà d'azione all'Agenzia di Sua Maestà.

Considerate le difficoltà che si presentano allo scioglimento della que~tione insorta, devo esortare V.S. a continuare per ora nello stesso sistema di temporeggiamento sin qui adottato, cercando soprattutto di non impegnare menomamente l'azione del Governo del Re nella vertenza insorta tra la Commissione finanziaria ed il Governo del Bey a proposito della nuova « Banca di Londra •, vertenza che, aggirandosi sul punto di massima della fondazione di Banche anoniiT'.e nella Tunisia, si collega direttamente con quella cui diede origine l'istituzione della Banca promossa dal Signor Cesana. La S.V., a mio giudizio, potrà facilmente giustificare il proprio contegno, allegando il desiderio del Governo di Sua Maestà che, per riguardi personali verso il titolare di codesto Ufficio, la questione non sia definita da parte nostra, né troppo innanzi avviata, prima del di lui ritorno.

Raccomando a V.S. di voler seguire la linea di condotta ora indicata, e Le sarò grato se Ella saprà frattanto procurarmi copia degli Statuti della Banca Inglese di cui sopra ho fatto parola; avrò caro altresì di essere da Lei regolarmente informato anche in seguito sull'andamento delle importanti questioni che formano oggetto del presente dispaccio.

La condotta riservata che raccomando alla S.V. Illustrissima di seguire in questa vertenza non deve impedirle di cercare di conoscere con ogni accuratezza il seguito dato dal Signor Wood Console inglese alla vertenza sorta fra esso ed il Governo del Bey circa la London Bank of Tunis. Importa al Governo del Re di sapere prontamente se la London Bank fu istituita a Londra e non ha a Tunisi che una succursale, oppure se veramente il Signor Wood tende ad istituire a Tunisi una Società anonima, la quale, benché nata nella Reggenza, debba tuttavia essere sottomessa esclusivamente alla giurisdizione inglese. Non le sfuggirà che potendo noi invocare il trattamento della nazione più favorita, conviene a noi di attendere la soluzione di tale vertenza anglotunisina per reclamarne il risultato a nostro beneficio, senza esporci direttamente ad una discussione che, sul punto di vista del diritto astratto, si presenta come assai dubbiosa.

(l) Cfr. nn. 64 e 80. I telegrammi non sono pubblicati.

93

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 7565. Roma, 18 settembre 1873 (per. il 19).

Ringrazio codesto Onorevole Ministero delle notizie importanti che mi ha comunicate sugli studi che si stanno facendo in Germania per regolare efficacemente le condizioni giuridiche delle popolazioni agricole, e lo prego di volere interessare la R. Legazione a Berlino acciocché tenga ancora informato, il Governo del progresso di quegli studi e del concreto delle riforme che si sottoporranno al Potere Legislativo Germanico.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 414. Parigi, 19 settembre 1873, ore 14,55 (per. ore 16,50).

Ayant eu aujourd'hui occasion de causer avec due de Broglie, je lui dis, conformément au télégramme ministériel du l septembre (1), que le voyage du Roi n'avait dans la pensée du Gouvernement de Sa Majesté, aucun caractère d'hostilité contre la France. Le due de Broglie m'a répondu que le Gouvernement français avait donné à ce fait la meme interprétation.

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APPUNTO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(B C B, Carte Minghetti)

Vienna, l 9 settembre 1873.

Conversazione con Andrassy. Idee principali. Ho insistito fortemente sopra un punto ed è il seguente. Bisogna che

il Governo austro ungarico e l'Imperatore considerino l'Italia tal quale è fatta

oggi con Roma capitale in modo irrevocabile. Qualunque idea diversa sarebbe

fatale. Ogni cambiamento non porterebbe ad altro che a rivoluzioni interne,

a germi di guerre esterne. L'Italia rimarrà come oggi è costituita a qualunque

costo.

Andrassy accetta questo punto di partenza come ammesso pienamente ed

assicura che tale è pure il sentimento dell'Imperatore, e la sua ferma convinzione dalla quale non si dipartirà in nessun caso. In proposito di Roma Andrassy mi comunicò che monsignor Nardi era venuto a Vienna ed avendo chiesto ed ottenuto udienza dall'Imperatore, gli aveva esposto che Pio IX lasciava un breve nel quale disponeva che la elezione del suo successore si facesse presente cadavere, e che probabilmente questa sarebbe stata la forma seguita. A ciò S.M. l'Imperatore avendo risposto che sarebbe molto rincrescevole se codesta forma fosse adottata, mons. Nardi rispondeva esservi un modo solo di evitarlo cioè che l'Austria avesse offerto un asilo al Conclave sia a Salzburg, sia a Gorizia, o Innsbruck. A questo l'Imperatore rispose recisamente di no, insistette perché il Conclav·e si tenesse a Roma dove il Governo italiano avrebbe guarentito ogni sicurezza e libertà. Tali furono le risposte spontanee e categoriche dell'Imperatore cosicché Andrassy parlando dopo col Nardi non ebbe che a ripetere le medesime dichiarazioni. Il Governo Austro

Ungarico è persuaso che il Governo Italiano vuole e può garantire la libertà del Conclave; ma l'Andrassy crede che a tagliar corto alle insinuazioni dei nemici nostri sarebbe opportuno che il Governo italiano trovasse occasione di dichiararlo apertamente o in Parlamento, o con qualche istruzione ai suoi agenti; insomma sotto quella forma che più gli apparisse conveniente. Codesta forma non può escogitarsi immediatamente ma Visconti potrà occuparsene in appresso. Quanto alle leggi ecclesiastiche, io ho dichiarato che non era mia intenzione di presentarne alcuna nuova, ma bensì di applicare lealmente quelle votate. Però codesta applicazione leale e risoluta non esclude la moderazione, e l'uso di tutti i riguardi che sono compatibili colla legge stessa.

Che farete voi a Berlino mi chiese l'Andrassy? Noi non abbiamo obbiezioni a che se vi piace stipuliate anche un trattato di alleanza colla Germania, ma ci pare che i vostri interessi non siano tali da collegarvi ad una sola potenza. E qui l'Andrassy sviluppò la tesi che a conservare la pace e l'equilibrio europeo giovi intendersi tutti insieme non fare delle combinazioni speciali. Noi vogliamo e dobbiamo, diss'egli, essere in ottime relazioni colla Germania e colla Russia, ma non è da dimenticare la grande potenza di queste due nazioni. L'Italia non può competere con alcuna di esse, l'Austria neppure benché un poco più forte di voi: invece se noi siamo riuniti possiamo tener fronte a ciascuna delle due, e avere una preponderanza decisa sulla pace d'Europa. È evidente dalle parole di Andrassy che l'Austria è impensierita dalla grandezza della Germania e della Russia. A questo punto io risposi due cose. Primo che noi non avevamo impegni, e che andavamo a Berlino senza partito preso, secondo che io ammettevo bene che una combinazione a tre fosse più utile che una combinazione a due. Ma, soggiunsi, quando vi siete incontrati coll'Imperatore di Germania e quello di Russia avete voi preso qualche impegno, avete stipulato qualche patto? Imperocché corse voce che ciò avesse avuto luogo. Il conte Robilant, rispose Andrassy, non ha mai voluto credere appieno alle mie assicurazioni, ma io amo di rinnovarvele, e di dichiararvi che non ebbe luogo alcuna convenzione scritta, ma solo delle intelligenze verbali. Queste intelligenze ebbero per abbietto in generale la necessità di conservare la pace ma più specialmnte la questione d'Oriente. Noi abbiamo detto chiaramente alla Russia che non desideravamo alcun ingrandimento, che non avevamo alcuna mira ambiziosa, ma che se essa avesse voluto mutare lo statu quo ci avrebbe trovato sulla sua via. La politica savia rispetto all'Oriente non può esser altro che quella che lascia alle popolazioni il libero sviluppo. Né polonisme, né panslavisme questo in una parola fu il programma concordato: verbalmente sì, ma non dubito che l'Imperatore e Gortschakoff manterranno fedelmente la loro parola.

Poi la conversazione volse particolarmente sull'oriente, dove io spiegai come la politica italiana si trovi in accordo con quella austriaca: essendo interesse comune che non nascano perturbazioni violente, e mutamenti prematuri. Ancora disse l'Andrassy io non credo che vi sia pericolo per voi da parte della Francia. La Francia può aver per iscopo finale la rivincita contro la Germania, ma sa bene che se vi assalisse, la Germania non potrebbe fare a meno di intervenire e di difendervi. Perciò non avete bisogno di un trattato speciale, perché ciò è nella necessità delle cose e nell'interesse della G"ermania medesima. Ad ogni modo concludeva l'Andrassy esprimendo il desiderio che se noi facevamo alcun atto a Berlino, non restassimo dal comunicarglielo.

Io veramente non presi impegno alcuno positivo, né di non fare trattati a Berlino; né di comunicarli, fatti che fossero, all'Austria. Solo dissi che mi pareva opportuno restare in questa intelligenza che se sorgesse qualche questione in Europa dalla quale potesse la pace esser minacciata, noi dovremmo comunicarci scambievolmente le nostre idee, discuterle, e tentare ogni via per combinare una azione comune. Parermi che questo proposito fosse utile, savio, conveniente all'interesse di tutti, e lo esposi come il risultato della nostra conferenza. E in questo concetto l'Andrassy pienamente convenne.

Così dopo un'ora e mezza di conversazione presi da lui commiato.

(l) Cfr. n. 58.

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IL SEGRETARIO GENERALE ALL'AGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO, MORPURGO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 8037. Roma, ... settembre 1873 (per. il 21).

La relazione fatta a codesto Ministero dal Conte De Launay intorno agli studii intrapresi dal Governo prussiano per regolare legislativamente le relazioni tra i coltivatori di terre e gli operai delle campagne, contiene sopra questo argomento ragguagli di singolare rilevanza. Siffatte notizie gioveranno non poco a questo Ministero il quale intende adoperarsi a colmare le gravi lacune che la legislazione nostra contiene rispetto a conflitti che possono sorgere tra gli intraprenditori industriali e agrari e i loro operai; laonde, mentre prego il mio Onorevole Collega di porgere al Conte De Launay vivi ringraziamenti per l'attenzione rivolta a tale materia, gli sarò grato se vorrà manifestargli il desiderio che fornisca al R. Governo tutte le informazioni che potrà raccogliere riguardo ad essa.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM

T. 416. Berlino, 22 settembre 1873, ore 10 (per. ore 22,50).

Arrivés aujourd'hui à trois heures et demi. Le Roi a été reçu à la gare par S.M. l'Empereur et les princes de la famille impériale. L'accueil fait à

N.A.S. par l'Empereur et par la famille impériale a été très cordial et chaleureux. Sa Majesté a reçu partout les marques de la plus vive sympathie de la part de la population accourue sur son passage.

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IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 208. Berna, 23 settembre 1873 (per. il 26).

Le ragunate che sotto il nome ambizioso di Congressi, l'Internazionale ha tenuto a Ginevra, hanno lasciato assolutamente indifferenti e la città in cui furon tenute e la Svizzera intera. La stampa locale non ne ha parlato che quando ha potuto copiare la prosa soventi fantastica che alcuni reporters francesi mandarono ai giornali parigini, cui sono addetti.

Questa cospirazione del silenzio di tutta la stampa svizzera, era sì bene prevista che i socialisti crederoiJO opportuno di pubblicare sotto il nome di Le travail, un foglietto destinato ad informare coloro che potessero interessarsi alle discussioni che <:vrebbero luogo nei due Congressi.

Finora non ne sono stati pubblicati che due numeri, dei quali il Console di Ginevra avrà certamente mandato qualche esemplare all'E.V. cui, se pure ha gettato gli occhi su questa miserabile compilazione, non sarà sfuggito il motivo vero della nessuna importanza che in questo paese si attribuisce oggi a simili Congressi.

I ragguagli dei Reporters francesi, sorgente unica cui hanno attinto i giornali di tutti i paesi, sono desunti meno dai fatti osservati a Ginevra, che dalla storia dell'Associazione di cui si tratta, dalle sue fasi diverse, e dal recente suo scisma, conosciuti dovunque e che se servono a fornire della Copia ai giornali, servono meno ad illuminare coloro i quali cercano per tale mezzo conoscere l'entità dei fatti di cui più o meno si preoccupano.

Nessuno sa propriamente che cosa si sia fatto, tanto pubblicamente quanto in segreto dagli Internazionali dei due Congressi, poiché se dai principi professati dagli Antiautoritarì si può desumere la ragione dell'antagonismo che esteriormente esiste fra essi e gli Autoritari, si desume parimenti dalle dottrine di questi ultimi, come esse menino allo stesso precipizio, sull'orlo del quale i meno audaci, sono rattenuti dai brutali principi degli Antiautoritari.

Si è osservato da parecchi come nei due Congressi, i Comunardi che han già dato prova a Parigi di ciò cui mirano, sono apparsi sotto l'aspetto di timidi borghesi, mentre gli antiautoritari che non han fatto nulla ancora di ben grave fuorché nella parola, appaiono come un'associazione di masnadieri. Talché si possa prevedere che qualunque sia per essere la parte che trionfi, sarà per preteso vantaggio loro comune, a pregiudizio degli ordini sociali vigenti.

Non mi occuperò qui degli aneddoti delle due ragunate né del contegno che vi ebbero alcune donne straniere impazienti dei vincoli che le leggi e la morale loro impongono dovunque e che dopo aver fatto derrata di se stesse in tutti i mercati corrono svergognate a predicare nei congressi, i principi ch'esse hanno già posto in atto. Tacerò pure delle manifestazioni che gli operai ginevrini, onesti e timidi hanno fatto in ispregio degli autoritarii e degli antiautoritarii.

Il Cavalier Gambini che deve, se non personalmente almeno pel mezzo di qualche suo confidente, aver assistito alle tornate dei due Congressi, avrà reso consapevole codesto Ministero della attitudine che vi hanno tenuto i Delegati delle Sezioni Italiane dell'Internazionale.

Essi non sembrano essersi segnalati, né pei loro discorsi né pei principi che han dichiarato professare le sezioni che rappresentavano. Devo però notare che coloro i quali governano dal Giura lo scisma della associazione, presentano come loro principale forza le sezioni Italiane, dalle quali sperano trarre se non argomento di forza, almeno qualche contributo pecuniario per le modeste gozzoviglie del Direttorio che finora ha avuto stanza a Sonvilliers.

Il Presidente della Confederazione che, a mia istanza aveva invitato il Governo Ginevrino a vigilare su quanto si facesse nelle due adunanze mi ha mandato testé gli allegati rapporti speditigli da Ginevra e che io trasmetto in copia a V.E. (l). Da tali documenti si può inferire del conto che il Governo di quel Cantone fa degli aderenti ai due Congressi. Si scorge, d'altronde dai rapporti compilati evidentemente da impiegati subalterni della polizia ginevrina, come colà dall'alto al basso l'opinione pubblica, sui tentativi dei Socialisti, non si diversificasse.

Mi sono rivolto ai miei Colleghi del Corpo Diplomatico per sapere da essi quanto gli agenti che i Governi rispettivi mantengono a Ginevra, avessero loro scritto in questa occasione e ne ebbi per risposta che essi non ne sapevano nulla di più che quanto i giornali di Parigi, e dopo questi il giornale di Ginevra e la Gazzetta di Losanna, avevano riferito.

Non so quale sarà in avvenire il frutto che le dottrine socialiste possono produrre alle società moderne, ripeterò solo che in !svizzera, antico centro da dove esse si propagavano nel resto dell'Europa, hanno cominciato a perdervi il prestigio da cui erano circondate, a misura che vennero ad esser conosciute per l'opera di questi Congressi oramai interamente screditati.

99

APPUNTO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(B C B, Carte Minghetti)

...(2).

Conversazioni avute con Moltke a pranzo il 22 e 23 settembre in Berlino, e nella gita a Potsdam il 24 che passammo tre ore noi due soli insieme.

Io ho condotto il discorso sul tema delle fortificazioni, e della grande spesa che avrebbero recato in Italia. Ho accennato allo sbarramento delle Alpi, e ad alcune opere che mettessero Roma al sicuro da un colpo di mano.

Il Moltke senza entrare in particolari ha sostenuto con molto vigore la

tesi che non dovevamo assumere l'impresa di molte fortificazioni. Oltre il costo loro essi occupavano di necessità una massa di truppe che può essere maggiormente utilizzata prendendo l'offensiva noi abbiamo dic'egli abbandonato moltissime fortezze perché se avessimo voluto presidiarle tutte avremmo dovuto impiegarci ben 264.000 uomini. Abbiamo conservato solo le fortezze di frontiera e qualche piazza interna come punto di riunione. Però se gli eventi europei si presentassero a lunga data, vi sarebbe anche il caso di discutere un piano di fortificazione. Ma la questione è di due o tre anni non di più.

Qui il Moltke espose con molto convincimento e risolutezza il pensiero, che il popolo francese è irrequieto, e già anela alla rivincita e non tarderà a ritentarla. Su questo punto il Moltke è così persuaso che non lascia luogo a disputazione. Per lui i francesi fervono già di tornare alle armi, e lo faranno al più presto. Or bene, soggiunse, il più presto è il meglio. E quando vi sarà la guerra noi dobbiamo marciare entrambi sulla Francia decisamente, e fare una guerra offensiva con un punto prossimo di riunione.

Debbo dire che questo concetto mi sembra comune a tutti i maggiorenti di Berlino. Lo ha espresso l'Imperatore col Re, lo ha udito Visconti da altri, ma il Moltke ne è il più convinto sostenitore.

Avendo io detto che la nostra organizzazione era di 300 mila uomini di prima linea 200 di riserva e 100 di complemento, il Moltke trovò che era adattato alla nostra condizione e popolazione. Quand'anche abbiamo nel caso sopraindicato 200 mila uomini disponibili, sarebbe già un esercito di molta importanza. E avendogli io detto che il costo del nostro esercito spesa ordinaria era di 165.000.000 di lire, trovò questo bilancio ragionevole; pur dissuadendo da spese straordinarie in fortificazioni.

Nella seconda conversazione mi ha ripetuto a un incirca le medesime idee,. ed ha soggiunto: la sola cosa che mi rincrebbe nella guerra del 1870 fu che: voi non rivendicaste Nizza. Ma pazienza! Lo farete quest'altra volta.

Da tutto il suo discorso apparisce che la Prussia è pronta in tutto e per tutto ad entrare in campagna.

La terza e più lunga conversazione nella quale mi parlò molto della guerra del 1866 e del 1870 non diede luogo ad idee nuove, ma sviluppò sempre con molta tenacità gli stessi concetti, e soprattutto quello che non bisogna aspettare che l'inimico ti entri in casa, ma assalirlo e portare l'attacco in casa sua. E che però in caso di guerra noi dovremmo darci la mano in Francia in un luogo che non precisò ma credo che nel suo pensiero sia Lyon. Parlando della pace colla Francia disse che Metz era assolutamente necessario alla difesa della Germania, tuttoché la Lorena sia Francese mentre l'Alsazia è tedesca e lo diverrà ognor più. In questa parte adunque era una rivendicazione nazionale nella prima era una necessità militare. Ma il concetto di Moltke è che le condizioni della pace sono state troppo miti perché lasciano alla Francia la possibilità di una rivincita che secondo ll~i sarà tentata in brevissimo tempo.

(l) -Nòn si pubblicano. (2) -Questo documento ed i due seguenti sono privi della data di redazione. Si inseriscono qui in considerazione del loro contenuto.
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APPUNTO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(B C B, Carte Minghetti)

... (1)

Conversazione col Principe Bismarck il dì 25 Settembre 1873 a Berlino.

Siccome il Principe non era venuto al ricevimento del Re, e giunse solo

iersera così la prima parte del colloquio volse intorno alle cause del suo ritar

do, e allo stato della sua salute. Egli ha dolori ischiatici che gli impediscono

di stare in piedi, donde segue che deve evitare di andar a corte dove lo stare in piedi è necessità. Egli dice che questi dolori datano da una cura sbagliata a Pietroburgo. A Berlino si dice che è gotta. In questi ultimi giorni ne fu travagliato aspramente. Però non voleva mancare, ed oggi può liberamente dedicarlo a me ed a Visconti, domani spera di esser ricevuto da Sua Maestà, e non mancherà al pranzo di de Launay.

Dalla sua salute passò a parlare delle cure e delle fatiche del governo. Egli non potrà reggere alla mole di esse, e la Presidenza del Consiglio ha anche questo inconveniente gravissimo che ogni ministro agisce quasi del tutto indipendentemente, cosicché alla responsabilità esteriore non corrisponde una direzione efficace. Ciò che egli può serbare è il ministero degli affari esteri, e la cancelleria dell'Impero.

Come siete contenti di Keudell? Questa fu la sua dimanda. Ed io risposi che ne eravamo contentissimi. Mi fa gran piacere, soggiunse, imperocché la nomina di Keudell esce dai metodi ordinarii e dagli avanzamenti gerarchici. Non si suol scegliere un Relatore al ministero per farne un ministro all'estero. Io dunque concluse sono interessato vivamente al buon successo di Keudell, perché la esperienza confermi questa massima da me introdotta.

N o n ricordo bene come la conversazione di qui passasse all'Austria. II Principe passa con facilità da un soggetto all'altro, e la sua forma netta e incisiva richiede molta attenzione nell'ascoltarla. Comunque le idee da lui espresse su questo punto furono le seguenti. La Germania riguarda il Conte Andrassy come amico, e se ne fida pienamente, tantoché per essa la sua posizione è un'arra delle buone relazioni fra i due paesi. Disse a Visconti: La présence de Andrassy est le thermomètre de nos bonnes relations etc. Laonde finché rimane al Governo vi sarà completa intelligenza fra i due Imperi. Ma ciò può mutare da un momento all'altro. L'Austria è nota storicamente per avere avuto una politica che si chiamava dei confessori. Questa potrebbe risorgere, e l'Imperatore può mutare da un giorno all'altro. L'Impero germanico ha molti nemici alla corte di Vienna. Poniamo che le elezioni dirette portassero al Parlamento una maggioranza troppo accentuata nel senso liberale: codesto darebbe probabilmente luogo a una revisione in senso opposto. Chi ci garantisce dal ritorno di un Hohenwart o simigliante? E come in tale dubbiezza fare assegnamento sull'Austria? Certo, disse spiccatamente il Cancelliere, io preferirei una combinazione a tre, ma quando ciò non sia possibile bisogna intendersi a due. Concetto confermato anche a Visconti.

Io risposi che l'Imperatore d'Austria in questo momento mi pareva ben ·disposto. Che da quanto mi aveva detto l'Andrassy, e dalle parole pronunziate dall'Imperatore stesso dovevo indurne che egli accettava pienamente i fatti compiuti tanto dal lato dell'Italia quanto dal Iato della Germania. Che io avevo posto sempre la questione in questi termini e in questi termini era stata accettata. Svolgendo le mie idee a Vienna rispetto a noi io avevo detto che consideravo la fine del potere temporale come irrevocabile, e la situazione attuale del Papato come definitiva, e che mi si era risposto tale considerarsi ·dall'Imperatore e dal suo ministro. A conferma delle parole citai anche l'ultimo episodio del Monsignor Nardi.

Il Principe Bismarck disse che credeva che tale fosse lo stato delle cose

al presente, ma che dubitava dell'avvenire. E se l'Austria adottasse una poli

tica clericale, sarebbe questo il trait d'union fra essa e la Francia.

Quanto al Papa parliamo, disse, come se fossimo maomettani, lasciamo

da parte la vostra qualità di cattolico la mia di protestante, e giudichiamo da uomini politici. Io non ho ancora formato una opinione ben netta e chiara se la potenza del Papa di Roma fosse un bene o fosse un male. Quindi ·enumerò le ragioni per reputarla un bene, e soprattutto la diminuzione del suo prestigio in Germania. Il Papa veduto da vicino non avrebbe più l'autorità che ha al presente. Ha bisogno del piedistallo di S. Pietro per grandeggiare. A Visconti disse: Il Papa veduto da vicino è come una goccia d'acqua fra due

vetri veduta al microscopio: rivela una miriade di brutte bestie.

Quanto al partito clericale in Germania esso è decisamente antinazionale,

e la Francia per questo lato può avere un'azione sopra di esso. Perciò non

cesseremo dal combatterlo. Noi non ci occuperemo aggiunse del Conclave

lasciamo che i Cardinali faccian come e quanto vogliano. Solo ci riserviamo

di esaminare se dobbiamo o no riconoscere la legittimità del nuovo Papa.

E qui venne a dire come per mezzo dell'episcopato francese sin da quando

reggeva Thiers, gli fossero fatte le maggiori offerte, se avesse voluto proteggere

la causa del Papa. Ed egli aveva rifiutato.

Thiers era un uomo di buon senso. Aveva le sue passioni ma sapeva

dominarle. Soprattutto non si lasciava trascinare dai clericali. Questi che gover

nano ora saranno indubbiamente trascinati oltre la loro volontà. Essi non

possono fondare il loro programma che sull'avversione alla Germania prote·stante e sulla difesa del Papato contro l'Italia.

E qui venne alle strette. Non bisogna disse lasciarsi intimidire, aver confidenza in se stessi, non fare concessioni perché una ne trascina un'altra, e quando si vegga inevitabile l'attacco non lasciarsi venire addosso il nemico, ma assalirlo pel primo. Questa disse è la mia massima in ogni caso, e insistè

vivamente sopra di essa. Con Visconti disse: • Avec la France il faut etre poli et froid comme l'acier •. Io risposi esponendo la politica del Governo nella questione Romana in questi tre punti.

L'Italia ritiene come irrevocabile il fatto compiuto, non ammette che

altre nazioni s'ingeriscano su questo punto, non potrebbe neppure accettare

una discussione che gli fosse proposta sulla condizione del Papato.

L'Italia ha regolato la posrzwne del Papa colla legge delle garenzie, e con quella dell'abolizione delle corporazioni religiose. Il Governo non intende né modificarle né proporre altre leggi sulla materia.

Il Governo italiano intende di eseguire fermamente e lealmente queste leggi usando però al Papa tutti i riguardi che sono compatibili con esse leggi. Questi riguardi ci sono imposti dalle nostre dichiarazioni precedenti, dal desiderio del Re e dalla utilità stessa politica. Quanto al non fare concessioni di sorta, la nostra fermezza sarebbe stata tanto maggiore e più salda quando avessimo avuto la certezza di essere sostenuti.

Il Principe di Bismarck mi parve approvare le idee da me esposte, e quanto al sostenerci disse: La Francia voleva ingerirsi nella questione religiosa in Svizzera. Io ho dichiarato che non lo avremmo permesso, e che la Germania era pronta ad andare per ciò sino alla guerra. Tanto maggiormente lo farebbe per l'Italia.

Qui però il Cancelliere espresse un dubbio. Se io fossi certo disse che il Signor Minghetti resta al potere sarei pienamente tranquillo ma i ministri in Italia sembrano desiderare soprattutto di essere mandati via o almeno cedono il campo facilmente e senza resistenza. Codesto è un grave inconveniente esso non permette di fare una politica seguita e sicura. In Prussia al contrario voi siete sicuri della stabilità dell'indirizzo politico. Io, disse, ho molti nemici dovrei per la mia gloria e per la mia salute desiderare di uscire dall'ufficio, ma sono ancora fresco d'età, la mia vita pur non oltrepassando i settant'anni ha anche molto tempo da vivere e da governare. Se io apprezzassi sopra tutte le cose la gloria, disse, avrei desiderato di morir due anni fa. Ma sono col mio amico Falstaff; non do alla gloria importanza maggiore di quel che valga.

Anche disse che il Re una volta era poco benevolo all'Italia, e non aveva simpatia pel Re. Ma ora è interamente mutato.

Il principe Imperiale vi ama e la Principessa celle là est tout à fait de votre bord. E certo sin che il Re attuale vive non mi leverà di seggio, ma quand'anche accadrà la sua morte, il Principe mi conserverebbe alla direzione degli affari, e se per ipotesi che egli non concedeva, ciò non si verificasse, pur nondimeno la politica prussiana non muterebbe indirizzo.

Parlando della sua posizione disse. lo dovrei ringraziare il Generale La Marmora del suo libro: esso mostra apertamente per tutti i miei discorsi che io riconosceva nel Re il tedesco il più fermo, e il più avverso a trattare anche solo della cessione di un pollice di territorio nazionale. Io stesso non ho mai consentito di farlo. Ma da principio nel 1866 non ho creduto bene di vantarmi di ciò, ho lasciato che i francesi lo credessero possibile. Ci si voleva ingannare à corsaire corsai1·e et demi, ma io non promisi mai ciò che non avrei voluto,

mantenere. Frase di Govone le bon Dieu est capricieux fu detta in questo connesso e lo ricordo bene io dissi le dieu des batailles est capricieux.

Nel discorso manifestamente si vedeva la sua ira contro La Marmora. Ma come potete voi permettere che un generale faccia una simile pubblicazione, senza punirlo? Come non avete leggi che vietino simili pubblicazioni. Imperocchè esse sono un delitto, hanno il loro nome tecnico e questo è

trahison.

Risposi che la pubblicazione di Lamarmora era stata biasimata da tutti, anche dai suoi amici, che il Generale non apparteneva più all'esercito ed era un cittadino privato, infine che noi non avevamo leggi speciali contro di ciò.

Sta bene ma almeno il Re avrebbe dovuto mostrare la sua disapprovazione. Del resto debbo dire che anche il mio amico Usedom metteva troppo nero sul bianco, e voleva fare lo stratega.

Il discorso sul libro di Lamarmora lo condusse sul terreno della storia passata, e qui entrò a dire che l'Imperatore era molto più buono di cuore e molto più corto d'intelligenza che non fosse giudicato universalmente. Che la guerra era stata spinta dall'Imperatrice e dalla sua camarilla (Io ho creduto bene di accennare al discorso fatto dal Re il primo giorno coll'Imperatore).

La guerra di Crimea disse fu un errore dell'Imperatore. E fu un errore anche la guerra d'Italia. Al punto di vista francese la creazione di un forte stato diveniva per lui un pericolo. Creando l'Italia, egli faceva la politica della Germania.

Poi venne a Benedetti. La storia della mia proposta sul Belgio è falsa. La proposta venne da loro, ed io invero non negai. Non negai perchè ritenevo che l'Inghilterra e le altre potenze garanti della neutralità del Belgio vi si sarebbero opposte. All'ultimo mi vi sarei opposto io stesso. Ripetè che aveva lasciato credere ai francesi ciò che speravano parendogli opportuno

in quel tempo, ma che quando dopo la vittoria di Konigswart vollero intavolare la questione di cessioni di territorio, egli rispose recisamente a Benedetti eh bien? ce sera la guerre avec la France. Che poi la proposta del Belgio venisse dai Francesi lo prova che noi possediamo la bozza di quel progetto con cinque o sei modificazioni al lapis di carattere dell'Imperatore ripetuto poi a penna di carattere di Rouher. Queste carte furono trovate con molte altre alla villa di Rouher in Francia, e bastano a giustificarmi pienamente.

Poichè tutta questa parte storica fu esaurita, io cercai di ravviare il discorso alle condizioni attuali e future dell'Europa. Gli dissi che S. M. il Re aveva detto o voleva dire (non ricordavo bene) queste parole all'Imperatore

• Vostra Maestà può contare sopra di me, come io spero di poter contare sopra di Lei » e che in queste parole scambiate fra due sovrani mi pareva di scorgere la maggiore e più salda guarentigia dell'avvenire. Il principe di Bismarck ne convenne.

Il Principe di Bismark crede decisamente che la Francia vorrà la rivincita contro la Germania, e che non tarderà guarì a volerla.

Che la politica francese sarà improntata dal sentimento della difesa del Papato, e quindi contraria all'Italia. Noi abbiamo dunque interessi comuni, noi dobbiamo stare fermamente uniti, e se la Francia vi minaccia o vi assale noi vi difenderemo immantinente. Ma non bisogna aspettare di essere assaliti: bisogna quando la guerra sia inevitabile assalire pei primi, portar l'attacco nel territorio nemico. Questa è la mia massima tornò a ripetere e questo metteremo in pratica all'occasione.

Poichè egli ebbe detto ciò molto esplicitamente e fermamente si volse a me e disse.

Io vi ho detto tutto il mio pensiero. Non è al ministro è al gentiluomo che ho parlato: io son certo di voi vous ne me lamarmorisez pas. La parola mi fece fare un atto forse involontario, ed egli seguitò senza !asciarmi parlare. Il Re dei Belgi una volta conversando meco mi disse queste parole: Io vi chieggo la promessa che voi non farete mai nulla contro il Belgio: Sire, gli risposi, vi sono i trattati che lo guarentiscono. Sta bene i trattati replicò il Re, ma io preferisco la vostra parola ed io gliela diedi. Io spero che voi avrete in me pari confidenza che ebbe il Re dei Belgi.

Così finì questa importante conversazione nella quale in mezzo alle assicurazioni le più spiegate, appariva sempre un poco d'orgoglio quasi dicesse.

Noi siamo forti abbastanza da noi, e la nostra parte è piuttosto quella di ac

cordare che di chiedere soccorsi.

(l) Cfr. p. 99, nota 2.

101

APPUNTO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(B C B, Carte Minghetti)

........(1)

Discorsi passati fra il Re, e l'Imperatore ed il Principe Imperiale.

Il Re trovò modo di insinuare che egli veramente aveva veduto con rincrescimento la caduta di Napoleone III che aveva per lui dei sentimenti di gratitudine e di amicizia. Io provai diss'egli molta pena a dovermi rifiutare alle sue iterate istanze, ma non potevo seguirlo avendo egli provocato la guerra. Entrò anche abilmente nel discorso dei precedenti negoziati, e delle disposizioni che aveva avuto coll'Austria a formar una triplice alleanza pel mantenimento della pace. Ma questo trattato fu firmato? gli chiese l'Imperatore. No rispose il Re se ne discorse molto ma non si venne a conclusione.

Il Re fu colpito dalla diffidenza che si ha in corte verso l'Austria. Si vor

rebbe averla amica, ma si teme che un giorno o l'altro prevalgano le sue

antiche tendenze, divenga francese e clericale.

Il discorso col Principe Imperiale riguardò l'avvenire. Furono scambiate

molte parole di affetto fra le due dinastie e di stretti vincoli fra i due popoli,

ma il Principe accentuò la parte che per essere uniti non accorrevano nè

trattati nè formali promesse.

Alla caccia il Re nella conversazione disse all'Imperatore queste parole Vostra Maestà può contare sopra di me, come io spero di poter contare sopra di Lei. L'Imperatore rispose mostrando la necessità di stare uniti poiché avevamo interessi comuni, ma non formulò la sua risposta in modo categorico e preciso.

6 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. V

Però ogni giorno di più l'Imperatore si mostrava aperto e intimo. Dopo la venuta di Bismarck, l'ultimo giorno l'Imperatore disse al Re queste parole:

• I nostri interessi sono comuni e noi dobbiamo difenderci concordemente in qualunque evento •.

S.M. il Re mi ha detto che il Principe di Bismarck fu ancora più esplicito. Ebbero luogo fra loro delle spiegazioni. Il Re parlò fermo delle ultime trattative colla Francia, Bismarck non negò affatto che avessero pescato di già nel torbido in Italia, quando c'era pericolo che l'Italia fosse alleata della Francia. Però disse reputo che i due paesi dovranno stare uniti, e che se la Francia assalisse l'Italia l'Allemagna avrebbe preso le armi per lei. Anzi andò quindi oltre colle teorie di Moltke che se fosse stata inevitabile la guerra la Germania e l'Italia dovevano attaccare le prime.

Il Re mi ha ripetuto che era stato contentissimo del suo colloquio col Bismarck e ne aveva riportato la convinzione che l'Italia non sarebbe certo lasciata sola nel pericolo.

(l) Cfr. p. 99, nota 2.

102

IL MINISTRO A PARIGI. NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2163. Parigi, 27 settembre 1873 (per. il 30).

Ieri mi recai, come al solito, all'udienza settimanale del Duca di Broglie,

S. E. parlò meco del viaggio di S. M. il Re in termini di conveniente riserva e mi fece notare che l'Ambasciatore di Francia in Vienna, Marchese di Banneville, benché in procinto dì partire, aveva avuto 'l'istruzione di rimanere al suo posto fin dopo il passaggio del Re, e che l'Ambasciatore di Francia in Berlino sarebbe stato egualmente aJ suo pooto durante il soggiorno di Sua Maestà, se la malattia di suo figlio non l'avesse forzato a partire in fretta.

In questa udienza e nella precedente, uniformandomi alle istruzioni della

E. V. e senza entrare in spiegazioni particolari, dissi al Duca di Broglie che il viaggio di Sua Maestà a Vienna ed a Berlino non aveva, nel pensiero del R. Governo, nessun carattere ostile ana Francia. II Duca di Broglie mi rispose che il Governo francese aveva interpretato il viaggio in questo medesimo senso.

Nella riunione ,ch'ebbe luogo a Versaglia jer l'altro, dopo la seduta della Commissione di permanenza, alla quale intervennero circa cinquanta membri tra legittimisti e membri del centro destro, sembra che siaiSi stabilito un perfetto accordo sul,le basi seguenti: monarchia tradizionale, liberale, costituzionale, risponsabilità ministeriale e bandiera tricolore. Il linguaggio tenuto a me dal Duca di Broglie, benché sia in generale riservato in questioni di questa natura, fu assai esplicito nel medesimo senso. Le notizie portate da Frohsdorf sono considerate dai membri di destra e di centro destra come abbastanza favorevoli. Sembra che l'intenzione di questi membri sia oramai di proporre all'assemblea la ristorazione sulle basi predette, senza provocare altre dichiarazioni del Conte di Chambord, e di non rinunziare alla monarchia, anche se il Conte di Chambord ,credesse di non poter accettarla nelle condizioni richiesste. In quest'ultimo caso, il progetto di questo partito sarebbe, pur sembra, di far proclamare la monarchia, di regolarne ,le condizioni, e di nominare, in assenza del Re, un reggente o un luogotenente.

Non occorre notare che finora tutto ciò non ha ,che il ,carattere di progetto. Però il lavoro per farle riuscire 'in questa o in altra simile fovma, è attivo ed assiduo.

103

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, DE BOCCARD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 369. Tunisi, 30 settembre 1873 (per. il 5 ottobre).

·In attesa dell'arrivo dell'eg,regio Titolare, Comm. Pinna, mi attengo strettamente ane istruzioni che l'E. V. si compiacque impartirmi colJ.'ossequiato Dispaccio n. 143, presente sevie, del 18 ,corrente (1), riferentesi aUa Banca tunisina.

Continuo in una politica di mera osservazione evitando qualsiasi impegno

che possa menomare nella vertenza insorta la libertà d'azione all'Agenzia di

Sua Maestà.

Intanto ho l'onore di sottomettere all'E. V. ,lo stato odierno della quistione.

Il V:isconte di VaHat 'Si è dichiarato opposto all'instituzione di qualsiasi banca anonima nella Tunisia, rinforzando così n partito della Commissione Finanziaria e del Ministro Dirigente Kerredine contro il Kaznadar il quale è, pare, prossimo a cadere in disgrazia del Bey.

La differenza tra il Signor Cesana e gli altri membri del Comitato di Controllo della Commissione Finanziaria sembra per ora tacitarsi senza l'invocato intervento del Governo LocaLe e dei tre ConsoLi, Rappresentanti le Potenze garanti.

Quanto alla London Bank of Tunis esistente di fatto, esiste ,in forza della

primitiva hamera del Bey, che il Console Wood intende di far valere, egli non

domanda punto una autorizzazione od un riconoscimento più esplicito; malgra

do la più viva opposizione della Commissione Finanziaria la Banca Inglese fun

ziona ed il Bey né osa ritirare la parola data al W ood, nè ha forza d'impedire

l'esistenza dell'Instituzione conceduta.

Per quanto mi consta dalle più attive ed intime ricerche la London Bank of Tunis non è succursale di verun altra, vive di vita propria e dev'essere €lsclusivamente sottomessa alla giurisdizione inglese.

Essa non ha statuti (se non chè segreti fra i soci, che ne regolano l'ammini,strazione interna) ed H Signor Wood non intende sottoporre al Governo Locale ed esporre al pubblico altro che la Circolare 5 settembre, di cui ebbi l'onore di trasmettere copia all'E. V. col mio precedente rapporto n. 365 presente serie (2).

Quanto poi all'invocare da parte nostra il trattamento della Nazione più favorita, osta anzitutto il non aver noi sin qui nè l'Amera nè Ja parola del Bey, vi osta J'art. 18 del Trattato Italo Tunisino e l'essere stati respinti gli statuti presentati dal Signor Cesana al Governo Locale. In ultimo credo che potremo invocare bensi il trattamento della Nazione più favorita per ottenere legale esistenza alla Banca Italo Tunisina qualora sia accordato assoluto ed esplicito riconoscimento alla Banca Inglese, ma che :la sola sua esistenza di fatto in forza d'un diritto acquisito sì, ma pure tuttora contestato, non stabilisca a parer mio, quel precedente che potrebbe essere validamente addotto per la regolare instituzione in Tunisi della Banca Italo-Tunisina.

(l) -Cfr. n. 92. (2) -Cfr. n. 80.
104

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI. NIGRA

D. 478. Roma, 2 ottobre 1873.

La ringrazio di aver segnalato alla particolare attenzione del Ministero lo spregevoJe articoio ,comparso nel Figaro colla firma del Signor St. Genest. Il tenore di quest'articolo sarebbe per certo meritevole di una repres1sione esemplare nelle vie giudiziarie. Malgrado però questa prima impressione, la quale del resto va ripetendosi troppo spesso in questo periodo di ,insensate intemperanze nel linguaggio di certi giornali francesi, il Governo del Re è d'avviso che sia cosa più savia H non darsi per intesi di queste ingiurie scagliate contro di noi dai nostri nemici. È senza dubbio a deplorarsi che il contegno di alcuni giornali :lirancesi provochi da parte dei giornali italiani risposte imprudenti e sorga così una polemica dannosa ai buoni rapporti che desideriamo di mantenere colla Francia. Ma il farci a chiedere delle riparazioni e dei provvedimenti per questo titolo, porrebbe il Governo di Sua Maestà nel dovere di esercitare esso pure sulla stampa italiana una sorveglianza che le nostre leggi di libertà renderebbero malagevole e spesso inefficace. D'altra parte poi l'intraprendere una azione giudiziaria contro il ,giornale offensore, potrebbe generare l'inconveniente così frequente in simili casi di mettere in rilievo parole che certamente sfuggirono all'attenzione del maggior numero e miglior avviso, come già Le dissi, sembra quello di serbare il silenzio anche in questo caso.

105

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. Roma, 2 ottobre 1873.

Sono da ieri reduce in Roma. Il viaggio del Re ebbe un felice successo. L'accoglienza fu più ,che cortese, cordiale da parte della popolazione di Vienna e più ancora di Berlino ove fu notevole per un interesse, e un entusiasmo non consueto in quella popolazione. H Re produsse personalmente una buonissima impressione sui due Sovrani d'Austria e di Germania, sui membri delle due famiglie e tsu quanti l'avvicinarono. La prima volta ·che avrò il piacere di vedervi vi narrerò i particolari di questo viaggio, ora non voglio tardare a mandarvi qualche riga per ·riassumervi in breve il suo risultato politico.

A Vienna il linguaggio tenutoci dall'Imperatore e, entrando, come era naturale, in maggiori particolari, dal Conte Andrassy fu quanto si poteva desiderare franco ed e,splicito nel 'senso del riconoscimento dei fatti compiuti in Italia. Il Conte Andrassy ci disse apertamente che quanto era avvenuto in Italia, compreso a Roma, era definitivo per l'Austria, che egH era ben deciso a non crearci alcuna difficoltà e a resistere alle pretese dei clericali rispetto a noi, perché le buone relazioni coll'Italia e l'accordo dei due Stati rappresentavano per l'Austria Ungheria un interesse superiore. Mi parlò dei .sentimenti personali dell'Imperatore e della convenienza che vi era anche per noi, in un interesse comune che era quello dell'indirizzo Hberale della politica Austriaca, di avere alcuni riguardi in talune questioni •speciali e di far prova di moderazione, ma mi aggiunse che quand'anche avesse dovuto rivolgerei qualche raccomandazione lo avrebbe fatto in modo ·confidenziale e ·come uno scambio ufficioso di idee, così che i rapporti rimanessero inalterati qualunque fosse l'esito deHa questione. Mi aggiunse che si 1sarebbe astenuto da qualunque azione diplomatica sugli affari di Roma concertata con altri e specialmente colla Francia, perchè egli sapeva per quanto riguarda il Papato quali erano i limiti della sua politica, mentre il Governo francese, anche ai tempi di Thiers, non si era mai espresso in modo esplicito per la questione del potere temporale. Per la eventualità del Conclave, mi disse ·che il programma del Governo Austriaco era -un Papa moderato -il

Conclave riunito a Roma -soggiungendo che il Governo austriaco disapprovava

e avrebbe, per quanto poteva dipendere da lui e presentandosi la occorrenza,

decisamente scoraggiati i progetti di riunire il Conclave fuori d'Italia, perché

prevedeva le conseguenze ·che ne sarebbero poi derivate. Nel tempo stesso

consigliò al Governo italiano di non lasciare sfuggire occasione per mostrare le

assolute guarentigie di libertà, di 1s:icurezza, di rispetto che ·la r-iunione del Con

clave avrebbe trovato in Roma. Il Conte Andrassy mi disse ancora che in seguito

ai colloqui e alle visite dei tre Imperatori, non vi era stato nulla di scritto, ma

solo degli accordi morali in favore della conservazione della pace e specialmen

te degli impegni morali e delle assicurazioni reciproche fra i Sovrani per quelle

questioni che potevano turbare fra essi l'accordo e la fiducia e in special modo

per quelle che si riferivano alle propagande germaniche, slave e polacche. Infi

ne il Conte Andrassy insistette vivamente sulla solidarietà degli interessi gene

rali fra l'Austria e .l'Italia e come I e condizioni attuali dell'Europa consigliassero

in special modo ai due Stati un leale e ,intimo accordo. 11 Conte Andrais:sy non

mi parlò per altro di alcun speciale impegno dell'Austria verso di noi in vista

di date eventualità, all'infuori di quelli che vi ho riferiti, e se H linguaggio che

udimmo a Vienna fu, .come vedete, del tutto quale si poteva desiderare, debbo

anche soggiungere che lo stato delle cose in Austria non dà ancora alla politica

rappresentata dal Conte Andrassy il carattere e la stabilità d'una tradizione; la

sua durata è una probabilità, ma non possiede delle guarentigie assolute di continuazione contro uno di quei mutamenti di indirizzo di cui vi fu in Austria più di un esempio recente e che si spiegano colle incertezze della situazione interna e col contrasto di influenze diverse e di forze divergenti.

Ad ogni modo abbiamo acquistata la convinzione •che, per lo meno finché dura al potere il Conte Andrassy possiamo contare sulla politica che vi esposi e il viaggio del Re vi avrà esevoitato una wssai utile influenza.

A Berlino, come v'è facile il supporre, ciò che poteva riuscire dubbio non era certo di trovarvi un linguaggio e delle assicurazioni favorevoli a noi pel potere temporale e per la questione pontificia. Non potrei ora riferirvi le lunghe conversazioni che Minghetti ed io ebbimo col Principe di Bismarck e quelle che avemmo coll'Imperatore, e col Principe Imperiale e con varii personaggi politici. Ve ne riassumo il risultato.

Non abbiamo offerto e non ci fu prQPosto alcun impegno formale e scritto. Abbiamo acquistato il pieno convincimento che, nel ·caso che la Thancia attaccasse J'Itaiia, noi potremmo contaére sull'appoggio morale e anche materiale della Germania. Abbiamo dichiarato a Berlino che la politica italiana era una politica di conservazione e di pace, che per questo appunto, d pareva deside;rabile un accordo morale coll'Austria, il P.rincipe di Bismavck si dichiaérÒ pure favorevole a questo concetto, ma non ha piena fiducia nella stabilità dell'attuale indirizzo politico in Austria. Mentre a Vienna si crede che la Francia, anche con Enrico V, non farà per lungo tempo la guerra nè pel potere temporale nè per la rivincita, a Berlino si ha la convinzione opposta, la convinzione ferma e universale che la F1rancia fra breve o per l'una o per .l'a,ltra ragione turberà la pace dell'Europa. La Germania è convinta di ciò e si prepara.

Voi potete apprezzare da quanto vi ho detto il risultato del viaggio del Re. Esso risponde, mi sembra, a quanto esigeva la sicurezza internazionale dell'Italia nella situazione attuale e per ·le conseguenze dirette e pvevedibili di questa situazione. Tutto questo è naturalmente per voi solo, ma potrà servirvi di regola.

Quanto al linguaggio da tenere al Governo francese, voi avete .già avuto l'occasione di dire al Duca di Broglie che il viaggio del Re non aveva alcun significato ostile verso la Francia. Se l'occasione vi si presenta ancora voi potete aggiungere che le informazioni che avete ricevuto confermano quanto avete detto. L'Italia, per certo, intende difendere ad ogni costo ciò che ha acquilstato, nè potrebbe !asciarlo porre in discussione, ma la sua è essenzialmente una politica di pace, essa non desidera altro che quello di cui tutti gli Stati, compresa la Francia, sentono il bisogno, vale a dire la conservazione della pace, essa non chiede meglio che di vivere in buona armonia, con tutte le altre nazioni e, in particolar modo, coi vicini e colla Francia, .perché ai l,suoi occhi, non esiste alcuna questione che possa turba·re fra essa e la Francia ·le buone e le pacifiche relazioni. Il viaggio del Re non poteva dunque avere un significato contrario a questa politica che ci è dettata dai nostri interessi e dalla nostra situazione politica. L'anno scorso e quest'anno le visite degli Imperatori di RuSisia, d'Austria, di Germania avevano avuto per conseguenza una specie di accordo morale che

aveva un carattere puramente pacifico e rassicurante per la tranquillità del

l'Europa. Era conforme agli interessi dell'Italia, che essa cogliesse una occa

sione, che d'altronde si presentava naturalmente, per portare la sua adesione a questa entente pacifica e per vederla apprezzata e gradita. Infatti abbiamo avuto la soddisfazione di constatare anche in questa occasione che l'Italia raccolta e tranquilla intorno al suo Re e alla sua antica ·e gloriosa Dinastia è considerata come una potenza che costituis·ce uno degli elementi necessari della pace e dell'equilibrio dell'Europa e rappresenta una guarentigia pei principii d'ordine e di conservazione sociale.

Stavo per chiudere questa lettera quando ricevo il telegramma (l) col quale mi chiedete di partire in congedo. Nell'ultima vostra lettera (2) m'esprimevate il desiderio di potervi incontrare con Minghetti e con me nell'Alta Italia, al nostro ritorno dal viaggio. Tanto Minghetti quanto io eravamo obbligati di renderei subito a Roma, ma forse anche un immediato ·convegno con voi, in un momento in cui tutti ci avevano gli occhi addosso, avrebbe dato luogo a commentarii infiniti. Ma io pure desideravo vedervi e discorrere un poco con voi e stringervi la mano. Io parto questa sera per prendere un po' di riposo e un breve congedo d'una quindicina di giorni che passerò in Valtellina. Al mio ritOTno di là sarò lietissimo di incontrarmi con voi e potremo anche recarci a Firenze dove chiameremo Minghetti, a meno che non veniate voi stesso a Roma. Forse se prima di partire da Parigi poteste lasciar passare un po' di giorni, perché si ammorzi l'impressione diretta del viaggio del Re, e non si voglia vedervi una correlazione col vostro congedo, sarebbe meglio. Ad ogni modo me ne rimetto al vostro apprezzamento. Quando sarete in Italia vogliate solo scrivermi una riga (ValtellinaTirano) perché possa scrivere io pure al vostro indirizzo e combinare il modo di trovarci.

106

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA

D. 151. Roma, 3 ottobre 187 3.

Dall'Incaricato d'Affari della Sublime Porta mi è stato comunicato in copia un dispaccio di S. E. Rascid Pascià in data del 24 settembre e contenente le riserve le più esplicite contro qualunque atto internazionale emanato dai Governi dei Principati sottoposti all'alta sovranità della Turchia, e più specialmente contro le ·convenzioni che quei Governi hanno concluso con estere :potenze.

Ella troverà qui unito una copia di quel documento sul quale Danish Effendi chiamò la mia attenzione domandandomi anche quale opinione il Governo italiano avesse da e.sprimere in proposito.

Constatai il fatto ·che l'Italia non aveva concluso alcuna convenzione con i Principati indicati nella comunicazione della Porta Ottomana e mi astenni del resto dal manifestarre qualunque opinione riguardo alle quistioni di massima a cui la comunicazione stessa si riferisce.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 87.
107

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 302. Therapia, 3 ottobre 1873 (per. il 10).

I dissensi interni che travagliano queste Comunità Cristiane, son più che mai dell'ordine del giorno, ed il Governo della Sublime Porta-ha così ad intromettersi ognora, suo malgrado, in questa ingrata bisogna.

Gare di partito ed ostilità personali si produssero assai vive, in questi giorni, ·in seno alla Chiesa Greca di Costantinopoli. Talune elezioni verificatesi ultimamente di membri del Sinodo Ecumenico diedero motivo a gravi disaccordi in seno di esso ed infine a vive rimostranze presso la Porta contro l'amministrazione civile dell'attuale Patriarca, ca•ldeggiata dagli uni, osteggiata dagli altri. Rachid Pacha riceV"è i deputati dei varii partiti che gli si presentarono e non potè che invitarli a •concordia, prevenendo però i più facinorosi che i,l Governo Imperiale non permetterebbe attentato alcuno ai rispettivi diritti.

L'attuale Patriarca Ecumenico si dimise or ora, e maggior adito rimane così aperto alle ambizioni personali ed alle varie pretese, la conciliazione deHe quali sarà compito non agevole pella Porta, la quale in ogni modo, sia che accordi o che nieghi H ·suo • placet • al candidato ·Che le verrà proposto pella Cattedra Ecumenica di Costantinopoli, si trarrà addo::.so nuovi imbarazzi e novelle ostilità.

D'altro canto il così detto Scisma Greco-Bulgaro non accenna a comporsi,

chè agli anatema della Sede Patriarcale oppongono i Bulgar,i diuturni reclami

e maggiori pretese ogni dì, poggiati al Firmano Imperiale che li costituisce in

Comunità religiosa indipendente.

Nella Comunità poi Armeno-Cattolica, Hassounisti ed Anti-Hassounisti con

tinuano a dilaniarsi in parole e scritti non solo, ma ad oltraggiarsi ancora con at

ti non infu-equenti di violenza. E così ier l'altro ancora, i Capi della Parte dissi

dente, riuniti a Sinedrio a Cadikeni: (sul lato asiatico del Marmara, di fronte a

Costantinopoli), avendo avuto modo d'indurre i Padri Armeni Mechittaristi di

detta località a venir fra loro col nuovo direttore del Collegio Mechittarista

stesso di Cadikeni -inviato testè dal Superiore di Venezia -dichiararono non

solo ad esso direttore che non lo riconoscevano come tale, ma lo ritennero coi

suoi compagni tempo bastante perchè detti Padri ritornati al loro Collegio ne

trovassero le porte chiuse e ricevessero l'intimazione da gente armata che era

visi introdotta a guardia di esso, di doversi ritirare senza più, come fu infatti

loro giocoforza di fare in mezzo alle deri1s:ioni di una folla ostile. Non sarà age

vole alla autorità locale di reintegrarli nel loro istituto senza nuovi scandali.

A veder modo di farla finita con questa questione Hassounista, l'attuale Gran

Vizir e Rachid Pacha inclinerebbero a riconoscere la divisione della Comunità

in due -ma anche l'amministrazione presente esita a farne la dichiaraZ!ione

di fronte al vespaio di nuovi e più forti recriminazioni che tal radicale misura

non mancherebbe di suscitare.

Come JSe non bastasse al Governo Imperiale il cruccio di ogni giorno attutire gli odii senza riuscirvi e d'in:kenare gli ec·cessi dei due partiti della Comunità Cattolica Armena, anche quella ,scismatica della nazionalità stessa si mise in g,iuoco, imitando il rincrescevole esempio, per cui non è raro in questi ultimi tempi, che il braccio Secolare della Porta debba intervenire a ,sedar tumulti ed a rimetter l'o~rdine nelle Chiese e nelle A,Sisemblee dei Gregoriani, divisi fra lo1ro, nelle elezioni alle dignità Ecclesiastiche o civili della Comunità, da ga~re d'ambiziosi o da maneggi d'interesse .privato o di palrtito.

Per tutto che ha tratto a queste delicate questioni non manco di tenermi

nella massima riserva, sapendo di così interpretare le intenzioni dellla E. V.,

non senza però far presente, quando ne può es1sere il caso, la giustizia e conve

nienza che in ogni atto che ad esse si riferisca, si faccia di mantenere illesi i ·diriUi di libertà personale e di coscienza religiosa.

108

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1231. Berlino, 4 ottobre 1873 (per. il 7).

Les entretiens que vous et M. le Président du Conseil avez ellis avec le

Prince de Bis:mal'ck et dont vous avez bien voulu, l'un et l'autre, me rendre

compte, me dispensent pour le moment de vous écrire relativement au voyage du

Roi à Berlin. Je me borne à constater que depuis le départ de Sa Majesté, de

mème que durant ISOn séjour dans cette Capitale, la ,presse AUemande n'a ce,ssé

de relever l'importance d'une visite à laquelle nos ennemis se chargent eux

mèmes de donner la véritable signifkation. L'intimité des rapports entre les

deux Souverains, comme entre les deux Nations, s'eist accrue dans des propor

tions ·conformes à la ,solidarité de nos intérèts, mise plus que jamais en évidence.

Le Secrétaire d'Etat qui gère le Ministère des relations extérieures en

l'absence du Prince de B~smarck, et le Président de .la Chancellerie Impériale,

m'ont exprimé des vues analogues à celles dont vous avez reçu ~la confidence par

S. A. Tout a marché à souhait. Le Roi et son Gouvernement doivent avoir la cons:cience d'avoir fait un ade politique qui peut ètre inscrit en lettres d'or dans'les annales de la Maison de Savoie.

Je joins ici la traduction d'un a~rtide publié par le journal officieux la Corresplondance Provinciale...

ALLEGATO.

Il Re d'Italia lasciò la capitale prussiana venerdì 26 sera per far ritorno diret

tamente nei suoi Stati.

Egli ha potuto partir di qui colla convinzione che il suo soggiorno servì non

solo a consolidare i legami politici, che stringono insieme l'Italia colla Germania,

a rilevare da ogni lato l'alta importanza di questa unione, ma eziandio ad assicurare a Lui personalmente le vivaci simpatie della Corte del nostro Imperatore e della popolazione.

Le manifestazioni di siffatti sentimenti sin dalla dimora del Re in Berlino

hanno trovato un'eco appo le popolazioni d'Italia; e non evvi dubbio alcuno che

il viaggio del Re eserciterà grande e duratura influenza sulle relazioni amichevoli

delle due Nazioni.

109

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI

D. s. N. Roma, 6 ottobre 1873.

Il Ministero degli Affari Esteri si è tenuto informato, per mezzo degli uffici da lui dipendenti in !spagna, del movimento del partito internazionalista in quanto esso poteva trovarsi in relazione cogli aderenti che quel partito ha in Italia. Nelle condizioni presenti della Spagna e nella situazione in cui trovansi le relazioni diplomatiche •Con quel paese, i RR. Agenti dovettero, uniformandosi alle istruzioni del Ministero, andar molto cauti nelle loro investigazioni. Queste non hanno dunque fatto conoscere gran cosa di nuovo, e le info.rmazioni trasmesse da Barcellona e da Madrid non ebbero quasi mai un interesse sufficiente per essere comunicate a codesto Ministero.

Rias1sumendo però la corrispondenza degli ultimi tempi, sembrano al sottosc•ritto degni di attenzione per parte di codesto Ministero i tre documenti che qui si uniscono (l) cioè:

l) la risposta mandata dall'associazione operaia di Bologna ad una circolare del corrispondente ramo internazionalista di Barcellona;

2) l'estratto degli atti del Congresso internazionalista di Cordova;

3) una circolare emanata dal Consiglio federale di Nuova York e dallo stesso diretta ad Ademaro Schwitzguebel, incaricato della corrispondenza del Comitato di Jonville.

I RR. Agenti ai quali furono segnalati i nomi degli italiani partiti per la Spagna con intendimento di associarsi al movimento del partito socialista, non si trovarono in grado di dare informazioni di qualche entità sopra quegli individui. E; stata confermata la presenza in !spagna del Sant'Ambrogio Carlo e del Perazzini Giovanni. Entrambi avevano preso servizio militare, il primo come Ufficiale di Stato Maggiore, l'altro, per quanto sembra, in un battaglione di volontari che operava contro i Carlisti. Il Sant'Ambrogio aveva corrispondenza epistolare con certo Firmino Nerini, ex-Capitano ed <impiegato del Municipio di Roma. Non 1sembra però che quella corrispondenza avesse un carattere politico pericoloso.

Ove al Ministero pervenissero altre informazioni in proposito, il sottoscritto si farebbe premura di comunicarle a codesto Dicastero.

(l) Non si pubblicano.

110

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI

D. s. N. Roma, 6 ottobre 1873.

Quando nel giugno u.p. codesto Ministero comunicava a quello degli Affari Esteri il bollettino della federazione dell'associazione internazionaLe dei Lavoratori per dimostrare l'importanza del centro direttivo stabilito in I1svizzera, il R. Ministro a Berna fece presso il Consiglio federale quei passi che sembravano opportuni per dsvegliare l'attenzione del Governo Elvetico. Fu pe,rò d'avviso quell'Alto magistrato che nel bollettino stesso si avesse a vedere uno dei soliti maneggi coi quali i pochi malcontenti italiani dimoranti all'estero cercano di farsi una clientela in Italia.

Cionondimeno dl Dipartimento di Giustizia e polizia del Cantone di Berna ordinò che si facessero nel distretto di Courtelary, dove sono situati Sonvilliers e St. Imier, delle accurate invelstigazioni, e queste ebbero per risultato il rapporto qui unito di cui Ja R. Legazione a Berna ebbe copia dal Governo federale.

La lettura di quel documento pare rassicurante in questo senso che l'azione che possono esercitare i socialisti del Giura non sembra pericolosa quanto lo sono le dottrine da essi professate.

Risulta poi abbastanza chiaramente che il Governo elvetico fa sorvegliare i più pericolosi aderenti del partito internazionalista, nè perde d'occhio i [uoghi delle loro congreghe abituali.

Essendo poi risultato dalla corrispondenza avuta con altri ufficj all'estero, che le corrispondenze dkette al Comitato ,c,entrale di Sonvilliers isono indirizzate ad Ademaro Schwitzguebel che si intitola incaricato della corrispondenza del Comitato stesso, il Ministero scrivente ha stimato opportuno di segnalare quel nome all'autorità elvetica per mezzo del Rappresentante Italiano accreditato presso il Consiglio federale.

111

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. 117. Roma, 6 ottobre 1873.

Debbo ancora ringraziare V. S. Illustrissima dei passi da Lei fatti presso codesto Governo federale nella occasione in cui io Le commettevo di chiamarne l'attenzione sopra il bollettino della Federazione italiana dell'associazione internazionale dei lavoratori. A ~confermare le dichiarazioni rassicuranti fatte a V. S. verbalmente dal Signor Ceresole, quell'alto Magistrato volle aggiungere la comunicazione del crapporto diretto al Dipartimento di Giustizia di Berna dal Prefetto del Distretto di Courtelary.

Ma,lgrado tali assicurazioni, non ,sembrerebbe però ,che in Italia soltanto si dia una importanza forse esagerata al Comitato direttivo di Sonvilliers. Risultò infatti dalla ,corrispondenza di altri Ufficj che con quel Comitato sono in relazione i corrispondenti rami della Società internazionale di Spagna e degli Stat,i Uniti dell'America del Nord. Sarà dunque una gual'entigia di sicurezza anche per gli altri paesi il sapere che il Governo elvetico sorveglia i principali aderenti del partito dimoranti nel distretto del Giura ed i luoghi delle loro riunioni ordinarie.

A questo fine stimo opportuno segnalarle il nome di Ademaro Schwitzguebel, il quale si intitola incaricato della corrispondenza del Comitato di SonvHliers. All'indirizzo di costui sono spedite le corrispondenze del Comitato di Nuova York.

Ho comunicato al Ministero dell'Interno gli ultimi rapporti di V. S. Illustrissima relativi a questo stesso oggetto e quel Dicastero tse ne mostrò soddisfatto incaricandomi di porgerne a Lei i suoi ringraziamenti.

112

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, DE BOCCARD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. r. 372. Tunisi, 7 ottobre 1873 (per. il 12).

La copia qui unita (l) di risposta del Governo locale al Memorandum statogli indirizzato dalla maggior parte dei Consoli qui residenti in data 6 luglio, e trasmesso all'E. V. col Rapporto n. 353 della presente serie (2), mi è stata comunicata dal Signor di Vallat Console di Francia.

Prima di entrare in merito, ho J'onore di sottoporre all'E. V. che io non ho potuto ravvisare ,conveniente e decoroso per questa R. Agenzia il ricevere in siffatto modo tale risposta del Governo locale. Egli avrebbe dovuto trasmetterne tante copie quanti erano i Consoli rfirmatari del Memorandum, ovvero, ammesso anche che l'originale dovesse essere indirizzato al Console di Francia, questi lo doveva far circolare in originale, non trasmetterne copie autenticate dalla sua Cancelleria, e ricevere noi così pel tramite del Consolato di Francia, di seconda copia una comunicazione del Governo locale di tanto eccezionale importanza.

Ho fatto le mie debite verbali osservazioni, in conseguenza delle quali il Consolato Francese mi fece tenere l'originale che ritornai al medesimo senza indugio dopo riscontrata l'autenticità della traduzione e la ,conformità deHa copia.

Voglio anzitutto avvertire l'E. V. che tale lettera di dsposta ai Consoli è stata scritta di primo getto in francese e non è punto una traduzione dall'arabo.

È il Signor Villet, Vice Presidente della Commissione Finanziaria che l'ha redatta, il Signor Vallat nuovo Console di Francia che l'ha riveduta e S. A. il Bey che l'ha trasmessa a tutti i Consoli per mezzo del Consolato di Francia, eccettuato all'Inglese ed all'Americano (Stati Uniti) che si erano astenuti dal firmare il noto Memorandum.

Di più mi consta che i Consoli, specialmente di Francia e d'Austria, ripetutamente brigarono per .provocare dal Bey una xisposta nel senso che ci è 'stata comunicata, e ~che la medesima è riuscita di piena ~soddisfazione degli altri Consoli firmatari del Memorandum.

L'E. V. rHeverà di prima fronte come essa Rtsposta contenga una flagrante violazione del Trattato Italo-Tunisino, vietando, contrariamente al disposto dell'art. 18, ogni e qualsivoglia società anonima.

Io non posso credere ·che i predetti Signori Consoli siena stati autorizzati dai rispettivi loro Governi a consigliare al Bey di denunciare ed infrangere il Trattato coll'Italia, di restringere la J.ibertà commerciale della Tunisia, e d'impedire questo Paese, che già travasi in sì deplorabili circostanze di rialzarsi valendosi di quelle istituzioni che sono la maggior sorgente di l'icchezza per tutte le altre Contrade, ed al riguardo delle quaU ·colla Ministeriale n. 20 affari in genere, del 9 Novembre 1858 diretta a questo Consolato così esprimevasi il Conte di Cavour:

• Continui la S. V. a far opera conciliatrice nelle divergenze che si vanno manifestando tra i Consoli Inglese e Francels,e circa il progetto di instituzione di una Banco Anglo-Tunisina. Ma in qualunque evento ,si astenga da qualsiasi atto che possa interpretarsi come contrario ad un progetto che non rpuò a meno di contribuire al miglioramento delle condizioni economiche e sociali della Reggenza •.

Io crederei che questo dep,lorevole fatto portato a notizia dei Governi di Parigi, Vienna, Berlino ecc. incontrerebbe la loro disapprovazione, e che quei Gabinetti disconoscerebbero la condotta di que1sti loro rispettivi Agenti, i quali, per lo più senza avvedersene sanciscono la preponderanza francese in Tunisia.

Conformandomi sempre alle istruzioni che piacque all'E. V. impartirmi, di non procedere doè a verun atto che possa in questa vertenza im,pegnare la libertà d'azione di questa R. Agenzia, mi sono ·sin qui aistenuto dal formalmente protestarmi contro questa violazione di Trattato.

Forse l'E. V., ricevendo il presente Rapporto, ravviserà opportuno di darmi telegrafica istruzione di farlo a nome del R. Governo, massimamente considerato che questa situazione di prolungato mutismo da parte mia non è più tenibile dopo la comunicazione avuta dell'annessa risposta.

Intanto io credo opportuno, ·r,iservando sempre il trattare la questione per quanto ci riguarda al Comm. Pinna, d'interpellare il Kaznadar ed ove sia conveniente anche H Bey, sul modo con cui questo Governo intenderebbe di conciliare l'allegata risposta, colla concessione avuta, sotto condizioni impossibili è vero, ma pure avuta, all'istituzione della Banca Italo-Tunisina.

Se alcunché dal mio colloquio potrà r~sultare da migliorare la situazione mi affretterò a darne parte all'E. V. con telegramma.

L'E. V. rileverà pure come da questa Risposta sembrerebbe ritirata la parola data dal Bey al Console d'Inghilterra, quando non soltanto autorizzò, ma lo indusse a stabilire in Tunisi Ja Banca di Londra.

Non così parrebbe l'interpretazione del Signor Wood, il quale riterrebbe che implicitamente il Governo locale, riconosce la Banca Inglese coll'assurda distinzione delle Banche private (Iimited) dalle banche anonime, e benchè la Risposta si riferisca nella forma al memorandum contro i privilegi accordati aUa Banca Ranking, in sostanza non negherebbe la sovrana autorizzazione che alle Società Anonime in genere ed aUa Banca !taio Tunisina in ispecie.

Il Signor Wood non sembrerebbe ammettere come possibile la coesistenza delle due Banche Anonime in Tunisi, e credendo che l'una escluda l'altra, tenderebbe a stabilire la sua, ·creando sempre nuove difficoltà all'Italo-Tunisina.

Egli si è recato l'aUro ieri presso il Kaznadar e presso il Bey. Ricusò di riconos·cere la Risposta ·come riguardante la London Bank of Tunis, adducendo che la concessione avuta era completa, che la Risposta d'oggi non riguarda le società private, ma bensì le anonime aventi legale esistenza in forza della Sovrana autorizzazione, le quali non esistono per la Legislazione Inglese; -invocò in ogni caso la non retroattività della Legge a suo favore; -rilevò astutamente la violazione del nostro Trattato nella risposta al Memorandum, ed indicò al Bey che spetta aL Gove1·no ItaLiano di farlo rispettare.

Intanto la Banca di Londra in Tunisi continua a funzionare di fatto, aspettando di veder riconosciuta La sua esistenza di diritto forse quando si potrà dal Signor Wood invocare il pari trattamento della Nazione più favorita.

Il Primo Ministro Kaznadar continua a perdere terreno a favore del Ministro dirigente Kerredine. Egli si 1sostiene a scapito delle sue prerogative. Ieri cedeva al favorito del Bey la carica di Ministro Guardasigilli, che egli sin ora aveva cumulato con quelle di Primo Ministro e Ministro degli Affari Esteri.

Ecco lo stadio a cui è giunta la vertenza delle Banche Anonime. Da parte mia ho sottoposto al più attento studio l'allegata Risposta, che ho creduto dovere inv;iaxe ·colla maggiore possibile sollecitudine all'E. V. corredata delle mie locali apprezziazioni, acciocchè l'E. V. si piaccia dare quelle disposizioni che nell'alta sua saviezza potrà ravvisare opportune tanto verso i Gabinetti Esteri, quanto verso questo Governo del Bey, telegrafandomi, ove lo creda, le sue istruzioni cifrate.

(l) -Non si pubblica. (2) -Non pubblicato.
113

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(B C B, Carte Minghetti)

L. P. Parigi, 9 ottobre 1873.

In assenza di Visconti vi scrivo, profittando del corriere di Gabinetto, per darvi le poche notizie d'oggi. A misura che s'avvicina l'epoca della riunione dell'assemblea (5 novembre), la ,s,Uuazione in Francia, invece di chiarirsi, diventa più incerta. Le speranze del partito monarchico da qualche giorno diventano meno affermative. Mentre dall'un lato la frazione del centro destro (anziché orleanisti) ,che è la più numerosa e che ha in mano, in sostanza, il Governo, va ac,centuando vie più le sue esigenze sulla forma prettamente costituzionale del futuro Governo e sul mantenimento della bandiera tricolore, dall'altro lato continua a Frohsdorf un mutismo che è considerato di cattivo augurio. Un vero accordo, in un senso positivo, non esiste ancora fra il conte di Chambord e la maggioranza dell'Assemblea. Legittimisti ed Orleanisti sono bensì d'accordo nel programma, che si può dir negativo, d'escludere possibilmente la forma repubblicana, ed in ogni caso d'escludere i repubblicani dal Governo. Ma quando si penetra al fondo delle cose, le divergenze si mostrano. I ,legittim]sti vogliono Enrico V sul trono, salvo a ripigliare a poco a poco le concessioni che devono servirgli di sgabello. Gli orleanisti accettano la proclamazione della monarchia legittima e tradizionale, ma ~col secondo fine di renderla inaccettabile al conte di Chambord, e d'arrivare così più tardi al Conte di Parigi, passando per una luogotenenza regia, che si offrirebbe proforma a Mac Mahon (che non ac,cetterebbe, dicono) e dietro il di lui rifiuto a D'Aumale o Nemours.

Le frazioni anti-monarchiche, cioè il ,centro ,sinistro e i vari gruppi di sinistra, e forse anche i pochi bonapartisti che s'accorgono ora d'aver fatto il giuoco de' loro più acerrimi nemici, sembrano disposti a procedere capitanati da Thiers. La maggi<?.rranza numerica della popolazione è certamente più con queste frazioni che coi monarchici. Ma pel momento il paese non conta e l'assemblea sola è quella che deciderà la questione. Il programma di Thiers e di quelli che vanno con lui non è ancora fissato. L'illustre ex presidente sembra propendere a domandare la consultazione popolare per mezzo di nuove elezioni, che è quanto dire la dissoluzione dell'Assemblea. A questo partito s'accostano i bonapartisti ed i membri dell'estrema sinistra. Ma questo terreno è, a mio avviso, molto mal scelto. Le rielezioni non sono in generale amate dai membri di un'assemblea. Esse suscitano timori di insuccesso, imbarazzi di rendiconti e di nuove professioni di fede, obblighi di viaggi, di discorsi, d'uffizi d'ogni fatta, e qui poi anche di danaro. Se il partito repubblicano si mette su questo terreno, sarà probabilmente battuto. Se invece esso piglia per programma la proroga dei poteri di Mac Mahon, è ancora possibile che riesca, giacché anche i membri del centro destro, quando vedessero impossibile il ristabilimento della monarchia colle guarentigie da essi richieste, potrebbero accostarsi a questo programma, ed appropriarselo. È opinione di persone serie (vi cito fra gli altri il signor Renault, attuale prefetto di polizia, ed antico orleanista) che forse la ,conclusione di tutti questi sfor:~~i divergenti sarà la ripresa del programma di Thiers, (cioè repubblica ,conservatrice), ma attuato dal centro destro, e non come fu tentato da Thiers ~col centro sinistro e colla sinistra. Vorrei potervi dire qualche cosa di più positivo. Ma la situazione è assolutamente incerta, e non m'è possibile il darvi affermazioni fondate. Un manifesto di Chambord può capovolge,re la situazione e mutarla radicalmente in sensi opposti. Altri incidenti possono di qui al 5 novembre in:liluire notevolmente sulle tendenze dei partiti e spostare il peso delle varie frazioni della

Assemblea.

Io parto in congedo fra 5 o 6 giorni e spero vedervi. Ho bisogno di parlare con Visconti e con voi di molte cose.

In attesa di quest'incontro...

P. S. -Secondo le istruzioni datemi da Visconti con lettera particolare (1), ho confermato a Broglie quanto io era stato precedentemente incaricato di dirgli a proposito del viaggio del Re, cioè che questo viaggio non aveva e non ebbe alcun signUìcato di o1sti1ità verso la Francia. Il Duca di Broglie si mostrò assai sensibile a questa assicurazione, che io gli diedi ieri verbalmente.

114

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(B C B, Carte Minghetti)

L. P. Parigi, 9 ottobre 1873.

Aggiungo due ,righe per informarvi che Broglie ha detto a Fournier di prolungare ancora H ,suo congedo. Evidentemente il Governo francese, in previsione di una possibile restaurazione, non vuole che Fournier si trovi a Roma al momento in ,cui si proclamerebbe Enrico V ,re di Francia. Io domandai ieri a Broglie se Fournier tornava in Italia e quando. Mi rilspose che in presenza dell'incertezza attuale e della pos,sibile prossima modifkazione del Governo, questo aveva stimato utile di prolungare il congedo di Fournier. Egli aggiunse però che finora non si trattava che di congedo, e che se si tratterà d'un cambiamento non avrebbe mancato di parlarmene prima. La mia convinzione è che Fournier non tornerà più. E credo anzi che già si pensa a dargli un successore nel marchese di Noailles, attuale Ministro di Francia a Washington, che è atteso fra breve a Parigi. Questo rimanga per ora confidenziale.

115

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 334. Pietroburgo, 11 ottobre 1873 (per. il 22).

Mi sono studiato di apprezzare l'impressione prodotta qui dal viaggio che

S. M. il Re intraprese recentemente a Vienna ed a Berlino.

Come l'E. V. non lo ignora, il Signor di Westmann è sempre oltremodo riservato; lo vidi difatti pochi giorni or sono, ed egli non me ne fece punto parola; non credetti di dover io prendere l'iniziativa del discorso, poiché nono

stante l'evidenza della politica italiana avrei temuto che il mio linguaggio non

guidato dalle istruzioni dell'E. V. fosse incompleto e mi rammentava inoltre il

silenzio che la diplomazia Russa aveva serbato qui sui convegni avuti dall'Impe

ratore Alessandro coi Sovrani di Germania e d'Austria-Ungheria. Il Signor di

Jomini il quale con maggior disinvoltura rappresenta l'opione della Cancelleria

Imperiale mi interpellò sulle visite di Sua Maestà ed applaudì all'accoglimento

lusinghiero che il Re ricevette. Mi disse che quel fatto :politico era garanzia di pace

e non poteva a meno di concordare coi sentimenti politici della Russia. Risposi

che mi era grato l'intendere tal linguaggio, che difatti il Re era stato ricevuto

come un amico dagli amici della Russia e che le parole simpatiche da lui enunciate

mi rammentavano il motto: les amis de nos amis sont nos amis.

Il Signor di Jomini sorridendo fece allusione all'irritazione che destarono in Francia le visite di Sua Maestà e legò tal osservazione col probabile avvenimento del Conte di Chambord. Risposi che 1secondo me la stampa francese errava nel considerare il viaggio reale come una atteinte alle nostre relazioni con quella Potenza, che (se veramente ,come me lo aveva confessato recentemente un diplomatico Francese), il suo Governo, ma senza complicità, era imbarazzato dagli intrighi deL dero, la causa di un'ivritaz.ione momentanea offrirebbe anzi un mezzo efficace d'imporre silenzio al partito ultramontano, eccitato dalle previsioni d'una ristorazione legittimista; aggiunsi che l'Italia nella amata persona del Re rappresentava l'ordine e che i guardiani della pace Europea potrebbero valersi della nostra politica per scoraggiare gli intrighi del clero. Il Signor di Jomini conchiuse dicendo: Les français sont un peU/l]Le de fous.

Il Signor Hamburger ben noto all'E. V. quale alto funzionario della Cancelleria Imperiale ed i:ntimo col Principe Gortschakoff mi fece pur discorso del viaggio di Sua Maestà. Le sue parole furono ,conformi al linguaggio lusinghiero del pl'ecedente mio interlocutore. Espresse egli inoltre la sua convinzione che il Re sarebbe venuto a Pietroburgo se l'Imperatore vi fosse stato presente, ed aggiunse che Vittorio Emanuele avea provato le sue simpatie per la famiglia Imperiale, quando l'Imperatrice era andata in Italia.

Il Ministro di Spagna mi narrò una conversazione che ebbe col Sdcgno1r di Westmann sulla politica generale allo scopo di dimostrare l'importanza di contra1stare il trionfo dei Carlisti e del partito Ultramontano nella Pentsola. E come esempio di saviezza S. E. citò la politica Italiana. Il Signor di Westmann gli avrebbe detto fra altre cose: • En effet l'ItaUe ne représente pas ~a revolution, elle représente la liberté de conscience. C'est le Clergé maintenant qui cherche le désordre •.

Se veramente il Direttore del Ministero Imperiale ha pronunciato tali parole, esse mi sembrano per la politica nostra un elogio degno di nota.

La stampa Russa si è fin ora limitata a riprodurre gli articoli favorevoli che furono pubblicati dai giornali esteri, e specialmente quelli che ebbero luce a Berlino. Però il • Mondo Russo •, giornale redatto da Militari, quindi di colore alquanto anti-austriaco negò la possibilità d'una sincera riconctliazione fra l 'Italia e l'Austria.

Ora se l'E. V. mi permette d'esprimere il mio parere credo che il viaggio del Re ha prodotto qui un'ottima ed utile impressione. Il Governo lo considera

certamente come una solida garanzia di pace, e l'applauso sarebbe pm espansivo se i successi del liberalismo fossero in Russia applauditi senza qualche ansietà.

(l) Cfr. n. 105.

116

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 160. Washington, 11 ottobre 1873 (per. l' l novembre).

E' nota all'E.V. la crisi finanziaria, in che in questo ultimo mese ve11sarono gli Stati Uniti. Ne diè lo segnale il fallimento, avvenuto quasi un mese fà, della casa bancaria • Jay Cooke & C. •, una delle più rilevanti di America, residente in Washington e in Nuova York, e che per certe operazioni aveva col Governo strette relazioni.

Ad esso tennero dietro innumerevoli fallimenti in Nuova York e nelle altre città. I fondi subirono enormi ribassi. La maggior parte dei banchi sospese i pagamenti. In questo frangente i direttori della borsa di Nuova York si appigliarono ad un partito che al primo giorno spaventò il pubblico perché era la prima volta che adottavasi in Nuova York, ma subito dopo fu da tutti riconosciuto salutare, quello cioè di chiudere la borsa e sospenderne ogni operazione. Per circa una settimana i valori non v'ebbero prezzo, né vi furono traillsazioni. Il che ebbe per conseguenza di impedire alle associazioni dei bassi speculatori di arricchirsi a danno degli onesti, comprando al ribasso fondi di cui fra breve speravasi il rialzo. Tale misura fu ardita, ma utile; fermò a mezza via la caduta e lo spavento.

A un tratto in tutta America mancò il danaro. Di ogni • check • su Nuova York od altra piazza, anco se diretto alle cruse primarie, si rifiutò ovunque non l'accettazione, ma il pagamento immediato. I banchieri ricusavano il rimborso dei depositi, allegando la mancanza in cassa di carta o moneta. Così chi voleva ritirare le ,somme per speculare sovente non potè farlo. Conosco molte persone di riguardo che anco adesso per sopperire alle occorrenze di famiglia devono portare al banchiere la lista delle spese indispensabili della settimana e discutono seco lui se ne urge o no il pagamento. Questi il più delle volte consente ad accettarne l'obbligazione, ma ,si ricusa a dare subito tutto il danaro.

Per qualche dì il timore panico non ebbe limiti. Chi avesse moneta depositata correva a ritirarla. I depositari non la restituivano che a stento. Pure non potevano negare le piccole quantità, le quali sommate insieme producevano un gran vuoto nelle rispettive casse. Viaggiatori furono costretti a soffermarsi per strada e farsi ,inviare danaro dalle proprie ·case per la posta o le messaggerie. Il grano delle vaste pianure di ponente, che appunto in questa stagione viene sulle ferrovie ai porti orientali per lo imbarco, per mancanza di mezzi, non trovò adito negli innalzatori (elevators) e nei vagoni, sicché i possidenti nell'imbarazzo offrivano d'imprestare a qualsiasi prezzo onde avere di che pagare le ,spese del trasporto. La carta monetata fece premio ,sui • checks », come l'oro lo fa sulla ·Carta. Il Governo colle mani legate dalle leggi, e non sapendo egli

stesso fin dove si allargherebbe la crisi, non potè stendere tutto l'aiuto da molti

invocato.

Ora la crisi è diminuita, riaperta è la borsa, ricominciarono le transazioni.

I valori poco alla volta si ,rialzano. A niuno però è dato lo prevedere con certezza

il futuro.

Innumerevoli sono i falliti; ma, secondo l'uso di questo paese, si è indul

genti verso di loro, e molti risorgeranno. La maggior parte dei conti peranco non

liquidati, ignorasi al giusto il novero degli estinti o dei feriti mortalmente in

siffatta dura battaglia nel campo della speculazione, di cui però anca gli otti

misti ammettono occorrere molto tempo prima che scompaiano tutte le tracce.

Fino ad ora il danno principale fu dei banchieri e deg1i agenti di cambio.

I caduti sono fra coloro ch'eransi gittati in operazioni troppo vaste ed imprudenti.

Il vero commercio può dirsi illeso. Sta però a vedersi se non avrà anch'esso i

suoi patimenti, sendochè forse nel prossimo inverno scemeranno per mancanza

di numerario le transazioni commerciali. Un momento ,si sospettò che pure i fondi

governativi fossero affetti dal ribasso generale, il che per fortuna non si è per

nulla avverato.

Perfino i meglio versati nelle cose finanziarie rifuggono dall'indicare con

precisione le cause vere e ispeciali della crisi. Cagione immediata fu il fallimento

dei Cooke, il quale però va collegato colla condizione generale del commercio

in questo paese.

Negli ultimi anni siffatta tempesta fu da molti pronosticata. Per la incertezza delle ,cose, ed in specie per il predominio in Nuova York di alcune masnade d'incettatori come il • Tammany ring • e simili, gli uomini savi si sono astenuti dalle operazioni arrischiate. Del resto la storia commerciale degli Stati Uniti ci insegna avensi quasi regolarmente ogni decennio a traversare questi pericoli. La smania di arricchire fa molta gente accingersi ad imprese maggiori delle forze, e navigando in onde ,così perigliose si urta a un tratto contro uno scoglio insormontabile che sommerge la nave. La spesa di molti negozianti e privati cittadini, in Nuova York ed altrove, eccede ogni Hmite ,concepibile in Europa. Vi sopperisce J.a facilità dei guadagni, la quale però talvolta viene meno. Come nei manicomi americani abbonda il numero degli infermi per le sofferenze commerciali, così nella vita cittadina può affermarsi esservi la febbre epidemica della speculazione. Aggiungasi in questo paese l'educazione e gli usi delle città non offrire, come in Europa, vari altr'i campi all'attività umana, sicché ognuno qui cerca soltanto le dovizie. In molti è pure passione ereditaria. Quindi come succeda una crisi, raggiunge proporzioni più incoerenti e maggiori che altrove. Infine le ric,chezze ammassate dalle compagnie costruttdci della ferrovia del Pacifico hanno fatto succedere alla incredulità del pa~ssato decennio sulla possibilità di questa strada un cieco fanatismo per l'apertura di vie consimili. Somme ingenti vengono impiegate alla costruzion~ del • Northern • e del • Southern Pacific ., destinati a formare una triplice via di comunicazione ferrata fra i due oceani. La ditta • Jay Cooke & C. • era principalmente :involta negli affari del

• Northern Pacific •. Le immense ,spese occorse per avanzarne la costruzione e la incertezza dei futuri guadagni furono, a quanto pare, la cagione principale del fallimento.

Ripeto però che più che in siffatte cause particolari, mi è avviso per le informazioni prese nei sani quartieri del commercio, dove11si attribuire la causa delle attuali ~sventure alle basi incerte, meno solide, ed ai difetti del sistema generale delle speculazioni americane.

117

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. VISCONTI VENOSTA

T. 433. Berlino, 15 ottobre 1873, ore 17.50 (per. ore 10,10 del 16).

Correspondance provinciale dit que visite Roi d'Italie à Vienne et Berlin a donné plus d'extension à entente pour la paix entre les trois Empereurs. Nouvelle entrevue des deux Empereurs à Vienne est clef de voute d'une oeuvre politique qui doit garantir Europe de nouveaux ébranlements de la paix. Avezvous reçu ma lettre particulière du l.er octobre?

118

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 8228. Roma, 15 ottobre 1873 (per. il 17).

Mi viene ~riferito ·che proclamandosi in Francia la ristorazione della Monarchia borbonica, si tenterebbe pure un esteso movimento clericale reazionario in tutto l'ex Reame di Napoli. Vuolsi che questo movimento si stia preparando fin d'ora dai legittimisti d'Italia e di Francia col ·concorso dei clerkali.

La Francia aiuterebbe potentemente ,j,I tentativo, fingendo di non vedere la partenza dai suoi porti di groSisi contingenti di volontari e del necessario materiale da guerra, e si aggiunge ·che fra pochi giorni molti Francesi verrebbero nel Napoletano quale avanguardia della annunziata spedizione.

Qualunque possa essere il fondamento di queste voci, credo mio dovere di informarne la E. V. per opportuna notizia (1).

119

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

D. 145. Roma, 16 ottobre 1873.

Mentre V.S. Illustrissima era in congedo, la vertenza relativa allo stabilimento in Tunisi di due banche, una inglese, l'altra italo-tunisina, ha !seguitato a

formare oggetto di comunicazioni fra la R. Agenzia e Consolato Generale ed il Governo del Bey. L'ultimo atto di Sua Altezza in questo affare è la circolare del 30 settembre della quale il reggente di codesto ufficio mi trasmise copia chiedendo istruzioni.

Il Ministero ha preferito sapendo imminente il ritorno di V.S. al suo posto che si soprassedesse di alcuni giorni nelle trattative perché queste potessero essere da Lei continuate in conformità delle istruzioni verbali che Ella ha ricevuto qui in Roma.

Dalla lettura della circolare 30 settembre risulterebbe una singolare mancanza di logica nella condotta del Bardo. Non è facile il conciliare le dichiarazioni assolute ed esplicite di quel documento colla promessa condiz,ionata ad alcune modificazioni negli statuti già stata data ai promotori della banca italo-tunisina, né col fatto della e1sistenza in Tunisi della banca inglese che wià ha incominciato a funzionare.

I termini assoluti della Circolare più volte citata sembrano inoltre in contraddizione col senso liberale dell'A,rt. 18 del nostro trattato del 1868 con Tunisi. Se il Bey stabilisse come norma invariabile di negare ,l'autorizzazione a qualunque Società anonima si potrebbe domandare qual senso rimanga all'Articolo in discorso che pure costituisce un impegno solenne di Sua Altezza a nostro riguardo. Ella domanderà categoriche spiegazioni al Governo del Bey sopra questi due punti e farà in guisa in ogni caso, che codesto Governo non abbia a sottrarsi alla sua obbligazione di concedere ai nostri nazionali il trattamento della nazione la più favorita. In diritto ed in fatto gli Italiani debbono godere di siffatto trattamento.

Io aspetto la relazione che V.S. mi farà dei passi dati in questa circostanza per determinarmi sulle ulteriori istruzioni che dovrò impartirLe.

(l) Il 18 ottobre Artom informò Ressman del contenuto di questa nota invitandolo a tener d'occhio eventuali movimenti reazionari.

120

IL CONSOLE A S.CUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 9. Scutari, 18 ottobre 1873 (per. il 30).

I missionarj dell'Albania sono sotto il protettorato dell'Austria. Ma ,comecché sieno tutti italiani incominciano nelle loro faccende a rivolgersi al Consolato di Sua Maestà, e in questi ultimi giorni vennero da me il

P. Apollonio da Bibiena ed il P. Odorico da Castelcellese.

Parlo delle faccende che li concernono come missionarj, come ammin~stratori delle loro Parrocchie, perché, s'intende che come sudditi hanno il diritto alla protezione, all'assistenza degl'Uffiziali del Re.

Non mancherò intanto fare per quei due Padri le pratiche necessarie nel senso ch'essi mi richiedono, ma prima d'andar più oltre e di lasciare che una eccezione diventi principio, credo debito mio rivolgermi per istruzioni alla E.V.

In un paese in cui il Clero domina com'è questo, sarebbe in vero un gran

bene che l'Italia potesse mercé i suoi consigli e la sua assistenza ai Missionarj

più facilmente acquistare desiderata influenza, ma v'è da temere che l'Austria

si dimostri offesa di quest'intromissione.

E' vero che il limite il quale distingue il suddito dal Missionario non è tracciato, che ,co.Jl'attuale Console Generale d'Austria difficilmente per tal causa avverranno conflitti, che l'Austria stessa in virtù dei nuovi principj non pare che annetta grand'importanza a mantenere quella protezione di cui prima si dimostrava gelosa, ma ad ogni modo piuttostoché dare a me 1stesso una regola di condotta è più prudente partito interpellare a proposito l'E.V., dalla cui bontà attendo desiderato riscontro e norma.

121

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1236. Berlino, 22 ottobre 1873 (per. il 25).

Le Prince de Bismarck, durant votre séjour ici, s'est exprimé très-nettement sur les rapports entre l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie. Tout ce que j'ai appris depuis, tout ce que j'ai lu dans les journaux officieux confirme que teHes sont bien les vues du Cabinet de Berlin. La visite de l'Empereur Guillaume à Vienne rentre dans cet ordre d'idées. C'est un nouvel avertissement au Cabinet de Versailles de laisser en repos ses vo~sins s'il ne veut pas s'exposer à voir se dresser contre lui une ligue de Puissances solidaires du maintien de la paix en Europe.

La France sera-t-elle assez sage, aura-t-elle à un degré suffisant la conscience de ce danger et de ses propres intérèts pour se vouer uniquement à l'oeuvre de réparation et de renaissance et à reconquérir la paix inté11ieure? Depuis la libération de son territoire, les partis se meuvent avec plus de liberté, et il est à craindre que l'esprit de factions et le besoin de soutenir les luttes politiques, plutòt par la voie des faits que par des moyens légaux, ne reprennent le dessus. Le changement et l'instabilité a des séductions irresistibles pour ce peuple; et il semble se donner pour tache de provoquer des péripéties dans la marche des affaires pour exciter les passions et pour leur servir de stimulant passager.

Il s'agit aujourd'hui de l'histoire de ,la fortune ascendante et descendante des Napoléon ainsi que de celle des Bourbons. Les chances paraissent se dessiner maintenant pour ,ces derniers, mais au prix d'une équivoque entre le représentant de l'ancienne Monarchie qui 1se rrepait de chimères, et les membres d'une Assemblée qui excèdent leur pouvoir en comptant sur une majorité encore douteuse. En attendant, les différentes classes se détachent toujours :plus les unes des autres et 1se repoussent mème là où un danger commun et des intérèts identiques devraient leur 1mposer de faire taire Ieurs vieilles rancunes. On dirait qu'une Ioi inhérente à la Nation lui rend impossible d'avoir pour une certaine durée les éléments propres à une existance bien équilibrée. Les procédés par saccade, par 1surprise, par des coups d'Etat plus ou moins déguisés vont

mieux à son tempérament maladif, à l'altération du sens public par suite de nombreuses révolutions et des désastres de la dernière guerre.

Un tel état de ~choses ne présente certes aucune ,garantie bien isédeuse ni à l'intérieur ni à l'étranger. Aussi le Cabinet de Berlin ne se fait aucune illusion pour l'avenir. Il prend prudemment ,ses p~récautions. Il veut ètre en mesure de remettre la camisole de force à la France si elle faisait mine de lui contester les conquètes de 1870-71, ou si eUe voulait essayer d'abord ses armes contre l'Italie. Il est assez indifférent ici que tel ou tel candidat triomphe, que telle ou telle forme de Gouvernement l'emporte. Le Gouvernement Impé1.1ial sait qu'il restera en présence d'un adversaire qui tòt ou tard lui cherchera querelle. S'il poursuit avec tant d'ardeur la lutte sur le terrain politico-religieux, c'est qu'il a hàte de briser la résistance de ce,rtains ultramontains qui moins 1sincères dans leurs convictions, invoquent la religion avec des arrières-pensées politiques contraires à l'unité de l'Allemagne et disposés comme les Polonais à faire cause commune avec la France, dans le cas surtout d'une restauration des Bourbons.

La publication de la correspondance échangée en aout et septembre dernier entre le Pape et l'Empereur est un incident très-significatif. Si le Cardinal Antonelli a conseillé la lettre du Pape, il n'a pas fait preuve d'un grand tact. C'était fort malhabile que de toucher la corde la plus sensible en élevant la supposition d'un antagonisme entre le Souverain et ses Ministres. C'est le Prince de Bismarck lui-mème qui a minuté la réponse. On m'assure que le St. Père a répliqué brièvement. Tout en exprimant ses regrets que l'échange d'idées n'ait pas amené un meilleur résultat, Pie IX maintient sa position vis-à-vis du conflit entre le Gouvernement Prussien et le Clergé Catholique.

122

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. CONFIDENZIALE 119. Roma, 23 ottobre 1873.

È pervenuta al Ministero dell'Interno la notizia che da emissari del generale pontificio Kanzler sarebbero state ~comperate nella Svizzera due mila carabine delle quali sarebbesi poi fatta la spedizione a Marsiglia per essere di J.à mandate a Roma. Queste armi dovrebbero servire, a quanto pretendesi, ad un moto iillsurrezionale che i clericali ed i borbonici vorrebbero promuovere nel Regno tosto che fosse proclamata in Francia la restaurazione legittim1sta.

Mi credo in obbligo di notificare confidenzialmente questo fatto a V.S. Illustrissima e di pregarla di voler promuovere le debite investigazioni per conoscere possibilmente qual fondamento abbia la detta notizia e laddove sia vera per avere dei dati 1sulle drcostanze di luogo e di persone che vi si riferiscano.

Le sarò grato delle informazioni ch'Ella mi favorirà a questo proposito (1).

(l) Analogo dispaccio fu inviato in pari data al console generale a Marsiglia.

123

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2188. Parigi, 24 ottobre 1873 (per. il 27).

Nel dispaccio confidenziale di Serie politica n. 480 che l'E.V. mi fece l'onore d'indirizzarmi in data del 18 corrente (1), è fatta menzione di relazioni pervenute a codesto Ministero dell'Interno, secondo le quali legittimisti italiani e francesi, spalleggiati dai clericali, preparerebbero nella speranza d'una restaurazione borbonica in Francia un movimento reazionario nelle provincie napoletane, e ciò coll'appoggio dello stesso Governo attuale di Francia. Limitandosi a segnalare quelle ·relazioni, rsenza insistere sul loro fondamento, l'E.V. incarica la Legazione di Sua Maestà di invigilare ad ogni modo sulle macchinazioni che potessero essere ordite.

La R. Legazione avrà cura di raccogliere ogni indizio che potesse prodursi ed avvalorare i sospetti dai quali, più che da fatti avverati, sembrano scaturire le indicazioni date fìnora al Governo di Sua Maestà. Per viemmeglio e'seguire le istruzioni di V.E. a tale riguardo, io invitai anche questo R. Console Generale, che col servizio dei passaporti dispone d'un mezzo di sorveglianza di qualche utilità, di non lasciar passare inosservato nessun indizio di quel genere che per avventura esso dal suo lato poteSise trarre dal movimento dei viaggiatori o da altre ·circostanze emergenti nei frequenti contatti del Consolato col pubblico. Benché dovessi supporre che l'E.V. già avesse dato dirette istruzioni al R. Console Generale in Marsiglia, credetti di non potermi dispensare dallo s·crivere confidenzialmente nello rstesso senso anche a lui, siccome residente in quel porto in cui spedizioni allo scopo segnalato dall'E. V. più probabilmente si preparerebbero, e lo pregai di estendere la sua sorveglianza, col mezzo dei RR. Agenti, anche sugli aUri porti dipendenti dalla sua giurisdizione e specialmente sul porto di Tolone. Giova credere che qualche utile avvertenza potrà pure desumersi eventualmente dalla stampa locale.

Ma finora non potrei riferire all'E.V. nessun fatto porsitivo che fosse pervenuto a notizia della R. Legazione o di questo Consolato Generale e valesse a far prestar fede alle voci che Le furono ripetute e che mi par di dover considerare come esagerate principalmente per la parte di complice connivenza che attribuiscono al Governo francese. È pure lecito di supporre che in caso di tentativi già in fatto apprestati qualche simpatico avviso si rsarebbe anche qui prodotto.

D'altronde in quest'ora le preoccupazioni del Governo sono, com'è naturale, troppo concentrate sulla situaz.ione interna, piena di pericoli, per concedere aHa sua attività una deviazione dalla quale potrebbero insorgere nuove difficoltà. Nelle provincie meridionali della F.rancia, il Governo moltiplica anzi le misure di precauzione per non essere rsorpreso da un movimento .popolare nel caso in cui l'Assemblea proclamasse la monarchia. Accludo l'estratto d'un giornale (2) in

cui V.E. troverà un cenno di quei timori che d'altronde qui sovente si esprimono.

Che una maggior vigilanza e qui e nel Regno diverrà necessaria quando il partito borbon1co ·clericale, in caso di una restaurazione monarchica, sentendosi più .sicuro dell'appoggio del Governo tenterà di trascinarlo in avventure e forse di precederlo colle proprie forze, dò è ovv,io. Ma anche allora, se non erro, i primi sforzi saranno diretti verso uno scopo più prossimo e più facile a raggiungersi, cioè verso il soccorso ai Carlisti di Spagna.

(l) -Cfr. P. 124, nota l. (2) -Non si pubblica.
124

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 224. Vienna, 24 ottobre 1873 (per. il 28).

Se la visita testé fatta da S.M. l'Imperatore Guglielmo alla Corte di Vienna non avrà, ritengo, influenza rilevante sull'andamento della politica sì estera che interna dei due Stati, ciò nondimeno eSisa ·costituisce una nuova guarentigia per la continuazione delle già ristabilitesi cordiali r·elazioni fra le due case Imperiali come fra i due popoli vicini. Tali relazioni è parer mio si conserveranno sinceramente amichevoli sintantochè non prevarrà in Austria il Partito Clericale, H quale se è avverso all'Italia, odia ben altrimenti ancora il nuovo Impero Tedesco. Senza perdere di vista un avvenire non assolutamente improbabile, voglio il.imitarmi a considerare il fatto presente, e quindi mi è grato constatare che se la Corte di Vienna dimostrò recentemente colla accoglienza fatta all'Augusto Nostro Sovrano, di· avere .smessi gli antichi rancod, credette testè dover ancora più chiaramente dar prova del suo oblìo del passato, ricevendo l'Imperatore Tedesco in modo eccezionalmente onorevole. A ·conferma di ciò, ·credo dover mio riferire all'E.V. le ·circostanze di maggiore rilievo, che io notai nel ricevimento fatto a S.M. Guglielmo I, ritenendo anche ciò possa intereSisare S.M. l'Augusto Nostro Re, stante la circostanza •che Egli pure visitava un mese fa questa Corte.

Il giorno 17 corrente, S.M. l'Imperatore Tedesco, accompagnato aal Principe di Bismark e da numeroso seguito, giungeva alle 3.45 minuti pomeridiane, proveniente da Baden, alla stazione di St. Polten (West Bahn) ·che dista da Vienna di un'ora e mezzo di strada fer.rata; colà trovava S.M. l'Imperatore di Austria recatovisi poco prima ad incontrarlo. I due Sovrani si abbracciarono ripetutamente; quindi S.M. Francesco Giuseppe presentava al suo Ospite i personaggi adibiti alla Sua Persona durante il suo soggiorno a Vrenna; cioè: Generale di Cavalleria Conte Neipperg, Comandante Generale nella Galizia, Cavaliere del Toson d'oro; aiutante generale dell'Imperatore Generai maggiore Pejacsewich; Colonnello Principe Windischgratz aiutante di campo dell'Imperatore; Luogotenente Colonnello Kriegbaunner, Capitano Kronczeol ed il Colonnello del Reggimento di cui l'Imperatore è proprietario. Alla stazione poi di Penzing, trovavansi l'Arciduca Ereditario, gli Arciduchi Cal'lo Lodovico e Luigi Vittore, Alberto, Guglielmo, Leopoldo, Sigismondo, e Raineri nonché le primarie Autorità Militari e civili della Capitale, colla Compagnia d'Onore con musica e bandiera. Compiute le ,presentazioni, i due Sovrani salivano in una -carrozza scoperta tirata da sei cavalli (faccio notare i sei cavalli, la Corte di Vienna avendo adottato nella circostanza delle recenti visite sovrane l'etichetta di fare tirare a sei cavalli gli Imperatori ed a quattrlo i Re), e si recavano così al Castello di Schonbrunn, residenza attuale dell'Imperatore Francesco Giuseppe, dove erano pure preparati gli appartamenti per l'Augusto Suo Ospite.

Il 18 l'Imperatore di Germania interveniva ad una Rappresentazione di gala al Teatro dell'opera, alla quale assisteva esclusivamente un pubblico di invitati, cosa questa che non fu fatta per nessun altro Sovrano.

Domenica 19 l'Ambasciatore di Germania dava un gran pranzo al Suo Sovrano, al quale però non interveniva l'Imperatore d'Austria nè nessuno degli Arciduchi. Alla sera aveva luogo uno Spettacolo di gala al Teatro di Corte del Castello di Schonbrunn, susseguito da una cena negli appartamenti Imperiali.

L'indomani 20 alle ore 10 del mattino le truppe del presidio formate in una Divisione composta di fanteria, una Brigata di Cavalleria ed un Reggimento di Artiglieria sotto il comando diretto dell'Imperatm·e Francesco Giuseppe, erano passate in rivista dall'Imperatore Guglielmo. Dopo il Défilé, la Brigata di Cavalleria eseguiva molto brillantemente alcune evoluzioni.

Il giorno 21 aveva luogo il pranzo di gala al Palazzo della Burg. I Toast portati dai due Sovrani in tale circostanza, quali vennero riportati dai giornali negli identici termini, furono i seguenti:

L'Imperatore d'Austria:

• Il mio più vivo desiderio si è adempiuto; quello cioè di poter dare il benvenuto, ancora durante l'E1sposizione Universale in Vienna, al mio caro amico e fratello; io alzo dunque il bicchiere con cuore festoso e vera riconoscenza alla salute del nostro ·caro ospite! Viva S.M. l'Imperatore Tedesco e Re di Prussia •.

L'Imperatore di Germania rispose: • Mi permetta Vostra Maestà di esprimere la mia riconoscenza più cordiale e più amichevole per le confortanti parole ora udite. A questa riconoscenza io fò :seguire queila per il ricevimento ospitale ed amichevole che trovarono qui l'Imperatrice mia moglie ed i miei figli. È una particolare soddisfazione per me di aver potuto, ancora durante l'Esposizione Universale ,eontraccambiare qui l'amabile visita fattami l'anno scorso da Vostra Maestà a Berlino, unitamente a S.M. l'Imperatore di Russia. I sentimenti amichevoli scambiati allora tra noi, ·che io ritrovai ora qui in piena misura, sono una guarentigia della pace Europea e della prosperità dei Nostri Popoli. Io bevo alla salute di S.M. l'Imperatore di Austria, Re di Ungheria, del mio Augusto amico e fratello •.

La giornata del 22 fu interamente consacrata dall'Imperatore Guglielmo alla visita dell'Esposizione, avendo però già Egli percorso varie gallerie di quella splendida Mostra Mondiale nei giorni antecedenti. Il 23 a sera S.M. Guglielmo I lasciava Vienna per far ritorno a Berlino prendendo congedo da S.M. Francesco Giuseppe nel modo il più cordiale.

S.M. .l'Imperatrice 'Che aveva lasciato Vienna poco dopo la partenza di S.M. l'Augusto Nostro Sovrano per recarsi a Godollo, non fu neppure presente alle feste datesi nella Capitale in onore dell'Imperatore Guglielmo. Il Principe sue

cessare Arciduca Rodolfo assistette a tutte le feste. A questo proposito devo riferire all'E.V. che il prefato Arciduca volle nel modo il più gentile esprimermi il suo vivissimo rincrescimento di non aver avuto ·la possibilità di fare la conoscenza personale di S.M. il Re durante il suo soggiorno a Vienna, essendo Egli a quell'epoca stato trattenuto ad Ischl, dove attendeva ad una cura. (La vera ragione di tale sua assenza da Vienna a quell'epoca, ritengo fosse l'epidemia colerica che sebbene in piccolissime proporzioni, pure serpeggiava ancora nella capitale a quel tempo).

L'Arciduca Luigi Vittore, 1secondo fratello dell'Imperatore, trovassi a ricevere l'Imperatore Guglielmo al suo arrivo a Schonbrunn ma partì l'indomani per Carlsbad, essendo stato stabilito antecedentemente, a quanto fu detto, dovesse precisamente a quest'epoca intraprendervi una cura balnearia (!)

Anche in questa circostanza fu mantenuto strettamente in vigore l'accordo fatto precedentemente di non addivenire a scambio di decorazioni. Siccome l'E.V. avrà rilevato dai giornali, fu assai notata la cortesia lscambiatasi fra i due Imperatori, recandosi l'Imperatore Guglielmo a far visita al Conte Andrassy e l'Imperatore Francesco Giuseppe al Principe di Bismark.

L'impressione generale sulla visita dell'Imperatore Guglielmo a questa Corte si è, che Egli fu ricevuto tanto da S.M. Francesco Giuseppe quanto dalla famiglia Imperiale e dalla Corte tutta con una cordialità speciale, almeno in apparenza, e che inoltre si volle festeggiare la sua presenza in Vienna come non erasi fatto prima per nessun altro Sovrano. In quanto alla popolazione essa fece pure lietissima accoglienza all'Imperatore T~edesco; si è però generalmente constatato che il ricevimento fatto dai Viennesi a S.M. il Re d'Italia fu ancora marcatamente più simpatico.

125

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Berlino, 25 ottobre 1873.

Je vous remercie de votre télégramme daté de Tirano. J'ignore si le Président du Conseil a bien voulu écrire dans le ,sens de la lettre parUculière que je vous ai adressée le ler Octobre, mais, s'il ne l'a pas fait encore, ce ne serait pas une raison pour s'abstenir. Ce sera toujours un bon procédé, de remercier de l'accueil en voie particulière, et il serait fort utile à la réalisation de certain projet, de rappeler que nous y tenons, lors meme que, par un sentiment de délicatesse et de dignité, pas un mot n'ait été dit durant le séjour du Roi ici. Autrement, je reste à découvert, puisque le Prince de Bismark a remarqué votre silence et celui de M. le Cammandeur Minghetti 1sur ce 'Paint, camme si naus n'y attachians pas d'impartance. J'aurais dane l'air de m'etre mis en avant de ma pro,pre initiative. Ce n'est .certes ,pas le ca,s, mais je ne dois ,pas meme en avoir l'apparence. C'est là une question, qu'il faut trancher au plus tòt. C'est devenu pour nous une question d'intéret, je dirai plUJs, de dignité. Je n'en fais nullement une question ,per,sonnelle, puisque, si ma candidature était retirée au profit d'un autre, je me résignerai en pensant que j'ai rempli un devoir en menant les choses à bon terme. Il n'est pas moins vrai que, dans le status-quo, je me sens un peu amoindri en suite de la publicité donnée à la combinaison, sans que personne s'explique pourquoi elle n'a pas abouti. Hier encore l'Ambassadeur d'Angleterre en exprimait sa surprise, Iorsque la nécessité d'une solution se faisait tellement sentir. D'autres parmi mes collègues en concluent, ou bien que les rapports entre l'Italie et l'Allemagne ne sont pas ceux qu'on a voulu faire croire par la visite du Roi à Berlin, ou bien que je suis un obstacle à leur expression. Ce sont de's allusions faites, non point à des tiers, mais à moi meme.

Il convient donc 'd'en finir avec l'indécision, lors meme qu'elle ne provient pas de notre fait. C'est directement qu'il faut traiter la chose. Une lettre particulière du Président du Conseil est bien mieux indiquée, que l'entremise de M. de Keudell. Celui-ci doit avoir le sentiment d'etre le véritable obstacle, parce qu'il n'a ,pas encore l'ancienneté voulue de carrière et il craint que, en se mettant luimeme sur la bréche, il diminue ses chances à l'avancement exceptionnel, dont cependant il ne manquerait pas d'etre l'objet, car la candidature d'Arnim est éca1·tée.

Il y a peu de jours, le nouveau Secrétaire d'Etat m'a mis sur la voie d'entrer en matière, et je lui ai ,parlé en toute franchise. Il m'a promis, de son propre mouvement d'en référer à son chef. D'après l'opinion personnelle de M. de Bi.ilow, il partageait entièrement mon avis sur l'utilité et la convenance d'une décision satisfaisante. Mais je le répète, pour que je n'aie pas l'air de parler pro domo, ce qui ne serait .conforme, ni à la vérité, ni à ma dignité, il est indispensable que je sois soutenu ,par une Iettre particulière du Président du Conseil ou du Ministre des Affaires Etrangères.

On s'attend chaque jour à la nouvelle de la mort du Roi Jean de Saxe. Je suis très contrarié de retarder mon congé, mais c'est affaire de convenance, de faire acte de présence à ses funérailles, à une Cour de Famille.

Profitant de votre autorisation, je joins ici en bloc la note des frais pour le dìner du 26 Octobre, offert par le Roi à l'Empereur. Vous me dispenserez, j'espère, d'envoyer le détail, quoique j'aie à votre disposition les reçus des fournisseurs. Il s'agit de 5372 francs, 45 centimes. C'est moins de la moitié de la dépense de l'année dernière, pour le raout avec buffet et souper que j'ai offert au Prince et à la Princesse de Piémont. Mais, si je voulais faire entrer en ligne de compte tout ·ce qu'on a gaspillé et qu'il a fallu acheter, sans regarder à l'économie, pour meubler à la hate l'autre moitié de mon appartement qui m'était échu précisément vers l'époque du séjour de Sa Majesté, j'aurais une liste bien autrement élevée. Le nouveau mobilier représente environ 50 m. francs, sans compter le 15% d'agio. Il serait, je pense, plus digne de mentionner dans le remboursement, une indemnité à la Légation à l'occasion du séjour du Roi à Berlin. Je m'en remets à vous pour en déterminer le chiffre.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 405. Bucarest, 28 ottobre 1873 (per. il 6 novembre).

In seguito ad un articolo pubblicato nella scorsa estate daH'Allgemeine Zeitung, diario ben noto .per le .sue aderenze col Principe Carlo, lungo ragionare si è fatto dalla stampa tedesca su i legami di vassallaggio che uniscono i Principati all'Impero Ottomano.

Dopo avere additati i progressi materiali, intellettuali e moraU fatti dal paese dacchè vi regna il Principe attuale, il cennato articolo, che sarebbe stato i>spirato da Sua Altezza, r-ilevava che mentre la Turchia rimane stazionaria e non arriva a .spogliarsi della barbarie asiatica, la Rumania si accosta invece ogni giorno più e sotto ogni rapporto aH'Occidente.

• In tale stato di cose, conchiudeva l'articolo, a chi non si fa chiaro come i legami umilianti deLl'alta Sovranità non possono aver lunga durata in un paese che si sforza di camminare al pari della civiltà europea, ~che trova.si sotto lo scettro di un Principe dell'illustre Casa di Hohenzollern e che non può tollerar più oltre che .s'inceppi in nome di quei legami, ed invocando trattati conchiusi dalla Porta, il suo sviluppo materiale ed economico? Egli è infine nell'interesse generale della civiltà e nell'interesse speciale della Germania impegnata con i suoi capitali nelle intraprese ferroviarie rumene, di secondare il progresso della Rumania e di contribuire all'allontanamento degli ostacoli che potrebbero arrestarlo •.

La pre1senza del Principe Carlo in Germania, ed il cortese ricevimento fattogli a Vienna dall'Imperatore Francesco Giuseppe davano un certo risalto alle idee svolte dalla Allgemeine Zeitung, idee che i giornali di Bukarest devoti al Governo erano solleciti a ~raccogliere nelle Ioro colonne per ~lusingare le nazionali aspirazioni. Si affermò perfino che il Principe Regnante trattava in Germania la mediazione di una grande Potenza per ottenere dalla Porta il riscatto dell'annuale tributo mercè il .pagamento di una vistosa somma versata in una sola volta.

A V. E. che conosce appieno come H desiderio di presto raggiungere l'indipendenza als.soluta del Paese sia forte nell'animo del Principe Carlo, non fa mestieri ~ch'io additi la parte avuta da Sua Altezza nella pubblicazione delle cose che p~recedono.

Profittando del suo viaggio egli credette propizia l'occasione di far parlare di sè e della Rumania per raccogliere indi le impres~sioni che si produrrebbero in Occidente a questo >soggetto. Ma le sue illusioni ebbero vita breve, ed egli potette per,sonaimente ~convincersi del poco successo toccato alla campagna giornali>stica da lui intrapresa.

Prima ancora che il Principe lasciasse la Capitale per recarsi all'esposizione di Vienna, io era informato del progetto da J.ui nutrito di agire fortemente per mezzo della stampa sulla pubblica opinione. Ma essendo anticipatamente persuaso della debole eco che, massime ,in questo momento, avrebbero avuta i suoi tentativi, mi astenni dal ragionarne con V. E.

Ora poi che il Sovrano ed i suoi Ministri son qui ritornati ammaestrati dalla inanità dei loro sforzi, ho creduto dover riassumere 11 corto periodo delle loro illusioni per rilevare quanto il loro linguaggio abbia guadagnato in moderazione e saviezza. Essi dichiarano bensì, ed altamente, che l'indipendenza è nel cuore di ciascun Rumeno; ma aggiungono tosto che mai vorranno comprometterla inopportunamente, e che da ogni avventatezza, come quella che nuocere lor potrebbe, scrupolosamente si asterranno.

Le Loro Altezze che hanno passato lo scorcio dell'estate a Sinaia nei Carpati, ritorneranno definitivamente ne!,!a Capitale dopo le solite manovre autunnali alle quali il Principe Regnante prende ogni anno attivissima parte.

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IL CONSOLE A SCUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Scutari, 28 ottobre 1875.

Mi permetto di chiamare la benevola attenzione dell'E. V. sui rapporti che ho diretto al Ministero concernenti la Mirdizia.

Volli .provare quanto sia importante per l'Italia la questione albanese;

Volli dimostrare che la vertenza mirdita racchiude in sè la questione albanese; e finalmente che è giusto, utile, opportuno profittare della vertenza mirdita per sollevare Ia questione albanese ed indirizzarla a desiderato scioglimento.

Questo sciogli:rnento è, a mio parere, l'indipendenza dell'Albania tutta: formare dell'Albania uno stato che sarebbe assai forte e .potente per reggere alle infiltrazioni greche e per resistere alle inva.sioni slave: uno Stato che per la sua giacitura manterrebbe (insieme a noi) Ia libertà dell'Adriatico, dello Ionio, dell'Egeo e che posto sui fianchi degli Slavi Illirici, Serbi e Bulgari li obbligherebbe a ripiegarsi, se è lecita la frase, sopra se stessi e ne impedirebbe la unione.

Il mezzo per giungere prudentemente a questo scopo mi parve si presentasse nella quistione Mirditese così inopportunamente sollevata dal Governo di Scutari.

Sinora la Mirdizia non ebbe voce in Europa, non espose i suoi reclami: le quistioni tra la Mirdizia e la Turchia non furono se non quiJstioni interne senza risultati ed importanza politica; a mio credere è necessario che l'Europa si impadronisca della quistione, direi che di una vertenza interna si faccia una vertenza europea.

L'Europa assicurerebbe in tal modo la Mirdizia come regolò ed assicurò le condizioni del Libano, della Rumania, del Montenegro, e la Mirdizia non mancherebbe d'influire sulla restante Albania; le tribù Scutarine specialmente non tarderebbero a far causa •comune, rsto per dire a fondersi colla Mirdizia; e quel piccolo paese sebbene arretrato ora nella via della civiltà, indirizzato, sostenuto dai consigli, dall'influenza dell'Europa, fatto egemonico, preparerà l'unità, la trasformazione, l'emancipazione di questa contrada.

Ora le circostanze attuali mi sembrano favorevoli a sollevare la quistione Mirditese che ha in sè il germe della quistione dell'emancipazione albanese.

L'atto del Governatore di Scutari che imprigiona tanti individui, senz'ombra di diritto, è una prova del modo in cui è applicato l'hatti-humayum nell'Impero; dimostra quali sieno in realtà le guarenzie degli abitanti, massime cristiani, ~e guarenzie di cui si menò tanto scalpore; ragione quindi d'intervento diplomatico.

Lo scopo ·cui il Governo tende, di distrurre l'autonomia mirditese, dà ragione nuova d'intervento diplomatico, dà occasione a studiare la quistione mirditese, a definirla, a guarentir la Mirdizia facendole vedere orizzonti nuovi, facendola gravitar meno sulla Turchia e più verso l'Europa;

Si tratta poi in questo caso della distruzione per parte della Turchia di un piccolo paese che ha pur una bella storia, ·che fu sempre ad ~s.sa fedele, che le fu di .grande aiuto; si tratta di esautorare una famiglia che da circa 200 anni regna di fatto sul paese stesso, una famiglia amata e riverita per servizi resi, per gesta di guerra; di privare del suo uffizio, dirò del suo Stato, un giovanetto sotto gli occhi della sua vecchia madre ecc. ecc.

E mentre qu~sta vertenza incalza sorge la questione delle Tribù di Scutari, un'altra quistione albanese, un altro amminicolo della quistione d'indipendenza. Le due quistioni collegate dallo scopo si giovano l'una dell'altra; quella della Mirdizia giova a quella delle T:ribù per la conformità del fine e dei mezzi, e quella delle Tribù giova alla quistione Mirditese facendola più urgente, più facile, più larga.

Queste considerazioni mi fanno credere che il momento non solo sia opportuno per mettere in campo ·la quistione mirditese, per farla passare nel dominio dell'Europa, ma ancora perchè si possa metterla in campo senza destar inquietudini, in via di diritto, come una semplice quistione di giustizia.

Per giungere poi a questo scopo di spingere la diplomazia ad accettare la quistione Mirditese mi parrebbe che si debba ~mporgl.iela col fatto, senz'uscire dai limiti della moderazione. Un'istanza della vecchia Principessa, ed una istanza dei Capi Mirditi ai Gove•rni Europei, un appello all'opinione pubblica per mezzo di giornali più autorevoli ecc. ec,c., basterebbero fortse a preoccupare l'Europa, a chiamare sulla Mirdizia l'attenzione di tutti, in una parola a sollevar la quistione.

Ma io non posso certamente licenziarmi a dar siffatto consiglio.

Non lo posso perchè non ho istruzioni dal Governo, non lo devo perchè probabilmente comprometterei chi lo accettasse. Le Autorità Turche invero non mancherebbero d'infierire contro chi s'attentasse di far quest'atto che ad esse parrebbe di ribellione; nè darei questo consiglio se non per ordine del Governo, il che starebbe quasi a garenzia contro le possibili, le probabili prepotenze turche.

Tuttavia questo mi sembra il partito più savio; mi pare che questa sia la sola procedura da seguirsi per ottenere 'sentenza pronta e favorevole. Lasciare alla Mirdizia l'iniziativa dei reclami (assicurando ad un tempo i reclamanti dalle vessazioni, dalle violenze turche) e questi reclami deferire all'Areopago dell'Eptarchia Europea, il quale procederebbe ad inchieste .per constatarli, ed avanti al quale non tarderebbe a sorgere la quistione di dir_itto della autonomia della Mirdizia e quella di ·convenienza di riconoscere e ·sanzionare quest'autonomia, e forse, come quistione prossima e conseguenza della mirditese, non tarderebbe a sorgere quella deUe altre tribù scutarine.

Non valersi dell'attuale condizione di cose, che mi sembra così bella sotto il punto di vista morale, politico e dell'opportunità, è permettere che la Mirdizia sia cancellata, è ritardare ed anche impedire in futuro l'emancipazione dell'Albania, è darla morente in braccio ai Greci (nella parte inferiore) agli Slavi (nella parte supe·riore), un danno generale, ed a me pare, specialmente nostro.

Io mi tengo nella più grande riserva, desiderando :solo, ,s.e non è indiscrezione, di conoscere le intenzioni del Governo di Sua Maestà onde avvivare negli Albanesi la fede nell'Italia e la speranza nei destini della loro patria, ed ove il Governo mi consenta qualche libertà d'azione non mi sarà difficile far sì che, l'agitazione albanese perdurando, abbia la quistione, mercè persone influenti l'indirizzo accennato dapprima e quello sviluppato che reputo più acconcio per giungere allo scopo.

Ad ogni modo gradisca l'E. V. questa esposizione e quei rapporti che son venuto dettando sulle cose della Mirdizia e li abbia a prova della mia buona volontà pel servizio...

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 482. Roma, 29 ottobre 1873.

Le notizie pervenute a questo Ministero circa ·le trattative da vario tempo pendenti fra il Brasile e l'Argentina per la delimitazione dei territori rLspettivi verso le frontiere del Paraguay, fanno temere che abbiano a rinascere fra quei due Stati delle gravi complicazioni.

Negli ultimi tempi, come V. S. potrà rilevare anche dai do·cumenti diplomatici trasmessi a codesta Legazione, la vertenza dei confini della provincia del Chaco aveva condotto il Generale Mitre all'Assunzione dov·e il Barone d'Araguaya rappresentava gli interessi del Brasile in quella quistione. Pare che il punto sul quale andarono rotte le trattative fu il posses.so di Villa Occidentale colonia di recente fondazione ·che l'Argentina vorrebbe acquistare nella zona che le sarebbe assegnata e che H Paraguay, sostenuto dal Brasile, rifiuta assolutamente di cedere.

Quando altra volta lo stato delle relazioni fra J'Argentina e H Brasile fece temere una guerra fra i due Stati più importanti dell'America Meridionale, il Governo Francese desiderò intendersi con noi per esercitare un'azione diplomatica moderatrke tanto a Buenos Ayres quanto a Rio Janeiro dove l'Italia e la Francia subirebbero gravissimi danni commerciali se scoppiassero le temute ostilità.

L'identità degli interessi in questa quistione essendo sempre la medesima per l'Italia come per la Francia, noi vedremmo con molto piacere che i rappresentanti rispettivi presso l'Argentina ed il Brasile ricevessero anche questa volta

iskuzioni di agire ·concordemente, consigliando ai due Governi moderazione e pace. Ella vOTXà pertanto tenere pam1a di quanto Le venni fin qui esponendo con S. E. il Duca di Broglie e ,sentire da lui s'egli partecipa a questo nostro modo di vedere.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1237. Berlino, 29 ottobre 1873 (per. il 2 novembre).

Dans la visite que j'ai faite hier au Secrétaire d'Etat, j'ai amené la conversation sur les événements qui se préparent en France. Dans ces derniers temps, le Comte d'Arnim avait envoyé des informations contradictoires sur les chances de la Restauration Monarchique. Mais M. de Biilow estimait, d'après l'ensemble des nouvelles, que les RoyaHstes avaient maintenant le vent en poupe et qu'ainsi, malgré les dénégations de M. Thiers entre autres, la majorité de l'assemblée nationale se prononcerait favorablement. Selon des prévisions ass-ez fondées, le changement s'opérerait :sans de graves troubles. Les diffi.cultés se prés-enteraient plus tard, ·car il est difficile d'admettre qu'un prétendant arrivant au trone après quarante ans passés en exil, dans une retraite où il a vécu en dehors du tracars des affaires, sache se plier aux exigences de sa nouvelle position. I·l es-t donc à prévoir qu'il s'abandonnera à l'un des partis qui ont le plus contribué au triomphe de rsa cause, à celui de,s Royalistes purs, au risque d'amener une sdssion profonde dans le pays. Quoi qu'il advienne, le Cabinèt de Berlin n'a pas à s'immiscer dans une question intérieure. Il ne ,suscitera donc aucun obstaC!le. De son cOté il entend et prétend que la France s'abstienne également d'intervenir dans les affaires d'autrui. Un échange de vues a eu Heu à Vienne lo11s de l'entrevue récente des Empereurs d'Autri:che et d'Allemagne ainsi que de leurs premiers Ministres, et c'est dans ·ce sens qu'on s'est exprimé de part et d'autre. On est décidé à veiller résolument au maintien de la paix dont le besoin est si généralement .senti, et on aura soin de faire •comprendre au Gouvernement, quel q'il soit en France, que la conservation de cette paix et le respect des faits accomplis notamment en Ital.ie sont les conditions indispensabl,es de bons rapports avec le Cabinet de Vel'ISailles.

Tel a été en substance le langage de M. de Biilow.

Il est évident qu'un état de choses •comme avant le 24 mai, répondrait mieux aux désirs du Cabinet de Ber·l.in comme aux nOtre.s. Une république existant à la condition de ménager tous les partis, serait moins en mesure de reprendre un role sérieux à l'étranger. Les Puissances la laisseraient en quarantaine de crainte de s'allier à un Gouvernement soutenu par des éléments si disparates et qui pourrait passer entre [es mains des •radicaux et meme des démagogues. Il n'en serait pas de meme en présence de .l'intronisation du Comte de Chambord. La cause de la Légitimité compte des partisans avoués ou secrets dans plus d'une Cour étrangère.

7 -Documenti diplomatici -Serie Il -Vol. V

L'isolement de Ja France pour peu que ses conditions intérieures présentassent quelque garantie de stabilité, serait alors bien près de cesser. Et pour ne patler que de l'Autriche, Henri V n'y rencontrerait-il pas de nombreux adhérents à la Cour? Les Princes dépossédés en Allemagne et en Italie reveraient et rechercheraient les memes succès. En outre, si le Chef de la Maison des Bourbons identifiait ISa ·cause avec celle du Saint-Siège, ne rallierait-il pas !es sympathies d'un certain nombre de Catholiques quand ils se verraient dans le cas d'opter entre leurs convictions religieuses et le sentiment patriotique? D'ailleurs derrière la tapisserie il y a les Orléans, et ceux-ci inspirent ici moins de confiance encore que le Comte de Chambord.

Bref, le Cabinet de Berlin pense devoir veiller l'arme au bras, et redoubler de précautions pour prévenir J'adversaire s'il faisait mine de lui chercher quereHe. A .ses yeux, une autre guerre est inévitable. Ce n'est qu'une question de temp1s. L'Italie ne peut que partager ces défiances, et se mettre en mesure de parer à l'orage.

Les élections primaires pour la •seconde Chambre prussienne ont eu lieu hier. D'après Jes résultats connus le Gouvernement aura Ja majorité.

Le Roi Jean de Saxe a succombé ce matin à sa longue maladie, l'ossification de J.'aorte. Je partirai demain, ainsi que d'autres de mes collègues également accrédités à Dresde, pour assister aux funérailles.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 337. Pietroburgo, 29 ottobre 1873 (per. il 4 novembre).

In un colloquio ·Che ho avuto oggi col Direttore del Ministero Imperiale domandai a S. E. se il Generale Leflò, le di cui simpatie ed attenenze legittimiste sono ben note, gli avesse tenuto discorso che si riferisse agl'intendimenti del Conte di Chambord 'relativamente alla politica estera in previsione del suo avvenimento al trono di Francia. Il Signor di Westmann mi rispose di sì e mi disse due volte di ;proprio moto che l'Ambasciatore di Francia gli avea assicurato che

• era una niaiserie il supporre che Enrico V av,rebbe pensato a ristabilire il potere temporale del Papa, e che egli intendeva de ne pas dévier d'un cheveu dalJ.a politica di M. Thiers •.

Il Direttore del Ministero Imperiale insistette meco sulla saviezza di tali intenzioni, ma osservò ·che forse i raggiri de' famigliari politici che Enrico V sarebbe obbJigato di chiamare al palazzo lo avrebbero indotto a la!sciare la strada diritta. S. E. conchiuse dicendomi: • ce qui est à craindre ce sont les folies blanches •.

Il linguaggio dell'Ambasciatore di Fran~ia, il quale è depultato all'Assemblea Nazionale, e parte per andare a votare in favore del Conte di Chambord merita, lo ·credo, di essere riferito all'E. V., massime ·che gli assicuramenti da lui dati riguardano allo stesso tempo l'Italia e la Polonia.

Chiesi al Signor di Westmann se credesse che il Generale Leflò avesse avuto missione ufficiosa di parlare nel senso sopra esposto e S. E. mi rispose che l'insistenza dell'Ambasciatore sull'argomento gli permetteva di supporlo.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARI9"I, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 451. Parigi, 30 ottobre 1873, ore... (per. ore 2,22 del 31).

On publie à l'instant manifeste du Comte de Chambord sous forme de ~ettre à M. Chesnelong. Le Comte de Chambord déplore qui un courant ait emporté l'opinon publique à prétendre qu'il consentirait enfin à devenir le Roi légitime de la révolution. Il dit qu'il ne retracte rien de ses précédentes déclarations, il maintient avec la plus grande énergie drapeau blanc, et refuse toutes conditions ou garanties.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 452. Parigi, 31 ottobre 1873, ore 15,20 (per. ore 19,20).

La lettre du Comte de Chambord produit une impression profonde. On considère la restauration par les moyens légaux comme impossible. Le parti républicain e1st .plein de confiance. Une réunion nombreuse du centre gauche, après avoir pris connaissance de la lettre, a déclaré à l'unanimité que le moment était venu de sortir du provisoire et d'organiser la république conservatrice. L,'attitude que va prendre le ,parti monarchique 'constitutionnel est encore douteuse.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 306. Costantinopoli, 31 ottobre 1873 (per. il 7 novembre).

Come ho avuto l'onore di annunziar per telegrafo all'E. V., giunsi qui lunedì scorso e l'indomani fui 'ricevuto in udienza particolare dal Gran Vezir e da Rachid Pacha.

S. A. il Gran Vezir che era per me una vecchia conoscenza e col quale ho mantenuto sempre le migliori relazioni personali, mi fece il più lieto accoglimento. Mi 'Congratulai seco lui delle decretate riforme, fra le quali la più importante è la secolarizzazione dei beni dei così detti • Vacoufs •, e gli dissi essere ora da sperare 'che l'attuazione e l'applicazione della medesima si faccia con prontezza e vigoria, dappoiché non gli celai che l'opinione pubblica in Europa, non rendendosi ben ragione di tanti repentini mutamenti ,succedutisi da qualche tempo nelle alte sfere della Amministrazione Ottomana, guardava ormai con qualche diffidenza tutto ciò che emana dal Governo della Sublime Porta.

Aggiunsi però al Gran Vezir che pel prestigio personale di cui godeva e pei suoi antecedenti egli era riputato J'uomo più adatto a mettere in pratica riforme così ardite come quelle annunziate nell'ultimo Iradè del Sultano, ed io quindi gli augurava un lungo e prosperevole Veziriato.

Sua Altezza mi ringraziò dell'augurio e mi disse che egli non si dissimulava le difficoltà che l'applkazione delle decretate .riforme avrebbe incontrato, ma che non bisognava nemmeno esagerarle. Il Sultano, ci soggiungeva, era grandemente restìo a decretare la secolarizzazione dei • Vacoufs •, ch'ei riteneva, produrrebbe fortissimo malcontento pre.sso tutta la classe degli Ulema; era ora che ha toccato ,con mano come questo importante provvedimento sia stato accolto con rispettosa rassegnazione e deferenza, Sua Maestà non solo è contento d'aver dato questo gran passo, ma è il primo a spingere il Governo alla pronta applicazione di sì grave riforma.

Infatti Sua Altezza mi assicurava che tutte le commissioni erano nominate e procedevano alacremente nel loro lavoro.

Presi con ciò commiato dal Gran Vezir e mi condussi dal Ministro degli Affari Esteri, Rachid Pacha, che mi fece pure grata e lusinghiera accoglienza. Dissi a S. E. ·che prima di partire pel mio congedo, io lo avevo già preconizzato al Governo del Re come Candidato al Ministero degli Affari Esteri, epperò appresi in Italia con viva soddisfazione che la mia previsione erasi avverata e che S. M. il Sultano, nominandolo a quel posto, avea ratificato la scelta già fatta dalla pubblica opinione. Dissi a S. E. che ero pur lieto di vedere che nessuna quistione d'importanza divideva in questo momento i due Governi, la qual cosa rendeva a me più facile l'adempimento delle istruzioni ricevute dal Governo del Re, di mantenere cioè e ·Coltivare le buone relazioni felicemente esistenti fra il Regno d'Italia e l'Impero Ottomano.

S. E. mi ringraziava in risposta e mi assicurava che non meno vivo era in lui il desiderio di vivere in buoni rapporti col Rappresentante del Governo Italiano, che egli si congratulava quindi sinceramente del mio ritorno, sebbene fosse suo debito il dire che egli non aveva avuto che a lodarsi della condotta serbata dal R. Incaricato d'Affari, Cavalier Cova, col quale avea sempre mantenuto le migliori relazioni.

Accennai brevemente alle difficoltà tuttora esistenti fra la Turchia e l'Austria pel noto Memorandum sugli Affari della Bosnia; ma sia che la presenza di Sadyk Pacha e del R. Interprete imbarazzassero Rachid Pacha, sia per altre ragioni che lo rendessero cauto e circospetto nel trattare sì delicate questioni, la dsposta che ne ebbi fu assai vaga, essendosi S. E. limitata ad esprimere la fiducia ,che tale quistione verrebbe composta in modo soddisfacente per entrambe le parti.

Io non credetti dal mio canto, in una prima udienza di cortesia, spinger più oltre le mie investigazioni e presi congedo.

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IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 31 ottobre 1873.

Non devo nascondervi che sono perfettamente al bujo, su quanto in occasione della visita fatta qui dall'Imperatore di Germania fu detto fra i due Sovrani e fra i loro Primi Ministri. Andrassy non si lasciò più vedere; ed do stimai miglior consiglio non cercar di saper ciò che non mi si diceva, la mia riserva doverosa fa ritenere che io fossi informato per altre vie. Se dunque ne sapete voi qualche cosa da Keudell, mi farete piacere rendendomene consapevole. Sino a più precise informazioni però, credo nulla ,si sia fatto di grosso, bastando tanto da una parte come dall'altra la pubblica constatazione del ripristinamento delle cordial,i relazioni fra i due Imperatori. Ad accentuar un tal fatto, si volle marcatamente abbondar nel reciproco scambio di ,cortesie, e quindi l'accoglienza fatta dalla Corte all'Imperator Guglielmo fu notevolmente più festiva di quella fatta al Re nostro. Di ciò però io non credetti dover aver l'aria d'accorgermi, ma più che mai dovetti

convincermi dell'inopportunità di testimoniar dal canto nostro una speciaLI. gratitudine. Quindi persisto nel mio avviso, non sia del caso di conferir decorazioni ai Personaggi della Corte Imperiale, e conseguentemente in tal senso, e molto esplicitamente anzi, risposi ad Aghemo che in nome di Sua Maestà richiedevami di formolar proposte. Forse da solo non sarò riuscito a persuader il Re, ma se gli parlerete Voi pure nel medesimo senso non dubito riusciremo, e sarebbe v'accerto una buona cosa. Relativamente poi alle decorazioni a darsi all'ufficialità, locchè fu oggetto d'una poco velata domanda ,ch'ebbe a farmi il generale Maroicic, ebbi già ad esprimervi nettamente il mio parere in un rapporto ufficiale, quindi credo inutile ritornarvi sopra. Se la parata vi fu, ciò ebbe luogo perché io insistetti perché si facesse, prevedendo il cattivo effetto che avrebbe fatto l'astensione, il voler però ora dar un'importanza speciale a quella rivista, potrebbe riuscir increscioso all'Imperatcre ne ho la quasi certezza, e quindi non fosse che per questa ragione non sarebbe da farsi. Non guastiamo l'effetto prodotto qui dalla visita del Re, esso fu ottimo vi assicuro, ed ho luogo di sempre maggiormente convincermene. La corda era tesa, ma nol fu lsoverchiamente, questo fatto per parte nostra fu constatato, e tutti ce ne son grati, non guastiamo menomamente ora ciò che così bene riescì.

Qui ,si è abbastanza in apprensione per ciò che succederà in F,rancia senza

però ben saper ciò che ,gi desidererebbe. Andrassy non ,gi lascia più veder, partì

per l'Ungheria alcuni giorni sono, e mi fu detto al Ministero Esteri che vi re

sterebbe tre mesi almeno! Qui siamo ridotti a parlar coll'Hofmann, il quale è in grado di dir meno che poco, poco sapendo lui stesso. E' questo uno strano stato di cose, e che mi par difficile duri a Jungo; intanto noi viviamo al bujo, e mi sarà quindi difficile darvi informazioni intorno alle impressioni ed agli intendimenti di questo Governo in riguardo a quanto può succeder in Europa.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 31 ottobre 1873.

Aggiungo una riga al ~apporto politico d'oggi per ~iferirle una circostanza che Le proverà quali sieno state fino all'ultimo momento le illusioni dei Costituzionali sulle vere intenzioni del Conte di Chambord. Vi fu ieri l'udienza settimanale ordinaria al Ministero dell'Estero che venne interrotta da un urgente invito recato al Duca di Broglie di rendersi presso il Maresciallo di Mac Mahon. Il Conte di Alrnim fu quindi l'ultimo ricevuto dal Ministro che gli disse non esservi più dubbio sulle concessioni fatte dal Conte di Chambord e aggiunse che in verità senza tali ·concessioni la restaurazione sarebbe divenuta impossibile. Il Conte di Arnim mi ha or ora ~ipetute queste parole. 11 colpo non sarebbe dunque giunto meno inaspettato al Duca di Broglie che al pubblico.

Si è fino~a nella più completa oscurità intorno alle circostanze che possano aver fatto receder così risolutamente il Conte di Chambord da quelle più concilianti dichiarazioni ch'esso pure aveva fatta al Signor Chésnelong. Gli uni ne cercano la ragione nella cer.tezza che la frazione monarchica avrebbe acquistata di non poter riunire nell'assemblea una sufficiente maggioranza. Il Conte di Chambord avrebbe quindi voluto mettere anzitutto in salvo l'onore. Altri dicono che veramente i suoi mandatari per eccesso di zelo si erano troppo avanzati. Ma in tale caso, pevché una smentita, segnatamente sulla questione della bandiera, non sarebbe ella giunta più pronta?

Le parole del manifesto: • sono pronto quando si vorrà, domani, questa sera, sino da quest'istante • o le altre: • Trattasi di non temere d'impiegar la jo1·za al servizio deH'ordine e della giustizia • raffrontate a un telegramma della Liberté che assicura essere il Conte di Chambord partito iermattina, 30 ottobre, da Frohsdorf per una sconosciuta destinazione, aggiungendo che si credeva poter essere questa il castello di Chambord, non renderebbero neppure ridicola, in questo momento di suprema eonfusione, la supposizione che possa essere tentato un colpo di sorpresa coll'ajuto di Charette e di qualche reggimento d'ex zuavi pontifici. Ma mi affretto a dirle che accenno ad una tale eventualità, per poco probabile che sia, soltanto per dovere di vigilanza e non perchè io abbia nessun dato più positivo fino a qu~sto istante.

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IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 222. Vienna, l novembre 1873 (per. il 9).

Il sempre crescente deprezzamento di tutti i valori alla borsa, la cdsi industriale e •commerciale ·che cominciava a farsi acuta ed il pericolo sociale che sorgeva minaccioso precipuamente in seguito al temuto fallimento delle banche di costruzione, obbligarono il Governo Austriaco e persino il Barone De Pretis, sino ad ora ·contrario a qual!siasi provvedimento, a ·studiare seriamente i mezzi di porre riparo a tanta rovina, anche a costo di intervento diretto per parte dello Stato. Il Governo Ungherese instava già da lunga pezza perchè si adottassero efficaci provvedimenti; e ciò è ben naturale qualora si consideri che in Ungherja la crisi ha assunto proporzioni ancora più gravi che nella Cisleitania, e che essa è meno di questa in grado di lottare contro il male incalzante per i mancati raccolti, la minore ricchezza, la confUJsa amministrazione e lo stato precario delle finanze dello Stato.

Taluni asseriscono che il Governo prussiano avrebbe, alcuni mesi or sono, proposto all'Austria un prestito per il ristabilimento della valuta metallica. Come mi risulta da più fonti bene informate l'offerta del prestito è stata rinnovata ora per porre l'Austria in possesso dei mezzi necessari a lenire la crisi. La proposta sarebbe stata fatta all'epoca della il'ecente dimora dell'Imperatore di Germania in Vienna; il noto banchiere di Berlino Blekhrodeil' ne è l'inte·rmediario. La Pil'ussia toglierebbe n danaro da uno dei suoi • fondi •, tra i quali s'indica principalmente quello degli • Invalidi •, forte di 100 milioni di talleri, lo darebbe al Bleichroder, il quale alla sua volta lo cederebbe all'Austria. Il Gove:rno Austll'oUngarico trasmetterebbe la somma ricevuta in danaro metallico alla Banca Nazionale, ·la quale in base a questa riserva, porrebbe a dispolsizione del Governo delle Banconote.

Si comprendono facilmente, a mio avviso, i motivi che indussero il Governo di Berlino a tale proposta. Essi sono, a mio credeil'e, il desiderio di utilizzare nel miglior modo possibile i molti fiorini d'argento austriaci che avevano corso in Germania e furono recentemente posti fuori di circolazione; la convenienza di un impiego lucro1so e abbastanza sicuro 1per alcuni capitali disponibili nelle sue casse; infine l'alto scopo politico di !l'endere dipendente l'Austria anche finanziariamente, e cattivarsi la benevolenza dei ciil'coli commerciali ai quali apparirebbe come salvatoil'e. Ed in fatto il Ministro De Pretis ed i principali banchieri di Vienna, ·consci di queste ·cause, non accolsero sino ad ora con molto favore le offerte prussiane; quest'ultimi dichiarano che il Governo può venire in soccorso della borsa e del ·Commerdo ·colla emissione di 80 milioni di rendita, alla quale ha ancora facoltà per legge e che darebbe alla banca quale guarentigia.

Il Ministero Ungarico, e come sembra anche quello degli Esteri propugnano però l'opinione di contrarre il prestito colla Prussia; lo stato della crisi incalza; il pericolo di un aumento sensibile dell'agio è temuto da tutti. Credo quindi che la proposta del Governo di Berlino, la quale è chiaramente formulata, può venire accettata da un momento all'altro.

Tutta questa faccenda, così singolare nella sua forma e nella sua essenza, è, come già dissi, di o11igine recent1ssima e tenuta segreta. Merita però, a quanto parmi, la maggiore attenzione anche per parte nostra, e non mancherò di ragguagliare l'E. V. di tutti i particolari che mi isarà dato raccogliere su questo :rilevante argomento.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2202. Parigi, 6 novembre 1873 (per. il 9).

Ho l'onore d'inviare all'E. V. il messaggio indirizzato dal Presidente della Repubblica all'Assemblea nazionale che fu letto ieri, nella seduta di iriapertura, dal Vicepresidente del Consiglio dei Ministri Duca di Broglie.

Dopo aver spiegata e giustiHcata la condotta del Governo durante le vacanze parlamentari, il p,residente presumendo che l'AssembJea in seguito alle recenti emozioni giudicherà difficile nello stato presente dei fatti e degli animi lo stabilimento d'una forma qualsiasi di Governo che impegni definitivamente l'avvenire e vorrà piuttosto conservare alle istituzioni esistenti quel carattere che permetta di tener stretti intorno al potere tutti senza distinzione di partito gli amici dell'ordine, espr,ime H voto che sia data una sufficiente stabiJità al depositario del Potere esecutivo e ,che 1a sua autorità sia accresciuta con leggi abbastanza efficaci per s,coraggiare i faziosi e far ubbidire i funzionari pubblici. Tra queste sono sino ad ora espressamente designate una nuova legge sulla stampa ed una sulle muni,cipalità.

Due paragrafi del messaggio si riferiscono alla politica estera. Il primo dice:

• L'Europa, assicurata della nostra ferma dsoluzione di mantenere la pace, ci vede senza tema dprendere posse,sso di noi stessi. Ricevo da tutte 'le Potenze la testimonianza del loro desiderio di vivere con noi in ,relazioni d'amicizia •.

Il secondo tende ad aprire la prospettiva di alleanze e d'una situazione internazionale più sicura, alla condizione che sia data al Potere una maggiore stabilità. • Nelle relazioni ,cohle Potenze estere, così s'esprime il Messaggio, la politica non può acquistare queJlo spirito di sequela e di perseveranza che solo alla lunga in1spira la fiducia e mantiene o ristabilisce la grandezza d'una nazione •.

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IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 225. Vienna, 7 novembre 1873 (per. il 10).

Come ebbi l'onore di informare l'E. V. con mio rapporto di questa Serie

n. 222 (l) la Prussia propose all'Austria un prestito, col danaro di qualche fondo

dello Stato, per combattere la ~~isi commerciale e di borsa. Questa proposta fu fatta per mezzo del Banchiere Blel<:hroder; a quanto mi si assicura da buona fonte anche il Principe di Bismal'ck n~ av,rebbe però fatta parola al Conte Andrassy, all'epoca del suo ~recente soggion!o in Vienna. Questa proposta diventò vagamente nota nel pubblico, e riescì impopoJ.arissima in certi circoli austlriaci, che la l'iguardano come un'umiliazione; segretamente il Barone De Pretis e la burocrazia austriaca ne combattono l'accettazione. Il btsogno di danaro è però qui urgente ed è ben difficile il procurarselo; il Governo tenta quindi di conciliare due 'concetti, a mio avv1so inconciliabhli; esso vorrebbe prendere H danaro prussiano, e 5alvare nel tempo stesso le apparenze, facendo credere che proviene da aJ.tra fonte. Ecco il progetto ·che si sta ventilando: il Governo inv<iterebbe i banchieri austriaci a dargJ.i del danaro; un gruppo di questi, costituito segnatamente da Rothschild, dalla Creditanstalt (istituto che ha stretti legami con Rothschild) e dalla Casa Springer, 'si presenterebbe per soddilsfare la domanda; nel tempo stesso però conoscerebbe anticipatamente quali casse e fondi prussiani, ed a che ·condizioni, somministrano la somma. Il tutto sarebbe una \specie di commedia, allo scopo di calmare ·certe suscettibilità. La somma sarebbe di circa cento milioni di fiorini 'in argento; le condizioni poste dalla P·russia sono piuttosto miti; si rparla di lungo tempo e di interesse non \superiore al 5 per cento;

questi particolari non sembrano però essere stabiHti più che genericamente.

Mi .si assicura, ed io trovo naturale e verosimile, che il Principe di Bismarck, se si dimostra corrivo e faciJ.e nelle ·condizioni finanziarie, tiene però fermo a quel·le politiche, cioè a un accordo diplomatico per future pO'ssibili eventualità.

Tutta questa faccenda viene tenuta gelosamente segreta; ha però una probabilità • di tre quarti • che venga posta a esecuzione, in considera2lione delle strettezze dell'erario e delll'urgenza di porre riparo alla crisi. H Ministro delle finanze asserisce 'che questi motivi sono di rilevanza secondaria per conchiudere un prestito, Io scopo principale del quale \Sarebbe di facilitare il ristabilimento della valuta metallica; non si presta però, anche negli organi più autorevoli della stampa, grande fede in questo risultamento; e credo che la dichiarazione del Ministro sia piuttosto diretta, almeno per il momento, a solleticare l'amor proprio nazionale; si vuole ammettere un alto scopo ma non sveiare troppo apertamente l'acerbità deLla ciTisi.

Taluni QPinano per altri provvedimenti, i quali tutti riuscirebbero ad una

emissione, più o meno simulata e non controbilanciata da serie guarentigie, di

note dello Stato o della Banca; è inutile dimostri all'E.V. gli effetti perniciosi

di simili misure.

(l) Cfr. n. 136.

139

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ

D. 22 Roma, 9 novembre 1873.

Le sarà probabilmente noto che nell'ultimo congresso dell'Internazionale venne stabilito che H consiglio belga di questa as,sociazione debba servire d'ufficio centrale per gli anni 73 e 74. Questo Consiglio ha già assunto le sue funzioni e vennero da esso diramate circolari per sollecitare l'attuazione delle risoluzioni demagogiche e :rivoluzionarie prese a Ginevra, avvalendosi in Francia del movimento che avrebbe potuto produrvi una restaurazione monarchica, ed in Italia del malcontento per il caro dei viveri. Sembra anzi che presentemente quel consiglio stia pur preparando una circolare per istruire le varie sezioni sui mezzi che esso reputa pratici e conducevoli alla rivoluzione.

Già altre volte codesta Legazione ebbe occasione di trasmettere al Ministero elaborate relazioni ed utili notizie sulla organizzazione della setta predetta nel Belgio, le quali tornarono sommamente utili al R. Governo. Io prego quindi tanto Lei quanto il Barone Blanc, allorquando sarà ritornato al suo posto, di continuarmi tali informazioni, giovandosi pure del concorso di codeste autorità superiori di polizia, le quali ci furono in passato sempre cortesi d'interessanti dati sui propositi e l'ordinamento dell'Internazionale in Belgio.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE A SCUTARI, BERIO

D. 41. Roma, 9 novembre 1873.

Ho ricevuto i pregiati Rapporti di V. S. fino al N. 10 di questa Serie inclusivamente e La ringrazio delle interetssanti notizie che EHa mi ha per essi fornite sull'andamento delle ,cose in Albania.

La situazione ,generale delle cose politiche consiglia anche agli Stati che per le loro condizioni interne godono di una libertà di azione molto maggiore dì quella 'che può avere per ora l'Italia, un contegno molto riservato negli affari relativi alla Turchia. Appena dunque è mestieri ch'io ricordi a V.S. Illustrissima che una condotta che non fosse regolata dal sentimento della necessità di non impegnare il Governo in quistioni di tal fatta non sarebbe approvata dal Ministero.

In considerazione della materia cui si riferiva il rapporto del 18 ottobre

N. 9 (l) fu riunito alla corrispondenza politica di codesto R. Ufficio. In quella relazione dopo avermi fatto conoscere i passi fatti presso di Lei da alcuni padri Missionarii per ottenere la protezione del Consolato nel disimpegno delle loro faccende, la S.V. mi chiedeva istruzioni circa il contegno che Le converrà di serbare verso quegli ecclesiastici.

Di regola generale, i consigli che dà il Ministero ai 1suoi Agenti all'Estero, e specialmente ,in Levante, per norma della loro condotta nelle vertenze religiose, suonano astensione. Il principio che il Governo Italiano non ha mai cessato di affermare in faccia all'Europa è quello del più scrupoloso rispetto delle credenze religiose che noi abbiamo massimo interesse a sceverare da ogni quistione politica.

Egli è perciò ·che non crediamo utHe di seguire J.'esempio di altri Governi Europei, proc1ivi, per antka tradizione e per circostanze speciali, a far proprie le controversie religiose che talora si agitano in Levante. Ella vottà adunque tenersi lontana da qualsiasi atto ·che possa parere di intromissione in quèlle controversie, limitandosi alla proteZiione degli interessi dei sudditi italiani come tali: a questa .protezione il R. Gove~no non rinunzia naturalmente in alcuna guisa, ma deve anzi esercitarla in tutta Ja sua pienezza a tutela delle persone e degli averi dei nazionali, senza alcuna distinzione fra laici ed eeclesia1stici. A noi, che non d arroghiamo un patronato esclusivo sulle istituzioni cattoliche che mettono capo a Roma, conviene escludere ogni sospetto a questo Tiguardo, e spetta agli Agenti di Sua Maestà il ben determinare il carattere della loro azione, dedicata in modo efficace ed esclusivo a vantaggio degli italiani residenti nel rispettivo distretto.

(l) Cfr. n. 120.

141

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 9 novembre 1873.

Il giorno 2 prossimo Dicembre S.M. l'Imperatore Francesco Giuseppe compierà il suo venticinquesimo anno di Regno. Tal .giubileo verrà solennemente festeggiato in tutta la Monarchia, e l'Impe·ratore verrà a Vienna per ricevervi le rappresentanze delle ·Città del.l'Impero etc. etc. Parrebbemi quindi non solo conveniente, ma anche indispensabile, che in tal giorno S.M. il Re gli mandasse un telegramma di felicitazione, e ciò tanto più dopo l'accoglienza testè fattagli dalla Corte Imperiale, circostanza di cui potrebbe anche venir fatta menzione nel telegramma. Crederei poi ancora opportuno ·Che ,senza ritardo v'informa1ste da De Launay, nonché da chi regge la R. Legazione a Pietroburgo di cosa si propongono di far in tal circostanza ~e ·corti di Prussia e di Russia. Dal canto mio cercherò pur di :saper qualche ·cosa •in proposito da Schweinitz e da Nowikoff e di quanto mi riescirà cono·scere v'informerò senza ritardo, si-ccome però la cosa è più delicata e difficile da scandaglia~s:i qui, sarà bene intanto come mi permisi di suggerirvi che v'indirizziate tosto a Berlino ed a Pietroburgo. Voi sapete che io non sono mai dell'avviso di abbondar di cortesie verso la Corte di Vienna, ma se non 1si deve far troppo, neppure devesi far troppo poco. L'esempio quindi della Russia sarebbe parmi il miglior a seguirsi in questa 'Circostanza trovandosi per l'appunto in questo momento lo Tzar in analoghe circostanze del Re nostro a fronte dell'Imperatore Francesco Giuseppe.

In occasione del giubileo Imperiale, il Conte Andrassy ritornerà egli pure dall'Ungheria, e s'arresterà forse un pajo di giorni a Vienna, quello sarebbe il momento conveniente per rimettergli le insegne dell'Ordine dell'Annunziata che Vi pregherei quindi di fa11mi tener in tempo. Il ritardar più oltre il confer.imento di tal onorificenza annunziata da Sua Maestà mentre trovavasi a Vienna sarebbe farne fallir del tutto l'à propos. Spero vivamente Su~ Maestà abbia rinunciato all'intenzione di conferire decorazioni alla Corte Austriaca, ma se ciò non fosse, pregherei almeno si ritardasse a farmene la spedizione, H conferimento del Collare al Conte Andrassy dovendo essere un fatto isolato, affin di conservargli la portata politica che deve avere.

Fregandovi di farmi poi conoscere le determinazioni prese da Sua Maestà in tutto ciò che forma oggetto di questa lettera...

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI

D. s. N. Roma, 11 novembre 1873.

Il Governo federale svizzero, rispondendo al R. Ministro in Berna circa la voce corsa di una incetta di carabine per parte di alcuni emissarj del generale pontificio Kanzler, ha dichiarato che dalle investigazioni intraprese nulla ebbe ad emergere ~che stabilisca la sussistenza di questo fatto. Esso ha fatto osservare che dai pubblici depositi non fu distratta alcuna di quelle armi senza che risulti per parte di chi, e per qual motivo, ed ha la persuasione che le Polizie Cantonali non potrebbero ave~r ,celato la contravvenzione in cui sarebbero incorsi taluni privati facendo provvista di armi da guerra in una certa quantità. A ciò si aggiunga ~che al confine franco-svizzero sono in vigore tali cautele da doversi ritenere come as,solutamente impossibile che le armi sopraccennate abbiano potuto essere spedite dalla Svizzera verso Marsiglia.

Il sottos~critto si pregia di dare partec,i,pazione di quanto sopra al Ministero dell'Interno in risposta alla Nota del 20 palssato ottobre N. 8342 Gab., (l) e crede opportuno altresì di fargli conoscere come il Presidente della Confederazione Elvetica abbia personalmente assicurato il R. Ministro che sarà esercitata, per nostra sicurezza, un'attenta v,igilanza sulle compere di armi da guerra, e gli sarà prontamente comunicata ogni notizia che potesse offrire qualche importanza per noi.

143

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 9086. Roma, 16 novembre 1873 (per. il 17).

Mi è a'ssicurato che Ja Sezione ginevrina di propaganda rivoluzionaria diramò una circolare ~colla quale avverte che respingerà sempre quaLsiasi proposta

che gli possa venir fatta dal partito bonapartista per il ristauro dell'impero, facendo concorrere gli operai internazionalisti al plebiscito. Tal circolare è firmata da diversi tra coloro che furono capi della Comune di Parigi. Ho stimato opportuno di dare questo cenno all'E.V. per conveniente sua notizia.

(l) Non pubblicato, ma cfr. n. 122.

144

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A WASHINGTON, CORTI

D. s. N. Roma, 17 novembre 1873.

Ho l'onore di comunicare qui unito alla S.V. copia di una lettera che mi ha tcstè indirizzato il Ministro britannico a Roma, allo :scopo di esprimere ai Governo del Re la soddisfazione di S.M. la Regina per J.a maniera nella quale Ella seppe disimpegnare le funzioni attribuitele nella Commissione stabilita secondo l'Art. XV del Trattato di Washington per l'assestamento dei reclami dei cittadini inglesi ed americani contemplati nell'articolo stesso.

Mentre mi compiaccio di porgerle le mie felicitazioni per questa graziosa testimonianza di S.M. la Regina della Gran Bretagna, che, meritata dalla S.V. ridonda eziandio ad onore del Governo e della rappresentanza diplomatica italiana...

145

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ

D. 23. Roma, 17 novembre 1873.

Il Ministero dell'Interno m'informa che il Consiglio federale internazionalista del Belgio ha dato avviso alle varie Sezioni dell'Internazionale negli altri Stati che nei giorni 25 e 26 del prossimo dicembre si terrà a Gand il quarto Congresso annuale della As1sociazione, e ·che in quella occasione sarà svolto l'ordine del giorno di cui V.S. Illustrissima troverà qui unita la copia.

Naturalmente il predetto Dicastero rinnova, a questo proposito, l'espressione del suo desiderio di ricevere, a 1suo tempo, le maggiori informazioni possibili sull'operato di quella adunanza settaria.

Richiamando quindi, da parte mia, quanto ebbi a scrivere a V.S. col recente dispaccio n. 22 di questa serie (l) circa il costante interessamente che il R. Go

verno attacca alle notizie relative ai maneggi della Internazionale, io La prego di tenere presente l'oggetto della detta comunicazione ora fattami dal Ministero dell'Interno, onde anche sopra di esso vengano forniti i dati richiesti.

(l) Cfr. n 139.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 409. Bucarest, 17 novembre 1873 (per. il 25).

L'Inviato Ottomano presso la R. Corte ha dovuto dar contezza a V.E. di una circolare indirizzata il 24 settembre ultimo da Rachid Pacha ai Rappresentanti della Sublime Porta all'Estero neilo scopo di far pervenire alle diverse Potenze .Je più formali rise·rve del Governo del Sultano contro ogni atto avente carattere internazionale emanante dai Principati.

Mando ad ogni buon fine il testo di questa circolare (l) che mi fu confidenzialmente comunicato, ed aggiungo copia di una nota (l) che il Ministro degli Esteri di Rumania ha diretto in proposito ai miei Colleghi ed a me con preghiera di comunicarne il contenuto ai nostri Governi.

Alle Potenze che trovarono la loro convenienza nel conchiudere coi Principati accordi d'interesse non politico ma puramente di amministrazione internazionale, spettano principalmente ·gli apprezzamenti sulla circolare turca.

In quanto a noi, tranne uno scambio di note per la reciproca trasmissione delle rogatorie accompagnate da versione francese, non abbiamo negoziato con la Rumania alcuna ·Convenzione.

Potendo tuttavia sorgere delle eventualità in cui l'interesse di ciascun Governo esigesse di dover regolare con la Rumania alcuna quistione di ordine amministrativo, come estradizioni, poste, telegrafi e simili, non vi ha chi non vegga quanto opportunamente si sarebbero apposte le maggiori Potenze se, cogliendone ora ii destro, esse si fossero decise a scambiare le proprie idee sulle lagnanze fatte loro dalla Turchia.

Per ciò che ·concerne poi la protesta rumena che trasmetto, debbo dire che essa non fu dettata per vaghezza d'infrangere i legami dell'alta Sovranità; chè anzi il Gabinetto di Bukarest dichiara voler rispettare i rapporti esistenti con l'Impero Ottomano.

La protesta principesca ebbe invece per iscopo di circoscrivere codesti rapporti entro i limiti dei trattati, di mantenere intatti i diritti, privilegi ed immunità di cui i Rumeni credonsi in possesso ab antiquo, di respingere infine ogni tentativo inteso a menomarne ·l'esercizio.

Dettando la sua circolare, Rachid non pensava di certo ·che ·codesto documento avrebbe porto agio alla Cancelleria Danubiana di prendere, all'ombra

delle Potenze che negoziarono a·ccordi con essa, la posizione dell'aggredito contro l'aggressore.

Questa .similitudine è più spiccata nel passaggio in cui, lasciando da banda le interpretazioni dell'articolo ottavo della Convenzione di Parigi e le altre considerazioni alquanto metafisiche cui s'informa la sua protesta, H Signor Boeresco rammenta come nella pratica il diritto di trattar direttamente ·con le Potenze per interessi amministrativi non venne per lo addietro contrastato al suo Paese nemmeno dalla stessa Turchia, la quale negoziò nel 1862 a Temeswar con l'Austria-Ungheria, la Rumania e la Serbia una convenzione telegrafica, e nel 1871 intavolò accordi con i Principati per l'estradizione rectproca dei malfattori.

Parecchie furono del resto, siccome appare dall'elenco qui unito, le convenzioni che la Rumania conchiuse dal 1862 in poi con l'Austria Ungheria, la Germania e la Russia, senza che l'Alta Porta avesse creduto necessario di far sentire la sua voce corrucciata.

Il Signor Boeresco avrebbe potuto aggiungere che il firmano d'investitura riconosce, se mal non mi appongo, al Principe Carlo il diritto di regolare con le Potenze .limitrofe quistioni di amministrazione. Ma, com'è ben noto, i firmani ed i bérat non hanno qui altro successo che quello della curiosità destata dagli arabeschi più o meno dorati di cui si suole fregiarli.

Che se l'autore della protesta ha invece preferito di provar diffusamente che la fonte precipua dei diritti, privilegi ed immunità della Rumania, confermati con la garanzia delle Potenze dall'art. 2 della Convenzione del 1858, trovasi in quattro antichi trattati (capitolazioni) conchiusi con la Turchia dal 14° al 16° secolO dal due Principati di Moldavia e di Valachia, ciò fu evidentemente fatto dal Ministro non per ribadire •Solamente il di lui assunto con argomenti storici, ma anche per prevenire eventuali interpellanze che potrebbero essergli mosse alla prossima riapertura del Parlamento.

Ignoro il testo delle quattro capitolazioni citate anche nell'art. 2° della cennata Convenzione; ma, benché qui si pretenda che gli originali trovinsi a Mosca od a Pietroburgo, pure ricordo che nelle Conferenze di Parigi, e più specialmente nella seduta del 10 agosto 1858, l'autenticità del loro testo presentato dai Divani ad hoc fu contestata dal plenipotenziario turco Fuad Pacha.

Cogliendo intanto l'opportunità della protesta che accludo, non ho creduto potermi dispensare dal raccomandare al Signor Boeresco di non allontanarsi mai, malgrado tutto, nelle sue relazioni con la Porta da quella moderatezza di propositi e da quello spirito di conciliazione, i quali soli varranno a conservare alìa Rumania le simpatie dei Gabinetti Europei.

Rispondendomi essere egli fermamente deciso di seguire codesti consiglì, siccome quelli ·che gli sembrano più conformi agli interessi del 1suo paese, il mio interlocutore mi.ha pregato di porgere formale assicuranza a V. E. ch'egli non sarà mai l'aggressore, ma che aggredito egli spera che gli si permetterà di di

fendersi.

(l) Non si pubblica.

147

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 476. Parigi, 19 novembre 1873, ore 14,05 (per. ore 16,05).

Le due de Broglie m'a annoncé par une note verbale qu'il vient de donner instructions aux ministres de France à Buenos Ayres et a Rio Janeiro pour les inviter à agir d'accord avec leurs collègues d'Italie à l'effet de donner conseils de conciliation aux Gouvernements de la République Argentine et du Brésil, qui d'ailleurs sembleraient disposés à soumettre à un arbitrage le règlement de leur différend.

148

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 232. Vienna, 19 novembre 1873 (per. il 23).

Con mio rapporto dei 25 scorso mese n. 225 di questa serie (1), io annunciava a V. E. come cosa che poteva dirsi fatta la nomina del Conte Paar ad Ambasciatore Austro-Ungarko presso la Santa Sede; infatti il prefato personaggio doveva partire la sera di quel giorno stesso alla volta della Danimarca portando seco le sue lettere di richiamo e tosto dopo doveva ricevere la sua nuova destinazione. Ma all'ultimo momento sopraggiunse una circostanza, non saprei dir quale, che fece sospendere tutto ciò, e nulla fu più fatto in tal senso sino ad ora.

Il Conte Paar non era ancora ,ieri ripartito per la Danimarca e mi si assicura che vi farà ritorno senza portar seco le sue lettere di richiamo. Egli è bensl tuttora il ,candidato 1su cui la scelta dell'Imperatore si è arrestata pel posto :ìi Ambasciatore presso il Vaticano, ma il quando ciò dovrà effettuarsi non è ancora stabilito; ad ogni modo la cosa è sospesa.

II Barone Hofmann accennando incidentalmente ad un tale fatto, nel parlar meco di altre cose, mi disse che si era voluto ritardare alquanto una tale nomina, onde evitare che la sua prossimità coll'epoca della visita del Re alla Corte di Vienna, potesse dar luogo ad erronee interpretazioni!

Conseguente al sistema da me sempre tenuto qui nelle faccende di questa natura, serbai un indifferente silenzio. Ho però luogo di credere che la raglon2

datami non sia la vera, questa essendo invece l'abbastanza spiegabile esitazione che provava il Gabinetto di Vienna a far coincidere l'annuncio alla Santa Sede dell'invio di un Ambasciatore col momento stesso in cui il Sovrano annunziava nel discorso di apertura del Reichsrath l'intenzione del suo Governo di presentare nella presente Sessione Parlamentare un progetto di 'legge che avesse a riempire la lacuna lasciata dall'abolito Concordato. Stando così le cose, parmi più probabile che il Conte Paar sarà soltanto mandato a Roma allorché la legge in que,stione sarà un fatto .compiuto, e la ·sua nomina potrà allora rivestire presso al Vaticano l'apparenza di un compenso.

Evidentemente tutto dò non è che supposizione mia che potrebbe benissimo non verificarsi, poiché in cose di questo genere, come in molte altre, non è la volontà del Governo che ha la parte principale, ma bensì si è quella quasi esclusiva del Sovrano.

(l) Non pubblicato.

149

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 479. Parigi, 20 novembre 1873, ore 4 (per. ore 5,10).

Ensemble projet de prorogation des pouvoirs du maréchal de Mac Mahon pour sept ans vient d'etre voté par l'assemblée dans la séance de cette nuit par 378 contre 310.

150

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL CONSOLE A SCUTARI, BERIO

D. s. N. Roma, 20 novembre 1873.

Mi pregio di trasmetterLe, qui unite, le credenziali ministeriali destinate a presentare ufficialmente V. S., nella sua qualità di R. Console, a S. A. il Principe di Montenegro, e così ·permetterle di esercitare regolarmente anche su quel territorio, che è compreso nel distretto consolare di Scutari, le attribuzioni inerenti alla carica a Lei affidata.

Lascio alla saviezza di V. S. lo scegliere il momento opportuno per recar·si

z. Cettigne onde compiervi la formalità della presentazione di quelle credenziali, e mi occorre appena di raccomandarLe che la spesa da incontrarsi per tale oggetto sia da Lei tenuta nei limiti della più stretta economia.

151

IL CONSOLE A LIONE, PUCCI BAUDANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. l. Lione, 21 novembre 1873 (per. il 25).

Il giorno 19 corrente si sparse la voce in Lione che molti arresti erano stati eseguiti la notte precedente in seguito alla scoperta d'una congiura ordita per distruggere l'attuale stato di cose politico; i giornali ultra-conservatori l'accolsero subito come vera con commenti esagerati, mentre quelli del partito liberale nelle varie sue gradazioni negarono la gravità della cosa, allegando trattarsi soltanto di individui ebbri e schiamazzatori. Recatomi alla Prefettura per conoscere, se possibile, la verità, mi fu dato raccogliere i dettagli che mi onoro di qui comunicare.

Da qualche tempo la polizia aveva sentore d'un movimento ideato dal partito dell' • Internazionale •, ma su semplici indizi non poteva addivenire a misure di rigore contro le persone che supponeva avervi a prender parte, e solo faceva sorvegliare attentamente le medesime. In questi ultimi giorni un tal Bonin di Lione, venne segnalato a St. Etienne dagli agenti che lo seguivano come intento a propagare idee sovversive fra quei numerosi operaj: arrestato e perquisito fu trovato possessore di. carte contenenti fra corrispondenze e note di alcuni affigliati, eziandio un piano rivoluzionario, il quale consisteva nel ristabilimento della Comune in Lione con tutte le sue conseguenze: abolizione della proprietà privata, dei culti etc. e che doveva esser posto ad esecuzione primieramente il 5 o 6 corrente, qualora si fosse realizzato il ristabilimento della Monarchia, rinviato poscia all'epoca della discussione all'Assemblea della proroga dei poteri dell'attuale Presidente, proroga che si riteneva respinta.

Dai carteggi sequestrati provenienti da più parti pare risulti che il moto progettato in Lione doveva coincidere con altro di Parigi e del mezzodì della Francia. Gli individui fin qui arrestati a seguito di tale scoperta sommano soltanto ad una trentina, e presso di loro furono trovate armi bianche e da fuoco, non che un segno di riconoscimento consistente in uno spillo a castone verde; vuolsi però che il loro numero abbia ad aumentare. Ora di tal affare già si occupa il Giudice Istruttore, e la causa sarà poi deferita od al tribunale ordinario, od all'Autorità militare a causa dello stato d'assedio, a seconda delle risultanze dell'istruzione, la quale sola farà conoscere se l'ordine pubblico abbia corso un vero imminente pericolo, come la locale Polizia asserisce.

Aggiungerò che mi furono letti vari estratti di lettere di corrispondenti

Italiani dell'Internazionale state pur sequestrate ed ora esistenti presso il

Tribunale, in cui si vantano i progressi dell'Istituzione in Italia, gli ostacoli

che incontrano nel R. Governo, e le speranze di poter fra breve venir a capo

de' loro tristi disegni; e che mi fu promessa la nota de' nomi di tali corrispon

denti in un con quei ragguagli per iscritto sull'avvenimento di cui sopra è caso,

i quali abbiano in qualche modo tratto all'Italia.

152

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI

D. 152. Roma, 22 novembre 1873.

Nel mese di luglio di quest'anno il rappresentante di Francia a Roma mi comunicava un dispaccio del suo Governo riguardo all'istituzione di un tribunale di commercio a Tripoli di Barberia sulle basi medesime sulle quali sono attualmente ordinati quei tribunali nelle altre province ottomane.

Dal carteggio del R. Ministero con il Consolato di Sua Maestà a Tripoli di Barberia, nonché dalle relazioni dell'Incaricato d'Affari a Costantinopoli sembrava risultare a quell'epoca che nessuna seria difficoltà potesse sorgere da questo affare.

Il nuovo Governatore mandato da Costantinopoli a Tripoli avea egli stesso riconosciuto la necessità di creare il tribunale di commercio sulle basi degli altri consimili tribunali esistenti in Turchia ed avea convocato presso di sè i consoli delle varie potenze per intendersi a tale riguardo.

Un dubbio essendo nato sui giudici che dovevano sedere nel tribunale, delle istruzioni erano state dimandate dal Governatore alla Sublime Porta, ma intanto quel funzionario ottomano avea accettato che l'ordinamento del nuovo tribunale si facesse sulle basi indicate dai consoli intervenuti alla conferenza.

Il punto in discussione era questo: il Governatore volea comporre il tribunale con maggioranza di assessori ottomani; i Consoli invece insistevano e con ragione che il tribunale dovesse essere composto di un presidente ottomano e di quattro assessori, due ottomani e due stranieri.

La divergenza nasceva dunque da una semplice quistione di fatto che poteva lasciar sussistere a lungo delle difficoltà. Sembrava al Governo del Re che appena il Governatore di Tripoli avesse scritto alla Porta esponendo il punto in discussione, quest'ultima non avrebbe dovuto esitare un momento a dargli per istruzione di accondiscendere definitivamente alla domanda dei Consoli perché i medesimi avevano chiesto appunto che nel tribunale di commercio di Tripoli il numero dei giudici ottomani e stranieri fosse lo stesso che è stabilito per tribunali di uguale specie esistenti nelle altre città dell'Impero.

Non è dunque senza mia sorpresa che ho ricevuto in questi giorni una seconda comunicazione del Governo francese relativa allo stesso affare.

Da quella comunicazione risulterebbe che il Governo ottomano invece di affrettarsi a far scomparire ogni difficoltà circa la composizione del Tribunale di Tripoli di Barberia accuserebbe i consoli residenti in quella località di non prestarsi all'esecuzione del protocollo con cui l'Italia, la Francia e la Gran Bretagna hanno accettato di regolare in quella provincia l'esercizio della giurisdizione consolare entro i limiti stabiliti per tutte le altre provincie turche. I documenti che Le spedisco con questo dispaccio metteranno V.S. sempre meglio in gr<tdo di vedere in qualé stato si trova attualmente questa vertenza. Nè io dubito che il Governo ottomano voglia esitare a spedire al suo Governatore ordini precisi e solleciti che valgano a far cessare gli equivoci o difficoltà che potessero tuttora sussistere.

Ella vorrà far sapere al rappresentante del Governo francese di aver ricevuto istruzioni che La abilitano ad insistere vivamente presso la Porta nel senso sovr'indicato ed io Le sarò grato di farmi conoscere tostamente l'esito che avranno le pratiche ch'Ella farà presso il Governo del Sultano.

153

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL CONSOLE A SCUTARI, BERIO

D. s. N. Roma, 22 novembre 1873.

Ho letto con interesse le notizie che V.S. Illustrissima mi ha comunicate sugli affari di codesto Eyalet e sulle difficoltà nate fra il Governatore e le popolazioni della Mirdizia.

Quando Ella mi annunziò il pericolo di disordini in seguito alla condotta dell'ora defunto Pascià verso i Mirditi, io ebbi cura di informarmi come quelle notizie fossero sentite da altri Governi. Dalle informazioni che il Ministero possiede non risulta che vi sia chi voglia suscitare delle quistioni internazionali aventi per oggetto la condizione delle popolazioni cristiane di codesto Eyalet. L'impressione prodotta recentemente dall'incidente nato fra la Turchia e l'Austria in Bosnia, deve bastare d'altronde per far avvertiti anche noi che il momento sarebbe affatto inopportuno per assumere in codesta provincia un contegno che non tarderebbe a crearci delle difficoltà colla Sublime Porta.

Noi non ravvisiamo alcun vantaggio nel favorire lo svolgimento di una questione albanese. L'Italia non è ancora così libera di altre preoccupazioni per esporsi al pericolo di alterare per una questione che non ha interesse immediato per lei, i suoi rapporti internazionali, che sono fondati sulla conservazione della pace e della tranquillità generale.

P.S. La ringrazio della lettera privata (l) ch'Ella si compiacque indirizzarmi. Mi pare superfluo di avvertire che l'Italia non ha titolo legale per assumere la difesa dell'autonomia che i Mirditi allegano avere e che non fu riconosciuta in pubblici trattati.

(l) Cfr. n. 127.

154

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 484. Roma, 23 novembre 1873.

Dai documenti che qui uniti Le trasmetto V.S. Illustrissima potrà vedere quali difficoltà siano tuttora da appianarsi per l'esecuzione del protocollo che ha regolato i limiti della giurisdizione consolare in Tripoli di Barberia. Ella troverà fra i documenti stessi due d~spa,cci comunicatimi in proposito dall'Incaricato d'Affari di Francia per invitaDci a cooperare alla risoluzione di quelle difficoltà.

La prego, Signor Cavaliere, di 'Cogliere la prima occasione favorevole per informare il Governo francese che, dividendo noi completamente il suo modo di vedere in questo affare, abbiamo dato istruzioni alla Legazione Italiana in Costantinopoli di adoperarsi nel senso da lui desiderato.

155

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 490. Bucarest, 2É novembre 1873, ore 13 (per. ore 17,30).

Avant de procéde,r à la nomination de M. Esarco, nouvel agent roumain à Rome, le Gouvernement roumain désire que j'en informe V. E. M. Esarco est un littérateur distingué. Il a été député et secrétaire général de l'Instruction publique, et appartient au parti modéré. Le ministre des affaires étrangères espère que V. E. veuille bien agréer cette nomination.

156

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 493. Vienna, 26 novembre 1873, ore 15,20 (per. ore 16).

Nomination comte Paar à ambassadeur auprès du Vatican est officielle, signée par Empereur, partie hier pour Copenhagen. Nomination publiée dans Journal officiel demain ou après demain. Ce qui paraìt avoir hatée résolu~ion c'est rapport Hubner sur santé S. Père.

157

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL CONSOLE A JANINA, DE GUBERNATIS

D. s. N. Roma, 26 novembre 1873.

Le porgo i miei ringraziamenti per il carteggio politico ch'Ella ebbe col Mi

nistero ·che ha ·contribuito a mettermi sempre meglio in grado di apprezzare le

condizioni interne di codesta parte tanto per noi interessante dell'Impero Ot

tomano.

L'ultimo ,rapporto che mi pervenne portava il N. 9 della serie politica di

cui tutti gli altri numeri precedenti m'erano giunti regolarmente e senza inter

ruz.ione. Le notizie rifedtemi in quel rapporto confermavano il buon esito dei

provvedimenti presi dal comandante le forze ottomane sulla frontiera ellenica

per l'estkpazione del brigantaggio. Ella ha bene interpretato le intenzioni del

Governo italiano applaudendo all'energia dimostrata da Mehemet Alì Parscià.

Sembra che gli accordi presi fra la Turchia e la Grecia abbiano contribuito . a rendere efficace l'inseguimento di quelle bande che aveano acquistato una così triste celebrità negli ultimi anni decorsi.

Il Governo italiano che ebbe occasione di far sentire ai Gabinetti di Atene

e di Costantinopoli dei consigli tendenti appunto a favorire gli ac·cordi che ora

sembrano presi fra i due Stati, è lieto di sapere che degli accordi medesimi già

risentono i buoni effetti codeste interessanti province.

158

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 500. Parigi, 27 novembre 1873, ore 10,55 (per. ore 0,45 del 28).

Le Journal Officiel publie les décrets reconstituant le Ministère. Le due de Broglie garde la Vice présidence du Conseil et prend le portefeuille de l'Intérieur. Le due Decazes est nommé aux affaires étrangères.

159

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2233. Parigi, 27 novembre 1873 (per. il 30).

La ricostruzione del Ministero fu laboriosa e fu dopo molte esitanze appena iersera definitivamente compita. Le condizioni della formazione del nuovo Ministero erano un poco eccezionali, anche per la ragione che il voto di fiducia risultante dall'adozione della ,legge di proroga e dell'ordine del giorno puro e semplice sull'interpellanza del Signor Léon Say poteva considerarsi come favorevole all'intiero Gabinetto esistente.

Dall'altro lato, due uomini di diversa origine politica, i Signori de Broglie e Magne, essendo già stati designati dal Presidente della Repubblica per prendere in ogni caso posto nel nuovo Gabinetto, la ponderazione delle altre opinioni che dovevano rimanere od essere rappresentate nel suo seno offrì quaJlche diffkoltà, a tale che dopo una serie di trattative :si prevedeva ieri ancora che il Ministero si p,re,senterebbe di nuovo all'Assemblea costituito esattamente com'era.

Alfine, le varie esigenze poterono essere conciliate e il nuovo Ministero riescì composto come 'segue :

-Il Duca di Broglie conserva la Vice-Presidenza del Consiglio ed assume il portafoglio dell'Interno; -Il portafoglio degli affari esteri è attribuito al Duca Decazes, membro dell'Assemblea, Ambasciatore di Francia a Londra; -Il Signor Depeyre è nominato Ministro della Giustizia; -Il Signor Magne rimane alle Finanze; il generale Du Barail alla Guerra; i~ Vice-Ammiraglio Dompierre d'Hornoy alla Marina;

--Il portafoglio dell'Istruzione pubblica è preso dal Signor de Fourtou; -quello dei Lavori Pubblici dal Barone de Larcy; -quello dell'Agricoltura e del Commercio dal Signo:r Deseilligny.

Quattro Mini>stri uscirono dunque dal Gabinetto: i Signori Beulé, Ernoul, Batbie e de la Bouillerie; -il Duca di Broglie ed il Signor Deseilligny presero portafogli diversi da quelli che prima tenevano; i Signori Magne, Du Barail e Dompierre conservarono i loro ministeri; infine quattro nuovi membri entrarono nel Ministero, i Signori Decazes, Depeyre, de Fourtou e de Larcy.

Il Duca Decazes, figlio del Duca Elia Decazes ,che fu Ministro dell'Interno, presidente del Consiglio, poi Ambasciatore di F:rancia in Inghilterra sotto Luigi XVIII, in appresso sotto il regno di Luigi Filippo gran Referendario alla Camera dei Pari, rappresenta nell'Assemblea il dipartimento della Gironda e siedeva nel centro destro.

Il Signor Depeyre che fu nella seduta del 19 novembre il propugnatore del controprogetto della legge di proroga in nome della minoranza appartiene alla destra e fa parte della riunione parlamentare detta • cercle des réservoirs • di cui è presidente il Signor de Larcy.

Il Signor de Fourtou già Ministro sotto il Governo del Signor Thiers, siede nel centro destro.

Trattavasi in origine di aggiungere al nuovo Ministero alcuni Sottosegretari

di Stato; il Conte di Chaudordy era tra altri designato per queste funzioni nel

Ministero degli affari esteri. Ma una sola nomina a Sotto-Segretario di Stato nel

Ministero dell'Interno fu finora fatta a favore del Signor Baragnon, membro

dell'Assemblea nazionale, ed uno dei più ardenti oratori della destra.

160

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 103. Roma, 28 novembre 1873.

Ho preso in attenta considerazione i rapporti di V. S. Illustrissima circa ·le proposte che si potrebbero esaminare per terminare le vertenze tutt'ora pendenti con l'Austria per la delimitazione della f·rontiera 'segnata daH'Aussa.

Il progetto, tvasmessomi ·col rapporto del 19 novembre (1), mi sembrerebbe in massima accettabile; ma, per poterle dare istruzioni di accettare ·la discussione sulla base del progetto medesimo, mi occorre di interrogare i Ministeri dell'Interno e della Guerra, senza il parere favorevole dei quali non potrei impegnarmi in simili trattative. Appena io !Sarò in .grado di esprimerle l'opinione definitiva del R. Governo circa questo affare mi farò premura di scriverle di nuovo in proposito.

Nell'accusade la ricevuta della cordspondenza di codesta R. Legazione fino al N. 233 inclusivamente ...

161

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AI MINISTRI A LONDRA, CADORNA, A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, A PARIGI, RESSMAN, E A PIETROBURGO, MAROCHETTI

D. Roma, 28 novembre 1873.

La Sublime Porta ha fatto comunicare al Governo italiano per mezzo del,la sua Legazione in Roma una circolare colla quale .protestava per le convenzioni abusivamente stipulate dai Principati Uniti con alcune Potenze. Alle riserve contenute in quel documento il Rappresentante ottomano aggiungeva per ordine del suo Governo la domanda che l'Italia esprimesse in proposito il suo parere.

In un dispaccio diretto il 3 ottobre al Ministro del Re a Costantinopoli (2), mi sono limitato ad accennare il fatto della non esistenza di simili convenzioni fra l'Italia e i Principati Danubiani, evitando come io già aveva fatto col Rappresentante della Turchia, di manifestare una opinione ,sulla questione di massima. Ma il R. Agente a Bukarest mi ha successivamento informato (3) che alla Circolare ottomana il Governo principesco avea risposto con altro documento che sarà consegnato ai Gabinetti delle varie Potenze.

La quistione potrebbe dunque prendere più vaste proporzioni e, in tal caso, la nostra astensione dallo esprimere un parere potrebbe cessare di essere il par

tito più conveniente da adotta11si dal Governo di Sua Maestà. In previsione di questo caso, io desidererei che la E. V . .si abboccasse con ... e mi informasse del modo di vedere del Gabinetto di . . . senza però lasciar intendere che tali informazioni sieno assunte da Lei in seguito ad una comunicazione speciale del Ministero.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 106. (3) -Cfr. n. 146.
162

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, 28 novembre 1873.

Ho poco a dirVi di politica. Da Keudell non ho potuto cavar molto sui risultati o sugli incidenti del v,iaggio dell'Imperatore Guglielmo a Vienna. Mi disse che il suo Sovrano e il suo Governo erano stati assai soddisfatti delle disposizioni trovate nella capitale austriaca e ,che tutto andava bene, che il Conte Andrassy aveva molto insLstito nel dimostrare che l'attuale direzione della politica estera austriaca non dipendeva ,solo da lui e dalla sua presenza accidentale al potere, ma dalla convtnzione stessa dell'Impe,ratore e da1la necessità delle cose e infine mi aggiunse, raccomandando però in modo assoluto il segreto perché non era stato autorizzato a dirlo, che il Principe di Bismark si era espresso col conte Andrassy circa il viaggio del Re d'Italia a Berlino, press'a poco nel senso della comunicazione che voi avete fatto al Conte, cioè che non si erano presi impegni scritti, ma che egli vi aveva in modo positivo dichiarato che l'Italia, in caso di minacc,ia o di difficoltà da parte della Francia, poteva contare sull'appoggio non solo morale ma anche materiale della Germania. Abbiamo dunque fatto bene a porci ,in regola col Conte Andrassy, serbandoci il beneficio della spontaneità e della lealtà.

Nulla del resto di nuovo. Il rappresentante della Francia a Roma è 1stato mutato. Invece del Signor Fournier fu nominato il marchese di Noailles, attuale ministro di Francia a W ashington. Il Marchese di Noailles è conosciuto per le sue idee liberali e moderne, v'è dunque nella sua scelta un atto di buona volontà, dato che non si volesse fare quell'altro atto migliore di buona volontà che consisteva nel lasciare il Signor Fournier. Tutto ciò, d'altronde, non ha una grande importanza, perché dei rapporti corretti ma senza intimità sono, per la forza delle cose, il programma, per un tempo indeterminato, delle relazioni tra l'Italia e la Francia.

Il Conte Paar fu dunque nominato ambasciatore d'Aust11ia presso la S. Sede. Voi sapete che, a questo proposito, non abbiamo nulla a dire, ci manteniamo sul terreno della legge delle guarentigie e d asteniamo. Solo è desiderabile ,che i diplomatici presso il Pontefice, quelli !soprattutto dei Governi amici, non ci creino degli imbarazzi, e, fatta pure una parrte alla diversità delle circostanze, non abbiano un'attitudine e non rappresentino una politica la quale paja la diretta negazione dell'attitudine e della politica deWaltro rappresentante residente in Roma della stessa Potenza. Noi confidiamo dunque che la nomina del Conte Paar e la condotta ch'egli terrà, seguitando le sue istruzioni, non modificheranno nulla a queila politica di cui abbiamo raccolto a Vienna, con grato animo, l'espressione. M'avete telegrafato ,che Je notizie che si avevano a Vienna sulla salute di Pio IX erano piuttosto allarmanti. Le mie informazioni sinora non sono tali, ma ho già prese le disposizioni necessarie per averle esatte e frequenti. Il Conte Andrassy ci espresse a Vienna molto vivamente il desiderio che il Governo italiano cogliesse un'occasione per fare delle dichiarazioni rassicuranti sulla libertà e sicurezza del Conclave a Roma. Se il Conte ritornasse su questo argomento potete dirgli che. se ancora non lo feci è perchè l'occasione non mi si è presentata, ma che siamo sempre nelle disposizioni manifestate di studiare e di cogliere una vicina occasione per fare sans éclat ma in modo categorico qualche dichiarazione in proposito. Avrete veduto che, da parte di taluni, il discorso della Corona, all'apertura del nostro Parlamento, fu l'oggetto di interpretazioni notamente esagerate. Vi si volle vedere: una politica guerresca; un abbandono della politica ecclesiastica finora ::eguita per entrare nelle vie della politica ecclesiastica della Germania. Non parliamo della politica guerresca, poiché la supposizione è assurda. Abbiamo ~oltanto voluto dire una volta per tutte che non intendevamo avere l'attitudine di qualcuno che dubita del proprio diritto di esistere e che ne domanda agli altri la licenza.

Quanto alla politica ecclesiastica non vi è nulla di mutato nelle nostre intenzioni. Le :Parole del Re si riferivano soprattutto ai Vescovi di molte province d'Italia la cui condotta è .spesso tale da non poter essere neppure immaginata da chi non ha ,l'esperienza della libertà di cui si gode in Italia. Dopo incontestabili prove di moderazione un richiamo al rispetto della legge era utile anche nell'interesse della stessa politica di moderazione che diventa difficile quando l'abuso è continuo. Ma, nei nostri rapporti col Pontefice e pei diritti che gli abbiamo riconosciuti, la nostra regola di condotta sta nella legge delle guarentigie. Non è supponibile che noi vogliamo dipartirei da questa base. Meno una legge necessaria per por fine ad alcuni inconvenienti pratici gravissimi pei matrimonii civili, noi non abbiamo l'intenz,ione di presentare alcuna legge ecclesiastica alla Camera la cui sessione, quest'anno, sarà tutta occupata dalle leggi finanziarie. Vi dico questo, per vostra norma e nel caso che, nelle vostre conversazioni private, vi sembri utile di stabilire la realtà dei fatti.

Con questa lettera riceverete l'Annunziata pel Conte Andrassy che trasmetterete in quelle forme che vi parranno meglio convenire alla distinzione di cui si tratta e al personaggio che ne è insignito.

Riceverete pure le decorazioni pel Principe Thurn e Taxis, pel Conte Mlazeck e pei due ajutanti di campo.

Rimane la questione generale delle decorazioni. Io lessi a Sua Maestà la vostra lettera, gli misi sott'occhio i vostri rapporti, gli svolsi le vostre considerazioni alle quali pienamente mi associo. Ma il Re persistette, in modo categorico, nell'avviso contrario, l'esempio dei due Sovrani di Germania e di Russia gli parve, malgrado le osservazioni che gli feci, un argomento prevalente. In questo stato di cose dissi a Aghemo di scrivervi di nuovo. Voi avevate detto che una delle difficoltà nel fare una lista stava nel non avere a propria disposizione la Corona d'Italia. Ma la Corona d'Italia fu già più volte data in Austria e questo ostacolo si può sormontare. Aghemo dunque vi incaricherà a nome di Sua Maestà, di rifare la lista sulla doppia base della Corona e dei SS. Maurizio e Lazzaro. La difficoltà più grande sta nei grandi dignitari di Corte che hanno il Tosone, i Conti Crenneville, Larisch, e Griinne. Il Re è disposto a dare l'Annunziata al Principe Hohenlohe. Ma non si può neppure pensare a dare quattro Annunziate in un colpo ai dignitari della Corte di Vienna. Il Re pure è di questo avviso e non le darebbe. Egli crede che si possano invece dare dei Gran Cordoni dei SS. Maurizio e Lazzaro. Ma saranno accettati, non dirò con piacere, ma almeno senza che vi sia a temere qualche incidente spiacevole? Vi prego di esaminare soprattutto questo punto nella vostra risposta a Sua Maestà.

163

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

'l'. 505. Parigi, 30 novembre 1873, ore 18,30 (per. ore 21,30).

Le due Decazes vient de me donner les assurances les rplus e~plicites et les plus amicales sur ses sentiments et ses .intentions. Il m'a lu le télégramme qu'il a adressé au marquis de Noailles, le jour meme de son entrée en fonction et dès qu'il a connu l'agrément donné par le Gouvernement du Roi au choix de ce ministre, pour l'inviter à partir ·sur le ·champ. Le due a insisté tout particulièrement sur son désir de voir revenir M. Nigra, qu'il a en haute estime, et de le voir revenir au plus tot. Il m'a prié de ne pas lais.ser ignorer ce désir à V. E.

164

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 9471. Roma, l dicembre 1873 (per. il 2).

Ringrazio l'E.V. delle comunicazioni favoritemi col foglio del 30 u.s. Noyembre, Divisione Politica N. 24 (1).

Quanto alle notizie, secondo cui il Governo portoghese crederebbe che l'Internazionale diriga i suoi sforzi particolarmente sull'Italia, non pare siano finora confermate dai fatti.

Le relazioni degli aderenti a quella setta in Italia coi centri di Londra e New York, .sembrano quasi interamente cessate. Soltanto il Bakounine, di ·cui testè si sarebbe desiderato di conoscere per tempo la partenza da Locarno, e il Comitato antiautoritario, seguitano a diffondere circolari pr.incipalmente a Torino, Bologna, Firenze e Roma. Anche recentissimamente è qui pervenuta una circolare firmata F. Coudaux (Rue Delices 41) a nome del Comitato ginevrino promotore di una nuova Lega universale delle corporazioni operaie.

Onde a questo criguardo prego l'E.V. di voler craccomandare al Rappresentante in Isvizzecra di proseguire a t,enersi informato, quanto può, dei disegni di quei settari.

(l) Non pubblicato.

165

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, l dicembre 1873.

Ebbi jeri la m~a prima conver1sazione col Duca Decazes e già Le riferii col telegrafo (l) e con un rapporto uficiale le cose essenziali che mi furono dette da lui. Mi permetta d'aggiungere soltanto poche parole a quelle mie relazioni.

Il Duca Decazes è noto per modi corte,si e concilianti, nè vorrei dunque fare troppo caso dell'ottima accoglienza da lui avuta, se da tutte le sue parole non fossero pucre traspirate intenzioni conformi ad essa e sicuramente migliori di ciò che si potesse sperare dopo i commenti fatti in Italia e in Europa sul viaggio di Berlino, dopo l'assenza prolungata del Cav. Nigra, e dopo il discorso della Corona in occasione dell'apertura del Parlamento italiano. Fo menzione di questi non lievi incidenti perché avendo essi costituita una sufficiente risposta alle tollerate pcrovocazioni della ,stampa e del clero francese ed all'allontanamento del signocr Fourniecr, un contegno freddo del Ministro degli Affari esteri di Francia verso gli Agenti del Governo di S.ua Maestà sarebbe per lo meno spiegabilissimo.

Trovai invece il Duca Decazes molto bene disposto e molto esplicito nelle

sue dichiarazioni. L'E. V. già sa dal mio rapporto che per entrare in materia

egli mi provò coll'esibizione del telegramma diretto a Noailles quanta premura

aveva messa a provvedere al vuoto esistente nella rappresentanza di Francia

presso il Quirinale. Non parendomi che il parlare per non dicr nulla potesse

tornar utile o essere conforme alle intenzioni dell'E.V., malgrado il ritegno che

m'impongono le mie modeste funzioni interinali e la mancanza di qualsiasi

istruzione del Ministero, io dopo quell'informazione che mi metteva di botto sul

terreno ardente mi studiai ad esporre al Duca Decazes le imprerssioni che in

questi ultimi mesi l'opinione pubblica aveva risentite in Italia, osservai com'era

naturale che essa si fosse mostrata inquieta e suscettibile in presenza d'una

serie di fatti troppo poco conformi a quella reciprocità di buone intenzioni

e di buoni procedimenti ch'essa aveva sperato poter attendere dalla Francia,

e gli dissi ,che in mancanza d'alcun buon indizio risultante da fatti contrari,

il Governo di Sua Maestà, quantunque animato delle più concilianti ed amiche

voli intenzioni, non era bastato né bastava a dirigere l'opinione pubblica verso

più favorevoli giudizi e doveva anzi forzatamente subirne egli stesso l'influenza.

Il Duca Decazes che non può rinnegare gli atti del suo predecessore, capo del presente gabinetto, sembra però disposto a giudicarli con :indipendenza e perciò non tacque che gli era vivamente rincresciuto che la nomina del Marchese di Noailles non fosse stata fatta già tre mesi addietro. Progredendo nella conversazione: • Je suis un vieux royaliste, mi disse, qui par un hasard se trouve etre un Ministre républicain. Or, comme royaliste, je n'ai et ne puis avoir que des sentiments du plus haut respect et de sympathie pour la vieiUe dynastie de Savoie. Quant à l'unité <italienne, c'est un fait qui appartient à J'histoire et sur lequel je n'ai pas à revenir. En ce qui concerne vos rapports avec la Papauté, je vous l'avoue, j'ai toute sorte de lacheté. Je vous dis que je veux etre bien avec vous, et je viens d'en dire autant au Nonce. Seulement, je m'empresse d'ajouter que je me garderai bien de mettre :le doigt entre l'arbre et l'écorce, car j'ai la conviction que mal en adviendrait à celui qui voudrait tenter de le faire. Vous etes appelé à vous réconcilier un jour avec la Papauté, et ce jour-Jà celui qui en aurait appelé à nous contre l'autre serait le premier à nous en vouloir •.

Non potei ·che ·confermare ·coll'espressione di speranze e p["ev~sioni concordanti il giudizio del Ministro, e soggiunsi che una simile condotta ser~iamente e durevolmente mantenuta dissiperebbe presto i dubbi; ma che pure oltre all'espressione di tali sentimenti che io mi rallegrava d'udire era a desidera11si che il Governo kancese desse almeno al Governo del Re e all'Italia quel minimum di segni positivi delle :sue amichevoli intenzioni senza il quale non era in potere di niuno d'imporre silenzio alle diffidenze e sarebbero rimasti poco efficaci i migliori sentimenti che sicuramente il Governo italiano, per parte sua, non ·cessava di nutrire per la Francia.

Ho testualmente ripetuta nel mio dispaccio di oggi la risposta che il Duca Decazes mi diede con alquanta animazione.

Anche per ciò che dguarda la persona del Cav. Nigra Le ho già interpretato col telegrafo il desiderio formalmente e ·con molta insistenza espresso dal Duca Decazes, e in seguito a numerosissime interpellanze non ho e:sitato ad inviarle oggi un altro telegramma (l) per informarla dell'impressione :prodotta nel pubblico dalla notizia del richiamo del Cav. Nigra e farle presentire i giudizi che indubbiamente provocherebbe in quest'ora un mutamento del titolare della R. Legazione.

I clericali saluterebbero di cuore l'allontanamento del Cav. Nigra come la rimozione d'uno dei maggiori ostacoli al raffreddamento definitivo che tanto desiderano delle ~relazioni tra i due paesi, e lo sfrutterebbero con soddisfazione mostrandolo come l'ultimo e più chiaro segno del crescente malvolere del R. Governo verso la Francia, dò che gli stessi amici nostri, abituati a considerar il Cav. Nigra come la personificazione della bonne entente colla Francia si vedrebbero costretti ad ammettere.

Il Signor Fournier, mi diceva oggi il direttore d'un giornale, non era che un'individualità gradita al Quirinale, ma non rappresentava per lunghi precedenti un sistema politico; H Cav. Nigra rappresenta qui da molti anni ed efficacemente un tale sistema. Richiamare il Signor Fournier non fu che richiamare

una persona grata: porre termine alla missione del Cav. Nigra sembrerà un voler por termine al sistema che consiste nel mantenimento dell'amicizia tra i due paesi.

Costretto come sono ad accudire anche alle molteplici piccole faccende giornaliere della R. Legazione e a non trascurare i doveri di cortesia che qui si traducono in una considerevole perdita di tempo, non potei invero sperar in momenti di costanti .crisi interne nè posso .sperar ora di supplire con piena soddisfazione dell'E. V. all'assenza del Capo della Legazione e d'un Capo qua,le è il Cav. Nigra. Nè potei o posso tenere ·Così esattamente o minutamente come bramerei informata l'E. V. con corrispondenza particolare delle cose che devo !imitarmi a riferirle con brevi telegrammi e dispacci.

Invoco perciò tutta la Sua indulgenza. D'altronde più d'una volta, in mezzo a quest'incessante mutar d'immagini e di prospettive, io temo di raccontarle romanzi.

Ed Ella ls1curamente considerò come una velleità di roman2'lo ciò che in altra lettera particolare toccai della possibilità che Enrico V sognasse a colpi di Stato. Il seguito dtmostrò ~che per poco anche quella previsione romanzesca si sarebbe avverata. Poco mancò che • l'eunuco non tentasse davvero a forzar le porte del serraglio di donne isteriche •.

(l) Cfr. n. 163.

(l) Non pubblicato.

166

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA

T. 206. Roma, 2 dicembre 1873, ore 21,30.

Je n'ai pas d'objections à la nomination de M. Esarco aux memes conditions de son prédécesseur.

167

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 169. Washington, 2 dicembre 1873 (per. il 20).

Ho l'onore di accludere aH'E. V. il messaggio (l) del Signor Presidente degli Stati Uniti in occasione dell'apertura del Congresso.

La pubblica attenzione era principalmente rivolta alle frasi relative alla qutstione Cubana. L'impressione n'è stata estremamente padHca. V. E. troverà il protocollo che ha composto questa vertenza .già pubblicato alla fine del messaggio.

Chiamo pure l'attenzione dell'E. V. sulle frasi del messaggio concernenti

l'opera prestata dal Signor Conte Corti, come terzo Commissario.

L'ora tarda mi toglie H tempo di aggiungere qual,siasi altra considerazione, onde profittare del vapore postale in partenza domattina da Nuova York. Nè posso inviare oggi all'E. V. altra copia del messaggio che la pre.sente, le copie ufficiali non sendo peranco distribuite.

(l) Non si pubblica.

168

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI

(A C R, Corrispondenza Vimercati)

T. Roma, 3 dicembre 1873.

J'en ai assez de Nigra à Paris. Faites en sorte qt~e Ministre Affaires Etrangères en France ne fasse aucune demande à ce sujet et télégraphiez.

169

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI

D. s. N. Roma, 4 dicembre 1873.

Il Ministero degli Affari Esteri ebbe già pm di una volta l'occa1sione d'intrattenere l'On. Ministero dell'Interno circa la quistione del confine austroitaliano sul fiume Aussa, ~che lasciata in sospeso dalla commissione per la delimitazione dei confini fin dal 1866, non potè oggi ancora ricevere la sua soluzione, le due parti •continuando a mantenere le loro -ragioni 1sul tratto di territorio contestato.

Il R. Ministro a Vienna ha ora sottoposto al sottoscritto un progetto di accordo il quale consiste: l) nello stabilire una linea di ·confine media fra le due estreme, pretese dagli avversari; 2) nel chiedere al Governo austriaco a titolo di compenso per quella parziale concessione, la rinuncia al dkitto conferitogli dal trattato del 1867 di aver .sul proprio territorio la stazione ferroviaria internazionale che venisse stabilita al confine adriatico dei due paesi.

Codesto Ministero vedrà dal rapporto che si trasmette qui unito con preghiera di 'restituzione su quali •consideraZiioni il Conte Robilant appoggi il progetto in questdone, il quale riproduce in parte una proposta già fatta dal capitano della R. Marina Duca Imbert che ebbe ad occuparsi dei lavori idrografici compiuti sulla costa dell'Adriatico.

Il 'Sottoscritto gradirà di conoscere il parere di codesto Ministero su quella pa.rte specialmente della quistione che ha tratto ai diritti ed agli interessi dei comuni ·Confinari relativamente alle lagune dell'Aussa. Esso si riserva di interpellare gli altri Dicasteri cui la presente vertenza può interessare, ciascuno nella propria competenza, per poter poi impartire al Conte Robilant le istruzioni op

portune 'sul modo di ·comportarsi in questa controversia la quale, sebbene non importantissima per se medesima, si presenta però sotto una ;parvenza assai complessa.

170

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 171. Washington, 4 dicembre 1873 (per. il 26).

Nel messaggio Presidenziale da me trasmesso all'E. V. col mio anteriore rapporto di que,sta serie, n. 169 (1), Ella avrà notato essere raccomandato al Congresso • di creare una corte speciale composta di tre giudici, autorizzandola a conoscere e giudicare di tutti i reclami degli stranieri contro gli Stati Uniti per atti commessi contro le loro pel'lsone e proprietà durante l'insurrezione •. Il che comprenderebbe i reclami inglesi posteriori al 9 aprile 1865, i quali furono negletti nel trattato di Washington e quelli dei cittadini o sudditi di ogni altra nazione.

I reclami degli italiani adunque, che dalla guerra civi.le in poi rimasero giacenti, cadrebbero sotto la giur·isdizione di questo tribunale.

A V. E. è noto ·che il Governo non avendo in questo paese l'iniziativa parlamentare, spetterà a qualche membro del Congresso favorevole all'attuale amministrazione lo introdursi nel ·Corso della presente sessione il relativo progetto di legge. Non mancherò, appena sia presentato, di trasmetterne copia a codesto Ministero.

Mi affretto però sin d'ora ad assicurarla che seguirò siffatta quistione con tutta la cura dovuta, uniformando la mia condotta agli ordini che ~l'E. V. fosse per trasmettermi, agli intere,ssi dei RR. sudditi, ed a quanto siano per fare le altre Legazioni qui residenti che per avere un numero molto maggiore di reclami di noi, sono più particolarmente ·chiamate ad accudire a questa vertenza.

Fra i ,punti del messaggio più commentati dalla pubblica stampa, dopo ·la quistione Cubana, sono 'le ·Considerazioni finanziarie emesse dal Signor Presidente, principalmente sulla convenienza di preparare la riassunzione dei pagamenti in ispecie metallica, e Quello in cui egli ~trasmette la Nota con cui il Presidente della Repubblica di Santo Domingo domanda il protettorato degli Stati Uniti. Ho l'onore di qui acchiudere copia di questo documento (2), riservandomi d'intrattenere poi con maggiori dettagli l'E. V. di siffatte quistioni, lorchè verranno discusse dal Congre,sso.

Ho stimato conveniente di recarmi ieri dal Signor Segretario di Stato per ringraziarlo delle frasi ~cortesi del Messaggio relative al Signor Conte Corti.

Il Ministro Britannico in questa città, sir Edward Thornton ha accettato l'arduo compito di servire da arbitro nei reclami sottoposti alla Commissione mista messico-americana.

Il Signor W1lliams, attuale Procuratore Generale ossia Ministro della Giu-: stizia, fu nominato dal Signor Presidente Ptrimo Magistrato, oioè Presidente della Corte Suprema degli Stati Uniti. Oredesi che il Congresso ratificherà questa scelta.

Mi dò .premura di accusare rkevuta e di ringraziare l'E. V. dei documenti diplomatici inviatimi da codesto Ministero ·con foglio d'accompagnamento in data 16 settembre 1873.

(l) -Cfr. n. 167. (2) -Non si pubblica.
171

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 3-4 dicembre 1873.

Ricevo da Sua Maestà a mezzo del Commendatore Aghemo un ordine sl

perentorio di ·compilar proposte pel conferimento d:i decorazioni a Personaggi

della Corte Austriaca ed all'Ufficialità Alta ed inferiore presente alla Rasse

gna passata da Sua Maestà a Vienna ·che altro non mi ·resta a fare se non ad ob

bedire! Trasmetterò ad Aghemo gli elenchi di proposte richiestimi, senza più

accompagnarli da osservazioni di sorta. Sono ,però strettamente in dovere di

dichiarare a Voi, che perr conto mio decHno nel modo il più assoluto qualsiasi

responsabilità per le ·conseguenze che potranno derivare da questo fatto. So di

certa scienza, che niente si potrebbe far di più dispiacevole all'Imperatore che

questo conferimento di decorazioni su larga scala, il quale tende a dar un'im

portanza del tutto speciale alla visita del Re d'Italia, mentre la Corte Austriaca

si sforzò in ogni maniera a togliergliela. A ciò si aggiunga che gli alti funzionari

di questa Corte accetteranno con ben :poco gradimento le nostre decorazioni,

amando di gran lunga meglio ornarsi il petto degli ordini Cavallere'schi dei So

vrani spodestati. Faremo di più cosa spiacevole anche a tutti gli altri Sovrani

che convennero quest'anno a Vienna e che a malincuore ma pur si piegarono ai

de.sideri così chiaramente espressi dall'Imperatore. Insomma se una Corte poteva

permettersi un'eccezione, non era certamente la nostra. Di questa nostra man

canza di tatto, perdonatemi l'espressione dura ma vera, sarò io incolpato qui, e

son persuaso che la posizione che son riuscito a farmi, compatibilmente colle

cir·costanze abbastanza buona, ne scapiterà non poco, e ciò evidentemente con

svantaggio per le nostre relazioni. Ad evitare almeno questa spiacevole conse

guenza io Vi propongo un mezzo che salverebbe la mia responsabilità a fronte

della Corte di Vienna, e caldamente Ve ne raccomando l'adozione. Questo consi

sterebbe nel trattar l'affare a Roma col Wimpfen, rimettendo anche a lui le deco

razioni per la spedizione a Vienna; egli si persuaderebbe così, che la presa de

terminazione è di assoluta iniziativa di Sua Maestà, e sarebbegli quindi più

facile che non a me il farla aggradir dall'Imperatore. Fate Vi prego quanto po

trete per far accettar quest'assolutamente indispensabile transazione. Parlando

col Wimpfen si potrà anche presentire se sia o no possibile di dar il S. Maurizio,

.8 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. V

a Personaggi insigniti non solo del Toson d'oro ma anche del Santo Stefano, per· conto mio ~o credo difficile, ma d'altra parte ·ravviserei impolssibile il dar d'un colpo il Collare a tanti dignitari di Corte; pur troppo già non si può far a meno

di darlo al Principe di Hohenlohe, poiché l'etichetta di qui il richiede assolutamente. Insomma io per obbedienza alla volontà Sovrana invierò ·le richiestemi proposte, come meglio saprò, ma Vi prego fate in modo che per l'esecuzione· della cosa io ,,sii lasciato assolutamente all'infuori.

Parmi avervene detto abbastanza, e fin'anche troppo su quest'ingrato argomento, faccio dunque punto...

4 dicembre 1873.

Spedisco oggi con questo stesso corriere le proposte ad Aghemo.

172

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 4 dicembre 1873.

Vi ringrazio per la Vostra lettera del 28 scorso (1). Se avete poco di politica a dirmi, io posso dir di aver niente o quasi; infatti come si fa a saper qualche cosa quando il Ministro degli Affari Esteri è sempre assente, e chi ne fa le veci per gli affari ·correnti, o vi dice niente o peggio ancora vi dice cose che non sono. V'assicuro ·che siamo qui a questo riguardo in una posizione molto curiosa, gli Ambasciatori un po' meno dei Ministri, poichè essi almeno riescono a veder Andrassy quando viene per poche ore a Vienna ma ciò anche sempre soltanto· eccezionalmente. Un Ministero Esteri che funzioni come questo, credo difficile si trovi altrove. Vi ho annunciato per telegrafo (2) lo spiacevole incidente relativoalla presentazione di lettere Sovrane di felicitazione all'Imperatore, con rapporto d'oggi poi vi -chiarisco maggiormente la cosa senza però, il riconosco, attenuar mio torto d'essermi lasciato metter dentro dal barone Hoffman, cosa d'altronde che è anche avvenuta a Nowikof, e di cui egli non si consolerà mai. In-· somma è cosa fatta e non c'è più da ritornarci sopra. Il giubileo dell'Imperatore· fu festeggiato in tutta la Monarchia ed essenzialmente a Vienna molto calorosamente, non ·si può dire che Francesco Giuseppe sii popolare, ma è amato e· molto rispettato. Passate le feste vedremo la piega che piglieranno le cose, fino· a pochi giorni fà essa era poco promettente. In Ungheria il male è serio, il dissesto finanziario è giunto al non plus ultra, ed il partito Deack minaccia di scom-porsi, pel momento •Si son rimpia·strate le cose, ma quanto tempo ciò potrà durare, è difficile a prevedersi, non a lungo certamente. Se a Pesth il partito· retrogrado prendesse il sopravento per le intemperanze degli intransigenti, cosa succederebbe d'Andrassy, il quale ha unicamente colà il suo punto d'appoggio, pokhè di qua della Leytha non è riescito affatto a prender radici, sfido non ci sta mai. In Austria poi vedo i nuvoloni avanzarsi, sebben pel momento il cielo•

:Sii serenissimo. Converrà presentar al Parlamento le leggi annunciate dalla Corona per regolar i rapporti della Chiesa collo Stato, ed i Vescovi che qui sono gl'intransigenti non aspettano altro per venir a battaglia. Già il Cardinale Rauscher che pur ha voce di Prelato moderato (Dio ci guardi dai Cardinali moderati) ha aperto H fuoco ·con una Pastorale pel giub~leo Imperiale, che dà non poco a temere pel prossimo avvenire, poichè l'Imperatore vuol tenersi bene colla Chiesa.

•Conseguenza di questo stato di cose si fu già la nomina del Paar. Non potei taccarne parola con Andrassy, poiché non ebbi da Lui che due minuti d'udienza ieri per rimettergli ·l'Annunziata, essendo sopraggiunto il Cardinale Schwarzenberg! Qui le visite Sovrane hanno lasciato il tempo press'a poco come l'hanno trovato. Colla Russia il riavvicinamento non si è fatto più di prima, ed anzi mi risulta l'Imperatore Alessandro abbia detto nell'andar via da Vienna: • Ho preso su di me quanto era possibile, ma diventar amico di chi fu causa della morte di mio Padre non potrei mai! •. Queste parole spiegherebbero abbastanza il suo .contegno durante tutto il tempo che passò a Vienna.

Colla Germania le cose non mi pare stiano gran che meglio, malgrado le reciproche cordiali testimonianze che i due Sovrani affettano di scambiarsi, -dubito fortemente che a Berlino si fidino molto di Vienna.

In quanto alla visita del nostro Re, astrazione fatta del successo immenso :eh'essa ebbe in Italia, e dell'effetto prodotto anche all'Estero, il risultato qui non ne sarà grande, poiché i vecchi rancori tanto più quando sono alimentati da circostanze quali la nostra occupazione di Roma non 1si spengono in un giorno. Convien però dire, ed amo a ripeterlo, che l'impressione lasciata qui dal Re nostro fu ottima, ne ho la conferma ogni giorno, e ciò è pur qualche cosa. L'Imperatore conserva una ·simpatica impressione di Sua Maestà, e ciò non è poco in un Paese dove il Sovrano è molto.

Tra un mese o poco più Francesco Giuseppe muoverà per Pietroburgo, e "Credo ci vada molto a malincuore poiché non ignora la poca simpatia che si professa colà per Lui. Nessuno ha fin qui mai aperto bocca su di un'eventuale restituzione della visita al Re nostro. Io francamente non so prevedere come e quando si farà, anzi mi faccio poche illusioni a questo riguardo, pel momento però il meglio mi pare di non pensarci affatto. Verrà il momento allorchè l'Impera-tore di Germania sarà venuto Lui in Italia, allora questo prenderà anche una

decisione; poiché il nodo delle nostre relazioni coll'Austria è e sarà per lungo

tempo a Berlino, come a Berlino dovrebbero anche capire che il nodo delle loro

relazioni con Vienna è a Roma. L'Austria non esiterà a stringersi alla Germania

ed all'Italia .se avrà il ·convincimento che un perfetto e duraturo accordo esiste

fra le due Nazioni, mentre che se può creder non vi sii altro che un'amicizia

di circostanza, allora essa si tiene in modo da non dar ombra ai vicini ma si

riserva per l'avvenire.

La prolungazione dei poteri di Mac-Mahon piacque molto all'Imperatore, il quale non ha simpatia per Chambord, detesta g1i Orléans, non poteva patire ·Thiers, ed abborrisce Gambetta; convien dunque star attenti, poichè Parigi potrebbe mettersi entro •certi limiti d'accordo con Vienna per darci piccole noje. La fermezza nel respingere infondate pretese di mischiarsi nei nostri affari sarà .sempre il miglior mezzo per impedirle. Vi ringrazio di ciò che mi dite a ri

guardo della dichiarazione che intendete di faT allorchè ne ravviserete il mo-.mento opportuno sulla libertà e sicurezza del Conclave, me ne servirò all'occasione. A questo proposito mi permetto ricordarvi lo studio preventivo delle, disposizioni a prendersi in caso di morte 'improvvisa del Papa. Sarei lieto di aver l'assicuranza che ciò si è fatto, anche per poterla dar qui a mia volta senz'altro il momento venuto o essendo prossimo.

Il discorso della Corona ·come già vi ho scritto ha prodotto qui ottimissima impressione, e non poteva esser altrimenti, nè la stampa, nè ~'opinione pubblica cercarono di trovarvi altro che ciò che effettivamente ci stava. Le parole poi dirette all'Austria furono accolte nel modo il JJiÙ simpatico, il che mi fu anche detto da Andrassy ieri molto calorosamente. Sulla questione delle decorazioni nulla vi dico in questa lettera avendo creduto meglio farne oggetto di lettera speciale (l) pel caso credeste farla leggere. Vi raccomando la mia soluzione: cioè· di trattar la cosa col Wimpfen potendosi anche col mezzo suo assicurare della possibilità di dare il Cordone di S. Maurizio a personaggi insigniti del Toson d'oro e del Santo Stefano, mentre io noi potrei far qui senza farmi ripetere che· non si vuoi entrar in tal ordine d'idee, la convenzione esistendo sempre per· quanto si riferi'sce alle visite dei Sovrani durante l'Esposizione.

(l) -Cfr. n. 162. (2) -Cfr. t. 509, del 3 dicembre, non pubblicato.
173

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 512. Parigi, 6 dicembre 1873, ore 13,20 (per. ore 15,40).

Le Journal Officiel publie le decret de nomination du marquis de Noailles ministre de France près le Gouvernement du Roi ·et de MM. les Ducs de Larochefoucauld et de Chaudordy ambassadeurs à Londres et à Berne. M. Fournier est; admis au traitement d'inactivité.

174

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 238. Vienna, 6 dicembre 1873 (per. l'11)..

Ebbi occasione di vedere jeri il Conte Andrassy poco prima che ripartisse per Pest, e mi si presentò il destro di chiedergli nel modo ii più naturale se il Conte Paar era già partito per Roma.

Egli mostrossi premuroso di afferrare questa occasione per parlarmi dei nuovo Ambasciatore Imperiale presso il Vaticano, e mi disse che Egli trovavasi tuttora a Copenhagen, ma che prima di recarsi a Roma sarebbe venuto a prendere da lui le sue istruzioni pokhé, 1soggiungevami, • checché ne dicano i gior

nali, il Conte Paar fu da me designato all'Imperatore per quella carica. Le Delegazioni hanno mantenuto un Ambasciatore presso il Sommo Pontefice, e d'altronde non avevamo ragioni per far cosa sgradita al Santo Padre, lasciando ulteriormente vacante quel posto. Ciò stante, non avrei saputo chi meglio del Paall" proporre a Sua Maestà conoscendolo uomo calmo ed assennato, incapace di deviare dalla linea di condotta che io sarò per tracciargli, e per prima istruzione gli darò quella di guardarsi nel modo il più assoluto dal favorire speranze che l'Austria non ajuterà mai a realizzare •. A che io <risposi: ·che il R. Governo non aveva ombra di un dubbio 'che tanto quella nomina, quanto l'azione futura del nuovo Ambasciatore potessero menomamente modificare quella politica di cui tanto Sua Maestà quanto ,i Suoi Ministri .avevano con grato animo raccolto l'espressione nella recente occasione della Reale vi1sita compiutasi in questa Capitale. A queste mie parole il Conte Andrassy rispose a sua volta con calore:

• Confermo ciò che dite, niente potrà alterare quella politica, anzi essa si accentuerà sempre più •. Ho ·creduto opportuno riferire alla E. V. questo discorso tenutomi dal Conte Andra'ssy citando il più che possibile testualmente le sue parole (1).

(l) Cfr. n. 171.

175

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1253. Berlino, 9 dicembre 1873 (per. il 12).

Ho parlato con questo Segretario di Stato della vertenza insorta tra la Sublime Porta e i Prineipati Uniti relativamente alle Convenzioni stipulate fra questi ultimi ed alcune Potenze. E nel farlo mi sono attenuto esattamente alle istruzioni contenute nel dispaccio ministeriale N. 308 S. P. in data 28 novembre ultimo (2), discorrendone cioè senza far credere che il R. Governo volesse conoscere il modo di vedere a tal riguardo del Gabinetto di Berlino.

S. E. il Signor di Bi.ilow mi disse in sostanza non essere opinione del Governo Imperiale che il Trattato di Parigi tolga ai Principati Uniti il diritto di stringere con le Potenze Estere accordi, per così dire, di buon vicinato. E tali sarebbero a suo avviso ·le stipulazioni fatte per regolare i rapporti di ferrovie, di commercio, di posta etc. Le Grandi Potenze sarebbero tutte d'accordo sovra questo punto di vista, né la Sublime Porta sembra oramai volerlo contestare. In tale stato di cose, la contestazione poteva .soltanto ·continuare fra Costantinopoli e Bucarest rivestendo una forma piuttosto accademica. Le manifestazioni seguite di poi alla Camera rumena daranno alla discussione per avventura un carattere alquanto puntiglioso, ma si può ragionevolmente credere che la vertenza non avrà altre conseguenze.

Il Governo Imperiale tedesco è assolutamente alieno dal voler spingere il Principe Carlo in una via avventurosa. E' invece suo vivo desiderio ch'esso mantenga scrupolosamente la posizione che i Trattati gli guarentiscono, nonchè rapporti più cordiali con la Sublime Porta.

Il Gabinetto di Berlino ha espresso circa la vertenza in discorso l'opinione che ebbi l'onore di riferire qui all'E. V., senza però, beninteso, formularla altrimenti in una nota od in un promemoria.

(l) -Annotazione marginale: • Comunicato a Sua Maestà il 16 dicembre 73 •· (2) -Cfr. n. 161.
176

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2245. Parigi, 10 dicembre 1873 (per. il 13).

Il malumore cagionato nelle file de' clericali dalla nomina del Marchese di Noailles alle funzioni di Ministro di Francia presso Sua Maestà, che già trovò un'eco in varj giornali, si manifesta anche in una frazione dell'Assemblea nazionale, in seno della quale fu jeri annunziata un'interpellanza su quella nomina.

La domanda di quest'interpellanza fu prodotta dal Generale Du Tempie nei seguenti termini:

• Ho l'onore di pregare il Signor Presidente dell'A!ssemblea Nazionale di domandare all'Assemblea quale giorno essa intenda fissare per un'interpellanza che desidero fare sull'invio d'un nuovo Ministro Plenipotenziario presso il Re Vittorio Emanuele. Lo fo tanto più liberamente inquantochè il Ministro degli Affari Esteri dichiarò d'esser pronto a rispondere a tutte le interpellanze •.

Il Duca di Broglie accettò in nome del Governo la discussione di quest'interpellanza ed ammise ch'essa fosse messa all'ordine del giorno del 20 corre.nte. Ma essendo stati messi ai voti previamente i due più remoti termini proposti, cioè il rinvio dell'interpellanza a sei mesi ed a tre mesi, che furono respinti, l'Assemblea adottò la mozione del Signor de Tillancourt e decise che l'interpellanza sarebbe discussa dopo la votazione del bilancio attivo e passivo.

Essendo presumibile che a quell'epoca il Marchese di Noailles avrà già preso p01ssesso delle sue funzioni in Roma, l'interpellanza annunziata non potrà ad ogni modo produrre verun effetto pratico; ché se essa attirerà al Governo rimbrotti da quell'incorreggibile partito che mise e mette tutto in opera per inacerbire i rapporti tra la Francia e l'Italia, mostrando d'affrontare con cuore leggero le conseguenze d'un simile procedere, essa sarà pure agli amici del buon accordo tra i due paesi un'occasione di censurare il troppo lungo indugio frapposto dal Governo all'invio d'un nuovo Rappresentante francese a Roma. Mi si riferisce che nella tornata di jerlaltro i Signori Eugenio Pelletan e Gambetta domandarono appunto con tale intendimento al Ministro degli Affari Esteri la pronta comunicazione de' documenti diplomatici, che fu diffatti promessa dal Duca Decazes con impegno di farla entro quindici giorni.

177

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI

D. CONFIDENZIALE 59. Roma, 11 dicembre 1873.

Ringrazio la S. V. Illustrissima delle informazioni ·che mi ha date circa l'intenzione del Signor Castelar di nominare un Ministro della Repubblica presso il Governo Italiano. Le notizie ch'Ella mi avea trasmesso contemporaneamente circa il progetto del Gabinetto di Madrid di mandare dei nuovi titolari alle sue Legazioni di Berlino e di Londra mi misero in grado di :sentire in via riservata da quei Governi quale ricevimento eglino avrebbero fatto ai nuovi diplomatici spagnuoli.

Ho dunque saputo che a Berlino la quistione del riconoscimento d'el Governo di Madrid fu esaminata anche recentemente e che la conclusione è stata che lo stato attuale delle cose sconsiglia assolutamente un simile partito che colà si rHiene per lo meno prematuro. Il Governo germanico intende pertanto mantenersi sulla riserva ed alle istanze ·che sarebbero state :ripetutamente fatte dal Ministro degli Affari Esteri Spagnuolo, il Signor di Canitz avrebbe avuto istruzione di rispondere in guisa da eludere per ora ogni speranza in proposito. In tale :stato di cose il Governo di Berlino non ha esitato a far sapere che un nuovo rappresentante di Spagna non sarebbe ammesso a presentare le sue credenziali all'Imperatore e che col diplomatico che rimpiazzerebbe il Signor de Escosura si manterrebbero soltanto i rapporti ufficiosi resi necessari, non fosse altro per gli importanti interessi commerciali della Germania nella penisola e nei possedimenti spagnuoli.

Anche a Londra le notizie che ho ricevute accennano ad identiche disposizioni per parte di quel Gabinetto. Allorchè il Signor Layard annunciò a Lord Granville la probabile nomina del Signor Comin in qualità di rappresentante di Spagna presso il Governo della Regina, Lo·rd Granville gli ha .risposto che non avea nulla da obiettare alla persona del Signor Comin ma che questi sarebbe stato accettato soltanto a titolo ufficioso come il :suo predecessore.

Il Governo italiano risoluto a non dipartirsi dalla linea di condotta che ·SÌ è tracciata nelle sue relazioni colla Spagna non potrebbe fare a meno di seguire l'esempio delle due Potenze sovra mentovate. E se a V. S. Illustrissima il Signor Castelar rinnovasse l'interpellanza 1sul ricevimento che si farebbe a Roma al nuovo rappresentante Spagnuolo, Ella potrà esprimere l'avviso che per ora sarebbe miglior partito di non procedere all'invio di un Ministro a Roma per evitare che un personaggio col titolo di Ministro rimanga lungamente a Roma senza poter presentare lettere credenziali. Pel disbrigo degli affarri corrrenti, lo stato attuale delle relazioni di fatto fra Madrid e Roma basta a. dare soddisfazione ad ogni interesse che non rivesta propriamente un caratterre politico.

Credo rendere un servigio al Signor Castelar non !asciandogli ignorare che è intenzione non solo dell'Italia ma anche di altri Governi di non fare del rriconosdmento della Spagna un atto isolato e che in conseguenza l'Italia è tenuta a non separarsi in questo affarre dal concerrto dei principali Governi Europei.

178

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A LONDRA, CADORNA

D. 191. Roma, 12 dicembre 1873.

Chiamo l'attenzione di V. E. sul rapporto del R. Agente e Console Generale a Tunisi di cui Le trasmetto qui unito una ·copia (1). Questo rapporto raccoglie alcuni indizi di provenienze disparate ma che, riuniti, tenderebbero a far supporre che dal Governo francese si stia tentando di preparare il terreno ad un accordo col Governo tunisino per una nuova delimitazione di frontiera fra il territorio della Reggenza e la finitima Algeria.

Non è mestieri che io faccia accorta l'E.V. dell'interesse che si annette per l'Italia ad eventuali .stipulazioni le quali avessero per effetto di alterare le attuali condizioni della Reggenza di Tunisi. Questo interesse è pur sentito dalla Gran Bretagna, la quale non ha mai ·cessato di seguire con attenzione tutto ciò che •SÌ riferiJsce a quel paese ove sono impegnati in non lieve misura i suoi commerci. Io prego perciò l'E. V. di procurarsi un abboccamento col Ministro degli affari esteri della Regina allo scopo di chiamare l'attenzione di Sua Signoria sui fatti segnalati dal Comm. Pinna e cercar di conoscere se egli abbia avuto alcun sentore dei disegni cui essi accennerebbero. L'indole delicata di questa materia mi fa desiderare che Ella si limiti a padarne verbalmente a Lord Granville, per mettersi in grado, !senza altrimenti compromettere il R. Governo, di farmi conoscere l'impressione che ella avrà riportata da quella conversazione.

179

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2251. Parigi, 13 dicembre 1873 (per. il 16).

Nel dispaccio che l'E. V. fece l'onore di indirizzarmi in data del 28 novembre ultimo sotto il n. 485 della serie politica (2), Ella esprimeva il desiderio d'essere informata del modo di vedere del Gabinetto di Versaglia nella quistione delle Convenzioni stipulate dai Principati Uniti ·con alcune Potenze, contro Je quali il Governo Ottomano protestò con una apposita circolare diramata ai Gabinetti esteri.

Nella ·conversazione ch'ebbi ieri con S. E. il Ministro degli Affari Esteri di Francia, mi fu possibile di intrattenerlo di quest'argomento senza lasciar intendere, come l'E. V. me l'aveva raccomandato, che una speciale comunicazione del R. Governo mi vi induceva. Seppi dal Duca Decazes ch'egli da quando assunse il portafogli degl.i Affari esteri non si trovò ancora nel caso di firmare un di•spaccio qualsiasi relativo alla quistione sopra menzionata. Secondo ciò ch'egli

mi disse, la sua intenzione sarebbe in ogni evento quella di raccomandare a Bucarest la più stretta osservanza dei trattati • nel loro spirito e nella loro lettera». Ciò che forse meglio spiega l'intenzione di queste parole si è l'osservazione che fece passando il Duca Decazes, essersi cioè da un paio di mesi appalesati alcuni vaghi sintomi, i quali tenderebbero a far nascere il sospetto che possa esistere nei Principati Uniti qualche velleità contraria ai trattati. Ma il Duca Decazes si affrettò ad aggiungere che pure nessuno di questi indizi parrebbe doversi tradurre in fatti apprezzabili.

(l) -R. 381, del 3 dicembre, ncn pubblicato. (2) -Cfr. n. 161.
180

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 212. Berna, 13 dicembre 1873 (per. il 17).

Mi reco a premura di trasmettere all'E. V. due esemplari della nota (l) con la quale il Presidente della Confederazione dichiara al Nunzio Pontificio di non riconoscere più in lui la qualità di Rappresentante della Santa Sede. L'Enciclica ultimamente pubblicata è la ,cagione di questo provvedimento, che la maggioranza dell'Assemblea federale, cui ha sempre fatto uggia la presenza del nunzio in !svizzera, avrebbe provocato se il Poter esecutivo della Confederazione non l'avesse con quest'atto prevenuta.

Questa risoluzione irriterà di ,certo le popolazioni Cattoliche, ma dopo l'Enciclica era impossibile al Consiglio federale di mo,strarsi, come altre volte, indifferente a simiglianti provocazioni per parte della Sede Pontificia.

181

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 13 dicembre 1873.

Nella udienza di ieri, il Duca Decazes ne venne a parlarmi egli stesso della interpellanza Du Tempie e m'espresse il suo rincrescimento di non averla potuta evitare. Per parte sua, egli avrebbe voluto farla almeno rimandare fino alla fine di febbraio; ma il Duca di Broglie, presente al momento in cui fu annunziata. accettò il più vkino termine della chiusura delle discussioni sul bilancio.

In ogni caso, n Duca Decazes spera che l'interpel,lanza non verrà all'ordine del giorno prima dell'8 o 10 gennaio prossimi e che fino a quella data le condizioni della rappresentanza in Roma e in Parigi saranno ridivenute normali. Pare

in fatto poco probabile che l'intiera dtscussione del bilancio attivo e passivo sia

esaurita prima delle vacanze di Natale e in occasione di queste l'Assemblea ag

giornerà le sue sedute fino dopo il capo d'anno. Il Duca Decazes che prende po

co sul serio la nuova discesa in 'campo dell'intrepido generale, mi confermò l'au

tenticità d'alcune parole che questi ebbe l'altro dì in risposta dal Signor Rochette,

mentre biasimato da un membro della destra per l'inopportunità della sua inter

pellanza esclamava: • Eh bien! puisque vous nous dites toujours que le Gouver

nement ne peut pas faire la guerre à l'Italie, nous irons, nous et nos amis, contre

les Philistins •. • Vous pouvez bien y aller vous seui, replicò il Signor Rochette,

puisque c'est vous qui tenez la màchoire d'àne •.

Cito l'aneddoto, perchè riferito da Decazes esso ne mostra il sentimento.

Il naufragio della • Ville du Havre • spaventò la Marchesa di Noailles, la quale chiese col telegrafo di poter differire la sua partenza. Il Duca Decazes mi disse d'averle risposto che le vie non erano mai più sicure che dopo un disastro. Egli attende qui Noailles alla fine del mese e si propone di farlo subito partire per Roma.

Com'è naturale, la corda rsensibile ora come prima e più di prima è qui la Prussia. Si vede e si teme la Prussia dappertutto. Con un odierno mio rapporto riferisco all'E.V. il poco che mi disse Decazes sulle sue intenzioni nelle questioni tra i Principati uniti e la Porta: non v'ha dubbio che qui si sospetterà sempre un'ingerenza prussiana, e rs'avrà ,cura di ,conoscerla per agire possibilmente in senso contrario. Ciò che la stessa Svizzera osa permettersi, ne comble pas d'aise. Nello stesso ordine d'idee devo anzi rendermi presrso l'E. V. l'interprete d'una preghiera che mi fu ieri diretta dal Duca Decazes con molta insistenza. Il Console francese a Tunisi gli riferì che in occasione di non so quale recente trattativa o vertenza concernente la commissione finanziaria, tanto il Console inglese quanto l'italiano si sarebbero mostrati animati di sensi d'eccessiva diffidenza verso la Francia. In una conversazione col Kasnadar, il Cav. Pinna si sarebbe anzi lasoiato sfuggire le parole • che i Governi d'Italia e di Germania sorvegliavano gl'intrighi francesi •. Il Duca Decazes mi raccomandò di pregarla di voler persuadersi ,che non è minimamente intenzione sua o de' suoi Agenti di suscitare imbacrazzi a Tunisi, che in fatto la loro azione non eccede e non eccederà i limiti di ciò che si credono in stretto dovere di fare per assicurar gli interessi dei creditori francesi, ed egli mi espresse quindi il desiderio ,che il Cav. Pinna possa mostrarsi meno contrario alla Francia

o meno prevenuto in rsuo sfavore.

(l) Non si pubblica.

182

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 412. Bucarest, 15 dicembre 1873 (per. il 23).

La discussione dell'indirizzo porse al Ministro degli Esteri il destro di precisare una volta di più in Parlamento il suo modo di vedere circa la non ben definita condizione della Rumania rispetto alla Potenza Alto Sovrana.

Il Signor Boeresco non ha solamente parafrasato in questa circostanza la sua nota del 2/14 novembre, ma ha creduto dover enumerare altresì tutti gli altri argomenti già da lui svolti come pubblicista in opere spedali che diè precedentemente alle stampe.

Le sue argomentazioni si ria.ssumono nel ·Concetto che i Rumeni sono di diritto e realmente indipendenti in virtù dei quattro trattati (capitolazioni) da essi liberamente ·conchiusi con l'Alta Porta dal XIV al XVI secolo. Codesti trattati o capitolazioni, che con la garanzia delle Potenze furon poi confermati dall'art. 2 della Convenzione del 1858, essere la vera base dei rapporti esistenti con la Turchia. I Rumeni non riconoscere altri legami che quelli risultanti dai medesimi trattati, mercè le di ~cui stipulazioni se i Principati si rassegnarono al pagamento del tributo annuale, non rinunziarono per ciò a tutti gli altri diritti inerenti alla Sovranità.

Credo prezzo dell'opera di mettere sotto gli occhi di V. E. una tradu

zione francese (l) pubblicata dal JournaL de Bukarest del discorso cui accenno.

In presenza di queste nuove ufficiali manifestazioni del Ministro, parvemi anche maggiore l'opportunità di fargli la comunicazione di cui V. E. m'incarica col pregiato dispaccio n. 48 (2).

Ed in una visita che oggi stesso gli ho resa, ho fatto intendere al Signor Boeresco quanto savio sarebbe da parte sua di apportar somma ponderatezza e calma nella quistione che d occupa, nulla precipitando, e lasciando alle Potenze interessate il tempo necessario per esaminare e pronunziarsi.

Altre considerazioni ho aggiunte, fondate sull'interesse stesso che i Principati hanno di non appigliarsi a partiti intempestivi ed arrischiati mentre la discussione trova1si già diplomaticamente intavolata, ed ho finito dicendogli essere per espresso invito di V. E. ·che io ,gli iripetevo oggi ·con più autorità codesti consigli.

Ringraziando con calore il Governo del Re per siffatta comunicazione, il mio interlocutore mi ha porto novelle assicuranze che nel trattar codesta quistione egli non si allontanerà mai dalla più stretta legalità, comprendendo ~e quanto una ·condotta incon1siderata nuocer ,potrebbe alla causa da lui :!t0~t~rr-:.<ta.

• Nella mia Circolare come in Parlamento, così ha conchiuso il Ministro. mi son tenuto sul terreno legale dei nostri anUchi trattati che garantiscono la nostra autonom.ia riconosciuta dalle Potenze, ma che ci impongono dall'altra parte di serbare la migliore armonia con l'Impero Ottomano. Da queste basi il Governo di Sua Altezza è deciso a non mai scostarsi, sperando che le Potenze vorranno nella loro imparzialità convincev.si .che, ossequienti ai trattati. i Rumeni non son corrivi a crear ·conflitti, né son vaghi di avventatezze; ma limitano .la loro azione a respingere gli attacchi di cui sono fatti segno, ed a difendere i loro diritti •.

La ringrazio infine, Signor Cavaliere, dell'annesso cifrato speditomi col dispaccio cui rispondo.

17~

Del contenuto di questo documento mi sono già opportunamente valso nello scopo di calmare le note velleità di autonomia, come del resto io non avevo mancato di precedentemente farlo.

E quante fiate mi se ne presenterà l'occas.ione, io continuerò -V. E. deve esserne ·convinta -ad adoperarmi nella misura delle mie forze a far qui prevalere l'intento, che sta così giustamente a cuore dei diversi Gabinetti, di nulla veder modificato allo stato attuale delle cose per quanto poco ben definito esso possa essere.

(l) -Non si pubblica. (2) -Non pubblicato.
183

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 213. Berna, 18 dicembre 1873 (per. il 21).

Il Signor Cere:sole mi annunzia con nota speciale che l'assemblea federale ha eletto a Presidente della Confederazione per l'anno 1874 il Signor Carlo Schenk ed a Vice Presidente il Signor Emtlio Welti.

Il nuovo Presidente che è del Cantone di Berna è stato già assunto più volte a questa carica eminente. Egli appartiene al partito radicale, ciò che non toglie che egli sia uno dei migliori amici dell'Italia.

Il Signor Welti, del Cantone di Argovia, che secondo gli usi, sarà Presidente della Confederazione nel 1875 è una delle migliori teste del Consiglio Federale, e se non fosse l'inqualificabile 1suo procedere l'anno scorso all'occasione dell'approvazione che il Consiglio Federale accordò al Trattato EscherFavre, senza sentire prima le osservazioni del Governo Italiano, considererei questa sua nomina sovra ogni altra favorevole all'Italia.

Vi è stata nell'assemblea federale una seria lotta per la elezione di questo personaggio, .contro il quale il partito radicale portava il Signor Scherer, di Zurigo, Capo del Dipartimento Federale delle Strade Ferrate e del Commercio.

Alcuni del partito moderato lo appoggiavano egualmente per la considerazione che convenisse accordare a Zurigo che fu il Primo Vorort della Svizzera l'onore della Presidenza della Confederazione, onore di cui non fu mai nell'alternativa delle nomine finora privato.

Il Signor Welti deve ai moderati del partito radicale e del cattolico d'aver ottenuto l'inclusiva contro il suo avversario.

184

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

'T. 523. Parigi, 20 dicembre 1873, ore 9,05 (per. ore 11,35).

Arrivé hier au soir à Paris et repris direction de la légation.

185

Il SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI

D. 154. Roma, 20 dicembre 1873.

La S. V. deve essere certamente informata delle circ()stanze in cui si è prodotto il conflitto degenerato ora in aperta rivolta delle tribù della Mirdizia -eontro il Governatore di Scutari, ed Ella deve pure conosce·re come il Mini.stro di Austria-Ungheria e l'Incaricato d'Affari di Francia abbiano creduto far sentire alla Sublime Porta consigli di moderazione e di prudenza. Dalle informazioni trasmesseci dal R. Console in Scutari risulterebbe che Rachid Pascià, dichiarandosi affatto .ignaro del modo in cui le cose erano procedute avrebbe promesso al Signor Lessind di chieder subito ragguagli in proposito, .e dar quindi pronte disposizioni perché tutto sia ritornato al p11istino stato, non avendo la Porta né ragione né intenzione di mutare lo stato attuale della Mirdizia.

Siccome però questi ordini non giunsero ancora alle autor<ità di Scutari così io .crederei conveniente che Ella unisse la sua voce a quella dei suoi colleghi di Francia ed Austria per mantenere la Sublime Porta nelle disposizioni benevole e concmanti dalle quali sembrerebbe animata, ed eliminare questa nuova minaccia alla tranquillità dell'Oriente che all'Italia, ·come alle altre Potenze, importa sommamente di veder mantenuta.

La morte di Chevket Pascià pone del resto il Governo ottomano nella favorevole condizione di poter biasimare la condotta di quel funzionario e dare istruzioni in quel senso al nuovo Governatore senza che la dignità della Porta e delle autorità dipendenti abbia a scapitarne di fronte alle popolazioni albanesi.

Io l'autorizzo dunque, Signor Ministro, a intendersi a questo !scopo con i .suoi colleghi, persuaso che questi consigli di conciliazione avranno maggiore -efficacia e più grande probabilità di venire accolti da codesto Governo per

venendogli contemporaneamente da diverse potenze amiche.

186

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

'T. 524. Parigi, 21 dicembre 1873, ore 14,40 (per. ore 21,40).

J'ai vu due Decazes qui m'a fait accueil le plus amicai. Il m'a dit qu'il

.avait encore un faible espoir d'éviter interpellation, en cas contraire il déclarerait que la question a été résolue par les déclarations précédentes faites à l'assemblée, et que le Gouvernement français entend maintenir le bon accord .avec l'Italie. Quant à d'autres questions il n'en voit pas. Les questions des couvents sont du domaine du contentieux elles ne sont pas des questions de politique. Le due Decazes m'a parlé avec une ·certaine préoccupation des ac

cords qui auraient été pris à Berlin entre J.a Prusse et nous. Je lui ai tena à ce sujet le .Jangage que vous m'aviez indiqué et qui l'a, en partie, rassuré.

187

IL CONSOLE A LIONE, PUCCI BAUDANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2. Lione, 21 dicembre 1873 (per. il 25)..

Riferendomi alla riserva contenuta nel precedente mio ·rapporto di questa serie (1), ho l'onore d'informare cotesto Dicastero che le corrispondenze· italiane trovate tanto sulla persona, che al domicilio degli individui arrestati il 19 scorso mese, sono per la maggior parte sottoscritte dal Signor Italo Passerini quaiHìcatosi studente presso l'Univel'sità di Bologna; le poche altre recano il nome del Signor Quadrio, il q_uale però risulta trovarsi attualmente in Barcellona. Già feci cenno del tenore sovversivo di tali scritti, i medesimi però non hanno tratto al complotto stato qui scoperto.

L'istr!Jzione del processo per quest'ultimo fatto prosegue tuttora il suo corso, né si ritiene prossima al suo termine; pare certo però fin d'ora che il relativo dibattimento avrà luogo nanti questo tribunale di guerra. Furono praticati per tale titolo nuovi arresti, non solo in Lione e Farare, ma ben ancora ad Aubenas ed Annonay nel dipartimento dell'Ardèche, e ieri ancora a Cannes (Alpi Marittime); vennero del pal'i ancora sequestrate varie armi, le quali erano state sottratte e nascoste all'epoca del disarmo delle guardie nazionali prescritto in principio dello scorso anno.

Giudicando da quanto mi venne fino·ra riferito appare fondata la gravità del movimento progettato, quale venivami segnalata da questa Polizia, e vuolsi. credere che il medesimo avrebbe preso assai estensione, se non fosse stato a tempo sventato, sul ·riflesso specialmente che i •capi avrebbero trovato terreno propizio fra gran parte di questi operai condannati dall'atonia presente del commercio e dell'industria ad un ozio forzato, ed a crudeli sofferenze.

Non mancherò di tener ragguagliato cotesto Dicastero delle ulteriori fasi di tale avvenimento.

188

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 416. Madrid, 21 dicembre 1873 (per. il 28).

Le nomine dei tre arcivescovi da me segnalate a V. E. col mio antecedente· rapporto di questa serie (2), non furono a quanto pare che il preludio dei risultati dell'accordo conchiuso tra il Signor Castelar e la Curia Romana. Un tele-·

:gramma mandato ieri al Ministero di Stato dal rappresentante di Spagna pres

.so il Vaticano, annuncia che il Santo Padre ha accettato quattordici Vescovi

per colmare le sedi vacanti nella penisola e possessioni d'oltremare, statigli

proposti dal Governo Repubblicano.

Siccome indicai a V.E. una quantità di paragrafi vennero comunicati alla Correspondencia de Espana nelle passate settimane per preparare l'opinione pub-blica a tale riconciliazione. Ora poi il noto organo del Signor Castelar, la Discu.sion, stampa un articolo di fondo per spiegare che il Potere esecutivo aveva due motivi per <Compire siffatte nomine. Il primo, ,che tuttavia non è trasformato in legge il progetto di separaz,ione della Chiesa dallo Stato e che per .conseguenza n Governo, nell'eserdzio di una facoltà che non è stata abrogata -e attenendosi alle prescrizioni legali e ai Concordati esistenti, poteva e doveva fare la presentazione dei titolari.

Il 1secondo motivo fu qu:indi a detta della Discusion, ,la convenienza d'impedire che le nomine, nel caso che il Governo si fosse astenuto dall'intervenire, fossero ricadute • ,su quei sacerdoti i quali sconoscendo la loro missione di pace sono l'ausilio dei Carlisti, preti fanatici ed ignoranti •.

Quest'ultima ragione è quella che citavami lo >stesso Signor Castelar nella ,conversazione che ho riferito col prementovato mio rapporto.

Non v'ha dubbio che la vanità del capo del Gabinetto è stata lusingata .dal pensiero di poter del riconoscimento che <così dà la Santa Sede alla repub-blica far pompa tanto verso il partito carUsta quanto verso i conservatori, ai

quali gli importa dimostrare che la Chiesa non è ostile alla forma democratica di reggimento. Infatti ciò che ora succede è degno di essere preso in considerazione. Il

·Governo a"ttuale fa libero uso del diritto di presentazione per la prima volta dagli ultimi tempi della Monarchia assoluta. Non è un mistero che (nonostante il Concordato del 1851, confermato a questo riguardo dagli accorrdi che vi tennero dietro) durrante il periodo ,costituzionale, i Mini,stri di Grazia e Giustizia erano totalmente estranei alla designazione dei prelati; questi venivano previamente indicati da Roma, ed erano poscia umilmente accolti dalla Reggia. Nella odierna occasione non è stato così, e certo questa è una insigne prova di benevolenza da parte della Corte Pontificia.

Notisi eziandio ,che in dicembre 1871 il Cardinale Arcivescovo di Valladolid non esitò, in ,conformità delle istruzioni pervenutegli dal Vaticano, a rifiutare lil possesso del decanato di quella Diocesi al nominato dal Guardasigilli del Re Amedeo, allegando ,che l'antico patronato e i privilegi della Corona avevano -cessato di esistere colla rivoluzione. Mi si afferma che, parimenti sotto il Regno -del Duca di Aosta, lo 1stesso avvenne per il vescovo di Cuba e per un altro destinato alle Filippine, i quali non ricevettero mai il breve dell'investitura papale.

Il Signor Castelar è talmente superbo di questo successo che venne a casa mia per informarmene, e non mi celò in mezzo alla sua so-ddisfazione la sorpresa ·che la pieghevolezza del Cardinale Antonelli aveva destato in lui, rammentandosi l'epoca ancora recente quando trovando1si a Roma come semplice viaggiatore, gli venne dato lo sfratto dana polizia pontificia.

Il sopracitato pe11iodico Ministeriale, la Discusion, aggiunge inoltre che il Governo della RepubbUca ad onta di questo riavvicinamento col Sommo Pontefice, manterrà il programma della separazione completa della Chiesa dallo Stato, • imperocché questa separazione è un principio democraUco sostenuto da tutti i repubblicani i quali pensano ·che Iii prestigio della Chiesa, la sua indipendenza e la tranquillità dello Stato, ~sigono che si scindano due poteri di tendenze sì completamente distinte •. Ma è evidente la contraddizione che si affaccia. Se nella seconda quindicina di dicembre è utile che il Potere esecutivo s'intrometta nella .scelta dei prelati, perché crederà di spogliarsi di ogni facoltà d'intervento nella prima di gennaio? La verità è che il Signor Castelar ha voluto ingraziarsi i conservatori con questa arrendevolezza alla Corte Pontificia. Giova però notare ·che nel suo desiderio di conciliarsi l'appoggio di una parte influente del clero alla vigilia di una crisi importante come quella che sta per inaugurarsi ·col prossimo mese, egli andò molto più in •là di quanto· fecero non solo i Governi che si sono suoceduti in !spagna dal settembre 1868, ma in questa questione dei vescovi oltrepassò ben anche in zelo religioso l'attitudine serbata dalla stessa dinastia Borbonica negli ultimi anni della sua dominazione.

Alcune delle Sedi Vescovili ora fornite di titolari dal tribuna repubblicano, divennero vacanti fin dai tempi della Regina Isabella né mai vi si provvide perché già allora si pensava a ridurne il numero, e in seguito perché i Governi deUa Reggenza e poi della monarchia sabauda per la medesima ragione ed altri contrasti ·Colla Curia Romana non credettero di poter·lo fare.

Pochi in verità erano in grado di prevedere che sarebbe stato il Signor Castelar che avrebbe r~stabilito la buona armonia tra la Spagna e la Santa Sede. Questo contegno però racchiude il germe di una seria complicazione. Forse esso è destinato a essere la causa immediata di quella divis•ione nel campo repubblicano al riconvocarsi del Congresso, aila probabilità della quale non ha. guarì io feci allusione.

(l) -Cfr. n. 151. (2) -Non pubblicato.
189

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 130. Bruxelles, 21 dicembre 1873.

La maggioranza del partito cattolico, fedele alle ispirazioni del Mini•stero, il quale continua a mirare anzitutto ad evitare ogni questione politica all'estero· come all'interno, sperava che nel Senato s'imitasse il silenzio osservato questa volta nella Camera dei Rappresentanti sull'articolo del bilancio relativo alle· rappresentanze belghe a Roma.

Ma il solito zelante dell'estrema Destra, Signor Casier de Hemptinne, non poté trattenersi dal toccare l'argomento, e ne prese occasione per esprimere giudizì acerbi sugli affari di Svizzera ed anche di Germania, quantunque quest'ultimo punto sia considerato dal partito governativo come specialmente perico

loso. Nel seguito della discussione due altri ,cattolici ultra, Signori Solvyns, e Vilain XIV espressero nello stesso senso. V.E. apprezzerà le risposte fatte dagli oratori del Governo, il Conte d'Aspremont-Lynden Ministro degli Esteri ed !il Barone d'Anethan, la cui politica è rivendicata come propria dal Conte d'Aspremont.

Le disapprovazioni esplicite del Barone d'Anethan sugli atti della nostra politica interna, ,la dichiarazione del Conte d'A.spremont che il Belgio non è il poliziere dell'Europa, la nuova affermazione che furono fatte riserve pressoil Governo del Re sui principi nostri e sulla applicazione dei medesimi, compensano pe1 partito cattolico la risoluzione espressa dal Governo di voler mantenere amkhevoli relazioni coll'Italia.

Però il Conte d'Aspremont ed H Barone d'Anethan sono vivamente disapprovati dall'organo dell'episcopato belga, il Bien Public di Gand, per aver as~ serito la necessità di quelle buone relazioni.

Fra poco partirà per Roma una deputazione cattolica per portare al Papa. le offerte dei Fedeli. Ne farà parte un Signor de Villermont francese, che ottenne qui la piccola naturalizzazione ma che dovette ritirare due volte la domanda di grande naturalizzazione ,che aveva ripetutamente presentata alla Camera, perché la Commissione parlamentare ,la ,respingeva essendo egli conosciuto per atti contrari ai buoni costumi ed alla probità negli affari finanziari. Per le stesse· ragioni il Ministro d'Anethan tre anni fa si oppose a che gli fosse conferita dalla Francia la Legion d'onore per ser\nizi ai feriti.

Unisco al presente rapporto il rendiconto ufficiale della 'Seduta del Senato· di cui sopra (1).

190

IL CONSOLE GENERALE A MARSIGLIA, STRAMBIO, AL SEGRETARIO DELLA LEGAZIONE A PARIGI, RESSMAN (2)

R. S. N. Marsiglia, 22 dicembre 1873.

Ho ricevuto a suo tempo il pregiato foglio confidenziale che V. S. Illustrissima mi ha fatto l'onore di dirigermi in data 23 ottobre ultimo scorso (3), conte-· nente communicazioni identiche a quelle che in pari tempo mi pervenivano dal R. Ministero.

Ho preso immediatamente tutte le misure opportune per la sorveglianza di ogni maneggio politico che avrebbe potuto attivarsi a nostro danno in questa parte della Francia, adoperando tutti i mezzi d'informazioni di cui io posso privatamente valermi e richiedendo anche in via confidenziale il concorso che mi fu ampiamente promesso da questo Prefetto Signor Limbourg i cui benevoli sentimenti per noi mi erano ben provati, concorso tanto più prezioso in quanto che il Generale Espivent de la Villesboisnet, Comandante questa Divisione e

lo stato d'assedio è uno dei più noti campioni della legittimità Borbonica e del

potere temporale del Papa, e possiamo così star certi di averlo in ogni circo.stanza per nemico aperto od occulto.

Ma ogni ricerca fu vana, non si trovò la menoma tracda di spedizione di armi fatta dalla Svizzera in Marsiglia, né di raccolta di bande di volontari o di preparazione di altra azione reaziona.ria a nostro danno.

La S. V. avrà ben presunto come le condizioni politiche repentinamente mutate abbiano fatto andare in fumo ogni tentativo che fosse stato concepito per turbare e sconvolgere lo stato attuale delle ·cose in Italia, in armonia ai mutamenti che un partito estremo sperava imminenti in Francia.

Io non cesserò tuttavia dal sorvegliare e sarà mio dovere informare codesta R. Legazione d'ogni cosa che avvenga che possa meritare interesse.

Frattanto non ho a riferire al R. Ministero che il passagg•io per qui, del resto non considerevole d'Italiani, alcuni dei quali noti alla nostra Polizia, che dopo aver combattuto in !spagna per Don Carlos o le Repubbliche varie di .quel paese se ne ritornano in Italia pezzenti e ;sussidiati dalle nostre società di beneficenza.

Le trasmetto .sotto fascia il Sémaphore d'oggi che parla del traslocamento di questo Prefetto Signor Limbourg alla Prefettura del Nord e dell'invio qui da St. Et.ienne del Signor de Tracy. Ho ragione d'essere spiacente della partenza <lei Signor Limbourg il quale, come il suo predecessore Conte de Keratry, fu sempre verso di me cortesissimo ed animato da buon volere verso il R. Con·solato.

Quantunque già da assai tempo non sia prospero il commercio di questa piazza, tuttavia la navigazione nazionale, per causa specialmente della deficienza dei cereali, continua ad essere copiosa in questo porto, fino al giorno d'oggi .essendovi arrivati 1799 bastimenti italiani, con aumento sull'anno scovso e principalmente con sensibilissimo accrescimento di tonnellaggio, scomparendo di .anno in anno sempre più i bastimenti di .piccola portata.

Sento imminente il ritorno in Parigi di S. E. il Signor Cavaliere Nigra e ne proviamo comune vivissima soddisfazione.

(l) -Non si pubblica. (2) -Questo rapporto fu trasmesso da Nigra a Visconti Venosta con R. 2258 del 24 dicembre. (3) -Non pubblicato, ma cfr. p. 127, nota l.
191

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2256. Parigi, 23 dicembre 1873 (per. il 27).

Al mio arrivo in Parigi mi recai da S. E. il Duca Decazes, nuovo Ministro degli Affari Esteri, ch'io già conoscevo personalmente da molto tempo, e dal quale ebbi la più cordiale accoglienza. Dopo aver espressa la sua soddisfazione .di vedere in Parigi il Ministro di Sua Maestà, mi disse che dal suo Iato aveva inviato l'ordine al Marchese di Noailles di partire da Washington subito dopo· l'arrivo del Marchese di Clermont Tonnerre, che vi fu mandato per pigliar consegna della Legazione di Francia, e di recarsi il più presto che fosse possibile· a Roma, alla sua nuova destinazione. Soggiunse poi ch'egli era animato dei migliori e più amichevoli sentimenti verso l'Italia, ,che era convinto che l'interesse supremo della Francia era di mantenersi in relazione d'amicizia con tutte· le Potenze e d'evitare con cura ogni cosa ~che potesse turbar la pace. Risposi al Duca Decazes che era lieto di trovare in lui questi sentimenti, dei quali del resto non aveva mai dubitato, e che dal lato mio poteva assicurarlo a nome· del Governo del Re, che le nostre intenzioni verso la Francia erano sinceramente amichevoli, che l'Italia desiderava mantenere con es1sa i migliori rapporti, evitare ogni spiacevole incidente ed ogni cosa che potesse dare occasione· a complicazioni, e ch'egli avrebbe trovato in me, come io speravo di trovare· in lui una disposizione costante ad agire in questo senso.

La conversazione cadde quindi naturalmente sull'attesa interpellanza del Generale Du Tempie intorno all'invio del nuovo Ministro di Francia presso S. M. il Re. Il Duca Decazes mi disse a questo proposito che il Governo ds:ponderebbe all'interpellanza osservando che la quistione sollevata dal Generale Du Tempie era da molto tempo risolta dalle dichiarazioni fatte all'Assemblea dalla pre-cedente amministrazione, dall'invio di precedenti Ministri presso S. M. il Re d'Italia e dall'esempio di tutte le altre Potenze. lo impegnai vivamente il Ministro degli Affari esteri a cogliere quest'occasione, giacché non s'era evitata, per finirla una volta con queste interpellanze ,che si riproducono ad ogni sessione, e che il miglior modo per giungere a questo scopo era di fare all'Assemblea dichiarazioni esplicite e perentorie nel senso dei fatti irrevocabilmente· compiuti.

L'attitudine del Governo francese in questa quistione non è senza imbarazzi. Vi è in esso una tendenza marcata ad allontanarsi dall'estrema destra e d'avvicinarsi al centro sinistra. Ma finora non si è che nella fase preparatoria, ed il Governo, che non può ancora contare sui voti di quest'ultima parte dell'Assemblea, abbisogna tuttavia dei voti della destra od almeno del,la maggior parte· di essa. lo temo per conseguenza che le dichiarazioni del Governo francese alla occasione dell'interpellanza non 'Saranno forse così esplicite come avrei desiderato e non oltrepasseranno i limiti tracciati dalla precedente amministrazione in occasione identica. Tuttavia sembra assicurato ·che l'ordine del giorno puro e semplice sarà domandato dal Governo, per organo, dicesi del Duca di Broglie, e votato a grande maggioranza. Intanto come annunziai in altra corrispondenza, l'interpellanza è rinviata fin dopo la discussione della legge sui Maires.

Il Duca Decazes lasciò travedere qualche preoccupazione intorno alla natura delle intelligenze che han potuto prendersi fra i Governi d'Allemagna e d'Italia durante il viaggio del Re a Berlino. Egli mi disse ~che supponeva nessun trattato d'alleanza offensiva fosse stato conchiuso, ed io gli risposi che la sua supposizione era intieramente fondata. Osservai al Duca Decazes che nessuna Potenza, e l'Italia meno di ogni altra, pensa ad attaccare la Francia, che l'Europa intera desidera la pace con tutta sincerità e che non poteva ormai dubitarsi che le visite· recenti fattesi dai più grandi Sovrani d'Europa avevano per princ,ipale scopo il mantenimento di questa pace europea così necessaria agli interessi di tutti. Quanto alle intelligenze speciali fra l'Italia e l'Allemagna, ripetei al Duca Decazes ch'io escludeva assolutamente ogni idea di ac·cordo offensivo e che quanto ad accordi difensivi se l'Italia fosse stata, per una lontana ipotesi, aggredita dalla Francia in certe eventualità, era naturale che l'AUemagna potesse considerare una tale aggressione ·come lesiva dei suoi più vitali interessi e tentasse impedirla o combatterla d'accordo con noi; ma che per ciò non erano necessarie speciali e solenni stipulaZJioni. Del resto terminai dicendo, che noi avevamo grande fiducia che una simile ipotesi non si verificherebbe, e che la condotta reciproca dei due Governi di Francia e d'Italia 'sarebbe tale da allontanare la necessità di farne oggetto di previsioni future.

Ieri mi recai a Versaglia al ricevimento ordinario di S. E. il Mare,sciallo .di Mac-Mahon, Preisidente della Repubblica. Il Maresciallo ebbe la 'cortesia di dirmi che era particolarmente lieto di vedere di ritorno in Francia il Ministro di Sua Maestà.

192

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 347. Pietroburgo, 23 dicembre 1873 (per. il 30).

In una visita ·che feci al Cancelliere dell'Impero lo intrattenni della Circolare Ottomana e del documento Rumeno, relativi alle convenzioni stipulate da alcune potenze con quel Governo Principesco e Sua Altezza mi ripetè esattamente in termini però più riservati quello che mi fu espresso dal Signor Stremoukoff e che ebbi l'onore di riferire nel mio rapporto n. 346 del 29 novembren dicembre (1).

• L'interpretazione dei trattati, disse, può forse esser dubbia sopra quel punto ma le convenzioni sono ora in vigore e la Turchia ha torto di dare de ces eoups d'épingles, mentre riconosciamo perfettamente la sua Sovranità sopra i Principati; l'ho dichiarato francamente all'Ambasciatore di Turchia; io, Cancelliere dell'Impero, mi sono astenuto ad arte, per evitare false interpretazioni, di apporre la mia firma agli accordi che abbiamo stipulati coi Principati; quegli atti non hanno carattere politico, ma di amministrazione interna •.

Domandai al Principe in che modo intendesse far conoscere i suoi apprezzamenti in proposito; mi rtspose: • oltre quello che ho detto io stesso all'Ambasciatore Ottomano, guiderò il linguaggio dei nostri agenti a Costantinopoli ed a Buearest nel senso delle parole che Le ho indirizzate •.

L'Ambasciatore di Francia che entrò dopo di me nel Gabinetto del Cancelliere lo intrattenne dello stesso argomento, e non mi celò che lo avea interrogato perchè probabilmente il Governo Francese imiterebbe in questa circostanza

l'attitudine del Governo Russo. Sua Altezza disse al Generale Leflò di avere un

momento prima eonve11sato con me sopra quel soggetto, di modo che sono stato

in grado di aecertare che il Principe Gortschakoff ci aveva tenuto il medesimo

linguaggio.

L'Ambasciatore crede anche che si voglia evitare che la •cosa non prenda

proporzioni gravi e ehe per ora il Principe Gortschakoff intende di non espri

mere che verbalmente la sua opinione per mezzo dei suoi agenti a Costantino

poli ed a Bucarest e queste nozioni mi furono anche ·confermate dal Ministro

.d'Austria-Ungheria.

(l) Non pubblicato.

193

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 488. Roma, 24 dicembre 1873.

Da un rapporto testè pervenuto dal R. Rappresentante in Rio Janeiro risulta che il Governo bra1siliano, commosso dalla notizia che il congresso argentino teneva delle sessioni segrete per dibattere un progetto di alleanza col Perù, la Bolivia e l'Uruguay contro il Brasile, il Chilì ed il Paraguay, diresse una nota al Gabinetto di Buenos Ayres allo scopo di ,chiedere •Spiegazioni sulle voci che correvano ostili all'Impero. Il Signor Tejedor rispose ·con una nota nella quale egli protesta dei •sentimenti di amicizia della Repubblica verso il Brasile, dichiarando che quistioni dei limiti del Paraguay non ,sono tali da far temere per la pace. Questa nota fu pubblicata dal giornale ufficiale dell'Impero ed a quest'ora Ella ne avrà potuto aver cognizione dai pubblici fogli.

Il barone Cavalchini ebbe inoltre una conversazione in proposito col Ministro degli Affari Esteri del Brasile. Questi dopo aver constatato che per i"l momento le velleità guerresche della Repubblica Argentina parevano svanite, soggiunse non essere però scomparso ogni pericolo di ·complicazioni, giacchè tutti i partiti che aspirano a popolarità hanno preso il vezzo di mettere sulla loro banniera • guerra all'Impero •. Ciò naturalmente non manca, continuò, di creare dif:ficoltà al Brasile, il quale dal canto suo ha sempre rispettato colla massima scrupolosità i diritti e le istituzioni degli Stati limitro:lii ed in particolare i suoi incomodi vicini del Rio della Blata, dimostrando colla sua moderazione nella recente guerra del Paraguay che non nutriva mire ambiziose su quelle repubbliche. Il Visconte di Caravellas terminò assicurando che il Gabinetto di Rio avrebbe ·evitato qualunque occasione che potesse far nascere un conflitto pregiudizievole agli interessi generali in quelle contrade.

Da quanto Le ho esposto Ella potrà scorgere che fortunatamente sono allontanati i pericoli d'una rottura imminente. Sussilstono però ancora delle cause di malumore; noi crediamo quindi che l'azione conciliatrice esercitata in comune dalla diplomazia italiana e francese sì a Rio Janeiro che a Buenos Ayres possa ancora produrre utili risultamenti, e speriamo che il Gabinetto di Versailles

,confermerà le istruzioni già in passato impartite ai suoi agenti in quelle contrade.

194

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 489. Roma, 24 dicembre 1873.

Col mio dispaccio del 23 novembre ultimo n. 484 politico (l) io La pregava di far conoscere al Governo francese che noi dividevamo perfettamente il suo modo di vedere nella quistione della giurisdizione consolare in Tripoli di Barberia, e che avevamo dato istruzioni alla R. Legazione in Costantinopoli di adoperarsi, d'accordo col rappresentante di Francia, presso la Sublime Porta per fare :scomparire le difficoltà insorte, principalmente per opera del Governatore di Tripoli, relativamente all'attuazione del protocollo dei 24 febbrajo 1873.

Da un rapporto testè giuntomi della R. Legazione in Costantinopoli risulta che Rachid Pascià ha accolto favorevolmente le osservazioni in proposito presentategli dal Conte Barbolani. Egli ha riconosciuto di buon grado come tutto il torto stia da parte del Governatore e non dei Consoli ed ha quindi promesso di inviare tantosto istruzioni a Samyk Pascià prelscrivendogli di procedere senza ulteriore indugio alla costituzione del Tidjaret in Tripoli nel modo istesso in cui funziona nel resto dell'Impero, componendolo perciò d'un presidente turco e due giudici anche turchi, nonchè di due assessori stranieri.

Io La prego quando ne avrà occasione di portar ciò a notizia del Signor Duca Decazes esprimendogli in pari tempo la mia soddisfazione che 'i passi fatti dai due Governi presso la Sublime Porta abbiano ottenuto una pronta ed equa soluzione.

195

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 321. Costantinopoli, 26 dicembre 1873 (per. il 2 gennaio 1874).

Confermo quanto ho avuto l'onore di annunziarle per telegrafo intorno ad una comunicazione fattami dal Ministro d'Alemagna, Signor d'Eichmann sulle presenti ,condizioni della Tunisia. Il Principe di Bismarck aveva ricevuto dal Console di Germania in Tunisi un rapporto nel quale asserivasi che il nuovo Ministro del Bey, Generale Kerredine, avea formato il progetto di svincolare quella Reggenza dalle clausole contenute nel Firmano Imperiale del 1871, nello intento di porre la Tunisia sotto il protettorato esclusivo della Francia. Il Signor d'Eichmann era incaricato dal Principe di Bismarck di parlare di questa faccenda con l'Ambasciatore di Russia e con me e di adoperarsi presso la Sublime Porta onde render vani i tentativi del Generale Kerredine.

Io dovetti limitarmi, come pure dissi a V. E. a rispondere al Ministro di Alemagna di non aver ancor ricevuto istruzioni su questo affare. Ma poscia essendomi giunto l'ossequiato telegramma di n. 30, ho fatto conoscere al Signor d'Eichmann, in un secondo colloquio avuto con lui, che le informazioni pervenute al Governo del Re sulle mire attribuite al Generale Kerredine non concordavano pienamente con quelle ricevute dal Governo Imperiale di Germania, dappoichè pareva si trattasse, almeno per ora di negozi iniziati per una rettificazione di frontiere tra la Tunisia e l'Algeria, fatto anche grave e meritevole di richiamare la seria attenzione delle Potenze, ma non della portata di quello cui faceva cenno il rapporto del Conso:le di Germania in Tunisi. In ogni caso mi era mestieri, io gli aggiunsi, per chiarirmi meglio del vero stato delle cose e degli intendimenti del Governo del Re in sì delicata questione, di aspettare il Dispaccio scritto da V. E. annunziatomi.

Il Signor d'Eichmann trovò natural,issimo questo mio cauto modo di procedere e non disconvenne meco che potrebbe esservi qualche esagerazione nelle voci corse 'sui progetti attribuiti al nuovo Ministro del Bey. Nondimeno egli avea creduto, nell'intervallo di dover interrogare in modo generico e senza dire di averne avuto preciso incarico dal Principe di Bismarck, pria il Ministro degli Esteri Rachid Pacha e poscia anche H Gran Vezir sulle condizioni attuali della Tunisia e sulle mire di cui dicesi animato il Generale Kerredine rispetto alla Francia. S.ì l'uno che l'altro risposero di essere nella più assoluta ignoranza di ciò che succedeva in Tunisi, sebbene avessero colà un Agente nella persona di un degno negoziante che da poco vi si è stabilito. Promisero di chiedere subito informazioni sul conto in cui dovevano tenersi le voci in cor!so, ma non dissimularono che esse arrecavan ~loro una certa sorpresa, e non sapevano concHiarle col viaggio che il Bey annunziava di voler fare a Costantinopoli nel prossimo Aprile per fare atto di omaggio al Sultano. Rachid Pacha poi non comprendeva come il Generale Kerredine che venne qui per sollecitare la concessione del Firmano nel 1871 e l'ottenne malgrado l'opposiz,ione manifesta della Francia, voglia ora disfar egli stesso l'opera sua e mettersi in una via tutta diversa e piena di avventure.

Conformandomi agli ordini di V. E. ho veduto anche l'Ambasciatore d'Inghilterra a ~cui erano già noti gli adoperamenti del Ministro d'Allemagna, sebbene questi non gliene avesse parlato; Sir Henry Elliot non aveva ricevuto alcuna istruzione da Lord Granville relativamente a Tunisi; ma avea creduto suo obbligo di chiederne. Intanto egli esprimeva la opinione che le notizie riferite dal Console d'Allemagna debbono essere esagerate, ma che pur trattandosi di una !semplice rettificazione di frontiera, questa non si possa fare se non col consenso della Sublime Porta; ed aggiungeva che se le Potenze Garanti si decidessero una volta a dichiarare che la Tunisia forma, come l'Egitto, parte integrante dell'Impero Ottomano, questo atto sarebbe il rimedio più acconcio a far cessare tutte le velleità d'ingerenza esclusiva, di protettorato e di annessione per parte della Francia rispetto a quella Reggenza.

Come V. E. può bene immaginare io evitai accuratamente di seguire Sir Henry Elliot 'SU questo terreno alquanto scabroso, e conchiusi col dire che il

meglio era, per ora, di procedere con cautela ed aspettare più positive e precise informazioni.

L'Ambasciatore di Russia è privo anche d'ogni istruzione su questo affare, ma dal modo con ,cui egli me ne parlò si scorge chiaro che il Gabinetto di Pietroburgo non si preoccupa molto della quistione di Tunisi, e che nel caso concreto pur mostrandosi d1sposto ad assecondare le mire del Governo Germanico, farà in modo da non porsi in grande ev,idenza per non dispiacere nè alla Francia nè alla Turchia.

(l) Cfr. n. 154.

196

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI

D. 155. Roma, 27 dicembre 1873.

La risposta che mi sono affrettato a dare al telegramma speditomi da V. S. in data del 24 corrente (l) La avrà fatta accorta che l'affare cui esso si riferiva non era cosa nuova pel Governo del Re. Le tendenze della Francia a procurarsi nella Reggenza di Tunisi un predominio esclusivo, il suo desiderio di ottenere una nuova e più favorevole delimitazione delle frontiere della finitima Algeria, si sono in altre occasioni rivelate con sufficiente evidenza perché non si abbia a meravigliare dei tentativi da qualche tempo ,iniziati con nuova insistenza dall'attuale Governo di Parigi. Le ho accennato, nel mio telegramma di risposta, i passi che aveva fatti presso di me il Minilstro di Turchia per chiamare la mia attenzione su ciò che avveniva da alcuni mesi a Tunisi, ed ora credo utile di inviarLe eziandio per maggiore informazione di V. S. gli estratti dei Rapporti nei quali il Cav. Pinna mi segnala i molteplici indizi colà osservati di ciò che si prepara per opera del Consolato di Francia e del Signor Villet.

Quanto alla condotta 'che a Lei conviene tenere in questa circostanza, io le confermo il tenore del mio telegramma del 24 corrente (1). Il nostro interesse a prevenire un qualsiasi mutamento delle attuali condiZJioni politiche della Reggenza è troppo evidente perchè abbia a dubitarsi di entrare in uno scambio di vedute coi rappresentanti delle Potenze che tendono al medesimo scopo. Per altra parte, non converrebbe neppure, con qualche atto intempestivo, esporsi al pericolo di far precipitare l'attuazione dei progetti che a Tunisi sono rimasti finora in uno stadio di preparazione, e non dobbiamo poi perdere di vista la situazione particolarmente delicata che a noi creano. negli affari di Tunisi, le voci sparse più di una volta a carico del Governo del Re per attribuirgli velleità ambiziose a riguardo di quel paese. Senza trascurare per conseguenza nulla di ciò che può contribuire ad allontanare il temuto pericolo, Ella cercherà di evitare quegli atti che avessero per effetto, ponendo in evidenza la R. Legazione, di far credere che l'iniziativa dell'azione comune che si tratta di esercitare sia venuta dal Governo del Re.

Il R. Ministro a Londra, al quale ho pure scritto per conoscere ile i:dee del Governo Britannico intorno a questo affare, ha ,ricevuto da me analoghe istruzioni. Io La prego intanto di volermi tener informato del risultato che avranno i :suoi abboccamenti coi colleghi di Prussia e di Russia, il telegramma da Lei indirizzatomi facendo menzione del Generale lgnatieff, se pure non vi fu errore di ci:lira e non 'si volle invece aLludere al Ministro della Gran Brettagna la quale, assai rpiù della Russia, ha sempre seguito, con particolare interesse, gli avvenimenti della Tunisia.

(l) Non pubblicato.

197

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 27 dicembre 1873.

Il mio ritorno a Parigi fu qui generalmente considerato come un segno favorevole alle buone relazioni fra l'ItaUa e la Francia. Non solo ebbi premurose accoglienze nel mondo ufficiale e nel Corpo Diplomatico, ma ho ricevuto da privati una grande quantità di carte, ed ebbi numerose felicitazioni. Vi segnalo questo fatto, senza alcuna preoccupazione personale che ormai non es,iste in me, ma come indizio d'una situazione di cui avete a tener conto. Ho trovato il Duca Decazes disposto ad evitare gli incidenti. Già vi esposi quanto egli mi disse in ordine all'interpellanza. Esso mi ha ripetuto ieri le assicurazioni datemi sabato scorso, ed insistette nella sua risoluzione di dichiarare che non esistono questioni d'indole politica fra l'Italia e la Francia, e che le questioni relative alle corporazioni religiose francesi sono d'indole contenzioso, e !saranno esaminate e trattate colla cura che comportano dall'ufficio del contenzioso. Così, rispetto all'incidente dei pacchi postali destinati all' • Orénoque •. Il Duca Decazes non vuole considerare la questione altramente che come un'interpretazione della convenzione postale in vigore. Il mio tema con Decazes e con tutti è: « Noi vogliamo la pace e la buona intelligenza colla Francia; aiutateci a mantenere l'una e l'altra; la cosa dipende più ancora da voi che da noi •. Ho raccomandato a Decazes di vegliare a che si dia, nei limiti dell'azione governativa possibile, una migliore direzione alla stampa francese, e gli dissi che voi dal lato vostro eravate disposto a portare la vostra attenzione su questa materia in Italia. Secondo quest'ordine d'idee, e gli accordi convenuti fra noi, ho visto il direttore del Mémorial diplomatique ed ho portato all'abbonamento nostro l'aumento convenuto, cosicchè d'or innanzi, almeno per l'anno corrente invece di 1000 franchi d'abbonamento al Mémorial ne avremo 2000. Vi mando qui unita la ricevuta che io prego di far rimborsare al mio procuratore.

Il Signor Simon direttore di questo giornale è dispo:stissimo a parlare nei suoi articoli nel senso da noi desiderato, e si offre anche a ricevere corrispondenza dall'Italia, se volete procurargliene. Ho sempre preso sopra di me la facoltà di dare un sussidio di fr. 150 al Signor Gandi, corrispondente della

l

Gazzetta di Torino Spero che approverete questa tenue somma e che vorrete pure farmela rimborsare. La situazione quì è abbastanza difficile. Il Ministero avrà a sostenere lotte se~ie. La tendenza di Decazes sarebbe di guadagnare il centro sinistro. Ma ,l'operazione è delicata ed aleatoria, perchè ;per ogni voto acquistato se ne può perdere il doppio o il triplo dal lato di destra. Tuttavia non pare che vi sia pericolo di conflitti violenti. Il Maresoiallo Mac-Mahon sembra deciso a mantenere seriamente i suoi sette anni di potere, a rischio di mutare molti ministeri.

198

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 10120. Roma, 29 dicembre 1873 (per. il 30).

Ringrazio l'E. V. per le nuove informazioni favoritemi sulla cospirazione non ha guari scoperta a Lione (1).

Quanto alle attinenze tra la demagogia francese e i repubblicani in Italia, si conferma vie più, come questo Ministero ebbe più volte ad osservare, che esse sono assai scarse e di pochissimo rilievo.

Il Passerini di cui parla il R. Console in Lione, ,e del quale pure ho già riferito a V. E. col foglio del 23 ottobre u.s. N. 8437 Gab. (2), non ha alcuna influenza, e dal recente sequestro di alcune lettere a lui dirette, sembra che sia piuttosto l'intermediario per cui il noto Andrea Costa d'Imola riceve le sue corrispondenze.

199

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A LONDRA, CADORNA

D. 193. Roma, 30 dicembre 1873.

Invio qui unito all'E. V. gli estratti di alcuni nuovi rapporti del R. Agente a Tunisi relativi al medesimo argomento sul quale ebbi già a chiamare l'attenzione di Lei col mio Dispaccio del 12 Dicembre (3). Gli indizi segnalati dal Comm. Pinna, i quali rendono sempre più evidente la natura delle innovazioni che si preparano a Tuntsi, non passarono com'era a prevedersi, inosservati per parte degli altri Governi che hanno interesse al mantenimento dello stato attuale di cose nella Reggenza. Negli scorsi giorni il Rappresentante Ottomano venne infatti a parteciparmi i timori che inspirano al suo Governo le mal dissimulate tendenze degli agenti francesi presso il Bardo; e il R. Ministro a Costantinopoli

mì telegrafa dal canto tsuo, che il suo collega di Germania lo ha intrattenuto per .espresse istruzioni ricevute dal Principe di Bismarck, della prossima eventualità che la "Reggenza di Tunisi tenti di sciogliersi dalle clausole del firmano del 1871 c porsi sotto il protettorato esclusivo della Francia.

Ho raccomandato a Serkis Effendi che :>i usasse una certa precauzione nelle rimcstranzc che h Sublime Porta crederà probabilmente di fare al Governo del Bey, una soverchia precipitazione offrendo per avventura il pericolo di spingere il Gene:·ale Khereddin a passi estremi; e quanto al Conte Barbolani che mi domandava istruzioni, io l'ho invitato a procedere a uno scambio d'idee coi suoi colleghi di Germania e d'Inghilterra, evitando però qualsiasi atto che fosse di natura a porre la R. Legazione in evidenza per rispetto alla Francia.

Appena è necessario ,che io confermi all'E. V. quest'ultima raccomandaz,ione da tenersi presente nei passi ch'Ella fu incaricata di fare presso il Governo della Regina, bensì, le cose dette sin qui, dimostrando come questo affare sia ormai uscito dalla fase delle semplici suppoisizioni, debbono indurci a non ritardare altrimenti a intrattenerne il Gabinetto di Londra. Riferendomi perciò alle istruzioni contenute nell'u,ltimo mio Dispac'Cio relativamente all'indole rise)rvata e confidenziale della conversazione che Ella terrà al riguardo col Conte di Granville io attenderò di conoscere l'impressione che l'E. V. avrà riportata del modo di vedere e della condotta che si propone di seguire il Governo della Regina.

Colgo quest'occasione per segnar ricevuta all'E. V. della pregiata corrispondenza di codesta Legazione che mi è pervenuta fino al N. 436 inclusivamente ,e per la quale io Le offro i miei ringraziamenti.

(l) -Cfr. n. 187. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 178.
200

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 1659/438. Londra, 30 dicembre 1873 (per. il 3 gennaio 1874).

Sebbene non sia ancora in grado di fornire a V. E. le notizie richiestemi relativamente ai dubbi che sarebbero sorti che fra la Francia e la Tunisia si stia preparando qualche modificazione ai limiti territoriaLi fra l'Algeria e la Tunisia, al che si riferisce il dispaccio di V. E. del 12 corrente N. 191 Politico (1), cui andava unito il rapporto del R. Console a Tunisi in data del 3 corrente N. 381 Politico (2), stimo opportuno di tenerle parola di una conversazione del tutto confidenziale che ebbi su questo :soggetto con Lord Tenterden in assenza di Lord Granville. La impressione di questa conversazione fu per me che di fatto l'Inghilterra abbia notizia di qualche intelligenza che si prepari fra la Reggenza di Tunisi e la Francia sopra oggetto analogo a quello indicato di sopra, sebbene forse non del tutto identico. Però Lord Tenterden non si credette autorizzato ad en

trare in discorso su questo !soggetto, e mi disse ·che era mestieri che io ne confe~ rissi con Lord Granville, il ·che mi recherò a dovere di fare tosto che egli ritorni in Londra. La mia impressione che ho sopra esposto è piuttosto il frutto del contegno tenuto da Lord Tenterden in questa circostanza, che non il risultato di alcuna cosa che egli mi abbia detto.

Sì tosto che avrò potuto conferire col Signor Conte Granville mi farò pre~ mura di tenerJa informata di ciò che mi sarà stato dato di conoscere.

(l) -Cfr. n. 178. (2) -Non pubblicato.
201

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI MINISTRI A BERNA, MELEGARI, A BRUXELLES, BLANC, A L'AJA, BERTINATTI, A LISBONA, OLDOINI, A LONDRA, CADORNA, A MONACO DI BAVIERA, GREPPI, A PARIGI, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, E A PIETROBURGO, MAROCHETTI

CIRCOLARE. Roma, l gennaio 1874.

Un fait important pour le Gouvernement de l'Eglise vient de se passer dernièrement au Vatican. Le Pape, qui s'était refusé jusqu'ici à nommer des Cardinaux, a suivi tout à coup d'autres inspirations. Dans un Consistoire tenu au Vatican le 22 Décembre dernier, Sa Sainteté a nommé douze cardinaux, dont six étrangers et six italiens. Parmi ces derniers figurent un membre de la Compagnie de Jésus et un Moine de l'Ordre de St. Augustin.

Je ne rapporterai pas ici les différents bruits qui ont circulé à l'égard des motifs qui ont décidé Sa Sainteté à prendre soudainement cette résolution. Il est possible que les sollicitations de la part de quelques Gouvernements n'aient pas été étrangères à •cette détermination. Je n'ignare pas que plusieurs Puissances ont, d'après des usages respectables et traditionnels, une certaine ingérence dans quelques unes de ces nominatiollis à la plus haute dignité de l'Eglise. Ce que je tiens à constater c'est que le Gouvernement du Roi s'est abstenu scrupuleusement d'exercer aucune influence ni pour ni contre la nomination des Cardinaux, qu'il n'a eu à se prononcer ni en faveur, ni contre aucun des candidats. Le Saint Père a maintenu, en ce qui nous concerne, sa pleine liberté d'action et de choix. Eri ce point, camme dans la nomination des évèques, dans la publication des bulles, des brefs et des encycliques, la liberté de l'Eglise s'etst exercée dans des conditions d"une souveraineté illimitée.

Le Consistoire du 22 Décembre a été secret et la nomination des nouveaux Princes de l'Eglise s'est faite sans l'apparat des cérémonies habituelles. Nous regrettons cette dérogation aux usages traditionnels. Nous sommes persuadés que· les Romains se 1seraient associés avec plaisir aux cérémonies qui accompagnaient d'ordinaire l'élévation à la pourpre des personnages éminents choisis par le Pape pour cette haute dignité. Rien dans l'état de la ville de Rome ne peut faire· supposer que les nouveaux dignitaires n'auraient pas été accueillis avec une respectueUise déférence de la part de la population.

Dans une courte allocution, qui n'a pas paru dans les journaux qu'on suppose etre les organes accrédités du Vatican, le Saint Père a exposé les raisons qui l'ont amené à accroitre le nombre des membres du Sacré Collège. D'après des informations, que j'ai lieu de croire exactes, le Pape aurait aussi fait allusion à la nécessité où il serait d'empecher qu'en cas de Conclave, les ennemis de l'Eglise, ou ceux qu'il présume l'etre, ne tàchent d'exercer une influence illégitime sur le choix de son ·successeur à la Chaire de S. Pierre. Puisque le Pape a parlé lui-meme de l'éventualité d'un Conclave, je pense ne pas manquer au respect du à Sa Sainteté en saississant cette occasion pour vous faire connaitre la ligne de conduite que le Gouvernement du Roi s'est fixée pour le cas où cette éventualité, que nous espérons très lointaine, venait à se vé11ifier.

Cette ligne de conduite ne dépend pas des dispositions des Membres du Cabinet italien; elle a été tracée d'avance au pouvoir exécutif par l'art. 6 de la loi du 13 Mai 1871, que je crois utile de réproduire:

Art. 6) • Pendant la vacance du Siège pontificai, aucune autorité judiciaìre· ou politique ne pourra pour aucun motif apporter empechement ou limitation à la liberté personnelle des Cardinaux.

Le Gouvernement prend les mesures nécessaires pour que les réunions du Conclave et celles des Conciles ne soient troublées par aucun acte de violence extérieure •.

L'art. 7 ajoute:

• -Aucun officier de l'autorité publique, aucun agent de po1ice ne peut, pour exercer des actes de ses fonctions, s'introduire dans les palais et lieux de résidence habituelle ou temporaire du Souverain Pontife ou dans les endroits où seraient réunis le Conclave ou un Concile écuménique, sans y ètre autorisé par le Souverain Pontife, par le Conclave, ou par le Concile •. - • -Les Ecclésiastiques qui par lsuite de leurs fonctions prennent part à Rome à l'émanation des actes du pouvoir spirituel du Sa,int Siège, ne pourront pas. ètre inquiétés par suìte de leurs fonctions ni ètre soumis à aucune investigation ou contrale de la part de l'autorité publique.

Tout étranger revètu d'une charge ecclésiastique à Rome jouit des garanties. personnelles attDibuées aux citoyens italiens en vertu des lois du Royaume •.

Ces dispositions sont formelles: elles 1seront loyalement et tscrupuleusement exécutées. Elles me paraissent de nature à prévenir toute appréhension sur les conséquences d'un événement que rien, pour le moment, n'indique comme prochain, mais qui est trop dans l'ordre nature! des destinées humaine.s pour que les Gouvernements n'aient pas un jour ou l'autre à s'en préoccuper.

D'après les articles que je viens de transcrire, le Conclave aura à Rome une situation légalement exceptionnelle: Sa Souveraineté étant garantie à Rome par une loi, sera placée au dessus des fluctuations des partis; soustrait à toute influence de la part du Gouvernement ou de la population, le Conclave se réunira dans les conditions de sécurité et d'indépendance conformes à son Auguste mission.

Quelques soient les hommes qui, à cette époque, auront l'honneur de diriger l'administration italienne, on n'aura pas besoin de faire appel à leurs senti

ments religieux, à leurs idées politiques: leur devoir est tracé d'avance, leur responsabilité est engagée, non seulement vis-à-vis de l'Europe et du monde catholique, mais aussi vis-à-vis des grands pouvoirs de l'Etat. Déjà quelques unes des prescriptions de la. loi sont en pleine exécution. Les étrangers qui sont revetus à Rome de charges ecclésiastiques n'ont jamais eu à se plaindre d'etre troublés dans leurs fonctions. Plusieurs Cardinaux, par exemple le Cardinal Cullen, le Cardinal Bonnechose et tout dernièrement le Cardinal Archeveque de Valence, ont visité Rome à plusieurs reprises. Le Gouvernement ne s'est nullement occupé du but de leur voyage ni des lintentions qu'on pretait à ces émi.nents personnag~s. Depuis trois ans Rome a l'honneur d'etre le siège d'un double corps diplomatique: tous les moyens de controle et de publicité que comportent des institutions libérales sont accessibles à tous les partis. Cependant le Gouvernement du Roi n'a jamats reçu aucune réclamation qui eut trait à l'exer

cice du culte ou des fonctions ecclésiastiques. Le seui acte de Souveraineté reli.gieuse dont le S. Père s'était abstenu jusqu'à présent, c'était la nomination des Cardinaux. Le nombre des Membres du Sacré Collège vient d'etre augmenté, il le sera peut-etre encore prochainement sans que la présence du Gouvernement du Roi ait pu gener d'une manière quelconque l'action du pouvoir spirituel.

Les faits parlent donc plus haut que toutes les déclarations. Les hommes de bonne foi, les seuls dont nous ayons à nous préoccuper, savent désormais qu'aucune des Iibertés nécessaires à la grande institution religieuse de la Papauté, ne lui fait défaut.

L'ordre, la tranquillité, l'absence de toute pression, qu'elle vienne d'en bas ·OU d'en haut, ne manqueront donc pas au Conclave. La liberté que le S. Père a eue dans les choix, se retrouvera complète et entière dans l'assemblée qui sera appelée à élire le successeur de S. Pierre.

Plusieurs années nous séparent encore, il faut l'espérer, de l'événement auquel je fais allusion. Toutefois il n'est pas inutile de démontrer à l'occasion de la nomination de douze Cardinaux, que la fonction essentielle du Sacré Collège pourra s'exercer à Rome dans les formes canoniques avec la meme sécurité, la meme dignité, le meme calme que dans les Conclaves antérieurs.

202

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2265. Parigi, 2 gennaio 1874 (per. il 5).

Il Duca Decazes m'annunziò spontaneamente che il Governo :i'rancese, per organo del Ministro dei Culti, aveva diretto una circolare ai vescovi di Francia per impegnarli a tenere nei loro mandamenti e nelle altre loro pubbliche comunicazioni un linguaggio più moderato e ad astenersi da espressioni offensive verso i Sovrani e Stati esteri. So d'altra parte che il Governo germanico per mezzo del Conte d'Arnim s'era !agnato del linguaggio ingiurioso verso l'Imperatore e

l'Alemagna tenuto nei recenti mandamenti di parecchi vescovi francesi. Il Conte d'Arnim non aveva fol'molata nessuna domanda precisa relativamente alle mi-sure che il Governo francese avesse a tPrendere. Ma nella conversazione da lui: avuta col Duca Decazes egli aveva fatto allusione all'appello come d'abuso. n Governo francese ha ·creduto ·che una circolare nel senso sopraindicato fosse mezzo più efficace per evitare il rinnovamento di simili intemperanze dalla parte dell'episcopato di questo paese.

Mi fo premura d'informare di ciò l'E. V.

203

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. CONFIDENZIALE 1673/440. Londra, 2 gennaio 1874 (per. il 6).

Facendo seguito al mio Rapporto del 30 dicembre p.p. N. 438 Politico, Riservato (1), .relativo ai so.spetti di tentativi di accordi fra Francia e Tunisia per variazioni di confini territoriali fra la Reggenza e l'Algeria, mi affretto a comunicarle i risultati di una conversazione molto confidenziale che ebbi or ora con Lord Granville.

Ho pertanto comunicato verbalmente a Lord Granville, sotto la più stretta ed esplicita forma confidenziale, i fatti che si contenevano nel Rapporto del Signor Console di Tunisi del 3 dicembre p.p., N. 381 Politico (2).

Feci notare a Sua Signoria che i nostri interessi ci obbligavano a seguire con attenzione ciò che riguardava quel paese ed a guardare e considerare con molta attenzione tutto ciò che potesse portare alterazione alle condizioni attuali della Reggenza di Tunisi, e che gli interessi rilevanti dell'Inghilterra colà ci facevano credere che Essa rigual'dasse questo soggetto dallo stesso punto di vista.

Gli espressi .infine di avere avuto ordine da V. E. di metterlo a parte verbalmente, e nel modo confidenziale che era richiesto dalla delicatezza di questo soggetto, delle informazioni che Le erano pervenute, di richiamare la sua attenzione su questi fatti; e che desiderava di sapere analogamente da lui se avessenotizia di questi e di altri simili fatti e quale fos!Se l'apprezzamento che egli ne faceva.

Il Signor Conte, accostandosi a questo soggetto senza alcuna difficoltà, mi disse che m'avrebbe comunicato, in modo parimente affatto confidenziale, tutto ciò che finora gli era risultato intorno a questo affare. Al Signor Conte erasi fatto conoscere il dubbio che fra il Bey di Tunisi e la Francia si trattasse nullameno che di mettere il Bey sotto la protezione della Francia. Egli aveva scritto subito a Lord Lyons ed al Console Inglese a Tunisi incaricandoli di fare un'interrogazione diretta a quei due Governi su questo soggetto. Da ambedue i luoghi

199'

erano venute le pm recise ed esplicite negative di un tal fatto per cui ora al Signor Conte non rimaneva dubbio che il fatto che gli era stato indicato non aveva alcun fondamento.

Però egli soggiunse che i fatti che io aveva indicato si riferivano ad un altro soggetto e che gli erano paf!si di tal natura da richiedere gli Agenti del Governo tanto in Francia che a Tunisi di prendere informazioni e di fargliele pervenire dappoiché nulla era finora giunto a sua notizia che si riferisse al sog_getto di variazioni di limiti territofiiali. Egli si riservò di dirmi confidenzialmente

ciò che sarebbe risultato da tali indagini.

Quanto all'apprezzamento di questo fatto, ove si verificassero i dubbi concepiti, egli mi disse esplicitamente che quelle variazioni di confini territoria!Li avrebbero dato alla Francia il predominio del Mediterraneo, e non mi fece punto mistero sulla gravità ch'egli attribuiva a quel fatto medesimo.

Rispetto alla politica che seguirebbe, nella ipotesi, il Governo Inglese, il Signor Conte mi disse che naturalmente ne avrebbe dovuto parlare coi suoi ·Colleghi nel caso che le informazioni ulteriori richiedessero di occuparsi specialmente di quest'affare, ma che egli riteneva come coiSa assai difficile che il suo Governo si allontanasse da quella linea politica conservativa e contraria alle alterazioni in simile materia che aveva sempre seguito.

In seguito a queste esplicite dichiarazioni dissi a Lord GranvHle che, poichè

rilevava ·con piacere essere confermata da lui l'opinione ch'io gli aveva espressa

intorno all'identità d'interessi, di viste e di politica, che d pareva dovesse esi

stere in questa questione fra l'Italia e l'Inghilterra, mi pareva consentaneo allo

interesse dei due Governi che pro:seguisse uno scambio confidenziale di infor

mazioni e d'idee onde, accorrendone il caso, lo scopo comune potesse essere

meglio conseguito. Il Signor Conte si dichiarò aderente a questa mia opinione

e mi disse che mi avrebbe tenuto informato, e che avrebbe pur gradito di ricevere

da noi comunicazioni ulteriori.

Siccome poi in questa .stagione Lord Granville è quasi sempre assente da

Londra, meno alcune brevi interruzioni d'assenza, così lo pregai, onde evitare

ritardi che potrebbero essere pregiudiziali, di voler autorizzare Lord Tenterden

a farmi quelle comunicazioni che il Signor Conte stesso mi farebbe se fosse in

Londra, e ad autorizzarmi pure di fargli pervenire col mezzo di Lord Tenterden

quelle comunicazioni ulteriori che io fossi per ricevere dal mio Governo, e ciò

sempre nella maniera la più confidenziale. Il Signor Conte consentì del pari

volentieri ad ambedue queste mie r.icerche.

La conversazione affatto amichevole e riservata che ebbi con Lord Granvi:lle

si estese anche a molte particolarità comunicatemi a riguardo dell'attuale Con

sole Francese a Tunisi e della sua azione poco confacente a mantenere quello

stato di cose e di relazioni che è più desiderabile a chi miri di evitare complica

zioni e difficoltà, e finì col dirmi nel modo più confidenziale che egli sapeva che

era nelle intenzioni del Governo Francese di dare un'altra destinazione al Signor

Visconte di Vallat.

Comunicando all'E. V. tutto quanto sopra nel modo stesso assai confidenzia

le con cui ne ebbi comunicazione io medesimo, mi riservo di parteciparle quelle

altle notizie che il Signor Conte Granville mi farà in seguito pervenire.

(l) -Cfr. n. 200. (2) -Non pubblicato.
204

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 322. Costantinopoli, 2 gennaio 1874 (per. il 9).

Ho ricevuto l'ossequiato dispaccio di N. 154 di questa Serie de' 20 dicembre ultimo scorso (1), col quale V. E. m'invita ad associarmi aJle pratiche che si fanno dai rappresentanti di Francia e di Austria-Ungheria per dare alla Sublime Porta 'consigli di moderazione e di prudenza nella grave e delicata quistione suscitatasi tra l'autorità governativa di Scutari e i Mirditi.

Nel ricevere l'ultimo rapporto del R. Console in Scutari, pervenutomi col Corriere Austriaco di Sabato scorso, nel quale lo .stato delle cose in quei paesi vien dipinto in russai tetri colori, io mi ero proposto, credendo di bene inte~:::etare le intenzioni del Governo del Re, d'intrattenere su questo assunto Rachid Pacha alla prima occasione ·che mi si .sarebbe presentata, e dimostrargli che non era nell'inte·resse ben 1inteso della Sublime Porta J.o 1spinger le ·cose agli estremi e il ritentare adesso la prova tante volte fallita di ridurre all'intiera obbedienza e soggezione quegli arditi ed indomiti montanari. Sono lietissimo quindi che le istruzioni datemi da V. E. col sullodato dispaccio mi pongano ora nel caso di parlar con più autorità ed offrire alla Sublime Porta da parte del Governo del Re suggerimenti conciliativi e prudenti.

Se non ·che lunedì scorso non ebbe luogo il solito ricevimento settimanale

di Rachid Pacha, ·che in quel giorno fu •chiamato dal Sultano, e mi converrà

quindi aspettare i.l prossimo Lunedì per potermi •sdebitare del ricevuto incarico,

Da •colloquii però che ho già avuti ·coll'Ambasciatore di Francia e col Mini

stro d'Austria-Ungheria mi risulta che la Sublime Porta non è punto soddisfatta

di quanto operato dal defunto Chevket Pacha a danno dei Mirditi, anzi dichiara

di volere che in nulla sia mutato il sistema finora .seguito nelle relazioni che ha

la Montagna col Governo di Scutari.

Solamente essa crede che in faccia ad una rivolta aperta e a mano ar

mata, il Gov·erno non può parere di cedere alla minaccia col rendere, come si

vorrebbe, immediatamente i prigionieri. Se però i Mirditi fanno atto di penti

mento e di sottomissione e si ritirano dal paese occupato, la Sublime Porta è

disposta dal canto suo ad usar atti di clemenza e di oblio, e a far tornar le cose

nel loro pristino .stato.

Comunicherò, col corriere di oggi stesso, queste notizie al R. Console in

Scutari, per sua tstruzione, e perchè egli possa valersene negli adoperamenti che

crederà opportuno di fare, tanto presso il nuovo Governatore come presso i capi

dei Mirditi, di accordo coi suoi colleghi di Francia e di Austria-Ungheria.

9 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. V

(l) Cfr. n. 185.

205

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

ANNESSO CIFRATO (1). Lisbona, 2 gennaio 1874.

Le Ministre des affaires étrangères continue toujours à s'ouvrir sans réserve. Il m'a dit que pendant mon absence n est presque arrivé à une entente complète avec Vienne quant'à I'élection Papale, sur les trois bases indiquées dans la lettre particulière de V. E. à mon adresse, du 15 Juillet 1872, adoptées déjà par le Portugal.

Selon l'opin:ion du Ministre, la politique française à Rome désormais ne peut plus etre si ultramontaine comme on craignait, surtout celle personnelle du Maréchal Président, S. E. ajoute que le Portugal est à présent aussi bien que possible avec Rome et iJ espère que le Pape nomme à la première occasion un autre Cardinal ici outre le Patriarche en la personne de l'Archeveque de Braga, prélat libéral très recommandé.

Le Ministre des affaires étrangères m'a dit que la nomination récente des nouveaux Cardinaux a été désagréable aux Jésuites et à leur parti qui travaillait pour laisser le Sacré Collège incomplet tel qu'il l'était.

Le Ministre des affaires étrangères m'a assuré très-confidentiellement, que Rome pense de nommer ici Nonce apostolique Monseigneur Sangu~gni actuellement au Brésil où. dans une lutte entre le Gouvernement et les Eveques, le Nonce n'a pas soutenu les prétentions exagérées du Clergé. Monseigneur sera accepté ici avec... (2). Il a été à Lisbonne comme Auditeur et il est parent du Cardinal Antonelli.

206

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2266. Parigi, 3 gennaio 1874 (per. il 6).

Ho l'onore di segnar ricevuta e di ringraziare l'E. V. del dispaccio di questa Serie n. 488 del 24 dicembre scorso (3) col quale esponendomi lo stato delle relazioni esistenti fra il Brasile e la Confederazione Argentina, Ella esprimeva l'avviso che comunque siano allontanati i pericoli d'una rottura immediata fra quei due Stati, tuttavia in presenza delle ,cause di malumore che ancora persistono può essere utile che si continui l'azione ,conciliatrice esercitata a Rio ed a Buenos Ayres dalla diplomazia italiana e francese.

Ebbi ieri oc,casione d'intrattenere su ciò S. E. il Duca Decazes il quale mi disse che divideva il di Lei modo di vedere a questo riguardo e che avrebbe

diramato conformi istruzioni ai rappresentanti della Francia pre1sso l'Impero brasiliano e presso la Confederazione argentina.

Il Duca Decazes espresse poi la sua compiacenza che l'opera ·concorde della diplomazia francese ed italiana abbia prodotto risultati soddisfacenti in questa occasione.

(l) -Al R. 209. (2) -La lacuna è nel testo decifrato. (3) -Cfr. n. 193.
207

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 4. Madrid, 4 gennaio 1874, ore 16 (per. ore 9,30 del 5).

On assure que le nouveau Gouvernement vient de se constituer de la manière suivante: -Président du pouvoir exécutif Maréchal Serrano -Affaires Etrangères Sagasta -Cultes Figuerola -Guerre Zavala -Marine Topete -Intérieur Garcia Ruiz -Finances Echegaray Fomento Becerra. Le Ministre des colonies n'est pas encore désigné mais il parait qu'il sera choisi parmi le parti constitutionnel.

208

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 421. Madrid, 4 gennaio 1874 (per. il 13).

Coi miei telegrammi di ieri ed oggi (l) ho dato conto a V.E. dell'importante cambiamento avvenuto.

È troppo presto per poter dire se il nuovo ordine di cose promette una lunga durata nella sua forma attuale, ovvero se non sarà che foriero di altri mutamenti. Molta stabilità certo non presentano gli elementi che compongono il gabinetto, e questo è il solo giudiz1io che pel momento sia lecito •pronunziare.

Il Duca della Torre ha finalmente avuto la sua rivincita del 23 aprile ed è giunto a quell'alta posizione ehe mai si consolava d'aver perduta e che ardeva di ricuperare.

Il paese nella terribHe alternativa in cui era posto di cadere in un Ministero

Pi y Margall e nell'Anarchia cantonale, ha accettato la metamorfosi che ha

subìta la repubblica. Senza aicuna simpatia per il Marescia,1lo Serrano o per gli

uomini ai quali egli dist11ibuì la somma del potere, la gran ma'Ssa della popola

zione accettò il colpo di Stato come una guarentigia d'ordine nella incertezza

che oscura l'avvenire, e i fautori del prindpe Alfonso, i quali cominciano a

guadagnar terreno, l'accolsero come il primo passo verso la sua ristorazione.

La circostanza la più ,sfavorevole al Duca della Torre è l'assenza di pre

stigio personale colla quale egli prende le redini del Governo e la poca proba

bHità che possiede di acquistarne. Quando fu reggente dopo la rivoluzione di settembre era~i Prim, la ·cui morte è stata la causa precipua delle sventure che piombarono .sulla Spagna in questi ultimi anni; attualmente non havvi alcuno che abbia autorità e forza da comandare il rispetto o trascinare l'opinione pubblica. Tutto è ora ·Confidato ad una dittatura militare davanti la quale ognuno cede. Varii generali sospetti sono stati arrestati, e da due giorni la gazzetta ufficiale non annuncia che destituzioni dei titolari degli uffkii più rilevanti tanto dviii che dell'esercHo, il quale un'altra volta si rese padrone della situazione, riconfermando così la triste abitudine spagnuola ad ogni stadio rivoluziona-rio. Oggi il generale Pavia ha reso un servigio alla causa dell'ordine; ma più tardi o egli medesimo o qualche altro militare, potrà con uguale facilità calcare le sue orme pei fini di questo o di quel partito.

Ogni ·cosa, come ho detto nel mio primo telegramma, era stata preparata a la vigilia della riconvocazione dell'assemblea per eseguire il colpo di mano, se il Signor Castelar non riusciva a ottenere dalla maggioranza la proroga delle facoltà straordinarie e una nuova sospensione delle costituenti. Il l o gennaio, perduta ogni .speranza di accordo col Signor Salmeron e col centro, non era più fattibile al Ministero e ai suoi amici d'Hludersi sulla loro posizione. Facendo dunque tacere gli scrupoli della sua coscienza, il Signor Castelar lasciò agire il Capitano Generale, in mano di cui era il presidio di Madrid il quale oltre alle truppe di linea contava parecchie migliaia di gendarmi. Il Congresso si aprì circondato da un tal apparato di forze di quest'arma a piedi e a cavallo guardando col revolver in pugno tutte le strade facenti capo all'edifizio, che desta meraviglia come i deputati federali che vi si recavano non comprendessero l'imminenza del sopruso che stava per essere perpetrato. La sera del 2 il Duca della Torre, sicuro dell'appoggio del generale Pavia, mandò i suoi cavalli e il suo Stato maggiore in una casa attigua aile Cortes, e per precauzione la sua famiglia si 'ricoverò nel palazzo del Ministro d'Inghilterra, il quale era al corrente di quanto si andava tramando.

Poco dopo la mezzanotte, H Signor Castelar scorgendo dall'attitudine della Camera la certezza della sua sconfitta fece segretamente avvertire il Maresciallo Serrano che non aveva più aJcuna possibilità di salvare la situazione, e i generali si regolarono in conseguenza. Questa circostanza poco conosciuta e da alcuni negata, mi venne affermata dal Signor Layard.

Ciò non impedì tuttavia il Presidente del potere esecutivo della repubblica di pronunciare il discorso che ho trasmesso a V. E. coll'antecedente rapporto, nè trattenne le sue più veementi proteste quando all'alba del giorno 3 i gendarmi invasero il Congresso, sparando colpi di fucili negli adia·centi corridoi per incutere timore. La guarnigione che era stata collocata sotto le armi nelle caserme, si sparse per :la città prendendo posiz,ione in tutti i punti principali con pezzi di ·cannone amimboccatura della strada. Mai credo vi fu colpo di Stato eseguito con maggiore facilità. Da nessun lato vi fu resistenza nè si udirono altre scariche che quelle fatte nel Congresso.

Le truppe all'infuori della gendarmeria consistono interamente delle giovani redute chiamate in ottobre e benchè molti sieno gli ufficiali repubblicani stati introdotti dall'undici febbraio in poi, sia perchè pago dei gradi ricevuti, sia

perché influenzato dagli antichi generali riammessi al serviZIO l'esercito fece dappertutto adesione al movimento. Moriones subito telegrafò che il corpo d'armata del Nol'd rkonosceva il nuovo ordine di ,cose, e lo stesso fecero gli altri capi delle provincie.

Dalle notizie finora ricevute vi furono serii conflitti tra J.e milizie cittadine e i regolari a Saragozza e a Valladolid, ma i secondi trionfarono. A Madrid si vanno disarmando :i volontari e sebbene quest'operazione p.roceda lentamente e sollevi qualche difficoltà nei quartieri popolari, tuttavia non incontra seria resistenza.

Il giorno 3 fu vietato a tutte le ,stazioni delle ferrovie di ammettere alcun viaggiatore. Nel mattino vidi il Signor Layard ,i,l quale mi disse di sapere dal Maresciallo Ser,rano che il Signor Castelar era nascosto. Più tardi si diffuse la voce che doveva partire nella sera per l'estero, da ultimo che gli era stato offerto un portafoglio. Comunque sia, che desideri o no celare in uno spontaneo esilio il suo disinganno e sottrarsi così alle ire del suo antico partito, il profondo ritiro nel quale egli è ad ogni evento per ora costretto a racchiudersi, gli offrirà campo a riflettere al male immenso che ha cagionato alla patria la sua eloquentissima, ma altrettanto perniciosa parola.

Da Cartagena si annuncia che l'assedio avanza energicamente. Però una lettera che mi scrisse l'Ammiraglio Yelverton in data del 31 dicembre esprime il parere che la difesa può prolungarsi ancora • non essendovi cuore nelle forze che agiscono tanto dal lato di terra che di mare •. Ciò non pertanto qui regna l'opinione ,che quando i cantonali avranno ,contezza della disfatta del partito intransigente in Madrid, non vi sarà più ragione di continuare una inutile resistenza.

P. S. -Unisco la protesta ,che dicesi emanata dalla Presidenza dell'Assemblea, e rimetto il presente rapporto e quello che lo precede a un corriere di Gabinetto Britannico il quale parte questa sera.

(l) Cfr. n. 207. Il t. 3 del 3 gennaio non è pubblicato.

209

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 8. Costantinopoli, 6 gennaio 1874, ore 11,18 (per. ore 12,30).

Le ministre des affaires étrangères m'a dit que le Bey de Tunis a donné à la Sublime Porte l'assurance la plus formelle que jamais tant qu'il vivrait H ne songera à se soustrail'e aux clauses du firman de 1871 et à se mettre sous la protection d'une autre puissance quelconque. Le ministre remarque avec raison que ce meme firman défend au Bey des ,stipulations relatives à changements de frontière. Je n'ai pais encore reçu la dépeche de V. E. (l) relative à cette affaire annoncée par votre télégramme du 24 (2).

(l) -Cfr. n. 196. (2) -Non pubblicato.
210

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 492. Roma, 6 gennaio 1874.

Con H Rapporto del 29 dicembre (N. 2262) (l) Ella mi ha segnalato un articolo pubblicato nella Gazette de France di quel giorno. Inspirato a sentimenti di ostilità verso la dinastia regnante in Italia, quell'articolo è concepito in termini oltraggiosi per la persona del Nostro Augusto Sovrano.

Noi deploriamo simili eccessi anche per l'influenza che esercitano sullo spirito pubblico in Italia già poco ben disposto verso la Francia dopo i vari incidenti sui quali la stampa periodica ha insistito particolarmente in questi ultimi giorni. Tuttavia io non credo 'Che a noi convenga rkorvere alle vie gudiziarie contro il giornale sovra menzionato. Dell'intemperanza dii cui è capace nel concetto e nel linguaggio quell'organo legittimista ebbimo precedenti manifestazioni senza che ci 'curassimo di porgerne querela davanti i Tribunalii. Continuando a non fare conto di una ostilità sistematica anche quando giunge sino all'oltraggio, noi diamo prova di quella calma e di quel selllso politico che formano l'elemento principale della nostra forza morale e della nostra superiorità sopra simili avversarii. Non deve però passare totalmente inosservato il linguaggio di una parte della stampa francese riguardo aWitalia. Io desidero anzi che V. S. lo sorvegli attentamente, imperocchè ove avvenisse, nostro malgrado, che si accendessero negli organi della stampa periodica d'Italia e di Francia spiacevoli polemiche, sarà sempre bene che Ella abbia sotto mano le prove della provocazione che certamente non giustificherebbe gli abusi ma che, a tempo e luogo, ne darebbe la spiegazione.

211

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 107. Roma, 6 gennaio 1874.

Ho ricevuto a suo ,tempo il pregiato rapporto che V. S. Illustr,issima mi indirizzò il 19 novembre p.p. con N. 231 di questa serie, (l) per sottomettermi le nuove proposte da Lei formulate per la soluzione della questione relativa al torrente Aussa.

Mi pregio ora di informarla che avendo comunicato al Ministero della guerra quelle proposte, il medesimo mi ha fatto conoscere di nulla avere ad opporre, per la parte che lo concerne, non essendovi, a suo giudizio, alcuna ragione di interesse militare che consigli di insistere nelle primitive pretese poste innanzi

dal R. Governo. Il Ministero della Guerra, d'altronde, si trova d'accordo colla

S. V. Illustrissima anche nel ritenere che, essendo ora il Governo Austro-Ungarico quello che insiste per la soluzione della detta vertenza, non si abbia a perdere l'opportunità di esigere quel maggior compenso che fosse possibile pel tratto di territorio a cui, contrariamente alle prime nostre domande, ora si farebbe rinunzia, per quanto una tale cessione non abbia, sotto l'aspetto militare, una grande importanza.

Una ·comunicazione analoga a quella ·che venne fatta al Ministero della Guerra, ebbe luogo anche pel Ministero deWinterno, ed io mi riservo di partecipare a V. S. anche la risposta di quest'ultimo, tosto che mi sarà pervenuta.

La ringrazio della di Lei •corrispondenza politica fino al N. 241 inclusivo.

(l) Non pubblicato.

212

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 493. Roma, 7 gennaio 1874.

Le informazioni che il Ministero ha già comunicate alla Legazione di Sua Maestà in Parigi e quelle che accompagnano questo Dispaccio hanno per iscopo di far conoscere alla S.V. come i cambiamenti occorsi nell'amministrazione della Reggenza di Tunisi, dopo che nelle funzioni del Kasnadar-Sidi Mustafà venne surrogato il Generale Kherredin, abbiano risvegliato in quel paese delle inquietudini sopra le quali il Governo italiano ha dovuto :dvolgere-la sua attenzione.

Preoccupati unicamente del progre,sso economico degl'interessi italiani nella Tunisia, noi ci siamo :sempre astenuti, ,come E.Ila ben sa, dal favorire l'uno piuttosto che il.'altro dei Ministri del Bey; nè abbiamo considerato nella disgrazia di Sidi Mustafà un fatto politico che potesse alterare le nostre relazioni colla Reggenza ed avere per noi un interesse diretto. Il R. Agente a Tunisi in seguito ai fatti ·che accompagnarono la destituzione del Kasnadar ha soltanto stimato di fare un appello ai sentimenti del Bey non per impedire una regolare resa dei ·conti, ma per evitare che contro di lui si eseguis,sero degli atti contrarii ai principi della civiltà e della giustizia. L'Ita.Ua non avea titolo speciale per intervenire in favore dell'antico primo Mini·stro, questi non poteva invocare promessa di protezione o concessione di cittadinanza per parte del Governo italiano o dei suoi Agenti; ma appunto perchè non avevamo impegni nè vincoli precedenti, potevamo più liberamente manifestare al Bey ciò che la umanità e la civiltà richiedono e la stessa convenienza politica suggerisce.

Non è però men vero che la caduta di un Ministro che per tanti anni esercitò un'influenza ed un'autorità preponderante nel Governo deHa Tunisia, non potrebbe considerarsi per quel paese come un avvenimento ordinario e senza una importanza speciale anche per la politica estera della Reggenza. E se ciò spiega naturalmente le inquietudini che 1Si manifestaTono a Tunisi, dà nel tempo stesso ragione delle voci che corsero sopra il riaccendersi di rivalità fra gli Agent'i delle Potenze e sopra una certa tendenza attribuita al nuovo primo Ministro di accettare l'influenza predominante di una di esse. Al risveglio di tal gara d'influenze straniere presso ii Bardo mi pare anZJi accennasse S.E. 11 Duca Decazes in una conversazione col Signor Ressman prima dell'ar:r1ivo di V.S. Illu:strissima a Parigi.

Sebbene la S.V. conosca perfettamente il principio direttivo della nostra condotta politica a Tunisi, dopo i fatti che colà si sono compiuti ed in previsione delle -conseguenze ·che ne potrebbero derivare, non sarà fuor di luogo che io Le confermi le istruzioni che Ella ebbe altre volte circa il l.i:nguaggio da tenere col Ministro delle relazioni estere di Francia.

L'Italia ora -come per lo addietro è ben lontana dal voler impegnarsi in una lotta d'influenze rivali ed esclusive. Noi ricordiamo con piacere che più di una volta il Governo francelse avendo desiderato di procedere d'accordo coll'Italiano, dallo scambio di idee avvenuto fra i due Gabinetti circa la situazione degli Affari di Tunisi si ebbero i migliori effetti. Tanto quando si trattò di provvedere alla sicurezza degl'interessi finanziar.ii, quanto allorchè le potenze ebbero a considerare la posizione politica della Tunisia al punto di vista della autonomh amministrativa e della integrità territoriale, il fatto confermò l'opinione che, guidate da interessi fra i quali esiste la ma1ssima analogia. l'Italia e la Francia trovano un sicuro vantaggio seguendo nella loro politica verso la Reggenza un·~ stesso concetto. La conservazione dello statu quo a Tunisi, l'esclusione di qualunque rivalità d'influenze locali e l'unità d'azione fra gli Agenti delle Potenze che hanno la maggior somma di interessi in que·l paese furono in varie circostanze i punti •sui quali più di una volta risultò il concerto dell'Italia. non solamente colla Francia, ma anche col Governo britannico.

Nei cambiamenti avvenuti in questi ultimi tempi a Tunisi, noi non vediamo un motivo di modificare <il concetto direttivo dei nostri rapporti col Bey. Noi persistiamo tutt'ora a credere che per tutelare efficacemente gl'interessi nostri a Tunisi dobbiamo procurare di conservare e rinvigor.ire l'accordo di tutte le potenze aventi in quel·pae:se interessi analoghi ai nostri. L'unità d'azione dei vari Gabinetti può essere in molti casi indispensabile perchè si mantenga nel Governo di Tunisi il senttmento della responsabHità che incontra nelle sue frequenti relazioni coll'estero per importanti interessi commerciali ed economici. Tale nostro pensiero fu già altre volte spiegato da V.S. al Governo prelsso il quale EHa è accreditata. Non Le riuscirà dunque difficile di dare alle cose contenute in questo dispaccio anche un maggiore sviluppo quando Ella conferirà intorno alle medesime col Ministro degli Affari Esteri di Francia.

Facendo •risultare •con quanta soddisfazione l'Italia ha potuto trovarsi, in occasioni non meno grav.i delle p~esenti, d'accordo coi Gabinetti di Parigi e di Londra circa la politica da !seguire nelle cose di Tunisi, Ella porgerà •certamente al Ministro degli Affari Esteri della Repubblica il mezzo di manifestarci a sua volta da quali idee sia guidato attualmente il Governo francese. E se, come noi ci lusinghiamo, egli persiste nel desiderio di intendersi con noi sopra le basi che già resero possibile un concerto fra i due Governi, noi saremo lieti che risulti dalla ·conversazione di V.S. con S.E. il Duca Decazes che sull'accordo esistente per :lo passato l'Italia può far calcoJo anche per l'avvenire .

213

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R.R. CONFIDENZIALE 1679/441. Londra, 8 gennaio 1874 (per. il 13).

Facendo seguito al mio Rapporto del 2 corrente No 440 Politico, (l) relativo alle sospettate probabili variazioni dei confini territoriali fra la Tunisia e l'Algeria, mi pregio di significarle .che Lord Granville, secondo la riserva che aveva presa, mi scrisse or ora un biglietto privato e confidenziale nel quale mi dice che non si tratta punto di variare i detti limiti territoriali, e che Lord Granville ne ebbe or ora da Parigi le più positive assicurazioni.

Colgo la ·circostanza per accusade ricevuta del di Lei Dispaccio del 30 Dicembre ultimo, N. 193 Politica, (2) relativo a questo stesso soggetto, e col quale mi ha trasmesso nuove informazioni pervenutele da Tunisi. Sebbene le informazioni suaccennate fornitemi dal Conte Granville non mi permetterebbero di insistere nelle precedenti mie domande, cogU,erò le opportunità di completare la mia comunicazione a Sua Signoria colla scorta del prelodato di Lei Dispaccio.

214

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 323. Costantinopoli, 9 gennaio 1874 (per. il 16).

Non essendomi ancora pervenuti i Dtspacci che V.E. mi annunziava con telegramma de' 24 Dicembre ultimo scorso (3), ho continuato nel sistema .di prudente riserva che l'E.V. m'invitava a serbare relativamente <1gli affari di Tunisi.

Intanto il Governo della Sublime Porta, messo tin sull'avviso dalle comunicazioni fattegli dal Ministro di Alemagna sugli intendimenti che vengono attribuiti al nuovo Kasnadar, si è rivolto direttamente al Bey per chiedergli franche e categoriche spiegazioni. Ho già fatto conoscere a V.E. per telegrafo la risposta rassicurante che ne aveva ricevuta (4).

Infatti, essendomi recato Lunedì scorso al solito ricevimento settimanale di Rachid Pacha, ed avendogli chiesto quali fossero le notizie della Tunisia, e qual fondamento si avessero le voci che correvano sul conto del nuovo Kasnadar,

S.E. mi 11tspose queste precise parole: « Noi, certo, non possiamo sapere se il nuovo Ministro del Bey di Tunisi mediti veramente in cuor suo l'attuazione de'

progetti di cui si parla, ma quel che sappiamo, ed è quello che più c'importa di sapere si è, che tali progetti non sarebbero secondati nè approvati dal Bey, il quale ci ha dichiarato nel modo più formale che finchè egli viva non penserebbe giammai nè a sottrarsi aile dausole contenute nel Firmano del 1871, nè a porre la Reggenza sotto il protettorato di un'altra Potenza •.

Chiesi allora a Rachid Pacha se le assd:curazioni ricevute dal Bey valevaao anche a smentire le voci sparse sopra una progettata Convenzione con la Franci<< per una rettificazione di frontiera da parte dell'Algeria e l'E.S. mi rispondeva che di questo veramente non erasi fatto parola, ma ·che in ogni caso la Sublime Porta riputavasi da questo lato sufficientemente garentita dal Firmano stesso, Ii quale inibi;sce espressamente al Bey di negoziare e conchiudere convenzioni di simil natura.

Sir Henry Elliot, com'ebbi l'onore di riferire a V.E. col mio precedente Rapporto di N. 321 (1), chiese istruzioni a Lord Granville per sapere in qual modo dovesse ;regolar la sua •condotta in questo affare. Ma avendogli il Governo Inglese manifestato in risposta che credevasi intieramente rassicurato dalle dichiarazioni fatte dal Bey, egli si è astenuto dallo intervenire ufficialmente neì.le cose della Tunisia ed è partito martedì scorso in congedo per l'Inghilterra.'

(1) -Cfr. n. 203. (2) -Cfr. n. 199. (3) -Non pubblicato. (4) -Cfr. n. 209.
215

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 16. Parigi, 11 gennaio 1874, ore 15 (per. ore 9,40 del 12).

Les réunions de la droite ont décidé de donner, sous une forme à déterminer, vote de confiance au Cabinet qui, par conséquent, a toute chance de rester. Hier au soir le maréchal Mac-Mahon m'a exprimé le désir de voir tomber tous ces bruits de désaccord et de con:flits possibles entre l'Italie et la France. J'ai répondu que cela dépendait principalement de la France et je l'engageais à :faire :faire à l'Assemblée nationale par ses ministres des déclarations explicites dans le sens de la réconnaissance sans réserve des :faits accomplis irrévocablement en Italie, en l'assurant que si le Gouvernement français prenait publiquement cette attitude, c~s bruits tomberaient d'eux-mémes. Le maréchal m'a dit, que lui-méme et son Gouvernement étaient d'avis que, si meme la France était plus forte et prospère, on n'aurait pu jamais avoir pensé à mettre en question unité italienne tout en étant disposés à montrer la plus grande sollicitude pour l'indépendance du pouvoir spirituel du St. Père. Je l'ai remercié de ces déclarations en souhaitant que le Gouvernement français ait prochaine occasion de les répéter publiquement et de les confirmer par les faits. Le maréchal a été très-cordial et a bien voulu rappeler qu'il a pour sa part contribué à la constitution de notre unité nationale.

(l) Cfr. n. 195.

216

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2271. Parigi, 11 gennaio 1874 (per. il 14).

Ho avuto l'occasione d'intrattenermi con S.E. il Duca Decazes intorno alle inquietudini che si produssero a Tunisi in seguito ai cambiamenti occorsi nell'amministrazione della Reggenza, ed alle quali si riferisce il dispaccio di questa Serie n. 493 che l'E.V. mi fece l'onore di dirigermi 1'8 gennajo corrente (1). Ho esposto a S.E. la sostanza delle considerazioni svolte nel di Lei dispaccio, aggiungendovi le riflessioni che mi erano suggerite dai precedenti relativi alle questioni tunisine. Ho la soddisfazione d'informare l'E.V. che il Duca Decazes m'ha espresso intorno a quest'argomento convinzioni analoghe a quelle del Governo del Re. Il Ministro francese degli affari esteri mi ha espressamente dichiarato che nulla è più lontano dalle idee del Governo della Repubblica che l'assumere indirettamente o direttamente un protettorato o una ingerenza speciale nella Reggenza di Tunisi, che la politica attuale della Francia a Tunisi è l'osservanza stretta dello statu quo, e che il suo desiderio è che i Rappresentanti delle Potenze estere nella Reggenza, specialmente quelli di Francia, d'Italia e d'Inghilterra siano penetrati della convinzione che rispettivi Governi intendono seguire scrupolosamente questo programma e procedere d'accordo.

Il Duca Decazes convenne con me nella convenienza di far inviare ai Rappresentanti delle tre Potenze istruzioni conformi a questo modo di vedere e mi disse che dal suo lato era disposto a farlo. Io assicurai per mia parte il Duca Decazes che avrei fatto conoscere al R. Governo queste sue intenzioni e ch'era persuaso che l'E.V. avrebbe confermato al R. Console generale a Tunisi le istruzioni di vegliare col concorso de' suoi colleghi al mantenimento dello statu quo nella Reggenza e d'agire d'accordo con essi per assicurare l'adempimento degli obblighi internazionali che incombono al Governo del Bey.

217

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 242. Vienna, 14 gennaio 1874 (per. il 18).

Il Conte Andrassy avendo fatto ritorno ieri a Vienna, gentilmente mi accordò oggi l'udienza da me chiestagli mentre ancora trovavasi a Pest. In

tale circostanza ebbi l'onore di dargli lettura del dispaccio che l'E.V. rivolgevami il l o del corrente mese, sotto il numero 106 della presente serie (1).

Il Conte mostrossi altamente soddisfatto delle assicuranze che il R. Governo con tale mezzo intende dare della piena sicurezza e perfetta libertà colle quali il Conclave a riunirsi in Roma potrà procedere all'elezione del futuro Papa. Egli soggiunsemi non aver mai posto la cosa menomamente in dubbio; aver sempre però desiderato che il Governo Italiano compisse un atto quale si è

appunto il dispaccio circolare del 1° Gennajo, idoneo, a suo avviso, a rimuovere qualsiasi dubbio altri potesse avere in proposito. Avendomi poi fatto chiaramente intendere che lo scopo prefissosi da V.E. non sarebbe pienamente raggiunto, ove la comunicazione del dispaccio in questione si limitasse alla semplice lettura fattagliene, valendomi della autorizzazione impartitamene dalla E.V., gliene lasciai copia. Egli mi ripeté allora nulla potersi desiderare di più, né di meglio, da parte nostra.

Sommamente opportuna giunse in questo momento al Gabinetto Imperiale la comunicazione di cui è caso, poiché il Conte Andrassy mi disse: S.M. l'Imperatore averlo già ripetutamente eccitato a rivolgere una comunicazione alla Santa Sede relativamente alla eventualità di un Conclave, nella quale si dovranno esprimere le apprensioni destate nell'animo del Sovrano dalle voci che corrono sulla possibilità che l'elezione del futuro Papa abbia a compiersi altrove che a Roma e con forme diverse dalle usate, e conchiudere col fare dovute riserve sul riconoscimento, per parte del Governo Austro-Ungarico del Pontefice eletto in tale inusitata maniera. La considerazione che sempre avevalo trattenuto fin qui dall'adempiere a tale Sovrano Comando, si era precisamente la speranza che egli nutriva, il Governo Italiano avesse in antecedenza compiuto un atto esplicito, di cui Egli potesse valersi onde avvalorare gli argomenti che avrebbe posto innanzi per dimostrare non solo la possibilità ma la necessità che il Conclave si riunisca a Roma, e proceda all'elezione nelle consuete forme canoniche, non essendovi pericolo di sorta a temersi che il Governo Italiano non gli assicuri la più ampia libertà di azione. A questo proposito credei poter aggiungere che innanzi tutto nessuno poteva seriamente mettere in dubbio il Governo del Re non avesse la forza necessaria per tutelare la libertà del Conclave, ma che tenevo ancora a manifestargli la mia certezza: che anche nel caso il Papa venisse a morire improvvisamente, tutte le disposizioni di ordine publico necessarie a tutelare anche nel primo momento la sicurezza del Vaticano, ed il suo libero accesso ai Cardinali, sarebbero prese, essendo a mia conoscenza avere esse gid sin d'ora formato oggetto di accurato studio.

Per altre ragioni poi ancora, la comunicazione che ebbi l'onore di fare al Conte Andrassy è mio avviso sia giunta opportunissima. Infatti già da qualche tempo avevo conoscimento di passi fatti dal Gabinetto di Versailles col mezzo del Conte Apponyi affinché il Gabinetto di Vienna procedesse seco lui d'accordo nella questione dell'elezione del nuovo Papa, allo scopo essenzialmente di ottenere collettivamente precise dichiarazioni dal Gabinetto di Roma. Questo

invito che veramente era venuto ai tempi in cui il Duca di Broglie reggeva il Ministero degli Affari Esteri, fu a quanto mi disse oggi il Conte, recisamente declinato da lui, né più rinnovato sotto la stessa :(orma dal Duca Decazes, H quale si -era limitato a dire al Conte Apponyi che egli sperava che il Gabinetto di Vienna, valendosi delle eccellenti relazioni che lo legano a quello del Quirinale, se ne sarebbe valso onde ottenerne quelle guarentigie desiderate dalla Cattolicità. Al tempo stesso però il Duca Decazes rivolgevasi al Gabinetto di Lisbona, S.M. Fedelissima essendo fra i Sovrani ai quali si riconosce il diritto di veto nell'elezione Papale; ed esprimendogli il desiderio di una preventiva comune azione onde ottenere la collettiva guarentigia delle Potenze Cattoliche alla sicurezza e libertà della riunione del Conclave, atto con insistenza richiesto dal Vaticano, suggerivagli di fare di sua iniziativa pratiche in proposito presso il Conte Andrassy. Il Ministro di Portogallo presso questa Corte riceveva testé infatti istruzione dal suo Governo di scandagliare al riguardo le intenzioni del Gabinetto Imperiale, ed il Conte Andrassy rispondevagli, ripetendogli la conversazione meco avuta al riguardo l'anno scorso (che io riferii a V.E. col mio rapporto del 13 Maggio 1873 N. 182) (l) e dicendogli che su quei precisi termini egli era sempre disposto ad intendersi cogli altri Governi, nel modo stesso che egli era allora ed è oggidì pienamente d'accordo col Governo Italiano, ma che all'infuori delle idee in essi concretate, non dovevasi contare su di lui. Colsi l'opportunità di queste parole che il Conte ripetevami oggi per prendere atto, ringraziandolo, della nuova conferma che Egli davami degli intendimenti svoltimi un anno fa, in modo che sì perfettamente armonizzava allora come oggi colle vedute del R. Governo.

Nel prendere commiato dal Conte Andrassy, egli incaricavami ancora di ringraziare ben sentitamente l'E.V. per la comunicazione di cui Le piacque incaricarmi, !asciandomi capire essere sua intenzione fargliene anche esprimere la sua soddisfazione a mezzo del Signor Conte Wimpffen.

(l) Recte 7 gennaio, cfr. n. 212.

(l) Cfr. n. 201.

218

IL CONSOLE A JANINA, DE GUBERNATIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 10. Janina, 14 gennaio 1874 (per. il 23).

Un soggiorno di quattro anni in questi luoghi e alcuni recenti fatti mi pongono in grado di fornire all'E.V. dei ragguagli esatti sullo spirito di queste popolazioni e in ispecie del popolo di Janina, che si vuol far capo delle altre genti d'Epiro e centro di ogni moto liberale e rivoluzionario. Sebbene infatti qui non vi sia a stretto rigore un comitato regolare che lavori alla indipendenza del paese, non si può negare che in Janina più che altrove siano numerose le aspirazioni a libertà, e in essa veramente si custodisca la fiaccola del progresso, qualunque sia la vivacità della luce che spande. lo comincerò tuttavia a dire del rimanente Epiro, nel quale rilevo essenzialmente due

{l) Cfr. Serie II, vol. IV, n. 493.

spiriti diversi il Greco e l'Albanese. Questi elementi principali sono variamente sparsi pel paese, né mi sarebbe possibile di collocarli geograficamente senza scendere a troppo minute particolarità. In brevi parole l'elemento albanese domina al Nord e ad Ovest della provincia fuorché sulla immediata riva del mare dov'è mescolato con l'elemento Greco. Quest'ultimo predomina al Sud, e nelle parti orientali d'Epiro. Questa divisione non è che approssimativa; infatti l'elemento Greco qua e là si spinge al Nord nel cuore dell'elemento Albanese, come a Konitsa, ed Argirocastro; così pure l'elemento Albanese, durante le scorrerie dei secoli XIII -XIV e XV, si mescolò in varii punti con l'elemento Greco, e dai monti di Suli sostenne poi quella lotta gigantesca contro i Turchi, che fu potente aiuto alla Greca indipendenza. Da calcoli fatti con qualche attenzione le due razze sarebbero quasi uguali di numero, ma quel che richiama più d'ogni altra cosa la considerazione dell'E.V. si è la decadenza dello spirito Albanese; là infatti, dove questo spirito si trovò circondato dallo spirito Greco, di attivo divenne passivo, e i villaggi pur conservando nome Albanese mutarono lingua, costumi, abitudini, e si fusero con l'elemento che li attornia. Non fu così dell'elemento Greco che spintosi al Nord si trovò inglobato nell'elemento Albanese; esso fiorisce, ed esercita anzi una lenta influenza sulle vicine popolazioni. Da ciò sarebbe naturale, a mio avviso il concludere che questi due elementi diversificano anzi tutto nella forza di azione, poiché l'uno è passivo, l'altro attivo; là dove il numero degli Albanesi è grande questa passività si muta in fiacca, e dirò inerte resistenza, come di scoglio in mezzo alle onde del mare; il Greco invece rappresenta colà l'onda, che pur tranquilla rosica, consuma e rovescerà lo scoglio nel suo lento e costante agitarsi. E in questo fatto eloquente io vedo per questo popolo Greco la sola cagione d'allegrezza e di fiducia nell'avvenire; i frutti saranno tardi a raccogliersi, ma si raccoglieranno indubbiamente, per quanto altre ragioni rallentino l'opera benefica. E di queste altre ragioni dirò ora appunto.

Nel popolo Greco-Epirota manca finora la coscienza di quel che vuole; esso non è in uno stato normale ed io lo vedo indubbiamente aspirare ad un mutamento di condizione, ma a quale mutamento aspiri non sa; mi pare anzi di rilevare soltanto una cotale insofferenza di giogo, senz'altro; e questa sarebbe sufficiente stimolo a grandi cose, se fosse accompagnata da convenienti lumi, e da un sentimento nobile della propria dignità. Però mancano dignità e lumi dappertutto; né si può creare quel che manca nello stato attuale delle cose; nei molti villaggi che ho percorsi ho trovato scuole, ma tali che non lasciano speranza a sviluppo alcuno nelle popolazioni; un maestro Greco, per lo più il prete del villaggio insegna a leggere e scrivere ai ragazzi; il suo onorario è di 60 a 100 fehd all'anno, nè con sì misera somma si può trovar persona capace aleinsegnamento; il villaggio è povero e non può sobbarcarsi a maggiori sacrifici; inoltre i padri hanno bisogno dei loro figli per il lavoro dei campi, o la custodia delle greggi nè li lasciano frequentar la scuola con quella assiduità che sola assicura il progresso. Il raccomandar quindi lo studio a questi poveri abitanti è lo stesso che agitarli in un circolo vizioso, da cui non possono uscire; le tasse sono gravi, la miseria crescente, le scuole impossibili, impossibile adunque un vero sviluppo della civiltà, se l'altrui beneficenza o il Governo non accorrono in aiuto; dal Governo si può aspettar seria oppo

s1z10ne a progresso, non mai favore; dalla beneficenza sono favoriti i maggiori centri di popolazione, non mai i villaggi minori, che si trovano da tutti dimenticati, e che sono però i più numerosi. Ma se anche le scuole si faranno migliori e più frequentate rimarrà contro questo popolo il suo maggior nemico, cioè la servilità, la quale divenne più che abitudine, seconda natura; non vi è da far alcun conto delle popolazioni, nè degli individui di un paese, finché manca in essi il sentimento della propria dignità; nè giova a sminuir la servilità regnante il disdegno con cui alcuni di noi la respinge; spesse volte si presentarono da me deputazioni di villaggi richiedendo il mio officioso concorso, in alcuni loro affari; quella povera gente si prosternava alle mie ginocchia nel modo più basso che si potesse immaginare; il non aver io sofferto tanta umiliazione fece loro credere che io non volessi, o non potessi esser loro utile; essi non sentivano la loro umiliazione, ed io disperai della loro futura indipendenza. Questa servilità non consiste del resto nell'atto di prosternarsi, ma spinge il maggior numero degli abitanti allo spionaggio e permette loro di abbassarsi a qualunque genere di prostituzione, purché raggiungano lo scopo a cui aspirano. L'autorità sola potrebbe d'un colpo mutar questo scoraggiante stato di cose ma un pugno di Turchi regnerebbe egli su tanti milioni di rajà se non avesse per ausiliario la degradazione dei sudditi? La servilità è dunque un'arma della quale anche i Turchi più civili non isdegnano di servirsi; e se ne compiacciono non foss'altro che per vanità. Del resto

per essa i Turchi sanno esattamente tutto quel che si fa in paese, e la politica Russa perde per essa il suo sapone e il ranno. E poiché nominai la politica Russa mi permetta l'E.V. di comunicarle i miei pensieri sulla medesima per quanto concerne l'Epiro.

Com'è ben noto all'E.V. la Russia non si serve 'Soltanto dell'opera dei suoi Consoli, ma, giovandosi dell'unità di religione, trova a sua disposizione infiniti altri mezzi per esercitare inavvertitamente la sua influenza; è dunque difficile di sorprendere questa politica nel corso della sua secolare azione, e noi dobbiamo contentarci di smascherarla ne' suoi effetti. E questi sono patenti, per quanto si cerchi di nasconderli; molti si illudono credendo che dopo varii disinganni subiti il popolo Greco non abbia più fiducia nei Russi; si fa con ciò poco onore alla politica Russa, supponendola inetta a dissipare alcune piccole nubi sorte sul suo orizzonte. Io sono d'avviso contrario; ho sorpreso qua e là delle allusioni, dei sorrisi, dei brindisi, troppo mal celati, i quali non lasciano dubbio sulla esistenza di una influenza Russa molto pronunziata; essa mi sembra anzi provata dall'insistenza troppo viva che mettono taluni nel negarla; mi sembra provata dai saluti profondi e generali, di cui è oggetto il Console Russo, mentre non lo è il Console Greco che pure ha la stessa religione. Quel che faccia la Russia per esercitare cotanta influenza, lo dissi, è impossibile a scoprirsi; i suoi agenti sono troppo numerosi; sta per essa il prete, il maestro di scuola, il Console; staranno per essa tutti i ricchi, che vorranno aver mano in pasta nel caso di un'annessione Russa. Sarebbe forse opportuno di cercare se, pur ignorando i mezzi di guerra di cui dispone il nemico, e dove porterà i suoi colpi, sia aperta a noi una strada per resistere vantaggiosamente, quando volessimo alla Russa contrapporre l'influenza Italiana; il mio debole avviso si è di favorire con ogni mezzo lo sviluppo della civiltà; la

nostra politica dev'essere amica della luce, come la Russia è amica delle tenebre; secreta quella, chiara, patente la nostra; la Russia s'appoggia sul fanatismo, noi ci dobbiamo appoggiare sulla libertà di coscienza; la Russia vuole un'istruzione limitata, la vogliamo illimitata noi; essa è l'alleata dei Turchi nel voler in parte la servilità, nel voler la degradazione degli abitanti, noi dobbiamo combattere questo tristo nemico e rialzar negli epiroti il sentimento della propria dignità. E mentre la Russia contribuisce a rallentar i rapporti fra queste provincie e l'Europa, dicendo ai Turchi che la civiltà sarà la loro rovina, noi dobbiamo sobbarcarci ad ogni sacrificio per far sì che Italia ed Epiro ,si diano la mano, e moltiplichino i loro scarsi commerci. L'E.V. mi perdonerà se trascinato dall'argomento ho tratteggiato le mie idee sulla politica Italiana in Epiro, idee che dovevo forse tener per me, aspettando le sue istruzioni; io potrei tuttavia aver indovinato le intenzioni dell'E.V., il che, non lo nascondo, mi renderebbe lieto ed orgoglioso.

Ora mi trovo in dovere di esporre minutamente all'E.V. alcuni fatti recentemente accaduti a Janina i quali varranno a darle una precisa idea dello stato degli animi in questa città. Dopo la persecuzione subita dagli Ebrei della quale ebbi l'onore d'intrattenere in altri miei rapporti l'E.V., il fanatismo religioso dei Cristiani non s'acquetò mai intieramente. Ritornarono bensì gli Ebrei alle loro consuete abitudini, ma la concordia dei due riti si risente tuttora de' fatti accaduti. Ultimamente un notabile di Janina avendo comprato carne dagli Ebrei, lo seppero altri notabili e l'obbligarono a restituire il mal comprato, offrendosi di provvederlo di carne a loro spese; così tutta la popolazione Greca mangia agnello perché ucciso da macellai cristiani, e disprezza la carne di bue, perché uccisa unicamente da macellai Ebrei. Ma qui non istà l'essenziale; non bastava mantenere vivo il fanatismo contro gli Ebrei; occorreva mantenerlo vivo per se stesso, cosicché non solo mantenesse una barriera fra Cristiani ed Ebrei, ma fra Ortodossi e Cattolici, e fra Ortodossi retrogradi ed Ortodossi liberali. Alcuni giovani due anni or sono fondarono qui un Club intitolato il Progresso; scopo del Club era: l) offrire un luogo di riunione ai principali abitanti della città; 2) favorire l'affratellamento dei diversi riti religiosi; 3) dare ai lettori un copioso assortimento di giornali; 4) fondare con private elargizioni, e coi fondi deJ Club una ricca biblioteca; 5) fare delle

rappresentazioni teatrali, a cui prenderebbero par ,e gli allievi del ginnasio

per loro istruzione ed a beneficio della biblioteca da istituirsi; 6) offrire al

popolo nella gran sala del Club delle letture serali sulla fisica, sulla geogra

fia, sulla storia, sull'igiene, sulla morale, essendo bandite le allusioni religiose

e politiche. Questo in complesso era lo scopo del Club a cui -oltre ai Consoli

presero parte ben 200 abbuonati. Non dirò tutte le difficoltà fra cui tentennò,

e si consolidò la benefica istituzione; i più fanatici, alla cui testa era il vescovo

le mossero una guerra sorda e continua, la quale denigrando lo stabilimento

lo rendeva oggetto di odio al popolo; alla fondazione della biblioteca si posero

ogni maniera di ostacoli; alle letture serali non mancò (essendo pubbliche le

sedute) chi tacciasse di eretico, od ateo il lettore, perché spiegava la natura

dei vulcani e dei terremoti; infine, invitati gli allievi del ginnasio ad assistere

e prender parte alle rappresentazioni teatrali, gli efori del Ginnasio emana

rono un decreto, nel quale tacciando d'immoralità le rappresentazioni teatrali,

vietavano rigorosamente agli allievi di prendervi parte. Il Console Russo intanto cessava di esser membro del Club; il vescovo inveiva privatamente contro tale istituzione; il Presidente del Circolo infine essendo professore e direttore del Ginnasio, lo si minacciò di demissione, se non si ritirava assolutamente dal Club. In questo frattempo alcuni giovani, membri anch'essi del Circolo, vedendo la malaparata credettero di mettervi un freno pubblicando fuori di Janina un giornaletto satirico intitolato l'Epiro, nel quale mettevano in ridicolo i retrogradi; vi era pure nel giornale un'allusione alle quaresime, le quali rappresentano quasi la metà dell'anno in questi barbari luoghi. Bastò quest'allusione perché il vescovo citasse il gerente risponsabile del giornale dinanzi al Tribunale, e dirò meglio dinanzi al Consiglio amministrativo della provincia composto di Turchi, Cristiani ed Ebrei; accusato il gerente di offesa alla religione, il Consiglio non poté certo dividere le vedute del Vescovo, ma ne uscì, a gran disdoro del vescovo stesso, una scena di reciproci improperii, che inviperirono gli scrittori del giornaletto e li spinsero a pubblicar un nuovo giornale, il Gambero, poiché il primo per sentenza del Consiglio era stato soppresso. Questo giornale gettò il ridicolo, non solo sui retrogradi, ma sul Vescovo stesso, il quale divenne furiosissimo, e intavolò una seria lotta non più contro gli scrittori del giornale, ma contro tutti i membri del Circolo che chiamò risponsabili dell'opera di alcuni di essi. Intanto un povero padre di famiglia che era cantore della cattedrale, ed aveva nello stesso tempo un piccolo gabinetto di lettura, pel solo fatto di aver avuto il Gambero nel suo gabinetto fu dimesso dalla cattedrale e gli fu chiuso il gabinetto di lettura. Fattasi poi una riunione di retrogradi, con la minaccia si obbligarono i molti membri del circolo il Progresso a dar le loro dimissioni, chiamando il circolo ricovero di framassoni atei e malfattori. Il Console Greco prese parte pel circolo contro il vescovo, ed ora la lotta continua acerbissima fra i due partiti. Membro io stesso del circolo, in sul principio mi astenni da ogni manifestazione; solo al nuovo anno, mutandosi la direzione mi adoperai con ogni mezzo, perché nessuno degli scrittori del giornale H Gambero fosse nominato alla direzione dello stabilimento; e l'intento fu ottenuto, dal che io mi ripromettevo che i nemici del Circolo fossero soddisfatti e smettessero dal chiamare riparo di malviventi una istituzione nobilissima e che doveva essere feconda di serio benessere. Però le speranze mie, e di altri m1ei amici, furono deluse; la guerra continua più sorda, più violenta e l'opera del fanatismo minaccerebbe di trionfare, se io e parecchi de' miei colleghi non portassimo prudentemente le nostre forze in aiuto. L'E.V. non può farsi un'idea delle mene che si fanno per ritirare dal circolo i suoi membri; tutto si mette in opera; alle madri dei giovani si fa dire che i loro giovani saranno ammazzati, se non si decidono a lasciar il Club, od a rivelar l'anonimo, che tuttora copre gli scrittori del giornale; ai professori del Ginnasio si minacciano le demissioni se rimettono i piedi in quell'indegno stabilimento; si fa correre la voce che all'uscir dal circolo i membri saranno bastonati dal popolo adirato. Ritirarmi in tali circostanze sarebbe stato un grave errore; ho dunque giudicato conveniente di rimanere e di impedire lo sfascio d'uno stabilimento, che non è odiato, se non perché benefico; assicuro soltanto l'E.V. che la parte ch'io prenderò forzosamente nella lotta sarà tale da non compromettere in verun modo la mia posizione, ossia ch'io m'ado

pererò con tutta prudenza da un lato a sostenere il circolo, dall'altro a calmare l'odio che regna ingiustamente contro di esso.

Dopo l'esposizione di questi fatti l'E.V. potrà farsi una idea più esatta dello spirito di Janina e de' suoi abitanti; mentre nei villaggi mancano assolutamente i lumi, e regna inalterata la servilità, qui accanto all'ignoranza si è fatta strada la scienza, brilla già qualche luce fra le tenebre, e inoltre molti continuano a curvar la testa sotto i piedi di coloro da cui sperano servigio, altri cominciano a sentir la propria dignità e preparano con l'opera loro una lenta e vantaggiosa rivoluzione. Riepilogando ora quel che dissi, io trovo l'elemento Albanese dei villaggi passivo ed inerte, trovo l'elemento Greco servile ed ignorante, ma attivo ad un tempo e predominante; trovo infine in Janina questi elementi diversi alla rinfusa Greci, Turchi, ed Albanesi, come razze, Cristiani, Ebrei, Musulmani, come riti. La fusione completa non è avvenuta, ma se dai molti si lavora ad impedirla dai molti pur anche si lavora a compierla; la lotta è impegnata, e la vittoria da qual lato penda, dirà il tempo; per me però il problema è risolto; vi potrà essere sosta, ma alla lunga il trionfo della civiltà è assicurato, anche in questi barbari paesi; così mi dolgo della lotta e me ne compiaccio poiché la lotta indica vita ed attività; vita ed attività morente delle tenebre, vita ed attività nascente della luce, lotta di giovani e vecchi; l'imprudenza dei primi giova talora ai secondi, ma mentre le forze di questi si vanno smarrendo, le forze di quelli vanno giganteggiando.

Mi perdoni ora l'E.V. la lunghezza di questo mio rapporto, e se crede ch'io abbia nella mia condotta varcato i limiti, che dal mio Governo mi sono fissati, voglia, la prego, rattenermi in tempo, non avendo io nulla di più caro fra le mie attribuzioni che la benevolenza e la approvazione dell'E.V.

219

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 14 gennaio 1874.

Riescii finalmente a vedere il Conte Andrassy, a cui diedi lettura oggi del vostro dispaccio circolare del l" Gennaio (1), di cui valendomi dell'autorizzazione da Voi datamene gli lasciai copia, giacchè mi fece chiaramente capir che altrimenti la mia comunicazione non conseguiva l'effetto desiderato.

Col mio speciale rapporto di oggi (2) pure vi riferisco tutti i particolari dell'interessante conversazione che ebbi al riguardo col Conte; tengo però a ripetervi qui ancora che l'effetto prodotto dal Vostro dispaccio non avrebbe potuto esser migliore: ed in verità il modo scelto per soddisfare al desiderio espressovi in occasione della visita del Re a Vienna è ottimo, ed il Vostro

l

dispaccio è anche per la sostanza quanto di meglio si poteva fare. Nè troppo, nè troppo poco, vi è tutto ciò che doveva esservi, niente di più. Il Conte se ne mostrò oltremodo soddisfatto e ciò tanto più che non poteva capitargli in miglior punto, tanto per armarlo contro gli intrighi, che sotto diverse forme la Francia a seconda di chi la governa, tende sempre ad annodare qui a nostro danno, in modo identico nella sostanza; quanto per fornirgli argomenti atti a tranquillare la coscienza dell'Imperatore, tanto più in questo momento in cui la vera od apocrifa Bolla pubblicata dalla KiHnische Zeitung venne a dargli nuova forte scossa.

In questa circostanza Andrassy dissemi che il Duca Decazes rispondendo alla comunicazione che il Conte Appony avevagli fatta per declinare da parte del Gabinetto di Vienna l'azione comune verso l'Italia a cui era stato sollecitato ai tempi del De Broglie, avevagli detto non ravvisarne più la necessità, il Governo Italiano avendogli fatto saper esser sua intenzione d'-;>.ddivenir di sua iniziativa ad un atto che per l'appunto raggiungesse lo scopo a cui avrebbe mirato l'azione collettiva delle potenze cattoliche • Questo, dissemi Andrassy, non ve lo dico con altro intento senonchè perchè desidero il Cav. Visconti sappia che io non ho aperto bocca con anima viva su di ciò che in proposito fu detto fra di noi a Vienna, che quindi se lo si è saputo a Parigi ciò non avvenne per fatto mio, poiché troppo ero e sono persuaso che un atto qualsiasi al riguardo del Governo Italiano avrebbe soltanto la voluta efficacia ove apparisse assolutamente dovuto alla sua iniziativa •.

Nel corso della conversazione poi dissemi nel modo il più confidenziale, autorizzandomi poi a ripeterlo nella stessa maniera, che il Santo Padre aveva incaricato il Barone d'Hi.ibner (figlio) di esprimer al Suo Governo il rincre

scimento che egli provava nel veder che il Gabinetto di Vienna invece di proceder d'accordo col Governo Francese seguisse invece una linea di condotta parallela che non permettevagli d'incontrarsi con ql~ella seguita dal Gabinetto di Versailles. Il Conte Andrassy ravvisando in quel velato suggerimento, un vero e preciso consiglio politico che il Papa intendeva dare al Governo AustroUngarico, il declinò col consenso dell'Imperatore nel modo il più deciso. Dal modo col quale il Conte mi ripetè ciò, dovetti arguire che l'effetto ottenuto da un tal passo falso, fu precisamente l'opposto di quello che il Vaticano proponevasi di conseguire. Come vedete le cose qui vanno bene per noi, purchè durino. In una mia ultima lettera, vi tenevo parola delle mie apprensioni relativamente alle conseguenze della questione sulle leggi confessionali che sta per esser portata al Reichsrath; ch'esse non fossero infondate mel provò ciò che dissemi al riguardo oggi il Conte Andrassy. Egli crede che il partito costituzionale terrà duro a voler il matrimonio civile, mentre l'Imperatore pare deciso a non acconsentirvi; il Sovrano non cederà, il partito costituzionale si è troppo avanzato per retrocedere, cosa succederà del Ministero in conseguenza del conflitto fra la Corona ed il partito di cui egli è l'espressione? Andrassy parmi voglia restare all'infuori da questa burrasca ed anzi mettersi dalla parte dell'Imperatore, ma la cosa è pericolosa e potrebbe finir male per Lui, che già non trovasi più fortissimo in sella; infatti mi parve ne fosse assai preoccupato.

Altro non avendovi da dire per oggi, ed anzi parendomi già basti così...

(l) -Cfr. n. 201. (2) -Cfr. n. 217.
220

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L.P. Roma, 15 gennaio 1874.

Troverete nella presente spedizione una Nota Circolare relativa alle eventualità d'un Conclave (1), eventualità alle quali il S. Padre fece allusione nell'ultimo Concistoro. Pio IX, del resto, gode ora di buona salute e, astrazione fatta dalla sua grave età, nulla fa presagire che questa eventualità sia prossima e credo di avervi esposto a Roma la ragione per cui questa Nota sarebbe stata scritta alla prima occasione. Il Conte Andrassy informandomi molto confidenzialmente, quando fui a Vienna, di alcuni passi fatti presso il Governo Austriaco perchè questi offrisse un luogo di riunione nei suoi Stati al futuro Conclave, mi disse che egli aveva declinate queste prime aperture, ma che, come esse potevano rinnovarsi, noi gli avremmo reso un servigio cogliendo una occasione per fare sulla sicurezza e sulla libertà del Conclave a Roma, delle dichiarazioni che lo avrebbero meglio posto in grado di respingere queste suggestioni. Non molti giorni sono, il Conte Andrassy mi fece rammentare, siccome ancora opportuno, il desiderio espressomi a Vienna. Credetti allora conveniente di prendere la prima occasione e di dare a queste dichiarazioni la forma d'una Nota Circolare. La comunicazione però di questa Nota può dar luogo ad alcune considerazioni di opportunità, secondo i Governi a cui deve essere fatta. A Vienna fu già spedita, colà non potevano esservi difficoltà, poichè era, a così dire, voluta intesa, si trattava di porgere un argomento a un governo il quale di questo argomento desiderava servirsi, per provare che non vi ha una ragione per chiedere un asilo pel Conclave, o per alterare le guarentigie tradizionali dell'elezione pontificia, poichè le condizioni di Roma e le disposizioni apertamente affermate dal Governo italiano assicuravano al Conclave in Roma ogni sicurezza ed ogni libertà. A Berlino non v'era che a dichiarare che la Nota era stata fatta per prevenire degli intrighi di cui conoscevamo l'esistenza, per mostrare che in questa agitazione non si trattava d'interessi religiosi, che erano appieno protetti, ma di interessi politici e per porre al coperto, in ogni caso, la responsabilità del Governo italiano. A Parigi invece la situazione non è la stessa e può esservi qualche difficoltà e qualche pericolo. Il pericolo sarebbe che il Governo francese, pure desiderando di fare qualche cosa nella questione pontificale, prendesse questa comunicazione come un punto di partenza, offerto da noi stessi, per fare ad altri Governi

-o anche a noi delle aperture circa alle guarentigie che possono essere richieste dalla eventualità del Conclave, per porre innanzi qualche progetto o per aprire una discussione sulle condizioni del Papato. Nello stesso tempo è difficile non fare al Governo francese la comunicazione d'una Circolare. Sorge

dunque qui una questione di convenienza e di opportunità che affido alla vostra esperienza. Forse gioverà fare la comunicazione portandovi il minor grado d'insistenza possibile, dire che poichè in seguito a vari incidenti l'attenzione pubblica fu richiamata per un istante su questa eventualità, il Governo vi aveva fatto conoscere fin d'ora, per regola del vostro linguaggio, qual'era la linea di condotta che considerava essere ad esso tracciata dalla sua situazione speciale e dalle leggi dello Stato. Il Governo vi aveva dato queste informazioni, non già per aprire delle discussioni che sarebbero senza utilità pratica e premature per una eventualità che, fortunatamente, sembra lontana, ma solo per porvi in grado di chiarire, occorrendo, quale è il vero stato delle cose, e le condizioni che sarebbero fatte in Roma all'Augusta Assemblea dalla legislazione dello Stato e dalla ferma intenzione del Governo di tutelarne la sicurezza e proteggerne la libertà. Voi potete quindi riassumere verbalmente il contenuto della Circolare, ma, se lo credete, non vedrei difficoltà ad aggiungere che, benchè la Circolare sia un dispaccio di istruzioni, pure prendete sopra voi di leggerlo integralmente per meglio esprimere il pensiero del Governo. Non giudicherei però opportuno di rilasciarne, anche a titolo confidenziale, una copia. Queste cose vi scrivo come una semplice indicazione, perchè del resto me ne rimetto a voi per giudicare ciò che può essere più opportuno in vista dello scopo sul quale ho chiamato la vostra attenzione.

Ho preso notizia, col più grande interesse, dei vostri colloquii col Maresciallo di Mac Mahon e col Duca Decazes. Il linguaggio tenutovi fu, per certo, soddisfacente. Ma voi avete avuto ragione di insistere perchè un linguaggio non meno esplicito sia tenuto pubblicamente e all'occasione delle interpellanze. Infatti che cosa mantiene un certo stato di malessere nelle relazioni fra i due paesi? La diffidenza che si è introdotta nell'opinione italiana intorno alle intenzioni ostili più o meno remote della Francia, a cui si uniscono gli incidenti che feriscono le legittime suscettibilità del paese. La condotta, le parole del Governo francese non furono mai così esplicite come quelle degli altri Governi. Una dichiarazione categorica, un atto varranno più che le assicurazioni scambiate nel segreto dei gabinetti. Il male è conosciuto, il rimedio anche, se lo si applica a piccole dosi è vano sperare un effetto durevole e completo. Comprendo le difficoltà parlamentari del Governo francese, ma in ogni modo è chiaro che se il rimedio è insufficiente, lo sarà pure l'effetto.

Non sono senza qualche timore che, al riaprirsi della Camera, mi si faccia qualche interpellanza sull'Orénoque. Voi sapete che io non ho mai sollevato ufficialmente col Governo francese questa questione, preferendo ch'essa venisse sciolta da esso nella spontaneità delle sue deliberazioni. Non parmi neppure opportuno di sollevarla ora, perchè sono convinto che questa questione, per quanto piccola, è di quelle che non si possono sollevare se non per scioglierle, come tutte quelle che toccano alla suscettibilità nazionale. Sarò per altro lieto d'aver il vostro avviso in proposito. Certo i Governi, quando i loro interessi lo esigono, sogliono inviare bastimenti della loro marina nei porti degli Stati amici, ma la permanenza di questi legni ha dei limiti che se non sono indicati dai trattatisti di diritto internazionale, sono però tracciati dai reciproci riguardi. Per l'Orénoque questi limiti sono oltrepassati da un pezzo. Inoltre nulla di più inutile della presenza di questo bastimento. Se si volesse supporre che il Governo italiano fosse disposto a violare la libertà del S. Padre, esso gli impedirebbe di recarsi a bordo dell'Orénoque. Se invece si crede assurdo, come lo è, l'attribuirci una tale intenzione, basta un segno del telegrafo per far venire da Tolone una squadra per imbarcare e scortare il Pontefice.

Frattanto la presenza dell'Orénoque qua è un atto di diffidenza, una mancanza di riguardo per le suscettibilità del paese che vi scorge quasi una forma inefficace sì, ma pure odiosa di intervento. Essa ha inoltre tutti gli altri inconvenienti che voi sapete. E infine che farebbe la Francia se noi le chiedessimo di allontanare l'Orénoque anche solo pei bisogni del porto, impedito quasi dalla presenza di questo bastimento? Un conflitto su questa vertenza non gioverebbe all'Italia, ma esso sarebbe anche più contrario agli interessi della Francia. Questo affare dell'Orénoque mi preoccupa, perché comprendo che esso non potrà così durare indefinitamente e il giorno in cui la questione dovesse essere sollevata, essa sarà di certo difficile e pericolosa.

(l) -Cfr. n. 201.
221

IL VICE CONSOLE A TOLONE, CARCANO, AL CONSOLE GENERALE A MARSIGLIA, STRAMBIO (l)

R. CONFIDENZIALE S. N. Tolone, 16 gennaio 1874.

Mi credo in dovere di farLe conoscere, in via affatto confidenziale, una conversazione che ho avuta jeri col Signor Schenking, Console dell'Impero germanico in Nizza, nel tempo Console della Confederazione germanica in Tolone, ove esso esercitò colle funzioni Consolari il mestiere di fornitore della Marina francese ed ove egli, a dire il vero, non gode nè della simpatia nè di quella considerazione e quel rispetto di cui dovrebbe godere un Estero Rappresentante.

Detto Signor Console, mi venne a vedere jeri e dopo avermi narrato il suo recente viaggio in Germania, il modo con cui fu ricevuto dalle Autorità sue, e dell'importanza che annetterebbe il Governo Imperiale ai suoi servizi nella difficile posizione di console germanico in Francia e precipuamente a Nizza, esso mi tenne, alla mia grande sorpresa, presso a poco il seguente linguaggio.

• Gl'interessi tedeschi ed italiani, rapporto alla Francia ed alle sue idee di prossima rivincita, sono all'incirca identici e vanno mano in mano; ciò si sa a Berlino così bene come a Roma e non havvi dubbio che in proposito esistono serii e buoni accordi.

Io ritengo pertanto che anche noi come agenti Tedeschi ed Italiani, dobbiamo procedere col massimo accordo e prestarci reciprocamente assistenza ed aiuto, e fornirci a vicenda tutte quelle informazioni e notizie che possono

essere utili ai rispettivi nostri Governi e metterli in pos1z10ne di bene conoscere i preparativi di guerra che la Francia fa. Noi poi a Nizza e Tolone lo dobbiamo più specialmente, perché ritengo, che appunto questo terreno sarà il teatro di una prossima guerra, e perché a Tolone, più che altrove, si può conoscere lo stato dei preparativi guerreschi francesi.

Io ho ancora dei buoni amici a Tolone, e posso da parecchi sperare buone e sicure informazioni, però coll'attuale animosità e diffidenza contro ogni Tedesco in Francia, egli sarà cosa più facile per lei come Italiano di essere sempre bene informato. Pel canto mio le prometto di comunicarle quanto sarà a mia conoscenza in questo argomento ed Ella faccia altrettanto con me. E così per esempio, egli sarebbe utile anzi direi necessario di conoscere il sistema di Torpedini adottato dalla Francia ed il di cui segreto fu ultimamente acquistato dal Governo francese dall'Inventore Inglese, che già lo aveva offerto all'Austria. A Berlino si annetterebbe grande valore a questa informazione. Comprendo tutta la difficoltà ed anche il pericolo, ma ai tempi nostri nulla è impossibile quando si hanno mezzi e denari -ed io potrei disporre anche di vistosa somma per conoscere quel segreto -come posso disporre di somme per tutte quelle informazioni sull'armamento francese che saranno di qualche utilità, reali e veritiere. Oggi giorno noi possiamo permetterei questo lusso; e poi noi crediamo che i denari spesi a tale effetto non sono sprecati o gettati •.

A dire il vero fui alquanto imbarazzato sul contegno a serbare in simile inaspettata circostanza, ma conservato ogni mio sangue freddo, risposi che comprendevo facilmente ancor'io il desiderio di conoscere gli armamenti e segreti guerreschi della Francia e la relativa importanza, ma che non mi nascondevo neppure le difficoltà alle quali il mio interlocutore andava incontro per giungere a conoscerli, che per conto mio avrei sempre e fedelmente eseguiti gli ordini ed istruzioni che riceverò dal mio Governo, che per altro nel servizio ed in ogni cosa ad esso inerente non avrei potuto agire né di concerto né di comune. Come di naturale, mi tenni nella più grande riserva su tutto ciò che può essere istruzione o missione del mio Ufficio senza offendere o ferire il mio Signor Collega germanico.

Per meglio invogliarmi ad espansioni egli mi disse che nell'Arsenale di Tolone si stanno preparando 1200 bocche da fuoco che dovranno essere pronte pel Marzo prossimo; mi disse ancora essere a sua piena cognizione che la via ferrata fra Nizza e Ventimiglia è minata, che i lavori relativi furono ultimati poco tempo fa, credere egli che grande numero di Bastimenti da guerra (Trasporti) sono per essere armati e conchiuse che tali informazioni le aveva di già date al suo Governo e che opinava bene consigliarmi a fare altrettanto.

Sortendo poi di casa mia, mi raccomandò di non restituirgli la visita e di non salutarlo in strada incontrandolo e ciò, diss'egli, per non dare sospetto alle persone che lo conoscono.

Il Signor Schenking è uomo verboso alquanto presuntuoso e per quanto seppi, già antecedentemente, ama darsi molta importanza con Colleghi e privati.

Ciò pertanto io non attribuisco grande valore alle confidenze ed alle richieste fattemi, mi consideravo per altro in obbligo di parteciparle a V.S.

Illustrissima perché, ove lo creda del caso, possa informarne le Superiori Autorità. In tutti i modi La prego, Illustrissimo Signor Commendatore, a :'are conservare al presente mio foglio la forma confidenziale.

(l) Trasmesso da Strambio a Visconti Venosta con R. 91 del 24 gennaio.

222

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 229. Cairo, 17 gennaio 1874 (per. il 25).

Ho l'onore d'informare l'E.V. che il Governo Austro Ungarico ha data ufficialmente la sua adesione al progetto di riforma giudiziaria completato dalla Commissione riunitasi a Costantinopoli. La sottomette soltanto alla riserva che gli affari pendenti debbono esser terminati prima dell'installazione dei nuovi tribu:r:ali, e chiede perciò che un tribunale speciale di arbitri, composto dei nuovi Magistrati, abbia a giudicarli.

Ebbi già l'onore di rapportare all'E.V. questo progetto d'arbitraggio proposto l'anno scorso dal Vicerè per giudicare tutti gli affari pendenti, progetto che da V.E. non fu giudicato accettabile per ragioni di molta importanza che furono molto valutate dal Khedive e da Nubar. Perciò alla riserva presa dal Gabinetto di Vienna Nubar Pascià risponde che il Governo Egiziano riconosce la necessità di dover liquidare il passato, ma teme pericoloso il mezzo proposto pei nuovi Magistrati che debbono prima di tutto accattivarsi la fiducia del pubblico. Con giudizi resi a porte chiuse, ed in modo eccezionale, potrebbero incorrere nella taccia di parzialità. Egli propone invece che nei nuovi tribunali fosse istituita temporariamente una Camera speciale per gli affari pendenti, onde esser discussi pubblicamente, con pubblica difesa, con diritto d'appello, e che regolari sentenze sieno pronunciate, con la sola eccezione di dover esser queste basate sulle leggi, usi e consuetudini attuali.

Sembrami che il Governo Austro-Ungarico non dovrebbe trattare isolatamente questa quistione, ma che un accordo dovrebbe stabilirsi tra le Potenze per adottare un sistema uniforme, ed accettato da tutte.

Il Governo Francese continua nello stesso sistema, malgrado che questo suo Agente insista e consigli necessaria ed urgente l'adesione alla riforma giudiziaria. È ormai fuori di dubbio che le esitanze di quel Governo, dopo tante promesse e fatti compiuti, dipendono dall'andamento preso dalla quistione del Canale di Suez, e che si serva di questo mezzo per forzar la mano al Vicerè nelle sue vedute. In questo intendimento non riescirà ma intanto incaglia la riforma. Ed invece ha forzato il Vicerè a procedere oltre malgrado la sua opposizione, tanto più che la questione del Canale, vitale per l'Egitto, dovrà ormai esser portata ai tribunali Egiziani. Perciò Sua Altezza si è decisa a stabilire i nuovi tribunali, e si occupa a ricercare i Magistrati che dovranno comporli.

Egli ha adottato in massima di non ingaggiare persone che sieno state

o sono in Egitto, onde averle libere da qualsiasi influenza. Una sola eccezione

ha fatto per il nostro Magistrato che dovrà sedere nella Corte d'Appello. Ieri Nubar Pascià venne in nome del Vicerè officialmente a pregarmi, che conoscendo l'illimitata fiducia e la bella opinione che gode in tutta la Colonia Europea il Signor Cavalli, presidente del nostro tribunale Consolare, volessi chiedere all'E.V. di autorizzarlo ad accettare servizio presso il Governo Egiziano come Magistrato per il posto suindicato, assicurando V.E. che il Khedive vedrebbe nel consenso richiesto una nuova prova dell'interesse che il R. Governo gli ha sempre mostrato per la riescita di una riforma che assicura l'avvenire dell'Egitto. Fattami la dimanda officialmente non risposi altro a Nubar che avrei trasmessa a V.E. la dimanda del Khedive. Che il Presidente Cavalli abbia saputo acquistarsi fama invidiabile di Magistrato integro, giusto, inesorabile rappresentante della legge, ne è giudice l'opinione pubblica del paese, e non dubito che l'E.V. vorrà prendere in considerazione queste eminenti qua

lità che lo distinguono.

223

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 17 gennaio 1874.

Aspettavo un'occasione sicura per scrivervi. Ma l'occasione non si presenta; piglio dunque il partito di scrivervi per la posta.

Il Gabinetto De Broglie uscì vincitore dall'ultima crisi, ma ne usci diminuito di forza. La sua situazione è fra le più intricate e difficili in cui siasi mai trovato un Ministero. Il suo appoggio naturale sta nella destra. Ma appoggiandosi alla destra è forzato a seguire una politica ultra conservatrice nelle questioni interne, e nelle questioni di carattere clericale dovrebbe pure fare una politica clericale. Se non che queste ultime questioni rivestono anche il carattere internazionale, ed è certo che se il Governo Francese secondasse il clericalismo della maggioranza di destra, s'arriverebbe presto a complicazioni gravi colla Germania e quindi con noi. Se per contro, in queste questioni, il Ministero de Broglie si scosta dalle tendenze di destra per accostarsi al centro sinistro ed alla sinistra, è molto probabile che alla prima occasione sarebbe abbandonato dalla destra, che forma, come dissi, il suo principale, anzi il suo unico appoggio. Gli avversarii del Ministero che sono numerosi ed influenti, e seguono una certa disciplina, approfittano di questa falsa posizione del Gabinetto per combatterlo sul terreno delle relazioni estere, e principalmente su quello delle relazioni fra l'Italia e la Francia.

Quindi tutti i rumori che si spargono qui ogni giorno di prossime future complicazioni coll'Italia. Il Duca Decazes si rende perfettamente conto di questa situazione e non dubito che il suo vivo desiderio e la sua intenzione sarebbero di trovar modo di non indisporre la destra e di dare ad un tempo una soddisfazione pubblica all'opinione del nostro paese, all'occasione dell'interpellanza del Generale Du Tempie che verrà probabilmente discussa martedì.

L'impresa non è facile, e io non sono senza inquietudine sull'esito. Non vi ripeterò qui i continui incessanti sforzi da me fatti presso Decazes, presso De Broglie e presso lo stesso Duca di Magenta, per impegnare il Governo Francese a cogliere l'occasione offertagli per dichiarare che esso riconosce senza riserva e senza secondo fine i fatti irrevocabilmente compiuti in Italia. V'ho esposto tutto ciò per telegrafo. Il Duca Decazes m'assicurò che parlerebbe difatto in questo senso, e mi diede anzi lettura d'un brano di discorso già apparecchiato, nel quale le frasi sopra citate si trovano testualmente. Tuttavia temo che la violenza dei due lati dall'Assemblea sarà tanta e tale, che il Ministero avrà pena ad uscirne bene rispetto a noi o rispetto a lui. Il dispaccio vostro, di cui Decazes voleva citare un brano, verificata bene la cosa, si trova essere una vostra lettera particolare scritta a La Villestreux il 12 settembre 1871. Il brano, di cui si tratta, mi fu letto da Decazes, e veramente esso è conforme alle dichiarazioni da noi costantemente fatte intorno all'irrevocabilità della caduta del potere temporale ed alla coscienza della risponsabilità da voi assunta verso le potenze cattoliche d'assicurare l'intera indipendenza del potere spirituale del Pontefice. Tuttavia, siccome si tratta d'una lettera particolare, fu inteso che il brano non sarebbe letto. Intanto le relazioni tra Francia e Germania han preso in questi giorni una certa tensione. Il Governo Germanico non è soddisfatto della circolare De Fourtou che trova non abbastanza disapprovativa né abbastanza efficace. Esso domanda l'appello come d'abuso; se no, si riserva d'intentare esso stesso un processo suppongo contro i giornali che pubblicarono i famosi mandamenti episcopali. Il Duca Decazes era ieri sera assai inquieto di queste domande prussiane. Egli sarebbe disposto a far procedere per l'avvenire contro i giornali che riprodurrebbero mandamenti ingiuriosi contro Governi esteri. Ma gli ripugna il ricorrere all'appello come d'abuso, e crede che dopo la circolare non convenga insistere altramente pei mandamenti passati. Come vedete, le condizioni del Ministero De Broglie sono assai critiche, ed io dubito ch'egli possa mantenersi a lungo.

Per quanto spetta più specialmente all'Italia, la situazione ufficiale rimane inalterata. L'incidente De la Haye si produsse fra le due Rappresentanze francesi. Noi non abbiamo ad intervenire. La cosa spiacque al Governo Francese e specialmente al Maresciallo. Decazes me ne espresse, in via particolare, il suo più vivo rammarico, biasimando la condotta di Corcelles.

Dell'Orénoque non ebbi istruzione di parlare, e non ne parlai ufficialmente. A Decazes, che in via privata me ne parlò, lasciai capire che il nostro silenzio doveva essere interpretato come un mezzo offertogli di cavarsi quella spina dal piede spontaneamente e senza pressione, e che certe domande, quando venga proprio il tempo di farle e si sia forzati a farle, conducono necessariamente o ad un'umiliazione o ad un conflitto. Tutto ciò fu detto, ripeto, in via privata ed in conversazioni amichevoli. Decazes m'espresse poi il suo vivo rammarico che per considerazioni affatto personali il Marchese di Noailles non abbia potuto partire finora. La partenza è finalmente ed irrevocabilmente fissata pel 7 febbraio. Ne sarete informato, colle opportune spiegazioni, dalla Legazione di Francia, avendo io espresso al Duca Decazes il desiderio che non si servisse di me per una tale comunicazione, giacché io era già stato incaricato da lui di annunziare l'arrivo di Noailles, in un'epoca più vicina.

Anche rispetto all'Italia si produce qui una certa inquietudine, non nel Governo, ma nell'opinione pubblica, ed anche nell'esercito. E come già accennai questa inquietudine è con molta persistenza mantenuta viva da tutti i partiti che combattono il Ministero. L'asserzione che l'Italia ad un dato momento provocherà un conflitto colla Francia, corre per la bocca di molte persone, e nell'esercito quest'eventualità è ammessa come possibile, ma devo aggiungere, con un sentimento di rassegnato rammarico. In tali circostanze, ben potete immaginarvi che la situazione del rappresentante vostro qui, non è facile né piacevole. Incedo super ignes. Seguo perciò molta circospezione e procedo con tutta la prudenza di cui sono capace. Amico sincero della Francia, credo renderle servizio, non celando al suo Governo, ne' miei discorsi coi Ministri, i pericoli a cui la Francia stessa e l'Italia e l'Europa intiera andrebbero incontro, ove per una condotta non sincera verso l'Italia per parte della Francia, venissero ad alterarsi le relazioni amichevoli che noi tentiamo mantener fra i due Paesi.

Vi parlerò altra volta delle condizioni dei varii partiti che si muovono in Francia e delle loro aspirazioni.

P. S. -Decazes m'ha detto ieri sera che finalmente l'abolizione dei passaporti su la frontiera italiana, come sull'elvetica, era stata decisa e che oggi

o domani avrei avuto ufficiale comunicazione di questa risoluzione.

224

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI

T. 6. Roma, 18 gennaio 1874, ore 14,20.

J'ai reçu votre lettre particulière du 12 (1). Evitez de vous prononcer dans la question de la reconnaissance du Gouvernement actuel car nous avons des raisons pour ne pas nous hater de rétablir des relations officielles.

225

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 7. Roma, 18 gennaio 1874, ore 15,15.

Robilant a communiqué au Comte Andrassy la circulaire sur le Conclave (2). L'impression en a été excellente. Andrassy a dit en etre d'autant plus satisfait qu'il avait du décliner des ouvertures du due de Broglie pour que

l'Autriche et la France exercent une pression sur l'!talie en faveur du Pape. Cela confirme mes soupçons et rend encore plus nécessaire de procéder avec une prudence extreme dans la communication à faire au due Decazes. Il faut de toute manière éviter de preter le flanc à une discussion ou de fornir nousmemes un point de départ pour des démarches que nous n'hésitérions pas à repousser. Ceci est tout-à fait confidentiel. Nous sommes censés ignorer la

tentative avortée du due de Broglie.

(l) -Non conservata in AVV. (2) -Cfr. n. 201.
226

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI

T. 9. Roma, 18 gennaio 1874, ore 17.

Prenant occasion de la nomination des nouveaux cardinaux et de la polémique soulevée en Allemagne par une récente publication, j'ai expédié une circulaire diplomatique (l) ayant pour but de démontrer que le conclave pourra se tenir à Rome sans aucune dérogation aux formes canoniques. Veuillez en donner avis à M. Andrade Corvo. La circulaire vous a été expédiée aujourd'hui en deux exemplaires par Londres et par Madrid.

227

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 244. Vienna, 18 gennaio 1874 (per. il 23).

Facendo seguito al mio rapporto del 14 corrente n. 242 della presente serie (2), pregiomi informare l'E.V. essermi trovato in grado, mercè la comunicazione fattami in via confidenziale dal Ministro Portoghese presso questa Corte, di conoscere con precisione la natura dell'incarico affidato a quell'Inviato dal suo Governo relativamente alla questione del Conclave di cui facevo cenno nel precitato mio rapporto. Infatti il Signor di Almeida mi diede lettura del dispaccio che Egli dovrà comunicare domani al Conte Andrassy. Da quel documento risulta che sul finire dell'estate scorsa il Gabinetto di Vienna, a mezzo del suo Inviato a Lisbona Barone di Dumreicher, in risposta ad una interpellanza stata fatta qui dal Signor d'Almeida sulle vedute del Governo Imperiale e Reale in ordine all'elezione del futuro Papa, sviluppò i suoi intendimenti in proposito nei termini stessi impiegati meco dal Conte Andrassy, con un'aggiunta però relativa al mantenimento del diritto di veto alle Potenze

che ne sono investite, diritto che il Gabinetto di Vienna intende mantenere e spera le altre Potenze che fondatamente vi pretendono vorranno del pari conservare intatto. Fino ad ora il Governo di S.M. Fedelissima si era astenuto dal rispondere ufficialmente a tale comunicazione, locchè ho luogo di credere fa oggi, in conseguenza di eccitamenti venuti da Parigi, ed esprime il desiderio si addivenga a pratiche efficaci onde raggiungere lo scopo da ambe le parti desiderato. Per conto mio non dubito che in conseguenza della nuova più attiva fase in cui la questione è entrata dopo la pubblicazione della Bolla Pontificia fatta dalla Gazzetta di Colonia, più vivi si faranno gli scambi d'idee fra i Governi; la cosa però non uscirà dal campo teorico in Vienna sintanto che rimarrà il Conte Andrassy alla superiore direzione degli Affari Esteri. Egli a niun conto vuol scontentare la Germania, stringendo patti qualsiansi colla Francia, giacchè come ebbe a dirmi, neppure su di una questione speciale si può legare la propria azione con una Potenza colla quale non s'intende di procedere d'accordo nella politica generale, tanto più quando quella questione speciale così intimamente si lega con questa. D'altra parte poi Egli ha piena fiducia nel Governo Italiano ed attualmente Egli ha buono in mano per persuadere anche il Suo Sovrano della ragionevolezza del suo convincimento. Finalmente egli ravvisa miglior consiglio in questo affare riserbare la sua libertà di azione pel momento opportuno. Quindi ripete: si scambieranno idee, ma nulla più, qualunque cosa possa dire e fare per ottenere di più il Marchese d'Harcourt qui, ed anche il Conte Apponyi a Parigi, il quale, amicissimo degli uomini attualmente al potere in Francia, ho luogo di credere nulla tralasci affine di ottenere dalla sua Corte, ciò che sa tornerebbe gradito a quelli.

Ieri il Marchese di Harcourt era ricevuto dal Conte Andrassy, e mi si assicurò il Conte abbiagli dato conoscenza della circolare di V.E., esprimendogli la sua piena soddisfazione per un tale documento, atto a rimuovere qualsiasi dubbio sulla sicurezza e libertà di cui il Conclave godrebbe in Roma.

(l) -Cfr. n. 201. (2) -Cfr. n. 217.
228

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A LONDRA, CADORNA

D. 196. Roma, 19 gennaio 1874.

L'avvenimento al Trono del nuovo Imperatore del Marocco Mulei el Hassan veniva annunziato il 5 scorso dicembre al R. Incaricato d'Affari a Tangeri con semplice nota di Sid Bargas riconfermato Ministro degli Affari Esteri. Poco tempo dopo e da altra fonte quel R. funzionario era informato che vari Governi fra i quali quello della Gran Bretagna avevano inviate le loro felicitazioni al nuovo Sovrano.

Il Commendator Scovasso !imitavasi ad accusare al Ministro del Sultano

la ricevuta della sua lettera, e domandava intanto a questo Ministero le op

portune istruzioni sulla condotta a seguire in questa circostanza.

Prima di prendere una decisione in proposito io gradirei conoscere se la comunicazione analoga che Sid Bargas avrà fatta all'Incaricato d'Affari Inglese a Tangeri sia stata considerata dal Governo della Regina come sufficiente notificazione dell'avvenuto cambiamento, e se in conseguenza egli abbia fatto presentare realmente le sue felicitazioni a Mulei el Hassan.

Sarò pertanto tenuto all'E.V. se troverà modo di procurarsi e farmi quindi tenere, con qualche sollecitudine, le accennate informazioni.

229

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 151. Monaco, 19 gennaio 1874 (per. il 21).

Dei quarantotto collegi elettorali, in cui è scompartita la Baviera per riguardo alla Dieta Imperiale, trentadue elessero deputati devoti al partito ultramontano, producendosi così un fatto diametralmente opposto a quanto avvenne alle elezioni generali del 1871, in cui la Baviera mandò alla dieta imperiale trenta deputati del partito nazionale, e diciotto del partito ultramontano.

Nei due collegi elettorali della città di Monaco, in uno riescì bensì eletto il Barone di Stauffenberg, considerato come uno dei principali del partito nazionale, ma esso riunì alcune migliaia di voti meno della precedente elezione; cosicchè il Barone d'Ow, candidato ultramontano, succombette, sostenuto però da imponente minoranza.

Nel secondo collegio di Monaco, il partito liberale portava il Signor Maffei, rinomatissimo industriale, ed influente per ingegno e per censo; ciò nonostante questo benemerito cittadino non pervenne a raccogliere che la metà, ad un dipresso, dei voti dati al suo avversario, il parroco Westermayer.

La città di Augusta solita a mandare un liberale alla dieta imperiale, scelse in oggi il Signor Forg, ardente reazionario.

Non volendo tediare l'E.V. coll'esporre qui in tutti i suoi particolari il risultato delle elezioni, mi limiterò alle cifre principali, la cui eloquenza non isfugge a nessuno.

Accorsero alle urne circa 900.000 elettori. Di questi 295.000 votarono pei liberali, 479.000 per gli ultramontani e 15.000 per i socialisti. Il rimanente dei voti si disperse fra i democratici ed i nazionali conservatori, o per meglio dire protestanti particolaristi.

Benchè il partito socialista si presenti con una cifra relativamente senza importanza, è da notarsi però che nelle precedenti elezioni esso non diede pressochè segno d'esistenza. Il maggior numero dei voti socialisti furono espressi a Norimberga, ad Hof, ed alcune migliaia anche qui in Monaco, località ove si hanno maggiori agglomerazioni di operai.

Il partito clericale naturalmente mena gran vanto della sua segnalata

vittoria; ma allorchè pretende di averla ottenuta per la sola forza naturale delle cose, egli non inganna nessuno, ben sapendosi le somme raccolte e quindi distribuite, ed i misteriosi istrumenti, che stanno alla disposizione del clero, mediante l'altare ed il pulpito, e mediante il facile e continuo suo contatto colle popolazioni campestri, nella Bassa Baviera specialmente, ignoranti ed impressionabili.

Tra le circostanze, che senza verun dubbio hanno predisposto gli elettori

a favorire gli interessi del clero, devesi accennare la sfavorevole impressione

prodottasi dallo sfratto datosi a quelle corporazioni religiose, che per legge

dell'impero furono riconosciute come affigliate all'ordine di Gesù, non che le

misure di rigore adottate dalla Prussia a danno di molti dei suoi Vescovi.

Le elezioni del 1871 compiutesi allorchè ferveva l'entusiasmo per le vittorie riportate sulla Francia, non potevano risentirsi delle influenze clericali. In allora sussisteva eziandio la speranza che nel funzionamento della macchina imperiale, sarebbesi tenuto conto delle tradizioni della Baviera, e scrupolosamente rispettata la sua autonomia, almeno in quella misura, che le fu assicurata dal trattato di Versaglia. Simili speranze non furono pienamente soddisfatte; ma troppo lungo sarebbe l'esporre tutti i motivi di malcontento, che in oggi spingono queste popolazioni a raggrupparsi sotto l'influenza clericale.

L'esito delle recenti elezioni segna una nuova fase nella situazione politica della Baviera, fase destinata a risvegliare serie preoccupazioni non solo in questo Governo, ma benanco in quello di Prussia.

Prima ancora che avvenissero le elezioni, un distintissimo professore di Berlino, chiamato ora a reggere una cattedra di diritto in questa Università, mi diceva che sull'orizzonte del giovane Impero Germanico la Baviera formava un punto nero, e che la poca spontaneità colla quale sembrava· concorrere allo sviluppo degli interessi germanici destava rammarico a Berlino, e vi faceva provare il bisogno di portar rimedio a questo stato di cose.

Da quanto mi risulta da una recente conversazione con questo Ministro degli Affari Esteri, il Governo è dolente per quanto avvenne, e prevede che i lavori della Dieta Speciale di Baviera si risentiranno della vittoria dei clericali, perchè essi non tarderanno ad atteggiarsi come a veri rappresentanti della gran maggioranza del paese.

230

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2274 bis. Parigi, 19 gennaio 1874 ( per. il 25).

Mi pervenne jeri per mezzo del Corriere di Gabinetto Armillet, il dispaccio circolare di questa serie N. 494, che l'E.V. mi fece l'onore di dirigermi sotto la data del l" gennajo corrente (1), e che ha per oggetto d'informarmi e d'informare per mio mezzo il Governo Francese, intorno alla linea di condotta

che il Governo del Re si è risolto di seguire nell'eventualità, che ora si spera lontana, della riunione di un Conclave. Ho avuto l'onore di esporre oggi stesso a S.E. il Duca Decazes, il contenuto di questo dispaccio, del quale in seguito al desiderio espressomi, gli diedi pure lettura. Il Duca Decazes ascoltò coll'attenzione che comporta l'argomento trattato, la lettura di questo documento, e mi disse quindi che l'impressione prodotta da questa lettura sul suo spirito era buona e soddisfacente. Nel fare questa comunicazione al Ministro Francese degli Affari Esteri ebbi cura di precisarne il carattere, osservando che essa aveva per iscopo la semplice informazione degli intendimenti del Governo del Re intorno alla condotta ch'egli si è prefissa di tenere nella eventualità sopracitata, quando questa venisse a verificarsi.

(l) Cfr. n. 201.

231

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L.P. Parigi, 19 gennaio 1874.

Il Duca Decazes mi comunica in questo momento confidenzialmente coll'unito biglietto (l) un telegramma di Versaglia con cui gli si annunzia che l'Univers è sospeso per due mesi in seguito alla pubblicazione fatta nel numero di ieri della lettera pastorale del Vescovo di Perigueux, e d'altri articoli contenuti nello stesso numero. È possibile che questa misura eserciti un'influenza sul voto della legge dei maires e dia luogo all'eventualità di nuove crisi nel Gabinetto.

Vi scriverò col corriere intorno alla circolare sul Conclave (2). Il Duca Decazes, a cui ne diedi lettura oggi mi disse che la sua impressione era buona, e che sarebbe utile che una calcolata indiscrezione facesse conoscere questo documento al pubblico. Feci comprendere al Duca Decazes il vero carattere di questa comunicazione, che è quello d'una semplice informazione, che non richiedeva una risposta nè poteva dar luogo a discussioni, le quali del resto sarebbero per lo meno inopportune nel momento presente. Il Duca Decazes mi rispose che terrebbe conto di questa osservazione.

232

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1267. Berlino, 20 gennaio 1874 (per. il 23).

Ho l'onore di segnarle ricevuta del dispaccio N. 310 Serie Politica, in data 1° corrente (2), relativo alla nomina di Cardinali che ebbe luogo il 22 di

cembre, ed alla eventualità in cui il Sacro Collegio sarà chiamato a riunirsi in Conclave.

Mi recai tosto ieri dal Segretario di Stato, e gli comunicai siffatto dispaccio dell'E.V. Il Signor di Biilow lo lesse con molta attenzione, dicendomi che desiderava mettersi in grado di riferirne esattamente il contenuto al Cancelliere Imperiale, cui tale comunicazione sarebbe stata di sommo interesse. Il Gabinetto di Berlino non solo era penetrato delle considerazioni svolte dall'E.V., ma era anche suo desiderio che, quando venisse il momento della convocazione di un Conclave, questo si radunasse in Roma seguendo le antiche tradizioni. Le medesime considerazioni che presenta il dispaccio del l o corrente sovra l'atto di sovranità compiuto liberamente dal Santo Padre con la nomina di dodici Cardinali, erano state già esposte sollecitamente a questo Governo dal Signor di Keudell. Il Segretario di Stato avrebbe desiderato di poter rimettere addirittura al Principe di Bismarck il dispaccio, di cui lo intrattenevo, osservando che ciò avrebbe anche giovato ai nostri interessi. Stimai di non dovermi opporre a simile desiderio, e promisi al Segretario di Stato che gli avrei dato una copia del documento in discorso, purchè se ne facesse un uso strettamente confidenziale; della qual cosa egli mi si addimostrò assai grato.

Ritornai difatti stamane al Dipartimento Imperiale degli Affari Esteri e rimisi la copia del dispaccio dell'E.V. Il Signor di Biilow mi rinnovò i suoi ringraziamenti, ma osservò al tempo stesso che i giornali di Vienna contenevano già ierisera dei ragguagli abbastanza esatti sopra il medesimo dispaccio. Conveniva per ciò credere che di questo fosse stato dato prima comunicazione a Vienna.

Si può star certi che il Gabinetto di Berlino si applicherà caldamente, anche in vista del suo proprio interesse, a far sì che i Governi amici prendano buona nota delle considerazioni sviluppate da V.E. in ordine alla futura convocazione di un Conclave.

P.S. Qui unita una lettera particolare per V.E.

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 201.
233

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 41. Parigi, 21 gennaio 1874, ore 11,16 (per. ore 13,30).

Voici d'après Journal officiel texte précis de la déclaration du due Decazes. Politiques française vers l'Italie est défini,e. Entourer d'un pieux respect, d'une sollicitude sympathique et filiale le Pontife Auguste auquel nous unissent

lO -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. V

tant de liens et étendant cette protection et cette sollicitude à tous les intérets qui se relient à l'autorité spirituelle, à l'indépendance et à la dignité du Saint Père. Entretenir sans arrière pensée avec l'Italie, telle que les circonstances l'ont faite les relations de bonne harmonie pacifiques et amicales que nous commandent les intérets généraux de la France et qui peuvent aussi nous permettre de sauvegarder les grands intérets moraux dont nous nous préoccupons à juste titre.

234

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2281. Parigi, 21 gennaio 1874 (per. il 25).

La discussione sulla legge concernente la nomina dei maires essendo stata esaurita nella seduta di jeri, l'interpellanza del Signor Du Tempie trovavasi giusta le precedenti decisioni dell'Assemblea all'ordine del giorno. Ma prima che fosse accordata la parola all'interpellante il Ministro degli Afiari Esteri, Duca Decazes, salì alla tribuna e fece la dichiarazione seguente:

• L'Assemblea troverà forse che si sollevò molto e troppo romore intorno a quest'interpellanza e che non fu esente da pericoli il lasciare soffermarsi l'opinione sopra una quistione che divenne occasione o pretesto di nuove, le quali mantennero nel pubblico una spiacevole inquietudine, che nulla giustifica,. e che ciò nondimeno prese un carattere così persistente ch'io potrei crederla mantenuta sistematicamente. Dico che nulla giustifica queste emozioni perocchè sono in grado d'affermare che tra l'Italia e noi non si produsse verun dissenso, che non fu da una parte nè dall'altra sollevata alcuna quistione, la quale potesse compromettere le buone relazioni, che ci sta a cuore di mantenere coi nostri vicini e che tutti i romori contrari che circolarono, sono assolutamente, completamente falsi. Non già che il nostro onorevole Collega Signor Du Tempie siasi fatto il propagatore di tali false notizie, ma egli mise in quistione il fatto stesso de' nostri rapporti coll'Italia e ciò era più di quanto occorresse per provocare quell'inquietudine.

Diffatti egli chiede d'interpellarci sopra l'invio d'un nuovo Ministro Plenipotenziario presso il Re Vittorio Emmanuele. Se come lo suppongo l'Assemblea vuole rimanere fedele alla politica, alla quale essa si associò sì sovente e che il Governo attuale ricevette dai suoi onorevoli predecessori, essa si associerà altresì alla sola risposta ch'io possa dare al nostro Onorevole Collega. Proposi al Maresciallo Presidente di affidare al Signor Marchese di NoaiUes il posto di Ministro Plenipotenziario in Italia, perché penetrati della saviezza e della prudenza di questa politica, noi volevamo continuarla con scrupolosa cura senza far nulla che potesse comprometterla e senza mai deviare dal doppio scopo, cui essa mirava e che riassumo in due parole: circondare con pietoso rispetto, con simpatica e filiale premura l'Augusto'

Pontefice, al quale ci stringono tanti legami, estendendo questa premura a

tutti gli interessi che si rannodano alla autorità spirituale, all'indipendenza ed alla dignità del Santo Padre. Mantenere senza secondi fini, coll'Italia tale quale la fecero le circostanze, quelle relazioni di buona armonia, quelle relazioni pacifiche ed amichevoli che ci comandano gli interessi generali della Francia e possono in pari tempo permetterei di tutelare i grandi interessi morali, dei quali con giusta ragione ci preoccupiamo.

Ecco, Signori, tutta la nostra politica in Italia. Potrei aggiungere che la nostra politica generale nel mondo intiero è inspirata dalle stesse preoccupazioni e dallo stesso movente. Vogliamo la pace, la vogliamo perchè la crediamo necessaria alla grandezza ed alla prosperità del nostro paese. Perchè

la crediamo ardentemente desiderata, ardentemente domandata da tutti. Per assicurarla noi ci studieremo senza posa a dissipare tutti i malintesi, a prevenire tutti i conflitti, e noi la difenderemo eziandio contro le vane decla

mazioni, contro le colpevoli eccitazioni da qualsiasi parte esse provengano. Nè ci si dica che con ciò compromettiamo l'onore e la dignità della Francia. L'onore e la dignità della Francia non potrebbero essere compromessi che dai politici di avventura che la condurrebbero fatalmente ad una debolezza o ad una pazzia. La Francia che sì facilmente si dichiara impotente, resta abbastanza grande per avere il diritto ed il dovere di essere savia.

Se l'Assemblea volesse considerare queste spiegazioni, le sole ch'io possa

dare, come tali da rispondere sufficientemente alle preoccupazioni presenti, credo che essa potrebbe, con grande vantaggio per la cosa pubblica, rinunciare a discussioni che potrebbero turbare soltanto gli interessi ai quali occorre quiete

•e sicurezza. Egli è d'altronde mio dovere di ripeterlo: mi sarebbe impossibile d'aggiungere alcunchè alle spiegazioni che mi avete permesso di darvi •.

Il Signor Du Tempie rispose al discorso del Ministro dicendo ch'egli non n'era soddisfatto e che persisteva a voler svolgere la sua interpellanza. Ma l'Assemblea sulla proposta d'alcuni membri troncò la discussione con un ·voto in favore della quistione pregiudiziale.

235

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 498. Roma, 22 gennaio 1874.

Il Signor Tiby .venuto ieri a vedermi, mi comunicò il testo completo del discorso del Duca Decazes che non era ancora stato trasmesso dalle Agenzie telegrafiche. Dissi al Signor Tiby che le dichiarazioni del Duca Decazes sulla politica che il Governo francese intendeva seguire verso l'Italia, avevano prodotto nell'animo mio una buona impressione e che non dubitavo che l'impressione sarebbe stata egualmente buona nell'opinione pubblica del paese.

L'opinione pubblica avrebbe veduto nelle parole del Duca Decazes la dichia

razione che il Governo francese prendeva per base dei buoni rapporti fra

l'Italia e la Francia i fatti irrevocabilmente compiuti in Italia, accettati senza

arrière pensée, per servirmi della frase stessa del Duca Decazes.

Quanto al rispetto per l'indipendenza spirituale e per la dignità del Pon

tefice, non può esservi dissenso, poichè tale è pure il programma della nostra

politica e la norma della nostra condotta. Questo interesse essendo rispettato,

il Governo italiano mantiene per la sua legislazione interna quella indipen

denza che ogni governo ha il diritto di rivendicare e di tutelare.

Il Duca Decazes aveva espresso l'intenzione di mantenere coll'Italia rela

zioni di buona armonia, pacifiche e amichevoli. Io potevo dare l'assicurazione

che noi partecipavamo con non minore sincerità a questo desiderio. Il Governo

italiano era convinto di averne sempre dato la prova e di aver costantemente

seguito una condotta conforme alle vere disposizioni del nostro paese, il quale

per quanto lo riguarda e per quanto dipende da esso, desidera che le relazioni

fra l'Italia e la Francia abbiano per base una reciproca fiducia pel p::-esente ·

e per l'avvenire.

236

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1268. Berlino, 22 gennaio 1874 (per. il 26),

Il risultato delle elezioni per il Reichstag, di cui ebbi l'onore di parlarle nel rapporto N. 1265 di questa Serie (1), è ora conosciuto con precisione. Le elezioni definitive sono sino ad oggi 346, e si dividono nel seguente modo fra i varii partiti: 17 conservatori, 26 conservatori-liberali, lO della frazione liberale imperiale, 35 progressisti, 130 nazionali-liberali, 92 della frazione del Centro Cattolico, 6 socialisti-democratici. Nell'insieme 230 incirca liberali contro un gruppo di 114 avversari della politica del Governo imperiale. Il Reichstag conta 397 seggi, a complemento dei quali deve ancora concorrere l'Alsazia-Lorena, chiamata ad eleggere il l" febbraio prossimo i suoi rappresentanti; e si calcola approssimativamente che il Governo avrà 260 deputati

nazionali dalla sua parte e 140 avversari come risultato definitivo.

A conferma delle osservazioni contenute nel precedente mio rapporto, noterò che, in confronto del Reichstag precedente, le nuove elezioni hanno fatto perdere 33 seggi ai conservatori, 12 ai liberali-conservatori, 20 alla parte liberale-imperiale e lO ai progressisti: mentre invece i liberali-nazionali ne hanno· guadagnato 14 e il centro cattolico 34.

Il Reichstag è convocato per il 5 del prossimo febbraio. A quanto pare

esso non avrà da trattare per ora se non due quistioni essenziali, quella cioè della nuova legislazione sulla stampa e quella del Bilancio militare. Gli altri lavori sarebbero rimandati ad una sessione autunnale.

La quistione del Bilancio militare dell'Impero è assai grave. È noto all'E.V. che siffatto argomento diede origine al celebre conflitto del Governo prussiano con il Parlamento, e che riuscì poi ad un bill d'indennità, ottenuto dal Principe di Bismarck in seguito agli splendidi successi della guerra del 1866. Il Bilancio militare, fondato in forza della Costituzione sul contributo di 225 talleri all'anno per ciascun soldato, venne dipoi stabilito nel 1871 sino a tutto il 1874. Si tratta ora per il Governo di avere per il Bilancio militare del 1875 l'appoggio di quei medesimi partiti, che altra volta osteggiavano il Principe di Bismarck nella medesima quistione. Per ciò la stampa governativa si studia di dimostrare l'importanza vitale, che vi ha la parte liberale di appoggiare risoluta e compatta lo Stato, impegnato in una lotta così seria contro la Chiesa, favoreggiata questa da tutti i nemici del nuovo Impero. E la inquietudine generale che domina da qualche tempo, inquietudine che non può spiegarsi colui che esamina la situazione politica attuale dell'Europa, ma che pure tiene gli animi in sospeso, quasi una crisi di guerra fosse per divenire ogni giorno immìnente, non sarà certo per nuocere al bisogno che ha questo Governo di ottenere il suffragio del Parlamento Imperiale in favore del nuovo Bilancio militare.

(l) Non pubblicato.

237

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1270. Berlino, 22 gennaio 1874 (per. il 26).

Approfitto della partenza del Maggiore Mocenni per comunicare all'E.V. alcune osservazioni, sovra l'incidente cui diè luogo in questa Camera dei deputati, il 16 corrente, la risposta del Principe di Bismarck all'accusa direttagli dall'Onorevole di Malllnckrodt e fondata sul rapporto del Generai Govone, pubblicato dal Generai Lamarmora.

Nel rapporto politico N. 1266 (l) dovetti !imitarmi a riassumere siffatta discussione a norma dei resoconti di varii giornali. Non ho potuto ancora ottenere il resoconto stenografico ufficiale di quella seduta. Ad ogni buon fine, acchiudo qui il foglietto, nel quale la Provinzial Correspondenz riproduce i discorsi del Principe di Bismarck. V.E. sa che questo Gabinetto riconosce il carattere ufficioso di siffatto giornale.

La quistione è trattata nel modo più acerbo da tutti i giornali tedeschi. Nè potrebbe essere altrimenti in questo momento, in cui la politica del Prin

cipe di Bismarck è impegnata in una lotta così decisiva coi nemici del nuovo ordine di cose in Germania. Il risultato delle elezioni per il Parlamento Imperiale, dove gli avversarii del Cancelliere son cresciuti in numero, la necessità in cui il Governo si trova di far accettare il nuovo bilancio militare per il 1875, -la resistenza fortissima e forse non preveduta dell'Episcopato e del .Clero alle leggi ecclesiastiche, -costituiscono una situazione tale, che nulla poteva essere più dannoso per il Principe di Bismarck che un'accusa tendente a rappresentarlo agli occhi dei Tedeschi come un uomo di Stato che era disposto per il bene della Prussia a non indietreggiare davanti ai vantaggi di una cessione di terraorio tedesco alla Francia.

La veemente risposta del Principe di Bismarck, la polemica ancor più viva di questi giornali ne sono la prova.

Per quanto doloroso sia di veder mischiato il nome di uomini di Stato italiani in cosiffatte polemiche, non ho voluto entrare in discorso qui a tal riguardo. In un colloquio, che ebbi il 19 corrente con S.E. il Signor di Biilow, mi limitai a fornirgli l'occasione di aprirsi eventualmente con me, dicendogli in modo accademico che sovente la pubblica stampa riesciva, con discussioni inopportune e pericolose, a nuocere ai buoni rapporti di Stati, i quali hanno ogni interesse di vivere nella migliore intelligenza e ad evitare persino le apparenze di qualsiasi screzio. Il Segretario di Stato non entrò in ulteriori considerazioni, nè il 19, nè quando lo vidi di nuovo il 20 corrente.

Domani ritornerò dal Signor di Bulow per fargli la comunicazione confidenziale contenuta nel telegramma dell'E.V. in data d'oggi, che ricevetti testé, e che concerne certe disposizioni da introdurre nel nuovo codice penale italiano.

Il sentimento di inquietudine che regna qui, come in Francia, è sempre vivo. Senza rendersi ben conto delle ragioni che ne sono causa, tutti lo constatano. Esso sarà in ogni modo di grande vantaggio per il Governo Imperiale, onde i rappresentanti della Germania al Reichstag non esitino a votare il bilancio militare che verrà loro presentato il mese venturo. Quanto alla inquietudine all'interno, essa è pienamente giustificata dallo stato cotanto teso delle relazioni fra il Governo e la Chiesa. La legge sull'eventuale vacanza delle sedi vescovili, di cui trasmisi ieri il progetto all'E.V., dimostra la gravità della situazione. Il Governo non potrebbe ormai indietreggiare: ma esso è convinto che non gli rimane se non di procedere ad ogni costo fin dove lo condurranno le misure estreme di rigore. I cattolici considerano la fase, in cui entra ora la legislazione prussiana per rispetto alla Chiesa cattolica, come il cominciamento della soppressione di quest'ultima in Germania; poiché ormai tutti questi Vescovi sono in conflitto col Governo.

Ho telegrafato, or son pochi istanti a V.E. una notizia che la Nord Deutsche Allgemeine Zeitung reca stasera a grandi caratteri. La N.D.A. Zeitung è uno

dei giornali di cui si vale sovente questo Gabinetto per le sue comunicazioni. E ritengo per tale quella che telegrafai. Non so se realmente una domanda, come quella ivi riferita, sia stata rivolta al R. Governo (1). Ad ogni buon fine volli

farne immediatamente cenno all'E.V. Quanto venni qui sopra esponendo dimostra perché il Principe di Bismarck annette un'importanza somma a provare che l'opinione pubblica fu tratta in errore dal dispaccio del Generai Govone.

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. t. 46, trasmesso il 23 gennaio alle ore 2 e pervenuto alle ore 10,45. Per la domanda rivolta al Governo italiano cfr. n. 248, p. 253.

238

IL CONSOLE A JANINA, DE GUBERNATIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 11. Janina, 22 gennaio 1874 (per. il 4 febbraio).

Mentre ho l'onore di confermarle il mio precedente rapporto, N. 10 di questa Serie (1), debbo oggi farvi seguito annunziando all'E.V. un'offerta che mi venne fatta in questi giorni dai membri del Circolo il Progresso. Prima che la nuova Direzione dello Stabilimento venisse eletta nell'Assemblea Generale del caduto dicembre i diversi partiti s'erano trovati d'accordo nell'offrirmi la presidenza del circolo. Declinai allora risolutamente l'onorevole incarico, asserendo che la mia posizione ufficiale non mi permetteva di accettare. L'elezione ebbe adunque luogo, ma la quistione della Presidenza si lasciò sospesa, a mia insaputa, per ritornare a farmi nuove insistenze. La Direzione del Circolo si compone di un Presidente, di due Segretarii, di un Cassiere, e di 4 Consiglieri. L'antica Direzione riunita con la nuova mi reiterò nei giorni scorsi la formale offerta di assumere la Presidenza. All'invito formale diedi una formale risposta, adducendo per iscusa le seguenti ragioni:

l) La mia posizione ufficiale non mi permette di accettare nessun incarico somigliante, senza previa autorizzaz:one del mio Governo.

2) Al mio arrivo in Janina ho trovato accusata l'Italia di voler esercitare un'eccessiva influenza nello spirito del paese, sia sotto forma di propaganda religiosa, sia sotto altra forma; l'accettazione dell'offerta fattami risveglierebbe l'antico sospetto, che in quattro anni di soggiorno avevo riuscito ad attutire.

3) Il circolo è accusato come ritrovo di scismatici, e la presidenza, data a persona di rito non ortodosso, avvalorerebbe l'accusa.

4) Il Circolo si trova in lotta con tutto il partito retrogrado di Janina; nella mia qualità di membro, preesistente alla lotta, la parte conciliativa che intendevo di assumere nella circostanza sarebbe impedita dalla mia accettazione della presidenza, poiché questa mi metterebbe alla testa del partito liberale, e mi allontanerebbe definitivamente dall'altro partito.

5) Il partito liberale è accusato di rivoluzionario dal partito retrogrado; io potrei adunque trovarmi involto nel sospetto che si cerca di far nascere nel

l'animo dell'Autorità locale, il che nuocerebbe in seguito a' miei buoni rapporti con la stessa autorità.

A tutte queste ragioni i membri del circolo rispondono quanto segue:

l) Essi aspetteranno a far l'elezione del Presidente finché mi sia giunta dal Ministero la necessaria autorizzazione, la quale non può negarsi secondo loro non trattandosi che di un circolo filologico e commerciale, esclusane la religione e la politica. Mi citarono l'esempio di Salonicco, dove un Console Greco è presidente del Circolo, e di Seres, dove presiede il Console Russo.

2) L'accusa che si faceva pesare sulla politica Italiana era creata dal partito retrogrado, il quale non voleva che influenze ortodosse; quest'accusa, del resto, era stata sufficientemente allontanata dalla mia condotta; inoltre nessuno avrebbe potuto darmi taccia della mia accettazione, quando era perfettamente noto e pubblico il ripetuto mio rifiuto. L'unanimità dell'elezione infine pareva loro sufficiente motivo a dissipare gli scrupoli della mia delicatezza.

3) Quanto all'essere io di rito Latino, ciò non poteva avvalorare l'accusa di scismatici ai membri del Circolo, poiché nell'antica e nella nuova Direzione già vi erano Turchi ed lsraeliti, e la stessa composizione del Circolo, prova che il suo spirito non è già scismatico, ma conciliatore dei diversi riti.

4) La mia carica di Presidente, mentre da un lato allontanerebbe contatti che posso avere col partito retrogrado, dall'altra darebbe al circolo un cotale assetto da modificare sensibilmente la lotta, in cui si trova impegnato.

La presenza dei Consoli Greco e Francese nello stabilimento è tale significato, che non potrebbe a lungo durare la guerra che gli si fa, e la mia presidenza toglierebbe gli ultimi sospetti. Per quanto poco persuaso di quest'ultima ragione, lasciai continuare.

5) L'accusa di partito rivoluzionario che si fa ai membri del Circolo è vera, ma la nostra semplice presenza come membri la fa svanire; tanto più poi essa svanirebbe se io avessi la presidenza dello Stabilimento. Se presiedesse il Console Greco forse rinascerebbero i sospetti, ma l'Autorità conosce lo spirito della politica Italiana, e non potrebbe mai adombrarsi della mia accettazione. Del resto, il Circolo ha tutt'altro scopo fuorché la politica, e i miei colleghi mi darebbero man forte a dissipare, se vi fossero, i vari scrupoli dell'Autorità.

Non sapendo ormai con qual altro mezzo declinare l'onorevole incarico, io ritornai alla mia prima ragione, quella cioè di non poter accettare senza l'autorizzazione di V.E. Promisi di scrivere col primo Corriere, lasciai sperare a rivolta di corriere una risposta. Ora aspetto le istruzioni dell'E.V.; malgrado la guerra fatta al circolo e il ritiro di molti fra i suoi membri, questi sono tuttora 150 di cui 80 Cristiani, 45 Israeliti, e 25 Turchi. Lo scopo del Circolo è quale io lo descrissi nel mio precedente rapporto, scopo nobile e degno dell'appoggio dei buoni. La presidenza offertami non è solamente onorifica, ma la considero come benefica messe di quel che ho seminato; autorizzato quindi, o no, dall'E.V. il mio scopo è ugualmente raggiunto, quello cioè di acquistarmi a Janina la

considerazione dei migliori, la simpatia dei diversi riti. Il partito retrogrado stesso, che fa la guerra al Circolo, non può disconoscere che io sono animato dai sentimenti della più sincera conciliazione, e la mia Presidenza ricondurrebbe forse molti di essi a migliori consigli, mentre altri d'altronde griderebbero vieppiù l'allarme. Io mi trovo in ottimi rapporti col Vescovo che è il capo della lotta; vi si trova in ottimi rapporti il Console di Francia, che è deciso a lottare attivamente contro il fanatismo, unica molla dei retrogradi in Janina. Non è tuttavia da dimenticarsi che fanatico e retrogrado suonano all'unisono con la servilità, e la piaggiatura; così per opposto disdegnano da servilità e da piaggiatura i liberali; non è da dimenticare che il fanatismo mantiene l'ignoranza, e l'ignoranza mantiene la schiavitù; quindi il progresso, lo sviluppo sociale sono a schiavitù contrarii; queste ragioni sono armi di cui i nemici del Circolo si serviranno; la mia Presidenza potrà involgermi in una lunga lotta, nella quale forse l'opera mia sarà un beneficio; lasciato a sé il circolo potrebbe venir sopraffatto; quali però saranno i limiti di quella lotta? non è facile il prevederli, e riposerebbero assai più sulla mia prudenza, che sulla mia attività. Mi pare adunque assai delicato incarico questo che mi si offre, e lascio giudicare l'E.V. se io debba accettarlo, o rinunziarvi; il rinunziarvi non mi fa danno, solo mi chiude la strada ad esercitare una crescente influenza nello spirito degli abitanti; l'accettarlo mi apre bensì questa strada, ma me l'apre irta di alcuni scogli, fra cui occorre manovrare destrevolmente. Qualunque sia, lo

ripeto, la risposta di V.E. io mi sento già lieto dell'aver con l'opera mia, guadagnato un'offerta onorevole laddove m'avevan qui precerluto l'odio e la diffidenza.

(l) Cfr. n. 218.

239

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 22 gennaio 1874.

Le dichiarazioni fatte da Decazes per troncar la via all'interpellanza Du Tempie sono considerate qui dall'opinione pubblica come soddisfacenti e come interamente favorevoli all'Italia. Anche l'organo radicale La République Française loda il linguaggio tenuto in quest'occasione dal Ministro degli Affari Esteri. Penso che in Italia questo linguaggio sarà egualmente apprezzato e tenuto per soddisfacente. Non bisogna di fatti dimenticare che le dichiarazioni di cui parlo furono fatte a nome d'altri Gov~rni di cui fan parte De Broglie, De Payre, De Larcy ed anche Baragnon, creatura questi del Vescovo di Poitiers, i quali sono conosciuti pei loro sentimenti clericali; e che furono fatte ad un'Assemblea che ha una maggioranza clericale. I termini poi delle dichiarazioni vanno più in là di quelle fatte altra volta dal Signor Thìers.

Esse parlano dell'Autorità spirituale del Pontefice, ed affermano doversi man~ tenere senza secondi fini buone ed amichevoli relazioni coll'Italia tal quale l'han fatta le circostanze. Finalmente è ancora da notarsi che l'interpellanza fu rigettata e condannata dall'Assemblea che pronunziò la questione pregiudiziale. La giornata del 20 corrente a Versaglia deve quindi considerarsi come importante per quanto spetta alla politica francese verso l'Italia. Nessun Governo in Francia era stato finora così esplicito come lo fu in questa occasione il Governo di Mac Mahon per organo del Duca Decazes. Rimarrebbe ora che i fatti rispondano alle affermazioni. E qui viene subito al pensiero lo spettro dell'Orénoque. Officialmente, come sapete, non ho mai parlato di quest'argomento col Governo francese. Ma in via privata ne parlai spesso col Duca Decazes. Devo dire, ad onore del vero, che questi si mostra spiacentissimo della situazione che fa al Governo Francese e all'Italiano la presenza di quest'inutile bastimento a Civitavecchia. Egli desidererebbe d'avere un'occasione decente di ritirarlo. Ma come far ciò in questo momento in cui l'attenzione pubblica è rivolta su quello sciagurato legno, e di fronte ad una maggioranza clericale che non si vuoi perdere, e senza la quale si crede di non poter governare? Se il Governo Italiano domanda il ritiro dell'Orénoque, la Francia è posta nell'alternativa di cedere ad una domanda che rivestirebbe, comunque fatta, il carattere comminatorio o di compromettere con un rifiuto le relazioni fra i due paesi e forse anche la pace. L'idea di Decazes sarebbe che l'Ambasciatore di Francia a Roma trovasse modo di farsi dire dal Vaticano che quel legno gli è assolutamente inutile, tanto più che si dubita che esso possa tener il mare. Ma non ha molta fede nell'abilità di Corcelles. Io ho scongiurato Decazes a cercare una via convenevole che gli permetta di levarsi questa spina dal piede; e continuerò a scongiurarnelo. Ma intanto che cosa dire in Parlamento, se voi siete interpellato? Giacché avete avuto la cortesia di domandare il mio avviso, ve le dirò schiettamente. Non negherei il diritto che ha uno Stato di inviare in un porto amico un legno di guerra ed anche una squadra; ma constaterei che questo, come ogni altro diritto, ha certi limiti, determinati non già in modo assoluto dalla legislazione internazionale o dal giure delle genti, ma dalla ragione. È qui proprio il caso d'applicare il precetto romano summum jus summa injuria. Se non si reclamò contro l'uso esagerato o l'abuso del diritto di cui si tratta, lo si fece per dimostrare con sempre maggiore evidenza la nostra sincerità e la nostra buona fede nel volere l'assoluta indipendenza del Pontefice. Inoltre, perché non dirlo? il Governo italiano volle tener conto delle circostanze difficili in cui si trovò il Governo Francese. Il Governo Itallano desidera e spera che il Governo Francese persuaso dell'inutilità della presenza di questo bastimento nelle acque di Civitavecchia coglierà spontaneamente un'occasione opportuna per richiamarnelo. Del resto il Governo del Re, quando pel servizio del porto il Ministero della Marina avesse bisogno del posto ora occupato dall'Orénoque, non esiterebbe a domandarlo. Mi sembra che la questione potrebbe esser posta a questo modo. Vi ripeto: Decazes, e con esso anche Mac-Mahon, vorrebbero poter uscire onorevolmente da questa faccenda, di cui non si dissimulano il carattere pericoloso. Se fosse possibile

di fare il silenzio su ciò per un certo tempo, senza dubbio la soluzione diventerebbe meno difficile.

240

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1271. Berlino, 23 gennaio 1874 (per. il 26).

A norma delle istruzioni dell'E.V., ho informato oggi il Segretario dl Stato che il Principe di Bismarck non aveva errato dicendo alla Camera che la legislazione penale italiana attuale non prevedeva il caso della pubblicazione di documenti ufficiali. Ero però incaricato di aggiungere confidenzialmente che l'Onorevole Guardasigilli stava occupandosi della quistione, e che una disposizione penale in simile materia troverebbe il suo posto nel nuovo progetto di codice penale, che si sta elaborando e che dev'essere presentato nella sessione in corso al Parlamento Nazionale.

Siffatta notizia riesci molto gradita al Signor di Biilow, che ne espresse

i suoi ringraziamenti. Egli si recava tosto a darne comunicazione al Principe

di Bismarck.

Entrando poi a discorrere del disgustoso incidente sollevato di recente in questa Camera, il Segretario di Stato diceva che qui si era voluto evitare qualsiasi discussione relativamente ai documenti pubblicati dal Generai Lamarmora nel suo libro dell'anno scorso. Il Principe di Bismarck a quell'epoca non l'aveva letto nemmeno per intero. Ogni polemica a tale riguardo serviva difatti soltanto gl'interessi di coloro, che vogliono intorbidare gli animi fra l'Italia e la Germania, mentre si trattava pur sempre di un'epoca e di negoziati, dai quali entrambi le Nazioni avevano ricavato tanto vantaggio. Ora però le accuse degli avversari del Cancelliere Imperiale avevano reso necessario di occuparsi seriamente del libro, sul quale le medesime si fondano. Il Gabinetto di Berlino sarebbe stato sommamente grato al R. Governo di ogni misura che fosse per contribuire a mettere in chiaro i dubbii sollevati: e ciò non

soltanto nell'interesse del Principe di Bismarck. La cosa non stava attualmente meno a cuore all'Imperatore, il quale invece per l'addietro ed in parecchie occasioni nel parlare del libro in discorso, l'aveva fatto senza annettervi troppa importanza.

Chiesi allora al Segretario di Stato se era esatta la notizia, recata ieri sera dalla Nord Deutsche Allgemeine Zeitung di una domanda rivolta di qui in tal senso all'E.V. Il Signor di Biilow me ne dié la conferma, aggiungendo che si era messo il Signor di Keudell in grado di fornire ogni spiegazione sovra le idee e i desiderii di questo Governo nell'argomento che ci occupa. E mi fece comprendere al tempo stesso che qui si terrebbe molto a che il

R. Governo manifestasse, in un modo qualsiasi, la sua disapprovazione e il suo biasimo per l'operato del Generale Lamarmora, che non solo volle rendere pubblici dei documenti ufficiali, ma non fu trattenuto nemmeno dal pericolo di suscitare imbarazzi nei rapporti di due Governi stretti fra loro di amicizia. Una cosifatta manifestazione sarebbe di vero giovamento per quella fiducia,. di cui abbisognano l'Italia e la Germania nelle loro relazioni.

A questo proposito mi premeva di penetrare se il disgustoso incidente, di cui ora tanto si occupa la stampa, non avesse per avventura gettato una qualche ombra sulla cordialità esistente fra i due Gabinetti. Ed il Signor di Biilow si affrettava ad accertarmi che simile dubbio non sarebbe giustificato.

Nel corso della conversazione il Signor di Blilow mi domandò anche confidenzialmente, quanto vi fosse di vero nella voce, secondo la quale il Generai Lamarmora godrebbe ora di una certa frequenza e intimità di rapporti presso il Nostro Augusto Sovrano. Mi limitai a rispondere che non avevo inteso nulla a tal riguardo. Quanto alla posizione personale, che occupa attualmente il Generai Lamarmora, e di cui mi parlava pure il Signor di Blilow, avevo udito altra volta che il medesimo, rivestito del grado di Generale d'Armata, aveva chiesto la sua dimissione, senza che tale domanda avesse altro seguito, rimanendo così il Generai Lamarmora in disponibilità.

241

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1698/445. Londra, 23 gennaio 1874 (per. il 29).

Solo ier l'altro a sera ho ricevuto la di Lei Circolare del l" Corrente (l) relativa alla previsione del Conclave per la nomina del Pontefice e mi son procurato tosto l'occasione di poterne tener discorso con Lord Granville, temendo che, come troppo spesso suole accadere in Europa, dopo di essere stata annunziata dai giornali di Germania, di Francia, d'Inghilterra e d'Italia già da molti giorni, potesse comparire in qualche giornale prima ch'io gliene parlassi. In dipendenza di ciò ho creduto di far sapere a Lord Granville che ·essa mi era giunta alquanto in ritardo avendola ricevuta per mezzo particolare.

Nella conversazione avuta con Lord Granville gli ho comunicato la Circolare stessa ed anzi ho creduto di meglio adempiere allo scopo della medesima !asciandogliela per poco il che vidi che egli avrebbe gradito.

Lord Granville, dopo di averne preso lettura, mi disse innanzi tutto che il Governo Britannico si asteneva dal prender parte alla quistione del Condave. Soggiunse però immediatamente che vedeva con molto piacere confermati di nuovo nella Circolare i principi di libertà proclamati in Italia e da Lei seguiti nelle relazioni colla Chiesa e col suo Capo; che però quanto a lui non aveva neppure bisogno di questa conferma, perché egli ne era già pienamente persuaso.

Prevedendo poi l'eventualità che dovesse adunarsi il Conclave per la nomina del Pontefice mi disse in modo reciso e senza riserva che, avverandosi una tale eventualità, egli avrebbe desiderato che il Conclave si tenesse a Roma.

Nella conversazione che ebbe luogo fra me e Sua Signoria mi parve oppor-tuno di insistere specialmente su quella parte della Circolare in cui si stabilisce come la politica del Governo del Re non possa variare a riguardo della massima da cui è regolata ogni nostra relazione col Pontefice. Ne dedussi la prova anche dai motivi stessi che hanno consigliato l'adozione di questa politica i quali sono di lor natura permanenti ed immutabili e dai quali è fatto palese che questa nostra politica è l'unica potente salvaguardia di un nostro grande e permanente interesse.

In tutta questa conversazione il Signor Conte Granville si espresse sempre in modo da non lasciarmi alcun dubbio sulla stima ch'egli faceva dei principi da noi adottati e sulla fiducia che aveva nel mantenimento per parte nostra di questi principi anche per l'avvenire. Dissi a Sua Signoria che era molto lieto di poter riferire a V.E. ciò che si era compiaciuto di esprimermi.

(l) Cfr. n. 201.

242

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 327. Costantinopoli, 23 gennaio 1874 (per. il 30).

Mi pervenne col passato corriere l'ossequiato dispaccio de' 27 del decorso

Dicembre di N. 155, Serie Politica (1), nel quale V.E., confermando le istru

zioni impartitemi col telegramma de' 24 (2), ha stimato opportuno di entrare in più ampi particolari sulle condizioni attuali della Tunisia, mandandomi puranco alcuni rapporti del R. Console Generale in quella Reggenza, dei quali ho preso conoscenza col massimo interesse.

Come ho avuto l'onore di riferirle col mio precedente rapporto de' 9 Gennaio di N. 323 (3), e col telegramma d'oggi stesso, la Sublime Porta sentesi pienamente rassicurata dalle dichiarazioni fatte dal Bey di non volersi punto sottrarre agli obblighi impostigli dal Firmano del 1871; e si rifiuta perfino ad ammettere che il Generale Kherredine abbia potuto vagheggiare i progetti che gli vengono attribuiti.

È mio debito però di dare spiegazione a V.E. di un piccolo incidente incor.so in uno degli ultimi abboccamenti che avemmo in proposito il mio Collega di Alemagna ed io col Ministro degli Esteri, incidente che è stato cagione di qualche equivoco, ma che per avventura non altera in nulla la posizione delle cose.

Quando io indirizzai all'E.V. il telegramma delli 16 corrente (2), venivo dal ricevimento settimanale di Rachid Pacha, ove trovavasi puranche il Ministro d'Alemagna Signor d'Eichmann. Entrato io il primo dal Ministro, n'ebbi

da lui le notizie rassicuranti che mi affrettai a telegrafarLe; ma S.E. omise di dirmi che tali notizie erangli pervenute per via di Londra, dappoiché pare· che il Governo turco non ha cifra telegrafica con Tunisi, ed io dovetti supporre dal modo reciso con cui esprimevasi il Ministro, che le avea ricevute direttamente dal Bey.

Ma il più strano della cosa sta in ciò che il Signor d'Eichmann, entrato dopo di me da Rachid Pacha e fattagli presso a poco la stessa interrogazione che io gli avea mossa, S.E. rispondevagli che nulla poteva dirgli sugli affari di Tunisi perché non avea ancor ricevuto risposta alle lettere spedite.

Io non saprei dirle il vero motivo di questa reticenza usata da Rachid Pacha verso il Ministro di Alemagna. Ma è lecito supporre che la viva premura mostrata dal Signor d'Eichmann in questo affare abbia reso Rachid Pacha ancor più cauto e guardingo di quello che già ei sia di natura. Ad ogni modo il Signor d'Eichmann se n'è mostrato dolente col Ministro, il quale si è scusato alla meglio che ha potuto ed ha cercato di riparare la omissione fatta col mostrarsi al ricevimento d'iersera più espansivo con lui sulle cose della Tunisia e comunicandogli le notizie rassicuranti pervenute dal Bey, di cui ho fatto cenno più innanzi.

Nel mio primo telegramma dei 22 Dicembre scorso (1), dicevo a V. E .. che il Principe di Bismarck aveva invitato il Signor d'Eichmann a procedere d'accordo in questo affare con l'Ambasciatore di Russia e con me; e l'E.V. suppone che possa essere incorso errore nella trasmissione del nome e che si tratti piuttosto dell'Ambasciatore d'Inghilterra. Debbo dirle però che l'indicazione fu giusta. Il Signor d'Eichmann dicevami esser vero che la Russia è poco interessata nelle cose di Tunisi, ma il Governo Imperiale di Germania vivendo in grande intimità col Gabinetto di Pietroburgo, era naturale che cercasse di procedere di concerto con lui in tutte le quistioni che sorgono.

(l) -Cfr. n. 196. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 214.
243

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 245. Vienna, 23 gennaio 1874 (per. il 6 febbraio)..

Lunedì scorso, 19, essendo giorno di udienza presso il Conte Andrassy che in questo momento trovasi di nuovo a Vienna, mi risulta egli abbia tenuto· parola colla maggior parte dei Capi Missione del dispaccio dell'E.V. in data l" gennaio (2) da me poco prima comunicatogli. Nel ciò fare, mi consta egli si sia espresso in modo da far sentire che apprezzava quel documento come la più sicura guarentigia della libertà ed indipendenza di cui il futuro conclave avrebbe goduto riunendosi in Roma. All'Ambasciatore di Germania che ven

(lì Non pubblicato.

ne a trovarmi per chiedermi se fosse a mia conoscenza uguale comunicazione sarebbe anche stata fatta a Berlino dal R. Inviato colà accreditato, risposi non dubitarne, poiché sebbene ·n documento in questione non avesse precisamente le forme solite di una Circolare, pure avevo ragione di ritenere lo fosse. Il ·Generale Schweinitz entrando così a parlare meco sull'elezione del futuro Papa, dissemi: che poco tempo prima del Convegno di Berlino (Settembre 1872) era stato incaricato di presentire il Conte Andrassy intorno agli intendimenti del Gabinetto di Vienna relativamente a quella eventualità, ed aveva in tale circostanza esplicitamente dichiarato che l'Imperatore di Germania contando

·fra i suoi sudditi più di dodici milioni di Cattolici, si riteneva fondato in diritto al pari dell'Austria-Ungheria e di qualsiasi altra Potenza ad interessarsi alla elezione del futuro Papa. Soggiungeva quindi il Suo Sovrano non intendere al riguardo raggiungere altro scopo se non quello di assicurarsi che l'elezione del futuro Papa si compia in modo da essere accettata senza possibili riserve da tutta la Cattolicità, evitando così le pericolose conseguenze degli inevitabili screzi che sarebbero indubbiamente per sorgere fra i Cattolici, ove la validità dell'elezione potesse, per le forme errate od altrimenti, dar motivo ad essere impugnata. Il Conte Andrassy, egli dicevami, avergli risposto riconoscere anzitutto pienamente il diritto che la Germania ha al pari dell'Austria-Ungheria ad ingerirsi in questa faccenda, e chiarivagli i suoi intendimenti al riguardo essere analoghi a quelli del Gabinetto Germanico, svolgendogli i quattro punti che, come già ebbi ripetutamente a riferire all'E.V., costituiscono i cardini della sua politica in questa questione.

Continuando a parlare su questo argomento col Generale Schweinitz e discorrendo essenzialmente degli sforzi che la Francia tenta onde stringere accordi in proposito con altre Potenze Cattoliche, il mio interlocutore venne fuori dicendomi potersi forse, per controbattere questa azione contraria del Gabinetto di Versailles fare qualche cosa fra breve col nuovo Governo della Spagna! Al che io mi limitai a rispondere che per qualche tempo ancora, comunque andassero le cose sembravami poco assegno si avesse a fare sul Governo di Madrid, e la conversazione così ebbe termine su questo soggetto.

L'idea però emessa così incidentalmente di possibili prossimi accordi fra Berlino e Madrid mi colpì; credetti quindi opportuno farne cenno all'E.V., potendo essa per avventura avere una portata maggiore di quella a cui mi si

.accennava.

(2) Cfr. n. 201.

244

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 246. Vienna, 23 gennaio 1874 (per. il 6 febbraio).

Il giorno della partenza di S.M. l'Imperatore per Pietroburgo si approssima, essendo essa fissata pel 9 Febbrajo a sera, o 10 al mattino. Le persone che devono accompagnare Sua Maestà sono già designate; il seguito militare

non sarà numeroso, quello civile consterà, oltre del Signor Braun, Capo dei

Gabinetto particolare, di S.E. il Conte Andrassy, di S.E. il Barone Hofmann

e del Barone Schwegel, capo della Divisione Commerciale al Ministero degli

Esteri.

I giornali ufficiosi interpretano la presenza di questo funzionario al seguito del Sovrano, come indizio che le relazioni commerciali fra i due Imperi formeranno oggetto principale delle conversazioni che avranno luogo fra i due Ministri degli Affari Esteri.

Per conto mio però non accetto questa versione, e ritengo invece che il

Conte Andrassy abbia voluto condur seco persona in cui ripone fiducia del

tutto speciale per le cose di Oriente, nella supposizione certo non infondata,

che le questioni che ad esse si riferiscono possano venir poste sul tappeto dal

Principe Gortschakoff. Questa mia ipotesi è avvalorata dalla circostanza che

allorquando il Signor di Schwegel venne chiamato da Costantinopoli, ove

reggeva il Consolato Generale, per occupare al Ministero degli Esteri il posto

rimasto vuoto pel ritiro del Barone Gagern, il Conte Andrassy dissemi, aver

ciò fatto perché nessuno nel suo Dicastero conosceva così perfettamente quan

to lo Schwegel gli Affari d'Oriente, e che nessuno quindi era quanto lui in grado

di fornirgli quelle informazioni al riguardo che gli potrebbero abbisognare.

Ciò malgrado io non annetto soverchia importanza al nuovo incontro che sta

per effettuarsi fra i due Sovrani.

Le relazioni fra l'Austria-Ungheria e la Russia perdettero, in conseguenza del Convegno di Berlino quella tensione che ne era il carattere spiccante dalla guerra di Crimea in poi. L'interesse comune e la conciliativa azione dell'Imperatore di Germania diedero forma più cordiale ai rapporti personali fra i due Sovrani, facilitarono non poco quelli fra i due Governi. A mio avviso però, commetterebbe grave errore chi credesse cessato ogni rancore fra i due Stati, eliminata la possibilità di una guerra in determinate circostanze, possibile anzi un'alleanza! No, l'Austria-Ungheria continua a considerare la Russia come la sua naturale nemica e le sue proteste di amicizia non trovano grande fiducia a Pietroburgo. Intanto però si tira avanti senza screzi, e ciò tanto più mercé la continuazione della politica adottata sin dall'anno scorso dal Conte Andrassy a riguardo dell'Oriente; politica che egli tratteggiavami allora con quel solito suo fare franco e spigliato, e che io riferivo all'E.V. col mio rapporto dei 24 giugno 1873 N. 201 della presente serie (1). Da quell'epoca o poco prima, il Gabinetto di Vienna mutò affatto la sua politica tradizionale a riguardo degli Stati Europei vassalli della Porta. Invece della ostilità sempre dimostrata, si diede loro in ogni circostanza appoggio di simpatia almeno, studiando così, non solo di combattere l'influenza sempre sino allora esercitatavi quasi esclusivamente dalla Russia, ma anzi di sostituire la propria a quella, onde valersene il giorno in cui lo sfacelo dell'Impero Turco sarebbe fatto inevitabile; cercando anche di neutralizzare così in antecedenza la propaganda che quegli Stati esercitavano sulle popolazioni di razza uguale od affine alla loro, soggette' alla Monarchia Austro-Ungarica. I Regj Agenti in quelle Contrade, potranno

meglio di me apprezzare se e quanto il Conte Andrassy sia riuscito nel suo

intento. Non volendo però tacere il mio giudizio in proposito, dirò parermi

abbia ottenuto fin qui di facilitare le sue relazioni con quei Stati, e di scemare

per il momento il concorso morale che dessi prestavano alle tendenze auto

nomiche, per non dire separatiste, dei Rumeni e Slavi dell'Impero. Un tale

risultato però non fu conseguito senza danno per la Sovranità della Porta,

dando maggiore forza e coraggio alle aspirazioni di assoluta indipendenza dalle

quali quelle popolazioni Cristiane sono invase. Simile fatto non potendo se

non rendere più prossimo il giorno della caduta dell'Impero Turco sul Conti

nente Europeo, è evidentemente di natura da riuscire anziché no gradito alla

Russia, la quale pel momento preferisce evidentemente quella politica Austria

ca, a qualsiasi altra potesse seguire, ben potendo d'altronde essere persuasa che

allo stringere dei conti, tanto per affinità di razza degli uni, quanto per comu

nanza di Religione colla maggior parte di quei popoli, non è a temersi che

Rumeni e Slavi inclinino verso l'Austria-Ungheria a preferenza che verso di essa.

Conchiudo dunque: che la visita a Pietroburgo lascerà le cose come stan-·

no, nulla convenendo alla Russia di veder mutato nelle relazioni rispettive

verso l'Oriente; e non essendole possibile sperare un più stretto accordo per

futuri eventi all'Occidente, pei quali l'Austria, per quel tanto che può esimersi

dal procedere a rimorchio della Germania, desidera essenzialmente riservarsi

la sua libertà d'azione.

Le informazioni che riuscirò ad avere qui al ritorno dell'Imperatore da

Pietroburgo, e quelle che l'E.V. riceverà dal mio collega di colà, potranno

completare questi miei apprezzamenti, ove per avventura non abbiano anche

ad alterarli, il che però non credo.

(l) Cfr. Serie II, vol. IV, n. 577.

245

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 51. Londra, 24 gennaio 1874, ore 18 (per. ore 22)

La dissolution immédiate de la Chambre des Communes est annoncée par lettre programme de M. Gladstone à ses électeurs. Entre autres objets, programme indique l'abolition de l'income-tax, l'abolition des taxes sur les principaux articles de consommation populaire, diminution des taxes locales, par le moyen d'une réforme. révision des taxes de l'état pour une meilleure répartition, et plus considérable produit et développement du Gouvernement local, extension du tribunal d'appel à l'Ecosse et à l'Irlande et facilitations aux transmissions et à l'occupation de la terre; loi sur la chasse, sur la vente des liqueurs, sur les employés; franchise électorale aux comtés comme aux villes et aux

populations rurales ayant un village pour centre. Le nouveau parlement parait se devoir réunir au cinQ mars. Entre les journaux libéraux le Times se tient à cheval, le Dai!.y News est favorable le Morning Post contraire.

'

246

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1273. Berlino, 24 gennaio 1874 (per. il 27).

Ieri sera alla Legazione di Turchia il Segretario di Stato mi chiamò in

disparte, perché mi disse che gli stava a cuore di ritornare sull'argomento di

cui m'aveva parlato il giorno stesso (rapporto politico N. 1271) (1), e di richia

mare di nuovo tutta la mia attenzione sovra uno dei punti di quella con

versazione.

Si trattava del desiderio che il Governo del Re manifestasse apertamente

la sua disapprovazione e il suo biasimo per la pubblicazione seguita l'anno

scorso, per opera del Generai Lamarmora: desiderio che il Segretario di Stato

aveva trovato modo di esprimermi senza insistervi troppo. L'argomento difatti

era alquanto delicato.

S.E. il Signor di Biilow si espresse all'incirca nei seguenti termini: « Lo scopo dell'attacco diretto contro il Principe di Bismarck è quello di guastare i rapporti d'intima amicizia esistenti, a danno dei nostri comuni nemici, fra la Germania, l'Austria e l'Italia. Per quanto concerne il Gabinetto di Vienna, il colpo è fallito: noi abbiamo passato di comune accordo la spugna sul passato e la nostra amicizia ed alleanza coll'Austria è là per sventare siffatti tentativi. Ora è di somma importanza che il Governo italiano, da parte sua, declini apertamente ogni solidarietà e responsabilità in questo affare, biasimando apertamente la pubblicazione illecita di documenti, lo scopo che essa ebbe, le disgustose conseguenze che ne risultarono. Noi siamo, per i nostri comuni interessi, solidali contro il nemico che cospira ai nostri danni. E il desiderio che esprimiamo è urgente. Ci è più caro aprircene qui con voi a voce, che scriverlo al Signor di Keudell. Credete che importa sommamente che in tutto questo affare non vi appigliate al partito di fare, per così dire, il morto , .

Il tono del mio interlocutore per quanto preciso e insistente, era però dei più amichevoli. Le sue parole avevano molto peso, giacché il Signor di Billow era evidentemente incaricato dal Principe di Bismarck di esprimersi in siffatto modo. Ma quale era la dimostrazione esplicita, che il Cancelliere Imperiale aveva in vista? Non era sottinteso che egli, o nei fogli ufficiali o in Parlamento, fosse deciso di rimproverarci di un silenzio ulteriormente pro.lungato, malgrado le spiacevoli conseguenze che ciò fosse per cagionare a

quella solidarietà d'interessi che lega i due Governi?

L'impressione anche lontana di un'esigenza pur sottintesa, che fosse contraria alla dignità del nostro Governo, mi ripugna troppo, perché io, anche senza speciali istruzioni dell'E.V., mi astenessi dal porre la cosa in chiaro. Osservai pertanto al Signor di Bi.ilow che, senza conoscere gl'intendimenti dell'E.V., se il desiderio del Governo Imperiale fosse di ottenere da noi una dichiarazione

che implicasse in qualsiasi modo un mea culpa, io non mi presterei a verun

costo a rendermene interprete. La dignità dell'Italia non era una parola vana.. Il Segretario di Stato gettò le alte grida: « Da noi non si pensa affatto ad esigere cosa contraria alla vostra dignità.

Noi abbiamo piena ed intera fiducia nella lealtà del Vostro Augusto Sovrano e del vostro Ministero. Voi sapete come andarono le cose quando il Re d'Italia fu, non ha molto, a Berlino. Ciò che ci sta a cuore, ciò che davvero nel vostro interesse è urgente, si è di esprimere un rincrescimento ed un biasimo aperto dell'operato di un uomo eminente d'Italia. L'arma adoperata contro la nostra politica, a cui danno cospirano tutti i nostri comuni nemici, è stata forbita in Italia. Eppure sono trascorsi oramai otto giorni, e nessuna parola è venuta d'Italia per protestarvi contro. La faccenda del Codice penale, di cui mi parlaste stamane, è cosa di lunga scadenza. Sarebbe acconcia una dichiarazione bene esplicita nel giornale ufficiale, oppure fatta qui. Siate ben certi che, se un fatto, come quello che lamentiamo, accadesse in Germania a danno dell'Italia, noi non esiteremmo a manifestare rincrescimento e biasimo, tanto noi siamo convinti della solidarietà che ci lega ».

Non ho voluto tardare un momento a riferire all'E.V. le parole del Signor di Biilow, mercé il sunto telegrafico che Le trasmisi la notte scorsa.

P. S. -Qui unita una lettera particolare per V.E.

(l) Cfr. n. 240.

247

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

D. 312. Roma, 25 gennaio 1874.

Par votre rapport politique du 18 courant (l) vous avez appelé mon attention sur les discussions qui ont eu lieu le 15 et le 16 de ce mois à la Chambre des députés de Prusse. Je crois de mon devoir de ne pas hésiter à vous faire connaitre, de mon còté, les sentiments du Gouvernement du Roi en voyant qu'une publication faite en Italie a fourni des armes contre la politique du Gouvernement allemand et contre l'homme d'Etat éminent qui en a la haute direction.

Certes le Gouvernement du Roi n'a nullement besoin de décliner sa responsabilité dans ce qui vient d'arriver, car il s'agit d'un fait ayant un caractère exclusivement personnel; toutefois en présence de la publication, faite par un homme politique qui a occupé longtemps une position élevée dans le Gouvernement ltalien, de documents qui appartiennent par leur nature à l'Etat, et qui ont trait aux rapports entre les deux pays à une époque mémorable de leur histoire, le silence de notre part ne serait pas conforme aux liens d'amitié qui existent entre le Gouvernement Italien et le Gouvernement Alle

mand, ni à la solidarité de nos intérèts communs vis-à-vis d'adversaires qui

sont aussi les notres.

Lorsque le livre du Général La Marmora a paru, le départ de S.M. le Roi

pour Vienne et pour Berlin était imminent. Le Président du Conseil et moi

nous avons eu alors l'occasion de faire connaìtre à S.A. le Prince de Bismarck

notre opinion. Maintenant que ce livre a été cité au Parlement Prussien, je

vous au;torise a répéter le langage que nous avons déjà tenu. Il appartiendra

aux Chambres Italiennes d'adopter les mesures nécessaires pour mieux proté

ger à l'avenir l'intérèt de l'Etat contre la publication de documents politiques

officiels. En attendant nous croyons remplir un devoir de loyauté et d'amitié

en déclarant que le Gouvernement du Roi a vu avec le plus grand regret une

publication qu'il n'a pas pu prévenir mais qu'il désapprouve autant qu'il la

déplore. Quelle que soit l'origine du malentendu, le Gouvernement du Roi

et le pays le regrettent d'autant plus, du moment que les adversaires du Gou

vernement Allemand l'ont pris pour prétexte d'accusations injustes et qui

tombent d'elles mèmes devant la conduite patriotique du Prince Chancelier

et les résultats splendides obtenus par sa politique. L'Italie n'oubliera pas

l'alliance de 1866; elle comprend la solidarité d'intérèts qui la lie à l'Allemagne

dans ses efforts contre un parti qui confond systématiquement la politique

et la religion.

Je me flatte donc de l'espoir que les manoeuvres de ce parti, impuissantes

à ébranler la grandeur et l'unité de l'Allemagne, ne réussiront qu'à raffermir

des rapports qui nous sont chers à juste titre car ils ont pour base et pour

sanction les intérèts permanents des deux pays.

(l) Non pubblicato.

248

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

L. P. Roma, 26 gennaio 1874.

Le invio, come le ho annunciato per telegrafo, una nota (l) relativa al

deplorabile incidente della pubblicazione del Generale La Marmora. Ella potrà

darne lettura e anche rilasciarne copia, se ciò sembra opportuno o desiderabile

al Segretario di Stato.

Non avrei atteso nemmeno i pochi giorni che trascorsero dopo la discussione avvenuta nella Camera prussiana per far conoscere questi sentimenti del Governo, se la voce corsa che il Generale La Marmora intendeva venire in Parlamento a prendere la parola sull'argomento, non mi avesse consigliato ad attendere. La discussione parlamentare che ne sarebbe stata la conseguenza poteva infatti influire sul carattere della comunicazione che il Governo avrebbe fatto.

Io non so che cosa il Generale La Marmora vorrà fare, ma nella incertezza, non ho voluto aspettare più oltre.

Dalla lettura della nota, Ella vedrà ch'io non ho creduto di entrare nel

fondo stesso della questione. L'incidente è già di per sè abbastanza deplorevole

e ogni considerazione di opportunità consiglia di non parlo sul terreno dei

rapporti fra i due Governi.

Nel dispaccio è indicato che apparterrà alla Camera nostra di deliberare intorno alle misure proprie a tutelare l'interesse dello Stato contro le pubblicazioni di documenti ufficiali. In un dispaccio diplomatico in cui ogni parola ha un valore, questa indicazione basterà a chiarire le intenzioni del Governo. Non ho creduto di poter andare più oltre. In Italia, come altrove, il Parlamento ha una giusta suscettibilità delle proprie prerogative, e non si ama di veder troppo mescolati i fatti parlamentari colle comunicazioni internazionali. Ho dunque tenuto un linguaggio che è abbastanza esplicito, ma che rimane in quei limiti i quali sono tracciati dai doveri d'un Governo costituzionale.

Il Signor de Keudell mi chiese alcuni giorni sono se il Governo sarebbe stato in misura di fornire alcuni schiarimenti che gli potevano essere chiesti sui rapporti del Generale Govone pubblicati nel libro del Generale La Marmora.

In tesi generale, io credo che un Governo ha il diritto di declinare una domanda di spiegazioni su ciò che può esistere o non esistere nei suoi archivi; e ciò in un interesse e per una quistione di massima che il Gabinetto di Berlino certamente comprende.

Le circostanze però erano, questa volta, affatto eccezionali, e in presenza di un incidente di questa natura, ho creduto ch'io avessi un interesse superiore, quello di impedire che un fatto avvenuto fuori della nostra responsabilità potesse esercitare sulle relazioni tra i due Governi un'influenza contraria agli interessi dell'Italia.

Ho creduto per questo di evitare tutto ciò che, anche a torto, poteva gettare qualche dubbio sul nostro buon volere e sulla perfetta nostra lealtà, e ho risposto al Signor de Keudell (il che era conforme a ciò che aveva avuto occasione di verificare scrupolosamente) che questi rapporti dovevano essere stati considerati dal Generale La Marmora come lettere particolari e personali e che non erano mai stati deposti al Ministero degli Affari Esteri né a quello della Guerra.

A questo proposito, ho veduto espresso in alcuni giornali di Berlino, e ho anche potuto intravvedere da alcune allusioni del Signor Keudell, il pensiero che avrebbe giovato il procedere all'esame di questi rapporti per constatare ch'essi erano stati scientemente alterati, diciamo la parola, falsificati nella loro pubblicazione.

Il Governo italiano, lo ripeto, non deve entrare nel fondo della questione, ma ciò non mi impedisce di dirle che una tale ipotesi è inammissibile e che non sarà ammessa da alcuno in Italia, per quanto la opinione pubblica sia stata unanime a biasimare la pubblicazione del Generale La Marmora. Ho anzi potuto constatare che questa ha prodotto in Italia un'impressione dolorosa che si spiega facilmente quando si tratta di un uomo che ha occupato per

molti anni i più elevati posti nel Governo italiano, che ha reso al paeseeminenti servigi e che fu sempre circondato dal pubblico rispetto. È deplo-rabile che il Generale La Marmora non abbia saput? dominare l'amarezza cagionatagli da violenti attacchi e si sia indotto a fare una pubblicazione così pericolosa e che non può essere giustificata. Ma certo egli non previde allora che il suo libro non avrebbe servito ad altro che a fornire armi agli avversari del Governo Germanico che sono anche gli avversari dell'Italia.

A me sembra che altra sia piuttosto l'origine del malinteso da cui presero i loro pretesti i nemici del Principe di Bismarck. Sventuratamente, il Generale Govone è morto. S'egli esistesse ancora, egli avrebbe o impedito la pubblicazione o spiegato lealmente la ragione e l'origine di questo malinteso. Egli sarebbe stato il primo a protestare contro l'uso che si volle fare dagli oratori clericali di frasi sfuggitegli in una lettera che avea piuttosto il carattere di una lettera confidenziale che non di un rapporto ufficiale. Il Generale Govone era un valoroso e leale militare ma egli si trovava, per la prima volta, impegnato in una negoziazione politica della più grande importanza, di cui il suo temperamento impressionabile gli faceva sentire anco più grave la responsabilità -si trattava di una conversazione intima, tenuta in circostanze straordinarie, in momenti supremi e per di più in una lingua straniera; -è dunque più facile e più naturale il credere ch'egli abbia potuto interpretare o rendere inesattamente il senso di una frase o la portata vera di una supposizione. Non insisto su quest'ordine d'idee. Ella potrà valersene nelle sue conversazioni confidenziali, ove lo creda opportuno. Frattanto ,spero che la comunicazione ufficiale di cui fu incaricata, sarà accolta dal Gabinetto di Berlino con quegli stessi sentimenti amichevoli che l'hanno inspirata.

(l) Cfr. n. 247.

249

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1276. Berlino, 26 gennaio 1874 (per. il 30)..

Ricevei la notte scorsa il telegramma che l'E.V. mi fece l'onore di spedirmi in data di ieri (1), e Le porgo i miei ringraziamenti per siffatta comunicazione.

Mi parve cosa utile di far sapere al Segretario di Stato, riferendomi alle ultime conversazioni avute con lui, che aspettavo un Corriere di Gabinetto, il quale doveva partire oggi da Roma. S.E. il Signor di Biilow, cui mi recai a far visita in simile intento, mi ringraziò cordialmente della notizia.

E approfittando dell'occasione che mi si offriva di trattenermi con il Signor di Biilow, volli cercare di farmi un criterio esatto della linea di condotta del Governo Imperiale in ordine [alle] pastorali dei Vescovi esteri. Si pretende qui generalmente che il Gabinetto di Berlino abbia fatto in proposita

delle rimostranze ufficiali a Versailles ed a Bruxelles; io medesimo ero stato interpellato per sapere se fosse esatto che il Principe di Bismarck avesse presentato dei reclami al R. Governo per il medesimo motivo.

Il Segretario di Stato non si spiegò in modo preciso quanto alla Francia -ed al Belgio. Il Governo Imperiale non aveva chiesto misure di rigore contro il giornale l'Univers: la voce che correva in proposito era erronea. Quanto al rimanente, interpretai la risposta del Signor di Biilow in questo senso, che non vi sono stati reclami direttamente in via ufficiale, prendendo tal parola nel suo stretto senso, ma che il Governo Imperiale ha però chiaramente fatto comprendere, tanto a Parigi, quanto a Bruxelles, la sua risoluzione di non rassegnarsi ai rimproveri ed agli attacchi che l'Episcopato cattolico sarebbe per dirigere dall'Estero contro la sua politica. Ed a questo proposito, è importante di notare la distinzione che si fa a Berlino tra Stato e Stato. Il Governo Imperiale è d'avviso che gli spetta di rilevare gli attacchi di cui parlo, quando questi si manifestano all'ombra di un Governo, più o meno amico, il carattere del quale debba far presupporre una connivenza, o per lo meno una speciale tolleranza, rispetto al Clero. E questo sarebbe appunto il caso della Francia e del Belgio. Per lo contrario, a mo' d'esempio, non viene in mente al Gabinetto di Berlino di muovere lamento a quello di Londra per una pastorale di Monsignor Cullen. La situazione del Governo britannico di fronte alla Chiesa cattolica è tutt'altra. Tanto meno si vorrebbe qui invocare i rigori del R. Governo contro i Vescovi italiani. Il Governo Imperiale sa quale è la linea di condotta che il R. Governo ha creduto di adottare, verso la Santa Sede e verso l'Episcopato, come la più acconcia alla posizione speciale e agl'interessi dell'Italia. Egli è lontanissimo dall'idea di voler esercitare in Italia la sua influenza perche si modifichi una simile politica interna. E difatti, la supposizione che da Berlino fossero ora partiti dei reclami all'E.V., non aveva ombra di fondamento ed era completamente falsa.

In questo momento, in cui la pubblica opinione si preoccupa dell'attitudine del Gabinetto di Berlino verso i Governi degli Stati ove l'Episcopato cattolico alza la voce contro la politica della Germania, ritengo che gli apprezzament• raccolti oggi presso il Signor di Biilow hanno non poco interesse; e perciò non volli indugiare a renderne informato l'E.V.

(l) Non pubblicato.

250

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 214. Berna, 27 gennaio 1874 (per. il 30)

Ho recato a cognizione del Presidente della Confederazione la Circolare (l) colla quale l'E.V. espone le idee del R. Governo intorno alle condizioni di

sicurezza e d'indipendenza nelle quali si esercita attualmente e potrà perpetuarsi, come per lo passato, in Italia l'alta potestà che spiritualmente governa la Chiesa cattolica romana.

L'esimio magistrato accolse con cortesi parole questa comunicazione, e ripetendo il concetto che in diversi termini, espressero già in altre occasioni gli egregi suoi predecessori, mi disse che a suo giudizio gli interessi dell'Italia, esigono che rimanga fermo in Roma il centro storico e vivente dell'Unità Cattolica, lo vogliono egualmente i sentimenti religiosi del popolo Italiano che si riposa per ciò nella lealtà del suo Sovrano, cui si rende da ogni lato omaggio; sorgere da tutto ciò insieme una serie di malleverie sufficienti ad assicurare dovunque coloro che veggono nella indipendenza spirituale del Papa come il pegno della libertà della loro coscienza.

Soggiunse poscia avere egli ciò nondimeno per fermo che i Cattolici svizzeri si terranno per soddisfatti delle dichiarazioni del Governo Italiano in favore del Sommo Pontefice e delle istituzioni essenziali al governo della Chiesa cui appartengono; e proseguì dicendo che tale sicurezza non scemerebbe in essi, quando avesse a succedere, caso fortunatamente remoto, la vacanza della Santa Sede, poichè secondo lui ognuno deve vedere che in nessun altro paese, l'elezione del Supremo Gerarca si potrebbe compire in condizioni migliori che in Roma, dove i luoghi, le tradizioni ed ogni cosa infine tende a confortare le guarentigie che per attutare il mondo Cattolico, il Re ed il Parlamento accordavano all'autorità ecclesiastica in Italia ed in Roma.

La Circolare è stata apprezzata con egual favore da quanti nei poteri pubblici e nel Corpo diplomatico hanno qui, coll'intelligenza della materia cui si riferisce, il sentimento delle presenti difficoltà.

(l) Cfr. n. 201.

251

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 428. Madrid, 28 gennaio 1874 (per. il 7 febbraio).

Mentre confermo a V.E. il telegramma che ho avuto l'onore di trasmetterle oggi (l) per notificarle che il Potere esecutivo ha ieri sera spedito ai rappresentanti spagnuoli all'estero il memorandum di cui il Signor Sagasta nella sua nota del 5 corrente annunciava l'imminente comunicazione alle varie Potenze, mi pregio qui racchiudere la copia (l) pervenutamene or ora dal Ministero degli Affari Esteri.

Mio scopo nel compiere quest'invio è di far giungere, se possibile, a mani di Lei il documento precitato prima che l'Incaricato d'Affari di Spagna ne dia lettura a V.E., ond'Ella già ne abbia contezza quando ciò avverrà.

Siccome rassegnai per telegrafo, la circolare in discorso non fa che am

plificare l'esposizione del manifesto indirizzato alla nazione dopo il colpo

di Stato.

Alludendo ai rapporti coll'estero, nei seguenti termini enuncia il Signor

Sagasta l'attitudine del nuovo Governo:

• Identificato con la rivoluzione del 1868, manterrà nella sfera del potere il sentimento politico di quel glorioso risorgimento alla cui difesa e nel cui sviluppo gli uomini che compongono oggi il Governo ottennero per la Spagna costituzionale l'amistà e la considerazione di tutti i popoli e tributarono alle varie potenze di Europa e di America il rispetto e la reciprocità che per tanti diversi titoli esse si meritano. Aggruppati oggi attorno a un codice fondamentale democratico, in quella costituzione, nel suo fedel compimento, nell'esercizio delle libertà che accorda e soprattutto nell'impiego severo e vigi

lante delle guarentigie che all'ordine concede, deve cercarsi il criterio politico

del Governo spagnuolo quando abbiano termine le complicazioni che fonda

tamente spera dominare ».

Nella conclusione che a questo passo tien dietro, riassumendo il pro

gramma rassicurante che intende seguire nel presente « periodo di transizione,

il Governo di cui so n noti gli antecedenti », il Memorandum finisce dicendo:

« Con siffatto concetto il Potere esecutivo che al suo formarsi, spinto da

·patriottica decisione, prese la dittatura, assume con soddisfazione davanti alle varie potenze, come un giorno rivendicherà dagli eletti del paese, la rappresentanza di tale atto fondamentale e quella dei mezzi energici coi quali fin dalla sua nascita procura meritarsi all'estero la cordiale amistà di tutti i popoli e conservar ad ogni costo nell'interno la integrità della patria, l'ordine e la libertà ».

(l) Non pubblicato.

252

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1278. Berlino, 30 gennaio 1874 (per. il 6 febbraio).

Il Corriere di Gabinetto Signor Anielli giunse a Berlino la notte scorsa

e mi consegnò i dispacci dei quali l'E.V. lo aveva incaricato. Le porgo i miei

ringraziamenti per siffatta spedizione.

Stamane mi recai dal Segretario di Stato e gli comunicai il dispaccio del 25 corrente (1), nel quale erano espressi i sentimenti del Governo del Re, in presenza degli attacchi che un membro di questo Parlamento prussiano aveva diretti contro il Principe di Bismarck, fondando le accuse sovra la pubblicazione, fatta dal Generai Lamarmora, di documenti relativi ai negoziati che precedettero l'alleanza fra l'Italia e la Prussia nel 1866.

S.E. il Signor di Btilow lesse il dispaccio con molta attenzione, fermandosi sovra ogni punto speciale. Mi disse quindi che avrebbe desiderato di poter

comunicare il documento stesso a S.A. il Principe di Bismarck, parendogli tal cosa molto importante. Credetti conveniente di !asciargliene una copia. Per quanto sicuro fossi dalle fattemi dichiarazioni, che il Gabinetto di Berlino era convinto della lealtà e della simpatia del R. Governo, non era meno importante che il Principe di Bismarck avesse una nuova testimonianza di cotali sentimenti col leggere egli medesimo ciò che l'E.V. mi faceva l'onore di serivermi in proposito. E valendomi della lettera particolare, che avevo contemporaneamente ricevuta, svolsi le considerazioni ivi accennate nel conversare confidenzialmente col Signor di Biilow; ed espressi la fiducia che il Governo Imperiale avrebbe accolto la comunicazione che ero incaricato di fargli, con i medesimi sentimenti di amicizia, che l'avevano ispirata.

Il Segretario di Stato me ne ringraziò, e m'invitò a ritornar da lui domani, perchè nel frattempo egli si sarebbe affrettato di portare la mia comunicazione alla conoscenza del Cancelliere Imperiale.

(l) Cfr. n. 247.

253

IL MINISTRO A CONSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 328. Costantinopoli, 30 gennaio 1874 (per. il 6 febbraio).

L'E.V. conosce come la Sublime Porta avesse precedentemente attribuito al contegno dei Consoli a Tripoli di Barberia le difficoltà che s'incontravano pell'applicazione del protocollo delli 12/24 Febbrajo relativamente alla giurisdizione Consolare in quel Vilayet.

Non fu malagevole a questa come ad altre Rappresentanze estere in Costantinopoli di mettere in sodo come il lamentato inconveniente si avesse ad ascrivere non al Corpo Consolare sibbene alla Porta stessa, pegli indugi ingiustificati ch'essa frapponeva a dar le disposizioni necessarie pel prescritto organamento di quei Tribunali.

Rachid Pacha con nota delli 17 cadente mese, di cui mi reco a debito di qui unire copia (1), dopo aver meglio accertata l'origine delle difficoltà della applicazione del protocollo, ch'egli ascrive ora all'organizzazione stessa de' Tribunali di Tripoli, mi fa conoscere le norme adottate dal Governo Imperiale pellà composizione degli stessi.

Mentre nulla vi era da ridire sopra tale disposto, ho dovuto per contro non lasciar passare senza osservazioni e senza riserve protestative la frase introdotta nella nota stessa per cui senz'altro si vorrebbe abolita la garanzia dell'assistenza del dragomanno nelle cause ventilate davanti ai Tribunali in cui seggono de' membri forestieri.

Ho diretto perciò apposita nota di risposta a questo Ministro degli affari Esteri, di cui mi pregio del pari qui unir copia (1), ho stimato di ciò dover fare malgrado che Rachid Pacha abbia lasciato intendere che la frase in discorso

si trovava -lui insciente -e per errore nella Nota e che questa potrebbe venir ritirata.

Credei cioè fosse indispensabile di così affermare in modo preciso il nostro dirltto di non permettere lesione di sorta alla precipua fra le garanzie pella regolare amministrnzione della giustizia in questo paese, tanto più che si palesa una somigliante tendenza nei Membri di questi Tribunali Civili, i quali cercano spesso di escludere il dragomanno al momento della deliberazione pretesa anche questa che non viene ammessa dalle Legazioni.

(l) Non si pubblica.

254

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 60. Berna, 31 gennaio 1874, ore 19,45 (per. ore 21,40).

Le nouveau projet de la constitution a été voté à une grande majorité dans les deux conseils de l'Assemblée féderale qui va se dissoudre après avoir autorisé ratification du traité souscrit avec l'Italie.

255

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 499. Roma, 31 gennaio 1874.

La S.V. Illustrissima mi ha riferito la buona accoglienza avuta dal Governo

presso il quale Ella è accreditata quando, in seguito alle mie istruzioni ebbe

ad esprimere il desiderio che il linguaggio dei rappresentanti d'Italia e di

Francia al Brasile e presso la Repubblica Argentina s'inspirasse a sentimenti

identici in armonia coll'interesse italiano e francese di evitare possibilmente

una rottura di rapporti fra quelle due potenze americane.

Per questo motivo e avuto riguardo al buon viso fatto tanto dal Brasile

che dall'Argentina ai consigli di moderazione dati anteriormente noi abbiamo creduto che al rinascere delle difficoltà fra i due Stati americani, potesse essere opportuno che l'azione diplomatica degli agenti francesi e italiani si facesse di nuovo sentire tanto a Buenos Ayres che a Rio Janeiro nei termini e entro i limiti stessi precedentemente prescritti. In una conversazione che ebbi coll'Incaricato d'Affari di Francia questi mi fece capire che il Gabinetto di Versailles pure accogliendo volonterosamente le idee da noi espresse, rav

visava tuttavia la necessità che l'azione simultanea della sua e della nostra

diplomazia si esercitasse con molta cautela per non destare la suscettibilità

così viva di quei Governi ed essere più favorevolmente accolta. Rassicurai a

questo riguardo pienamente il Signor Tiby col persuaderlo che non era mai stata nostra intenzione che gli agenti italiani avessero a pigliare un contegno troppo risoluto e manifestare un parere qualsiasi sul merito delle quistioni che si dibattono fra gli Stati dell'America Meridionale.

Trattavasi solamente di esercitare nei limiti del possibile un'azione conciliante nell'intento di evitare agli interessi commerciali del nostro paese danni irreparabili di una conflagrazione fra il Brasile e l'Argentina.

Entro questo limite io mi lusingo di poter contare sulla cooperazione del Governo francese e così sulla continuazione di quella uniformità di concetti che hanno altra volta guidato i Gabinetti di Roma e di Parigi in queste vertenze.

256

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 6à2. Berlino, l febbraio 1874, ore 5,40 (per. ore 10,20 del 2).

Je viens d'avoir long entretien avec Secrétaire d'Etat. Voici en deux mots le résumé. Bismarck a lu avec vif intérèt et satisfaction la dépèche de V. E. sur l'affaire La Marmora (l); il n'avait jamais eu le moindre doute sur la loyauté de notre Ministère, mais aux yeux du public situation reste la mème. Il serait fort à désirer que dans l'intérèt commun le Gouvernement Italien prenait ouvertement position, par une déclaration publique conforme à la dépèche de V.E. Bismarck a reçu communication confidentielle de cette dépèche mais il n'a pas le droit de la publier. Le Parlement Italien offrirait un moyen de se prononcer, de blamer et de regretter la publication faite par le Général Lamarmora et QUi a servi maintenant pour diriger une telle attaque contre la politique du Prince de Bismarck; de mon còté je me suis plaint de voir maintenant que la dépèche si catégorique de V.E. ne suffisait pas. Je me suis plaint du ton de la presse etcetera. Le Secrétaire d'Etat m'a repété les considérations que j'ai déjà écrites avant que V.E. m'envoyat le courrier de cabinet. Le Secrétaire d'Etat ajoutait entre autre chose, que si on est engagé ici dans

une si terrible lutte avec les catholiques, c'est dans le fond, parceque le Gouvernement Italien est à Rome; Qu'il fallait que le Gouvernement Italien tint compte, en vue de l'avenir de cette situation de choses; qu'il fallait se prononcer ouvertement comme solidaire du véritable allié; il me repétait en mème temps de bien noter qu'on était loin de vouloir s'immiscer dans les affaires intérieures de l'Italie, de vouloir exiger que le Gouvernement Italien vis-à-vis de l'Eglise changeat l'attitude et les allures qui lui paraissaient les meilleures dans sa politique intérieure. Le ton du secrétaire d'Etat était empreint de cordialité, mais on voyait que le Prince de Bismarck l'avait chargé d'exprimer très énergiquement sa pensée. Quant au fond de la question il n'admet pas.

qu'aux yeux du public le Gouvernement Italien ait l'apparence de ne pas voir position. J'écrirai par le courrier, mais ne pouvant pas l'expédier de suite je vous télégraphie en attendant ce résumé.

(l) Cfr. n. 247.

257

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZJALE 1279. Berlino, l febbraio 1874 (per. il 6).

Nel rapporto politico N. 1276 (l) ebbi occasione di segnalare all'E.V.

l'attitudine di questo Governo verso quegli Stati Esteri, nei quali l'Episcopato

cattolico protestava contro la politica del Gabinetto di Berlino. E, notando la

distinzione che si faceva a tal riguardo, secondo la diversa indole dei Governi

esteri, accennavo alla tendenza di rendere specialmente responsabili i Gabi

netti di Versailles e di Bruxelles degli atti dell'Episcopato di quei due Paesi.

In questo frattempo dovetti sempre più convincermi della tensione risul

tante da un siffatto stato di cose.

Prima la Nord Deutsche Allgemeine Zeitung, e poi la Provinzial Cor

respondenz, manifestarono chiaramente quale sia l'attitudine di questo Go

verno verso quello di Francia. Protestando che la Germania non vuole immi

schiarsi nelle cose interne dei suoi vicini, essa non può nulladimeno rasse

gnarsi ad attacchi, che creano un'agitazione contro il suo Governo, e alle

offese che a questo si fanno. Le dichiarazioni del Duca Decazes e la soppres

sione temporaria dell'Univers provarono che il Governo francese in parole

ed in fatti volle di motu proprio svincolarsi da un partito, che pareva in questi

ultimi anni aver riuscito a guadagnar influenza nelle sfere governative del

paese. Ma cotali misure non colpirono che la stampa. Il Governo Imperiale

dovrà ancora vedere se gli converrà d'intervenire a norma delle circostanze,

e basandosi sulla legislazione francese, per avere soddisfazione ed espiazione

in quanto concerne i dignitarii della Chiesa.

Queste parole lasciano aperta la porta ad una quistione, la quale può da

un momento all'altro dar luogo a complicazioni. Esse concordano nel loro

insieme col risultato di un lungo colloquio, che ebbe luogo fra il Principe

di Bismarck e questo Ambasciatore di Francia.

Devo premettere che le informazioni ch'io ebbi a tal riguardo non sono

dirette, ma le raccolsi bensì da fonti attendibili. Il Visconte di Gontaut-Biron, in presenza dell'attitudine risoluta che il Gabinetto di Berlino dava a divedere di voler adottare, si sarebbe studiato di render persuaso il Principe di Bismarck

della situazione speciale, in cui si trova il Governo francese. La Chiesa cat

tolica in Francia non rappresenta di fronte allo Stato una confessione speciale,

quale sarebbe una chiesa protestante: essa è romana-cattolica. È necessario di considerarla come tale e regolarsi con essa in base al concordato esistente. Ora, secondo il diritto pubblico francese, è sindacabile e punibile la diffusione di una pubblicazione per le stampe: non già la pastorale di un Vescovo, che si legge nelle chiese. Ed è perciò che è dato al Governo di colpire il giornale che la pubblica, e non già il Vescovo che la scrisse. Il Principe di Bismarck non avrebbe, a quanto mi si riferisce, dato segno di voler discutere sovra questo terreno. Egli stette fermo nella massima che il Governo Imperiale, impegnato in una lotta con l'Episcopato tedesco, vuole e deve ridurre questo all'obbedienza inverso le leggi dello Stato, e combattere chi li sostiéne e promuove la loro resistenza al Governo.

In questi giorni abbiamo veduto prodursi un nuovo incidente, che viene a conferma di simile punto di vista. Intendo parlare del rumore che sollevò la pubblicazione di una lettera dell'Arcivescovo di Malines a Monsignor Ledochowski. Anche qui, quantunque non vi sia stato formale reclamo, come lo dichiarò alla tribuna il Ministro belga per gli Affari Esteri, tuttavia la stampa ufficiosa di Berlino sostiene nel modo più energico che il Governo tedesco non può accontentarsi dell'impotenza, in cui sarebbe il Governo belga, di reprimere la parola dell'Episcopato cattolico di quel Paese. La Nord Deutsche Allgemeine Zeitung emetteva persino l'avviso che sarebbe da desiderarsi nel Belgio un cambiamento di Ministero, acciò la cosa pubblica in un tale stato di cose non fosse nelle mani del partito cattolico. E questo è appunto nell'ordine di idee,

che ebbi a esporre nel precedente rapporto citato più sopra.

Si voleva sinora che l'attuale Ministero belga per le sue attinenze fosse meglio d'ogni altro in grado di ottenere dai Vescovi del Belgio una moderazione ed una riserva tali da evitare in questi momenti ogni attrito con la Germania. Ma si vede che la fiducia non era certamente a tutta prova. E quanto più si svolgeranno le rigorose conseguenze della legislazione adottata in Prussia circa gli affari ecclesiastici, tanto maggiore sarà la diffidenza di questo Governo verso i vicini. Gl'incidenti di questi ultimi giorni ne lasciano intravedere d'assai più gravi. Una prudenza varrebbe ad allontanarli, ma essa non è guarì probabile, quando gli antagonismi e le ire di religione vennero risvegliati.

(l) Cfr. n. 249.

258

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1280. Berlino, l febbraio 1874 (per. il 6).

Il Segretario di Stato mi fece avvertire ieri che, per motivi di servizio, non avrebbe potuto ricevermi, come era stato convenuto il dì prima. Dovetti pertanto aspettare sino a stamane per conoscere l'accoglimento fatto alla comunicazione della quale io era stato incaricato.

S.E. il Signor di Biilow incominciò col dirmi che il Principe di Bismarck aveva letto il dispaccio del 25 (l) con molta soddisfazione e che era ben grato all'E.V. dei sentimenti nel medesimo espressi. • Vi è però un punto, così egli continuò, sul quale devo nondimeno chimare ancora l'attenzione del vostro Governo. Voi sapete che la lealtà e l'amicizia del vostro Governo non hanno mai formato per noi oggetto del menomo dubbio. Le dichiarazioni che fa pervenire ora S.E. il Cavalier Visconti Venosta al Principe di Bismarck sono una grata conferma di un fatto, del quale potete star certi che eravamo pienamente convinti. Disgraziatamente la pubblica opinione non è in grado di rendersene in egual modo conto. A questa pubblica opinione non si presenta, nell'incontro così spiacevole delle accuse dirette contro il Principe di Bismarck con documenti pubblicati in Italia, una prova di fatto di quella simpatia e solidarietà, che pure ci legano. È troppo importante colmare una tale lacuna, perchè noi ci possiamo astenere dal dirvelo con ogni schiettezza ed insistenza.. I documenti furono pubblicati in Italia dal Generai Lamarmora: su di essi si appoggiano i nostri avversari per suscitare rancori e sospetti fra di noi, l'Austria e l'Italia: i vostri Ministri sono i successori del Lamarmora: ad essi spetta, deve star loro a cuore, di far comprendere chiaramente al pubblico che il Governo italiano deplora e biasima la pubblicazione, che si vuol torcere quale arma contro di noi. Finchè serbate agli occhi del pubblico il silenzio, nulla v'ha di mutato nelle apparenze. Il dispaccio, che mi recaste non può venir fatto pubblicare dal Principe di Bismarck, il quale ne ebbe soltanto comunicazione. Converrebbe ricorrere ad una dichiarazione nella stampa ufficiale, o valersi della tribuna parlamentare •.

Feci notare al Segretario di Stato che per le precedenti conversazioni avevo· dovuto ammettere che una comunicazione, come quella di cui ero stato incaricato, fosse per prevenire ogni legittima aspettazione. Avrei però riferito all'E.V. le osservazioni del Principe di Bismarck, come era mio dovere. Co

noscevo il buon volere e i sentimenti del mio Governo. Era tuttavia cosa assai difficile per l'E. V. il procedere, nello stato attuale delle cose, ad una pubblica dichiarazione. Il fatto della pubblicazione dei documenti era stato l'atto di un privato, non preveduto dalle nostre leggi. I documenti stessi non erano in possesso del Governo. La stampa era già bastantemente eccitata, perchè nel comune nostro interesse convenisse dare nuovo alimento a spiacevoli polemiche. Importava di sopire queste al più presto. E se qui si lamentavano i giudizii di alcuni fogli italiani, dovevo notare che la stampa tedesca non era esente, secondo me, da meritar rimproveri. Il giorno medesimo, in cui io recava al Ministero il dispaccio così amichevole dell'E. V., la Spenersche Zeitung pubblicava un articolo fatto per accendere le ire, articolo che io non esitava a chiamare ingiurioso. L'esperienza dimostra che simili polemiche finiscono per esercitare una funesta influenza su i rapporti fra i Governi stessi.

S.E. il Signor di Biilow osservò che valeva meglio non fare attenzione ai giornali, che per ora non hanno preso la cosa troppo a cuore. Ma insistè in ogni modo sulla sua tesi principale: • Nella situazione, in cui oggi ci troviamo,

diceva egli, le parole di simpatia per quanto preziose non bastano agli occhi

del pubblico. È importante di presentargli dei fatti. Se noi siamo impegnati

in tanta lotta con i cattolici, egli è in gran parte, perchè il Governo italiano

è in Roma. Voi non perderete certamente di vista che qui è il vostro alleato,

e che importa d'affermare la solidarietà, che ci lega. Nè crediate per ciò che

il Governo Imperiale voglia menomamente ingerirsi nella vostra politica in

terna. Noi non abbiamo nulla a ridire circa i principii ai quali l'ispirate, e

che giudicate essere i più consoni ai vostri interessi. Ma di fronte agli av

versarii comuni, che ora si alzano d'ogni lato contro di noi, il tacere sarebbe

cosa funesta. L'apparenza di essere lasciati soli in prima linea ci ripugne

rebbe troppo •.

Uscendo dal Ministero degli Affari Esteri non tardai un momento a dare

all'E.V. un cenno delle osservazioni, che mi erano state fatte. Ora Le trasmetto .questa esposizione di un colloquio, che fu troppo lungo, perché mi sia dato di poterlo riferire con ogni minutezza. Mi studiai di opporre ad ogni punto quelle considerazioni che mi parvero migliori, ma riconobbi che il Segretario di Stato aveva le istruzioni di non scostarsi dal terreno sul quale si era posto.

Quando stavo per congedarmi, il Segretario di Stato, a conferma di quanto aveva cominciato col dirmi sovra la conoscenza che si ha fra Gabinetto e Gabinetto delle reciproche simpatie, mi disse che il nostro Augusto Sovrano aveva voluto darne una testimonianza mandando al Signor di Keudell un Aiutante di Campo con l'incarico d'esprimergli il suo rincrescimento per lo spiacevole incidente che lamentiamo. Gli feci osservare che una simile testimonianza costituiva, secondo me, una dimostrazione che aveva un carattere dei più chiari ed espliciti anche agli occhi del pubblico. Il Signor di Biilow soggiunse che ne aveva avuto cenno per telegrafo, ma ignorava se i giornali

ne avessero notizia.

P. S. In un altro piego, che consegno al Signor Anielli, ho l'onore di spedire tre lettere particolari per V. E. (1).

(l) Cfr. n. 247.

259

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. l. Berlino, 2 febbraio 1874.

Mi sta a cuore di accompagnare il rapporto confidenziale n. 1280 (2) con

alcune osservazioni, che non troverebbero posto conveniente nella corrispon

denza ufficiale.

Quando pochi giorni sono riferii all'E.V. ciò che si pretendeva dal R. Go

verno, lo feci dopo avere raccolto le parole del Segretario di Stato con la

massima attenzione ed essermele ben fitte in capo. Ritengo per fermo di averle

riferite esattamente. L'esigenza d'una pubblicità, anche dopo la comunicazione che ero incaricato di fare, costituisce per me una nuova fase della quistione. Il colloquio fu lungo e piuttosto animato anche da parte mia. Nel corso del medesimo si poteva leggere fra le linee una nuance di minaccia, che riferita in un rapporto ufficiale avrebbe facilmente maggior peso di quello che stava di certo nelle intenzioni del mio interlocutore. Così nel parlarmi dell'importanza di biasimare pubblicamente l'operato del Generai Lamarmora, egli osservò che quel pubblico biasimo sarebbe per tornar utile anche al nostro Governo, in quanto che nessun Governo estero potrebbe più dubitare che la pubblicazione di negoziati diplomatici, avvenuta per viste private, non incontrasse l'alta disapprovazione del Governo del Re. Parlando poi della solidarietà, che lega i due rispettivi Governi, il Signor di Biilow diceva che in fin dei conti, se la Germania è ingolfata oggi in tanta lotta, gli è principalmente perchè il R. Governo travasi in Roma, e che bisognava tenerne conto in vista dell'avvenire. Replicai che il Governo del Re non aveva aspettato l'avvenire per tenerne conto. « Non importa, soggiungevami il Signor di Biilow, bisogna tenerne conto in vista di certe decisioni (?) •.

La situazione politica attuale, tanto interna, quanto estera della Germania, spiega l'attitudine del Principe di Bismarck, del quale vedevo il Signor di Biilow farsi l'interprete, attenuando probabilmente l'espressione dei pensieri del Cancelliere Imperiale. Il conflitto religioso interno s'incammina a soluzioni estreme, che non tarderanno ad avverarsi. Il progetto di legge sulle sedi vescovili vacanti ne è il sintomo più grave. Forse si credette che il clero cattolico finirebbe per cedere: ora s'incomincia a constatare che ciò non sarà. Le passioni religiose sono oltremodo eccitate, nè il Governo saprebbe dare indietro. I Vescovi degli altri Stati cattolici alzano la voce con grave pericolo di complicazioni simili a quelle che già si manifestano con la Francia e con il Belgio. Protestando di non volersi immischiare negli affari interni degli altri paesi, si vorrebbe però che le loro legislazioni interne fossero tali da far tacere i Vescovi, quando attaccano la Germania. Ne risulta uno stato di grave irritazione latente e sommamente pericolosa per la pubblica quiete. Ora il Principe di Bismarck non vuole che altri si chiuda nel silenzio e nell'astensione di fronte agli attacchi che gli vengono d'ogni lato: egli crede di scorgere in quel silenzio e in quell'astensione dei proprii amici un segno certo del loro biasimo circa la sua condotta contro i cattolici. V.E. sa che nella tornata del 16 del Parlamento prussiano egli confessò essere lui attualmente l'uomo più esecrato in Europa.

Il Signor di Biilow mi disse che era questa la seconda volta, in un brevissimo intervallo, che il Governo del Re lascerebbe esposto in faccia agli avversarii il Gabinetto di Berlino a sostenere da solo i furori della tempesta. Delle quali parole mostrandomi io assai meravigliato, il mio interlocutore fece allusione alla vera origine della Bolla, di cui la stampa si occupa da un mese in qua.

Fo voti, perché l'incidente Lamarmora-Bismark sia al più presto tolto

di mezzo. È cosa ingrata il doversi fare l'interprete di certi consigli, che suo

nano come intimazioni: e siffatti consigli sono un sintomo degno della più

grande attenzione.

il -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. V

Il giorno 30 nel comunicare al Segretario di Stato il dispaccio del 28 cor

rente, approfittai della conversazione confidenziale che ne seguì per svolgere le considerazioni contenute nella lettera particolare dell'E.V. (1). Rilevai fra le altre cose l'osservazione relativa alle ricerche ngli archivii, chieste da un Governo estero. Il Signor di Bi.ilow non oppose nulla all'inammissibilità in massima di

una richiesta di tal natura: n è poteva essere altrimenti. Ogni Governo ha troppo interesse ad accogliere una simile massima.

(l) -Cfr. nn. 259 e 260. (2) -Cfr. n. 258.
260

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L.P. 2. Berlino, 2 febbraio 1874.

Il Conte de Launay mi scrisse da Nizza l'ordine telegrafico che gli era stato dato, lo stato di salute in cui si trovava, e la risposta che per tal motivo egli aveva dovuto fare a V.E.

Andando oggi dal Segretario di Stato, ho stimato bene di spiegargli la ragione per la quale il Conte de Launay non aveva potuto ritornare immediatamente a Berlino. Aggiunsi che ciò non rincresceva meno a me, di quello che rincrescesse al Conte de Launay.

Mi era toccata la sorte di udire e trasmettere al mio Governo delle osservazioni alquanto ingrate. Il Signor Bulow non voleva che io conservassi una simile impressione. Si trattava di osservazioni scambiate schiettamente fra i due Gabinetti e delle quali non doveva, all'infuori di questi, trapelare notizia. Lo scopo era soltanto quello di ottenere, nel comune interesse, che il Governo italiano testimoniasse pubblicamente quelle simpatie e quei sentimenti che realmente nutre e che felicemente esistono fra i due Governi. Conveniva che il Conte de Launay si ristabilisse bene in salute, per poi ritornare a Berlino dove è tenuto in tanto pregio e accolto sempre con ogni simpatia. Intanto il Segretario di Stato, in risposta alla sfiducia da me espressa di potere in un momento come questo fare le veci del mio capo, mi diede ogni assicurazione di buon volere e di fiducia da parte sua.

A questo proposito, desidererei di sottoporre all'E.V. alcune considerazioni che credo degne della sua attenzione. Il Conte de Launay mi ha scritto da Nizza in quale situazione di fatto si trovava attualmente la quistione della creazione di Ambasciate fra l'Italia e la Germania. Stante l'amicizia di cui mi onora e nell'interesse del servizio, egli mi comunicò alcuni estratti della

corrispondenza di recente scambiata con l'E. V. sovra tale argomento. Le mie impressioni a Berlino concordano con l'opinione che ebbe ad esprimerle il Conte de Launay. Sono difatti convinto che esiste in questo affare un malinteso, che sarebbe importante di chiarire, perchè ridonda a discapito della posizione del rappresentante del Re in Berlino.

A ragione od a torto, pare che il Principe Bismarck muova dal principio che, da parte del nostro Governo, non gli venne mai espresso esplicitamente il desiderio di vedere elevate le Legazioni dei due Stati al rango di Ambasciate. A che giovarono in tal caso, o dove andarono a perdersi, le comunicazioni fatte dall'E. V. al Conte di Wesdehlen e al Signor di Keudell? Se così è, il Principe di Bismarck avrebbe ragione di credere sino a un certo segno che il Conte de Launay s'è messo innanzi per conto suo proprio, senza che il Governo del Re ne lo avesse incaricato. Una tale apparenza nuocerebbe troppo al credito del capo di questa missione: il nostro interesse esige invece che non venga menomata la posizione che egli seppe crearsi qui: ora sovratutto che bastarono poche polemiche dei giornali, perchè si vada tosto subodorando, a Vienna specialmente, che le nostre relazioni con la Germania si intorbidano: quod est in votis di molti. Non occorre poi nemmeno parlare delle legittime suscettibilità personali del Conte de Launay. V.E. le comprende ed apprezza, meglio che io non saprei dire.

D'altra parte, non v'ha dubbio che attualmente sarebbe per noi di vantaggio reale e pratico, lo avere qui come altre grandi Potenze un Ambasciatore invece di un Ministro. Se pertanto tal cosa, per ragioni speciali del Principe di Bismarck, non è attuabile immediatamente e con perfetta reciprocità, almeno è necessario che il Cancelliere Imperiale sappia in modo positivo che il Governo del Re ha preso da lungo tempo l'iniziativa di farne la proposta, che desidera ed è disposto a procedervi appena ciò si possa combinare d'ambo le parti, e che perciò, ogni qualvolta il Conte de Launay ebbe ad esprimersi in proposito, lo fece quale interprete del suo Governo.

Se l'E.V. accogliesse l'idea emessa dal Conte de Launay di una lettera particolare diretta al Princi:pe di Bismarck od a me per essergli comunicata, io credo che essa varrebbe ad ottenere l'intento sovra esposto.

Posto che il Principe di Bismarck ha scritto al Signor de Keudell per indicargli confidenzialmente il modo di esprimersi eventualmente circa la creazione di Ambasciate, egli troverà ben naturale che l'E.V. da parte sua si valga di una lettera per esprimere schiettamente il suo modo di vedere, e così escludere o prevenire ogni malinteso. Qualora non sembrasse opportuno di prendere per punto di partenza le comunicazioni che Keudell ricevette dal Principe di Bismarck, si potrebbe motivare la lettera, allegando il desiderio di informare il Re dell'esito che ebbero le avances fatte da lungo tempo con il consenso di Sua Maestà.

Da una tale lettera, che ricordasse i passi già fatti da V.E. e l'aspettazione che ne risultò, verrebbe messa in chiaro la ragione del silenzio di cui il Cancelliere Imperiale si meravigliò quando il Re fu a Berlino coi suoi Ministri, come pure la parte corretta e disinteressata che osservò il Conte de Launay in tutto questo affare.

Non mi so spiegare come il Principe di Bismarck abbia potuto supporre per un solo instante che all'E.V. potesse sorridere la combinazione di un'Ambasciata da parte nostra e d'una Legazione dalla parte tedesca. Una simile proposta dà a divedere che qui si ha del nostro Paese un concetto che merita di essere rettificato.

L'E.V. mi perdonerà se fui troppo ardito nello scriverle su tale argomento: valga a giustificarmi la stima e l'attaccamento che nutro per il Conte de Launay, non meno che l'importanza che hanno ora più che mai le nostre relazioni politiche con questo Governo. A parer mio, non conviene rassegnarsi troppo facilmente ad un ritardo così indeterminato. Se si vogliono delle prove pubbliche di intimità tra i Sovrani e i Governi d'Italia e di Germania, la creazione delle Ambasciate ne fornirebbe una chiarissima manifestazione.

(l) Cfr. n. 248.

261

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 500. Roma, 3 febbraio 1874.

Il Signor Tiby in una recente conversazione ch'io ebbi con lui, mi ha parlato della vertenza relativa alle convenzioni che la Rumania pretende di aver diritto di stipulare con i Governi esteri e che la Porta ottomana dichiara invece lesive del suo diritto di alta sovranità. La S.V. conosce dai documenti prima d'ora comunicati alla R. Legazione in quali termini abbiano posto la quistione le due parti.

La Francia collocandosi al punto di vista che le quistioni attinenti alla situazione politica dei Principati del Danubio sono state regolate dai trattati che costituiscono la base del diritto pubblico della Turchia ritiene sostanzialmente che convenga che il valore di quelle stipulazioni internazionali rimanga tuttora inalterato.

La mia risposta al Signor Tiby fu nel senso che anche noi crediamo di comune interesse di non diminuire in alcuna guisa il valore dei trattati che sono il fondamento dell'ordinamento politico dell'Impero Ottomano e dei Principati Uniti. Feci però osservare al mio interlocutore che con quegli stessi accordi le Potenze aveano riconosciuto nella Rumania un'assoluta autonomia amministrativa, la quale non deve essere inconciliabile colla situazione politica nella quale le potenze medesime hanno voluto che quel paese rimanesse in faccia alla Sublime Porta.

Non è dunque, a mio credere, possibile separare l'una cosa dall'altra e anzi bisogna tenerne conto per determinare entro quali limiti per effetto della sua interna autonomia amministrativa, la Rumania debba avere la facoltà di regolare certe materie secondo i propri bisogni e interessi anche verso l'estero.

Per le poste, i telegrafi, alcune quistioni doganali e di opere pubbliche, l'esecuzione dei giudicati, l'assistenza pubblica, l'inseguimento dei malfattori, e simili interessi che toccano materie d'interna amministrazione il Governo di Bucarest deve poter intendersi direttamente con le amministrazioni straniere con le quali per tali affari è in più intime e frequenti relazioni. Sarebbe inoltre quasi impossibile che le questioni relative a questi interessi fossero praticamente risolute a Costantinopoli, mentre le amministrazioni alle quali spetta di provvedere non dipendono menomamente dal Governo della Sublime Porta.

Finora l'Italia non ha sentito la necessità di dare una norma più costante a vari interessi i quali forse allo stato presente delle cose, rimangono in Rumania in una incertezza non sempre scevra di reali inconvenienti. Noi abbiamo perciò potuto ascoltare le lagnanze della Turchia e ricevere i memoriali del Governo principesco sulla vertenza in discorso senza crederci obbligati di manifestare un parere che potevamo riservare a un'epoca in cui per comune consenso le potenze stimassero opportuno di far cessare le dubbiezze che potessero esistere in proposito.

262

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 135. Bruxelles, 3 febbraio 1874 (per. il 7).

Ringrazio V.E. del suo dispaccio del l" gennaio (1).

Ricevetti ieri per mezzo della R. Legazione a Parigi la spedizione ministeriale della quale facevano parte il dispaccio politico di V.E., in data del l o gennaio scorso, n. 26, e le istruzioni particolari che ringrazio V.E. d'avervi aggiunte.

Trovai iersera l'occasione, ad un pranzo dato dal Conte d'Aspremont-Lynden di esprimermi con esso secondo le intenzioni di V.E., recando a sua notizia quanto V.E. mi comunicava per norma del mio linguaggio, senza farne argomento di una discussione meno consentanea alla astensione che questo Governo, invocando la propria neutralità, preferiva di osservare in quelle questioni.

Il Conte d'Aspremont mi disse di apprezzare assai le informazioni che noi credevamo, secondo le circostanze, di parteclpargli in via confidenziale sopra una materia così interessante come è quella della situazione rispettiva del Governo del Re e della Santa Sede; ed aggiunse che se mi credevo autorizzato a dargli lettura della circolare di V.E., egli me ne sarebbe stato grato.

Oggi adunque, recatomi al Ministero degli Esteri, feci leggere detto documento al Conte d'Aspremont. Egli mi disse di trovarne ottimo il concetto; che le guarentigie ivi ricordate ed affermate per il futuro conclave erano senza dubbio complete e pienamente soddisfacenti; che era a desiderarsi, per evitare complicazioni politiche minacciose, e nell'interesse stesso della Chiesa, che continuassero ad essere osservate le tradizioni secondo le quali si fecero finora in Roma le elezioni al pontificato; e che non si potrebbe muovere obiezioni alle dichiarazioni nostre sulla libertà e dignità del futuro conclave, se non pretendendo che il Governo del Re non intende di mantenere le sue promesse, il qual sospetto, secondo la convinzione sua, non verrebbe accolto da nessuno tra i Governi interessati. Egli lodò il cenno fatto da V.E. della testimonianza del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, il quale, secondo il Conte d'Aspremont, giova, non solo al Governo del Re per provare la innocuità

della condizione attuale di cose per l'indipendenza della S. Sede, ma serve altresì agli altri Governi per far sentire al Pontefice altre informazioni ed altri pareri di quelli che gli vengono recati da fedeli non sempre esenti da fanatismo, o da vescovi legati verso la Santa Sede da speciali doveri di passiva obbedienza. Il Conte d'Aspremont mi parlò poi della mancanza di ogni mezzo legale nel Belgio, per il potere esecutivo, di reprimere il linguaggio spesso eccessivo della stampa oltramontana, e mi confermò la sua risoluzione di non abbandonare, qualunque siano le pressioni della parte cattolica esagerata, proponimenti concilianti che dettarono il linguaggio tenuto ultimamente da esso e dal Signor Malou davanti alle Camere riguardo agli Affari della Santa Sede.

Ringraziai il Conte d'Aspremont di queste amichevoli e spontanee dichiarazioni.

(l) Cfr. n. 201.

263

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 675. Roma, 5 febbraio 1874 (per. il 6).

Il Prefetto di Torino mi scrive, ed io credo non inopportuno di far conoscere a V.E. il seguente brano di relazione dell'Ispettore di P.S. all'Ufficio Internazionale di Modane, in data del l o corrente.

• Le circostanze avendomi portato ad avere sott'occhio una relazione diretta da questo signor Commissario di polizia Francese al Ministero dell'Interno da cui dipende, fra altre cose, ha attirata la mia attenzione una parte di essa in cui sono esposte le diverse fasi della questione Lamarmora-Bismarck.

Da tale rapporto infatti si rileva che le Autorità Francesi di frontiera, sono specialmente invitate di riferire tutto quanto ha tratto a detto affare, dai ragionamenti e commenti che vi si fanno, si scorgerebbe ad evidenza come il Governo Francese parteggi per il Lamarmora, prenda vivo interesse, e si curi di appoggiare ed influire sullo sviluppo del dissenso.

È ben naturale che l'opinione pubblica in Francia simpatizzi per il Lamarmora, trattandosi però di azione governativa, ho creduto mio dovere di portare la cosa a cognizione dell'Autorità Superiore, per conveniente norma •.

264

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 250. Vienna, 5 febbraio 1874 (per. il 9).

Ieri sera al gran Ballo che ebbe luogo a Corte, S.M. l'Imperatore degnossi, al Circolo del Corpo Diplomatico, conversare meco alcuni minuti in modo marcatamente gentile. La Maestà Sua dopo avermi chiesto con speciale interessamento notizie del Nostro Augusto Sovrano nonché di tutti i membri della Real Casa, compiacevasi dirmi: • La circulaire de Votre Gouvernement relativement au Conclave m'a causé une très grande satisfaction, je n'aurais pu rien désirer de mieux ni de plus complet, j'espère qu'elle sera comprise et qu'elle aura le résultat qu'elle doit avoir •. Ringraziai Sua Maestà per queste Sue Parole e non mancai di dirle che Le avrei portate a conoscenza del mio Governo.

Tosto dopo S.M. l'Imperatrice si compiacque esprimermi con molta insistenza il suo vivo rincrescimento di essere stata impedita da ragioni di salute di fare la conoscenza personale di S.M. il Re Vittorio Emanuele, nella circostanza della sua visita a Vienna, ed anzi volle aggiungermi, a conferma del suo dire, il suo medico curante avermi in quei giorni portato l'assicuranza della sua malattia!

Ringraziai la Maestà Sua per queste sue parole, dicendole che le avrei fatte pervenire al Re, Mio Augusto Signore, che dal canto Suo, tenevo a dirle, non aveva avuto, durante e dopo il suo soggiorno in questa capitale, che un solo rincrescimento, quello cioè di non aver potuto ossequiarla. L'Imperatrice mostrossene grata, e volle ancora dirmi alcune cose gentili relativamente al soggiorno del Re a Vienna.

Con questa circostanza tengo a dire all'E.V. che, per conto mio, a malgrado le forse dubbie apparenze, e quanto può essersi detto nei Circoli Clericali e ripetuto dai giornali, ho pieno convincimento che S.M. l'Imperatrice trovassi effettivamente, per ragione di salute, nell'assoluta impossibilità di vedere il Re.

265

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE A JANINA, DE GUBERNATIS

D. S.N. Roma, 6 febbraio 1874.

Ho ricevuto il pregiato foglio di V. S. (l) col quale Ella chiede al Ministero delle istruzioni sul partito da scegliere nell'occasione in cui ripetutamente Le venne offerta la Presidenza del circolo intitolato il Progresso. Ella mi ha fatto conoscere che lo scopo di quel Circolo non riveste alcun carattere politico e che le sue tendenze sono tali da non escludere dal suo seno persone appartenenti alle varie religioni che hanno seguaci in codesta città. V.S. però non mi ha taciuto che nell'associazione in discorso trova il suo centro naturale quello che Ella chiama partito liberale, partito che sta in lotta assai viva col partito retrogrado di Janina.

Io non credo che convenga ad un rappresentante estero di frapporsi in simili lotte locali. Il carattere politico del circolo potrebbe d'altronde risultare, meglio che dal suo scopo o dal titolo che assume, dalle tendenze che manifesta

mente gli imprimerebbero le opinioni della grande maggioranza dei suoi membri. È noto che il Governo locale non ha mai veduto e non può vedere di buon occhio le associazioni aventi un carattere liberale e di progresso. Nei Governi ordinati nella forma attuale della Turchia, siffatte associazioni possono facilmente far nascere sospetti nelle Autorità. Se l'Agente italiano presiedesse una società di tal natura, potrebbe un dì o l'altro trovarsi nella necessità di doversi dimettere dall'ufficio onorevole al quale è stato assunto per suffragio dei soci. In tale ipotesi meglio è non aver accettato prima che doversi dimettere poi.

Un'ultima osservazione io debbo farle a questo riguardo. Mi dispiace di non poterla approvare nella sua condotta verso i soci del Circolo che vollero dare a Lei una testimonianza di stima di cui io mi dovrei invece soltanto rallegrare. Ella non ha forse abbastanza riflettuto che non doveva nella sua risposta lasciar intendere che l'accettazione od il rifiuto dipenderebbero soltanto dalle istruzioni che Ella avrebbe chiesto al R. Governo. Un rifiuto personale si può sempre spiegare per motivi che non toccano alle considerazioni politiche; non è così quando si sa il rifiuto è la conseguenza degli ordini domandati al proprio Governo. Ella però non dovrà far uso con chicchessia di questo mio dispaccio, ed in un affare, in cui Ella non può far intervenire l'opinione del Governo, non dubito che V.S. saprà trovar altro modo di togliersi dalle difficoltà senza compromettere la propria posizione personale e senza pregiudizio di quegli interessi morali dell'Italia dei quali giustamente Ella si dimostra sollecita.

(l) Cfr. n. 238.

266

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 251. Vienna, 6 febbraio 1874 (per. il 13).

Il Conte Andrassy che io fui a visitare Lunedì scorso nell'ora della sua solita ebdomadaria udienza, dissemi: aver diretto un dispaccio al Conte Wimpffen incaricandolo di esprimere all'E.V. tutta la soddisfazione dell'Imperatore e sua per le così chiare ed esplicite dichiarazioni in favore della libertà del Conclave contenute nel dispaccio dell'E.V. del l" scorso Gennajo (1), di cui io davagli lettura, !asciandogliene copia il 13 stesso mese. In tale circostanza egli dicevami pure aver ricevuto dal Conte Paar un rapporto in cui l'Ambasciatore Imperiale riferivagli il Cardinale Antonelli avergli detto che la Bolla Pontificia stampata dalla Gazzetta di Colonia era apocrifa, che però Sua Eminenza credeva all'esistenza di una Bolla relativa all'elezione del Successore di Pio IX, ma che aveva a questo proposito soggiunto essere bene avvertire che i Cardinali in virtù della loro istituzione, nonché del giuramento da essi prestato non erano in obbligo di attenersi alle prescrizioni in essa contenute, e quindi, il momento venuto, ne avrebbe o no seguito i dettami a seconda dei loro personali apprezzamenti!

Coglierò questa occasione, dissemi il Conte Andrassy per incaricare il Conte Paar di far sentire al Cardinale Antonelli quanto poco il Gabinetto di Vienna trovi rassicurante l'eventualità da Sua Eminenza accennata; e valendosi della riconferma delle guarentigie relative alla libertà del Conclave espressa nel dispaccio del Governo Italiano del l" corrente anno esprima con insistenza il vivo desiderio del Gabinetto di Vienna che l'elezione del Successore di Pio IX abbia a compiersi senza nulla derogare alle prescrizioni consacrate dall'uso secolare. Credetti opportuno per conto mio assecondare questo ordine di idee già altra volta espressomi dal Conte, ed a tal fine gli feci rilevare sembrarmi poco probabile i Cardinali non abbiano ad obbedire ciecamente alle prescrizioni della Bolla Papale, il dogma dell'infallibilità imponendogliene loro l'obbligo. Il Conte mostrommi dividere tale mio apprezzamento. Sino ad ora però il dispaccio che deve concretare le suespresse idee, non è ancora scritto

o per lo meno non ne fu sino ad oggi accettata la redazione proposta. L'E.V. rileverà che i termini nei quali il Conte Andrassy ebbe ad esprimersi al riguardo lunedì scorso non hanno più tutta la precisa portata che avevano quelli sullo stesso argomento che io riferivo all'E.V. col mio rapporto dei 14 Gennaio N. 2,42 (1). Non facile sarà alla Cancelleria del Ministero Imperiale compilare quel documento. S.M. l'Imperatore intendendo bensì, a quanto parvemi capire, far sentire un desiderio, ma non addivenire ad una precisa dichiarazione che gli leghi le mani per l'avvenire ed al tempo stesso possa troppo gravemente dispiacere al Santo Padre. Il Conte Andrassy dal canto suo sem" brami invece vorrebbe parlar chiaro. Trovare una redazione che soddisfi a quegli abbastanza diversi intendimenti, non è cosa facile. Ritengo però che prima della partenza del Sovrano per Pietroburgo il dispaccio sarà spedito, e se non sarà molto energico, ad ogni modo avrà sempre non poca importanza essendo, credo, la prima volta, che il Gabinetto di Vienna fa sentire direttamente al Vaticano la sua voce sull'importante argomento dell'elezione del futuro Papa.

(l) Cfr. n. 201.

267

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 357. Pietroburgo, 7 febbraio 1874 (per. il 15).

La Circolare dell'E. V. in data del l" Gennaio (2) e indirizzata al Barone Marochetti era già nota a questa Cancelleria Imperiale, credo per communicazione fattale dalla Legazione Russa presso la nostra Corte. All'E.V. è ben noto come il Principe Gortschakoff mantenga in tutto ciò che riguarda le nostre controversie col Vaticano la più grande riserva e procacci d'evitare qualunque ingerimento in tutte le dichiarazioni o negoziati che vi si riferiscono.

Io non ebbi occasione fin'ora d'intrattenerlo direttamente delle cose contenute in quell'importante documento, il che non mancherò d'operare alla prima occasione che me ne sarà offerta.

Ebbi intanto a farne parola un tratto col Signor di Jomini, Direttore poli· tico di questo Ministero degli Affari Esteri. Esso ebbe a lodare grandemente lo spirito d'imparzialità e di temperanza che regna in quell'esposizione della politica del R. Governo rispetto all'esercizio spirituale della Sovranità Pontificia e a confortarci perché da noi si perseverasse in tali intendimenti ch'Egli mostrava considerare come più conformi alla civiltà de' tempi e al mantenimento della pace, che non sieno quelli di aperta ostilità a cui mirano gli atti della cancelleria alemanna.

Il mio interlocutore si rallegrava sovrattutto delle disposizioni manifestate dal R. Governo in vista della eventualità di una riunione del Conclave in Roma. Pareva dubitare che questa medesima temperanza ed imparzialità potesse da noi venir serbata, quando la forma legale e tradizionale dell'Elezione del Pontefice di Roma fosse turbata da qualche segreta risoluzione del Vaticano, sull'andare di quella di cui fu parlato da alcuni organi della stampa Germanica. Risposi che nessuna parte del documento inviato dall'E.V. alle Legazioni Estere accennava a codesta possibilità di mutamenti per parte nostra e che esso non conteneva minaccia o allusione di sorta contro i progetti di tal natura attribuiti alla Curia Romana. Soggiunsi brevemente, e come semplice espressione d'un mio sentimento personale, che qualunque mutazione nell'ordinamento interno della Chiesa che venisse dal Vaticano, da noi non potrebbe essere osteggiata che quando paresse destinata a turbare l'ordine e la sicurezza pubblica dello Stato e ad offendere i principi del nostro diritto internazionale. Ricordai con qualche insistenza la nostra legge sulle garanzie ed il principio della libertà reciproca che ne forma il fondamento, assicurando il diplomatico Russo che il Governo del Re in qualunque evento non se ne dipartirebbe che astretto dalla più manifesta ed imperiosa necessità.

(l) -Cfr. n. 217. (2) -Cfr. n. 201
268

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2288. Parigi, 8 febbraio 1874 (per. il 10).

Ho avuta ieri l'occasione d'intrattenermi con S. E. il Duca Decazes, intorno agli uffici che i Rappresentanti dell'Italia e della Francia al Brasile ed a Buenos Ayres ebbero istruzioni di fare presso i due Governi americani nel .senso del mantenimento delle relazioni pacifiche fra di essi, argomento questo del dispaccio di serie politica n. 499 che l'E.V. mi fece l'onore di dirigermi il 31 gennaio scorso (1).

Il Duca Decazes mi confermò le sue intenzioni di continuare a dare istruzioni nel medesimo senso ai Rappresentanti della Francia presso i Governi suddetti, e si mostrò tanto più proclive a farlo inquantoché le sue informazioni confermano il pericolo che i buoni rapporti fra il Brasile e la Repubblica Argentina possano essere compromessi. Gli uffici delle Legazioni d'Italia e di Francia, nel pensiero del Duca Decazes come in quello dell'E.V., dovranno naturalmente rimanere dentro i limiti dell'esercizio possibile d'una azione conciliante nell'intento di evitare un conflitto che tornerebbe sommamente dannoso agli interessi commerciali dell'Europa e particolarmente dell'Italia.

(l) Cfr. n. 255.

269

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1283. Berlino, 8 febbraio 1874 (per. l' 11).

Il 4 corrente un dispaccio da Roma, inserito nel foglio dell'Agenzia telegrafica Wolff, riferiva le parole pronunziate dall'E.V. in Parlamento il giorno 3, in risposta all'interpellanza dell'Onorevole Nicotera, relativa alla pubblicazione fatta l'anno scorso dal Generai Lamarmora.

Siffatte parole erano improntate di tanta simpatia per la Germania e rispondevano talmente al solo desiderio che poteva avere questo Governo, di fronte ad un incidente indipendente dal nostro volere, di veder l'Italia declinare ogni responsabilità in proposito ed affermare la sua amicizia per la Germania, che mi recai tosto dal Segretario di Stato, nella fiducia che egli mi avrebbe espresso cotali sentimenti in nome del Cancelliere Imperiale.

Il Signor di Biilow mi parlò bensì del suo soddisfacimento, ma quanto alle impressioni del Cancelliere Imperiale, con cui disse di non aver discorso a lungo, si limitò a riferirmi che questi erasi dimostrato assai contento di avere in mano un fatto positivo, grazie al discorso di V.E. Risposi pertanto al Segretario di Stato che mi premeva oltremodo di poter riferire al mio Governo l'impressione esatta del Cancelliere Imperiale, che egli era meglio d'altri in grado di apprezzare siffatto mio desiderio, -e che intanto aspetterei con impazienza di vederlo soddisfatto.

Non ricevendo nel frattempo nessun invito, benchè non mi sembrasse opportuno di non muovere altro passo, mi presentai di nuovo ieri al Ministero.

S.E. il Signor di Biilow mi fece dire che era stato chiamato dall'Imperatore e che gli rincresceva di non potermi ricevere.

La notte scorsa mi pervenne il telegramma, che riscontrai testè con altro telegramma dopo di essere ritornato dal Signor di Biilow (1). Questi mi riferì che il Principe di Bismarck aveva provato un vivo sentimento di soddisfazione nel leggere il testo, ricevuto ieri a Berlino, delle parole che V.E. aveva pronunziate, e colle quali aveva posto così bene in evidenza che non correva nessun

rapporto fra il R. Governo e il fatto rincrescevole di un privato, che i nostri comuni nemici volevano sfruttare a nostro detrimento. Il Principe di Bismarck ne era grato all'E. V. Ambo i Governi si erano così sbarazzati di ogni sembiante di attinenza in argomento così delicato, e ne risultava, grazie all'E.V., affermata più che mai la solidarietà che esiste fra la Germania e l'Italia. Il Signor di Keudell era incaricato per telegrafo di esprimerle i sentimenti del Principe di Bismarck.

Il Segretario di Stato nel discorrere poi confidenzialmente, mi invitò ad osservare come anche questi giornali sapevano apprezzare l'importanza e il pregio, in cui il discorso di V. E. va tenuto. Egli mi citava la Spenersche Zeitung di stamane. Avevo già letto questo giornale, il quale consacra un articolo amichevole al discorso di V.E., e sostiene in un altro articolo separato la polemica contro taluni nostri giornali. Benchè non si tratti di pubblicazioni di cui sia apertamente ammesso il carattere ufficioso, è tuttavia evidente donde parta la parola d'ordine, che i giornali tedeschi seguono.

A tal proposito mi premeva d'insistere di nuovo su questo argomento dei giornali. È da prevedere, osservai, che nessuna dichiarazione di Governo varrà a sopire una polemica, che più di un partito ha interesse di tenere viva. Qui per esempio la Germania ne approfitta per rivangare le cose del 1866 e risuscitare proclami di generali, tendenze rivoluzionarie etc., e le fanno eco fogli austriaci e ungheresi. In Italia vi sono giornali che non mancano di fare altrettanto; e si comprende troppo facilmente con quale intento. Tal giuoco è assai pericoloso. Pregavo il Signor di Btilow di farne l'osservazione al Principe di Bismarck, e di richiamare la sua attenzione sull'importanza che vi ha nel nostro comune interesse di non dare troppo facile orecchio alle elucubrazioni di fogli indipendenti dai Governi, i quali non rappresentano se non le tendenze o le passioni di questo o di quel partito.

Fra le ragioni che danno qui tanto valore alle dichiarazioni fatte dall'E.V. in Parlamento, non è ultima quella degli attacchi che probabilmente verranno mossi quanto prima nel Reichstag contro il Cancelliere Imperia~e, Ella ricorderà che nella seduta del 16 gennaio ultimo del Landtag prussiano, dopo che il Principe di Bismarck ebbe risposto all'Onorevole Mallinkrodt sopra l'argomento dei negoziati del 1866, l'Onorevole Windhorst, uno dei Capi della frazione del centro, rinunziò a parlare come lo aveva chiesto, riservandosi di farlo nel Parlamento Imperiale, dove certamente la quistione sarebbe stata trattata a fondo. Il punto di partenza dell'incidente era stato quello dell'accusa fatta ai Vescovi cattolici di essere rivoluzionarì. Non mancheranno pertanto i mezzi di risollevarla nel Reichstag. Ora più che mai, dacché la frazione del Centro ha sul cuore l'incarceramento testè seguito di Monsignor Ledockowsky nelle prigioni di Ostrowo. Il Cancelliere Imperiale vuole aver in mano di che rispondere a chi lo rappresenta come colui che nella lotta fra Chiesa e Stato ricorre a mezzi che gli tolgono ogni simpatia di altri Governi liberi.

Ieri fu tenuto in questo Palazzo di città un meeting per rispondere all'altro meeting riunitosi ultimamente a Londra, e per affermare la solidarietà delle nazioni inglese e tedesca nella lotta per la libertà civile e rE?ligiosa dei popoli.

(l) Cfr. t. in partenza 20 del 7 febbraio e t. in arrivo 69 dell'8 febbraio non pubblicati: richiesta delle imnressioni di Bismarck circa il discorso di Visconti Venosta al Parlamento e risposta di Tosi, che è un sunto del presente rapporto.

270

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L.P. Roma, 9 febbraio. 1874.

Prendo la penna, per non lasciar partire il corriere senza scrivervi una riga, ma non ho, per verità, gran cosa a dirvi.

Il fatto più importante in questi giorni fu il viaggio dell'Imperatore di Austria a Pietroburgo. Ora su questo fatto sono i vostri .rapporti che leggo, solo posso aggiungere che le relazioni che ricevo da Pietroburgo confermano i vostri apprezzamenti.

Nulla di nuovo sulla nostra politica estera. Dopo la dichiarazione del Duca Decazes le nostre relazioni colla Francia sono entrate in una fase di calma. Il Marchese di Noailles che fu ricevuto ieri da Sua Maestà mi tenne nel modo il più esplicito e in nome del suo Governo un linguaggio improntato dal vivo desiderio di avere coll'Italia delle amichevoli e sicure relazioni. Il Marchese di Noailles espresse anche, in nome del Duca Decazes, l'adesione del Governo francese al concetto espresso nella Circolare sulla riunione del Conclave a Roma. È certo che in Francia v'è ora non nota migliore tendenza a comprendere i pericoli delle agitazioni clericali per la politica estera. E, siccome l'Italia ha bisogno di un periodo non solo di pace, ma anche di fiducia nell'avvenire di questa pace, questo stato di cose ci giova. Ma nell'incertezza delle condizioni francesi tutto ciò, a' vostri occhi ed a' miei, ha piuttosto un valore di circostanza che apprezzo, che non un valore assoluto.

All'interno la situazione parlamentare del Ministero si chiarirà meglio nella discussione delle leggi finanziarie che verrà dopo Pasqua. Il connubio del ministero colla sinistra è una esagerazione. Il vero è che un certo numero di deputati, fra i quali non ve n'ha alcuno che possegga una significazione politica, e che senza avere idee diverse da quelle del partito moderato, votavano, finchè v'era Rattazzi, colla sinistra, per considerazioni d'ordine piuttosto amministrativo che politico e per ragioni personali o locali, ora che, colla morte di Rattazzi, venne a cessare una certa guarentigia conservatrice e una vicina probabilità per la sinistra di diventare un Governo, subiscono una evoluzione parlamentare che li stacca dalla parte radicale dell'opposizione per avvicinarli al Governo. Questa evoluzione si compirà o non si compirà seriamente? Le leggi finanziarie lo proveranno. Ma frattanto tutto ciò non potrà in alcun modo modificare l'attuale indirizzo della politica interna, estera e finanziaria del Gabinetto. Se la Camera respingesse, nella parte loro più importante, i provvedimenti finanziari proposti dal Governo, credo probabile lo scioglimento e le elezioni generali. Le elezioni, nelle circostanze attuali, non modificherebbero forse di molto lo stato dei partiti nella Camera; a mio avviso però, il loro risultato più probabile sarà quello di far perdere un certo numero di seggi all'opinione più avanzata in favore delle tendenze conservatrici e moderate. Non ho altro da aggiungere per ora.

271

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L.P. Berlino, 9 febbraio 1874.

Nel dispaccio politico n. 1285, in data di oggi (1). Le riferisco le cose dettemi

da Aristarchi-Bey e dal Signor di Btilow relativamente alla nomina di un Am

basciatore turco a questa Corte. Mi sono però limitato a riferire ufficialmente

la parte ufficiale della mia conversazione col Segretario di Stato, e sarà bene

che io Le comunichi ancora per lettera alcuni particolari di una indole con

fidenziale.

Il Signor di Btilow, dopo avermi esposto in quali termini era stata convenuta la elevazione di questa Legazione di Turchia al rango d'Ambasciata, aggiunse che se ne era tosto informato il Signor Keudell, onde questi alla sua volta ne facesse parola aH'E.V. • Quantunque non vi sia stata da parte vostra, come da parte della Turchia, una proposta ufficiale, tuttavia ci è noto, come voi sapete, che il Governo italiano sarebbe stato disposto ad addivenire esso pure alla nomina di un Ambasciatore. E benchè, nè il Re, nè i suoi Ministri, ne abbiano fatto menzione discorrendo qui con il Principe di Bismarck, era bene tuttavia che il Signor di Keudell facesse conoscere a S.E. il Cavalier Visconti Venosta come stanno le cose a tal riguardo dal nostro punto di vista. Il Principe di Bismarck non è per il momento in grado di proporre all'Imperatore la nomina di nuovi Ambasciatori: la posizione di questi ultimi non è quale, secondo lui, dovrebbe essere: egli stima necessario che un diplomatico tedesco possa essere chiamato, quando occorre, ad assumere le funzioni di Ministro, anche quando rivestì già la qualità di Ambasciatore: sinora l'Imperatoro noi'. !-:a accclto questa i~ea, ed è perciò che il Principe di Bismarck non crede che convenga, sino a nuovo ordine, nominare dei nuovi Ambasciatori. Se il vostro Governo consentisse a non esigere la reciprocità, contentandosi invece, come la Turchia, che siffatto principio fosse ammesso in massima, nulla osterebbe certamente alla nomina di un Ambasciatore italiano a

Berlino. Ma una simile idea non avrebbe l'approvazione del Cavalier Viscor.ti Venosta •.

Ignoro se il Signor de Biilow alludesse, in questo dire, alla comunicazione che il Signor de Keudell fece sino dal 21 Gennajo a V.E., a titolo confidenzialissimo, dicendo di aver avuto l'istruzione di esprimere cotali idee, soltanto quando venisse interpellato sull'argomento dell'Ambasciata e stimasse opportuno di valersi delle informazioni trasmessegli.

Siccome da parte mia non avevo in proposito, nè informazioni dirette, nè istruzioni da adempiere, ne feci l'osservazione al Signor di Biilow, soggiungendo che perciò potevo esprimere con piena libertà il mio modo di vedere sovra la confidenza che egli mi faceva.

• Comprendo benissimo, gli dissi, che S. E. il Cavalier Visconti Venosta non sia entrato nell'ordine di idee che avete messo avanti, e ne sono assai lieto per il mio paese. Non si tratta qui di esigere una reciprocità. Si tratta di dare alla rappresentanza dei due Stati un più evidente carattere di intima amicizia, quando entrambi i Governi riconoscono di proprio impulso il vantaggio incontestabile di una simile misura. L'esempio della Turchia non può valere di norma per l'Italia. E sono convinto che il Principe di Bismarck apprezzerà altamente il sentimento del Cavalier Visconti Venosta. Non comprendo però come, nello scrivere al Signor di ~eqdell, voi abbiate voluto aprire la via ad un desiderio del Governo del Re, il quale, voi dite, era noto al Principe di Bismarck quantunque non se ne fosse parlato ufficialmente, e quantunque nessuno ne avesse fatto allusione nello scorso Settembre discorrendo qui a Berlino con il Cancelliere Imperiale. È importante, secondo me, di rettificare questo punto •.

E qui feci menzione delle cose che, lungo tempo prima del viaggio del nostro Re a Berlino, V.E. aveva dette al Conte di Wesdehlen, in conferma delle parole del Conte de Launay: come pure, e su di ciò insistei ripetutamente, delle considerazioni di somma discrezione e di riguardi personali per il Principe di Bismarck, che avevano persuaso di non toccarne motto con quest'ultimo a Berlino.

Il Signor di Biilow notava che, a dir vero, non si potevano considerare siffatti precedenti al pari della proposta ufficiale che il Sultano aveva fatto fare in modo così esplicito. • Ciò non toglie, egli aggiungeva, che si riconosca il valore ufficiale delle conversazioni che il Conte de Launay ebbe qui su tale argomento, anche con me dacchè occupo il posto di Segretario di Stato •. Tuttavia, io lo pregai con insistenza di riferire al Principe di Bismarck ciò che gli avevo rammentato, sia riguardo al Conte di Wesdehlen, sia relativamente ai motivi del silenzio serbato a Berlino da V.E. e dal commendator Minghetti. Se per avventura esisteva in proposito qualche dubbio, credevo importante che il Principe di Bismarck conoscesse esattamente lo stato reale delle cose: e ciò, qualunque fossero attualmente per essere le disposizioni e convenienze reciproche, relativamente alle quali io non avevo ricevuto verun incarico da V.E. Anzi notando bene tale considerazione, avrei voluto fare anche osservare al Cancelliere Imperiale che, in questo momento, la nomina di Ambasciatori sarebbe stato un ottimo mezzo per fornire una prova ben evidente che l'Italia e la Germania vivono in quell'intimo accordo che da taluni si vorrebbe distruggere. Di fronte ai nostri avversari un tal mezzo non era da porre in non cale.

Dacché il Conte de Launay è assente da Berlino, fu questa la prima volta che il Signor di Biilow entrò in conversazione con me sull'argomento delle Ambasciate. Più volte gli avevo fornito l'occasione di parlarmi degli intendimenti del Principe di Bismarck a tal riguardo. Trovavo difatti che rimaneva aperta una lacuna spiacevole, dopo l'iniziativa presa dal nostro Governo. Ma sempre il Signor di Biilow si era rinchiuso in un rigoroso silenzio, dopo di avermi detto una volta che conveniva di lasciar dormire siffatta quistione, la quale avrebbe guadagnato con l'essere lasciata per ora in disparte.

Le ultime parole, che citai più sopra, del Signor di Biilow proverebbero che il Principe di Bismarck non può aver avuto motivo nè volontà di attribuire alla iniziativa personale del Conte de Launay l'origine dei passi che dettò il nostro Governo. Le ho pertanto ascoltate con viva soddisfazione, benchè un simi1e modo di vedere non fosse stato mai espresso a noi direttamente. Ciò nondimeno, sia in vista di tale considerazione, sia perchè l'esempio dell'Austria, della Francia, dell'Inghilterra e della Russia, sono per noi di ben altro peso che non quello della Turchia, mi sembra che conviene, come ebbi già l'ardimento di scriverlo, perseverare nello insistere perchè si renda, al più presto, possibile la reciproca istituzione di Ambasciate.

Nel dispaccio politico N. 1283 (1), riferii jeri a V.E. le cose dettemi dal Signor di Biilow sul discorso del 3 corrente e sulla viva soddisfazione che ne esprimeva il Principe di Bismarck. V.E. avrà rilevato da quel rapporto, che non fu in me trascuranza se nulla scrissi prima di jeri a tal riguardo. Dopo di essermi presentato due volte dal Segretario di Stato, non era il caso di bussare con troppo insistenza alla porta di questo Ministero. Il discorso di

V.E. era stato la espressione degna ed esplicita della situazione fatta al nostro Governo da uno spiacevole incidente, del quale non si poteva ragionevolmente far risalire responsabilità alcuna al Governo del Re. Le parole dette da Lei in Parlamento erano tali, da dover essere tenute qui in alto pregio. Ero convinto che il Principe di Bismarck ne aveva provato vivissima soddisfazione, e Lord Odo Russell mi aveva detto che lo sapeva. Ma stimai che il mio dovere era di aspettare la versione ufficiale e spontanea di cotale sentimento del Principe di Bismarck, per farne l'oggetto di una comunicazione a V.E.

(l) Non pubblicato.

272

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI

D. 84. Roma, 11 febbraio 1874.

Ringrazio V. S. Illustrissima del rapporto in data del 2 gennaio (2) col quale Ella mi ha informato della conversazione avuta con codesto Signor Ministro degli Affari Esteri circa le relazioni del Portogallo col Gabinetto di Vienna in ordine alla elezione del futuro Pontefice, nonchè sovra le tendenze politiche di altri Governi nelle quistioni relative alla situazione presente deJ Pontificato romano.

Ella vorrà porgere in mio nome i più vivi ringraziamenti a S.E. D. Andrade Corvo per la fiducia che egli ci dimostra nel tenerci informati dei passi che fa il Portogallo in una quistione nella quale dal canto nostro non abbiamo mai desiderato altro che d'intenderei e di procedere d'accordo col Gabinetto di Lisbona.

V.S. vedrà dai rapporti del R. Inviato a Vienna (rapporti dei quali Le trasmetto qui unita una copia per sola sua informazione) che il Conte di Robilant ha potuto a sua volta seguire da vicino tutto ciò che si è fatto colà nel senso di predisporsi per la eventualità, comunque lontana, di una vacanza della S. Sede.

Da un telegramma direttomi da V. S. il 4 corrente (l) ho saputo che Ella avea potuto comunicare a codesto Governo il mio dispaccio del l • gennaio (2) sulla nomina dei cardinali e sulla libertà assicurata in Italia al conclave. Io spero che quella mia comunicazione avrà prodotto a Lisbona lo stesso buon effetto che ebbe a Vienna. Anche negli altri paesi si è reso omaggio in questa occasione ai sentimenti che animano il Governo italiano e che ispirano i suoi atti nelle materie interessanti l'indipendenza e la sicurezza del Papato.

(l) -Cfr. n. 269. (2) -Cfr. n. 205.
273

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (3)

D. 88. Roma, 11 febbraio 1874.

Ho preso in attenta considerazione il rapporto di V.S. Illustrissima in data del 17 gennaio ( 4) relativo alla riforma giudiziaria. Ella mi ha fatto conoscere lo stato delle trattative in corso a tale riguardo fra il Governo del Khedive ed il Gabinetto di Vienna, trattative che offrono ancora notevoli divergenze sovra un punto abbastanza importante. Molto opportunamente Ella osserva che la questione relativa alla competenza dei nuovi tr,ibunali sopra gli affari pendenti non è di quelle che possono risolversi separatamente dai singoli Governi.

Essa tocca ad un interesse al quale partecipano ugualmente tutti i paesi che hanno colonie ed affari commerciali in Egitto.

Anche la Francia non si è ancora definitivamente pronunziata. Alcune delle riserve che il Governo Francese avea fatte e che furono recate a cognizione anche del Governo del Re, toccano alla sostanza del progetto della riforma nè potrebbero conseguentemente venirvi introdotte senza un preventivo concerto delle potenze.

Da un R. Agente all'estero che ebbe l'opportunità di vedere la corrispondenza del Ministro Imperiale di Russia sovra questo soggetto, fui poi recentemente informato che quel Governo ha respinto la proposizione fattagli d:1l suo Ambasciatore a Costantinopoli di rinunziare puramente e semplicemente al beneficio delle capitolazioni in Egitto. Non pare che a Pietroburgo si volesse per ora compromettere con una risoluzione di m:;tssima la gravissima

(31 Un estratto di questo dispaccio è edito in LV 21, pp. 252-253.

quistione del valore delle capitolazioni vigenti con l'Impero ottomano negli Stati vassalli della Turchia.

In questo stato di cose, pur augurando all'Egitto di superare ben presto le ultime difficoltà che ancora si oppongono alla esecuzione della riforma giudiziaria, non troverei necessario di pronunciarmi in merito alla domanda di Nubar Pascià di cui è cenno nel sovramentovato rapporto di V.S. Illustrissima tanto più che io avrò probabilmente ad intrattenere di quest'argomento V.S. a tempo più opportuno facendole allora conoscere la mente del Governo a tale riguardo.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 201. (4) -Cfr. n. 222.
274

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 893. Roma, 13 febbraio 1874 (per. il 14).

Il noto Bakounine, già argomento di precedenti corrispondenze, ha scritto ultimamente da Locarno (Svizzera) alla Federazione Internazionale di Firenze, invitandola a mandare a lui uno dei loro, per ricevere importanti comunicazioni. La persona a tal uopo designata dalla Federazione, fu un tal Natta Francesco, il quale partito per Milano, non risulta che sia ancor tornato.

Interessando di conoscere a quali altri maneggi possa riferirsi codesta chiamata, prego l'E.V. di far praticare indagini intorno al Bakounine, per iscoprire possibilmente dai suoi atti e dal suo contegno, quali nuove speranze nutra ora la setta che egli rappresenta, e attenendosi da queste osservazioni qualche indizio, Le sarò tenuto se vorrà ragguagliarmene.

275

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 13 febbraio 1874.

Già coi miei rapporti ufficiali vi ho informato della favorevolissima accoglienza che la vostra circolare del l o gennaio (l) ebbe a trovare tanto presso il Conte Andrassy quanto presso l'Imperatore, ciò Voi sapete d'altronde già, il Conte Wimpfen essendo stato incaricato di esprimervi al riguardo i ringraziamenti e la soddisfazione del Governo Imperiale. Conseguenza di ciò fu il dispaccio al Conte Paar, di cui già vi annunciavo il prossimo invio e che oggi mi risulta sia stato firmato prima della partenza dell'Imperatore per Pie

troburgo. Non ne conosco ancora il tenore, so però, che se per non ferire troppo l'animo del Santo Padre, il Conte Andrassy non ha preso per punto di partenza del suo ragionamento il Vostro documento, ne ha però fatta rilevante menzione facendo capire come egli stesso dicevami: che se il Vaticano crede dover mostrare di non dar peso alle guarentigie assicurate al Conclave dal Governo Italiano, il Governo Imperiale dal canto suo le ritiene cosa molto seria, e vi annette grande importanza. Riuscendomi saperne di più, non mancherò comunicarvelo. Ad ogni modo, come già vi dissi, l'importante per me in questa questione, si è che l'Austria abbia parlato, ed anzi abbia ciò fatto in un certo accordo con noi, evitando invece di collegar la sua azione con quella della Francia. A questo proposito d'altronde, il Conte Andrassy dicevami: il Duca Decazes non insistere più, come erasi fatto dal suo predecessore, onde ottenere dalle potenze cattoliche un atto di collettiva guarentigia a darsi al Santo Padre in riguardo al futuro conclave. Egli soggiungevami poi tosto • ad ogni modo d'altronde non accetterei mai di entrare in negoziati di questo genere colla Francia, troppo incerto essendo il suo avvenire, e nessuno essendo in grado di prevedere se gli uomini coi quali si tratterebbe oggi saranno ancora al potere domani •. Il guajo però si è che neppur qui lo stato di cose non ha grande apparenza di stabilità. La corrente clericale che venendo dalla Francia passa per la Germania del Sud, minaccia anche l'Austria. Gli uomini più eminenti dell'attuale Ministero Austriaco si sentono poco fermi in sella e nol nascondono; uno fra essi dicevami anzi pochi giorni fa chiaramente ritener non molto lontano un cambiamento di scena. A me la cosa non pare tanto probabile, poichè in fin dei conti gli attuali Ministri hanno oltre l'appoggio della Camera la fiducia della grande maggioranza del Paese; inoltre dipende quasi esclusivamente dalla loro presenza nei consigli della Corona il mantenimento della buone relazioni colla Prussia, e troppo grave sarebbe il pericolo a cui s'andrebbe incontro rompendo queste, perchè l'Imperatore non vi pensi seriamente, e ciò tanto più dopo il suo viaggio a Pietroburgo. Non conviene però nascondersi che le leggi confessionali testè presentate al Reichsrath possono avere pericolose conseguenze, infatti non conviene illudersi, esse contentano pochissimi per non dire nessuno, essendo troppo per gli uni, troppo poco per gli altri. Certamente il partito liberale mostrerebbe gran senno pratico accettando concorde per intanto quanto

gli si dà, riflettendo che se non lo accetta oggi è più che probabile non gli se lo offrirà più domani. Ma questo senno l'avrà? Lì sta la questione, sulla quale emettere con certezza un avviso oggi, è assai difficile. Intanto qui altri fastidi non mancano; la crisi di Borsa ha prodotto gli effetti che aveva preveduto, cioè la crisi commerciale e quella industriale; i provvedimenti presi troppo tardi a nulla servirono, ed attualmente nella sola Vienna si hanno 20 mila operai di varie professioni senza lavoro. Fortunatamente nevicò e molto anche, locché darà lavoro per un pajo di giorni, ma poi!

La seconda fase in cui è entrato il libro di La Marmora ha destato qui molto interesse, rallegrato non .poco il partito clericale, e non ha fatto dispiacere al Conte Andrassy, né all'Imperatore. Sua Maestà me ne ha parlato, e tuttochè biasimasse l'operato del Generale La Marmora, mostrava rallegrarsi della luce in cui veniva così posta l'attitudine del Principe di Bismarck nel 66 a fronte del

l'Austria. Insomma questa questione è stata anche qui un succès complet, che mercè il Generale La Marmora il partito clericale ha riportato contro la Prussia, e conseguentemente a danno anche dell'Italia. Mi è però grato il potervi dire, che tanto la vostra risposta all'interpellanza Nicotera, come l'attitudine della Camera in quella circostanza incontrarono qui l'universale approvazione del partito liberale, e l'Imperatore stesso malgré tout si è espresso meco nello stesso senso.

Il discorso della Corona all'apertura del Parlamento germanico ha prodotto qui abbastanza buon effetto, venendo in parte a calmare le apprensioni destate dal chauvinisme del linguaggio tenuto in questi ultimi tempi dai giornali Prussiani, ed anche dall'attitudine alquanto altiera assunta dal Principe di Bismarck rispetto alla Francia ed al Belgio, ed un pochino anche verso l'Italia, a proposito del malaugurato incidente La Marmora. Il Conte Andrassy però non fu molto contento dell'ultimo passo del discorso in questione, in cui è messo in rilievo che la Germania trova la sua maggior guarentigia di pace nell'amicizia di quegli Stati a Lei legati da tradizioni storiche! Quali sono questi Stati• dicevami, non Voi, neppur noi, dunque la Russia! E ciò malgrado si fosse alla vigilia del viaggio a Pietroburgo, producevagli eguale gusto che il fumo negli occhi.

(l) Cfr. n. 201.

276

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 71. Costantinopoli, 14 febbraio 1874, ore 5.30 (per. ore 10.50 del15).

Grand Vizir est destitué. Seraskiere Hussein Avni Pacha a été nommé à sa place. Aucun autre changement pour le moment.

277

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 74. Costantinopoli, 16 febbraio 1874, ore 19.50 (per. ore 9.50 del 17).

Le ministre des Affaires Etrangères m'a dit que la Sublime Porte a élévé sa légation à Berlin au rang de ambassade avec promesse réciprocité qui ne peut avoir lieu de suite puisque l'Allemagne n'a pas encore installation convenable en ville ni à la campagne. Ministre des Affaires Etrangères a ajouté que la Sublime Porte serait disposée à agir du mème envers l'Italie si elle était assurée de la réciprocité. J'ai dit que le Gouvernement Italien n'avait nulle part des ambassadeurs, mais que je croyais devoir informer V. E. de ce qu'il venait de me dire.

278

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI

D. 65. Roma, 17 febbraio 1874.

L'Incaricato d'Affari di Spagna mi ha comunicato ieri ufficialmente il

decreto del suo Governo contenente la dichiarazione di blocco della costa di

Cantabria dal capo Gefias sino a Fuenterrabia, eccettuati i porti di Gijon,

Santander e San Sebastiano. Il blocco incomincerà il 20 corrente e sarà man

tenuto in conformità del regolamento del 26 novembre 1864 fatto in !spagna

in occasione della dichiarazione del blocco delle coste peruane.

Sebbene dalle disposizioni di questo ultimo regolamento risulti che il blocco non produrrà i suoi effetti che nei casi preveduti nel diritto internazionale e quando sarà effettivo, io ho stimato tuttavia che, nel ricevere la comunicazione dell'Incaricato d'Affari di Spagna, fosse necessario fare una speciale riserva a tale riguardo. Nè io ho credutò che bastasse dichiarare la necessità dell'effettività del blocco perchè questo abbia da essere riconosciuto, ma ho pure giudicato opportuno di estendere le mie riserve alla questione preliminare delle conseguenze giuridiche di una dichiarazione di blocco allorchè non esistono belligeranti riconosciuti.

V.S. Illustrissima nel suo telegramma del 14 (l) mi ha già annunziato che, sopra questo punto di diritto l'Inghilterra pareva disposta a fare delle riserve a Madrid. Non è questa la prima volta che per provvedere al ristabilimento della tranquillità interna di alcune provincie un Governo si decide a dichiarare il blocco di una parte del suo litorale. Si hanno esempi di tale provvedimento in Turchia dove furono in tempi diversi dichiarate in istato di blocco le coste d'Albania e l'isola di Creta. Anche in Italia durante i disordini avvenuti in Sicilia, fu dichiarato il blocco del litorale di quell'isola. È malagevole il determinare ·con precisione se ai provvedimenti che ciascun Governo ha facoltà di adottare per la propria sicurezza entro il limite delle sue acque territoriali si possa applicare il nome di blocco. È certo però che tut<:i i Governi hanno la scelta dei mezzi che giudicano confacenti allo scopo di mantenere la sicurezza interna mediante una efficace polizia del mare territoriale.

La quistione adunque non si può presentare sulla facoltà che può spettare alla Spagna di prendere tale o tal altro provvedimento per lo scopo sovra indicato. Il punto controverso consiste nel sapere se ai contravventori stranieri di quei provvedimenti potrebbero applicarsi le regole del diritto marittimo pei casi di violazione di blocco effettivo. Queste regole sono general

mente riconosciute e reciprocamente ammesse come una naturale conseguenza dello stato di guerra. E lo stato di guerra si distingue da quello in cui trovasi un paese in rivoluzione finchè gl'insorti non siano stati implicitamente ed esplicitamente dichiarati belligeranti.

Se, come io voglio sperare, nessun bastimento italiano vorrà mettersi in contravvenzione coi Decreti del Governo di Madrid, la riserva che io ho fatto al marchese del Mora! e che V. S. vorrà ripetere a codesto Signor Ministro delle relazioni estere, basterà a mantenere impregiudicata la quistione. Ma se presentandosi una fattispecie noi dovessimo esser chiamati a trattare e risolvere il punto controverso, V.S. vorrà ricordarsi anzitutto che nelle quistioni di diritto marittimo ancor più che nelle altre si verifica il detto forense che ex facto oritur jus e quindi Ella vorrà anzitutto raccogliere minutamente tutte le indicazioni riferentisi alle circostanze di fatto e darne notizia al Ministero riservandogli l'apprezzamento tanto della quistione di fatto come di quella di diritto.

Una speciale avvertenza debbo ancora aggiungere a questo riguardo, e questa concerne la data in cui ci è stata fatta la comunicazione ufficiale delle disposizioni prese per la costa di Cantabria. Ella vorrà a-questo riguardo far notare in qualunque caso si presentasse che la notificazione fattaci il giorno 16 di disposizioni che entrano in vigore col giorno 20 di febbraio non potranno essere conosciute dai naviganti italiani in tempo utile.

(l) Non pubblicato.

279

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1291. Berlino, 18 febbraio 1874 (per il 22).

Ebbi stamane l'occasione di discorrere col Segretario di Stato del viaggio dell'Imperatore d'Austria-Ungheria a Pietroburgo, il solo fatto che in questo momento presenti uno speciale interesse quanto alla politica estera.

S. E. il Signor di Biilow prese argomento · dalle dicerie, che si vollero spargere a tal riguardo a danno della Germania (1), per esprimere invece la piena fiducia di questo Governo nella solidità dei suoi rapporti con la Russia e con l'Austria-Ungheria. Egli si rallegrava meco che anche la polemica sollevata in seguito agli attacchi diretti nel Landtag prussiano, il 16 dello scorso mese, contro il Principe di Bismarck, fosse quasi cessata senza che l'incidente stesso abbia potuto scuotere la fiducia reciproca tra i Governi d'Italia e di Germania. • È stato questo, diceva egli, un nuovo tentativo che i nostri avversari hanno fatto nell'intento d'intorbidare i nostri rapporti con voi e con l'Austria. Ma il colpo andò fallito. Per quanto concerne l'Austria, non fu questo il primo tentativo: se ne fecero ben altri. La pertinacia che si adopera nel voler conseguire un tale scopo, è prova dell'importanza di quell'amicizia che si vorrebbe veder rotta. Ma, sin da quando si trattò di ristabilire anche con Vienna quell'intimità che esigeva una dimenticanza assoluta di un passato ostile, le spiegazioni che la precedettero furono da una parte come dall'altra

schiette, complete, senza riserva, tali da escludere ogni rancore retrospettivo. La nostra amicizia con l'Austria-Ungheria è ora uno dei cardini essenziali della nostra politica •.

Il Gabinetto di Berlino, sia per gli interessi politici che nella situazione attuale dell'Europa prevalgono a Pietroburgo e a Vienna, sia per la stretta amicizia che, come è noto all'E. V., lega lo Tsar all'Imperatore Guglielmo, non può temer danno dal convegno di Pietroburgo. Soltanto, esso vigilerà sempre con somma gelosia, perché non riesca ad altri di ridestare in Vienna la memoria degli antichi guai.

Relativamente al viaggio a Pietroburgo di questo Ambasciatore di Francia, il Segretario di Stato mi disse soltanto che il Visconte Gontaut-Biron, prima d'annunziargli la sua partenza il 16 corrente, lo aveva già informato, alcune settimane sono, di aver ottenuto un breve congedo, del quale avrebbe approfittato appena ciò gli sarebbe stato possibile.

(l) Cfr. R. 1290 del 17 febbraio di Tosi, non pubblicato.

280

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 358. Pietroburgo, 18 febbraio 1874 (per. il 24).

S. M. L'Imperatore d'Austria giunse in Pietroburgo il 13, ed il Corpo diplomatico qui residente ebbe l'onore di essergli presentato lunedì 4j16. La Maestà Sua indirizzandomi la parola, ricordò con sensi di singolare compiacenza il viaggio del Re nostro Augusto Sovrano in Vienna.

In occasione della visita dell'Imperatore Francesco Giuseppe in questa metropoli, la Legazione Austro-Ungarica presso la Corte di Russia fu elevata al grado di Ambasciata, senza nulla mutare per altro al personale della missione in Pietroburgo, nè a quello della missione Russa in Vienna, rimanendo il Generale Langenau quale Ambasciatore in Pietroburgo ed il Signor Novikoff quale Ambasciatore Russo presso la Corte Austro-Ungarica.

Ho l'onore di porre sott'occhio dell'E. V. le parole (l) pronunziate dallo Czar nel propinare alla salute dell'Augusto Suo ospite al banchetto che ebbe luogo nel palazzo d'Inverno il giorno 3 del corrente, nonché quelle con cui fu risposto dall'Imperatore Francesco Giuseppe, secondo il riferimento ufficiale fattone dal giornale francese di Pietroburgo del 5/17.

Il concetto espresso da Alessandro II in questa occasione fu quello che può considerarsi come dominante e informativo di tutta la sua politica, a quel modo che ebbi occasione di significare al R. Governo in più di un rapporto di questo mio carteggio ufficiale, e fu per avventura col vivo della voce espresso con più forza e chiarezza che dalla relazione del giornale non apparisce.

E tal concetto si è quello di un accordo intimo fra i tre potentati del Nord pel mantenimento dell'ordine e della pace Europea, rimovendo come preoccu

pazione secondaria qualunque cagion di dissidio particolare fra esse e procacciando di ristabilirne l'alleanza nella medesima forma che prevalse durante la prima metà del secolo, prima che i nuovi e grandi avvenimenti si compissero.

(l) Non si pubblicano.

281

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AI MINISTRI A LONDRA, CADORNA, E A PARIGI, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

D. Roma, 19 febbraio 1874.

Sarà noto probabilmente anche al Governo presso il quale V. S. ha l'onore di essere accreditato che da parecchi anni verte fra la Repubblica Argentina e il Chilì una questione di dominio sopra la Patagonia e le isole adiacenti che formano lo stretto di Magellano. Recentemente, il Governo Cileno ha fatto ai rappresentanti esteri accreditati a Santiago una comunicazione ufficiale sopra questo affare, pel quale esso sembrerebbe inclinare a sottoporsi a un giudizio arbitrale. Contemporaneamente il Chilì fa intendere che esso propenderebbe a far dichiarare la neutralità dello stretto di Magellano, obbligandosi dal canto suo a mantenere quel passaggio libero alla navigazione, senza percepire altra tassa fuorché quella che si vorrebbe stabilire per il mantenimento di un buon sistema di fari.

L'importanza che può acquistare il passaggio dello stretto di Magellano quando i territori che lo formano venissero convenientemente colonizzati, e un Governo regolare vi assumesse gli occorrenti regolari servizi amministrativi, mi induce a incaricare la S. V. Illustrissima di conferire officiosamente sopra questo affare con codesto Ministro degli affari esteri, sia per conoscere quale risposta esso abbia fatto al Governo Cileno, sia per valutare l'interesse che costì si annette alla vertenza in discorso. Acciocché a V. S. non manchino le necessarie informazioni per poter conversare di questo affare con piena cognizione di causa, Le mando, unitamente a questo dispaccio, copia della Nota del Governo Cileno e di un rapporto del R. Vice Console a Santiago (1), che espone con chiarezza lo stato presente della questione.

282

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1294. Berlino, 22 febbraio 1874 (per. il 25).

Da alcuni giorni circolava qui la voce che erano state intavolate delle trattative fra il Gabinetto di Berlino e la S. Sede, per trovar modo di porre un

termine al conflitto che si è spinto tanto oltre fra il Governo Imperiale e la Chiesa Cattolica.

Siffatta voce è fondata sovra due ordini di considerazioni. Si vuole da taluni che il piano del Cancelliere Imperiale sia stato sin dal principio della vertenza quello di preparare il terreno nel modo il più favorevole, onde il Governo Imperiale potesse venire poi con ogni maggior possibiì.e vantaggio ad un regolamento con la Santa Sede della condizione dei Cattolici in Germania. E che, in cotale intt:;nto, egli abbia condotto le cose al punto da rendere la Santa Sede pieghevole a molte transazioni, pur di non essere totalmente esclusa dalla Germania. Le leggi ecclesiastichti decretate qui nel maggio 1873, quelle che vennero presentate ora al Parlamento prussiano a complemento delle prime, i numerosissimi processi intentati contro preti cattolici, l'imprigionamento recente di Monsignor Ledochowski, l'eguale sorte che attende gli altri vescovi in Prussia, costituirebbero l'insieme di condizioni, che il Cancelliere Imperiale aspettava per presentare un aut aut alla Santa Sede.

D'altra parte si è notato che il partito cattolico del Parlamento Imperiale in questi ultimi giorni ha preso un'attitudine piena di riserva, quale conviene a chi riceve la parola d'ordine di sospendere ad ogni buon fine le ostilità. Esso si è astenuto dal prender parte alla discussione sollevatasi nell'incontro della prima lettura della nuova legge militare: non ha aperto bocca, quando i deputati dell'Alsazia Lorena sollevarono le loro proteste: e il Vescovo di Strasburgo raccolse il plauso del Reichstag, affermando che i suoi correligionari non volevano mettere in quistione il Trattato di Francoforte.

Riferisco queste considerazioni all'E.V., quantunque mi sembrino improntate di poca verosimiglianza. Al punto cui son giunte le cose, un tentativo d'accordo è possibile, ma non credo che possa avere un risultamento serio. La pastorale di questi Vescovi al Clero e ai fedeli della Germania farebbe difatti credere che, se si ebbe in vista un tentativo di riconciliazione, questo sarebbe andato a vuoto.

Siffatta pastorale porta la data del Febbraio 1874 e venne sottoscritta da tutti i Vescovi cattolici della Monarchia prussiana, meno l'Arcivescovo ,di Gnesen e Posen incarcerato a Ostrowo.

Ieri sera la Germania ne pubblicava il testo. Ho l'onore di congiungerlo qui, perché merita l'attenzione dell'E. V. (1).

Prendendo argomento dall'incarcerazione di Monsignor Ledochowski, colpevole del delitto di aver voluto soffrir tutto piuttosto che sacrificare la libertà della Chiesa di Dio e rinnegare la verità cattolica, i Vescovi approfittano della libertà, di cui attualmente godono ancora, per rivolgere ai loro diocesani alcune parole d'insegnamento e d'esortazione. In primo luogo essi si fanno a ribattere l'accusa loro lanciata di essere rivoluzionari, ribelli alla Potestà civile, e di avere senza cuore e senza coscienza ridotto essi medesimi la Chiesa cattolica in Germania, clero e popolo, nell'attuale difficile prova. Dopo aver quindi ricordato sovra quali cardini riposa la Chiesa cattolica universale, quali doveri essa impone al clero e ai fedeli, essi dimostrano come le leggi ecclesiastiche dello

scorso Maggio sieno tali da distruggere l'indipendenza della chiesa di Cristo e da tenerla affatto soggetta al potere civile, dipendente dalle mire dei Ministeri e delle maggioranze che predominano con l'interesse di .partito nei corpi politici. Ne adducono a prova il favore, di cui godono i Vecchi-Cattolici, e la qualità di Vescovo riconosciuta dal Governo in un uomo che nega i principii di fede cattolica universalmente ammessi. I Vescovi protestano di non essere mossi da alcun fine terreno: chiedono soltanto di poter vivere liberi, in pace e secondo la loro fede. Essi terminano coll'impartire al loro Clero ed ai fedeli tre esortazioni, perché forse ben presto non potranno più rivolger loro la parola. Giungerà forse il tempo, in cui i Vescovi e i loro Vicarii non potranno più reggere le loro Diocesi; in cui parrocchie cattoliche rimarranno prive di pastori e di servizio divino. Finché sarà dato ai Cattolici di ascoltar la messa e di ricevere i santi sacramenti da un prete regolarmente istituito, lo facciano senza lasciarsi scuotere da difficoltà di sorta. Si tengano però i fedeli !ungi da un ecclesiastico che non abbia nessuna comunanza col loro Vescovo e col Sommo Pontefice. I fedeli dovranno allora fortificarsi a vicenda e educare con ogni zelo i figli nella fede cattolica. In secondo luogo i Vescovi ammoniscono i fedeli di non lasciarsi trascinare dall'ira per nessuna ingiustizia di cui sieno per essere vittime, ma di perseverare invece nell'obbedienza verso le Autorità e nell'amore dei loro concittadini. In ultimo essi raccomandano ai Cattolici di aver sempre fiducia in Dio e di riporre tutte le loro speranze nella preghiera: li invitano a pregare per l'Imperatore e Re, per la patria, per la Chiesa cattolica, pel Santo Padre, per i Vescovi e clero, e sovratutto per l'Arcivescovo di Gnesen e Posen, acciò Iddio lo fortifichi, lo consoli e voglia ridonargli presto la libertà.

Il tenore di questa pastorale presuppone nell'Episcopato cattolico della Prussia il convincimento che un accordo fra la Santa Sede e questo Governo è più lontano che mai di poter prevalere.

P. S. Qui unita una lettera particolare per V. E.

(l) Non si pubblicano.

(l) Non si pubblica.

283

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2291. Parigi, 22 febbraio 1874 (per. il 26).

Per opportuna informazione di codesto Ministero ho l'onore di qui unita inviare all'E.V. una relazione (l) che fu diretta dal Ministro degli Affari Esteri al Presidente della Repubblica di Francia per proporre l'istituzione d'una Commissione la quale avrà per iscopo di riordinare e completare gli Archivi diplomatici del Ministero degli Affari Esteri e di agevolare la pubblicazione dei documenti inediti in essi contenuti sulla storia di Francia.

(l) Non si pubblica.

284

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 82. Parigi, 24 febbraio 1874, ore 14,20 (per. ore 16,20).

Il me revient de source confidentielle que le Cardinal Antonelli a adressé aux représentants du Pape une note en réponse à votre circulaire sur le conclave. Dans cette note le cardinal s'attache à combattre les arguments de la circulaire. Mais d'après ce qu'on m'assure la note ne fait aucune allusion à l'éventualité d'un conclave réuni hors de Rome. Le marquis de Noailles a fixé son départ pour Rome mardi prochain.

285

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 502. Roma, 25 febbraio 1874.

Dall'Incaricato d'affari di Francia mi venne fatta in questi ultimi giorni una nuova comunicazione circa le difficoltà esistenti nelle relazioni internazionali del Brasile con la Repubblica Argentina. Il Signor Tiby mi ha lasciato prendere lettura di un dispaccio del suo Governo il quale, in seguito alle ultime informazioni avute dai suoi Agenti nell'America Meridionale, inclina a credere che qualche passo potrebbe farsi utilmente a Buenos Ayres per conseguire che quel Governo tenga una condotta più conciliante e compatibile con le giuste esigenze del Brasile.

Io prego V. S. Illustrissima di far conoscere a S. E. il Duca Decazes quanto gli sono grato di voler continuare con noi uno scambio di idee sopra una quistione che tanto interessa il commercio e la navigazione italiana. Ella potrà aggiungere che le informazioni trasmesse al R. Governo dal Barone Cavalchini concordano con quelle che il Governo francese ha ricevuto da Rio Janeiro. Il

R. Agente a Buenos Ayres non tarderà a ricevere delle istruzioni le quali avranno per base di procedere d'accordo con il diplomatico che colà rappresenta la Francia.

286

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 83. Costantinopoli, 27 febbraio 1874, ore 12 (per. ore 13,20).

Le ministre des Affaires Etrangères me charge de faire savoir a V. E. que le Gouvernement du Sultan a décidé de nommer M. Carathéodory Effendi

actuellement mustéchar au ministère des Affaires Etrangères son envoyé extraordinaire et ministre plénipotentiaire a Rome en remplacement de Serkis Effendi. Sublime Porte désire connaitre si cette nomination serait agréable au Gouvernement du Roi. Le Ministre des Affaires Etrangères m'a dit que le Sultan par cette nomination entendait donner plus de relief à sa légation auprès du Roi et favoriser en meme temps les bons rapports entre les deux Gouvernements. Je crois à propos ajouter pour moi que M. Carathéodory réunirait toutes les qualités nécessaires pour bien remplir le poste qui lui est destiné.

287

IL CONSOLE A JANINA, DE GUBERNATIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 12. Janina, 27 febbraio 1874 (per. il 6 marzo).

Le sono vivamente grato pei consigli che Le piacque di favorirmi, con suo venerato foglio del 6 corrente, serie politica, riservata; (l) questi consigli suoi mi saranno sicura guida per l'avvenire, ed io li avrò cari per quanto essi portino l'impronta di un mite rimprovero sulla mia condotta. Se però, nulla valendo ogni altra mia rimostranza io dovetti ad alcuni membri del circolo il Progresso far dipendere la mia accettazione od il mio rifiuto dalle istruzioni che avrei ricevuto dall'E.V., mi parve allora di non nuocere punto a quelle politiche considerazioni, che l'E.V. mette giustamente innanzi; l'accusa che qui si muove all'Italia, come già lo esposi all'E.V. non è già di indifferenza alle cose di questi paesi, ma di troppa ingerenza; la memoria degli antichi Governi che avevano in cima dei loro pensieri la buona armonia col clero, fosse pure a scapito del progresso dei popoli, è vivissima in Epiro; molti Epiroti studiarono in quei tempi in Italia e si ricordano il fanatismo delle masse, e le esigenze del clero, e le umiliazioni che il diverso rito faceva loro subire nelle scuole; né d'Italia ebbero altre nozioni fuor di questa. Per istabilire adunque una futura e sana influenza nostra in Epiro mi parve anzitutto indispensabile di far cessare i pregiudizi, i quali non si limitavano alla mia persona, ma involgevano seriamente il mio Governo. Così supposi che il rifiuto dell'E.V. avrebbe giovato a confermare quel che io ho tentato di mostrare fin oggi, cioè che l'Italia non vuole punto ingerirsi negli affari degli Epiroti per esercitar poi la sua religiosa influenza, ma che desidera viver in pace con tutti, e lasciare a tutti una piena libertà di coscienza. I nemici del circolo avrebbero certo applaudito a tale condotta del Governo; quanto ai membri del circolo, essi avrebbero visto in ciò un sentimento di delicatezza spinto secondo essi tropp'oltre, ma lodevole sempre, e tale da non isminuire punto la loro fiducia crescente. Però desiderando anzi tutto di obbedire alle istruzioni dell'E. V., le quali hanno

indubbiamente maggior valore di queste mie considerazioni, ho trovato il modo di declinare l'incarico offertomi senza far punto intervenire l'opinione del Governo; avendo mia moglie indisposta, e dovendo essa partire fra non molto, io l'accompagnerò fino a Corfù; dissi adunque che alcune circostanze di famiglia mi obbligavano a chiedere un congedo, per cui con mio dispiacere ero costretto a rinunziare all'onore di esser Presidente del circolo; feci sentire che il circolo voleva assiduità, ed operosità, e che la mia assenza in questo momento avrebbe nociuto al suo definitivo assetto; parlai quindi in nome mio della simpatia che portavo allo stabilimento, dei voti che facevo pel suo sempre maggiore sviluppo, e lo assicurai ad un tempo del mio morale concorso in ogni circostanza, in cui desso fosse necessario. Così malgrado l'unanimità di voti, con cui la mia nomina ebbe luogo, domani si riunirà una nuova assemblea per rimpiazzare la nomina da me non accettata; né il mio rifiuto produsse alcun tristo effetto; tutti sanno l'indisposizione di mia moglie, e il pretesto è dunque troppo plausibile perché si possa crederlo supposto.

Nella fiducia di aver corrisposto all'aspettazione dell'E. V., e nella speranza di non aver nulla perduto della sua benevolenza per quanto dapprima io abbia mancato involontariamente...

(l) Cfr. n. 265.

288

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. R. 122. Roma, 28 febbraio 1874.

Da qualche tempo l'autorità italiana è stata messa in sospetto da certi viaggi che dei membri conosciuti delle Sezioni internazionaliste d'Italia hanno fatto a Locarno allo scopo, per quanto affermasi, di avere colà degli abboccamenti con il Bakounine. Fra quei sospetti viaggiatori si è notato un certo Natta il quale avrebbe poi proseguito il suo viaggio per Bruxelles dove ha la sede uno dei centri direttivi più operosi della pericolosa associazione.

Ora dalle competenti nostre autorità il Ministero riceve l'avviso che la Commissione centrale di Bruxelles avrebbe indetto in Locarno per il giorno 18 marzo una adunanza dei rappresentanti delle varie federazioni. Scopo di tale riunione sarebbe il divisato ordinamento di bande armate, progetto al quale però mancherebbero per il momento i mezzi di attuazione.

Siccome i più avventati progetti potrebbero pur trovare chi voglia provarsi a tradurli in atto, il sapere che i mezzi non sono proporzionati allo scopo non può bastare a dare la sicurezza assoluta che nulla verrà tentato contro l'ordine materiale nel nostro paese. Noi siamo persuasi che il Governo Elvetico troverà negli avvisi che, in seguito a questo mio dispaccio, Ella gli vorrà dare, un motivo di più di vegliare a che non s'abbiano a ripetere sul suo territorio i preparativi di bande destinate a penetrare nel Regno.

289

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1295. Berlino, 28 febbraio 1874 (per. il 3 marzo).

Le Camere prussiane dei Signori e dei Deputati sospesero le loro sedute per riprenderle il 13 del prossimo aprile. Era q_uesta una misura vivamente desiderata a motivo del grande numero di rappresentanti prussiani, che sono al tempo stesso membri del Parlamento Imperiale. Tutta l'attività si concentra ora dunque nel Reichstag. Le principali leggi che gli furono presentate sono attualmente discusse nelle commissioni; in prima linea quella dell'organamento militare e poi l'altra sulla stampa, di cui la pubblica opinione è vivamente occupata.

In altro rapporto (l) ebbi a riferire all'E. V. le voci che correvano, di un tentativo di conciliazione colla Santa Sede, il quale permettesse di terminare in qualche modo il conflitto fra questo Governo ed il Clero cattolico. L'opinione che esprimevo, dell'inverosimiglianza di un risultato di cosiffatto tentativo, ammettendo anche che il fatto abbia realmente esistito, venne corroborata dalla lettera dell'Imperatore Guglielmo al Conte Russell, pubblicata ieri l'altro nei giornali di qui. L'Imperatore ricordando il passato dei due popoli protestanti, si felicita delle simpatie inglesi che gli vennero testimoniate, ed accetta fiducioso nell'avvenire la condotta della lotta contro un potere, la dominazione del quale non potè mai conciliarsi con la pace e con la prosperità dei popoli. Egli afferma che le nuove leggi decretate dal suo Governo non toccano né la Chiesa cattolica, né il libero esercizio della religione dei suoi seguaci, che esse danno soltanto alla indipendenza del Paese e della sua legislazione alcune garenzie, che esistono altrove come esistettero già in Prussia, senza che la Chiesa Romana le abbia considerate come incompatibili col libero eserc;izio della sua religione.

La pastorale dei Vescovi prussiani e questa lettera dell'Imperatore suonano come un • alea jacta est • nel campo religioso-politico della Germania.

È opinione accreditata presso di molti che la Santa Sede sarebbe stata disposta a grandi sacrifici, pur di prevenire all'ultima ora le conseguenze del conflitto attuale. Ma che questo Governo non volle prestar l'orecchio a tentativi d'accordo. La parte liberale lo appoggia senza riserva, appunto perché lo sa risoluto a spingere la lotta sino all'ultimo confine, e perché confida nelle conseguenze favorevoli che la Germania ricaverà da simile condotta. Allontanati i Vescovi dalle loro sedi, messo in disparte il clero renitente, la parte liberale stima che le popolazioni si adatteranno al nuovo stato di cose, e che si costituirà fra i Cattolici una Chiesa devota allo Stato. Che questa poi sia per serbare vincoli religiosi con la Santa Sede o per staccarsi dalla medesima, è cosa secondaria nell'ordine di idee qui sopra esposto: scopo essenziale è quello di ottenere che la Comunità dei Cattolici tedeschi si costituisca in guisa

da riconoscere pienamente la Sovranità assoluta del Potere civile, e rimanga tolta la possibilità di conflitti fra Stato e Chiesa.

Ridotta in questi termini la quistione, essa diventa una quistione di fede. L'avvenire soltanto potrà dimostrare chi siasi bene apposto, fra coloro i quali predicono che le popolazioni cattoliche della Germania rimarranno ferme nell'obbedienza esclusiva ai Capi istituiti dalla Santa Sede, anche se allontanati dalle loro residenze o incarcerati, e quelli che fanno assegnamento sulla prevalenza definitiva del sentimento di devozione verso la Podestà civile e il Capo dello Stato.

Se occorresse miglior prova della risoluzione in cui è entrato questo Governo di non transigere, basterà esaminare il nuovo progetto di legge concernente il Clero, che venne presentato oggi al • Bundesrath », L'E. V. lo troverà svolto in altro rapporto di questa Serie in data d'oggi (1).

Le Camere prussiane avevano sospeso le loro sedute senza avere peranco discusso le due leggi ecclesiastiche, che erano state presentate loro a complemento di quelle del Maggio 1873. Era anche questo uno dei sintomi, da cui si voleva dedurre la titubanza del Governo nel procedere più oltre. Ora la questione vien trasferita sul terreno dell'Impero, che di siffatte cose non s'era ancora occupato, se non quando si trattò di espellere i Gesuiti dalla Germania. La legge della libertà di domicilio (Freiziigigkeit), essendo stata emanata dal Governo Imperiale, si ricorre al Reichstag per togliere eccezionalmente siffatta libertà a coloro del Clero che non vogliono assoggettarsi alle leggi. E la nuova misura darà al Governo dell'Impero il diritto di decretare indirettamente il domicilio coatto, o lo sfratto dalla Germania, contro gli ecclesiastici renitenti.

Dal momento che la lotta religiosa predomina qui sovra ogni altro interesse, od è almeno considerata come il più urgente, venne salutato con viva soddisfazione l'avvenimento al potere del nuovo Ministero Inglese. Il partito dei conservatori in Inghilterra sarebbe animato dalle più energiche simpatie per il Governo tedesco nella sua lotta contro il Clero devoto alla Corte Romana; mentre invece si ha motivo di credere che non si avrebbe potuto fare assegnamento a tal riguardo sull'attitudine del partito capitanato dal Signor Gladstone.

P. S. Qui unito un piego particolare per V. E.

(l) Cfr. n. 282.

290

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 360. Pietroburgo, 2 marzo 1874 (per. il 10).

Sono in grado di confermare all'E. V. il contenuto del mio telegramma in data di jeri (l); le più autentiche informazioni mi fanno cioè abilità di assicurarla che nulla ci ha di vero, almento per il presente, in tutte le voci spacciate

da alcuni diarii e da alcune agenzie telegrafiche quanto agli accordi che sarebbero stati presi fra i due Imperatori in Pietroburgo per apparecchiare una soluzione della vertenza Orientale. Secondo quei diarii, e segnatamente secondo l'articolo della Gazzetta d'Augusta, che commosse gran parte della stampa Europea, le tre Cancellerie del Nord si sarebbero accordate in questo, di volere stabilire nella penisola de' Balcani un nuovo ordinamento politico di cui Austria e Russia si vantaggiassero, e che prenderebbe il suo principio d'attuazione da un rifiuto formalmente espresso della Serbia e della Rumania di prestare il suo tributo alla Porta e di riconoscerne altrimenti l'Alta Sovranità. Ora se alcuna cosa fu convenuta ne' colloquii che seguirono in Pietroburgo fra i due Imperatori e i loro Ministri rispetto alle cose d'Oriente, si fu precisamente il contrario, cioè il patto amichevole d'una mutua intelligenza fra' due Governi di comunicarsi lealmente fra loro i proprii concetti intorno a qualsiasi incidente che potesse sorgere nel campo di quella politica, per procacciare con forze riunite che la pace e il mantenimento degli ordini presenti vi fossero tutelati al possibile.

Lord Loftus, Ambasciatore d'Inghilterra, si fece ad interrogare il Principe Gortschakoff intorno all'eventualità accennata di sopra di qualche dimostrazione che i Governi di Bukarest o di Belgrado facessero, di volersi affrancare del tutto dall'alto dominio Ottomano, e il Cancelliere Imperiale ebbe francamente a rispondergli come Egli opinasse che la nuova amministrazione diretta dal Marinowitc, più saggia e temperata che non fosse quella del Ristic e de' suoi antecessori, offriva all'Europa assai guarentigie per nulla temere di simigliante, e che quanto a' Principati Uniti di Rumenia, ove per avventura alcuna pretesa in tale indirizzo vi si manifestasse, la Russia non avrebbe esitato a dichiarare di biasimarne l'intendimento, rifiutandosi a prestarle ajuto o a raccomandarla in qualsiasi modo.

Il Conte Andrassy nel leggere le notizie poste in giro da quei fogli, non si rimase dallo smentirle nella più esplicita forma, e non dissimulò che egli le attribuiva a' suoi avversarii politici, che con tali mezzi facevano prova di screditare ed abbattere il suo Governo nell'Impero Austro-Ungarico; per modo che doveansi riguardare come causa di questa falsa manovra della stampa alemanna piuttosto le condizioni delle parti politiche nell'interno dell'Impero, che qualunque altro interesse della politica internazionale Europea.

Certo la presenza del Generale Ignatieff in Pietroburgo, mentre durò la visita dell'Augusto Ospite di Vienna, e il carattere operoso ed intraprendente di quel diplomatico contribuirono per qualche rispetto ad accreditare quelle voci, ma in questo ancora esse non furono punto corrispondenti al vero stato delle cose. Il Generale Ignatieff presentò al suo Governo una memoria sulla riforma giudiziaria in Egitto, della quale alcuni de' miei colleghi presero cognizione diretta, che non mira se non ad una speciale e determinata risoluzione d'una vertenza che l'E. V. ben conosce, e che non implica le grandi cause del diritto pubblico orientale.

Ben è vero che sovra un altro punto di esso diritto l'Ambasciatore Russo a Costantinopoli richiamò l'attenzione del suo Governo, cioè a dire quello dello scisma operatosi nella chiesa armena e della pretesa degli Hassounisti di sottrarsi a qualunque autorità de' Ministri del Sultano, e di non riconoscere che quella del Pontefice di Roma: scisma che diede nuovamente occasione alla Francia per mezzo del suo Ambasciatore, Signor Vogué, di reclamare il protettorato de' cattolici di Turchia, di cui la sua diplomazia si vanta d'aver la prerogativa fin dalle antiche capitolazioni del Re Francesco I; e per fermo il riconoscimento di tal diritto sarebbe un fatto oltremodo pericoloso e tale da perturbare le buone relazioni fra le potenze nella trattazione de' loro interessi colla Porta Ottomana. So anzi di buon luogo che questa s'indirizzò alla diplomazia alemanna per averne assistenza ed ajuto in tale controversia, e dall'Inviato di Russia in Costantinopoli ebbe consiglio di resistere alle pretensioni di Francia, senza per altro assumere l'impegno di avvalorare colla forza tale resistenza nell'eventualità d'un conflitto. Il Principe Reuss, Ambasciatore di Germania in Questa sede. fece parola anch'esso al Cancelliere Imperiale di cosiffatto incidente, ma ne ebbe nuovo argomento di accorgersi che in questa, come in qualunque altra causa che si riferisce a contenzioni religiose, il Governo di Russia rifugge dal prendere verun diretto ingerimento. Ora il conflitto Armeno di Costantinopoli ebbe soluzione almeno temporanea, la Porta avendo consentito di non riconoscere come capo degli Armeni cattolici che un dignitario laicale, !asciandoli a lor posta trattare col Vaticano gl'interessi della disciplina e del culto. Ma perciò non rimane che le pretese della Francia in tutto questo negoziato non sieno state affermate con troppa ambizione dal suo Ambasciatore, Signor Vogué, e che una persistenza in tale indirizzo sarebbe veduta di mal'occhio, non dalla Russia in ispezialità, ma in generale dalle Potenze garanti. Né dalla condiscendenza del Divano nel fatto presente si vuole arguire un'accettazione per parte di esso del principio reclamato dalla diplomazia francese, poiché esso si vuol ripetere senza più dalle strettezze in cui versa la finanza Ottomana e dal bisogno ch'essa ha proprio in quest'ora del soccorso de' capitali francesi per l'emissione di un nuovo imprestito.

Sarebbe vano il negare che i grandi avvenimenti compiuti in Italia e in Germania, e d'altra parte la prevalenza venuta meno nella politica Europea delle potenze occidentali dopo la guerra del 1870, abbiano profondamente mutati, come tante altre cose, anche gl'interessi politici de' grandi potentati nell'Impero Ottomano.

Certo è che l'Austria-Ungheria, siccome già ebbi altra occasione di notare all'E. V. in questo mio carteggio, non può essere nelle nuove condizioni così sinceramente conservatrice dello statu quo in Turchia, come era l'Austria del Principe di Metternich e del Conte di Boul, e che l'ascendente ch'essa è obbligata a mantenere oggi sulle popolazioni slave, soggette alla Porta, rende la sua posizione rispetto alla Russia ben diversa; ma non per questo meno difficile che prima non fosse. E in effetti la diplomazia Austriaca nella penisola de' Balcani non è più avversa alla diplomazia Russa, come protettrice della preponderanza Ottomana, ma rivaleggia piuttosto con quella nel proteggere le immunità e i diritti de' cristiani d'Oriente contro la Porta. E non è men certo che il cessato predominio della Francia nella politica internazionale crebbe per necessaria conseguenza quello della Russia in Oriente, onde le relazioni di quest'ultima potenza coll'Austria divennero più importanti e più delicate, e richiedono una maggiore attenzione e una maggiore cautela de' due Governi, perché non vengano alterate. Sarebbe malagevole il prevedere quali conseguenze possa

12 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. V

recare questo novello stato di cose in un avvenire più o meno remoto, ma si può affermare che nulla accenna per ora che tali conseguenze sieno per manifestarsi, e che la tregua politica, se non la pace definitiva, inaugurata a Berlino e confermata a Pietroburgo fra' tre Sovrani, non sarà per ora turbata da questa parte.

P. S. -Mi pervennero regolarmente i documenti diplomatici speditimi dalla

E. V. in data del l dicembre/26 gennaio 1874.

(l) Non pubblicato.

291

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 442. Madrid, 2 marzo 1874 (per. il 13).

Con regolarità mi pervenne il pregiato dispaccio (n. 60) (l) che V. E. si compiacque mandarmi circa il contegno che il Governo del Re intende serbare nella eventualità di un Conclave, e molto la ringrazio per l'invio di sì notabilissimo documento.

V. E. rammenterà come nel tempo il Signor Castelar nelle sue velleità di politica trascendentale mi avesse parlato del diritto di veto che spettava alla Spagna nella elezione del Pontefice, non che della sua ferma intenzione di non rinunciarvi e conseguentemente del suo desiderio, se possibile, di conoscere le vedute del Governo Italiano cotanto interessato, diceva egli, al par di questa penisola in siffatta questione. Esposto ho dipoi a V. E. la specie d'accordo che lo stesso Signor Castelar nell'ultimo mese della sua amministrazione aveva conchiuso colla Santa Sede per le nomine Vescovili.

Ora un telegramma di Roma annuncia che la Corte Pontificia è sul punto di mandare un Nunzio a Madrid e questa notizia se vera segnerebbe un mutamento importante nelle relazioni tra la Spagna e il Vaticano, il quale da lungo non ha più avuto qui altro rappresentante che un semplice auditore.

Ma intorno di questo rumore il Signor Sagasta medesimo mi assicurò di nulla saperne, sebbene in questo istante siavi uno scambio abbastanza attivo di rapporti tra la Roma Papale e Madrid.

Nelle recenti disposizioni pegli arcivescovati e vescovati vacanti tanto nella penisola che nelle provincie d'oltremare, il Signor Castelar, il quale, siccome

V. E. conosce, aveva protestato contro l'intenzione manifestata dalla Curia Romana di agire interamente senza l'intervento del Governo Repubblicano, insistette sul diritto di nominare i prelati destinati a colmare le suddette vacanze, e si ebbe in tal guisa lo spettacolo, da pochi creduto possibile in un'epoca ancora vicina, dell'ardente Tribuno democratico in trattative col Papa onde addivenire a una transazione per l'esercizio di una facoltà non più usata dai giorni

della Dinastia Isabellina e negata al Duca d'Aosta durante il suo corto e agitato regno.

Una differenza rilevante esiste però tra i decreti a questo scopo pubblicati dal Signor Castelar e da me trasmessi a V. E. col rapporto N. 41.5 (1), e quelli che anticamente emanava la Regina Isabella. In questi vi era sempre espressa menzione delle nomine fatte dalla Corona. dell'accettazione dei nominati e delle pratiche iniziate presso la Santa Sede per sollecitare in virtù dei concordati le corrispondenti Bolle di confermazione. I decreti invece del cessato Presidente del Potere esecutivo si limitarono ad annunziare che il Governo della Repubblica aveva stimato conveniente di nominare gli ecclesiastici che riteneva atti a occupare la dignità vescovile, senza far parola della confermazione pontificia.

Benchè sia noto, secondo quanto anteriormente scrissi a V. E. che prima della rivoluzione del 1868 i candidati per le Sedi vescovili venivano invariabilmente designati dal Vaticano e che il Signor Castelar abbia avuto il vanto di far atto di autorità coi suoi citati decreti, dietro ai quali la Corte di Roma ha già spedite le relative bolle a Madrid, tuttavia il Signor Sagasta mi disse che l'attuale Gabinetto è deciso a non accettare quell'accordo, volendo mantenere intatto il diritto di presentazione e tutte le altre prerogative Reali. Egli è d'avviso che la Curia Pontificia non farà ostacolo a ristabilire l'osservanza delle antiche formalità.

(l) Cfr. n. 201.

292

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 1268. Roma, 3 marzo 1874 (per. il 4).

Di seguito alle comunicazioni precedenti in argomento, stimo opportuno di soggiungerLe esserci anche recentemente confermato che il Comitato Centrale dell'Internazionale in Bruxelles, relativamente al progetto di aiutare la formazione di bande armate nelle Romagne, abbia convocato come sembra a Locarno pel 18 corrente una riunione di diversi ràppresentanti di quella setta.

I noti Andrea Costa e Lodovico Nabruzzi si dicono già designati per intervenire a tale adunanza. Il detto Costa avrebbe poi confidato ai suoi aderenti come in !svizzera il suo partito tenga tremila fucili, che ad un bisogno si potrebbero mandare in Italia.

Venendomi fatto di raccogliere indizi maggiori, sia sull'adunanza predetta, che sugli aiuti che dall'Estero si potessero aspettare per qualche tentativo insurrezionale, mi riserbo di renderne intesa l'E. V., per quelle comunicazioni che dal canto suo crederà opportune (2).

(l) -Non pubblicato. (2) -Annotazione marginale: c Al R. Console in Lugano, 5 marzo 1874 •·
293

n. MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 340. Vienna, 3 marzo 1874 (per. il 6).

La conversazione essendo caduta ieri col Conte Andrassy sulle interpellanze state mosse all'E. V. durante la discussione a cui diede luogo in Parlamento il bilancio del Ministero Affari Esteri, il mio nobile interlocutore compiacevasi dirmi aver provato molta soddisfazione pel modo fermo e preciso col quale l'E. V. aveva caratterizzato l'attitudine che il Governo Italiano, verificandosi il caso della riunione di un Conclave in Roma, intende osservare, a tutela della sicurezza di quell'Augusta assemblea. Egli aggiungevami anzi ancora, che le parole pronunziate in proposito dall'E. V. sono riescite particolarmente gradite a S. M. l'Imperatore per l'importanza che una dichiarazione di tal natura fatta in seno al Parlamento doveva avere agli occhi di tutti. Ragionando poi in generale sulle cose nostre in questi ultimi tempi il Conte rivolgevami parole lusinghiere per l'Italia le quali d'altronde non sono, se non l'eco di ciò che si dice qui a nostro riguardo, da quanti non hanno contro di noi irreconciliabile ira di parte.

294

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 256. Vienna, 3 marzo 1874 (per. il 7).

Lunedì scorso soltanto, potei adempiere all'incarico affidatomi dall'E. V. col suo ossequiato dispaccio del 6 febbrajo n. 109 della presente serie (1), essendo la prima volta che vedeva il conte Andrassy dopo il suo ritorno da Pietroburgo.

Il Conte mostrassi lietissimo dell'impressione sì favorevole prodotta sull'animo dell'E. V. dalla comunicazione che per incarico suo il Conte Wimpfen ebbe a farle; nonchè per la nuova assicurazione che in questa occasione il Governo Italiano intendeva dare a quello Imperiale di tutto il suo impegno nel promuovere vieppiù in ogni cosa il buon accordo che esiste fra l'Italia e l'Austria-Ungheria. A questo proposito anzi egli aggiungevami: • ogni giorno portargli nuove prove di questo perfetto accordo nelle idee, che informano la politica dei due Governi, ben decisi, come ad ognuno si mostra palese, di condurre i loro affari interni a seconda delle speciali loro condizioni ed esigenze senza subire estere influenze per quanto amica ne sia la provenienza! • Continuando sullo stesso argomento Egli mi disse: aver avuto poco prima l'annuncio dal 1° Segretario della Nunziatura, che il Cardinale Antonelli avrebbe diramato ai

Rappresentanti della Santa Sede presso le Estere Potenze una circolare con la quale intende rispondere a quella dell'E. V. del l o gennaio. In questo documento di cui però fino ad ora non gli si è dato conoscenza non si farebbe cenno che della Circolare Italiana e nulla si direbbe della Nota Austriaca che ne fu la conseguenza; ed in cui a quanto potei capire dal poco che il Conte me ne disse, viene chiaramente espresso che il Governo di S. M. Apostolica si tiene pienamente soddisfatto dalle guarentigie spontaneamente date e riconfermate dal Governo italiano intorno alla libertà ed indipendenza del futuro conclave.

(l) Non pubblicato.

295

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 3 marzo 1874.

Noailles parte oggi e conta arrivare a Roma Venerdì mattina. Approfitto della sua partenza per scrivervi.

Mi pare che dopo le dichiarazioni di Decazes vi sia nella politica estera un considerevole acquetamento in Francia, in Italia ed anche nel resto d'Europa. In Francia, non solo il Governo, ma l'Assemblea, la Stampa ed anche l'Episcopato, hanno compreso i pericoli delle agitazioni clericali. Noailles ha l'istruzione di essere e mostrarsi amico dell'Italia, benevolo e deferente verso di essa, e mi pare uomo da eseguire sinceramente queste tendenze del suo Governo. Rimane, è vero, la questione dell'Orénoque. Essa preoccupa molto il Governo francese. Ma questo è imbarazzato e teme di perdere la maggioranza dell'Assemblea, se piglia in questo momento la risoluzione di ritirare quel vecchio bastimento da Civitavecchia. Io aveva, estraofficialmente ben inteso, suggerito a Decazes l'idea di consigliare al Maresciallo di Mac-Mahon di andare a Tolone e di passarvi in rivista tutta la flotta francese del Mediterraneo, compresi gli stazionarii, fra i quali avrebbe dovuto trovarsi anche l'Orénoque. Lasciai capire che probabilmente in tale occasione il Re avrebbe mandato un ajutante di campo a complimentare il Maresciallo. Ma pare che i rapporti delle Autorità locali hanno constatato che lo spirito delle popolazioni della Francia Meridionale è tale da non lasciar sperare una favorevole accoglienza al Presidente della Repubblica. L'idea rimase quindi sterile, almeno per ora. Tuttavia, se in Italia il silenzio su questa questione continuasse, non è impossibile che il Governo francese trovi l'occasione che cerca di levarsi questa spina dal piede.

Tre giorni or sono, andai a Versaglia ad invitare il Maresciallo Presidente e la Duchessa di Magenta, a venire a pranzo da me pel 14, giorno in cui occorre l'anniversario della nascita del Re. Il Maresciallo accettò l'invito per lui e per la Duchessa, m'accolse con grande amabilità, e si espresse sul conto dell'Italia nei termini i più cordiali e benevoli.

V'ho telegrafato un cenno sulla nota che il Cardinale Antonelli diresse ai Rappresentanti del Papa all'estero in risposta alla vostra circolare sul Con

clave. Il Cardinale tenta dimostrare che le nostre assicurazioni non devono inspirare fiducia ai Governi Cattolici, come non ne inspirano alla Santa Sede. La conseguenza di questa affermazione del Cardinale che logicamente sarebbe la riunione del Conclave fuori d'Italia, non è però espressa nella nota, secondo quanto mi si assicura. Il duca Decazes avrebbe risposto, quando gli fu letta la nota, che le assicurazioni del Governo Italiano gli paiono serie e devono inspirare confidenza, ed aggiunse che il Governo Francese per parte sua deplorerebbe che il conclave si riunisse fuori di Roma, e ciò per ragioni ovvie che qui non occorre riferire. E perché il Pronunzio Apostolico Cardinale Chigi non fosse indotto per avventura a svisare le sue parole, Decazes scrisse in quel senso a Corcelles, incaricandolo di comunicare la sua lettera e il contenuto di essa al Cardinale Antonelli. È oramai deciso che i Cardinali pronunzii saranno richiamati a Roma. S'era detto che Chigi rimarrebbe a Parigi fino all'altro anno. Ma è positivamente richiamato a Roma, dove ha istruzione di recarsi senza ritardo. Tale almeno è l'informazione mandata da Corcelles a Decazes.

Prima di parlarvi dell'interno della Francia, devo dirvi che l'opinione de' miei colleghi di qui, compreso Arnim, come quella di Decazes, di Broglie e dello stesso Maresciallo Presidente, di Thiers e d'altri personaggi politici con cui mi trovo in contatto, si è che la campagna presente è decisamente guadagnata per la pace. Di questo risultato pacifico noi possiamo rivendicare una parte, ed una parte spetta senza dubbio a Decazes, la di cui condotta e linguaggio furono insieme abili e prudenti, specialmente per quanto spetta alle relazioni della Francia colla Germania.

Nell'interno della Francia lo spirito pubblico va subendo modificazioni lente ma inevitabili. Fallito il tentativo monarchico, resa evidente l'impossibilità di tentarne un secondo, l'orleanismo colpito dal proprio suicidio, impotente a risorgere, salvo il caso imprevisto della morte del Conte di Chambord o della sua abdicazione, il bonapartismo non per anche diventato atto a rivendicare l'Impero, tutti i partiti conservatori s'accordarono per intanto ad accettare il Governo del Settennio. Se questa accettazione fosse in ·tutti, o almeno nella maggior parte sincera e leale, questa nuova forma transitoria di Governo potrebbe avere probabilità di durata. Ma sventuratamente per la Francia la cosa non va così. Ogni partito interpreta il Settennio per proprio conto e nel senso suo, e quindi esso durerà quanto potrà. Le previsioni sono, che la legge elettorale potrà essere votata nella presente sessione. Il Governo armato di questa legge ed appoggiandosi sulle nuove nomine di Prefetti e di Sindaci, tenterebbe le elezioni, le quali potrebbero farsi perciò verso la fine dell'anno. Senonché chi può prevedere l'esito della discussione delle leggi costituzionali all'Assemblea? Quando si tratterà la questione della trasmissione del potere, è evidente che la maggioranza attuale si modificherà profondamente, giacché l'estrema destra non consentirà a rinunziare alla Monarchia. In quest'occasione può quindi nascere una crisi, se non di Governo, almeno di Gabinetto. Ma supponendo che la crisi sia evitata, che la legge elettorale sia approvata nei termini desiderati dal Gabinetto e dalla Commissione dei Trenta, quale sarà l'esito delle elezioni generali? Il miglior criterio che possiamo avere per pregiudicare quest'esito, ci è offerto dalle elezioni parziali che vanno facendosi successivamente. Or bene il risultato, secondo questo criterio, sarebbe una maggioranza repubblicana conservatrice, fiancheggiata da un discreto numero di radicali, con una minoranza di monarchici molto ridotta ed un forte e più numeroso elemento imperialista. In sostanza, ora, come altra volta, in presenza del suffragio universale, la questione è e sarà posta pur sempre fra la Repubblica dall'un lato e l'Impero dall'altro, e siccome le due forme non si escludono necessariamente, si può presentire fin d'ora che probabilmente le si avranno entrambe, cioè la Repubblica più o meno conservatrice per un tempo che potrebbe anche esser più lungo di quanto si crede, e più tardi l'Impero, quando vi sarà Cesare, cioè un uomo in vece d'un fanciullo. Non son ben certo che se si facesse ora l'appello al popolo ne uscirebbe la Repubblica. L'Impero avrebbe se non la maggioranza, per lo meno un'onorevole minoranza. Più tardi escirebbe probabilmente solo dall'urna. Ma le elezioni darebbero un risultato diverso. Se dall'appello al popolo può nascere in avvenire l'Impero, dalle elezioni generali non può ora sortire che la Repubblica, quantunque sia fuor di dubbio che il Partito Bonapartista si troverà rinforzato nella nuova Camera. In conclusione fino all'epoca, non ancora ben fissata, delle discussioni delle leggi costituzionali, o per meglio dire fino alla discussione, che deve precedere, della legge elettorale, non si prevedono mutazioni importanti né nel Governo, né nello spirito pubblico. Quanto alla politica estera della Francia, essa s'accuserà di più in più nel senso dell'astensione, e finché Decazes è Ministro sarà prudentissima.

296

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 258. Vienna, 4 marzo 1874 (per. il 7).

Siccome bene è a conoscenza dell'E. V., S. M. L'Imperatore faceva ritorno a Vienna dal suo viaggio a Pietroburgo il 27 scorso Febbrajo di buon mattino. Quanti ebbero l'onore di avvicinare il Sovrano riferiscono mostrarsi Egli oltremodo soddisfatto dell'accoglienza trovata tanto alla Corte dello Tzar come presso le popolazioni delle Provincie dell'Impero Russo che Egli ebbe ad attraversare. Le dimostrazioni di stima ed amicizia solite a scambiarsi in simili circostanze non mancarono certamente questa volta; anzi, credo non siano mai state così abbondanti, mi basti il dire che ottocento furono le decorazioni conferite dall'Imperatore Francesco Giuseppe a sudditi Russi. Con analoga profusione di onorificenze contraccambiò l'Imperatore Alessandro la generosità del suo ospite, ed anzi colse questa occasione per mandare ai personaggi della Corte di Vienna che avevano avuto l'onore di avvicinarlo durante il suo soggiorno in questa capitale l'estate scorsa, tutte quelle decorazioni che in quell'epoca la nota convenzione non avevagli permesso confer,ir loro. Quanti accompagnarono l'Imperatore a Pietroburgo non cessano dal magnificare lo splendore e la cordialità dell'ospitalità Russa, ed i loro racconti producono ottima impressione sull'opinione pubblica qui, che in generale mostrasi assai soddisfatta del viaggio nonché delle pacifiche conseguenze èhe, stando a ciò che ne dicono gli organi di solito bene informati, esso avrà,

L'E. V. avrà rilevato che durante l'assenza dell'Imperatore io mi astenni dal riferirle e commentarle le svariate voci poste in giro dalla stampa Germanica, Russa, ed Austriaca. Parvemi inutile richiamare sovra di esse l'attenzione dell'E. V. il telegrafo assumendosi già largamente un tal compito; in quanto al fare commenti sembrommi prematuro, ritenendo poco bene informati sì gli organi Germanici che animati da un chauvinisme fuor di proposito si compiacevano di allarmare l'Europa, che gli Austro Ungarici che sullo stesso tuono ebbero a risponder loro. Infatti credo non essermi male apposto, poiché di tutta quella battaglia d'inchiostro, poco o nulla parmi ci sia da cavare di un po' serio.

Ho riletto il mio rapporto della presente serie N. 246 del 23 Gennajo corrente anno (1), e francamente non trovo, oggi che il viaggio in Russia è un fatto compiuto, a fare notevoli varianti alle previsionali considerazioni che io svolgevo allora. Le relazioni personali fra i due Sovrani si sono fatte più intime e più cordiali, i rapporti da Governo a Governo più facili, al punto di vista del pacifico svolgimento interno dei due Stati, il risultato parmi ottimo, ma pel momento limitato a ciò. In quanto alla situazione generale, credo non andare errato ripetendo non esser cambiata, nulla essendosi cercato di conchiudere a Pietroburgo relativamente ad eventualità future in Oriente.

Il Conte Andrassy col quale ebbi, dopo il suo ritorno, a toccare questo argomento, senza mostrargli desiderio di saperne più di quanto vorrebbe dirmene, accentuommi la visita a Pietroburgo non aver avuto altro scopo all'infuori di un accordo di pace; egli soggiungevami: • l'Imperatore Alessandro essersi mostrato ben deciso a voler la pace ed a non mettere sul tappeto la questione di Oriente; ed in quanto a noi, siamo fermamente dello stesso avviso; ad ogni modo però potete essere certo che nulla faremmo senza mettervene a parte, senza di voi. Ma vi ripeto la Turchia nulla ha da temere dall'Estero, i suoi pericoli sono tutti all'interno ». Parlommi poi del noto brindisi dell'Imperatore Alessandro e dissemi che se in esso era stata fatta menzione dell'Inghilterra, ciò era stato unicamente un atto di cortesia verso i Principi Inglesi ospiti dello Tzar in quel momento; egli aggiunsemi però che il colore politico di quel brindisi era riuscito sì inaspettato che si dovette poscia emendare alcunché quello portato in risposta dall'Imperatore Francesco Giuseppe, poiché le parole che Egli ebbe effettivamente a pronunciare non rispondevano perfettamente a quelle dette dallo Tzar. Non tacerò poi ancora che nel corso della conversazione il Conte Andrassy credette smentirmi recisamente l'esistenza del famoso memoriale del Generale Ignatieff di cui i giornali ebbero ripetutamente a far cenno.

Non voglio però conchiudere questo mio rapporto, i cui apprezzamenti sono in fin dei conti per la massima parte negativi, senza esprimere all'E. V. il mio apprezzamento finale sulla situazione al giorno d'oggi della questione Orientale quale parmi emerga dalle relazioni esistenti fra i tre Imperi Europei nonché dalle circostanze in cui trovansi attualmente gli altri Stati del nostro Continente. A mio avviso nessuno muoverà un passo per accelerare la caduta

dell'Impero Ottomano, ma nulla si farà neppure per impedirla, ed io trovo essere già abbastanza per precipitare quella eventualità, il non far niente per arrestare il movimento di dissoluzione che sì marcatamente si va pronunciando nel suo seno. Ognuno poi si prepara, giunto il momento, a cavare dalle risultanti rovine il maggior bottino possibile. Idee generali a questo riguardo ritengo, checché se ne dica, si saranno superficialmente scambiate a Pietroburgo, ma nulla più, poiché se colà ben si sa ciò che si vuole, qui parmi vedere non lo si sappia molto. In quanto a noi, ci conviene star molto attenti per non essere presi di sorpresa, e giunto il momento, trovarsi in posizione da cavar dagli eventi quel profitto che ci parrà più conveniente, e che ragionevolmente potremo sperare di ottenere.

(l) Non pubblicato.

297

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2294. Parigi, 9 marzo 1874 (per. n 12).

Ho l'onore di accusare ricevuta del dispaccio di serie politica n. 501 che l'E. V. volle indirizzarmi in data del 19 febbraio ultimo (l) intorno alla quistione di dominio sopra la Patagonia e le isole formanti lo stretto di Magellano, che verte già da parecchi anni tra la Repubblica Argentina ed il Chilì.

Ho consegnato a S. E. il Ministro degli Affari Esteri di Francia una nota verbale circa questa vertenza e l'ho pregato di farmi conoscere il modo di vedere del Governo Francese intorno alla stessa ed il senso della risposta ch'esso si proponeva di dare alla relativa comunicazione del Governo Chileno.

Riservandomi di riferire all'E. V. le informazioni che mi furono promesse a tale riguardo dal Duca Decazes tostochè esse mi saranno pervenute...

298

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 215. Berna, 11 marzo 1874 (per. il 14).

Ho recato a cogmzwne del Presidente della Confederazione il tenore dell'ossequiato dispaccio di questa serie N. 121 in data del 13 febbraio (2) concernente in primo luogo i bollettini che vengono sparsi di tempo in tempo nella Penisola dal sedicente comitato Italiano per la rivoluzione sociale che si credono stampati in Ginevra ed in Zurigo; riguardante in secondo luogo, la scoperta

fatta dalla R. Marina in occasione del ricupero di merci svizzere da essa operato a Cartagena.

Il Signor Schenk dopo avermi espresso un avviso conforme a quello che ebbe già a manifestarmi il suo predecessore sulla mediocre importanza che ha presentemente l'Internazionale in !svizzera mi disse: che il Guillaume cui si accenna nel Ministeriale Dispaccio è figlio di un onesto tipografo di Neuchatel, giovane di qualche ingegno intraprendente e spavaldo esageratore delle dottrine che in diversa e spesso contraria guisa animano ora le congreghe socialiste. Fu cacciato da un.Congresso dell'Internazionale in Olanda e solo fra i suoi concittadini assistè attivamente alla riunione tenuta l'anno scorso in Neuchatel da quella parte dell'Internazionale che si accentra nel Giura come a suo tempo ebbi già ad informarne l'E. V. con particolare rapporto.

Egli è senza credito sopra i socialisti svizzeri, ma si trova strettamente legato colla piccola Congrega del Giura di cui aspira ad essere uno dei capi.

In un secondo colloquio collo stesso Presidente questi mi disse che il Bollettino di cui un esemplare andava unito al Dispaccio cui rispondo, sia stampato in Zurigo o a Ginevra, ma per ragioni tipografiche ed altri indizi dedotti dalla carta su cui è stampato si ritiene che provenga da una stamperia Italiana o quanto meno del Ticino, dove è stato spedito perché si facciano colà le indagini opportune al fine di conoscere, se è possibile, i torchi da cui è uscito.

Quantunque le leggi della Svizzera non forniscano mezzi efficaci di repressione contro simili pubblicazioni, il Signor Schenk saprà nonpertanto grado all'amministrazione della sicurezza pubblica Italiana, di somministrargli onde scoprire la tipografia clandestina da cui si spargono simiglianti scritti.

Per ciò che riguarda l'episodio di Cartagena, il Governo Svizzero ringrazia l'E. V. delle comunicazioni fattegli in proposito, e lo stesso Presidente mi assicura di avere scritto ai Consoli della Confederazione in !spagna per avere ragguagli sulla loro attitudine nelle ultime turbolenze, sulla parte che qualche Svizzero possa aver presa in favore dell'Internazionale. Nello stesso tempo mi ha promesso di farmi conoscere le risposte che riceverà a tale riguardo dai suoi agenti ufficiali.

(l) -Cfr. n. 281. (2) -Non pubblicato.
299

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 260. Vienna, 12 marzo 1874 (per. il 15).

Mi fu dato oggi prender lettura del dispaccio circolare di Sua Eminenza il Cardinale Antonelli ai Nunzi Apostolici presso le Potenze Cattoliche, col quale il Segretario di Stato di Sua Santità intende rispondere alla Circolare dell'E. V. del 1° corrente anno (1), e distruggere l'effetto che essa avrebbe potuto produrre sui vari Gabinetti.

Difficile riuscirebbemi, dopo una sola lettura di quel documento che naturalmente non mi fu dato ritenere presso di me, l'analizzarlo diffusamente; mi studierò però di riferirne il contenuto per sommi capi, come meglio mi sarà possibile.

• Il Cardinale Antonelli comincia col dire aver avuto conoscenza dai giornali ufficiali ed ufficiosi della Circolare emanata dal Governo del Re Vittorio Emanuele, e credere dovere, stante la pubblicità che essa ebbe, richiamare sopra le cose in essa dette, l'attenzione dei Nunzi di Sua Santità.

Dice che il Signor Visconti Venosta, onde dimostrare la libertà di cui gode il Sommo Pontefice a Roma, prese a punto di partenza del suo ragionamento, le recenti nomine di Cardinali. Risponde a ciò col dire: che se il Santo Padre nominò dei nuovi Cardinali, si fu per rafforzare il Sacro Collegio, tanto in vista delle perdite da esso sofferte per avvenuti decessi, come per l'impossibilità in cui parecchi dei suoi membri trovansi, per vecchiaja od infermità, di adempiere al loro ufficio. Rileva la frase in cui è detto che il Governo del Re si è astenuto scrupolosamente dall'esercitare influenza qualsiasi su quelle recenti nomine, e vede in ciò una riserva onde in altra occasione propizia desistere da tale astensione, ed elevare pretese di immischiarsi in nomine di simile natura. Nega: il Santo Padre aver tenuto l'allocuzione citata dalla circolare del Signor Visconti Venosta, in cui avrebbe spiegate le ragioni che Lo indussero ad accrescere il numero dei membri del Sacro Collegio, e dice che quella citazione fu fatta onde trovar pretesto a parlare del Conclave. Di questa eventualità, non discorre ma piglia a partito il Governo di Vittorio Emanuele (che così nomina), relativamente a quanto è detto nella circolare sulla libertà di cui gode il Sommo Pontefice a Roma dopo l'occupazione Piemontese; e per confutare un tale asserto, cita i seguenti fatti:

La sorveglianza continua che il Governo esercita attorno al Santo Padre, del che son prova le relazioni che i giornali ufficiali ed ufficiosi continuamente contengono sulle gesta di Pio IX riferendo chi vede e cosa dice anche ai suoi più intimi. Pone in rilievo che se il Santo Padre nomina liberamente i Vescovi, diritto che esso tiene da Gesù Cristo, sta però di fatto che il Governo non li riconosce, e non concede loro le temporaLia, misura che prende del pari a riguardo dei parroci da essi nominati; dal che ne consegue che sì gli uni che gli altri devono, per campar la vita, esser da Lui sussidiati.

Lamenta nuovamente la soppressione degli Ordini Religiosi, l'obbligo della Leva militare esteso anche ai Chierici.

Parla delle edicole del Colosseo e della Croce che stava in mezzo, testè rimosse dal loro posto con grave scandalo dei fedeli; delle pietose riunioni iniziate in proposito da addolorati Cristiani, sciolte dalle Autorità di Pubblica Sicurezza, dell'arresto da questa operato di distinte signore straniere che le avevano promosse.

Finalmente dichiara non potersi prestar fede di sorta alle promesse di un Governo, che con un Trattato colla Francia si era impegnato a rispettar Roma, e che poscia l'occupò violentemente; e quindi prende a partito in modo speciale il Signor Visconti Venosta, ripetendo alcune espressioni contenute nei discorsi da lui pronunziati alla Camera antecedentemente alla presa di Roma; e qui trova bello, ben non si capisce con quale intendimento, di far notare che quel

Ministro è siffattamente tenace nei suoi nuovi propositi, che avendo avuta propizia occasione di lasciare il suo seggio, allorché si ritirarono i suoi colleghi, volle invece restare; fatto che egli dice non si può meglio caratterizzare che colle stesse sue parole: Les faits parlent plus haut que toutes les déclamations.

Conchiude il suo ragionamento col dire che: scopo del Governo di Vittorio Emanuele pare essere stato di tranquillizzare le potenze Cattoliche; ed ottenere così la loro adesione alla così detta Legge delle Garanzie, disinteressandosi esse in tale maniera pienamente di quanto succede a Roma, e lasciando il Papato in balìa dell'Italia. Egli spera che questo risultato non sarà conseguito, e che le Potenze Cattoliche si persuaderanno del grave danno che ne emergerebbe per la Chiesa del sommo turbamento che esso produrrebbe nelle Coscienze Cattoliche. Autorizza i Nunzi a darne lettura al Ministro degli Affari Esteri, se lo credono necessario •.

Questo è il sunto di quel documento, scritto in lingua Italiana, che, ripeto, non potei leggere che una volta sola ed anche con poco bell'agio. Probabilmente esso sarà, fra non molto, reso di pubblica ragione da un qualche giornale. Fino a che però ciò si verifichi, o l'E. V. ne abbia conoscenza per altra via, Le sarei grato a voler far uso di questo mio rapporto con quella consueta e prudente riserva, che sì altamente caratterizza gli atti dell'E. V.

(l) Cfr. n. 201.

300

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 335. Costantinopoli, 13 marzo (l) 1874 (per. il 20).

Ho avuto una lunga conversazione col Generale Ignatiew tornato da Pietroburga di recente, e stimo mio debito farne conoscere i particolari più interessanti a V. E.

Egli mi disse anzitutto che la stampa europea ha esagerato di molto l'importanza delle trattative, se pur tali possono chiamarsi, che ebbero luogo in Pietroburgo sulla questione Orientale in occasione della visita fatta dall'Imperatore d'Austria-Ungheria alla Corte Imperiale di Russia. Egli non fu incaricato, come è stato asserito, di compilare o discutere alcun memorandum su tale questione, ma assistette a parecchi abboccamenti che ebbero luogo tra il Principe Gortschakow e il Conte Andrassy, ne' quali si ragionò a lungo delle presenti condizioni della Turchia. Il Conte Andrassy preoccupandosi della grave crisi finanziaria da cui è travagliato il Governo Ottomano, mostravasi invaghito del progetto di un Sindacato internazionale che prendendo in mano la gestione delle finanze turche si studiasse di metterle nel retto sentiero. Ma il Generale Ignatiew non durò molta fatica a provargli che il concetto di un Sindacato internazionale non era un concetto pratico. Egli dimostrò come in Turchia la gestione finan

ziaria è talmente compenetrata con l'amministrativa, che la Commissione internazionale sarebbe stata costretta per raggiungere il fine che proponevasi, di invadere il campo di tutta l'amministrazione Ottomana e avrebbe finito per governare la Turchia. Ora questa espropriazione forzata del Governo turco per utilità di creditori inglesi e francesi (il Generale Ignatiew mi dichiarava di ignorare che vi fossero pure creditori italiani) non poteva esser ammessa dalla Russia. Il Governo Imperiale di Russia non negava a quei creditori il diritto di far valere e sperimentare le loro ragioni nel miglior modo che credessero opportuno, né negava ai Governi interessati il diritto di appoggiare e sostenere i loro reclami anche con atti coercitivi, ma ciò che esso non poteva né consentire né tollerare si è che l'intervento di quelle potenze si risolvesse in un bonario sequestro della Turchia, in una sostituzione pura e semplice del loro Governo a quello del Sultano. c Nous n'objecterions pas •; mi diceva il Generale Ignatiew, c à ce que l'Italie, pour garantir les créanciers Italiens, saisisse, par exemple la douane de Salonique, c'est une opération qu'elle ferait à ses risques et périls, après avoir pesé le pour et le contre. Mais ce que nous ne pouvons pas admettre c'est que quelques puissances s'installent tranquillement à la Porte, sans avoir tiré un seui coup de canon et administrent les pays au lieu et piace du Gouvernement Ottoman. On nous fait entendre que puisque la question posée de cette manière prend un caractère politique, nous pourrions etre invités avec l'Allemagne à faire partie de la Commission en notre qualité de Puissances garantes. Mais nous ne rpourrions accepter une telle offre, car nous ne sommes nullement disposés à tirer les marrons du feu pour les Anglais et les Français. Ce sont eux qui ont poussé la Turquie dans la voie des dépenses ruineuses en lui disant qu'elle avait à prendre ses précautions contre nous; c'est dans ce but qu'ils lui ont preté à pleins mains leur argent; c'est donc à eux à présent à se tirer d'embarras. Nous ne les aiderons pas. N'avons nous ,pas assez peut etre de la garantie

territoriale que le Traité de Paris nous a imposée, pour que nous allions encore [sic] de gaieté de coeur la garantie financière? •.

Il Generale Ignatiew mi assicurava che il Conte Andrassy si era reso facilmente a queste evidentissime ragioni, sicché egli riteneva il progetto del Sindacato internazionale come morto e sepolto.

In quanto alla quistione politica, il Generale Ignatiew non fu meco meno esplicito nelle sue confidenze. Egli mi diceva che un accordo completo si è sta-· bilito tra le tre potenze del Nord riguardo alla condotta da serbare verso la. Turchia. Questo accordo potrebbe riassumersi nei seguenti punti:

l) Rinunziare a qualsiasi idea di conquista, annessione ed anche di protettorato od influenza esclusiva. 2) Non fare alcun atto ostile, né creare imbarazzi al Governo della Porta.

3) Ma nel tempo stesso favorire e secondare senza scosse né pericolosi turbamenti, ma a misura che la maturità de' tempi lo richiegga, le tendenze autonomiste delle Provincie della Rumelia.

A parere del Generale Ignatiew se si venisse con l'andar del tempo a costituire un Principato Bulgaro, se si dessero la Bosnia e l'Erzegovina alla Serbia, la Macedonia e la Tessaglia alla Grecia, i Sultani potrebbero ancora governare per lunghi anni da Costantinopoli il loro impero Asiatico.

Egli è probabile che queste cose siano state già riferite a V. E. dalla R. Legazione a Pietroburgo; ma siccome il Generale Ignatiew ha avuto una parte preminente negli intervenuti accordi, ho creduto utile che l'E. V. sia anche informata del modo con cui egli si è meco espresso in argomento si delicato.

(l) L'originale reca, per errore, 13 febbraio.

301

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DELLA MARINA, SAINT BON

D. s. N. Roma, 14 marzo 1874.

Il sottoscritto ha già comunicato a codesto On. Ministero colla sua Nota del 28 febbraio u. (l) il Decreto del Governo spagnuolo che prorogava lo stabilimento del blocco anteriormente dichiarato per la costa di Cantabria.

Un nuovo decreto del Governo di Madrid, del quale si trasmette qui unito una traduzione, ha ora prolungato per un termine indefinito la sospensione del blocco sulla costa predetta.

Questa determinazione, a quanto risulta dalle informazioni pervenute allo scrivente Ministero, sarebbe stata in gran parte promossa dalla opposizione che la dichiarazione del blocco aveva incontrata presso alcuni rappresentanti esteri in Madrid. Il Governo Britannico in ispecie avrebbe fatto intendere che l'ammissione per parte sua del blocco della Costa cantabrica dovrebbe considerarsi come un implicito riconoscimento del carattere di belligeranti nelle bande carliste che infestano quella regione.

302

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 315. Roma, 14 marzo 1874.

Le sono particolarmente grato delle notizie fornitemi circa la legge presentata da codesto Governo Imperiale all'Assemblea legislativa per riformare la legislazione vigente che riguarda la giurisdizione civile e penale dei Consolati tedeschi in Egitto. V. S. stima giustamente che tale legge c'interessa in ispeciale modo in quanto che tocca ad un affare al quale il Governo italiano non ha mai cessato di dare una particolare importanza. Per meglio giudicare delle disposizioni che formeranno la sostanza della nuova legislazione io avrei bisogno di aver presenti i termini della legge in vigore e che determina attualmente la competenza dei Consolati Tedeschi in Egitto. Il confronto ch'io desidero fare fra la legge in vigore e quelle due presentate al Parlamento, mi gioverà poi anche nello studio che converrà si faccia anche da noi per riconoscere se, considerati i termini della legge consolare italiana, sia necessario un provve

dimento legislativo per restringere i limiti della competenza dei Consolati

nostri in Egitto. Siccome l'esempio di ciò che ora fa la Germania potrebbe venir citato anche in Italia per sostenere la necessità che abbiamo noi pure di fare in proposito una legge speciale, sarebbe cosa opportuna che il Ministero potesse rendersi conto esattamente delle diversità che corrono fra la nostra e la legislazione germanica nella materia che, per effetto dell'introduzione del nuovo ordinamento giudiziario egiziano, verrebbe modificata profondamente. Io mi lusingo che a V. S. Illustrissima non abbia a riuscire malagevole il darmi le notizie che maggiormente mi abbisognano, ora che Le ho spiegato lo scopo dello studio comparativo che mi potrà riuscire utile di fare.

(1) Non pubblicata.

303

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 261. Vienna, 14 marzo 1874 (per. il 17).

Ho l'onore di trasmettere qui unito a V. E. un esemplare del giornale Vaterland di oggi, il quale è il principale organo clericale in Vienna, e dà il riassunto di una enciclica papale in data del 7 marzo, diretta all'episcopato austriaco, ora qui riunito per iniziativa del Cardinale Principe Schwarzenberg, e tendente ad eccitare alla resistenza contro le leggi confessionali e ad impedirne la sanzione Sovrana. L'enciclica stessa accenna anzi ad una lettera inviata a tale scopo da-Sua Santità all'Imperatore; ad onta dell'asserto del Vaterland so però che questa lettera non era sino a jeri sera consegnata al Sovrano, il quale attualmente si trova in Pest. Credo eziandio utile attirare l'attenzione dell'E. V. sopra il fatto che l'Enciclica fu spedita posteriormente alla nota austriaca diretta al Conte Paar, in conseguenza della Circolare dell'E. V. in data del 1° Gennajo, nota di cui io faceva parola anche nel mio rapporto di questa Serie N. 256 in data del 3 Marzo scorso (1).

Questa resistenza dell'episcopato e l'atteggiamento energico della Santa Sede, che oltrepassano per il loro vigore le previsioni governative, non possono a meno di preoccupare il Ministero cisleitano, e ciò tanto più che non si può ancora argomentare con certezza quale Gabinetto sorgerà dall'attuale decomposizione dei partiti in Ungheria e se sarà favorevole o avverso a quello austriaco. In ogni altro Stato si dovrebbe ammettere, senza tema di andare errati, che l'Enciclica e la lettera Papale avranno per conseguenza di obbligare l'Austria ad una politica decisa; ponendo l'Imperatore nell'alternativa o di sanzionare le leggi, e di trovarsi così in urto col clero, o di sconfessare quanto fu operato, con conosciuto pieno suo consenso, dai consiglieri attuali della Corona, e sceglierne quindi altri nel seno del partito clericale. È indubbio che in fatto lo stato del Ministero non è scevro di pericoli e non è inammissibile che in Pest e fors'anche in Vienna vedansi insediati fra non molto Gabinetti di sentimenti

clericali, o almeno non liberali. Quantunque i.? riconosca l'estrema difficoltà di fare delle previsioni in mezzo a tale confusione e cozzo d'idee e di forze opposte, pure non sarei alieno dall'ammettere anche in questa contingenza la possibilità di un compromesso. Sono confermato in questa mia opinione dalla notizia, datami da fonte pressoché sicura, che il Ministero intende di limitarsi per ora a far trattare nel Parlamento, o almeno a sottoporre alla sanzione Sovrana, due sole delle leggi confessionali, cioè quelle • sulle relazioni esterne di diritto della Chiesa Cattolica • e • sul riconoscimento legale delle comunità religiose , e di riservare le altre due ad epoca più propizia. Esso fa pure grande assegnamento, e forse maggiore di quanto dovrebbe, sui sentimenti austriaci e relativamente moderati del Cardinale arcivescovo Rauscher, il quale non userebbe in modo ostile al Governo della sua influenza sull'Imperatore, ed anzi tenterebbe di ricondurre l'episcopato a più miti consigli e, unendosi alla sua resistenza, di renderla meno aspra; non si deve però dimenticare che i prelati anche vigorosi e colti finiscono quasi sempre per piegarsi agli ordini formali di Roma. Anche la Camera dei deputati non disconosce, a quanto sembra, la gravità del momento; prova ne è la celerità nella discussione delle leggi e la facilità colla quale scarta e respinge ogni emendamento, per quanto corrisponda alle aspirazioni liberali; in ciò segue i consigli del Ministero, la posizione parlamentare del quale è grandemente rafforzata dopo la presentazione delle leggi confessionali e l'energico discorso tenuto dal Presidente del Consiglio Principe di Auersperg. L'abilità del Ministero, la sua concordia colla Camera, e la pieghevolezza di quest'ultima perdureranno e saranno sufficienti per scongiurare i pericoli causati dal partito clericale, che sembra voler adoperare eziandio in questa contingenza ogni sua possa?

Ecco lo stato di cose, che tentai dipingere nel modo il più obiettivo possibile; ho creduto mio dovere segnalarlo all'E. V. perché comprende in sé germi sommamente pericolosi, i quali possono venire soffocati prima di produrre venefici effetti.

(l) Cfr. n. 294.

304

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 16 marzo 1874.

Ossequiente alle istruzioni ed ai desiderii espressimi da S.M. il Re quando ebbi l'onore d'averne udienza in Roma, vengo a porre a disposizione di Sua Maestà e del Governo il posto da me occupato a Parigi. La primavera sta per cominciare, ed i tre mesi che erano stati approssimativamente calcolati pel mio soggiorno in Francia saranno trascorsi quando riceverete questa mia lettera. La situazione politica in questi tre mesi s'è del resto migliorata. Le relazioni fra l'Italia e la Francia si sono migliorate anch'esse. Il nuovo Ministro di Francia ha presentato le sue lettere credenziali e le sue istruzioni sono favorevoli al mantenimento ed alla consolidazione di rapporti amichevoli. Il pericolo di veder la pace turbata è allontanato. Così, lo scopo che il Governo del Re

s'era prefisso, che era quello di avere rapporti buoni colla Francia, senza alterare quelli che ha coll'Allemagna, e di contribuire per tal modo al mantenimento della pace europea, mi pare, per ora almeno, ottenuto. L'occasione è dunque propizia per un cambiamento di titolare a Parigi, giacché nessuno ora potrà ragionevolmente dare a questo cambiamento il significato d'un'alterazione qualunque della politica del Governo del Re. Una ragione secondaria, ma che ha pure la sua importanza, consiglia pure tale cambiamento in questo momento. Sapete che il palazzo della Legazione è stato venduto e finora non mi fu possibile di trovarne un altro conveniente. Ma anche quando l'avrò trovato, converrà mobigliarlo e bisognerà fare gravi spese di primo stabilimento. È naturale che ciò sia fatto dal nuovo titolare. Nè io avrei i mezzi di farlo, nè il Ministero vorrebbe impormi, credo, questo grave obbligo se il mio soggiorno qui deve cessare fra uno due o più mesi. Ad ogni modo, io non potrei consentire a star più oltre qui in uno stato di continua incertezza e come si suoi dire, a guisa d'uccello sul ramo. Permettetemi quindi d'esporvi i miei desiderii in ordine alla mia futura destinazione. Io persisto a chiedere al Re ed al Governo, in compenso dei già lunghi miei servizii, il posto di Berna. V'ho esposto altra volta le ragioni che mi consigliavano ad esprimere questo desiderio. Queste ragioni persistono tuttavia, e le mie intenzioni non si sono modificate a questo riguardo. Degli altri due posti, di cui mi avevate parlato a Roma, l'uno, Costantinopoli, è decisamente troppo lontano per me, e non potrei accettarlo; l'altro, Pietroburgo, presenta l'inconveniente, grave per la mia malcerta salute, del clima, e quello della mia posizione sociale, che è troppo modesta per un posto ove ci vuole un gran nome e condizioni pecuniarie che non si verificano in me. Tuttavia, fra i due, quando veramente fossi costretto a scegliere fra essi, sceglierei ancora Pietroburgo. Ma, vi ripeto, il mio vivo desiderio è Berna, e mi pare che se non ho demeritato nella mia faticosa carriera, si dovrebbe trovar modo di soddisfarmi in ciò, senza ledere gl'interessi dell'attuale titolare. Ad ogni modo è urgente che una determinazione sia presa. Vi supplico vivamente di parlarne al Re il più presto che sarà possibile. Se credete che vi sia utile il conferire con me, chiamatemi col telegrafo con altro pretesto, giacchè è inutile che qui si sappia prima del tempo che è questione del mio richiamo. Vi sarò gratissimo di una risposta, che mi giungerà tanto più gradita quanto meno si farà aspettare, perché vi ripeto, l'affare del palazzo non ammette dilazione.

305

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 16 marzo 1874.

Vi ringrazio per le notizie che vi piacque darmi col Vostro gentil foglio del 9 corrente; esse mi riuscirono preziosissime, essendo sempre assai difficile

il farsi da lontano un criterio un po' preciso della situazione parlamentare. In quanto a ciò che mi dite sulle nostre attuali relazioni colla Francia, o per meglio dire col Duca Decazes, io ne ho costantemente ed in tutti i modi la conferma dal Marchese d'Harcourt. Vedo però con piacere che nell'apprezzar quest'ordine di fatti siamo pienamente d'accordo. Troppo incerte sono le condizioni francesi per potervi far sopra un assegno qualsiasi per l'avvenire, intanto avendo noi assoluto bisogno di pace, rallegriamoci della sosta che quei nostri amabili vicini così egregiamente caratterizzati dal Principe di Bismarck forzatamente ci accordano, e ...... teniamo asciutte le polveri!

Sul viaggio a Pietroburgo, già vi ho vuotato il mio sacco né per ora altro avrei da aggiungervi; sono poi lieto che le mie informazioni ed i miei apprezzamenti concordino con quanto vi scrive Caracciolo. Terrò però gli occhi aperti, poiché se in questo momento la questione d'oriente non è sul tappeto, è però mio avviso che un incidente qualsiasi anche piccolo, potrebbe farla sorgere da un momento all'altro.

Come avrete letto nei giornali nostri pure, la stampa di qui, non cessa da un mese a questa parte, di far cenno del prossimo viaggio di S.M. Francesco Giuseppe in Italia, una corrispondenza ufficiosa del Débats da Vienna, ne parlava pure. Credetti, sul principio, quella voce fosse stata messa avanti dal partito liberale che desidera quel viaggio, per farne nascer l'idea, seppi però più tardi, che realmente la questione è allo studio, sino ad oggi ciò non di meno, nessuna persona ufficiale ebbe a tenermene parola.

Credo che in massima oggi (dico oggi perchè del domani nessun può risponder qui), la cosa è decisa, ma la difficoltà, e questa è grossa, stii nella scelta del luogo dove la visita dovrebbesi compiere. Naturalmente Roma è scartata. Pochi giorni fa, Hofmann mi chiese conversando, particolari sui luoghi dove il Re si reca a cacciare durante l'estate. Ciò mi fece nascere il sospetto che J.'Imperatore sotto pretesto di accettar un invito che incidentalmente il Re nostro può avergli fatto, di venir a cacciar seco Lui i camosci

o gli stambecchi, pensi di restituire la sua visita a Torino! A mio avviso ciò farebbe in Italia un effetto impossibile. Dovendosi scartar Roma, la sola città in cui il Re possa ricever l'Imperatore d'Austria si è Napoli; ovunque altrove, quella visita potrebbe aver un'apparenza che conviene assolutamente eliminare, e ciò deve dirsi tanto per Firenze che per Venezia e Milano, in quanto a Torino parmi non sii neppur il caso di parlarne. Non ricevendo io istruzioni diverse, risponderei in quel senso a Andrassy se me ne parlasse, ben inteso col maggior possibile garbo. Non mi dissimulo però che passata l'epoca in cui ogni anno il Re soggiorna a Napoli, non sarebbe poi neppur molto naturale si recasse colà per ricevervi il suo imperia! ospite. Studiate vi prego la questione e ditemi ciò che ve ne pare. Intanto quest'affare subisce un forzato tempo d'arresto in vista della crisi che traversa attualmente la Monarchia. A Pesth la crisi è acuta, non si trova chi voglia far il Ministro od in altri termini, tutti vorrebbero farlo ma non trovano chi sarebbe disposto ad appoggiarli. Il disordine in ogni cosa è al colmo in quel paese, nè è prevedibile come si potrà uscirne. Qui le cose vanno bene, il Governo ha l'appoggio del Parlamento e della grande massa della popolazione, il Ministero ha acquistato nelle recenti discussioni sulle Leggi confessionali una forza che nessun Ministero forse ha mai avuto fin qui in Austria. La vittoria finale sembrava assicurata, ma ecco che l'enciclica Papale e la lettera del Sommo Pontefice all'Imperatore viene a metterla gravemente in forse. Qual effetto produranno sul Sovrano quei due documenti, tutta la questione è lì. Poichè se il Sovrano indietreggia, non ha neppur bisogno di rifiutar la sua sanzione, basta che lasci capire ai membri della Camera dei Signori il suo mutamento di volontà, perché questi si faccino premura di votar in massa contro le leggi che stanno per discutere. Il Ministro Unger che era da me un'ora fa, mi diceva che il Ministero era deciso a far delle due leggi sul regolamento delle relazioni esterne di diritto della Chiesa cattolica, l'una, e sul riconoscimento di diritto delle comunità religiose, l'altra, questione di gabinetto. Ritirandosi cioè in corpo, tanto se non venivano approvate dalla Camera Alta, quanto se il Sovrano rifiutava loro la sua sanzione. Egli aggiungevami però, esser quasi sicuro che nessuno di questi due fatti si sarebbe verificato. Speriamo le sue previsioni si verifichino, poichè se il Ministero Auersperg si dovesse ritirare, al momento stesso in cui è abbastanza probabile vengano al potere in Ungheria uomini di parte retriva, non conviene farsi illusione, la reazione trionferebbe nelle due parti dell'Impero, e la conseguenza se ne farebbe immediatamente sentire sulla politica estera. Ciò accadendo, non ho d'uopo di dirvi, che prima d'ogni cosa non sarebbe più questione del viaggio in Italia. Fra qualche giorno ci si vedrà più chiaro, pel momento la situazione è oscurissima. Vogliate ringraziar a nome mio Minghetti per la sua lettera del 9 corrente (l) di cui non dubito conoscete l'oggetto, e piacciavi dirgli che mi regolerò in conseguenza, se nuovamente mi si parla dell'affare di cui in essa è questione.

P.S. Al Ministero dell'Interno si ha conoscenza della ragione per la quale l'Arciduca Alberto s'arresta sempre un paio di giorni a Bergamo ogni qual volta va in Italia? Vi ha egli un'antica amante, od un figlio? Sarebbe interessante saperlo.

306

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L.P. Berlino, 19 marzo 1874.

En déclinant les ouvertures de créer ici une Ambassade sans réciprocité pour le moment, notre position était devenue plus nette que celle qui existait quand je partais en congé. Mais dans ces derniers temps, par le fait de la réciprocité immédiate établie entre l'Allemagne et la Turquie, cette position est devenue fausse et, tranchons le mot, contraire à notre dignité. Nous devons admettre que la proposition faite par le canal de M. de Keudell

était seneuse, et qu'on reviendrait sur ce thème quand le Comte d'Arnim a été transféré à Constantinople.

Puisqu'il n'en a rien été, c'est à nous de trouver le moyen de sortir de cette impasse. Ce moyen nous est offert, dans des conditions qui ne devraient froisser en rien le Prince de Bismarck, par la réponse que Notre Auguste Souverain sera dans le cas d'adresser à l'Empereur en remerciment de ses félicitations pour l'anniversaire de la 25.ème année de son règne. Parmi les choses gracieuses à etre insérées dans cette lettre, le Roi pourrait de Son propre mouvement s'exprimer dans ce sens: • Pour donner à Votre Majesté une nouvelle preuve publique des sentiments d'amitié pour Son Auguste Personne, et de mon désir de rendre toujours plus intimes les rapports entre les deux Nations, j'aurais fort à coeur que les Légations respectives à Berlin et à Rome fussent élevées au rang d'Ambassade. Je serais heureux que ce désir fiì.t partagé par Votre Majesté et qu'il rencontràt au meme dégré l'assentiment de Son Chancelier le Prince de Bismarck, qui vis-à-vis de moi-meme s'est montré un si juste appréciateur de nos intérets mutuels •.

On éviterait par là que le projet fiì.t renvoyé aux calendes grecques, au détriment de notre dignité, au point où en sont les choses.

Vous savez, mon cher Ministre, que je fais bon marché de ma personne, si elle devait etre sacrifiée dans ces combinaisons. J'avoue seulement que, quand meme la nature m'ait pourvu d'une grande égalité d'humeur, je sens que Je commence à plier sous le faix, si je devais continuer à représenter mon Roi et mon pays dans des conditions qui, à Berlin, sont au dessous de celles aux quelles nous devons tenir comme Grande Puissance. Je ne me sentirais pas la force de soutenir un ròle, que je crois contraire à nos intérets dans le présent et dans l'avenir. On s'est prévalu contre nous de l'argument que, jusqu'icl, nous n'avions pas parlé officiellement comme la Turquie. Un mot du Roi préparerait une solution.

Gardons nous surtout de meler M. de Keudell dans cette affaire. Vous avez déjà eu la preuve qu'il a, aussi bien que M. de Wesdehlen, rendu compte de votre langage d'une manière incomplète. Et d'ailleurs il convient que la démarche soit d'une initiative absolument spontanée du Roi et que je sois ensuite autorisé à le dire ici. Maintenant les journaux allemands réimpriment un article des Deutsche Nachrichten, affirmant que, s'il n'y a pas d'Ambassade Allemande à Rome, c'est uniquement pour le motif que nos finances ne nous permettent pas de rendre la politesse à Berlin!

Je suis toujours condamné à la réclusion. C'est une véritable chance, car de cette manière je puis au moins me soustraire aux interpellations de mes collègues et de la société. Ceux qui me font visite, ne manquent pas de me demander quand l'Italie prendra à Berlin la meme position de représentation que les autres Grandes Puissances.

Je vous serais obligé de soumettre cette lettre particulière à Notve Auguste Souverain. Soutenant ici les intérets de notre Pays indissolublement liés à ceux de notre Dynastie, il faut, surtout après l'entrevue du mois de Septembre, qu'il ne me manque, pour remplir ce but, aucun des moyens utiles et nécessaires dont disposent mes collègues.

(l) Conservata in Carte Robilant, non pubblicata: smentita alle voci di un'intenzione della Casa Reale di contrarre un prestito a Vienna.

307

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 503. Roma, 22 marzo 1874.

In seguito ai passi che di concerto con il Rappresentante Francese furono fatti dal R. Ministro presso il Governo del Brasile nello scopo di consigliare una politica conciliativa verso la Repubblica Argentina, il Gabinetto di Rio Janeiro ci ha segnalato il pericolo che per parte della Repubblica stessa venissero fatti degli arruolamenti fra i numerosi Italiani che emigrano nei paesi del Plata. Ancora più recentemente il Governo brasiliano ha segnalato la presenza di pretesi agenti di emigrazione che sarebbero venuti in Italia per farvi dei clandestini arruolamenti per conto del Governo Argentino. Tutta la vigilanza del R. Governo si è adoperata e si adopera per impedire che tali progetti possano effettuarsi. E certamente degli arruolamenti non avrebbero alcuna probabilità di riuscire se gli Agenti di emigrazione non prestassero la loro opera inducendo in inganno coloro che per ignoranza si lasciano persuadere dalle più fallaci promesse.

L'attività spiegata dal Governo italiano per tutelare anche nell'interesse della pubblica moralità le classi più bisognose contro le insidie che loro sono tese dalle Agenzie di emigrazione trova, come V. S. Illustrissima ben sa, delle difficoltà nella tolleranza che viene usata in Francia a certi Agenti che per esercitare più agevolmente la colpevole loro industria hanno spinto l'audacia fino a stabilirsi sulle nostre frontiere. Citerò ad esempio certi Rochas che da Modane continuano ad esercitare sulle frontiere italiane la loro colpevole industria.

Io vorrei che V.S. Illustrissima facesse presenti queste circostanze a S.E. il Duca Decazes rappresentandogli che, al punto di vista dell'interesse politico che acquista questa quistione per lo stato delle relazioni attuali delle Repubbliche dell'America Meridionale e del Brasile, sarebbe sempre più urgente che dei provvedimenti fossero adottati per l'allontanamento dalle nostre frontiere di persone che Vi tengono aperte Agenzie o succursali di Agenzie di emigrazione.

308

IL CONSOLE GENERALE A NIZZA, QUIGINI PULIGA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 146. Nizza, 23 marzo 1874 (per. il 28).

Gli Italiani di Nizza pure vollero associarsi alla festa che in oggi si celebra in tutta Italia pel ventesimo quinto Anniversario dell'assunzione al Trono di

S.M. Vittorio Emanuele II rassegnando al Nostro Augusto Sovrano un indirizzo di voti e felicitazioni.

All'indirizzo fanno seguito ben 500 firme di nazionali di tutte le classi,

e nessuna delle persone che in passato ebbero occasione di servire il Governo del Re, o come militari o come pubblici funzionarj, mancò di partecipare a questo atto di omaggio.

Stamane sarà giunto a Roma il telegramma col quale la Colonia Italiana, a nome mio, volle procurarsi l'alto onore di presentare a Sua Maestà il riverente e suo primo saluto.

Questa sera per iniziativa privata io e parecchi notabili della Colonia ci riuniremo in un banchetto ove l'occasione tornerà oltremodo propizia e gradita di portare un brindisi unanime alla prosperità del Re e dell'Augusta sua Famiglia.

Interesso dunque la squisita cortesia di V.E. a voler abbassare al Trono di Sua Maestà l'Indirizzo che ho l'onore di qui compiegare assieme ad altro formatosi in Mentone per cura del nostro Agente Consolare Barone Galleani.

Accuso ricevuta della riverita Circolare litografata di data 9 marzo corrente... {1).

309

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 23 marzo 1874.

Andrassy che ho veduto testè dissemi aver ieri Wimpffen consegnato a Sua Maestà una lettera autografa di felicitazione del Suo Sovrano. Nel ciò riferirmi dicevami l'Imperatore aver scritto al Re, sebbene questi non gli avesse diretto alcuna lettera lo scorso Dicembre in analoga circostanza. Non mancai di rilevare l'insinuazione, dicendo che se il Re non aveva scritto allora, la colpa non ne era certamente Sua, e tanto meno mia, poichè il Conte Andrassy doveva aver presente che il solo torto da parte nostra era stata quello di prestar fede ad una comunicazione ufficiale fattami dal Barone Hofmann. Ad ogni modo però siccome sta di fatto che l'Imperatore ha scritto mentre non aveva ricevuto dal Re che un telegramma in ritardo di alcuni giorni converrebbe Sua Maestà non facesse aspettare la Sua risposta, sembrerebbemi poi anche bene in essa si facesse menzione dell'accoglienza fattagli a Vienna. Trattandosi di lettera autografa sarebbe conveniente mi fosse mandata, con incarico di consegnarla personalmente. Ciò mi procurerebbe l'onore di un'udienza dall'Imperatore, locchè farebbe anche buon effetto in questo momento.

Dacchè ho la penna in mano, credo opportuno riferirvi in via particolare un altro incidente della mia conversazione d'oggi con Andrassy. Avendogli io parlato dell'Enciclica Papale, tornò in campo la questione della Vostra circo

lare del 1° gennajo, al cui proposito Egli dissemi: che l'abbiezione che da molte parti aveva sentito, quasi come un mot d'ordre ricevuto, formolare contro la possibilità di eleggere a Roma il futuro Papa si era la deficienza di locali all'uopo nel Vaticano, cosa di cui lo stesso Imperatore Alessandro aveva parlato all'Imperatore Francesco Giuseppe a Pietroburgo. Sarebbe bene, Egli soggiungevami, il Vostro Governo chiarisse questo dubbio, non certo colla speranza di persuadere il Papa, ma allo scopo di togliere anche questo ultimo dubbio dalla mente dei Governi d'Europa che già furono talmente persuasi dalle considerazioni svolte nella vostra circolare che da più nessuno si pensa a proporre guarentigie collettive od altre per l'eventualità del Conclave. Risposi che l'abbiezione riuscivami nuova, tanto più che tutti sanno esservi nel Vaticano uno sterminato numero di camere; che quindi non è ammissibile non vi possano trovar posto 40 Cardinali, i quali, si penserebbe d'altronde ad alloggiare, in locale certo meno ancora appropriato ove il Conclave dovesse riunirsi in altra Città. Insistendo però Egli sull'utilità di non lasciar quell'ohbiezione senza risposta, dissi che ve ne avrei scritto. In tesi generale, non sono d'avviso ci convenga battere la via di confutare con circolari tutte le obbiezioni che il Vaticano fa o farà alle nostre argomentazioni, ciò non presenterebbe utilità di sorta e non approderebbe che a far il giuoco dei nostri avversarj. Nel caso attuale però, il fatto in questione avendo formato oggetto di conversazione fra i due Imperatori a Pietroburgo, sembrerebbemi fosse conveniente indicaste ai nostri Rappresentanti all'Estero la risposta che essi devono dare nel caso che siano interpellati al riguardo. Ad ogni modo poi vi sarei grato di una risposta in proposito, poichè certamente Andrassy me ne riparlerà.

L'Enciclica e la lettera Papale hanno prodotto, a quanto pare, tanto sull'animo dell'Imperatore che del Suo Governo l'effetto assolutamente contrario a quello che il Vaticano si proponeva, si fu une infaillible sottise come ebbe a dirmi l'onorevole mio interlocutore. L'Imperatore sancirà la legge quand méme, purchè la Camera dei Signori l'approvi; in quanto a questo esito ancora a pronunciarmi poichè la pressione che l'Episcopato esercita sugli Arciduchi e sui membri della Camera dei Signori è grande.

Chiudo in fretta desiderando mandarvi questa lettera colla posta d'oggi.

(l) Annotazioni marginali: « Trasmettere due indirizzi al Gabinetto particolare del Re •: «Al Gabinetto Sua Maestà 16 aprile 74 •·

310

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L.P. Roma, 24 marzo 1874.

La vostra lettera del 16 (l) mi giunse affatto inaspettata. V'è tutto un lato della questione sul quale non ho a spiegarvi l'animo mio, tanto ne abbiamo parlato lo scorso autunno e a Milano e a Roma. Voi sapete che cosa

pensi della vostra presenza a Parigi come rappresentante d'Italia, sapete la piena fiducia che ho in voi e quanto creda difficile il trovare chi possa con eguale vantaggio e utilità della nostra politica prendere il vostro posto. Non ho, d'altra parte, dimenticato le condizioni nelle quali siete partito da Roma e il vostro colloquio col Re. Non abbiamo dunque a dirci l'un l'altro alcun che di nuovo. Voi comprendete e il mio dispiacere e il mio imbarazzo come io comprendo appieno le ragioni che hanno dettata la vostra lettera.

Dal giorno in cui voi siete ritornato al vostro posto, il Re non mi fece più alcun cenno, nè mi mosse alcuna parola della Legazione di Parigi. L'opinione pubblica in Italia vide con piacere la fase più rassicurante in cui entrarono le nostre relazioni colla Francia, le dichiarazioni del Duca Decazes, l'arrivo di Noailles, l'intervento del Maresciallo Mac Mahon al vostro pranzo per l'onomastico di Sua Maestà, le guarentigie di tranquillità date, almeno per ora, da questo stato migliore di cose, e ne fa un merito al Governo ed a voi. Ho luogo di credere che il Re, com'è suo costume, non sia insensibile a queste impressioni dell'opinione pubblica. Questo silenzio del Re io non ho stimato bene l'interromperlo, ponendogli io stesso, con una iniziativa mia, la questione e ponendolo nella necessità di rispondermi. Il Re non ha l'abitudine di dimenticare, nè si sarebbe certo fatto uno scrupolo di ricordarmi il passato. A me pareva dunque d'essere autorizzato a considerare questo silenzio come un tacito assenso alla continuazione del presente stato di cose. Voi sapete meglio di me che non è precisamente a disdirsi o a riconoscere di aver mutato avviso che sono educati i :So·vrani, e che non è nè prudente, nè opportuno il porli, senza assoluta necessità, in questa occasione.

Tale è, nè più, nè meno, e in tutta la sua verità la condizione nella quale mi trovo. Non potrei darvi, è vero, come pure sarebbe mio vivissimo desiderio, un'assicurazione assoluta per un avvenire indefinito o almeno finché io rimanga al Ministero. Ma il partito migliore, per ora, quello al quale vi prego di appigliarvi è di aggiornare almeno la vostra deliberazione, di continuare nello stato attuale. La vostra partenza da Parigi ha ora tutti, o quasi tutti gli inconvenienti che poteva avere nello scorso autunno quando fu declso il vostro ritorno. Essa giungerà ora inaspettata e poco spiegabile, sarà quindi il soggetto di commenti inesatti e spiacevoli, di interpretazioni sfavorevoli da parte del governo francese, sarà tale insomma da turbare quella calmél. e quel silenzio che si è fatto intorno alle nostre relazioni colla Francia. Le questioni che ancora rimangono a risolvere, quelle degli Istituti religiosi, non furono neanche prese a trattare. Vi aggiungerò che le questioni relative ai posti diplomatici d'una primaria importanza non si possono per un Ministro degli affari esteri separare affatto dalle condizioni in cui si trova il Ministero, ora non sarà che nell'aprile o nel maggio che queste condizioni parlamentari ci saranno appieno note e si potrà fare qualche sicuro presagio, in occasione delle discussioni e dei voti sui progetti di leggi finanziarie. Infine fra un pajo di mesi il Re partirà da Roma per tutta la stagione estiva e l'autunno e la questione che non fu risollevata finora, non lo sarebbe di certo fino al prossimo inverno, epoca che coinciderebbe con quella dei vostri soliti congedi e dei vostri soggiorni in Italia.

V'è una difficoltà materiale a questo aggiornamento che io mi auguro sia più che un aggiornamento ed è quella della Casa. Ma se vi è indispensabile il trovare una nuova Casa per la Legazione, pel caso che doveste ancora rimanere rper anni a Parigi, sarà .pure necessario che una nuova Casa ci sia anche pel caso che un successore venga a prendere il vostro posto. Nessuno potrebbe più facilmente di voi superare queste difficoltà, perchè nessuno meglio di voi conosce Parigi, le esigenze di una conveniente installazione costì e le nuove condizioni della capitale francese. Io vi consiglio dunque di studiare la questione, di cercare, di fare al Ministero le vostre proposte, indipendentemente dalle preoccupazioni attuali, come avreste potuto farlo in condizioni normali, nelle quali vi sareste proposto di conciliare le esigenze vostre presenti con quelle sempre possibili di un altro avvenire. A Questo voi movete un'abbiezione della quale riconosco appieno la giustizia, l'abbiezione delle spese che frattanto dovreste sopportare e dei sacrificii, che, in caso di cambiamento, ne sono la inevitabile conseguenza. È giusto che il governo pensi a indennizzarvi di questi sacrificii se sono incontrati nelle circostanze presenti. Nel caso dunque che, dopo aver sopportate delle spese, lasciate Parigi, io farò tutto quanto sarà in poter mio perché non ne abbiate grave danno. Il principio di una indennità potete ritenerlo fin d'ora come ammesso. Quanto alla sua cifra esamineremo insieme la cosa, in rapporto colle spese che saranno necessarie e prima che queste sieno sopportate da voi. Sono disposto, in questa via, a pormi con voi d'accordo, facendo tutto quanto mi sarà possibile.

(l) Cfr. n. 304.

311

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2302. Parigi, 24 marzo 1874 (per. il 27).

Ho l'onore di qui unito trasmettere all'E. V. quattro lettere (l) che, col foglio parimenti qui annesso, il Comitato esecutivo della Società pel miglioramento della sorte dei prigionieri di guerra mi prega di far pervenire a S. M. il Re, all'E. V. ed ai RR. Ministri della Guerra e della Marina.

Queste lettere hanno per iscopo di provocare dal R. Governo l'invio di

Delegati ad una Conferenza che dovrebbe aprirsi tn Parigi il 4 maggio pros

simo e concertare i mezzi per addivenire ad un accordo internazionale rela

tivo al trattamento dei prigionieri di guerra.

Prego l'E. V., che probabilmente stimerà opportuno di presentire le intenzioni degli altri Governi Europei in ordine a tale invito, di mettermi a suo tempo in grado di rispondere al Signor Conte di Houdetot, Presidente del Comitato suddetto. L'iniziativa di quest'invito venendo da una società francese, il Governo di Francia vorrà senza dubbio riservare la sua adesione ufficiale pel momento in cui saranno note le intenzioni degli altri Governi.

(l) Non si pubblicano.

312

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. s. N. Trieste, 25 marzo 1874 (per. il 28).

La ricorrenza del 25° anniversario del Regno di S. M. l'Augusto Nostro Sovrano ha dato qui occasione ad alcuni fatti che è mio dovere di riferire all'E. V.

Il solito sedicente • Comitato Triestino • ha diramato nella mattina del 23 corrente col mezzo della posta un gran numero di esemplari della Circolare che reputo mio obbligo di comunicarle qui unita (1), !imitandomi a chiamare la superiore di Lei attenzione sull'annunzio in essa contenuto che quel Comitato aveva provveduto • affinché il 23 marzo fosse presentato al Sovrano d'Italia l'indirizzo di cui la Circolare medesima comunica il tenore •.

Nella sera al Teatro dell'Armonia essendo stata rappresentata dalla Compagnia Drammatica • Emanuel e Pasquali • la nota Commedia intitolata • Celeste • si colse l'occasione in cui si presentava sulla scena un attore in divisa di ufficiale italiano dei Bersaglieri per fare una dimostrazione nella quale si fecero parecchi evviva al Re ed all'Italia.

Nella sera stessa verso le ore 10 si fece scoppiare un grosso petardo nelle adiacenze del palazzo del Governatore, che per buona ventura non ebbe tristi conseguenze.

Questi fatti che con ragione si attribuiscono a quel partito che aspira ad

unire la città di Trieste al Regno d'Italia, sono, giova il non nasconderlo,

disapprovati dalla maggioranza di questa cittadinanza che si occupa dei com

merci anzi che dell'avvenire politico di questa città. Quindi sebbene tutti qui

siano convinti che tanto il Governo del Re quanto questo Consolato Generale

sono estranei affatto a queste dimostrazioni, tuttavia io sento purtroppo che

la mia posizione si fa ogni giorno più difficile e più spinosa. L'autorità di po

lizia, alla quale, a torto od a ragione, si attribuisce la colpa di non saper im

pedire simili fatti e di non saperne scoprire gli autori, sfoga ciecamente il suo

sdegno contro i cittadini del Regno, arrestandoli per qualsiasi piccola man·

canza e sfrattandoli dal territorio dell'Impero con una facilità che parmi non

si possa conciliare coi buoni rapporti esistenti fra i due Governi.

Intanto come accusati dello scoppio del petardo che ho sovra menzionato,

vennero arrestati tre individui appartenenti all'equipaggio del piroscafo nazio

nale • Pachino • della compagnia • La Trinacria • i quali furono sorpresi al

momento dello scoppio nelle vicinanze del palazzo Governiale. Il Capitano

Ferroni che comanda quel piroscafo è convinto della loro innocenza, ma es

sendo detti individui stati dalla polizia rimessi al Tribunale provinciale, il

Giudice Istruttore ha iniziato apposito processo, ed oggi stesso si è, col mio

consenso, recato a bordo del piroscafo per ivi procedere ad una perquisizione

negli effetti di spettanza degli imputati. Io amo sperare che questi potranno dimostrare la loro innocenza, imperocché se furono sorpresi nelle vicinanze del luogo dove scoppiò il petardo, ciò si deve, a mio avviso, attribuire alla circostanza che il palazzo del Governo è attiguo al porto, dove essi erano diretti ritornando dal centro della città dove, irregolarmente e senza il permesso del Capitano, avevano passata la serata.

Sono poi lieto di cogliere quest'occasione per assicurare l'E. V. che la sottoscrizione di un indirizzo al Re fattasi dai Cittadini del Regno qui residenti, e l'inalberamento della Bandiera nazionale al Consolato nel giorno 23 andante non diedero luogo a qualsiasi inconveniente, e per informarla che in quel giorno si recarono in Consolato per presentare le loro felicitazioni S. E. il Luogotenente Barone Ceschi, il Console Generale della Germania, quello di Francia ed il Console di Russia.

Jeri l'Osservatore Triestino ha pubblicato un telegramma giunto da Vienna, il quale recava l'annuncio che l'Imperatore aveva nell'occasione del 25° anniversario della battaglia di Novara diretto un autografo di congratulazione a S. A. Imperiale l'Arciduca Alberto. Questa coincidenza colle feste del 25° anniversario del Regno di Sua Maestà fece non poca impressione e diede luogo a molti commenti nel pubblico.

(l) Non si pubblica.

313

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 233. Cairo, 25 marzo 1874 (per. il 4 aprile).

• In continuazione ai miei rapporti del l 7 e 23 gennaio ultimo nn. 229 e 230 (l) coi quali informava l'E. V. delle riserve prese dal Governo Austro-Ungarico nell'aderire alla riforma giudiziaria, e della risposta del Governo Egiziano che modificava, in special modo, la proposta sul modo di giudicare tutte le reclamazioni pendenti, ho l'onore parteciparle che a Vienna, apprezzate le osservazioni di Nubar Pascià, sono state accettate tutte le di lui controproposte* (2).

Fermandomi a quella delle riserve prese dall'Austria che sola ha un'importanza reale, fin dal primo momento che mi furono comunicate da Nubar Pascià, osservai che non parzialmente ma da un accordo tra tutte le Potenze interessate dovea determinarsi il modo come definire tutte le reclamazioni anteriori all'impianto della riforma giudiziaria. E l'E. V. nella sua saggezza confermò questa mia opinione. Ora invece l'Austria avrebbe pattuito isolatamente e mi si assicura che il suo Consolato avrebbe interrotto ogni reclamo nei modi usitati finora, attendendo l'attuazione del nuovo sistema.

Non posso combattere come principiO l'accordo intervenuto tra il Governo Austriaco e l'Egiziano, perchè per quanto mi abbia studiata questa quistione non mi riesce trovare altra soluzione migliore; ma sono semp.::-e dell'opinione che il Governo Austriaco non avrebbe dovuto trattarla isolatamente.

Le reclamazioni pendenti sono l'ultimo residuo di quante ne sono nate da un'epoca che data almeno da trent'anni, e non è certamente argomento in loro favore l'esser state pe::-sì lungo tempo trascinate senza poter mai trovar mezzo di terminarle. Non esito dunque a dichiarare che se in poche è più che dubbio il diritto, nella gran maggioranza è insostenibile, e le pretese sempre di una esagerazione proverbiale. Intendo ben parlare delle reclamazioni di tutte le nazionalità, e particolarmente Francesi e Greche. Sicchè dovendo adottarvi un sistema uniforme per tutti, il Governo Egiziano non accetterà mai di terminarle in via di transazioni amichevoli, e di arbitrati, perchè con questi sistemi i ~iudizi non sono generalmente basati sullo stretto diritto legale, e per quanto potessero essere ridotte le st::-aordinarie pretese, sempre avrebbe a pagare una straordinaria somma. Fidente nel suo diritto Egli non vorrà dipartirsi dalla via giudiziaria, e non saprei come potrebbe farsi opposizione. Se i reclamanti hanno la facoltà di :rifiutare i nuovi tribunali, perché la giurisdizione nuova non può avere effetto retroattivo, parmi che il Governo Egiziano avrebbe quella di pretendere che tutti gli affari pendenti fossero giudicati dai tribunali attuali secondo il principio stabilito dai trattati che l'attore deve adire il foro del convenuto. Ma :riconoscendo la necessità in questo momento di non sollevare la questione mai sciolta sulla competenza dei tribunali locali, e volendo però sempre tenersi nella via giudiziaria, offre un tribunale speciale per giudicare tutti gli affari anteriori alla riforma.

Il primo progetto di stabilire un tribunale arbitrale unico composto dei nuovi magistrati fu messo da parte per le giuste osservazioni dell'E. V. Ma il Governo Austriaco aderendo alla riforma giudiziaria chiese l'attuazione di quel progetto, e Nubar Pascià riconoscendone gli ).nconvenienti segnalati da

V. E., propose la modificazione che invece del tribunale arbitrale composto dei nuovi Magistrati, fosse stabilita nei nuovi tribunali una Camera speciale per gli antichi reclami, da essere giudicati secondo le antiche leggi, ma con pubblica difesa, e diritto del ricorso in appello. Si ritiene che con questo sistema si eviterebbero gil inconvenienti che fecero rigettare il primo progetto, evitando ogni pericolo per la riputazione della nuova magistratu::-a di fronte all'opinione pubblica, e dando ogni garanzia di procedura agli interessati.

Finchè dunque non sia presentato un altro modo di soluzione di quest'arduo problema, debbo pur dire accettabile quello che è offerto dal Governo Egiziano.

D'altra parte però non so comprendere come il Governo Austro-Ungarico abbia potuto accettarlo isolatamente. Fin dalla sua origine la questione della riforma giudiziaria in Egitto è stata trattata di comune accordo tra tutte le Potenze interessate perchè si riconobbe l'impossibilità della riescita senza un tale accordo. La Francia dopo di aver data la sua adesione al progetto perfezionato dalla Commissione riunitasi a Costantinopoli, si è isolata sollevando una questione circa la competenza dei nuovi tribunali nelle fallite fraudolose; ma si è isolata perchè per ragioni di politica, ha voluto un pretesto per lottare a mantenere quell'influenza, quel predominio arbitra11io che ha sempre esercitato in Egitto. Disgraziatamente ha scelto un pretesto che se osteggia l'Egitto, reca non lievi danni agli interessi di tutti compresi quelld. dei suoi stessi nazionali. Ma per l'Austria non vi è ragione politica che possa indurla ad agire isolata in questa quistione, e puossi perciò ritenere che non ne abbiano abbastanza considerata l'importanza. Se tutte le Potenze consentono all'accordo convenuto col Governo Egiziano, se non si stabilisce una condizione uniforme ed eguale per tutti, può pregiudicare se stessa se da altri si potrà più favorevolmente sciogliere il problema -pregiudicar gli altri se hanno plausibili ragioni per non accettare il sistema da essa convenuto -e pregiudicare l'Egitto con un fatto che si è creduto compiere in di lui favore.

Per noi la questione di principio deve interessarci ma per la questione di fatto abbiamo a preoccuparcene molto meno che ogni altro. Dei due reclami di qualche importanza che abbiamo, Piattoli e Nissim Iaron, il primo ormai è risoluto per noi avendo ottenuto di sottoporlo ad un tribunale arbi

trale a termine del contratto. per il secondo è stabilita officialmente dal protocollo firmato dal Conte della Croce la via da seguirsi. Officiosamente mi sono adoperato a terminarlo per transazione amichevole, e se non sono riuscito finora ne è colpa l'intemperanza del reclamante.

Siamo implicati nella vertenza degli Eredi Rossetti, successione austriaca e sotto la giurisdizione di quell'autorità, benchè io sia stato sempre di opinione che questa reclamazione è austriaca, e che è difficile che lo stesso reclamo possa valersi di diverse giurisdizioni. Ma ora che l'Austria, principale e diretta interessata, ha convenuto l'accordo sopracitato col Governo Egiziano come sarà possibile volerla contemporaneamente trattare in altro modo?

Ritornando sulla questione di principio sarei grato all'E. V., quando nulla vi si opponesse, se volesse darmi qualche nozione sugli intendimenti del R. Governo circa questa quistione.

Da Berlino è giunta telegraficamente la notizia che il Governo è stato autorizzato dal Parlamento a poter modificare la giurisdizione Consolare in Oriente.

Non posso assicurarlo all'E. V., ma da un discorso di Nubar Pascià, mi è parso comprendere che il Governo Inglese spinge fortemente il Khedive ad impiantare i nuovi tribunali, malgrado la non adesione della Francia, purchè nei limiti delle sue facoltà non conceda vantaggi materiali ai nazionali delle potenze non aderenti. Se realmente esistono queste pratiche inglesi, non tarderò ad accertarmene, e mi farò un dovere informarne dettagliatamente l'E. V.

(l) -Cfr. n. 222. Il R. 230 non è pubblicato. (2) -Il brano fra asterischi è edito in LV 21, p. 253.
314

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 262. Vienna, 24-25 marzo 1874 (per. l'8 aprile).

Quasi tutti i giornali di Vienna pubblicarono negli ultimi giorni degli articoli in occasione del 25.mo anniversario del Regno di Sua Maestà il No

stro Augusto Sovrano dando così testimonianza della somma considerazione in cui l'Italia e l'Augusto Principe che la regge sono tenuti. In taluni giornali, ad onta delle assicuranze di amistà, e degli auguri peT l'avvenire, trapela un senso d'invidia e quasi direi di dispetto per la fortuna che ajutò gli sforzi del Re e del popolo per costituire la nazione; questi sono i sentimenti del vecchio partito austriaco un po' maggiormente conservatore del Governo attuale, che si recluta precipuamente tra gli impiegati ed i possidenti fondiarii ed è rappresentato nella Camera dal Centro ,e del quale si fece, almeno pel momento, organo principale il Fremdenblatt. È d'uopo però riconoscere che tutta la stampa liberale, con alla testa la Neue Freie Presse, depose, nell'attuale fausta contingenza, ogni resto di malanimo ed applaudì al Sovrano che tanto contribuì a creare l'Italia, con un calore quale difficilmente può aspettarsi maggiore per parte di non italiani; è degno di nota che la stampa la quale maggiormente propugna gli interessi della nazionalità tedesca, si fu quella che espresse sensi di più verace simpatia per noi. I periodici clericali sono i soli che non trattano della festa nazionale italiana o ne parlano con poche parole iraconde; intendono evidentemente che un linguaggio troppo insultante e calunnioso contrasterebbe coi fatti e dispiacerebbe anche nelle alte sfere.

Si fece sempre cenno in tutti gli articoli da me letti della battaglia di Novara, prendendola però generalmente come punto di partenza del rinascimento italiano; occorre tener conto di questo non ostile modo di trattare l'argomento delicato e del fatto che l'Austria non annovera tante vittorie per poter porne in non cale anche una sola.

25 marzo 1874.

Anche il Posterland giornale ultraclericale ha stamane l'articolo di fondo relativo al giubileo del Re; la sua tinta generale è la rassegnazione.

315

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. 124. Roma, 27 marzo 1874.

Nell'occasione del 25° anniversario della sua assunzione al trono H Re ha ricevuto i complimenti del Corpo Diplomatico che aveva domandato ed ottenuto di presentarsi a Sua Maestà. I singoli capi di missioni si fecero in questa circostanza interpreti dei sentimenti dei loro Governi e molti Sovrani vollero incaricare i loro Ministri di rimettere nelle mani del Re delle lettere che per la cordialità delle espressioni costituiscono una dimostrazione di simpatia avente un valore anche al punto di vista politico.

La Svizzera, come V. S. lo annunciava al Ministero, volle essa pure dare una forma particolarmente solenne alla manifestazione dei suoi voti per il Re e della sua amicizia per l'Italia. Il Signor Pioda ha scritto e consegnato al Re una lettera nella quale in nome del Consiglio Federale e per espresso incarico del medesimo si è associato alle dimostrazioni cui diede occasione l'anniversario festeggiato dagli Italiani rallegrandosi degli avvenimenti compiti sotto il regno di Vittorio Emanuele e mettendo in luce tutti i vantaggi che dalla ricostituzione della nazionalità italiana risentono gli altri popoli e la Svizzera in particolare. Fra le conseguenze felici dell'ingrandita potenza d'Italia il Signor Pioda mette giustamente in prima linea la missione pacificatrice del nostro paese. Egli si rallegra che in Ginevra l'arbitro italiano abbia seduto a canto della Svizzera in una causa solenne fra potenti nazioni. Egli vede con legittima soddisfazione sparite le barriere altre volte erette al confine, composti rapidamente secolari conflitti, condotti con alacrità i lavori della gran via di comunicazione che faciliterà i commerci dell'Italia coll'Elvezia, e per mezzo di quest'ultima coll'Europa centrale. Se la Svizzera, come scrive il suo Rappresentante, si sente più sicura per essere cinta in tutta la sua parte meridionale da un potente Stato, la stessa sicurèzza ispira a noi la vicinanza del popolo elvetico per un gran tratto delle nostre frontiere settentrionali. Nazioni fra le quali esistono tanti vincoli speciali, tante simpatie naturali, interessi molteplici e comuni sono destinate a stringer sempre più le loro relazioni sulla base della cordialità e della più completa fiducia. Perciò il Re ed il suo Governo hanno tanto più apprezzato i sentimenti di cui il Rappresentante elvetico è stato interprete, in quanto essi sono in armonia perfetta con il concetto che ha guidato e guida l'Italia nelle sue relazioni colla Svizzera.

Il Re commise a me di far pervenire per mezzo di V. S. al Governo Federale l'espressione dell'alto suo aggradimento; ed io sono lieto di poter aggiungere in questa circostanza ai sentimenti personali di Sua Maestà l'espressione della sincera amicizia che professano per la confederazione il Governo ed il popolo italiano.

La prego, Signor Ministro, di esprimersi nel senso di questo dispaccio, con S. E. il Presidente della Confederazione assicurandolo di tutto il pregio in cui teniamo la novella prova di simpatia dataci dalla Repubblica nell'occasione di una festa alla quale con tanto slancio hanno partecipato tutti i cuori italiani.

316

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 112. Roma, 27 marzo 1874.

Nella ricorrenza del 25o anniversario dell'assunzione al trono di S. M. il Re, il corpo diplomatico avendo chiesto un'udienza presso la Maestà Sua, i capi di missione ebbero l'onore di essere ricevuti individualmente dal Nostro

Augusto Sovrano. Il Ministro di Austria-Ungheria ha in quella occasione rimesso nelle mani del Re una lettera in forma particolare di S. M. l'Imperatore Francesco Giuseppe, il quale esprimeva nei termini i più cordiali al Nostro Augusto Sovrano le sue felicitazioni. Mi pregio di trasmetterle qui unito la lettera di risposta che Sua Maestà indirizza nella stessa forma all'Imperatore, affinché Ella la faccia pervenire alla sua alta destinazione.

Credo utile comunicare eziandio alla S. V. Illustrissima copia delle due predette lettere sovrane. Affinché però queste conservino il loro carattere particolare, io La prego di voler considerare la comunicazione che Le faccio

come unicamente destinata ad informare personalmente V. S. Illustrissima della cordialità dei sentimenti che in questa circostanza furono reciprocamente espressi dai due Sovrani.

317

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, 27 marzo 1874.

Ho mostrato a Sua Maestà la vostra lettera del 16 corrente (l) nella quale si parla dei progetti d'un viaggio in Italia dell'Imperatore. Il Re mi narrò che nell'accomiatarsi a Vienna dall'Imperatore e nello scambio dei complimenti che accompagnano un commiato l'Imperatore gli aveva detto francamente che avrebbe desiderato di recarsi a vederlo in Italia, ma che gli confessava che non gli sarebbe stato possibile di venire a Roma e che provava anche qualche repugnanza a trovarsi in presenza delle popolazioni nelle provincie che avevano appartenuto a' suoi Stati.

Il Re mi aggiunse ch'egli vedeva bene tutto quello che poteva esservi di difficile e di delicato per l'Imperatore, in seguito a un complesso di circostanze, in questo affare e che quindi egli credeva che noi dovessimo astenerci dal fare o dal dire cosa alcuna che potesse aggiungere una pressione qualunque sul suo animo. Il Re è pure d'avviso che la visita resa a Torino produrrebbe una cattiva impressione, ci si vedrebbe una riserva, una visita fatta al Re di Sardegna. Se l'Imperatore, mi disse, volesse venire quasi in incognito, con un pajo di aiutanti di campo, allora potrei anche scendere dai monti per accompagnarlo ne' miei luoghi di caccia. Ma il Re convenne subito con me che l'Imperatore non poteva, in alcun modo, rendergli in incognito la visita da lui fattagli in forma pubblica a Vienna.

La mia opinione, che è anche quella di Minghetti col quale tenni discorso dell'affare è che Torino va scartato, di Milano o di Venezia non conviene assolutamente a noi, per delicatezza, il far cenno, Firenze offre gli stessi inconvenienti di Torino, il lasciare da parte l'una giustifica il lasciare da parte l'altra. Noi dividiamo la vostra opinione che il luogo più opportuno sarebbe

Napoli; l'Imperatore potrebbe recarsi da Trieste per mare a Ancona e da Ancona per ferrovia a Napoli. Ma la scelta di Napoli esclude il viaggio fatto d'estate. È troppo poco naturale che il Re vada a Napoli nel luglio o nell'agosto e la cosa apparirebbe proprio cucita col filo bianco. Pel viaggio di Napoli l'epoca la più opportuna sarebbe l'ettobre o il novembre.

L'impressione che ricevetti dalla mia conversazione con Sua Maestà è la seguente. Il Re non vorrebbe punto insistere perchè la visita abbia luogo, mostra anzi di comprendere le ragioni perché questo viaggio in Italia, almeno per ora, non avvenga. In ciò entra in parte un sentimento amichevole e di riguardo verso le difficoltà che, senza dubbio, l'Imperatore dovrebbe superare, in parte fors'anca quella specie di ritrosia, che voi ben conoscete del Re, per tutto ciò che è solennità, rappresentanza e interruzione delle sue abitudini. Crede con noi affatto inopportuno Torino. Quando gli parlai di Napoli, non mi incoraggiò, ma non escluse ben inteso considerando questa eventualità come possibile nell'ottobre o nel novembre, perchè sono convinto che si sarebbe spaventato se gli avessi messo innanzi la prospettiva di lasciare in piena estate i suoi monti per recarsi a un ricevimento solenne sotto il sole di Napoli, dove il caldo offre anche delle serie difficoltà a ogni programma di gite o di feste.

Vi dico tutto questo per darvi quella miglior norma che per me si possa, perchè del resto, come l'iniziativa non può partire da noi, molto dipenderà da quello che, per avventura, potrebbe esservi detto. Riceverete, con questa spedizione, la lettera di Sua Maestà in risposta a quella che S.M. l'Imperatore gli scrisse in occasione dell'anniversario. Questa lettera era scritta in termini molto cordiali e il Re vi fu assai sensibile. La risposta è concepita pure in modo da rispondere colla stessa cordialità. Voi riceverete, secondo il desiderio espressomi, l'incarico di presentarla personalmente all'Imperatore al quale terrete il linguaggio che vi parrà il meglio opportuno ad esprimere il piacere che la sua lettera fece al Re e l'importanza che Sua Maestà pone alle relazioni sempre più intime e cordiali fra le due Case e i due paesi.

Il Conte Andrassy, sempre a proposito dell'eventualità d'un Conclave, vi parlò dell'abbiezione che gli era stata mossa intorno alla deficienza dei locali del Vaticano. Egli desidererebbe qualche schiarimento in proposito. Vi manderò su questo argomento non già una nota, ma una memoria nella quale cercherò di raccogliere le informazioni che meglio potranno giovare. Esse saranno incomplete intorno alla architettura interna del Vaticano. Ma potrò provare che le elezioni papali non ebbero luogo al Quirinale se non dopo il 1823, se non erro, che nessun luogo può immaginarsi più opportuno del Vaticano, grande recinto appartato dalla città e vasto come una borgata, che il Papa eletto al Quirinale dovrebbe attraversare per recarsi a S. Pietro tutta la città, cosa che non offrirebbe alcuna difficoltà nè pel Governo, nè per la popolazione di Roma ma che il nuovo Pontefice non vorrebbe fare, che, infine, oltre il Vaticano, il S. Padre possiede anche, cogli stessi privilegi e immunità del Vaticano, anche il vasto Palazzo del Laterano.

Non ho altro ad aggiungervi. Conto fare una breve gita a Milano per essere di ritorno a Roma subito dopo Pasqua.

13 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. V

(l) Cfr. n. 305.

318

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 114. Roma, 30 marzo 1874.

Ho preso in attenta considerazione gli argomenti contenuti nel rapporto

di V. S. Illustrissima (n. 255) (l) relativamente alla quistione della delimita

zione del confine tra Pradizzolo ed il mare. Gli argomenti stessi riassunti in

una nota al Ministero dell'Interno saranno, non ne dubito, apprezzati anche

dalle altre autorità chiamate ad emettere in simili affari un voto consultivo.

Nello stato attuale delle cose, e finchè io non sia in grado di ottenere il voto favorevole anche degli altri Ministeri, sarà mestieri soprassedere nelle trattative evitando di impegnare il Governo del Re per una piuttosto che per un'altra combinazione. Il Governo Austriaco comprenderà facilmente le causedel nostro indugio in una vertenza che tocca a tanti interessi amministrativi, nè vorrà certamente attribuire il ritardo frapposto alla nostra decisione ad. un malvolere che in noi non esiste.

319

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI

D. s. N. Roma, 31 marzo 1874.

Il Ministro degli Affari Esteri ha esaminato diligentemente la Memoria del R. Prefetto di Udine relativa alla questione di delimitazione di territoriofra l'Italia e l'Austria, conosciuta sotto il nome di questione dell'Aussa.

Raccolto su quest'argomento anche il voto della Legazione di Sua Maestà a Vienna, il Ministro degli Affari Esteri ha dovuto convincersi che la detta questione, per quanto sia importante a motivo degli interessi locali che vi si trovano collegati non potrebbe essere trasportata all'infuori del ristretto campo di una semplice delimitazione parziale di territorio fra i due Stati, per il tratto cioè di confine, che scorre fra Pradizzolo ed il Mare. Non si avrebbe infatti alcun fondamento giw_.idico per tentare di estendere le trattative al di là di questi termini, nè al punto di vista politico si avrebbe alcuna opportunità di ciò fare in questo momento. Dalla memoria del R. Prefetto di Udine, eliminatane la parte che tenderebbe appunto a dilatare i termini della quistione, emerge il concetto che si potrebbe, senza inconvenienti, accordare all'Austria ciò che essa domanda, a condizione però che il corrispettivo da farsi concedere non sia lo stabilimento della stazione internazionale della Ferrovia della Pontebba sul territorio italiano, ma bensì invece la cessione di una certa porzione di territorio sotto la fortezza di Palmanova.

Ristretta la quistione nei termini ora indicati, è necessario di considerare jnnanzi tutto, che, sebbene non sia dubbio che l'Austria nutre attualmente un desiderio abbastanza vivo di addivenire all'assestamento della vertenza relativa al confine dell'Aussa, non bisogna dissimularsi che anche dal canto nostro quell'assestamento è necessario, e che vi sono argomenti abbastanza validi anche a sostegno della tesi contraria alla nostra. Non sarebbe, a dir vero, menomamente infondato il timore che, data l'ipotesi di un giudizio arbitramentale sulla quistione, ne possa scaturire una sentenza favorevole all'Austria e non all'Italia di guisa che da parte nostra non si abbia a sperare di ottenerne compenso di sorta. Ed infatti l'argomento che sta in nostro favore consiste unicamente nella interpretazione della frase • Les confins administratifs actuels •, inserita nel trattato di pace del 3 ottobre 1866, anzi precisamente nella parola actuels, la quale potrebbe esprimere tanto la condizione di diritto quanto la condizione di fatto. Ora è certo che se la prima, cioè la delimitazione legale del territorio controverso sta in favore della linea che noi pretendiamo, la seconda invece sta in favore delle pretese dell'Austria, la quale può inoltre accampare in appoggio delle pretese stesse un decreto Imperiale che fissa il confine precisamente secondo la linea di fatto ora esistente. Che se la validità di un tale decreto potrebbe forse contestarsi poichè il medesimo non fu promulgato nelle forme prescritte, non è da dimenticarsi che la trascuranza di questa formalità potrebbe essere spiegata fondatamente colla circostanza che, durante il tempo in cui le lagune e destra e sinistra dell'Aussa appartenevano ad un solo Stato, l'eseguimento delle norme stabilite dal detto decreto non avrebbe avuto alcuna conseguenza pratica, di guisa che il decreto stesso rimarrebbe pur sempre come indizio di una modificazione verificatasi anche in via di diritto, e quindi come nuovo argomento a favore dell'Austria. Tutto ciò dimostra che sarebbe inopportuno, per non dire imprudente, il pretendere dall'Austria, in corrispettivo delle concessioni ch'essa desidera da noi, un compenso maggiore o diverso di quello proposto, la rinunzia cioè del suo diritto ad avere sul proprio territorio la stazione internazionale di cui

si è parlato.

Perchè poi, in ogni ipotesi, si possa esaminare in quale considerazione abbia a prendersi il suggerimento di chiedere all'Austria la cessione di una porzione di territorio sotto Palmanova, e decidere se tale proposta possa servire come punto di partenza a trattative, sarebbe necessario che la proposta stessa fosse ridotta in termini concreti. Il R. Prefetto di Udine parla semplicemente di • quella piccola parte di territorio sotto Palmanova che sia suffi,ciente a rendere meno incomoda e più regolare la nostra linea di confine • ma non accenna alla precisa estensione di un tale territorio. È chiaro, del resto, che la determinazione di questo non potrebbe utilmente essere fatta nello stesso modo che si praticò attorno a Peschiera dopo il 1859, cioè mediante un arco di circolo di un raggio prestabilito, perchè ciò condurrebbe ad anomalie di giuri

sdizione territoriale maggiori delle esistenti.

Devesi poi riflettere, per ultimo, che non vi è, a quanto pare, sufficiente

motivo per ritenere che l'Austria non abbia intenzione di valersi della fa

coltà di stabilire la stazione Internazionale sul suo territorio, e quindi che

la sua rinunzia a nostro favore non abbia, sostanzialmente, alcun valore.

Sembra invece più logico il ritenere che l'Austria, quando si trovasse di fronte alla probabilità di vedere la detta stazione sorgere sul territorio italiano, non esiterebbe a valersi del suo diritto, tanto più che la compagnia della Siidbahn è disposta ad erigerla dietro una semplice sovvenzione di mezzo milione di fiorini. È troppo grande per uno Stato il vantaggio di possedere una stazione di simil genere perchè, nel caso attuale, all'Austria possa premere poco di averla, essendovi già autorizzata dalle stipulazioni precorse, ed a noi non debba invece premere molto di procurarcela quale compenso nell'assestamento della quistione dell'Aussa.

Lo scrivente prega il Ministro dell'Interno di prendere in considerazione codeste osse~vazioni del Conte di Robilant, e di volergli fornire l'apprezzato suo avviso.

(l) Non pubblicato.

320

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 115. Costantinopoli, 1 aprile 1874, ore 16,05 (per. ore 17,55).

A la réunion au ministère des affaires étrangères pour Canal de Suez, la discussion a été très vive (1). L'ambassadeur de France a dit qu'il ne comprenait pas le but de la Sublime Porte et n'admettait pas immixtion et pression des puissances dans une affaire intérieure de la Turquie que la Sublime Porte devait décider sous sa seule responsabilité. Le ministre des affaires étrangères a dit qu'il consultait Puissances pour éviter refroidissement postérieur. Le chargé d'affaires d'Angleterre et le ministre d'Allemagne se so n t plaints de ne pas avoir été avertis d'avance pour recevoir instructions. Russie et Belgique ont déclaré de ne faire aucune opposition au délai. On s'est ajourné pour donner temps aux autres de recevoir instructions.

321

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

R. 2304. Parigi, l aprile 1874 (per. il 4).

Facendo seguito al mio rapporto della Serie politica n. 2294 in data del 9 marzo ultimo scorso (2), ho l'onore di qui unita inviare all'E. V. la copia di una nota verbale che mi fu rimessa ieri da S. E. il Duca Decazes e che espone il modo di vedere del Governo francese nella vertenza pendente tra il Chilì e la Confederazione Argentina.

ALLEGATO.

NOTA VERBALE

Versailles, 12 marzo 1874.

Le Gouvernement français avait eu connaissance, par son Représentant à Santiago M. le Vicomte Brenier de Montmorand, du document que le Gouvernement Chilien a adressé aux Chefs des différentes Missions accréditées auprès de lui et dont il est fait mention dans la note que M. le Chevalier Nigra a bien voulu remettre, le 4 mars, au Due Decazes. En rappelant les circonstances dans lesquelles est survenu le conflit actuellement pendant entre le Chili et la Confédération Argentine, le Cabinet de Santiago exprimait le voeu que ces diffìcultés fussent aplanies par l'arbitrage d'une Puissance tierce qui serait appeleé à se prononcer sur les prétentions opposées des deux Républiques.

Le Gouvernement Français ne pouvait que se montrer sympathique à une pensée dont l'adoption aurait pour effet d'écarter les chances d'une lutte armée que tous les Etats maritimes sont intéressés à prévenir.

L'engagement pris en meme temps par le Gouvernement Chilien de respecter en tout état de cause la libre navigation du détroit de Magellan répondait aux justes exigences des marines étrangères; aussi M. le Vicomte Brenier de Montmorand a-t-il été chargé, en prenant acte de cette déclaration, de se faire l'interprète du sentiment favorable avec lequel on l'avait accueillie en France.

Il est permis de supposer que le Cabinet Italien apprécie camme le Cabinet Français, la valeur des assurances données par le Gouvernement Chilien et qui paraissent de nature à sauvegarder pour l'avenir les intérets commerciaux et maritimes de toutes les Puissances.

Le Gouvernement ·Français se féliciterait dane de voir le Représentant de l'Italie au Chili muni d'instructions conformes à celles qui ont été adressées au Ministre de France. Les Agents des deux Pays pourraient alors s'entendre pour tenir le meme langage et affermir la République du Chili dans les dispositions pacifìques et libérales dont témoigne la note de son Ministre des Affaires Etrangères.

(l) -Il ministro degli Esteri turco aveva convocato i rappresentanti delle potenze per avere il loro parere sulla vertenza con Lesseps (cfr. t. 106 di Barbolani del 26 marzo, ore 15,55, Per. ore 21,25). (2) -Cfr. n. 297.
322

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. CONFIDENZIALE 115. Lisbona, l aprile 1874 (per. il16).

Peu après la récéption des dépeches de V. E. N. 84... (l) et leurs importants annexes par l'entremise de la Légation Royale à Londres, j'eus l'honneur d'un long entretien avec ce Ministre des Affaires Etrangères en Lui remettant en meme temps une lettre particulière dans la quelle j'informais S. E. de la très favorable impression produite dans presque toutes les Chanchelleries de l'Europe, nommément à Vienne, par la Circulaire de V. E., ainsi que l'approbation complète et explicite avec laquelle 1es Gouvernements respectifs avaint accueilli les déclarations ltaliennes.

M. -d'Andrade Corvo, après avoir lu ma lettre, et écouté les informations supplémentaires que je fus en mesure de Lui communiquer verbalement, me répondit:

• Ma réponse immédiate à Votre communication au sujet de la circulaire me semble aussi explicite et favorable que possible puisque je vous ai dit et répète que ce document italien était parfait d'actualité et très utile pour les éventualités futures. Je répondrai toutefois à votre lettre d'une manière plus détaillée relativement à la circulaire et aux phases progressives de l'échange d'idées sur le Conclave et l'élection papale moyennant l'entente complète sur les bases fondamentales italiennes entre l'Italie, l'Autriche et le Portugal, entente d'une grande portée politique présente et à venir, non seulement parce qu'elle offre déjà une concentration de force morale tendant au meme but, mais aussi parce qu'il nous sera plus facile d'attirer dans notre orbite la politique romaine d'autres Gouvernements jusqu'ici par force des circonstances, ou par raisons spéciales, marquée au coin d'ultramontanisme ou de radicalisme.

Je puis vous dire en attendant, et très confidentiellement, qu'après deux ou trois initiatives pressantes du Ministre de France ici pour sonder le terrain sur nos négociations romaines, le Comte Armand n'est plus revenu sur ce sujet depuis que la dernière fois je lui ai dit en toute fyanchise, et sans faire aucunement allusion à nos pourparlers confidentiels, que le Portugal ne démentirait jamais sa politique traditionnelle romaine, et que pour la maintenir intacte il agirait dans la mesure de ses propres forces et de sa propre influence pour que le futur conclave eùt lieu à Rome selon les formes canoniques établies, en faisant des voeux pour une bonne élection du futur Pontife, qui puisse mettre fin aux dissentions actuelles entre l'Eglise et l'Etat du monde entier, les quelles, si continuées sous un nouveau pontificat, pourraient devenir très dangereuses dans l'intéret de la réligion elle-meme et de la paix des consciences.

Croyez à un sincère ami de la France, ajouta M. Corvo au Comte Armand, vous avez tout à gagner dans l'intéret de votre politique intérieure et extérieure, ainsi que dans celui de la paix européenne, que l'on veut à raison maintenir à tout prix, à adopter nettement une politique romaine qui réponde aux exigences des temps actuels et ne soit pas un encouragement direct ou indirect au non possumus actuel et futur du St. Siège.

Je sais que vous avez parlé récemment des actualités et des éventualités romaines avec le Ministre d'Italie, je dois vous dire que le Marquis Oldoini représente ici la politique de son Gouvernement et de son pays, nommément la romaine, d'une manière très conciliante et très agréée au Portugal, et que ce n'est jamais de la part de l'Italie que viennent les difficultés •.

Depuis cet entretien le Comte Armand n'est plus revenu sur la question du conclave et de l'élection papale dans ses visites au Ministère.

Il est vrai qu'un jour en rencontrant mon collègue de France, peu après que les journaux s'étaient occupés de la vraie ou supposée Bulle Sedis Manus et de la circulaire de V. E., le Comte Armand aborda ce sujet avec moi et sans entrer à la vérité dans le fond de la question, il fit pourtant allusion à plusieurs reprises à des Conclaves tenus au dehors de Rome et des règles canoniques tTaditionnelles, en affirmant qu'à cette époque là aussi les questions politico-réligieuses agitaient les pays, et pourtant ces élections papales avaient produit des bons résultats.

Je répondis à mon interlocuteur que je n'étais pas de force à entreprendre de telles discussions sur des faits et des situations si éloignées et si différentes, mais que dans mon opinion personnelle politique, et sincèrement catholique, le nouveau Pape élu hors de Rome et sans les garanties établies par les lois canoniques, serait un malheur politique et réligieux pour tout le monde et pourrait meme amener un schisme, dont les vieux catholiques d'Allemagne ont déjà donné un hint, sans compter l'attitude agressive du Cabinet de Berlin et celle non agressive mais tout autant explicite d'autres pays.

Permettez-moi donc de Vous dire, mon cher Comte, vous qui etes un bon Catholique, et je me vante de l'etre aussi comme le sont nos pays en général, nous tous devons désirer vivement dans l'intérét de la réligion elle-méme une bonne élection papale, afin que le nouveau Pape une fois élu soit inspiré par des sentiments de paix et de concorde de nature à mettre fin aux luttes actuelles, créées plutòt par des circonstances exceptionnelles que par la volonté des Gouvernements et du St. Père actuel, car malgré tout ce qui s'est passé et se passe en Italie, Pie IX, dont le coeur est si bon et si paterne!, a été, est et sera personnellement ami de son pays et de la dynastie de Savoie. Trop de faits l'ont prouvé pour en douter.

Le Comte Armand en rendant hommage dans ces derniers temps aux intentions conciliantes du Gouvernement Italien et à la déférence personnelle du Roi, Mon Auguste Souverain, envers Pie IX, me répondit qu'il y avait du vrai dans mes assertions et que mes voeux étaient les siens.

J'avais quelques jours après touché un mot de cette conversation à M. Corvo, c'est pourquoi, m'a-t-il dit en suite, qu'il avait cru utile de faire comprendre au Comte Armand que dans mes appréciations comme dans mes voeux, j'étais à l'unisson des idées Portugaises.

Je me suis récemment trouvé dans une maison portugaise en petit comité avec l'Evéque de Viseo, Chef du parti progressiste en Portugal, dont j'ai eu l'occasion de parler dans des précédentes dépeches. Ce Prélat s'occupe maintenant d'écrire un ouvrage pour commenter les différentes phases anciennes et modernes de la Papauté en regard avec l'état, savoir: la préponderance absolue de la théocratie sur l'état, celle de l'état sur la théocratie, les concordats comme système mixte, finalement, libera chiesa in libero Stato, proclamé par le Comte de Cavour. Sa Grandeur termina sa longue conversation en présence de tout le monde:

• La politique Italienne actuelle est effrayante (espantosa) de sagesse, d'habi1eté et de modération; il n'y avait que les Italiens qui po~vaient battre les ltaliens sur la politique traditionnelle de Rome •.

Ces paroles d'un Evéque, le quel, tout en ayant été et étant encore assez peu romain, n'en est pas moins un Prélat du St. Siège, montrent que s'il revenait au pouvoir, de méme je ne doute pas non plus des hommes du parti historique, tous ne voudraient ni oseraient certainement pas modifier la politique portugaise traditionnelle envers Rome, politique qui dans ces derniers temps est représentée et très habilement développée par M. d'Andrade Corvo personnellement au profìt du Portugal et aussi de l'Italie.

V. E. recevra cette dépeche par l'entremise de la Légation Royale à Paris à la quelle je l'envoie par occasion particulière après en avoir lu le contenu à

M. d'Andrade Corvo. S. E. m'a dit que dans le courant de ce mois, Elle aurait besoin d'envoyer des instructions importantes et confidentielles à Rome s'il avait une occasion sure pour les faire parvenir.

(l) -La lacuna è nell'originale. Cfr. n. 272.
323

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

R. 263. Vienna, 2 aprile 1874 (per. l' 8).

L'E. V. ben sa quanto il Governo di S. M. Imperiale Apostolica sia suscettibile su tutto ciò che può tendere a mettere in questione, in determinate circostanze, il possesso della città di Trieste; devo però dire che, a mio avviso, questa suscettibilità è spinta a tal segno, da dare corpo alle ombre e da servire così agli interessi del partito, che vorrebbe vedere riunita all'Italia la capitale morale dell'Istria. Fatti di tale natura sono precisamente l'interdizione di cui furono colpiti i giornali il Diritto ed il Corriere delle Marche, e gli articoli più o meno ufficiosi che compariscono nei giornali di qui, tostoché per una ragione qualunque si parla anche incidentalmente di Trieste nei periodici italiani.

Non entra nel quadro di questo mio rapporto l'addentrarmi nella questione, cioè il discutere la convenienza che vi potrebbe essere per l'Italia del possesso di Trieste, nonché la maggiore o minore probabilità che ciò si verifichi un giorno. Il mio dovere oggi, è solo di richiamare tutta l'attenzione della E. V. sull'eco, sommamente pericolosa per le nostre relazioni internazionali coll'Austria, che può avere ogni qualsiasi anche leggera apparenza di ascolto che si dia in Italia ai più o meno veraci gridi di dolore dei Triestini.

Il solo farsi menzione di Trieste nei giornali Italiani offusca gravemente il sentimento Austriaco in ogni ordine di persone; le pubblicazioni poi, che talvolta da noi compariscono, di atti di un sedicente Comitato Triestino fanno decisamente perdere il bene dell'intelletto a tutti gli Austriaci.

Nell'interesse quindi del sempre maggiore consolidamento delle nostre buone relazioni colla Monarchia Austriaca, io non saprei mai abbastanza eccitare il R. Governo ad evitare con la più scrupolosa attenzione tutti quegli atti, che anche indirettamente possono accennare a simpatia per la causa propugnata da chi, sognando un avvenire che non ha oggi probabilità di realizzazione eventuale, non esita a mettere a repentaglio le cordiali relazioni fra due Stati, il di cui fiducioso concorde procedere nelle vie del progresso e della libertà, è somma guarentigia di pace e di ben essere per i due paesi.

Ben so che il R. Governo, checché se ne dica, non esercita diretta influenza di sorta su alcuno dei giornali che si stampano in Italia; parmi però si potrebbe indirettamente lasciare capire a quelli fra i direttori di essi, che si trovano legati per solidarietà di partito e vincoli d'amicizia con gli uomini di Governo, la somma opportunità ch'essi si astengano dall'inserire ogni notizia o comunicazione, che venga loro dal sedicente Comitato Triestino.

Occorre~ebbe ancora in tesl generale, che il R. Console a Trieste avesse istruzioni ben precise sul modo di contenersi sì a fronte delle Autorità Imperiali, che del partito che aspira a sottrarre Trieste al Dominio Austriaco. Nel caso attuale però ciò non è necessario, l'egregio Comm. Bruno essendo uomo di somma prudenza e tale da non compromettere mai il R. Governo.

Non ho mancato, ogni qualvolta incidentalmente mi se ne offerse l'opportunità, di mettere in rilievo qui le distinte doti che caratterizzano quell'egregio funzionario, onde rimuovere così qualsiasi sospetto si potesse avere a suo riguardo.

Mi risulta non di meno che il Commendatore Bruno, alquanto sfiduciato dalle crescenti difficoltà della sua posizione, aspiri ad esserne esonerato. Ciò io riterrei un grave danno, e quindi pregherei l'E. V. a volerlo confortare con parole d'incoraggiamento a continuare a battere la via fin qui seguita, assicurandolo di tutta la soddisfazione del Governo per i servizi che egli presta, nonché del costante superiore appoggio.

324

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1304. Berlino, 2 aprile 1874 (per. l' 11).

L'archévèque de Cologne vient d'ètre arrèté et conduit en prison. C'est le troisième membre de l'episcopat allemand qui subit le mème sort, prévu du reste, parceque l'emprisonnement est la conséquence du refus ou de l'impossibilité de payer les amendes pour contravention aux lois ecclésiastiques. Tous les autres évèques sont sous le coup de la mème peine. Puis viendra le tour des Vicaires Généraux, des chapitres et des prètres, de ceux au moins qui croiront devoir rester fidèles à leurs supérieurs et continuer à en recevoir la direction.

Les proportions du conflit ne feront donc que grandir. Aucun des deux Pouvoirs ne se montre d'ailleurs enclin à entrer dans la voie d'une entente, si tant est qu'elle soit encore possible dans les circonstances actuelles. Il est certain que cette lutte est la plus sérieuse que l'Allemagne ait à soutenir depuis la proclamation de l'Empire. L'opinion prévaut ici que L'an ne peut revenir en arrière. Rien ne serait, croit-on, plus dangereux pour un Empire à peine unifié, que de couper court par un faux compromis, qui serait taxé à l'intérieur comme à l'étranger d'acte de faiblesse, et de finir à moitié route le combat commencé. Il en résulterait une trop forte secousse pour le principe d'autorité. « Quand on est aux prises avec Rome, il faut jeter le fourreau bien loin de l'épée •. Le but que se propose le Cabinet de Berlin, est d'étendre à l'eglise catholique l'action de l'administration, qui est en Prusse la forme du libéralisme. C'est la domination de l'un des Pouvoirs sur son rival, par l'immixtion de l'Autorité civile dans l'organisation du clergé, dans l'enseignement des séminaires, dans l'investiture des prètres et des evèques.

Les protestants zélés préconisent déjà le projet d'une Eglise Nationale, indépendante du St. Siège à Rome, en supposant aux catholiques la mème,

docilité qu'aux luthériens et aux calvinistes, qui, durant le règne de FrédéricGuillaume III, se laissèrent fusionner dans une seule et méme église, devenue dès lors religion d'Etat sous le nom d'Evangélique. Cette union ne s'était pourtant pas accomplie sans déchirements et sans quelque résistance. Le Gouvernement d'alors s'était déjà éloigné de l'ancienne législation prussienne, empreinte de cette tolérance, que le grand Frédéric professait, à la fois, camme maxime de philosophe et camme règle de Gouvernement. Ce Souverain avait mis en pratique un mot très sérieux sous air de persifflage: • laissons chacun faire so n salut à sa guise ». O n prétend que telles seraient aussi les idées du Prince Héritier. S'il en était ainsi, tous les vaisseaux ne seraient pas encore brulés, il resterait encore une barque de retour, quand il y aura un changement de règne.

En attendant, la secte des vieux-catholiques, reconnue par l'Etat qui subventionne leur premier évéque Reinkens, semble étre l'origine d'une Eglise nationale, autour de laquelle viendraient se grouper tous les éléments séparatites. Mais jusqu'ici ses progrès sont assez lents. Le nombre des dissidents est d'environ 25.000 dans l'Allemagne du Nord et de 40.000 dans le Midi, sur une population de près de 15 millions de catholiques. Et ce nombre diminuerait et disparaitrait presque, si les Gouvernements n'accordaient pas leur appui à un mouvement bien moins religieux que politique. On ne saurait en effet le comparer a celui du XVI siècle. Le vieux-catholicisme n'est qu'un habit étriqué, taillé dans le manteau dont s'enveloppait Luther.

Il faut reconnaitre toutefois, qu'il y a là quelque danger pour l'avenir de l'église catholique en Allemagne. L'unité de foi y courra des risques, si peu à peu le peuple se voit privé de ses directeurs spirituels orthodoxes, pour se trouver en présence de nouveaux pasteurs élevés et consacrés selon les doctrines modernes, et en présence d'une espèce de constitution civile du clergé, camme celle qui avait été décrétée en France le 24 Aout l 790 par l'Assemblée Nationale, lors méme que cet acte ait détruit l'institution religieuse au lieu de la reconstituer. Les convictions religieuses seront-elles assez robustes chez les populations pour traverser sans schisme cette période d'agitation et de pression dans le domaine de la conscience? Si on peut répondre affirmativement pour la génération actuelle, en sera-t-il de méme pour la génération future, surtout lorsque, les actes de l'Etat-civil n'étant plus dans les mains du clergé, les paroissiens se passeront plus aisément de son concours dans les phases les plus marquantes de la vie?

Il serait certes trop hardi de prévoir les modifications que la nouvelle situation des rapports entre l'Empire et le St. Siége entrainera en Allemagne. Ces changements ne sauraient étre que l'oeuvre lente et compliquée du temps. Et, quant à la question du catholicisme proprement dit, cette question ne saurait étre la matière de spéculations aventureuses et prématurées. Mais, vu l'incertitude de l'avenir et la diversité de nos conditions particulières religieuses, sociales et politiques, un intérét évident nous prescrit de continuer à faire tout ce qui dépend de nous, pour que l'existence de la Papauté à Rome s'accorde avec les conditions de notre nouvelle vie politique. Sans avoir rien à souffrir dans sa dignité et sa liberté, l'Italie ne pourra qu'y gagner, en montrant à l'égard du Pouvoir Pontificai des sentiments de conciliation.

325

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 234. Cairo, 2 aprile 1874 (per. il 12).

Le informazioni avute e comunicate all'E. V. col mio precedente rapporto del 25 scorso mese n. 233 (1), che il Governo inglese fa pressione sull'animo del Khedive perchè introducesse la riforma giudiziaria malgrado la non adesione della Francia e della Grecia, sono esatte, e mi furono confermate oggi da Nubar Pascià stesso. In cambio però all'appoggio promesso il Governo Inglese ha voluto prima assicuraTsi quale sarebbe la situazione che lo installamento dei nuovi Tribunali creerebbe ai sudditi delle Potenze non aderenti alla riforma giudiziaria.

L'E. V. potrà convincersene dalla lettura della dichiarazione ufficiale e della lettera particolare da Nubar Pascià scritte al Generale Stanton, Agente e Console Generale, delle quali unisco le copie (2), datemi da Nubar in via confidenzialissima.

Tanto il Governo inglese che il Khedive sono pienamente convinti che l'opposizione del Governo Francese alla riforma giudiziaria è dipendente dalla quistione del Canale di Suez, e che aderirebbe alla prima quando potrebbe assicurarsi di aver imposto al Vicerè ed al suo Governo di secondario a sciogliere la seconda in armonia alle sue vedute e quelle del Signor Lesseps. E il Khedive e suoi Ministri e Rappresentante inglese non si trattel)gono dal dirlo apertamente, e l'E. V. vedrà chiaramente palese questo loro pensiero e convincimento dalla lettera particolare di Nubar Pascià al GeneTal Stanton.

È poi ferma loro opinione che l'opposizione ostile della Francia alla riforma giudiziaria cesserebbe dal momento che la riforma fosse introdotta, ed instituiti i nuovi tribunali, perchè mancherebbe lo scopo di continuare in un isolamento che cagionerebbe così grave danno agli interessi dei suoi nazionali in Egitto. E nello stesso tempo ritengono che il Signor De Lesseps non avrebbe più mezzo di agire a capriccio come ha fatto finora a dispetto delle più sagge misure adottate di accordo dalle Potenze interessate, perché tutte le pretese che da esso si elevano, essendo di competenza assoluta del potere giudiziario, il Governo Egiziano sarebbe in pieno diritto, essendo la Compagnia sotto la giurisdizione locale, di deferirle ai nuovi tribunali.

Non mi azzarderei ad accertare le risoluzioni del Khedive, prima che non avessero almeno un principio di attuazione; ma in questo momento è certo che vi è una grande tendenza a seguire i consigli del Governo Inglese. e Nubar Pascià crede poter partire tra qualche settimana onde recarsi egli stesso in Europa a scegliere i Magistrati per i nuovi tribunali.

Mi farò un dovere d'informare esattamente l'E. V. dell'andamento che prenderà questa quistione.

33~

(l) -Cfr. n. 313. (2) -Non si pubblicano.
326

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 120. Costantinopoli, 4 aprile 1874, ore ... (per. ore 14.35).

Le ministre des affaires étrangères m'a dit que déférant au voeu presque général des puissances intéressées la Porte refusera délai à M. Lesseps et le fera sommer de revenir, à l'expiration des trois mais, c'est à dire le 11 avril, au mode de perception indiqué par la Commission. Il a ajouté que la Porte, en prenant ces mesures, compte sur l'appui des puissances dans le cas où il s'agirait de repousser des prétentions de dommage intérèt de la part de la Compagnie.

327

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1305. Berlino, 4 aprile 1874 (per. l'11).

Il me résulte que, dans les regwns officielles à Paris ou à Versailles, il se manifeste quelques appréhensions sur les dispositions du Cabinet de Berlin, camme s'il voulait de propos délibéré chercher querelle à la France.

J'ignore sur quels indices se fondent ces appréhensions, à moins que le Gouvernement du Maréchal Mac-Mahon ne prenne trop à la lettre des articles de journaux officieux allemands, obéissant au mot d'ordre de forcer le ton, dans un but de réclame en faveur de la question du budget militare. Le projet de loi y relatif doit pourvoir à la sùreté permanente de l'Empire, à l'intérieur comme à l'étranger. Ce projet de loi rencontre une opposition, qu'on s'applique à vaincre par tous les moyens. La réponse de l'Empereur aux généraux le complimentant à l'anniversaire de Son jour de naissance, le langage tenu par le Prince de Bismarck pour se plaindre, en présence de deux députés, de la scission des partis libéraux à la Chambre, et enfin les pétitions signées dans quelques collèges électoraux pour influencer le Reichstag, prouvent combien le Ministère attache d'importance à fixer définitivement l'effectif de paix à un chiffre respectable. C'est la mise en pratique de la phrase prononcée par le Maréchal de Moltke, que l'Allemagne doit ètre prète à sauvegarder pendant 50 ans les conquètes faites en 5 mois. Pour combattre les constitutionnels rigides, adversaires d'une proposition dont l'acceptation limiterait le droit d'établir annuellement les dépenses de l'armée, on s'est appliqué à démontrer qu'il fallait ètre convenablement préparé à une nouvelle guerre au delà du Rhin. Dans ses arguments, la presse a commis maintes exagérations, qui auront été prises à Paris comme mannaie de bon aloi.

Ces avertissements, ces exhortations, sont sans aucun doute des actes de défiance. Mais il ne s'agit que de mesures défensives. Ce serait vouloir intenter au Cabinet de Berlin un procès pour tendances, que de lui attribuer hic et nunc, sans de meilleures preuves, l'intention de chercher des occasions ou des prétextes pour attaquer ses anciens ennemis.

Les soupçons de la France ne seraient ils peut-etre pas un écho des craintes qui surgirent à Versailles en suite des explications échangées, en Janvier dernier, entre le Vicomte de Gontaut-Biron et le Prince de Bismarck, à propos de l'attitude de quelques membres de l'Episcopat français? Le Chancelier Impérial laissait entendre assez nettement à ce diplomate, que le Cabinet de Berlin considérait comme ennemis de l'Allemagne tous les pays qui feraient cause commune avec l'ultramontanisme. L'Ambassadeur aura interprété comme une menace à courte échéance, ce qui n'était qu'un avis pour engager le Gouvernement de la République à mettre une sourdine au langage des éveques. Il faut supposer qu' il aura jeté le cri d'alarme dans son compterendu, car peu après le Général Leflò parlait à l'Empereur Alexandre d'un orage qui se déclarait à Berlin. Le Tsar et le Prince Gortchacow s'empressèrent de rassurer l'Ambassadeur de France, en lui disant que ces bruits de guerre n'avaient aucun fondement sérieux. Ces détails sont puisés dans la correspondance officielle d'un représentant d'une grande Puissance à St. Pétersbourg.

Le danger réel ne se présenterait, que si la France laissait imprudemment entrevoir qu'elle vise à une revanche, et que ses préparatifs militaires tendent directement vers ce but. Le Cabinet de Berlin se demanderait alors si, avec la perspective d'une guerre inévitable et prochaine, il serait prudent de laisser la France attendre, elle-meme, le moment le plus propice pour entrer en campagne. Il n'hésiterait point, en pareil cas, à prendre les devants sur l'ennemi. Mais, que le Cabinet de Berlin veuille envahir les frontières de la France sans une provocation et sans une nécessité absolue, aucun homme d'Etat sensé ne saurait l'admettre. L'Empire a par devant-lui le rude travail des réformes intérieures et un conflit religieux compliqué de menées socialistes. C'est plus qu'il n'en faut pour le détourner d'exposer le sang et l'argent du peuple dans une guerre, lors meme que la victoire lui resterait fidèle selon tous les calculs de probabilité.

Au reste, il y a maintenant lieu d'espérer que, gràce aux efforts combinés du Souverain, de son premier Ministre et de la presse officieuse, une entente s'établira bientòt relativement au projet de loi militaire. Nous verrons donc s'apaiser l'agitation factice, qui s'est produite pour en ménager l'adoption. La fata Morgana se dérobera alors aux yeux du Gouvernement français.

En attenda·nt, M. de Biilow disait ces jours derniers, que le Cabinet de Berlin était satisfait du Due Decazes, en ajoutant que le Gouvernement français n'avait jamais montré de meilleures dispositions que dans ce moment. Le fait est que, ici, on n'a aucun intéret à susciter des embarras au Gouvernement, tel qu'il existe aujourd'huy, en France. Il représente en quelque sorte un certain équilibre dans l'impuissance, puisqu'il est contenu et paralysé par des forces contraires. Dans ces conditions, quel que soit le développement de son organisation militaire, il n'est pas en mesure de commettre la témérité de courir l'aventure hors de ses frontières. Quoique le septennat repose sur une équivoque et ne soit pas tenable à la longue, pas plus qu'une république conservatrice, cependant on fait ici des voeux pour que cette· forme de Gouvernement ait, si possible, une certaine durée. Telle qu'elle existe, elle n'est pas dangereuse pour les voisins, tandisqu'un Napoléon ne pourrait se soutenir, qu'à la condition d'effacer les souvenirs de Sedan et des autres désastres. Il en serait de mème, quoiqu'à un moindre dégré, pour un Bourbon, ou pour les Orléans. Aussi, le Prince de Bismarck aurait-il vu de mauvais oeil que le Conte d'Arnim ait trop accentué ses sympathies pour le rétablissement en France de la Monarchie. Son retour ne serait désirable que lorsque les passions seraient apaisées en France, si tant est qu'on puisse compter sur le bénéfice du temps, pour obtenir un semblable apaisement. On prétend mème que le déplacement de M. d'Arnim serait du en partie au reproche, qu'il n'aurait pas su mieux démèler la pensée intime de son Gouvernement.

Je n'ai pas besoin d'ajouter que le fin mot de la défiance réciproque entre Paris et Berlin, c'est que chacun prévoit une guerre dont il ignore l'échéance mais que chacun pressent inévitable. La Prusse n'ayant rien à y gagner, travaille à l'éviter, entre autres, par ses relations avec l'Autriche et la Russie, mais n'entend pas se laisser distancer, et la France cherche à ne pas jouer son enjeu, avant d'ètre dans des conditions meilleures pour la réussite.

328

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 4 aprile 1874.

Vi ringrazio per la vostra lettera del 27 (1). Da quanto vi ha detto Sua Maestà, parmi che la questione del viaggio dell'Imperatore Francesco Giuseppe in Italia sia alquanto pregiudicata. Naturalmente a me non lice prender iniziativa di sorta in proposito qui, e quindi io mi limiterò ad aspettar che Andrassy me ne parli, ed in tal caso farò del mio meglio perchè le cose s'aggiustino, come tutti siamo d'accordo a quanto mi pare, nel modo il più conveniente. Vi confesso però che quest'affare è per me una grossa spina, poichè il non rendere al Re nostro la visita da Esso fatta, è cosa che offende il nostro prestigio all'Estero. Questo, aggiunto al fatto di quella poca felice distribuzione di decorazioni senza la reciprocità, costituisce un insieme di cose per noi poco vantaggioso. Naturalmente anche su questo secondo argomento conservo il più assoluto silenzio anzi non lascio neppur trapelar le mie impressioni, ma non posso a meno di esserne sommamente spiacente, poichè ben mi accorgo quanto questo fatto pure dii luogo a commenti poco benevoli per noi.

Ho chiesto un'udienza da S. M. l'Imperatore, onde rimettergli la lettera del Re, e non mancherò di scrivervi tosto ciò che Sua Maestà mi dirà in quella circostanza.

Vi ringrazio per le prime informazioni che Vi piacque darmi relativa

mente alla possibilità della riunione del Conclave al Vaticano. Salvo precisi

ordini farò però soltanto uso di quelle come delle ulteriori che mi promettete,

nel caso io sii nuovamente interpellato, poichè mi par conveniente non andar

troppo de l'avant nel dar spiegazioni.

Con questo stesso corriere vi spedisco un rapporto relativo ai malumori che i giornali nostri eccitano qui colla riproduzione che essi fanno delle pubblicazioni del Comitato di Trieste. Vi prego a volerlo prender in considerazione, poichè l'affare lo merita. Certamente come ben mi diceste allorchè mi mandaste qui, l'Austria non può né deve essere il piv6t della nostra politica, ma ciò non di meno ritengo che i rapporti intimi e cordiali seco lei ci siano sommamente utili, quindi dobbiamo evitar tutto ciò che può alterarli, e questi gridi di dolore di Trieste ove trovino in Italia un ascolto qualunque possono proprio condurre al risultato di metterei male assieme. D'altronde se il Piemonte poteva prestar l'orecchio ai gridi di dolore ed attendere il suo astro, l'Italia non lo può più oggi. Questa è cosa mi pare che dovrebbe saltar agli occhi di quanti sentono la dignità del loro Paese, malgrado ciò tanto i giornali di destra quanto quelli di sinistra vanno a gara a cacciar le mani in quella questione con una mancanza di tatto proprio incredibile. La Perseveranza nel suo numero del l o aprile ha pubblicato un ottimo articolo sulla questione, peccato vi abbia aggiunto una postilla che mi fa paura, dicendo in quella che rispetto al Trentino terrà differente discorso! Quell'annuncio mi sorride poco come capirete benissimo. Insomma se troverete modo di dare o far dar consigli di prudenza agli amici almeno sarà un gran bene. Intanto come di ragione nessuno qui nè ufficialmente, nè ufficiosamente mi ha tenuto parola su quest'argomento, e son persuaso non mi se ne farà cenno, ma se .qualcheduno me ne parlasse, taglierei corto immediatamente.

Non avendo altro a dirvi per oggi...

(l) Cfr. n. 317.

329

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

Vienna, 7 aprile 1874 (per. il 10).

Facendo seguito al mio rapporto dei 2 corrente N. 263 della presente .serie (1), pregiomi riferire a V. E. una conversazione che io ebbi col Conte Andrassy sull'argomento di cui era caso in quello. Essendomi recato da lui ieri, alla sua ebdomadaria udienza, dopo poche parole relative alle lettere scambiatesi fra S. M. Francesco Giuseppe e S. M. il Re l'Augusto Nostro Sovrano, in occasione del suo 25° anniversario di Regno, il Conte mi disse che

S. M. l'Imperatore faceva pienissimo assegno sull'inalterabilità delle cordiali relazioni esistenti fra l'Austria-Ungheria e l'Italia, e ciò a malgrado il chiasso

{l) Cfr. n. 323.

che si fa in questi giorni a proposito delle aspirazioni Triestine e dell'indirizzo al Re del sedicente Comitato di quella città. Entrato così in materia su questo spinoso argomento, Egli aggiunsemi essersi in verità molto parlato di quell'indirizzo non che della conseguente attitudine assunta in proposito dalla stampa italiana, anche dalla moderata, e di tutto ciò farsi arma per combatterlo lui, il partito che sempre sta cercando mezzi per sbalzarlo dal suo seggio. Fra quelli che van menando più rumore di questo affare, citommi il Principe Riccardo Metternich che di recente ritornato da Venezia va in giro ingrossando la questione e dando l'allarme! • Per conto mio -Egli soggiungeva, -so perfettamente che chi ha torto in tutto ciò si è il Governatore di Trieste, il quale non è capace di metter la mano su chi pubblica quegl'indirizzi e farli arrestare; in quanto a voi, è evidente che non avete che farci. L'incolparne voi sarebbe come far carico alla Germania delle agitazioni dei Sassoni di Transilvania; ed anzi duolmi che il Conte Wimpffen ne abbia parlato al Signor Visconti Venosta, il quale però ebbe a rispondergli che tanto il Re quanto il Governo erano spiacentissimi della pubblicità stata data per sbadataggine dei giornali, a quell'indirizzo •.

Confesso che avrei amato meglio non mi si fosse parlato di quest'affare,. poiché sebbene la forma del discorso tenutomi fosse gentilissima, pur tendeva a promuovere da me spiegazioni che ripugnava al mio modo di sentire la dignità del Paese il dare; ciò nondimeno messo al muro, credetti fosse conveniente vuotar l'incidente con una dichiarazione leale ed esplicita. Dissi che per conto mio non avevo ravvisato in tutto ciò che una polemica di giornali, nella Quale pari era il torto da una parte come dall'altra, poiché i giornali Austriaci, compreso il Fremdenblatt organo che riceve le ispirazioni dal Ministero (locché il Conte non mi negò) avevano dato all'incidente proporzioni che non doveva avere, e quest'ultimo periodico, anzi era andato negli eccessi, impugnando già la tromba guerriera! e provocando così corrispondenti esagerazioni da parte dei nostri periodici. Posi in sodo il Governo italiano essere assolutamente estraneo all'indirizzo del giornalismo di qualsiasi colore, quindi non paterne avere responsabilità di sorta. In quanto poi alla accusa che ben sapevo da taluni facevasi al R. Governo di accogliere senza disfavore i conati del partito italiano di Trieste, tenevo a dichiarargli una volta per sempre che se l'Italia si era servita per lo passato, per costituirsi, anche dei mezzi di cui la si vorrebbe accusare si valga tuttora per estendere la sua frontiera, quella politica era finita colle necessità che l'avevano causata. Oggi l'Italia è per la sua estensione, popolazione e forza una grande potenza, conosce gli obblighi inerenti a quella sua posizione, e non vi fallirà mai. Per dovere di lealtà, per sentimento di dignità, nonché per ben compreso interesse, l'Italia respinge nel modo il più assoluto i conati del partito annessionista di Trieste, e non può ammettere si supponga il contrario. Per dar maggior peso alle mie parole, aggiunsi ancora: • Voi poi in particolare, caro Conte, dovete a quest'ora conoscermi abbastanza per essere persuaso che dopoché i nostri due Sovrani suggellarono qui con una stretta di mano la pace già fatta fra i due Paesi, io non sarei oggi in Vienna, dove desidero restare lungamente, se il Governo che io rappresento intendesse seguire verso di voi una strada tortuosa che non armonizzasse con quel fatto •.

Ciò io gli dissi con quell'accento di verità da cui sono improntate le parole di chi dice ciò che fortemente sente, e quindi parmi producesse il voluto effetto sull'animo del lealissimo mio interlocutore, che mostrassi grato delle così p:recise dichiarazioni da me fattegli. Sembrandomi inutile prolungare il colloquio su così poco grato argomento, vi posi fine, dicendo parermi vuotato l'incidente, al che il Conte assentì con soddisfazione e premura.

Come l'E. V. vede da questa mia relazione, sebbene mancassi di istruzioni sull'argomento, pure non ho creduto dover esitare menomamente a fare dichiarazioni franche ed esplicite, tali da toglier, per quanto da me dipende, ogni diffidenza sull'attitudine del Governo italiano verso l'Austria, troppo essendo persuaso del fermo volere del Re Nostro e del Suo Governo di mantenere e rafforzare anzi sempre più i legami d'ogni natura esistenti fra i due Sovrani e fra gli Stati sui quali regnano. Base di questi legami deve essere la fiducia reciproca; io mi studiai quindi e sempre mi sforzerò di eliminare tutto ciò che può menomamente alterarla. Mi riuscirà grato il conoscere se il linguaggio da me tenuto ha la approvazione dell'E. V.

Non saprei però chiudere questo rapporto senza insistere ancora, come già il feci col mio precedente, sulla somma importanza che io ravviso acché il R. Governo eviti scrupolosamente qualsiasi atto anche apparentemente senza rilievo, che possa essere interpretato qui come ispirato da sentimento di simpatia per gli uomini del partito annessionista di Trieste e del Trentina.

Infatti, non giova nasconderselo, i nemici nostri qui sono potenti e non pochi, e non lasciano sfuggire le occasioni di nuocerei, essendo questo fra i migliori mezzi onde mettere in mala vista presso il Sovrano, tanto il Conte Andrassy che il partito che attualmente travasi al Governo, e che solo in Austria ha qualche simpatia per l'Italia (1).

330

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 266. Vienna, 7 aprile 1874 (per. il 10).

Ho avuto l'onore di rimettere stamane a S. M. l'Imperatore in udienza particolare, la lettera Reale che l'E. V. trasmettevami col suo ossequiato dispaccio del 27 scorso mese pervenutomi la sera del 2 corrente (2).

Nell'adempire all'affidatomi incarico non mancai di porre in rilievo i sentimenti di leale e cordiale amicizia di cui l'Augusto nostro Sovrano è animato verso S. M. l'Imperatore, nonché il vivo suo desiderio di sempre maggiormente stringere non solo quei legami personali, ma anche quelli che felicemente uniscono l'Italia a l'Austria-Ungheria, ed accennai pure anche alla gratissima ricordanza, che il Re serba del soggiorno fatto l'anno scorso in questa Capitale.

S. -M. l'Imperatore compiacquesi esprimersi meco in modo cordialissimo per Sua Maestà dicendomi: serbare lui pure preziosa memoria della visita fattagli dal Re, che Egli era lietissimo di conoscere personalmente. Dissemi essersi associato di gran cuore alla faustissima ricorrenza testé da Lui celebrata. Aggiunsemi essere a sua conoscenza le dimostrazioni d'affetto, che da ogni parte d'Italia il Re aveva ricevuto in quel giorno, locché ben provava quanto Ei sia apprezzato ed amato da tutti i Suoi sudditi, cosa di cui egli rallegravasi moltissimo.

345·

Sua Maestà degnossi trattenermi ancora un dieci minuti circa conversando meco con molta affabilità sugli affari interni della Spagna nonché della Francia, parlandomi pure del suo recente viaggio in Russia accentuando il bisogno di pace che tutti provano in Europa, e la sua speranza che quel generale desiderio continui ad essere soddisfatto.

Non ho d'uopo d'aggiungere che Sua Maestà fu meco in questa udienza, come ogni qualvolta ho l'onore di avvicinarla, sommamente cortese ed anzi cordiale con me (1).

(l) -Annotazione marginale: « Approvare e mandare copia a Trieste •. (2) -Cfr. n. 316.
331

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1308. Berlino, 8 aprile 1874 (per. l' 11).

J'ai lu avec un vif intéret la dépeche que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser en date du 29 mars échu, N. 317 (2).

Il est déjà malaisé de préter une attention minutieuse à tout ce qui a défrayé la vie politique de l'Europe depuis quelques semaines. Les émotions produites par les événements des dernières années nous ont transportés au dessus et au delà de l'ordinaire. Les faits qui se sont succédé ne sont plus que la conséquence de la violente impulsion antérieure. Mais il est plus difficile encore de percer le mystère qui entoure l'entrevue récente de l'Empereur François-Joseph avec le Tsar. C'est une véritable bonne fortune d'avoir sous les yeux un document, qui fournit quelques jalons pour ne pas faire fausse route dans ses appréciations.

D'après le langage qui m'a été tenu par le Comte Karolyi, à mon retour de congé, on serait tenté d'admettre la vérité d'une entente sur la conduite à suivre vis-à-vis de la Turquie, à savoir: I" une renonciation à toute idée de conquéte, d'annexion, de protectorat et d'influence exclusive; 2o abstention d'actes hostiles envers la Porte, et méme la ferme intention de ne pas lui susciter des embarras. Aristarchi-Bey rapportait la meme impression de ses entretiens avec le Sultan et le Grand Vizir. Ces deux points sont en quelque .sorte la partie négative de l'entente. Quant à un accord positif, signalé par le Général Ignatiew, pour favoriser sans secousse, et autant que les circonstances le permettront les tendances autonomistes des provinces de la Roumélie,

j'ai sondé adroitement M. de Biilow. Il ne lui résultait aucunement qu'un tel sujet eut été traité entre les Gouvernements. Et meme il considérait personnellement comme peu sérieux, ce que les journaux avaient pu publier sur ce point.

Je lui ai demandé aussi ce qu'il y avait de vrai dans les bruits mis en circulation, sur le projet de constituer une commission internationale, à l'effet de contròler, et de diriger dans une meilleure voie les fìnances turques. Le Secrétaire d'Etat, sans faire aucune allusion qu'il en eut été parlé dans l'entrevue de St. Pétersbourg, convenait qu'il y avait eu là dessus un échange de vues entre différents Cabinets. Il existait meme une dépeche du Comte Andrassy. Mais un tel projet n'avait pas rencontré l'assentiment général, pas meme celui de la France, quoiqu'elle eut des fonds considérables engagés en Turquie. Maintenant on aurait mis sur le tapis une autre combinaison, analogue à celle qui avait été proposée en 1.859, ou en 1862, sous Fuad-Pacha, par un français, le Marquis de .... (son nom m'échappe) (1). Le Cabinet deBerlin ne s'est pas encore prononcé, il attend de plus amples renseignements. Il ne voudrait rien faire, qui portàt une atteinte à l'indépendance de l'Empire Ottoman.

M. de Biilow accentuait en outre, que le maintien du status-quo en Orient était conforme aux intérets de l'Allemagne. Le Comte Karolyi assure que telle est aussi la manière de voir du Cabinet Austro-Hongrois. Dans ce cas,. la Russie ne saurait faire bande à part. Jusqu'à preuve contraire, on ne saurait révoquer en doute qu'il en soit ainsi, car on ne verrait guère aujourd'hui une Puissance quelconque en état d'aUer chercher en Orient le prétexte de quelque vaste combinaison. L'Autriche et la Russie se tiennent mutuellement en échec. Au besoin, l'Allemagne ferait pencher la balance du còté où elle placerait son épée, mais elle laisse planer une certaine incertitude sur sa conduite éventuelle. Excellent moyen de paralyser l'action de ceux qui voudraient précipiter le cours des événements.

Dans ces conditions, la Russie est forcée d'enrayer sa politique traditionnelle, jusqu'à ce que la situation se dessine d'une manière plus favorable. Je ne parle, ni de la France impuissante aujourd'hui à jouer un ròle prépondérant, ni de l'Angleterre qui ne preterait pas son concours pour affaiblir l'autorité du Sultan.

Puisqu'il fallait, bon gré mal gré, endormir la question d'Orient, la Russie aussi bien que l'Autriche ont reconnu qu'il importait, du moins durant cette époque de transition, de mettre un terme à des tiraillements qui datent de la guerre de Crimée et pouvaient conduire à des conflits de plus d'une sorte, nuisibles à la sécurité intérieure. Ensuite de leur rapprochement, la propagande slave, entre autres, perdra de son intensité, et l'Autriche sera plus réservée dans ses coquetteries avec la Gallicie. Pour ce temps de treve, les deux Puissances sont évidemment d'accord, soit sur la nécessité de maintenir la paix européenne, soit sur l'importance de lui donner une sérieuse garantie par leur union avec l'Allemagne.

Si on pouvait voir le dessous des cartes, lire dans la pensée intime des Souverains et surtout des Ministres qui ont pris part aux conférences de Berlin et plus tard à celles de Vienne et de St. Pétersbourg, il est plus que probable qu'on découvrirait quelque trace de défiance mutuelle. Ce qui a été dit au Reichstag par le Maréchal de Motke caractérise la situation: • Nos succès nous ont valu partout le respect, nulle part des affections. On trouve qu'une Allemagne puissante pourrait devenir un voisin incommode ».

L'Autriche-Hongrie ne veut pas ètre une succursale du Cabinet de Berlin, et elle cherche pour le moment un contrepoids à St. Pétersbourg, tout en pres.sentant peut-etre quelque danger dans ce mariage, de raison plus que d"inclination. La Russie de son còté fait de nécessité vertu, sachant parfaitement qu'aucun de ses alliés n'est désinteressé dans ses témoignages d'amitié. Le Prince de Bismarck a trop de discernement, pour ne pas savoir estimer les hommes et les choses à leur juste valeur. Aussi, exerce-t-il une grande surveillance pour contenir les deux Cabinets dans les bornes de ses propres convenances. Sous ce rapport, il aura peut-etre trouvé que mieux eut valu s'en tenir aux rendez-vous à trois, qu'aux rendez-vous à deux. Je ne puis au reste que me référer à ce que je mandais à V. E. en Septembre 1872, sur l'entrevue des trois Empereurs à Berlin. Les considérations que je développais dans mes dépèches, s'appliquent aussi à la rencontre du Tsar et de l'Empereur François-Joseph en Janvier dernier.

Le Général Ignatiew exprimait l'idée de constituer une Principauté de Bulgarie, de céder la Macédoine et la Thessalie à la Grèce, et de joindre la Bosnie et l'Herzégovine à la Serbie. Ce sont là évidemment des projets caressés par le Cabinet de St. Pétersbourg. Si ces changements territoriaux se produisaient par la force des choses, il saute aux yeux qu'ils seraient préférables pour l'Italie, à tout arrangement en vertu duquel la Bosnie et l'Herzégovine passeraient sous la domination de l'Autriche ou de la Russie. Et mème, ce ne serait qu'à la condition que la Serbie, rendue plus forte, se décidat à suivre une politique indépendante à la fois de Vienne et de St. Pétersbourg. Nous pouvions, avant 1866 et dans le but de gagner les suffrages du Prince Gortchacow pour la libération de Venise, murmurer vaguement le vceu qu'un jour la Russie et l'Italie se donnassent la main à travers l'Adriatique. La situation n'est plus la mème depuis cette époque, et notre politique doit tendre à

,empècher la Russie de se rapprocher d'une mer, où nous devons nous réser

ver de dicter la loi, quand nous serons assez forts pour faire prévaloir nos

prétentions.

(l) -Annotazione marginale: « Comunicato al Gabinetto di Sua Maestà •. (2) -Non pubblicato.

(l) A matita aggiunto dagli uffici del Ministero il nome c Ploenc •

332

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. l. Berlino, 8 aprile 1874.

Je vous remercie de votre lettre particulière du 28 Mars échu. Je partage entièrement votre avis que, au sujet de l'Ambassade, la meilleure voie à sui

vre dans l'état actuel des choses, est celle de s'expliquer amicalement et sans détour au moyen d'une dépéche officielle. Il y a urgence à sortir d'une impasse, où la dignité est en jeu. Après avoir d'abord cherché à enrayer cette question, j'ai mis plus tard une insistance motivée pour que tout fut réglé d'un ccìmmun accord, et pour qu'il résulte d'un document officiel que mon langage, tenu ici, était, malgré ma réserve, autorisé et approuvé par le Gouvernement du Roi. C'est depuis une année environ, que datent nos premières ouvertures.

Si le monde n'a pas été bàti en un jour, il n'est pas moins vrai que nous logeons ici en quelque sorte à la belle étoile, tandisque les représentants des autres Grandes Puissances, et mème celui de la Turquie, se sont déjà casés selon leurs convenances. Le mieux serait de s'entendre au plus tòt pour la solution de cette affaire. Je me rends cependant parfaitement compte de votre désir de combiner préalablement le mouvement diplomatique, auquel donnera lieu la retraite du Marquis Caracciolo: mais rien n'empècherait, il me semble, que les deux Gouvernements se concertassent dans l'intervalle et sans perdre de temps.

Il est évident qu'il conviendrait, pour donner plus d'importance à la mesure, de nous borner pour un certain laps de temps à établir une Ambassade ici, avec réciprocité. La démonstration n'en serait que plus significative. Ce serait, après la visite de Notre Auguste Souverain à Berlin, une preuve de fait de notre intimité avec l'Allemagne. Vous savez que l'amitié du Cabinet de Vienne pour nous est en raison directe de nos bons rapports avec le Cabinet de Berlin. Et quant à la France, elle sera avertie une fois de plus de modérer ses allures, s'il lui prenait fantaisie de nous susciter des embarras. Quand l'effet que j'indique se sera suffisamment produit par un traitement différentiel, le moment sera venu alors de pourvoir aussi à l'élévation en rang d'autres missions, selon nos convenances et selon les limites du budget.

Dans l'audience que j'ai eue le jour de Pàques chez l'Empereur, je me suis convaincu, une fois de plus, de la grande utilité d'occuper une position qui me donnàt plus souvent accès auprès de la personne du Souverain. Quand il a fait quelques allusions aux difficultés soulevées par la question religieuse, j'ai pu développer combien était différente la situation des deux Pays, quelle était notre conduite conforme au programme du Comte de Cavour, etc., etc. Sa Majesté admettait le bien fondé de mes arguments. Je doute fort que le Prince de Bismarck, passionné à l'extrème et dépassant le but dans son attitude, envisage les choses au mème point de vue parfaitement impartial en se prononçant à notre endroit. Sa Majesté ayant nommé le Général de La Marmora, je n'ai pas hésité à critiquer l'usage qu'il a fait de documents relatifs aux événements de 1866, mais en ajoutant que son caractère était au dessus de certaines accusations injustes, émises sur son compte. C'est encore là un jugement que le Souverain n'est pas habitué à entendre. Les conséquences amenées par la sortie violente du Chancelier contre un discours d'un député de l'opposition invoquant les révélations fournies par le livre Un po' più di luce, eussent été toutes autres, si on avait pu, par l'entremise d'un ambassadeur, faire délicatement sentir à l'Empereur, que mieux valait ne pas donner suite à cet incident, ou du moins s'en remettre entièrement à nous du

soin de pourvoir spontanément à l'avenir contre de pareilles publications..

Quand je dis l'Ambassadeur, il en eut été de méme pour le Chargé d'Af

faires d'une Ambassade. Comme tel, il reçoit lui aussi des invitations privi

légiées à la Cour. Le Chevalier Tosi en aurait tiré parti aussi bien que qui

que ce soit, au lieu de se trouver seulement en présence du Secrétaire d'Etat,

qui ne pouvait que lui rapporter les impressions de son chef, inabordable

pour le corps diplomatique.

Ma dépéche n. 1305 (l) répond à ce que vous me mandez, dans le dernier

article de Votre lettre, sur les appréhensions du Gouvernement français.

Dans l'espoir de recevoir bientòt de vos nouvelles...

333

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 267. Vienna, 10 aprile 1874 (per. il 15).

Ringrazio l'E. V. per la comunicazione che Le piacque darmi, col suo ossequiato dispaccio dei 29 scorso marzo (2), dell'importante rapporto direttole dal mio Collega di Costantinopoli il 13 febbrajo corrente anno (3), in cui riferisce una conversazione da lui avuta coll'Ambasciatore Russo relativamente alle trattative sulla questione Orientale, a cui diede occasione la visita fatta dall'Imperatore Francesco Giuseppe alla Corte Imperiale di Russia.

Nelle sue linee generali, il discorso tenuto dal generale Ignatieff al Conte Barbolani concorda abbastanza con ciò che ebbe già a dirmi il Conte Andrassy, e che io non mancai di riferire a suo tempo all'E. V. Parrebbemi però che l'irrequieta immaginazione del geniale Ambasciatore Russo possa in questa circostanza avergli fatto ammettere come accordi conchiusi, la sola esposizione di principj intorno ai quali si può aver discusso, scambiato idee, ma difficile sembrami siansi presi impegni, anche solamente verbali. Ciò dico essenzialmente pel l" punto; cioè sulla rinunzia a qualsiasi idea di conquista, annessione, od anche di protettorato od influenza esclusiva. Trovo poi una contraddizione fra l'asserto del Generale Ignatieff che il Conte Andrassy fosse invaghito del progetto di un sindacato finanziario internazionale a Costantinopoli, e quanto mi diceva su questa stessa questione il Conte, pochi giorni fa. Infatti egli mostravami escludere assolutamente la possibilità di quella forma di sindacato finanziario, e dicevami essersi in tale senso espresso a Pietroburgo ed a Berlino, locché venivami confermato da questo Ambasciatore di Germania.

In quanto poi all'eventuale scompartimento delle Provincie di Europa della Turchia, che il Generale Ignatieff diede come suo parere, devo dire, che idee analoghe mi risulta sieno state ventilate presso questo Ministero Impe

\2) Non pubblicato.

riale degli Affari Esteri fin dalla scorsa estate. Intanto sta per me il fatto che il Gabinetto di Vienna ha assolutamente rotto colla sua politica tradizionale in Oriente, e ciò essenzialmente onde togliersi dall'isolamento in cui quella l'avrebbe lasciato, e stringersi all'alleanza Germanico-Russa. Parmi però vedere che il convegno di Pietroburgo avrebbe forse avuto più per effetto di moderare l'ardore col quale il Conte Andrassy si era lanciato su questa nuova via che di eccitarlo; ed anche ciò si capisce, dovendo Egli, dopo di aver ristabiliti gli antichi legami di amicizia fra le due Corti ed i due Stati, evitare una politica soverchiamente attiva in Oriente che potrebbe ingenerare diffidenza a Pietroburgo. Un sintomo di ciò lo trovo nei consigli di prudenza che da qui si danno al Governo di Bucharest, e nel maggiore studio che si pone ad evitare quegli incoraggiamenti all'autonomia dei Principati Danubiani, che troppo potrebbero eccitare le suscettività della Porta. E che ciò sia, ne è prova il poco celato malcontento dell'Agente Rumeno in Vienna, che non poté a meno di notare in questi ultimi tempi un sensibile cambiamento di attitudine a riguardo del suo Paese per parte del Conte Andrassy. Al tempo stesso merita attenzione il fatto che precisamente dopo la visita di Pietroburgo, il Principe Gortschakoff mutò in senso molto più favorevole la sua condotta verso il Principe Carlo. Infatti a quanto dicevami il precitato Agente Signor Costaforo, mentre la Russia aveva fin qui rifiutato di ammettere a Pietroburga un Agente Rumeno, in questi ultimi tempi si fu essa che espresse a Bucharest il vivo desiderio di averne uno. Non annetto certamente soverchia importanza a questi piccoli incidenti; ho però creduto doverli menzionare, sembrandomi di tutto s'abbia a tener conto, onde seguire il filo della partita che, non conviene dissimularsi, è a quest'ora impegnata sullo scacchiere Orien

tale.

Dalle conversazioni che io ebbi in proposito coll'Ambasciatore di Germania Generale Schweinitz, mi rimase l'impressione che il Principe di Bismarck in tutte queste faccende, intende conservare un'attitudine abbastanza passiva, rendendo però alla Russia il segnalato servizio, non solo di guarentirla contro l'ostilità dell'Austria-Ungheria, ma anzi di facilitarle l'accordo .con questa Potenza.

L'E. V. può fare assegno che io non mancherò di seguire colla maggiore attenzione il successivo svolgimento qui della questione Orientale, e di informarla man mano di tutto ciò che al riguardo mi riuscirà di sapere. Pel momento intanto credo poter ripetere che idee precise su di una soluzione non che sulla condotta a tenersi per arrivarvi, il Gabinetto di Vienna non le ha; solo parmi poter dire che si è decisi a lasciar svolgere gli avvenimenti senza contrastarli, non tralasciando però di frenarli con prudenza ogniqualvolta il loro troppo precipitoso corso potesse minacciare la pace Europea, primo e solo desiderio in oggi dell'Austria-Ungheria.

P. S. A proposito poi del Generale Ignatieff trovo non inutile l'aggiungere che egli fa ogni suo possibile onde lasciare il posto di Costantinopoli, ed anzi, mentre l'Imperatore d'Austria era a Pietroburgo, fece i più insistenti passi onde ottenere l'Ambasciata di Vienna. Il Conte Andrassy, che ciò raccontavami, dissemi aver dal canto suo eliminata una tale candidatura, poco garbandogli di avere a Vienna un Ambasciatore Russo che per i suoi antecedenti sarebbe stato, anche senza volerlo precisamente, il centro degli intrighi Panslavisti della Monarchia; oltre di che poco piacevagli aver che fare con un uomo sì irrequieto.

Si unisce una lettera particolare per S. E. il Ministro (1).

(l) -Cfr. n. 327. (3) -Recte 13 marzo, cfr. n. 300.
334

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 10 aprile 187 4.

Mi valgo d'una occasione sicura che mi si offre oggi per l'Italia onde porgervi più precisi ragguagli sull'udienza che io ebbi dall'Imperatore nell'occasione della rimessione da me fattagli della lettera di Sua Maestà.

L'Imperatore parlommi del Re in modo molto cordiale, fu meco gentilissimo, ma non mi fè neppur lontano cenno del desiderio e della possibilità di un suo viaggio in Italia. Anzi mi accorsi che aveva una paura terribile che io toccassi quel tasto, poichè contrariamente alla sua abitudine m'interrompeva, o parlava Lui ogni qualvolta il filo del mio discorso sembrava porgermi il destro d'accennare al desiderio del Re di rivederlo. Su quella questione il Conte Andrassy serbasi del pari meco d'un mutismo completo. A parer mio la quistione di quel viaggio ha fatto un grosso passo indietro col chiasso avvenuto a motivo dell'indirizzo dei Triestini. Speriamo quello spiacevole incidente non abbia altro seguito, e che i nostri giornali, per leggerezza causa prima di tutto il guaio, sappiano almeno tacer ora. Non insisterò più, ove non se ne presenti la necessità, su questo argomento, di cui parmi avervi già troppo a lungo discorso nella mia corrispondenza ufficiale e particolare. Nulla vi dico per ora sulla risposta del Conte Andrassy all'Enciclica Papale, poichè essa è tenuta segretissima, ed anzi il Conte dicevami ieri sera a proposito di voci corse nei giornali, che ove venisse interpellato nelle prossime Delegazioni, risponderebbe che non risponde. Qualunque però questa sia, ritengo si cercherà un compromesso onde evitare una rottura colla Santa Sede.

I giornali di qui asseriscono che il Gabinetto di Vienna appoggi vivamente la candidatura di Don Alfonso al trono di Spagna. Per mio conto credo la cosa assai probabile, non solo perchè salta agli occhi che tutte le simpatie della Corte sono per la Regina Isabella e per gli Alfonsisti, ma più particolarmente perchè l'Imperatore parlandomi l'altro giorno delle cose di Spagna si espresse meco in modo molto sfavorevole a riguardo di Don Carlos, dicendolo fiacco ed inetto a governare.

Non volendo prendervi maggior tempo a leggermi, nè avendo d'altronde cose di particolar interesse a dirvi, finisco...

(l) Cfr. n. 334.

335

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI

D. 160. Roma, l2 aprile 1874.

Ho letto con molto interessamento i rapporti che Ella mi indirizzò per informarmi sull'andamento della vertenza esistente tra il Governo della Sublime Porta e la Comunità Armeno Cattolica.

Dal telegramma che io Le diressi il 4 corrente (l) in risposta a quello di

V. S. Illustrissima relativo alla conversazione avuta col Segretario di Monsignor Azarian Ella avrà scorso come il Ministero approvi pienamente il contegno da Lei tenuto in quella circostanza. Giusta quanto ebbi a dirle con quel telegramma, e conformemente d'altronde alle idee manifestate prima d'ora su tale argomento, il Governo del Re considera le scissioni che sorsero nella Comunità Armeno Cattolica come una questione nella quale esso non ha il diritto di immischiarsi. Tale questione infatti può ritenersi d'ordine interno per quanto si riferisce al Governo ottomano, e d'ordine spirituale per quanto riflette la Curia Pontificia, vale a dire rimane estranea, sotto ciascuno di questi aspetti, alla competenza del nostro stato.

Mi compiaccio di aver rilevato dal di Lei rapporto 3 corrente (l) che anche presso gli altri Gabinetti vada prevalendo lo stesso ordine di idee. Le sarò grato delle successive informazioni ch'Ella vorrà fornirmi su tale oggetto.

336

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A LONDRA, CADORNA

D. 200. Roma, 12 aprile 1874.

Mi pregio di trasmettere a V. E. la qui unita copia di un recente rapporto del Ministro di Sua Maestà a Costantinopoli (1), nel quale si parla della conclusione di un prestito di 40 milioni di franchi per parte del Governo ottomano; della progettata creazione di un importante stabilimento di Credito col titolo di • Banca Nazionale turca "; della pubblicazione ora fattasi del Bilancio dell'Impero per l'esercizio 1874-75; e di altri argomenti relativi del pari alla grave materia delle condizioni finanziarie della Turchia, verso le quali, come è noto a V. E., si è da qualche tempo rivolta con speciale intensità l'attenzione delle principali Potenze europee.

Io le faccio, Signor Ministro, la comunicazione del detto rapporto perché .desidererei di essere informato circa gli apprezzamenti che il Governo Britannico ha formati sulla materia a cui il rapporto stesso si riferisce. La prego quindi di voler tenere parola dell'argomento a Lord Derby e di volermi riferire il tenore delle idee che egli sarà per esprime:e a V. E. su tal proposito.

(lì N~n pubblicato.

337

IL MINISTRO DEGLI ESTERI VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 118. Roma, 12 aprile 1874.

Ho ricevuto il Rapporto indirizzatomi da V. S. il 7 di questo mese (1), col quale Ella mi ha riferito la conversazione avuta con S. E. il Conte Andrassy a proposito della polemica in questi giorni provocata da alcuni giornali austriaci sul tema delle aspirazioni triestine e dell'indirizzo presentato al Re dal sedicente Comitato di Trieste.

Ella conosce abbastanza il modo di vedere del Governo del Re sovra quest'argomento e non è mestieri ch'io Le dica esserci incresciuto di veder così risvegliata senza motivo, tra gli organi della stampa, una discussione altrettanto inopportuna quanto essa è difforme dai sentimenti cui si ispirano i rapporti tra i due paesi. Ma poiché il Conte Andrassy ha creduto di tenerle discorso di questo affare, sono anch'io di parere che convenga esaurire l'incidente mercè una franca dichiarazione, e approvo perciò interamente il linguaggio che Ella ha tenuto al Cancelliere dell'Impero. Non fu in sostanza diverso il modo nel quale mi espressi sul medesimo argomento col Conte di Wimpffen, il quale infatti era esso pure venuto a farmene qualche cenno: io confido perciò che queste esplicite dichiarazioni, confermate dalla savia condotta del R. Console Generale a Trieste, avranno raggiunto lo scopo di escludere ogni qualsiasi sospetto sul contegno del Governo italiano e sul fermo suo volere di mantenere le più cordiali relazioni coll'Austria-Ungheria.

338

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO

D. s. N. Roma, 12 aprile 1874.

Non sarà certo sfuggita all'attenzione della S. V. Illustrissima la polemica di recente sollevata da alcuni giornali austriaci intorno alla questione delle aspirazioni triestine e ai pretesi intrighi con cui da parte dell'Italia si cercherebbe di mantenere cotali tendenze in Trieste. Alle osservazioni dei giornali dell'Impero risposero naturalmente alcuni organi della stampa in Italia, e si risvegliò così una discussione della quale è appena necessario che io segnali la inopportunità, ben conoscendo la S. V. Illustrissima quali sono i sentimenti del R. Governo a tale riguardo. Bensì credo utile, per informazione di Lei, comunicarle qui unito in copia un Rapporto del R. Ministro a Vienna in cui è riferita una conversazione da lui avuta sopra quest'argomento col Signor Conte Andrassy (l); io ho approvato interamente il linguaggio tenuto in questa circostanza dal Signor Conte di Robilant. Così mi è grato farle sapere che il R. Mi

nistro a Vienna ha reso nei suoi rapporti piena giustizia al savio contegno dalla S. V. Illustrissima tenuto nelle circostanze talvolta assai delicate che sono fatte a codesto Consolato. Io mi compiaccio di esprimerne a Lei la mia soddisfazione: perseverando nella linea di condotta fin qui seguita e mantenendo le buone relazioni che Ella ha saputo crearsi colle autorità di codesto paese, la

S. V. Illustrissima rende il migliore servizio al Governo del Re, col fornire le prove dei suoi leali ed amichevoli intendimenti verso la vicina monarchia.

(l) Cfr. n. 329.

339

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 119. Roma, 13 aprile 1874.

Ringrazio la S. V. del pregiato suo Rapporto del 2 aprile (1), col quale, informandomi di una conversazione avuta con S. E. il Conte Andrassy circa i progetti formati a Costantinopoli per ovviare alle più urgenti difficoltà del Tesoro ottomano, Ella mi chiede quale sia in proposito la mente del Governo italiano, per essere poi in grado di tenere un linguaggio che alla medesima sia conforme.

Il R. Governo non fu interrogato e non ebbe sin qui a pronunziarsi sul merito di alcuna proposta. Le apprensioni alle quali dà motivo fondato la situazione finanziaria della Turchia si fecero però sentire in questi ultimi tempi anche in Italia, dove considerevoli somme sono impiegate nei prestiti dell'Impero ottomano. Per questo essenzialissimo riflesso, il Governo nostro segue con viva sollecitudine tutto ciò che si riferisce alle combinazioni diverse che potrebbero essere adottate per rimediare a danni sicuri che avrebbero la loro ripercussione anche nel nostro paese. Il R. Ministro a Costantinopoli avendo riassunto in un recente rapporto (l) tutto ciò che riguarda la presente situazione, io mi pregio di mandare qui unito alla S. V. una copia di quella relazione.

Ella vedrà che ciò che i Governi non sembrano aver voluto fare di propria iniziativa, pare vogliano ora tentare diversi gruppi di banchieri, i quali si unirebbero per costituire un vasto istituto di credito che assumerebbe le operazioni di incasso e di tesoreria, ed eserciterebbe così un riscontro efficace sull'Amministrazione Finanziaria dell'Impero. Il rapporto del Conte Barbolani non ci fa conoscere in quale misura potrebbero successivamente i Governi esteri essere chiamati a sostenere gli interessi delle loro case bancarie impegnate in simile operazione. Anche ciò che si riferisce all'azione diretta della futura banca nelle percezioni e nei pagamenti dello Stato ottomano non è abbastanza determinato per potersene fare un concetto esatto. Nelle condizioni diversissime delle provincie formanti l'Impero ottomano, mal si comprenderebbe -ehe la concessione di cui si tratta possa essere fatta ad un qualunque istituto di credito in termini generali e assoluti. Si potrebbe ragionevolmente mettere in dubbio il valore pratico di una simile concessione. E nel caso pur prevedibile

di inesecuzione della concessione i capitalisti esteri rappresentati nella futura banca conserverebbero essi il diritto di invocare l'intervento delle rappresentanze diplomatiche dei loro rispettivi paesi?

Io desidero, sopra questo e sopra qualunque altro progetto venisse ventilato intorno al grave problema finanziario che ci presenta la Turchia, mantenermi in frequente scambio di idee con il Gabinetto di Vienna.

Il Rapporto del R. Inviato a Costantinopoli non richiedendo che da parte mia si diano apposite istruzioni, io mi limiterò a raccomandare per ora al Conte Barbolani di tenermi esattamente informato di un soggetto che offre per noi un vero interesse. Ma potrebbe forse occorrere che il R. Governo fosse chiamato a esprimere il suo modo di vedere, anche all'infuori delle comunicazioni internazionali, per rassicurare gli interessati italiani che seguono con molta attenzione tutto ciò che si riferisce a questo grave affare.

Ed io bramerei pure per questo motivo conoscere le impressioni che dominano a Vienna, per poter tenere all'occorrenza un linguaggio sicuro a chi mi richiedesse intorno al valore che praticamente può attribuirsi alla proposta che, secondo le ultime notizie surriferite, la Turchia sarebbe sul punto di accettare.

(l) Non pubblicato.

340

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 13 aprile 1874.

Vi ringrazio della vostra lettera particolare che mi fu rimessa dal Corriere Longo (1). Farò quanto mi dite. Sapete quanto sia !ungi da me il pensiero di creare imbarazzi per voi e pel Governo. So che, per quanto dipende da voi, posso contare sulla vostra fiducia e sul vostro appoggio. Penso anch'io, se si deve· tener conto delle accoglienze che ebbi e che ho qui e delle dimostrazioni ricevute, che anche la sola mia presenza materiale a Parigi ha un significato fnvorevole al mantenimento regolare delle relazioni amichevoli tra l'Italia e la Francia. Ma io ho creduto debito di coscienza di mettere il mio posto a disposizione del Re. Mi pesa otremodo e trovo anche umiliante, che mentre i due Governi ed anche un po' l'opinione pubblica si mostrano favorevoli al mio mantenimento a Parigi, io sia poi esposto ad un capriccio del Principe Napoleone. Ma, vi ripeto, in seguito alla vostra lettera, me ne resterò tranquillo e tenterò di far richiamare quel benedetto Orénoque. Sarebbe però bene, mi pare, che all'occasione aveste una spiegazione col Re, e non gli lasciaste ignorare che non tengo a restar qui a dispetto suo, tanto meno poi, se dovessi farvi una politica altra da quella che ho fatto finora che è quella del Re e dell'Italia, e non quella dell'uno o dell'altro partito che scindono questa sciagurata Francia. Vi citerò un fatto fra molti. All'occasione dell'anniversario della nascita del Re,. il Conte di Parigi venne a farmi una visita. Ho creduto doveroso ed utile :Jll'in

teresse del Re di restituirgliela e sul consiglio di Decazes andai ad uno dei ricevimenti bisettimanali del Conte di Parigi, che m'accolse con speciale distinzione e mi parlò del Re nei termini della più grande deferenza. Badate che i miei colleghi ci vanno tutti. Or bene il Principe Napoleone riferì questa cosa al Re, non so in quali termini. Il Re ne scrisse a Vimercati, il quale gli rispose, credo, che la cosa era molto naturale. Capirete quale impressione questi miserabili intrighi facciano sul mio animo. Potete ancora dire a Sua Maestà, che dopo il mio ritorno a Parigi, il suo nome glorioso ha riguadagnato molta popolarità in Francia, come potete vedere dal linguaggio della stampa la più seria. Il merito di questo fatto è interamente del Re e dell'abile e prudente sua condotta. Ma oso dire, che la mia azione qui non ha nociuto a questo risultato.

La questione del mio nuovo installamento e dell'indennità di cui per incidente parlate nella vostra lettera si troverà naturalmente risolta colla compra d'un palazzo, che converrà ammobigliare a conto del Governo. Ma di ciò vi scrivo in altra lettera.

(l) Cfr. n. 310.

341

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 268. Vienna, 14 aprile 1874 (per. il 18).

La camera dei Signori deliberò ieri con 77 contro 43 voti di respingere il passaggio all'ordine del giorno, e di entrare nella discussione degli articoli del progetto di legge sulle relazioni esterne della Chiesa Cattolica. Le leggi confessionali austriache, p!"oposte dal Ministero, quantunque, o se meglio anzi si vuole, appunto perché sono ispirate dal sistema Giuseppino e da quello sempre seguito tradizionalmente dall'Austria sino al principio di questo secolo, non sono nella loro essenza avverse all'organamento antico cattolico, e molto meno lo saranno ancora nella loro applicazione, indubbiamente molto mite. Lo stesso Cardinale Rauscher riconobbe che molte disposizioni delle attuali leggi potevano a buon dritto dedursi eziandio dal concordato colla S. Sede, sciolto, or sono pochi anni, dal Governo austriaco; non è d'uopo però soggiungere che l'Arcivescovo di Vienna è uno dei pochi prelati, i quali sono tuttora nel loro cuore favorevoli alle vecchie tradizioni dell'Impero.

Ad onta di questi fatti l'attento osservatore deve annettere alla deliberazione di ieri vera e profonda rilevanza. Per tutti gli stati che non adottarono il sistema della separazione della Chiesa dallo Stato, si dimostrò imperiosamente la necessità di assumere, almeno in principio, un deciso atteggiamento rispetto alle modificazioni in senso assolutista, ch'ebbero luogo recentemente in seno della gerarchia ecclesiastica. Era d'uopo sottomettersi intieramente alle nuove esigenze papali o svincolarsi da esse; l'Austria che col Concordato del 1855 accennava voler piegarsi al primo partito, abbandonò quest'ordine d'idee sempre più chiaramente, a misura che la propria vita costituzionale guadagnava ln vigore e le pretese del Vaticano diventavano più assolute. Per la prima volta la Camera dei Signori deliberava su rilevanti faccende ecclesiastiche dopo la pubblicazione del dogma dell'infallibilità; e si pronunciò per la Sovranità dello Stato in tutto ciò che si trova nel suo territorio.

E ciò che vie maggiormente rode l'animo dei clericali si è che le relazioni -ecclesiastiche vengono regolate non più dal Sovrano personalmente; ma colle vie costituzionali; e dessi odiano le costituzioni in generale e più specialmente quella Austriaca, la quale contrasta eziandio alle loro opinioni feudali e federali. In una parola la deliberazione ha tutta la rilevanza di una dichiarazione di principi.

Lo stato del Ministero non può non essere rafforzato da questo novello trionfo, ed è ciò che a noi maggiormente cale. Come già ebbi l'onore di segnalare in un mio precedente rapporto all'E. V. (Serie Politica n. 261, in data del 14 marzo) (l) la posizione del partito liberale non era scevra di pericoli, tanto in Austria quanto in Ungheria, per la coalizione degli avversari, che si servivano di ogni arma per abbatterlo, da quella dei sentimenti religiosi sino all'altra della crisi economica. Certamente ogni ostacolo non è tolto, ed anzi le ire del sempre potente partito clericale saranno aumentate; ma con ogni nuovo passo avanti la posizione diventa più chiara, il retrocedere più arduo, la Corona stessa più impegnata, ad onta delle sue riluttanze e delle pressioni dei membri di sua famiglia. Ed in questa contingenza il Ministero trovò appoggio e favore, più che non era osato sperare, presso il Sovrano. I membri a vita della Camera dei Signori sono pressoché tutti militari, o burocratici e quindi sommessi, precipuamente in Austria, alla volontà Imperiale; nella loro grandissima maggiorità diedero il voto in favore della legge; gli Arciduchi che appartengono alla Camera alta non assisterono alla deliberazione, evidentemente per non porsi in urto coll'Imperatore. E si che persino i prelati ed i • dichiaranti Tzechi • riapparirono dopo prolungata assenza nella Camera, e che venne fatta ogni possa per riunire un numero di voti sufficiente a respingere la legge. Un sintomo di queste disposizioni dell'Imperatore, favorevoli al Ministero, nelle attuali rilevanti contingenze, lo potei constatare anche personalmente quando ebbi l'onore di avvicinarlo, or sono pochi giorni in privata udienza, come ebbi l'onore di portare a conoscenza dell' E. V. con mio rapporto di questa Serie

N. 266, in data del 7 aprile (2). S. M. l'Imperatore si degnò parlare meco eziandio di :faccende non strettamente attinenti al motivo che mi aveva a Lui con·dotto e mi espresse in quell'occasione la sua particolare soddisfazione per l'in·dirizzo politico del suo Governo.

342

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 347. Costantinopoli, 15 aprile 1874 (per. il 24).

Il Signor Carathéodory, Ministro della Sublime Porta presso S. M. il Re, :fu ricevuto ieri in udienza particolare dal Sultano e parte oggi per Roma col battello delle • Messageries • francesi che tocca Napoli.

Nell'uscire dall'udienza il Signor Carathéodory venne da me a dirmi che il Sultano lo avea lungamente e benignamente intrattenuto sulla importanza della missione che gli era affidata e gli avea particolarmente raccomandato di esprimere a S. M. il Re i sensi della sua più schietta amicizia e il suo vivo desiderio di stringere colla Maestà Sua e col suo Governo le più cordiali ed intime relazioni.

Il Signor Carathéodory è altamente lusingato di essere stato prescelto a sì delicato uffizio e son sicuro che si studierà per quanto è in lui di corrispondere alla fiducia che meritamente hanno in lui riposta il Sultano e il Governo della Sublime Porta.

Io non posso quindi che raccomandarlo particolarmente alla benevolenza di V. E.

(l) -Cfr. n. 303. (2) -Cfr. n. 330.
343

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI

T. 36. Roma, 16 aprile 1874, ore 18.

Veuillez dire au ministre des affaires étrangères que nous partageons entièrement l'avis de l'Autriche, Angleterre et Allemagne dans la question Lesseps. C'est à la Porte de faire prévaloir sa décision, qui est en méme temps celleexprimée officiellement par les grandes puissances représentées dans la commission internationale. C'est pour elle une question de dignité.

344

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 269. Vienna, 16 aprile 1874 (per. il 21).

Mentre il Gabinetto di Versailles è costretto dall'imperiose esigenze della situazione creata alla Francia dalla sua infelice guerra contro la Germania, a rassegnarsi per intanto al nostro possesso di Roma, ed anzi a mostrare volontà di mantenere con noi amichevoli relazioni, esso non tralascia però, spintovi dalla pressione che su di esso esercita il partito clericale ancora predominante nella Assemblea, di cercare indirettamente di suscitarci imbarazzi all'estero, dissimulando la mano che ci crea delle difficoltà. Prova di questo mio asserto sono i nuovi passi recentemente fatti presso il Gabinetto di Vienna, onde eccitarlo ad intraprendere pratiche in comune verso il Governo Italiano allo scopo di attenerne nuove, ed, a suo dire, più efficaci guarentigie a favore della libertà del Conclave da riunirsi in Roma nell'eventualità della elezione di un nuovo Pontefice. Onde adescare il Gabinetto di Vienna a questa azione collettiva, il Duca Decazes ben apprezzando le difficoltà in cui attualmente travasi impi

gliato il Governo Imperiale colla Corte Pontificia a cagione delle leggi confessionali che stanno per essere sancite nella Cisleytania, mostrassi disposto ad assumere seco lui conforme attitudine a fronte del Vaticano, per sostenere entro gli stessi limiti, i diritti dello Stato contro le esorbitanti pretese della Chiesa. La partita non era mal giuocata, poiché se a Vienna, non per eccessiva simpatia per noi, ma per timore di compromettersi colla Germania, non si vuole apertamente appoggiare con soverchio zelo le pretese del Vaticano verso l'Italia, pur si vorrebbe che la Cattolicità si persuadesse non avere il Pontefice in Europa sostegno più valido dell'Austria, e ciò tanto a tranquillare la coscienza dell'Imperatore mostrandogli essere Egli negli attuali momenti il più praticamente saldo difensore della chiesa quanto a far contrappeso all'influenza Prussiana nella Germania del Sud, ed a scemare quindi di tanto la terribile Potenza del troppo preponderante vicino. Al tempo stesso si desidererebbe ottenere dal Santo Padre, in contraccambio della diffidenza verso di noi dimostrata, maggiore arrendevolezza nell'attuale questione confessionale, e la mercè sua, maggiore moderazione nell'opposizione al Governo per parte dell'Episcopato e dell'alta aristocrazia clericale. Ove quindi la Francia avesse un Governo che presentasse guarentigie di stabilità tali da rendere possibili ed efficaci durevoli accordi, io non dubito che i passi fatti dal Duca Decazes avrebbero trovato qui favorevole accoglienza. Ma ben diversamente corre la cosa in oggi. Il Conte Andrassy non ha fiducia di sorta nel miglioramento della situazione in Francia, come neppure nella stabilità del suo Governo attuale; quindi non intende strin_gere seco lui in modo alcuno patti che usufruttuati da altri uomini con altro sistema di Governo, potrebbero condurlo là dove non vuole andare, e per lo meno farlo accusare un giorno di duplicità. Egli quindi declinò le entrature ·della Francia per quanto ci riguarda, e ciò Egli dicevami pregandomi a non far caso di quella sua confidenza, non volendo egli, come esprimevasi, fare pette

golezzi diplomatici.

Una tale confidenza però, qualunque sia la forma sotto la quale mi venne fatta, mi fè persuaso che il Conte Andrassy intendeva cavarsi le castagne dal fuoco colla zampa della Francia, cioè ottenere il suo intento di far fare all'Au.stria la parte di tutrice degli interessi della Cattolicità nell'elezione del futuro Papa, senza compromettersi in faccia alla Prussia con un'azione comune colla Francia; e tanto più me ne persuase l'aver egli finito il suo discorso col solito ritornello, che all'Italia conveniva andare rnan mano sciogliendo tutti i dubbj che i suoi avversarj non tralasciano di sollevare contro la possibilità di riunire il futuro conclave in Roma, e ciò a malgrado si possa avere il convincimento di non riuscire mai a persuadere chi nessuna ragione persuaderà mai; essendo pur sempre buono di non lasciare senza risposta asserzioni che si possono oppugnare.

A questa argomentazione non nuova per me credetti dover rispondere: che il Governo Italiano apprezzando le circostanze speciali della Monarchia AustroUngarica, e prendendo anche in alta considerazione i sentimenti amichevoli che non cessa dal dimostrargli il Gabinetto di Vienna, non si è mai rifiutato a dargli tutte quelle spiegazioni di cui era stato richiesto onde meglio chiarirgli la portata delle guarentigie che esso assicurerebbe al Conclave che si riunirebbe nella Capitale del Regno, e che ciò ancora farebbe in avvenire; ciò però esclu

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sivamente in via particolare ed amichevole. Che in quanto a dichiarazioni ufficiali, Esso aveva detta la sua ultima parola colla nota Circolare del l o Gennajo (1), e che quindi sotto tale forma non era più da pensare potesse fare altro. Aggiunsi inoltre che l'azione collettiva ricercata dalla Francia in questa faccenda, era, a mio avviso, un passo falsissimo, ben dovendo essa prevedere che ove a qualche cosa ciò avesse riuscito, altro non poteva essere se non a raggiungere l'effetto contrario al suo intendimento; cioè: trattenerci anche dal dare quei schiarimenti di cui i Governi amici avessero potuto richiederci.

Ciò io risposi colla voluta moderazione nella forma, ma in maniera però da non lasciar dubbj sui nostri intendimenti. E' mio avviso, e ben so essere pur quello dell'E. V., convenga all'Italia di procedere, nella questione del Conclave, d'accordo coll'Austria, essendo questo il miglior mezzo per ottenere che in detta vertenza questa Potenza non si colleghi contro di noi colla Francia. Affinché però quest'accordo abbia un valore, è indispensabile che esso non leda in modo alcuno la nostra dignità. Quindi sintantochè il Conte Andrassy ci chiederà schiarimenti su cose di forma, che gli possono tornare utili onde difendersi dagli attacchi dei nostri avversarj, che pur sono i suoi, sempre sarò di parere di non rifiutarsi a dargli in forma particolare quei maggiori ragguagli su circostanze di fatto di cui potrebbe richiederci. Ove però Egli chiedesse ulteriori dichiarazioni su questioni di principio od esprimesse desiderio di avere da noi risposte ufficiali, da potersi come tali produrre, e tali sue domande egli le avanzasse per mezzo mio o pel canale del rappresentante Imperiale a Roma, è mio parere non ci convenga assolutamente accogliere simili desiderj, e sia buona politica per noi l'esprimersi in tal caso, con amichevole cortesia sempre, ma colla voluta esplicità nel senso della precitata risposta già da me fatta.

Mi riuscirà grato il conoscere se l'E. V. approva tali miei apprezzamenti, e mi autorizza a continuare, verificandosene nuovamente il caso, a tenere lo stesso linguaggio.

345

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AI MINISTRI A LONDRA, CADORNA, E A VIENNA, DI ROBILANT

D. Roma, 17 aprile 1874.

La Società fondata in Parigi per il miglioramento della sorte dei prigionieri di guerra propone di riunire in quella città una Conferenza Internazionale che dovrebbe aprirsi il 4 maggio prossimo. Il Comitato esecutivo di quella Società per organo del suo presidente ha indirizzato una lettera a S. M. il Re ed altre lettere ai Ministri della Guerra e della Marina ed anche a me per ottenere che l'Italia invii dei delegati a quella conferenza.

Trattasi, scrive quel presidente, di un'opera che interessa al più alto segno la civiltà e l'umanità. La mancanza di uniformità nei regolamenti esistenti

14 --'J:Jcctm~nti diplomatici -Serie Il -Vol. V

circa il trattamento dei militari fatti prigionieri e l'assenza di qualunque previsione a tale oggetto presso la maggior parte delle nazioni, hanno dato origine alla formazione di una Società composta di persone appartenenti ai diversi paesi la quale ha deciso di sollecitare dai Governi la conclusione di un accordo sopra questa importante quistione. Un simile accordo troverebbe, al dire del presidente sovranominato, un precedente nella convenzione di Ginevra per il trattamento dei feriti, ed in quella di Pietroburgo per la proibizione delle palle esplodenti. I delegati che interverranno all'annunziata conferenza, dopo aver preso conoscenza dei documenti che loro saranno sottoposti, avranno da intendersi sui passi da farsi per provocare la riunione di un congresso ufficiale avente per iscopo di negoziare un accordo internazionale relativo ai prigionieri di guerra.

Io desidero sapere per mezzo di V. S. Illustrissima se il Governo presso il quale Ella è accreditata abbia deciso di mandare qualche suo delegato alla progettata conferenza ed in caso diverso quale risposta egli abbia fatto all'invito che certamente gli sarà stato diretto in proposito dal Comitato Esecutivo della Società di cui si tratta.

Il tempo assai breve che ci separa dal giorno in cui la conferenza dovrebbe aprirsi in Parigi richiede che V. S. Illustrissima p!"ocuri di farmi avere il più sollecitamente possibile le informazioni che mi occorrono.

(l) Cfr. n. 201.

346

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 320. Roma, l 9 aprile 1874.

S. M. il Re avendo firmato nell'udienza del 16 corrente le credenziali di

V. S. Illlustrissima presso il nuovo Re di Sassonia, io mi faccio premura di mandare a Lei tali lettere munite della copia d'uso.

Ella vedrà quale momento Le converrà scegliere per la presentazione delle credenziali di cui si tratta, e il Ministero la lascia a questo riguardo libera nella scelta del modo e del tempo più opportuno.

Per regolare in modo definitivo anche la nostra rappresentanza presso la Corte di Darmstadt, assecondando il desiderio espressomi ancora recentemente dal Conte Greppi, gli mando delle credenziali per quel Governo principesco, in surrogazione di quelle che il Marchese Migliorati aveva presentato mentre era Ministro a Monaco. Ho creduto che questa determinazione non potrà dispiacere a Berlino, sia perché essa non ha alcun carattere politico, sia perché è abbastanza giustificata dalla necessità in cui si trova talvolta il nostro rappresentante a Monaco d'intervenire presso il Governo dell'Assia per facilitare il buon esito di affari riguardanti cittadini italiani. D'altronde, io ebbi cura di esaminare in proposito il carteggio già scambiato sopra questo oggetto fra

V. S. Illustrissima e il Ministero, ed ho rilevato con piacere ch'Ella non vedeva difficoltà a che il titolare del posto di Monaco ricevesse lettere anche per Darmstadt.

347

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL CONSOLE GENERALE A MARSIGLIA, STRAMBIO

D. s. N. Roma, 22 aprile 1874.

Viene riferito al Ministero dell'Interno che in Marsiglia e precisamente nella via dei Bagni esiste un comitato reazionario di reclutamento diretto da ufficiali borbonici ed ex pontifici. A quel comitato sarebbero da varie parti, e specialmente dalla Galizia, dalla Stiria e dal Tirolo diretti dei giovani i quali dovrebbero poi prendere parte ad una spedizione nella Sicilia od in Calabria. Il Ministero al quale simili indicazioni sono pervenute, desidera che per opera di V. S. le medesime siano verificate e nel caso anche a Lei risultasse l'esistenza del comitato in discorso, gioverebbe che V. S. Illustrissima mi trasmettesse i nomi delle persone che lo compongono ed ogni altra notizia che sullo stesso Le fosse dato di procurarsi.

348

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 145. Costantinopoli, 24 aprile 1874, ore 17 (per ore 18,15).

V. E. saura que le Gouvernement français a chargé son ambassadeur ici de persuader Lesseps qui est à Jérusalem de céder aux vues de tous les autres Gouvernements. Lesseps n'a pas encore répondu au télégramme de l'ambassadeur. En attendant S. Porte a donné de nouveau instructions au Vice Roi d'user de tous les moyens pour que le 29 et non le 11, comme elle l'avait dit auparavant par erreur, ses résolutions par rapport au tarif soient appliquées. Si l'on fait résistence Vice Roi doit demander nouvelles instructions par égard envers la France. Sublime Porte veut éviter de donner ces instructions d'avance.

349

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC

D. 33. Roma, 25 aprile 1874.

La pregiata corrispondenza politica di V. S. mi giunse senza interruzione fino al N. 143 inclusivamente di questa Serie. Io la ringrazio per le informazioni che Ella mi ha colla medesima fornite e in ispecial modo per le notizie relative all'Internazionale contenute nel rapporto N. 142 (l), che il Ministero

dell'Interno, al quale io le ho tosto comunicate, ha accolto con molto interesse. Secondo informazioni pervenute allo stesso Ministero, sarebbe stata indetta, pel principio di questo mese, un'adunanza di internazionalisti a Beaume nella provincia di Hainaut. Ella si troverà forse in grado di sapere se tale adunanza ha realmente avuto luogo, e in tal caso, se essa offrì, pel numero e per la qualità delle persone intervenute, una qualsiasi importanza. Così, risulterebbe che il Consiglio Generale Belga abbia diramato a tutte le sezioni dell'Internazionale una circolare per un altro Congresso da tenersi a Bruxelles nel prossimo settembre. Infine, il Consiglio Federale di Verviers ha esso pure recentemente diffuso una delle consuete Circolari, tendenti a propugnare gli scioperi generali come unico mezzo di rivendicare i diritti delle classi operaie etc. Stimo utile che la S. V. Illustrissima abbia conoscenza di queste notizie al punto di vista dei rapporti che il partito socialista del Belgio cerca di mantenere coll'Italia, e che· per conseguenza non conviene perdere di vista.

(l) Non pubblicato.

350

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1801/456. Londra, 25 aprile 1874 (per. il 29).

Mi pregio di accusarLe ricevuta del riverito di Lei dispaccio del 12 aprile corrente N. 200 politico (1), e dell'annessavi copia d'un rapporto del R. Ministro a Costantinopoli del 3 dello stesso mese, relativi al nuovo prestito fatto dal Governo Turco, alle sue condizioni e conseguenze, ed alle preoccupazioni alle quali esso dava luogo.

Conformemente al predetto dispaccio ed al fine di conoscere gli apprezzamenti del Governo Inglese su questo soggetto mi sono procurato una conversazione con Lord Derby, della quale mi affretto a darle contezza.

Avendo richiamato l'attenzione di Lord Derby sui vari soggetti indicati nel detto rapporto del R. Ministro a Costantinopoli, ai quali il dispaccio di V. E. si è riferito, il Signor Conte mi disse che non aveva alcun dubbio che le finanze turche si trovavano in pessimo stato. Egli credeva che si sarebbe andato avanti fino al prossimo Luglio; ma che se a quell'epoca non si fosse potuto far fronte alla posizione, egli si aspettava che sarebbe succeduta una crisi finanziaria in Turchia. I Turchi, egli soggiunse, hanno bisogno di una lezione. Ma questa lezione, diss'io, non potrebbe essere fatale all'Impero Turco, e gravida di conseguenze dal punto di vista della politica generale?

Lord Derby mi rispose che non credeva che la condizione finanziaria della Turchia fosse, quasi a dire, disperata. Eranvi altri paesi che erano stati ed erano tuttora in condizioni analoghe e mi citò la Grecia, la Spagna ed il Portogallo, il quale aveva lottato per forse 20 anni con simili difficoltà finanziarie. La causa degli imbarazzi finanziarii del Governo Ottomano, disse Lord Derby,. è in ciò che i Turchi son come i ragazzi, li quali quando vagheggiano una cosa,.

la vogliono, checchè costi e benché non abbiano come pagarla. Col Governo personale di quel Paese se al Sultano, o ad alcuno dei Ministri più potenti nasce il desiderio di un Palazzo o di altra cosa di grande spesa non si peritano a procacciarsela. Però i Turchi sono come chi abbia un bello e ricco podere che tutti gli anni spende un po' di più del suo reddito solo per non saper mettere una misura alle sue spese. Egli è perciò che gioverà che essi abbiano una lezione.

Desiderando di accertarmi viemeglio se veramente Lord Derby considerasse una crisi finanziaria in Turchia come tal fatto da non autorizzare ora una seria preoccupazione sulle sue conseguenze anche generali feci notare al Signor Conte che gli esempi della Grecia, della Spagna e del Portogallo mi parevano accennare a circostanze ed a casi assai meno gravi, e meno legati colla politica generale che non sia quello della Turchia. Però Lord Derby avendo insistito nelle idee che già mi aveva espresse, credo che sia autorizzata dalla sua risposta la mia impressione che egli giudichi lo stato attuale delle cose, i recenti fatti ed anche una crisi finanziaria in Turchia non essere cosa di tale gravità da compromettere, almeno per un tempo non lontano, gli interessi della politica generale.

Parendomi importante di conoscere non solo l'apprezzamento astratto di Lord Derby di questa situazione, ma benanche l'attitudine ed il contegno che terrebbe il Governo della Regina in conseguenza di un tale apprezzamento, chiesi a Sua Signoria se, qualunque fosse pure per essere una crisi finanziaria, Egli credeva che nessun mezzo di azione fosse possibile per iscongiurarla.

Egli mi rispose decisamente di no. I consigli, egli disse sono inutili, e la Turchia non li ascolta; una volta, e solo nell'epoca che io fui ultimamente al Ministero, essa li sentiva con deferenza, ma ora non è più così; essa conta sulle navi che ha fabbricate, e sulla flotta che ha creato, non pensando che non serve a nulla l'avere una flotta, QUando non si hanno i danari per fornirla e per servirsene. La Turchia, ha bisogno di lezioni, ed è quando esse verranno che potrà essere il caso di contribuire a spingerla sulla buona via.

A questo punto feci notare a Lord Derby, come già l'aveva fatto notare a Lord Granville all'epoca della conferenza di Londra, che la Turchia era già entrata in questa via all'epoca della conferenza predetta, nella quale la sua attitudine, e le sue resistenze alle proposte unanimi delle Potenze, che già l'avevano tanto ajutata, rivelava apertamente la sua persuasione di bastare a se stessa, e di non aver più bisogno di nessuno.

Dalla risposta di Lord Derby che ho ora riferita venni nella persuasione che l'opinione di Sua Signoria è che la sola politica possibile di presente sia quella di non immischiarsi, in aspettazione del tempo che o la Turchia si tragga da sè dalle sue difficoltà, o che da queste nascendo una crisi sia data occasione e possibilità ad una azione diplomatica con speranza di qualche successo.

Rispetto alla Costituzione d'una Banca Ottomana, coll'incarico di esaminare il Bilancio Turco, ed alle conseguenze di questo fatto Lord Derby mi disse che egli si era sempre opposto alla creazione di una commissione internazionale per le Finanze Turche ed altre dirette ingerenze, e che sempre le avverserebbe. Esse potrebbero aprire l'adito a gravi conseguenze ed avrebbero delle grandi responsabilità, ed al postutto sarebbero inutili.

È però utile e desiderabile che la Porta possa trovare in fatto uomini pratici di finanze, e di amministrazione ciò che le manca affatto.

Lord Derby crede che sia perciò desiderabile che la Porta si serva a tal fine di stranieri abili e capaci, purchè questi stranieri diventino funzionari del Governo Turco ed agiscano sotto la sua sola dipendenza. Che ciò poi abbia luogo o coll'introdurre degli stranieri nell'amministrazione turca o coll'ammettere la costituzione d'una Banca composta anche di stranieri, ma operante sotto le Leggi e sotto il Governo Ottomano, la è cosa, che, secondo l'avviso di Lord Derby, non può sollevare difficoltà. Per tale motivo egli non vede malvolentieri la creazione della Banca che ora si vorrebbe costituire.

Per ciò infine che riguarda le capitolazioni e le convenzioni internazionali della Turchia, le quali nel rapporto finanziario indicato nel di Lei dispaccio predetto e nel rapporto del R. Ministro a Costantinopoli sarebbe stato giudicato essere ostacolo ad ogni rimedio ai mali finanziarii della Turchia, Lord Derby mi disse che non si poteva disconoscere che qualche impedimento ne veniva all'azione della Sublime Porta nella materia finanziaria, e citò per esempio la proibizione fatta alla Porta in alcuni di quegli atti di mettere nuove imposte. • Io non credo, mi disse, che noi dobbiamo suggerire nuove imposte, ma pur parmi che su questo soggetto siavi qualche cosa da fare ». Sua Signoria soggiunse che egli però non aveva idee determinate su questo soggetto, e che anche ciò che mi aveva detto non era che l'espressione delle sue opinioni ed impressioni personali.

V. E. avrà rilevato che le risposte datemi, e le opinioni manifestate da Lord Derby rivelano un certo disgusto della resistenza della Turchia a seguire i consigli tante volte datiLe, una sfiducia in qualsivoglia azione di questo genere, il desiderio di non assumere delle responsabilità, che vincolino l'àzione avvenire eventuale del Governo Inglese, delle quali cose tutte è conseguenza il sistema di astensione adottato pel presente dal Governo Britannico.

Ora è egli lecito inferire da queste stesse impressioni, opinioni e determinazioni qualche previsione dell'attitudine che prenderebbe in avvenire l'Inghilterra nel caso di un nuovo conflitto in Oriente? In seguito alla conferenza di Londra del 1871 per gli affari del Mar Nero, ed ai discorsi tenutimi da Lord Granville, io ebbi già occasione di manifestarLe il mio avviso, che mai e poi mai l'Inghilterra avrebbe in tal caso fatto colla Turchia un'alleanza come quella del 1855 sposando affatto la sua causa. I pentimenti che seguirono quella alleanza, i rimproveri acerbi che Le furono fatti, la distruzione eseguita nel 1871 delle stipulazioni conquistate colla guerra della Crimea, la cronica incorreggibilità della Turchia, e la nuova creazione della grande Potenza Germanica, la quale in certe date circostanze potrebbe entrare in combinazioni favorevoli alle viste dell'Inghilterra, faranno sì che, nel caso ora previsto, le garanzie date alla Turchia coi trattati che seguirono la guerra della Crimea rimarranno una lettera morta, e che si cercheranno altri mezzi per provvedere agli interessi generali, senza troppo occuparsi degli interessi speciali della Turchia. Quella specie di fatalismo che mi parve traspirare dal discorso di Lord Derby a riguardo della Turchia mi ha vieppiù confermato in questa opinione, nel mentre stesso che è nuova prova che nelle mani di qualunque partito sia il Governo della Gran Bretagna, la sua politica in questa,

come suol essere in tutte le grandi quistioni di politica estera, sarà sempre la stessa. Tengo rpoi come cosa non dubbia che la opinione pubblica unanime di questo Paese si ribellerebbe in modo aperto e deciso contro il progetto di spendere ancora la vita di un Inglese od una ghinea per rinnovare i fatti del 1855-56.

Dopo di avere riassunto il più brevemente ed esattamente possibile la lunga conversazione che ebbi con Lord Derby su questo soggetto debbo aggiungere che il Signor Conte mi espresse queste sue opinioni colla massima spontaneità, e senza alcuna esitanza, e che avendolo io ringraziato nella forma più esplicita e cortese, Egli mi disse che avrebbe assai gradito tutte le occasioni che gli offrissi di intrattenere meco simili conversazioni.

(l) Cfr. n. 336.

351

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 368. Pietroburgo, 25 aprile 1874 (per. l' 1 maggio).

Accuso ricevuta all'E. V. del dispaccio del R. Ministero, serie politica

N. 117 del 29 marzo ultimo colla copia annessa del rapporto, indirizzatoLe dal R. Ministro a Costantinopoli, in data del 13 febbraio (l); e rendo all'E.V. quelle grazie che posso maggio,.i per le notizie contenute nel suddetto ufficio, non che nell'importante documento, di cui volle darmi comunicazione.

Per fermo le cose significate dal Generale Ignatiew al nostro Inviato a Costantinopoli, relativamente alla visita dell'Imperatore d'Austria in Pietroburga, richiedono la più attenta considerazione, e io avrò cura di raccogliere tutte quelle informazioni che saranno in mio potere, dalle quali risultasse che i concetti manifestati dal Diplomatico Russo, e gli accordi di cui egli parla, abbiano qualche principio di attuazione.

Nulla per altro finora dimostra che l'intendimento della visita fatta dall'Augusto Ospite di Vienna allo Czar e i colloquii avuti in Pietroburgo tra' loro Ministri sia stato altro che quello indicato nel mio rapporto N. 360 (2), cioè una conferma de' concerti presi a Berlino e a Vienna, di tenersi d'accordo per il mantenimento della pace e dell'ordine politico; e quanto alle cose d'Oriente in particolare, io credo che le conferenze di Fietroburgo non abbiano avuto un significato diverso, e che abbiano conseguentemente riferito alle vertenze Orientali in ispezialità quel medesimo concetto di conservazione e di pace.

Vero è, e qui giova il ripeterlo, che la politica della Cancelleria Viennese rispetto alla Turchia si diversifica oggi sostanzialmente da quella seguita per lo innanzi e che alla trasformazione ricevuta dall'Impero negli ordini interni, poiché cessò di essere potenza preponderante in Italia e in Germania, dee tener dietro una trasformazione corrispondente nella sua politica esterna, che in

Oriente poi segnatamente dee trarla a farsi protettrice delle popolazioni cristiane, tributarie della Porta. Cosiffatta trasformazione cangia ancora essenzialmente la natura delle relazioni diplomatiche tra la Russia e l'AustriaUngheria, perciocchè queste due Potenze non sono altrimenti opposte fra loro, come prima erano, nell'azione diplomatica che spiegano a Costantinopoli, ma divennero piuttosto concorrenti e rivali nel mirare all'intento medesimo e nel procacciarsi credito e clientele uguali fra le popo1azioni slave e rumene d'Oriente; onde hanno mestieri d'intendersi fra loro con opera più delicata e più assidua, perchè codesta rivalità non traligni in antagonismo aperto ed in collisione. Ora tal necessità emerge chiaramente dalle mutate condizioni de' tempi, e ponendo ancora che niuna stipulazione fra' due Governi l'abbia sanzionata, le relazioni che corrono fra essi debbono informarsi presentemente a' criterii che ne risultano.

Il colloquio dell'Ambasciatore di Russia col Conte Barbolani versa principalmente su due punti: sulla proposta dell'arbitraggio internazionale in guarentigia delle finanze turche, e sovra un accordo stabilito per la protezione di uno svolgimento progressivo di autonomia delle provincie Slave e Rumene dell'Impero Ottomano.

Quanto al primo punto, può stare che se ne sia conferito tra il Principe Gortchacow e il Conte Andrassy in Pietroburgo, ed è anzi da credere che la parte presa dal Generale Ignatiew al dibattimento e le ragioni da lui poste in mezzo abbiano contribuito per qualche rispetto a farne rigettare il disegno. Ma questo è certo, che la proposta ufficiale di tale arbitraggio, con qualche emendamento al primo disegno, fu fatta per iscritto con nota della Cancelleria Austriaca, dopo il ritorno dell'Imperatore Francesco Giuseppe e del suo Primo Ministro, ed in risposta a quella nota il Gabinetto Russo ebbe ad esprimere ufficialmente il suo rifiuto; ... le conferenze di Pietroburgo non produssero adunque verun accordo diplomatico che a quella vertenza si riferisse.

Quanto al secondo punto, il quale ha tratto alle autonomie Slave e Rumene, i principii enunciati dal Generale Ignatiew non si difformano da quelli che la Russia di lunga mano ha continuamente procurato di far prevalere in Oriente. È certo da notare come la Diplomazia Austriaca, la quale fino a non ha guari tempo ha sempre vigorosamente avversato quei principii di condotta politica, mostri ora di non dissentirne, e di volervisi anzi associare. Ma tal mutamento proviene da quelle nuove condizioni, alle quali io di sopra accennava, ed è cosa naturale che fra gli uomini di Stato riuniti in Pietroburga se ne sia in quei giorni favellato. Ma riuscirono codesti ragionamenti ad un accordo esplicito, sia per iscritto, sia anche per un semplice impegno verbale? Ciò sarebbe grave, poichè indicherebbe che i due Gabinetti sieno intesi fra loro per inaugurare una politica attiva che metterebbe capo a qualche fatto più o meno prossimo di grande importanza. Ora a me corre obbligo il dichiarare che da' miei Colleghi in questa residenza, non che dagli uomini più autorevoli e meglio informati, l'esistenza di siffatto accordo, in una forma speciale stabilito, si nega ricisamente. Ed ove alcun che di segreto sia seguito fra i due Governi con questo intendimento, il segreto qui in Pietroburga fu così rigoroso e profondo, che esso ne è impenetrabile. Ma piuttosto è da supporre che il Gener2.le Ignatiew nel parlare di accordi wpra questo

argomento abbia voluto esprimere una semplice confo!'mità dl vedute che i Ministri de' due Imperii avrebbero ravvisata negli apprezzamenti che fra loro si comunicarono sulle vertenze della politica Orientale, senza però assumere formale impegno su veruna di esse in particolare.

Il Diplomatico Russo nel conversare col Conte Barbolani accennava poi da ultimo alla formazione eventuale e remota d'un Principato Bulgaro e di un Principato Greco, per cui i Sultani avrebbero abilità di governare in modo definitivo e durevole il loro Impero Asiatico. Cosiffatta eventualità non entra nel giro della diplomazia attuale, e fu addotta come l'espressione di una personale opinione, ma dimostra non pertanto che nel giudicare la ragion politica della Russia in Oriente si vuole attribuire una singolare importanza a' sentimenti personali del Diplomatico che la rappresenta, e nel tener conto di codesti sentimenti si deve fare la debita riserva quanto all'azione centrale del Governo Russo e quanto alle conseguenze che possono derivarne. La politica Russa a Costantinopoli e a Pietroburgo nel fondo è l'istessa, ma ne è diversa la manifestazione, e tale diversità si deve ripetere dal carattere personale dell'Ambasciatore, non che dall'ambiente locale in cui egli si trova, che scema la sua risponsabilità e rende al tempo stesso l'opera sua più inframettente e più viva.

(l) -Recte marzo, cfr. n. 300. (2) -Cfr. n. 290.
352

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 427. Bucarest, 26 aprile 1874 (per. il 4 maggio).

Al Governo del Re è noto il concetto sviluppato da questo Ministro degli Esteri in Parlamento e nei suoi atti diplomatici che, cioè, la Rumania fu sempre, come risulta da antichi trattati confermati da quello di Parigi del 1856, uno Stato Sovrano e dindipendente sotto la garanzia collettiva delle Potenze, non avendo altro legame con l'alta Porta che quello del pagamento di un tributo in iscambio di altre obbligazioni che la Turchia contrasse verso i Principati.

Il Signor Boeresco non si limita a commettere agli Agenti Rumeni all'Estero la cura di spargere codeste idee nella stampa dei paesi dove essi si trovano, nè si perita di sviluppare questi suoi apprezzamenti a tutti gli Agenti Esteri qui accreditati; ma non si lascia nemmeno sfuggire alcuna occasione per ribadire i suoi intendimenti con ogni franchezza e con ogni mezzo purchè avventato non fosse.

E profittando della pubblicazione fatta recentemente dal Giornale La Turquie di un articolo intitolato • L'entrevue de Saint Pétersbourg » ha creduto dover riassumere nel Giornale la Pressa le argomentazioni da lui svolte precedentemente, e come pubblicista e come Ministro, sulle condizioni della Rumania rispetto alla Potenza Alto-Sov!'ana.

Malgrado che nulla egli avesse detto in questa circostanza che non fosse a conoscenza di tutti, taluni fra i miei Colleghi, forse perchè di. recente arri

369'

vati a Bucarest, sembrano scossi dalla chiarezza e fermezza di linguaggio del Ministro degli Affari Esteri, linguaggio al quale i loro predecessori erano come me di già abituati.

Checchè ne sia, credo prezzo dell'opera di mettere sotto gli occhi di

V. E. una traduzione francese che dell'articolo della Pressa ha pubblicato il Journal de Bukarest non senza aggiungere che il Signor Boeresco mi afferma in ogni occasione che egli non si discosterà mai dal sistema intrapreso di far trionfare i suoi intendimenti patriottici, che sono al tempo stesso quelli della nazione intera, con mezzi legali e prudenti.

• Col Gabinetto di cui mi onoro far parte, così conchiude sempre il mio interlocutore, io rifuggo da inopportune avventatezze che meglio che giovare recherebbero pregiudizio alla causa nazionale a noi affidata •.

353

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 149. Vienna, 27 aprile 1874, ore 19 (per. ore 21).

D'après conversation que l'ambassadeur de France a eue aujourd'hui avec comte Andrassy et moi, il paraitrait que Lesseps s'est soumis en faisant des réserves que la France appuie meme avec une certaine vivacité. Comte Andrassy est d'avis de refuser toute discussion sur principes décidés par la commission de Constantinople, et l'a carrément déclaré à l'ambassadeur de France. Il m'a du reste exprimé le désir de continuer à se maintenir en échange de vues avec nous au sujet des phases ultérieures de la question.

354

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 272. Vienna, 28 aprile 1874 (per. l' 1 maggio).

Ebbi ieri propizia occasione di parlare col Conte Andrassy sulla questione relativa a qùella tale • Banca Nazionale Turca » di cui fa menzione il Conte Barbolani nel suo rapporto dei 3 corrente mese (1), che l'E. V. compiacevasi trasmettermi in copia col suo ossequiato dispaccio dei 13 corrente N. 119 della presente Serie (2). Dissi al Conte che tanto sopra questo progetto, come sopra qualunque altro venisse ventilato, intorno al grave problema finanziario Turco a cui l'Italia è sì altamente interessata, l'E. V. desiderava mantenersi seco lui in frequente scambio di idee. Senz'altro quindi gli svolsi i dubbj che la progettata combinazione aveva sollevati nell'animo dell'E. V., ed il pregai a farmi conoscere le sue impressioni.

Non esitò affatto il Conte Andrassy a rispondermi dividere Egli nel modo il più completo le impressioni dell'E. V. al riguardo; ritenere piena di pericoli l'istituzione di una Banca sulle progettate basi, ed avere anzi altamente sconsigliato tutto ciò che potesse avere apparenza di internazionale (confermandomi così nuovamente quanto ripetutamente ebbi già a riferire all'E. V., ed in particolare modo nel mio rapporto dei 10 corrente N. 267) (1). Egli mi ripeté pure il già dettomi altra volta, avere egli invece suggerito la creazione di una Commissione di sorveglianza delle Finanze, composta di sudditi della Porta, ai quali si potrebbero anche aggiungere alcune notabilità appartenenti agli Stati Secondarj d'Europa, come Belgio, Olanda, Potogallo etc. e quindi nella impossibilità di dare ombra a nessuna delle grandi Potenze. Soggiungevami quindi risultargli che la Porta d'altronde sta precisamente elaborando un progetto di questo genere, ma che procedeva in questo affare con segretezza tale che nulla sin qui ne era traspirato.

Sembrandomi di aver così risposto alla interpellanza che l'E. V. compiavevasi rivolgermi col suo precitato dispaccio....

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 339.
355

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 508. Roma, 29 aprile 1874.

Col rapporto di V. S. in data del 24 marzo (2) ho ricevuto la lettera colla quale il Comitato esecutivo della Società pel miglioramento della sorte dei prigionieri di guerra, invita il Governo italiano a mandare dei Delegati alla Conferenza che dovrebbe aprirsi in Parigi allo scopo di concertare ,i mezzi per addivenire ad un accordo internazionale. Altre lettere analoghe quel Comitato mi trasmetteva per mezzo di V. S. ed io ne curavo la consegna a S. M. il Re ed ai Ministri della Guerra e della Marina.

Successivamente col rapporto del 7 aprile (3) Ella mi inviava gli esem

plari di un progetto di regolamento internazionale relativo ai prigionieri di

guerra, elaborato dal Comitato sovr'indicato, esemplari destinati al Re ed

ai Ministri già nominati ed a me, e che furono tutti recapitati esattamente

al loro indirizzo.

Prego V. S. Illustrissima di voler essere interprete dei sentimenti del Go

verno di Sua Maestà presso il Comitato esecutivo della Società in discorso

per il cortese invito e per l'invio fattoci allo scopo di assicurare la parteci

pazione dell'Italia ad un'opera altamente umanitaria. S. M. il Re ha fatto alle

comunicazioni della Società quell'accoglienza che trovano sempre presso la

Augusta sua persona le proposizioni che segnano un progresso della civiltà

delle nazioni. La Maestà Sua mi ha ordinato di esaminare e prendere in

considerazione una questione alla quale come P!'incipe e come soldato vivamente si interessa.

I Ministri della Guerra e della Marina mi hanno fatto conoscere dal canto loro le più favorevoli disposizioni di occuparsi dell'oggetto di cui la Società fondata in Parigi ha preso la generosa iniziativa.

Il Governo di Sua Maestà ha conseguentemente stimato opportuno di mettersi in relazione cogli altri Gabinetti per conosce!'e le loro intenzioni a tale riguardo. Delle istruzioni erano già state spedite in proposito ai rappresentanti del Re presso alcune Potenze, quando il Ministro di Russia in Roma venne a farmi la comunicazione alla quale si riferiscono i documenti qui uniti. Dai medesimi risulta che il Governo dello Czar si è occupato di un progetto di regolamento internazionale che si estenderebbe a tutto ciò che riguarda i doveri e i diritti dei Governi e degli eserciti in tempo di guerra. Il Gabinetto di Pietroburgo si propone di comunicarci tale progetto tosto che i lavori da lui intrapresi saranno ultimati e dalla comunicazione già fattaci risulterebbe che egli è disposto a pcendere l'iniziativa della riunione di una conferenza internazionale da tenersi in Bruxelles per l'esame del regolamento da lui preparato.

In seguito a questa comunicazione che fa sperare che l'idea propugnata dal Comitato di Parigi possa ricevere in brevissimo tempo un indirizzo più pratico e più sicuro mediante la proposizione che farà la Russia alle varie Potenze di riunire una Conferenza internazionale, io ho stimato opportuno di soprassedere ad ogni altra deliberazione, aspettando le ulteriori pratiche che tanto presso di noi quanto presso gli altri Gabinetti, il Governo dello Czar non tarderà ,a fare.

Non voglio però lasciar di tributare in questa occasione il dovuto encomio ai sentimenti umanitarii che hanno suggerito la proposta della Società di Parigi alla quale Ella vorrà, Signor Ministro, offrire i ringraziamenti del Governo del Re facendole sapere tutto il p!'egio in cui sono da noi tenute le sue comunicazioni.

(l) -Cfr. n. 333. (2) -Cfr. n. 311. (3) -Non pubblicato.
356

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI

D. s. N. .Roma, 30 aprile 1874.

In risposta alla Nota di codesto Ministero del 23 aprile corrente Segreteria Generale (l) e facendo seguito alle notizie già trasmessegli in ordine alla Conferenza da tenersi in Parigi pel miglioramento della sorte dei prigionieri di guerra, il sottoscritto si affretta ora di far conoscere al Ministero stesso essere egli stato informato dal Rappresentante italiano in Parigi che la riunione della conferenza è stata prorogata al 18 maggio prossimo.

Da posteriori informazioni ricevute risultò poscia che la Russia pro

·muoverà in breve la riunione di un'altra Conferenza avente un programma più esteso che oltre alle quistioni relative al miglioramento della sorte dei prigionieri di guerra comprenderà tutto ciò che si riferisce ai diritti ed ai doveri degli eserciti belligeranti. In tale stato di cose il R. Governo ritiene che convenga attendere le proposte che gli saranno fatte dal Gabinetto di Pietroburgo, dalla iniziativa del quale si può aspettare un avviamento ancor più pratico e meglio determinato dei lavori che la Conferenza internazionale dovrà intraprendere. Ed intanto il R. Governo ha creduto che bastasse di far conoscere quella circostanza al Comitato esecutivo di Parigi per mezzo del

R. Rappresentante in quella città. Coi propri ringraziamenti il Ministero scrivente ha nella stessa occasione fatto pervenire al Comitato medesimo anche quelli di codesto Dicastero ed ha assicurato i promotori del progetto filantropico in discorso del vivo interesse con cui il Governo del Re si occuperà di una proposta che onora così altamente gli onorevoli componenti del Comitato parigino e la Società da essi rappresentata.

(l) Non pubblicata.

357

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 122. Roma, 30 aprile 1874.

Col rapporto del 16 aprile (l) V. S. Illustrissima mi segnalava gli adoperamenti della diplomazia francese presso il Gabinetto di Vienna allo scopo di animarlo ad intraprendere pratiche in comune verso il Governo italiano nello intento di ottenere nuove e più efficaci guarantigie a favore della libertà del Conclave di riunirsi in Roma nell'occasione dell'elezione di un :~uturo Pontefice.

V. S. ebbe la conferma dei nuovi passi fatti dalla Francia presso il Governo Imperiale nella conversazione avuta recentemente con S. E. il Conte Andrassy e durante la quale codesto primo Ministro ebbe ad esprimere un pensiero sul quale egli si compiace ritornare, che all'Italia cioè convenga andare man mano sciogliendo tutti i dubbi che i suoi avversari sollevano contro la possibilità di riunire il futuro Conclave in Roma. S. E. ben sa che non si riuscirà mai con ciò a persuadere chi non vuoi intendere ragione, ma crede tuttavia che non giovi il lasciar senza risposta gli argomenti che agevolmente possono oppugnarsi. La S. V. ha dal canto suo tenuto al Conte Andrassy un linguaggio di cui io approvo pienamente il concetto.

La libertà del Conclave è assicurata del pari che quella del Pontefice dalla legge delle guarantigie. Essa è posta sotto la salvaguardia di tutti i poteri dello Stato che ha mezzi adeguati all'importanza ed alla gravità dell'assunto. La comunicazione che in via diplomatica Ella è stata incaricata di fare al Gabinetto di Vienna nel gennaio scorso, ha, in certo modo, confer

mato le guarantigie segnalando al Governo Impe:ciale la situazione creata in Italia al Collegio Cardinalizio nei casi di vacanza della sede pontificia. Ben a ragione Ella ha dunque esclusa la possibilità di nuove dichiarazioni ufficiali a tale proposito. Noi avremmo l'apparenza di togliere valore alle dichiarazioni già fatte se ora o poi le ripetessimo in forma e termini che non potrebbero di molto variare. Altra cosa sarebbe se il Governo dell'Imperatore specialmente preoccupandosi di qualche difficoltà che a lui si affacciasse nello esame della quistione, desiderasse da noi degli schiarimenti sul modo con cui tale difficoltà potrebbe essere superata. Non si tratterebbe più allora di rinnovare delle dichiarazioni generali e di massima. Non si metterebbe in quistione la condizione di diritto che la legislazione Italiana ha guarentito al Conclave. E noi saremmo bien lieti di rispondere nella stessa forma particolare ed amichevole in cui si sarebbe fatta la domanda, dando al Governo dell'Imperatore tutti i ragguagli che sopra le circostanze di fatto e le difficoltà che esse sollevano egli potrebbe desiderare.

Benchè non mi sembri cosa probabile che S. E. il Conte Andrassy voglia ritornare prossimamente sopra questo soggetto di conversazione, io autorizzo la S. V. a tenergli il linguaggio che Le ho sopra tracciato nel caso Ella si trovasse nella necessità di dovergli confermare ciò che Ella ebbe a dirgli di propria iniziativa.

(l) Cfr. n. 344.

358

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI

D. 161. Roma, l maggio 1874.

Ringrazio V. S. Illustrissima dei vari rapporti da Lei indirizzatimi in questi ultimi tempi e relativi alle gravi condizioni in cui versano le finanze della Turchia.

Ella mi ha riferito la conversazione avuta in p:roposito con Rachid Pascià sino dal mese di Gennaio scorso e nella quale molto opportunamente V. S. chiamò l'attenzione di S. E. sopra i considerevoli interessi che i capitalisti italiani hanno impegnato nelle operazioni di credito dell'Impero Ottomano.

Riferendomi quella conversazione, Ella già accennava sin d'allora, Signor Ministro, al progetto di guarentire con un efficace sistema di sorveglianza, i capitali stranieri impiegati nel debito ottomano. Un simile concetto formò poscia l'oggetto di uno scambio d'idee, che ebbe luogo a Pietroburgo nella occasione della visita dell'Imperatore d'Austria, ed il Gabinetto di Vienna si mise a tale riguardo anche in comunicazione con altre Potenze.

Ella troverà nei documenti litografati che Le saranno spediti col primo vapore italiano, parecchie utili notizie relative a questo affare del quale, per il motivo già indicato da Lei a Rachid Pascià, l'Italia deve seriamente preoccuparsi.

Segnalandole tutto l'interesse che c'inspira la condizione dei nostri capitalisti, detentori dei titoli dei prestiti ottomani, appena è mestieri che io aggiunga che il Governo del Re desidera di essere esattamente e prontamente informato di tutte le combinazioni che potrebbero venir progettate per assicurare i diritti dei creditori della Turchia.

L'Austria-Ungheria è fra tutti gli Stati quello che sembra più disposto degli altri a prendere una parte attiva nelle questioni in discorso. Dalle informazioni che ricevo da Londra dovrei credere che la Gran Bretagna invece, completamente sfiduciata dopo i ripetuti inutili tentativi fatti per indurre il Governo turco a più savi consigli nella sua amministrazione interna e nella gestione finanziaria, non sarebbe disposta ad agire prima che il male sia giunto a tal segno da far rinsavire anche gli amministratori ottomani. Ella conosce perfettamente a qual punto di vista la diplomazia russa considera l'intervento europeo nelle quistioni di cui qui si tratta. A Berlino il Governo non dimostra di partecipare alle inquietudini che in altri paesi, come in Italia, si sono concepite per l'avvenire delle finanze turche.

In tale stato di cose, non offrirebbe alcuna pratica utilità l'esaminare partitamente le varie idee che sono state messe innanzi e che tutte però sembrano voler condurre ad una intromissione diretta od indiretta della diplomazia estera negli affari riguardanti la situazione finanziaria dell'impero ottomano. Per ora io debbo dun-que restringermi a raccomandarle, Signor Ministro, la massima vigilanza perché gli interessi italiani siano debitamente tenuti in conto nelle varie possibili combinazioni alle quali l'Amministrazione Imperiale potrebbe piegarsi per dare una giusta soddisfazione e qualche guarentigia a degli interessi che, perdurando lo stato presente delle .cose, potrebbero essere irrimediabilmente sacrificati.

359

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A LONDRA, CADORNA

D. 204. Roma, 1 maggio 1874.

Il Ministero dell'Interno venne fatto consapevole che la così detta • Lega universale • invitò recentemente le sezioni italiane che hanno fatto adesione ad essa, a mettersi in diretta corrispondenza cogli operai inglesi della • Trade's Union • servendosi dell'indirizzo di certo Kuston di Manchester. La detta lega diramò pure una circolare alle mentovate Sezioni per annunziare loro che alla fine del prossimo venturo agosto terrà un Congresso generale, dove esse potranno mandare i propri rappresentanti.

Io credo opportuno di recare queste notizie a cognizione di V. E. e di pregarla a voler procurarsi le necessarie informazioni per farmi sapere qualche cosa di positivo tanto sulla segnalata convocazione del Congresso soprannunciato quanto su quel Kuston di cui è fatto parola nella comunicazione del Ministero dell'Interno.

380

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, 2 maggio 1874.

Ho poco a dirvi in questo corriere. Troverete nella spedizione una memoria sul Vaticano, memoria che non ha forma ufficiale e di cui farete l'uso che meglio vi parrà conveniente.

Partecipo ed aderisco all'opinione che manifestate nel dispaccio in cui mi rendete conto della vostra conversazione col Conte Andrassy, in seguito ai tentativi della diplomazia francese. Da alcune informazioni che ebbi, abbastanza attendibili benché non lo siano in modo assoluto, mi risulterebbe che un certo numero di Cardinali si pronuncia sempre per la riunione del Conclave fuori di Italia. Si farebbe conto in tale eventualità di fare nuovi e più aperti passi presso il Governo austriaco per convocare il Conclave nel territorio, e di imporsi alquanto ad esso ponendolo nell'imbarazzo di rifiutare. Con questa possibilità in aria, gioverà dunque col Conte Andrassy non dipartirsi da quella attitudine di buon volere personale, che è anche un atto di reciprocità e di giustizia. Noi siamo pienamente d'accordo nell'apprezzare il vantaggio che ha per noi la condotta tenuta finora dal Conte Andrassy in nome dell'Austria, il vantaggio ch'essa perseveri, e l'azione personale del Ministro in essa. Nei rapporti e nelle spiegazioni confidenziali giova dunque mostrare che apprezziamo questa attitudine e che non ci rifiutiamo, nei giusti limiti, a ciò che può agevolare al Conte Andrassy un compito che non è senza difficoltà. Ciò dunque che vi è necessariamente di più assoluto nei documenti ufficiali, ciò che non potrebbe poi in alcun modo essere concesso a azioni combinate può essere attenuato in tutti quei rapporti personali, come voi solete fare, ne' quali siamo lieti di dare al Conte Andrassy prova della nostra fiducia e della nostra deferenza.

361

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 461. Madrid, 3 maggio 1874 (per. il 10).

A conferma del telegramma che ho avuto l'onore di trasmetterle il l • corrente (1), mi affretto partecipare a V. E. che la notizia della definitiva en

trata delle t"uppe Spagnuole a Bilbao giunse a Madrid questa mane all'una< antimeridiana.

Alle quattro pomeridiane di ieri, il Duca della Torre telegrafò da Portu-galete al Ministro della Guerra che il Marchese del Duero annunciando che i suoi posti avanzati trovavano i nemici in ritirata su tutti i punti, gli aveva dato ordine di occupare immediatamente la città che per tanto tempo sfidò gl sforzi del Pretendente.

I Carlisti vedendosi accerchiati dall'abile manovra del Maresciallo Concha evacuarono precipitosamente tutte le posizioni. che avevano finora sì ostinatamente difese, e tranne ai primi momenti della ripresa delle ostilità, l'esercito non incontrò alcuna resistenza.

Pare che i seguaci di Don Carlos eseguirono la loro ritirata in due corpi, passando uno il Nervion tra Luchana e la località chiamata il Deserto, e invadendo l'altro le colline di Lejona e le alture di Aspe, Banderas e Archanda.. Si suppone inoltre che quest'ultimo corpo passò il fiume Cadagua a Castrejana, salendo verso i monti a destra di detto fiume, probabilmente allo scopfr di salvare il parco d'assedio.

Così dunque ha il Carlismo fortunatamente perduto l'occasione di far· dare alla sua causa un passo che gli avrebbe assicurato materialmente e mo-ralmente un vantaggio immenso.

Ora la lotta civile, se non spenta, si limiterà a una guerra di partigiani fino a che la termini un convenio. Secondo ogni probabilità, il Maresciallo Serrano tornerà il più presto possibile a Madrid. Ecco in quali termini parla di lui la stampa semi-ufficiale:

• Un patriotta illustre, un generale invitto, il Duca della Torre, come nel 1836 il grande Espartero, personifica la vittoria con tutte le sue meravigliose conseguenze. Gratitudine imperitura deve il paese al generale in capo dell'esercito, il quale dalla più alta carica dello Stato, si trasferì in persona sul teatro della guerra in momenti di angustia per arrischiare la sua riputazione militare e la vita in difesa della patria e delle istituzioni la cui tutela gli è stata confidata ".

A fianco di simili enfatiche parole, debbo additare come contrapposto, l'attitudine assunta dai pe"iodici alfonsisti nell'accordare tutto il merito del successo ottenuto al Marchese del Duero. Così si esprime a questo riguardo uno dei giornali più ligi al Duca della Torre:

" Già negli ultimi giorni abbiamo reso conto ai nostri lettori di un paragrafo pubblicato da un diario repubblicano e della risposta fattavi da un foglio alfonsista. Ieri si sco"se nuovamente negli organi di questo partito il disegno di attribuire al Marchese del Duero tutta la gloria di aver fatto levare l'assedio di Bilbao, lasciando da banda il Duca della Torre e, quando lo nominano, servendosene come di un repoussoir per far maggiormente risaltare la figura militare del Generale Concha. Lungi da noi, non già il proposito ma neanche l'idea di voler menomare, neppure per una piccolissima parte, la gloria che il Marchese del Duero ha acquistata nelle operazioni testè compiute. Ma, ancorchè non ci sia nessuna intenzione politica nel contegno della

stampa Alfonsista, esso ci sembra tuttavia poco prudente, e ci pare che col posporre o coll'abbassare l'illustre capo dello Stato e generale supremo dell'esercito del Nord, si fa nascere la sfiducia e si svegliano i sospetti •.

(l) Non pubblicato.

362

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 6 maggio 1874.

Vi telegrafai alcuni giorni sono la comunicazione fattami in via partìcolare dal Conte Andrassy relativamente alle decorazioni conferiteci da S. M. l'Imperatore. Eccovi ora la mia impressione al riguardo. Il Santo Stefano dato a Voi ed a Minghetti è cosa non solo naturale ma anzi un'assoluta necessità. Il Leopoldo dato a me, è un di più; e quindi potevano benissimo dispensarsene. Il conferimento di quest'ultima decorazione farà molto effetto qui, poiché non è affatto negli usi di questa Corte il dar quel Cordone ad un Ministro plenipotenziario che rimane in carica. Il Conte Andrassy nell'annunciarmelo ebbe a dirmi un mondo di cose lusinghiere da parte dell'Imperatore, ringraziai analogamente, sebbene fossi in fondo poco lieto di quel fatto, che ai miei occhi chiaramente significa più non doversi pensar per ora ad una visita dell'Imperatore al nostro Sovrano. Infatti ecco come io vedo la genesi di quest'affare. Il Conte Andrassy deve aver fatto il possibile per indurre il suo Sovrano a restituir al Re la visita fattagli a Vienna. Non essendovi riescito, gli avrà fatto sentir la necessità di contracambiar senza ritardo, in parte almeno, le decorazioni state conferite dal Re. Che l'Andrassy abbia fatto, come dissi il possibile affinché s'effettuasse la venuta in Italia dell'Imperatore ne ho la persuasione, essendone stato informato mentre la questione era pendente, da un intimo suo pur amico mio. Riesciti vani i suoi sforzi, Egli volle almeno si compiesse un atto che rivestendo un color politico, fosse chiara prova delle cordiali relazioni esistenti fra l'Austria-Ungheria e l'Italia, e questo risultato parmi l'abbia raggiunto qui.

In quanto a me non Vi nasconderò, che dopo che io seppi da Voi la conversazione che ebbe luogo fra il Re nostro e l'Imperatore qui in Vienna sulla .questione del viaggio in Italia, rinunciai completamente alla sua effettuazione; infatti da quanto Vittorio Emanuele ebbe a dir in proposito a Francesco Giuseppe, questi può a buon diritto tenersi per dispensato dal restituirgli la visita pel momento almeno. Intanto però i giornali continuano a parlarne, e malgrado che le smentite non si facciano aspettar per parte dei periodici meglio informati tanto di Vienna che di Roma. Non seguiamo l'esempio dei primi, e

facciamo punto su quest'argomento che proprio manca d'attualità.

La questione Triestina e Trentina continua a turbar i sonni di tutti qui, e

l'Andrassy se ne preoccupa, poiché come già dissi è un'arma di cui potentemente si servono i suoi avversari. L'Arciduca Alberto di ritorno poco fa dai Trentino, riferì all'Imperatore esservi colà una non indifferente agitazione, locché mise assai di cattivo umore il Sovrano, e per lo meno del pari il Suo Ministro. Non sarei poi anche meravigliato che tanto a Trieste quanto nel Trentino si simuli anche un'agitazione che non esiste, onde ottener concessioni autonomiche sempre agognate, e fin qui respinte.

Volendo d'altronde esser giusti, convien constatare, che tanto l'Austria quanto l'Ungheria sono gli Stati al mondo che con maggior energia devono· respingere l'idea dei confini etnografici, poiché ove questo principio fosse riconosciuto ammissibile, sarebbe la fine tanto dell'Austria che dell'Ungheria. Ripeto quindi, che se i nostri giornalisti hanno amor Patrio e sentimento vero della dignità nazionale, devono una buona volta farla finita coi loro inopportunissimi articoli in sì delicata questione.

Or saran due settimane circa, giunse in Vienna il nuovo Nunzio, presentò le sue credenziali, scambiò le visite d'uso cogli altri Ambasciatori compreso quello di Germania, accettò qualche pranzo dai colleghi, e pare voglia tenersene lì, poiché mi si assicurò che egli non terrà, a motivo sempre della prigionia del Santo Padre il consueto ricevimento ambasciatoriale. Meglio per me, evitandomi così difficoltà, ed incidenti sempre spiacevoli. Fino ad~ oggi non ebbi occasione d'incontrarlo, verificandosi questo caso mi farò pre-sentare a Lui in forma particolare come feci col predecessore col quale fui sempre in convenienti relazioni sociali. Monsignor Jacobini checchè abbiano• potuto dirne i giornali di Roma e di Vienna è uomo di spirito che pare abbia tatto e modi, insomma la sua scelta fu nell'interesse del Vaticano fatta con giudizio, infatti a malgrado egli trovasse qui il terreno abbastanza mal preparato, è fin d'ora bien posé. Parlai di Lui in via affatto particolare col Conte Andrassy, e potei capire che non gli dispiacq_ue essendosi con Lui mostrato moderato ed animato dai migliori sentimenti conciliativi. Anzi il Conte dicevami esser contentissimo della sua venuta, poiché il Falcinelli essendo imbecille, eran molti a far da Nunzio in Vienna, mentre ora invece si saprà con chi si tratta. Non ho d'uopo dirvi che per conto mio, preferivo di gran lunga il rimbambito Falcinelli, poiché il Jacobini potrà esser per me su questo sempre movente terreno un avversario pericoloso. Fortunatamente le que-stioni grosse furono già tutte da noi risolte, e quasi più non resta che a parar agli incidenti. D'altronde fintantoché l'Andrassy resta abbiamo in Lui un amico· nel cuor della Piazza, e quindi difficoltà vere non ci verranno mai create da Vienna. Venendosi poi a verificar un cambiamento completo di persone, e di sistema come natural conseguenza, imbarazzi serii l'Austria Ungheria non. ce li potrà dare, troppo poco felici essendo le condizioni economiche e militari di questo Paese.

Vengo di ricevere la Vostra gentil lettera particolare del 2 corrente, nonché il Vostro dispaccio del 30 scorso (1), e mi conformerò pienamente alle istruzioni che mi date relativamente al modo di contenermi coll'Andrassy sulla questione del Conclave. Intanto siccome Egli à a Pest per le Delegazioni, e

379'

che colà qualche Vescovo potrebbe muovergli obbiezioni sulla possibilità di riunir il futuro Conclave al Vaticano, vado a trasmettergli con lettera particolare alcuni dati di fatto sulla questione, desunti dall'interessante Note à consulter che mi avete spedito.

Farò tesoro dell'informazione che mi date sull'intenzione che taluni Cardinali avrebbero di far eventualmente nuovi e più aperti passi presso il Governo austriaco affinché il Conclave abbia a riunirsi sul territorio Imperiale; ritenete però per certo, che fintantoché Andrassy è Ministro, il Gabinetto di Vienna respingerà recisamente sempre l'espressione di tal desiderio.

Pel momento niente di nuovo qui, d'altronde tutta la vita politica è in questo momento concentrata a Pest.

(l) Cfr. nn. 357 e 360.

363

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO AD ATENE, MIGLIORATI

D. 51. Roma, 8 maggio 1874.

Dalla lettura dei documenti diplomatici che le vennero successivamente comunicati la S. V Illustrissima avrà potuto rilevare la sollecitudine colla quale il Governo di Sua Maestà si è adoperato a facilitare l'esecuzione del progetto di riforma giudiziaria per l'Egitto dal quale gli Stati che hanno numerose colonie in quel Paese si ripromettono un miglioramento dell'amministrazione della Giustizia e per conseguenza delle condizioni create ai molteplici interessi colà impegnati. Dopo l'assiduo lavoro compiuto dalla Commissione internazionale riunitasi per tale effetto a Costantinopoli e dopo uno scambio attivo di corrispondenza fra i Governi interessati, si è finalmente pervenuti alla compilazione di un progetto definitivo di riforma giudiziaria che a noi pare corrispondere sufficientemente allo scopo che si ,aveva in vista. Varì Stati, fra cui la Germania, l'Inghilterra e la Russia hanno già dato la loro esplicita adesione a quel progetto, il quale si spera verrà pure fra non molto accettato dagli altri Governi principali, come prima sieno appianate alcune difficoltà di non grave momento che hanno chiamato la loro attenzione. Senonché, dietro informazioni pervenute al Governo del Re, pare che le maggiori resistenze alla progettata riforma vengano dal Gabinetto di Atene, il quale si sarebbe mostrato alieno dall'associarsi all'accordo comune degli altri Stati. Il Ministro di Germania in Roma è venuto, per incarico del suo Governo, ad intrattenermi di quest'affare e facendomi conoscere che il Rappresentante tedesco in Atene aveva istruzione di adoperarsi presso il Governo Ellenico al fine di rimuovere le sue obiezioni contro la progettata riforma, egli mi ha chiesto se non avrei difficoltà ad incaricare la S. V. Illustrissima di associarsi a tali istanze. Questa domanda è perfettamente consona ai desideri del Governo del Re, il quale, legittimamente interessato alla riuscita della riforma in questione, non si dissimula le conseguenze dell'opposizione che fosse per muovere contro tale progetto la Grecia, la cui colonia in Egitto è così importante e numerosa. Io prego perciò la S. V. Illustrissima di volersi concertare col suo Collega di Germania circa il modo più opportuno di agire presso il Governo Ellenico nel senso da noi desiderato. Io Le sarò molto grato se Ella potrà contribuire coi suoi sforzi a distogliere il Gabinetto di Atene dal creare difficoltà all'esecuzione di una riforma che è il frutto di studi lunghi e coscienziosi e la cui applicazione, noi ne siamo persuasi, ridonderà a vantaggio di tutti indistintamente _gli interessi europei rappresentati in Egitto.

364

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 350. Costantinopoli, 8 maggio 1874 (per. il 15).

Il Principe di Serbia qui giunto il giorno 30 dello scorso aprile, è stato assai bene accolto dal Sultano, che non cessa di dimostrarglisi particolarmente benevolo. Il dì susseguente al suo arrivo fece, come ebbi l'onore di telegrafarle, la sua visita in uniforme ai rappresentanti delle Potenze Garanti, incominciando dal Decano degli Ambasciatori che è il Generale Ignatiew e terminando col Ministro di Allemagna che è meno anziano di me. L'Ambasciatore d'Inghilterra, essendo tuttavia assente, il Principe si limitò a lasciare una sua carta di visita all'Incaricato d'Affari, Signor Locock. Egli era accompagnato nelle sue visite dal suo primo Ministro Signor Marinowich e dal Signor Christich, Ministro della Pubblica Istruzione, ma che ora è qui in missione speciale.

Nello stesso giorno il Signor Marinowich recavasi a complimentare in nome del Principe i rappresentanti delle altre Potenze. Pare che questa distinzione fatta in favore delle Potenze garanti, sia riuscita a gran parte degli altri rappresentanti assai poco gradita.

Infatti avendo il Principe destinato il giorno consecutivo pel ricevimento del Corpo Diplomatico estero, si presentarono soltanto coi rappresentanti delle sei Potenze garanti, i Ministri di Persia, di Grecia e di Spagna; quei del Belgio e della Svezia e gli incaricati d'affari degli Stati Uniti e di Olanda si astennero. Or pare che anche i tre primi si mostrino malcontenti dell'atto da lor praticato, dacchè il Principe non ha loro reso finora la visita personale alla quale essi credono di pretendere.

Il Principe Milano si mostrò meco, durante la visita che mi fece e quella che gli resi il giorno appresso, particolarmente affabile ed espansivo. Sua Altezza mi disse che era stato dolente di non aver potuto, nel viaggio fatto l'anno scorso in Europa, recarsi in Italia per ossequiare S. M. il Re, ma avere stabilito di porre ad esecuzione questo suo progetto nella seconda metà del prossimo mese di giugno. Gli dissi esser sicuro che avrebbe ricevuto da Sua Maestà e dal suo Governo la più cordiale accoglienza.

Entrando a parlar di politica il Giovane Principe, che mostrasi dotato di sveltezza e tatto non comune per la sua età, dissemi che desiderava sinceramente di vivere in buona armonia col Governo del Sultano ed essere disposto dal canto suo a non dargli alcun motivo di doglianza o di disturbo. Ma il Governo Turco, d'altra parte, seguitava il Principe, dovrebbe comprendere che egli è capo di un Governo retto a forme costituzionali, e gli è forza quindi di tener conto delle giuste aspirazioni dei partiti; la quistione dello Zwornick è in questo momento assai bene sfruttata dal partito radicale che se ne fa un'arma contro l'attuale Ministero moderato. La Sublime Porta dovrebbe quindi aiutarlo a tor via di mano ai radicali quell'arma, risolvendo in modo giusto e soddisfacente questa spinosa vertenza. Egli sperava che la Porta finirà per persuadersi che è anche del suo interesse lo star bene con la Serbia, contentandola in ciò che è giusto; aversi del resto un indizio della resipiscenza della Porta a questo riguardo nella decisione presa relativamente alle Strade ferrate e nel cordiale accoglimento che gli era stato fatto.

Non potei che far eco a sì retti e savii intendimenti. Rachid Pacha che ho visto ieri l'altro mi disse che la Sublime Porta non annetterebbe grande importanza ·al possesso del piccolo Zwornick, e sarebbe disposta a retrocederlo ma la difficoltà sta nel trovare un mezzo di ciò fare senza che ne soffra l'amor proprio del Sultano. • Se il Principe di Serbia •, diceva S. E., • deve tener conto delle aspirazioni nazionali del suo popolo, noi anche dobbiamo preoccuparci del cattivo effetto che la cessione non mancherebbe di fare sulle popolazioni Bosniache Musulmane •. Soggiunse che il Ministro di Germania ha suggerito l'idea di una neutralizzazione del terreno da cedersi. Egli è su questa base che ora si discute; ma nessuna decisione è stata presa fino ad oggi.

Domenica scorsa ebbe luogo una rivista della guarnigione in onore del Principe nella gran Piazza del Seraskerato in Stamboul; e poscia il primogenito del Sultano, Principe Izzeddin che lo avea accompagnato durante la rivista lo convitò ad una refezione nei saloni del Ministero della Guerra.

Il Gran Vezir, Rachid Pacha ed il Generale Ignatiew hanno anche convitato a desinare Sua Altezza, ma senza l'intervento del Corpo Diplomatico, onde evitare la gara che avrebbe potuto sorgere con gli Ambasciatori riguardo alla precedenza nei posti.

Il Principe partiva martedì prossimo per far ritorno a Belgrado, via Varna e Bucharest, ove recasi a salutare il Principe di Rumania.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A LONDRA, CADORNA

D. 205. Roma, 9 maggio 1874.

È stato recentemente riferito al Ministero dell'Interno che per iniziativa della • Trade's-Union •, il consiglio federale internazionalista belga, a nome della sezione dei meccanici riuniti in Bruxelles ha indirizzato un appello a tutte le federazioni d'Europa per invitare i meccanici a costituirsi in federazione per poscia dar mano ad un grande sciopero generale dell'arte.

Sebbene un simile progetto possa sembrare chimerico, l'importanza tuttavia che ha in Inghilterra la • Trade's-Union • ed i larghi mezzi di cui dispone fanno sì che il Ministero dell'Interno ben giustamente può desiderare di avere in proposito qualche più precisa e particolareggiata notizia. Ed a tale scopo io mi rivolgo a Lei, Signor Ministro, pregandola di volermela procurare.

366

IL MINISTRO A BERLEW, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1316. Berlino, 9 maggio 1874 (per. il 15).

J'ai vu deux fois le Prince Gortschacow à son passage à Berlin. Il me demanda quelles nouvelles je recevais d'Italie. Je lui répondis que la marche des affaires y suivait un cours régulier. Nous étions occupés de la discussion de projets de loi, qui permettront au Ministère d'améliorer les finances et de donner à la majorité une cohésion si nécessaire dans les Gouvernements constitutionnels.

Le Prince marquait son étonnement de voir nos P:rovinces, surtout du centre et du midi, délier sans trop de murmures les cordons de la bourse pour payer des impòts onéreux. L'Italie d'aujourd'hui sous ce rapport aussi, ne ressemblait donc plus à celle qu'il avait étudiée de près, il y a plus de 40 ans.

• C'était à ne plus s'y reconnaitre •. Il y avait cependant une observation à signaler. Les rapports • d'Agents secrets, de plus d'une Puissance •, s'accordent à dire que les événements en Espagne et en France auront pour effet de consolider pour un certain nombre d'années la forme républicaine dans ces Pays. Ces Agents prétendent que le contre-coup se ferait nécessairement sentir au delà des Alpes, et ils arrivent à cette conclusion, que le Roi Victor Emmanuel sera le dernier Roi d'Italie.

Je me suis empressé de tourner en ridicule les prédictions de ces Agents, pour ce qui concernait notre Pays. Ils faisaient preuve de bien peu d'intelligence, en écrivant de telles billevesées à leurs Gouvernements. S'ils étaient doués de quelque perspicacité, ils devraient plutòt se rendre compte que l'Italie est profondément attachée à notre Dynastie, qui en a reçu la preuve la plus éclatante à l'occasion du 25ème anniversaire du règne de Notre Auguste Souverain. Depuis que notre Pays est en pleine possession de lui-mème, il s'est opéré un grand apaisement des passions. La justesse d'esprit et l'instinct pratique de nos populations sont décidément contraires aux utopies républicaines. L'exemple de la France et de l'Espagne n'a certes rien de séduisant. Ceux qui poursuivent ces rèves chez nous n'appartiennent qu'à une infime minorité. Il sont dans l'isolement et dans l'impuissance. Leurs rangs s'éclaircissent chaque jour. Si pourtant ils se livraient à des actes coupables, le Gouvernement aurait l'énergie de les combattre à outrance.

En un mot, j'ai cherché à laisser comprendre de mon mieux au Prince· Gortchacow, qu'un Gouvernement sérieux ne devait attacher alcune valeur à de semblables récits, en opposition avec la réalité des choses. En parlant ainsi, j'agissais par devoir et par conviction.

J'ignore s'il est parvenu aussi au Cabinet de Berlin une indication dans le meme sens. Mais il est de fait que mon entretien avec le Chancelier de Russie a eu lieu après une longue visite que celui-ci avait faite au Prince de Bismarck.

Sans partager aucunement l'avis d'Agents secrets peu consciencieux dans leurs appréciations, je me demande si le Prince Gortchacow n'a pas voulu, en me tenant ce langage, laisser comprendre que, s'il existe un danger pour nous, il pourrait nous venir du còté de nos prétendues soeurs latines, et que nous avons dès lors un intéret à séparer de plus en plus notre cause de la leur, en ma1·quant une préférence pour les Etats monarchiques. V. E. sait que telle est aussi ma manière de voir, quand j'insiste pour que notre courant politique se dirige nettement vers les cours du Nord et vers l'Angleterre.

367

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA

D. 118. Roma, 10 maggio 1874.

Il Comitato esecutivo della società esistente in Parigi pel miglioramento della sorte dei prigionieri di guerra ha fatto ultimamente dei passi presso i Gabinetti delle varie Potenze onde ottenere che questi mandassero dei delegati a prender parte ad un Congresso che avrebbe dovuto riunirsi in maggio e trattare degli argomenti che allo scopo della Società si riferiscono. Un progetto di regolamento è anzi stato elaborato da quel Comitato ed avrebbe dovuto essere esaminato e discusso nella conferenza dei delegati di tutti i paesi, per servire poscia alla proposta di un regolamento internazionale sul trattamento dei prigionieri di guerra.

Il Governo del Re non aveva ancora risposto all'invito del Comitato di Parigi, quando dal Ministro di Russia a Roma gli venne fatta una comunicazione da cui risulta che il Governo dello Czar ha formato il progetto d'invitare le Potenze ad una conferenza in Bruxelles per trattarvi dei doveri e dei diritti degli S.tati e degli eserciti belligeranti e proporre un regolamento che comprenderebbe anche il trattamento dei prigionieri di guerra.

Il Barone d'Uxkull mi comunicò a questo riguardo un dispaccio del Principe Gorschakoff a lui diretto ed un altro dispaccio della Cancelleria Imperiale indirizzato al Conte Orloff in Parigi. Acciocché Ella abbia una perfetta cognizione del progetto comunicatoci dal Governo russo, stimo opportuno mandarLe una copia di quei due dispacci (1).

La comunicazione della Russia ci ha determinati a soprassedere all'invio

di delegati al Congresso di Parigi. Noi aspettiamo ben volentieri la proposta che il Gabinetto di Pietroburgo ha di già annunziato di volere fare e saremo lieti di poterei associare a un'opera destinata certamente a beneficio dell'umanità.

(1) N o n si pubblicar,o.

368

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1317. Berlino, 10 maggio 1874 (per. il 13).

La Norddeutsche Allgemeine Zeitung publie dans so n numéro d'aujourd'hui un article, dont je joins ici la traduction. C'est une réponse à la correspondance insérée dans le Times sur des instigations qui auraient été faites, en Septembre dernier, par le Prince de Bismarck à Notre Auguste Souverain pour revendiquer Nice et la Savoie, et cela dans le but de forcer la France à une guerre nouvelle. Si le journal officieux de Berlin avait l'intention louable d'apaiser l'inquiétude que pouvaient produire en Europe de semblables révélations, je crains qu'il ne lui fournisse plutòt quelque aliment. Il est assez inexplicable que, le 8 Mai, cette méme gazette mentionnait que, d'après des nouvelles de Paris, le Gouvernement Italien s'était donné la peine de démentir les assertions du Times. N'était-ce pas laisser entendre par là que, ici, on ne croirait pas devoir suivre cet exemple? Et, deux jours après, le méme journal prend le verbe très haut, en allant jusqu'à récriminer sur un ton aigre-doux au sujet de notre conduite durant la dernière guerre. Je remarque, entre autres, un passage un peu dédaigneux de l'alliance éventuelle de l'Italie. Je ne parle pas du continuel refrain sur nos sympathies françaises, absolument comme si, dans ces dernières années, nous n'avions pas démontré jusqu'à l'évidence notre ferme intention d'entretenir les rélations les plus intimes avec l'Allemagne. C'est là un intérèt italif'u, aussi bien qu'un intérèt allemand, et je déplore qu'on ne semble pas s'en rendre compte ici d'une manière suffisante. Je regrette vivement que mes efforts dans cette direction nous ménagent parfois des déceptions, quelque passagères qu'elles puissent ètre, car la force des choses finira par me donner raison, en dépit de l'amitié par trop soupçonneuse du Cabinet de Berlin. En attendant, je dois constater que, depuis le dernier incident La Marmora, nous avons perdu du terrain; pour le regagner, il faudrait une explication à fond avec le Prince de Bismarck. Malheureusement il est inabordable pour tous les membres du Corps Diplomatique. Je ne doute pas que M. de Keudell, fidèle à ses convictions, ne néglige rien pour fortifier une entente entre les deux Pays, mais puisque nous n'avons pas accès ici auprès du Chancelier Impérial, vous jugerez, M. le Ministre, s'il n'est pas le cas de vous expliquer nettement avec ce diplomate, sur la nécessité de couper court à une situation qui contraste si étrangement avec nos intentions mutuelles et avec le courant de l'opinion publique en Italie et en Allemagne. Continuer de la sorte, serait donner beau jeu à nos adversaires.

J'ignore sur quels sujets a :roulé la conversation entre le Roi et le Prince de Bismarck; mais, d'après le récit que le Président du Conseil et V. E. ont bien voulu me faire de leurs entretiens avec le Chancelier Impérial, je sais que la Savoie et Nice n'ont été mentionnées d'aucune part, et, l'eussent-elles été, la discrétion de notre Gouvernement est à toute épreuve.

.ALLEGATO.

N. 108 de la Norddeutsche Allgemeine Zeitung du 10 Mai 1874.

(Traduzione)

Le correspondant de Paris du Times, en règle générale bien renseigné et prudent, qui raconte une conversation entre M. le Chancelier de l'Empire et le Roi d'Italie, doit cette fois etre venu en contact d'une source non limpide, au sujet de laquelle il se présentera peut-etre dans l'avenir l'occasion d'en dire davantage. Aussi, la rédaction du Times semble avoir eu quelques scrupules à I'égard des détails et de la nuance de cette narration, car il n'en a accueilli dans son article de fond qu'une pàle esquisse et dépouillée de la tendance perturbatrice de la paix. En attendant il est toujours à déplorer qu'une feuille qui a autant de poids que le Times, en se mettant au service d'un but qu'elle ne connait peut-etre pas elle-meme, mde à alimenter une inquiétude sans fondement dans l'opinion publique de l'Europe. Nous retenons comme impossible, que le Roi d'Italie ou ses· agents puissent avoir fait, au sujet de la rencontre personnelle qui a eu lieu ici, une communication dans la forme et dans la tendance, comme le correspondant du Times expose l'affaire: les en croire capables, équivaudrait à les croire capables de mala fides. Dans les cercles officiels d'ici, on nie de la manière la plus positive qu'il ait été fait de pareilles ouvertures.

Il est exact et dans la nature des choses que, si la paix devait etre menacée,. I'Allemagne et la France auraient un intéret à l'alliance de l'Italie. Certainement l'Allemagne, d'après les expériences qu'elles a faites jusqu'ici, aurait peu de· chances de succès, car en 1870 les sympathies de l'Italie penchaient davantage vers la France; et l'Allemagne se sent aussi tellement forte, qu'elle ne solliciterait pas l'alliance de l'Italie. Mais la France en aura peut-·etre besoin, et peut-etre Nice et la Savoie en seraient le prix. Il est vrai de dire qu'alors l'Italie et l'Allemagne auraient à examiner quelles combinaisons ouvriraient aux Italiens les plus grandes chances de récupérer leurs provinces perdues. La folie d'attaquer la France à lui seui, aucun homme raisonnable ne la demandera du Gouvernement italien.

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IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 218. Lisbona, 10 maggio 1874 (per. il 29) ..

Dans une conversation particulière au Palais Royal d'Ajouda le Ministre des Affaires Etrangères m'a dit que le parti ultramontain, qui tient la garde de son épée à Rome et la pointe partout dans l'espoir de victoire Carliste en

Espagne, avait dans ces derniers temps travaillé beaucoup l'entourage des Eveques en Portugal, et qu'une partie de ces Eveques paraissait disposée à se laisser entrainer dans l'orbite des intransigeants noirs comme les appelle S. E., que le Gouvernement surveille toutes ces menées, et q_ue, le cas échéant, ne laissera pas lever la tete aux noirs, ni aux rouges.

M. d'Andrade-Corvo a ajouté que, d'après ses récentes informations, en France aussi le parti ultramontain travaille beaucoup dans les Régions Gouvernementales, et que, dans son opinion, s'il devenait prépondérant meme momentanément dans la politique Romaine de ce pays, ce serait le signa! de la guerre générale. S. E. croit qu'à Rome il y a recrudescence accentuée dans le camp ultramontain et que dans les derniers temps il a acquis beaucoup de force au Vatican.

Nul doute que la base d'opération de ce parti est, et sera le triomphe Carliste en Espagne, et la preuve en Portugal c'est que le mot d'ordre des ultramontains et des Miguelistes, qui ont les memes aspirations et le meme drapeau, était de se tenir prets, mais ne pas agir ouvertement que si les Carlistes auraient pu s'établir à Bilbao et étendre les guerrilhas en Galicie, frontière Nord du Portugal. Ce Desideratum est maintenant bien éloigné après l'entrée à Bilbao des troupes Gouvernementales et la retraite des Carlistes, néanmoins M. Corvo croit qu'en présence de ces menées, devenues désormais militantes, il faut avoir partout les yeux bien ouverts, se tenir sur ses gardes et s'appuyer mutuellement. A la fin de notre entretien je demandai au Ministre des Affaires Etrangères s'il n'avait rien à ajouter aux informations et communications qu'il avait bien voulu me faire verbalement à plusieurs reprises au sujet de la question Romaine.

S. E. me répondit qu'elle comptait m'adresser une Dépeche confidentielle pour affirmer plus explicitement ses idées personnelles et l'approbation du Gouvernement de S. M. très Fidèle à notre politique Romaine et aux déclarations Diplomatiques et Parlementaires de V. E.

Je viens de recevoir en effet ce document reservé dont je m'empresse de transmettre ci-joint copie textuelle (1).

(l) Il 3 giugno lo stesso giornale, tornando sull'argomento, dice che la responsabilità delle affermazioni è per intero della redazione. « Ce sont des manières de voir sur lesquelles on peut certes discuter, seulement nous voudrions bien que la discussion se passàt entre !es journaux et sans toucher aux régions plus élévées ». Per Launay ciò deve servire di atte-· nuazione all'articolo del 10 maggio.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

.R. 1318. Berlino, 11 maggio 1874 (per. il 15).

J'avais appris de bonne source que le Prince de Bismarck, sous le coup de je ne sais quels renseignements, persistait à croire que nos sympathies étaient redevenues françaises, et que dès lors l'amitié de l'Italie perdait de son importance vis-à-vis du Cabinet de Berlin.

J'ai profité d'un entretien que j'ai eu le 6 de mois avec le Secrétaire d'Etat, pour rétablir une plus juste appréciation des choses. La conversation

s'étant engagée sur le désir assez général du maintien de la paix, j'ai dit que tel était aussi notre programme dans nos rapports internationaux, et que notre concours était assuré dans ce but. La conservation de la tranquillité générale nous importait au méme dégré qu'aux autres Puissances, pour vaquer aux travaux de nos réformes intérieures.

J'avais donc été étonné de lire, dans certains journaux de ce Pays, des appréciations erronées sur des tendances de notre part, en contradiction avec les idées qui avaient été échangées ici en Septembre dernier. Les organes sérieux de la presse devraient mieux se rendre compte de notre situation, laquelle ressemble en quelque sorte à celle de la Prusse vis-à-vis de la France après les événements de 1866. Le Cabinet de Paris ne pardonnait pas à la Prusse la victoire de Koniggraetz. Il nous garde la méme rancune de notre entrée à Rome, et surtout de ne pas nous étre jetés après lui par la fenétre, en 1870. De méme que la Prusse de 1866 à 1870 s'abstenait de jouer le ròle de provocateur, nous agissions d'une manière analogue, croyant au reste nous conduire ainsi en parfaite conformité de vues avec les Puissances du Nord, intéressées comme nous à éloigner toute perturbation européenne. Mais nous avions assez de perspicacité, pour déméler d'où pourraient venir les complications. En attendant, il était sage et habile de notre part, de ne rien négliger pour mettre de notre còté la justice et le bon droit.

M. de Btilow comprenait et appréciait ce raisonnement et me donnait l'assurance que nos rapports étaient excellents. Il y eut un moment où l'opinion publique en Allemagne, qui ne connaissait pas aussi bien que le Cabinet de Berlin le fond des choses, aurait peut-étre pu se méprendre sur nos bonnes dispositions mutuelles. C'était lorsque le Due Decazes arrivait au Ministère, et Iorsque une certaine intimité semblait s'établir entre Rome et Paris. C'était aussi quand le bruit courait de cabales bonapartistes en Italie.

J'ai répondu, quant au Due Decazes, que nous avions rendu justice comme le Cabinet de Berlin à la modération, rélativement parlant, du nouveau Ministre des Affaires Etrangères. Quant aux bonapartistes, nous ne savions quelles chances l'avenir leur réservait, mais leurs menées chez nous, si meme il y en avait eu, ce que j'ignorais absolument, ne sauraient etre prises au sérieux, et il ne faudrait pas confondre certains égard dus à des relations de famille, avec ce que comporte notre politique nettement et loyalement tracée vis-à-vis de l'Allemagne. Le seul fait qui pourrait venir à l'appui des suppositions de quelques journaux allemands, c'était que la presse italienne avait montré quelque sympathie pour le Général de Lamarmora. Sans vouloir le disculper du grave reproche de la publication de documents d'une nature confidentielle, certains journalistes ont pris dans une certaine mesure son parti par générosité de caractère, du moment où il leur a paru qu'on avait dépassé le but ici dans. l'attaque. Quand j'avais appris à Nice cet incident, je n'y avais ajouté, tout en le regrettant, qu'une valeur assez secondaire. Il m'avait paru que la visite de mon Roi à Berlin contrebalançait, et au delà, des récriminations qui n'auraient jamais di'l se produire avec autant d'éclat de part et d'autre. La politique extérieure des deux Pays est placée au dessus de ces manifestations, quelque irritantes qu'elles puissent étre. Cette politique est en effet déterminée par un ensemble d'intéréts communs, contre lesquels aucune influence personnelle, si puissante qu'elle soit, ne saurait prévaloir. La forse des grands courants nous rapproche. L'Italie est aussi nécessaire à l'AHemagne, que l'Allemagne

à l'Italie.

Le Secrétaire d'Etat admettait parfaitement cette solidarité. Il m'assurait notamment, que la déclaration faite par V. E. au Parlement, sur l'incident Lamarmora, avait produit ici le meilleur effet. Il se plaisait en outre à me répéter combien on avait su gré à Notre Auguste Souverain de la loyauté et de la dignité de son langage en Septembre dernier.

V. E. remarquera le contraste frappant entre cette dépikhe et celle que je Lui ai adressée hier (l) en l'accompagnant d'une lettre particulière qui Lui parviendra, comme celle-ci, par l'entremise de mon fondé de pouvoirs à Turin.

(l) Non si pubblica.

371

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 93. Roma, 12 maggio 1874.

* Ringrazio la S. V. Illustrissima dei rapporti 231, 233, 234 indirizzatimi il 26 febbraio, il 25 marzo ed il 3 aprile (2), e riferentisi tutti alla quistione della riforma giudiziaria in Egitto.

Con viva soddisfazione il Governo di Sua Maestà ha potuto rilevare dalle informazioni da V. S. trasmessegli che le difficoltà fatte da principio dal Gabinetto di Vienna si possono considerare attualmente come appianate * (3). L'accordo delle maggiori potenze, la Francia sola eccettuata, sarebbe dunque completo per la esecuzione del p:-:ogetto quale venne elaborato col concorso dei delegati delle medesime. Ella mi ha anzi segnalato le particolari insistenze del Governo Britannico perché non si abbia più a lungo ad indugiare nell'applicazione della riforma. Non sembra poi interessarsi meno degli altri Governi alla riuscita del nuovo ordinamento giudiziario in Egitto la Germania che ci ha in questi ultimi giorni fatto delle istanze perché ci unissimo a Lei per consigliare alla Grecia di accettare puramente e semplicemente la riforma come è stata preparata coll'accordo degli ,altri Governi. Il R. Rappresentante ad Atene ha ricevuto in proposito le necessarie istruzioni (4).

Dal canto nostro due sole questioni, nate incidentalmente nel corso delle ultime trattative, rimarrebbero ancora insolute, ed è bene che ci affrettiamo ad eliminare, per ciò che ci concerne, anche a tale riguardo qualunque difficoltà.

* Ricorderò prima di tutto alla S. V. Illustrissima ciò che Le scrissi, in data dell'11 febbraio (5), circa la convenienza che non si prendessero dall'Egitto degli accordi separati con l'una o coll'altra Potenza in materia che può interessare ugualmente anche le altre. Il determinare davanti quale Tribunale dovrebbero portarsi e decidersi le vertenze ora pendenti degli stranieri non è

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cosa che possa formare agli occhi nostri oggetto di un accordo speciale fra l'Egitto e l'uno o l'altro dei Governi. Fu l'Austria-Ungheria che saviamente volle che questo punto di quistione fosse risoluto preliminarmente. E l'Egitto ha deciso che le questioni pendenti al momento dell'attuazione della riforma .sarebbero devolute ad una Camera speciale dei nuovi tribunali che giudicherebbero con tutte le guarentigie della procedura nuova, ma secondo le disposizioni della legislazione egiziana presentemente in vigore.

Ella è stata informata da Nubar Pascià della proposta che egli fece in questo senso al Gabinetto di Vienna. Nè V. S. ha omesso di farmi conoscere che in linea di fatto questa quistione non ci tocca per essersi con particolari concerti già provveduto circa il modo di procedere nei due soli affari italiani tutt'ora pendenti. Nella stessa occasione Ella mi ha inoltre dimostrato che il partito proposto dall'Egitto pareva il solo che praticamente fosse applicabile alle vertenze che gli altri Governi non avranno potuto risolvere prima dell'applicazione del nuovo ordinamento giudiziario.

A me sembra che trattandosi di una disposizione transitoria di molta importanza, alla quale non si è provveduto nei lavori delle Commissioni Internazionali * (1), non convenga lasciare che intorno ad essa intervenga un accordo separato dell'Egitto coll'Austria-Ungheria ed io mi lusingo che Nubar Pascià, ~mtrando egli pure in questo nostro ordine di idee, non vedrà difficoltà a dare a V. S. Illustrissima comunicazione in forma ufficiale dell'accordo sovramentovato.

È parimenti desiderabile che anche a noi sieno comunicate in forma ufficiale le intenzioni del Governo Egiziano circa il modo in cui egli vorrà contenersi verso i cittadini di quegli Stati che non aderiranno alla riforma prima del giorno fissato per l'esecuzione della medesima. Bisogna che il Governo di Sua Maestà sia messo in grado di prudentemente esaminare quali conseguenze deriverebbero per gli interessi degli Italiani dal fatto che una o più potenze aventi numerose colonie in Egitto, pretendessero di rimanere in possesso degli attuali ordinamenti giudiziari anche dopo che i nuovi tribunali incomincerebbero a funzionare. Il Governo italiano si preoccupa delle difficoltà che potrebbero nascere da una simile condizione di cose e non saprebbe abbastanza raccomandare al Governo del Khedive di procedere a tale riguardo con tutta la necessaria ponderazione. Ad ogni modo l'incertezza vuoi essere completamente eliminata in simili materie perché la medesima potrebbe essere causa di arbitrari provvedimenti e di disuguaglianze pregiudizievoli. Perciò il Governo del Re desidera essere rassicurato anche sopra questo punto mediante una comunicazione ufficiale del Governo del Khedive.

Non è ancora stata esaminata in modo decisivo presso di noi la quistione se sia necessario l'intervento del potere legislativo per poter ridurre la giurisdizione attuale dei RR. Consolati in Egitto entro i limiti che le sono assegnati dal progetto di riforma egiziano. Tale esame sarà però condotto a termine entro questi giorni ed io mi lusingo che per questa parte non nasceranno ritardi nè

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difficoltà. Anche per questo riflesso è dunque mestieri che il Governo del Re abbia prontamente risoluto le due quistioni incidentali di cui ho sopra ragionato. E tali quistioni, pare a me, cesseranno di essere una difficoltà se, aderendo alla nostra domanda, il Governo del Khedive farà cessare ogni dubbiezza in proposito mediante le ufficiali dichiarazioni che gli domandiamo.

(l) -Cfr. n. 368. (2) -Il rapporto del 26 febbraio non è pubblicato. Gli altri sono editi ai nn. 313 e 325. (3) -I brani fra asterischi sono editi con qualche variante in LV 21, pp. 254-255. (4) -Cfr. n. 363. (5) -Cfr. n. 273

(l) In LV 21 il periodo continua così: «converrebbe che il Governo del Khedive, dopo averci informato <.elle sue trattative con l'Austria-Ungheria, ci desse ora comunicazione in forma ufficiale dell'accordo che ne è risultato».

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

L. P. Roma, 12 maggio 1874.

Il marchese di Noailles prese con me l'iniziativa di una conversazione sull' • Orénoque ». Nel corso di questa conversazione, mi parlò del progetto del yacht o dei yachts nei precisi termini da voi esposti nella vostra lettera del 4 maggio.

Il marchese di Noailles mi chiese quale fosse la mia opinione intorno a questo progetto, insistendo sulla convenienza di trovar modo di far partire l'Orénoque senza cagionare nell'animo del S. Padre e del Sacro Collegio una irritazione troppo viva, i cui effetti non potevano che riuscire contrari ai desideri di quelle potenze, e fra queste l'Italia, che preferiscono veder prevalere i consigli della pacificazione e della moderazione. Rimase inteso fra il marchese di Noailles e me che questa conversazione non aveva alcun carattere ufficiale, ~a solo amichevole e privato.

Avendo io posto molta riserva nel rispondere e preso tempo a riflettere, la nostra conversazione fu ripresa qualche giorno dopo. Ripetei allora in fatto al marchese di Noailles che per me l'idea che il Papa avesse un yacht non sollevava obbiezioni a priori e di principio.

Ma gli dissi nel tempo stesso molto esplicitamente che ciò che produceva in me una poco favorevole impressione e mi faceva considerare l'idea come inopportuna, era la sua connessione col ritiro dell'Orénoque. Nelle condizioni che mi erano state esposte questo yacht sarebbe apparso come una forma attenuata dell'Orénoque e sarebbe stato l'erede delle diffidenze inspirate dalla presenza di questo legno francese.

V'era una frase, della quale non mi servii col marchese di Noailles, ma che esprimeva il mio pensiero: non avrei voluto che questo yacht diventasse la legione d'Antibo dell'Orénoque. Un accordo poi fra le potenze aventi sudditi cattolici per donare i yachts al Papa, per mantenerli a spese collettive e per determinarne le condizioni dal punto di vista internazionale, non poteva che offrire agli occhi nostri i più seri inconvenienti. Era stabilire un precedente, entrare in una via nella quale abbiamo sinora evitato di impegnarci, e stabilire quasi, a proposito di un particolare affatto secondario, quel sistema di guarentigie internazionali che non si estende alle condizioni generali del Papato e che fu scopo costante della nostra politica il prevenire e l'impedire.

r\ello stato attuale delle cose, qualunque combinazione di questo genere, ·ne sia l'oggetto o lieve o grave o speciale o generale, è pericolosa per noi e non è pratica per alcuno. È anche questa, se non erro, la saggia e prudente -opinione del duca Decazes; la piccola esperienza fatta in quest'occasione col

Cardinale Antonelli l'avrà in essa confermato, e sono lieto che abbia mandato istruzioni a Roma perché, per lungo tempo, non si parli di questo progetto; da un lato infatti, ci bisogna procedere in questa faccenda con molta cautela per non esporci a futuri pericoli od imbarazzi; dall'altro, è spiacevole il darsi pressocché l'apparenza di uno spirito di ostilità e di minuzia per quei riguardi che noi pure sentiamo la convenienza di avere verso il Pontefice.

Una combinazione collettiva delle potenze aventi sudditi cattolici, col concorso dell'Italia -condizione indispensabile perché non abbia un carattere ostile verso di noi -e col consenso del Papa, è in questa come in ogni altra cosa, nelle attuali circostanze, un'utopia. Il Vaticano chiederà a questo accordo di governi molto più che questi non possano dare; l'Italia sarà inquieta per la sua libertà, per la sua indipendenza, e meno disposta ad essere moderata e conciliante. Scusate questa digressione e facciamo ritorno all'Orénoque.

Messa dunque da parte la combinazione alquanto complicata dei yachts, la quistione è ridotta ai rapporti fra la Francia e l'Italia. Il Duca Decazes mi disse che l'Orénoque sarebbe richiamato al più tardi durante le prime vacanze dell'Assemblea.

Un nuovo legno sarebbe mandato a Napoli a disposizione dell'Ambasciatore presso la Santa Sede. Questi andrebbe a visitarlo a Napoli e verrebbe sopra di esso a Civitavecchia. Il legno non starebbe in continua stazione a Civitavecchia, ma alternerebbe ora a Napoli, ora a Gaeta, ora in porti francesi, e non si troverebbe a Civitavecchia per le feste e le visite di Natale e del Capo d'anno. Vi confesso che l'impressione prodotta in me da quanto mi disse il duca Decazes non è favorevole.

Lasciamo da parte la questione del tempo. Io non posso guarentire che sino all'epoca indicata dal Duca Decazes non sorga qualche incidente o qualche interpellanza alla Camera. Ma lo spero e farò il possibile perché non sorgano. Su questo punto mi sembra equo il dar prova di buona volontà.

Altre sono le mie osservazioni.

Quando avverrà la partenza dell'Orénoque l'effetto prodotto nell'opinione pubblica in Italia sarà assai favorevole e l'attenzione si porterà su questo fatto, ma se, nel tempo stesso, si vedrà l'Ambasciatore di Francia recarsi a Napoli e salire a bordo del nuovo legno francese perché questo insieme all'Ambasciatore faccia la sua entrata nel porto di Civitavecchia, questa inutile cerimonia sembrerà come una solenne ripresa di possesso di quella specie di servitù attiva che l'Orénoque esercitava fino allora e l'impressione sarà peggiore di quella che insino ad oggi produce la presenza dello stesso Orénoque. Dirò di più; la presenza in Roma di una diplomazia accreditata presso la Santa Sede è un fatto da noi perfettamente riconosciuto e ammesso, ma che non cessa perciò di costituire uno stato di cose che esige molta cautela e deve essere mantenuto nei suoi veri termini perché proceda senza intoppi e non dia luogo a imbarazzi e a gravi difficoltà. I diplomatici esteri accreditati presso la Santa Sede godono di tutti i privilegi e delle immunità riconosciute ai diplomatici accreditati presso il Re; all'infuori di ciò, noi ignoriamo la loro azione perché agli occhi nostri essa si riferisce solo a quegli affari che i loro governi trattano colla autorità religiosa del Vaticano. Ma il Governo non può ammettere, e l'opinione italiana guarda con grande gelosia ogni loro azione pubblica che esca da questi confini, che sia da noi riconosciuta e che tocchi ai rapporti fra i loro Stati e lo Stato italiano. Per tutto quanto ci riguarda noi non riconosciamo che le legazioni presso il Re, né possiamo esporci a che ci si risponda: ma voi stessi avete ammesso che ciò appartiene alla sfera di azione dell'Ambasciata presso la Santa Sede. Se riconoscessimo noi stessi, per adesione nostra e per quell'impegno che ne consegue, un bastimento estero posto a disposizione di un'Ambasciata, dovremmo farlo anche per altri Governi e potremmo avere presto nei nostri porti gli stazionari del Bosforo posti a disposizione della diplomazia presso il Santo Padre. Se faccio queste osservazioni e tocco a queste questioni, non è già perché io creda opportuno di discuterle ora col Governo francese nel caso pratico di cui si tratta. Comprendo bene che noi non possiamo opporci a che un bastimento francese, più che un bastimento inglese o austriaco, entri e dimori, nei limiti dell'uso internazionale, nel porto di Napoli o di Genova. Comprendo bene che noi non possiamo fare osservazioni perché questo bastimento ha preso a bordo, per trasportar!o altrove, l'Ambasciatore di Francia più che il Ministro presso il Re o uno dei lorb segretari. Sono questi interessi dei servizi francesi della Marina e degli Affari Esteri.

Poiché mi chiedete istruzioni intorno a quanto vi disse il Duca Decazes. ho toccato a queste quistioni, solo perché credo che non dobbiamo comprometterle e diminuire in qualche modo la nostra libertà d'azione. In tale stato di cose, manteniamo questo affare dell'Orénoque sul suo vero terreno.

La presenza dell'Orénoque a Civitavecchia, al punto in cui siamo, costituisce un fatto anormale, perché la dimora di un legno da guerra in un porto amico dipende da una concessione o convenzione tacita, in conformità all'uso, e che non può essere indefinita perché altrimenti diventerebbe una servitù. Il Ministro degli Affari Esteri di Francia lo ammette egli pure e riconosce che noi avressimo il diritto di domandarne quando che sia l'allontanamento. Questo diritto, noi non l'abbiamo esercitato finora per riguardi di buon volere e d'amicizia verso il Governo francese, ma ce lo siamo riserbato. Il Governo francese ci ha detto che l'Orénoque era sempre rimasto a Civitavecchia pel caso che il Pontefice volesse abbandonare Roma e l'Italia e chiedere l'ospitalità di un legno francese. Sotto questo riguardo e per questa eventualità, la situazione nostra è assai chiara e lo dichiarai al marchese di Noailles. Noi desideriamo che il Santo Padre continui a risiedere in Roma ma tutti sanno che noi siamo decisi a rispettare e ad assicurare la libertà di ogni altra sua determinazione.

Se il Pontefice si decidesse a partire per la via del mare, noi non vorremmo certo obbligarlo ad accettare l'offerta d'un legno italiano, poiché

!5 -Do-cumenti diplomatici -Serie II -Vol. V

questa offerta gli riuscirebbe sgradita e non avremmo alcuna osservazione a fare s'egli preferirà di servirsi di un bastimento d'un'altra potenza e quinCil anche della Francia.

L'Orénoque è un mezzo che il Governo francese pone a disposizione de~ Santo Padre pel caso che voglia partire dall'Italia. Ragioni di convenienza, di riguardi verso di noi, ragioni anche di diritto lo consigliano a por fine all'indefinita dimora di questo legno francese nel porto di un altro Stato.

Il Governo francese può dire al Vaticano, all'Assemblea, se è chiamato a spiegarsi: abbiamo fatto partire l'Orénoque, ma· il Santo Padre sa che se egli si decidesse a partire, potrà contare sull'ospitalità di un legno francese per condurlo dove vorrà.

Una simile dichiarazione costituisce in pratica, tanto pel Santo Padre come pei cattolici francesi, l'equivalente della presenza dell'Orénoque per la eventualità che il Papa abbandoni Roma e non ha nulla di contraddittorio colla nostra linea di condotta e colle nostre dichiarazioni in vista di tale eventualità.

Per questa soluzione, che è la più semplice e la più chiara, il Governo francese può contare -non già per dichiarazioni ufficiali, bensì per scambio ufficioso e amichevole d'idee -sulla nostra preventiva adesione.

Ma per ogni altra combinazione, sarà meglio far intendere al Duca Dccazes che noi preferiamo non discuterle per non prendere alcun impegno morale e conservare la nostra libertà di apprezzamento e di condotta. Infatt~, per quella specie di cerimonia colla quale l'Ambasciatore di Francia si recherebbe a Napoli per salire a bordo del nuovo legno francese che deve poi con esso, appena partito l'Orénoque, rientrare nel porto di Civitavecchia a riprenderne temporaneamente il posto, come potremmo noi, in uno scamb:o confidenziale d'idee ispi!·ato dal comune desiderio di far cessare le incertezze e di rendere sempre più amichevoli le relazioni fra i due paesi, dare una specie di tacita adesione a un progetto che, già lo sappiamo, produrrà nell'opinione e nella disposizione degli animi un effetto sfavorevole? Eppure, noi non possiamo su questo fatto intavolare col Governo francese una questione di diritto.

Così per la presenza di altri legni francesi in un porto nostro o nell'altro, ma che in 24 ore sia alla portata di porsi a disposizione dell'Ambasciatore.

Noi non vogliamo contestare a un legno francese ciò che non contesteremmo a un legno d'altra potenza. Ora, lo stesso Governo francese lo ammette, noi saremmo in diritto di reclamare per l'OTénoque. Ma se questa combinazione succedanea fosse poi condotta in modo da offrire degli inconvenienti od anormalità assai consimili, non vorrei che ci si potesse opporre il nostro consenso dato in prevenzione. Ogni combinazione dunque di questo genere, la presenza di qualunque legno francese, non ne cerchiamo la destinazione, come di qualunque legno d'altra nazione, rientra per noi nella categoria generale della presenza di legni da guerra esteri nei porti dello stato e in quelle norme impregiudicate di diritto e di convenienza che regolano questo ordine di fatti.

Vi ho espresso francamente la mia opinione e fra noi; voi saprete meglio di me formulare nel modo che vi parrà più conveniente ed opportuno presso il duca Decazes il nostro modo di vedere.

373

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1320. Berlino, 13 maggio 1874 (per. il 18).

Hier, dans une réunion en petit comité chez M. de Biilow, le Secrétaire d'Etat m'a exprimé sa satisfaction du démenti opposé par notre journal afficiel aux assertions du Times relativement à la Savoie et à Nice.

Je lui ai dit que, du moment où il prenait l'initiative de me parler de cet incident, je me permettais de marquer ma surprise des commentaires dont la Norddeutsche Allgemeine Zeitung avait accompagné son propre démenti. Sans vouloir rechercher si, et dans quelle mesure, cette gazette avait un caractère officieux, il n'était pas moins vrai que ici, et meme à l'étranger, elle passait pour recevoir des communiqués du Ministère, dont elle soutenait la politique. Au lieu de se contenter, camme nous l'avions fait, de déclarer sans aucun fondement les fausses révélations du Times, elle avait émis des appréciations peu en harmonie avec le programme de nos deux Gouvernements, basé sur une mutuelle confiance, sur une mutuelle estime, condition sine qua non d'une entente amicale. J'ai présenté quelques considérations dans le sens de ma dépeche N. 1317, du 10 Mai (1), et de ma lettre particulière portant la meme date.

M. de Biilow, tout en évitant de se prononcer sur l'origine de l'artide de la Norddeutsche Allgemeine Zeitung, n'a contesté aucune de mes observations. Mais il m'a informé que depuis lors le Cabinet de Berlin avait reçu quelques nouvelles indications. Le Times aurait été mystifié dans un but d'agiotage. Il semble que dans certaines régions à Paris où l'an criait au scandale en suite d'un jeu effréné à la bourse, sous le règne de l'Empereur Napoléon III, on tombe dans les memes erreurs. Il y avait d'ailleurs en France bien des partis intéressés à chercher, par tous les moyens, à se mettre en travers des bons résultats obtenus par les entrevues des trois Empereurs, par la visite du Roi d'Italie à la Cour de Prusse, et par le rapprochement de l'Angleterre vers le meme courant pacifique, qui isolerait la France si elle voulait nouvellement courir l'aventure.

J'ai cru devoir répondre que, dans ces conditions qui auraient du etre présentes à l'esprit du rédacteur de l'artide précité, il était regrettable qu'un journal aussi sérieux eut paru un instant tomber dans le piège qui lui avait été tendu de Paris, et cela au point de manifester quelque aigreur contre l'Italie. J'en avais été très affecté, et c'était sous cette impression, que j'avais écrit, le jour meme de la publication, une dépeche à Rome, dans l'espoir que V. E. s'en expliquerait nettement avec M. de Keudell. Il serait assez indiqué que maintenant ce diplomate fUt mis à meme de fournir des rectifications analogues à celles que je venais d'entendre.

M. -de Bi.ilow m'a dit que M. de Keudell avait déjà reçu des instructions à cet effet.

J'ai ajouté que vos déclarations, très explicites et réitérées, devraient servir ici de jalons plus que suffisants, pour ne pas s'exposer à faire fausse route. Dans tous le cas, si jamais il s'élevait quelque nuage sur notre horizon politique, mieux vaudrait échanger directement nos vues, que de recourir à la voie de la presse.

M. de Bi.ilow m'a répété combien on tenait ici à entretenir les meilleurs rapports entre Berlin et Rome. Cet entretien m'a laissé le sentiment que l'article de la Norddeutsche Allgemeine Zeitung avait été dicté à son insu.

(l) -Cfr. n. 368.
374

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2318. Parigi, 14 maggio 1874 (per. il 18).

Nel segnar ricevimento del dispaccio di questa serie n. 508 che l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi in data del 29 aprile scorso (1), mi pregio d'annunziarle che il Governo Francese ha ricevuto dal Governo Russo una comunicazione simile a quella stata fatta al Governo del Re, relativamente al progetto di riunire a Brusselle Plenipotenziarì speciali dei varì Governi incaricati di esaminare e proporre le basi « d'un regolamento generale sulle relazioni internazionali di guerra e quindi pure sul trattamento dei prigionieri militari ».

Ho in pari tempo l'onore di comunicare all'E. V. la qui unita lettera nella quale il Conte di Houdetot mi prega d'informare il Governo di Sua Maestà che in seguito alla proposta del Governo Imperiale di Russia, alla quale si associa il Comitato che erasi costituito in Parigi, la Conferenza preparatoria che il Comitato stesso aveva proposto pel 18 maggio corrente in Parigi, non avrà più luogo. Ho poi fatto conoscere al Signor Conte di Houdetot il giusto apprezzamento con cui il Governo del Re aveva accolto le comunicazioni da lui fattegli intorno ad una proposta dettata da sentimenti d'umanità che il Governo stesso tiene ad onore di professare.

ALLEGATO.

HOUDETOT A NIGRA

Parigi, 12 maggio 1874.

J'ai l'honneur d'informer V. E., qu'il résulte d'une lettre adressée par S. A. le Prince Gortchacow à S. E. le Prince Orloff en date de Saint Pétersbourg le 6/18 avril 1874, que S. M. l'Empereur de toutes les Russies a daigné accueillir le travail présenté par la Société pour l'amélioration du sort des pri

wnniers de Guerre, avec autant plus de satisfaction qu'il répond à une pensée d'humanité dont S. M. Impériale s'est toujours vivement préoccupée et qu'au moment meme où ce projet parvenait au Cabinet lmpérial, Sa Majesté avait déjà donné l'ordre de mettre à l'étude un projet analogue, conçu dans le meme esprit, mais sur un plan plus général.

Ce projet étant terminé et le Cabinet Impérial venant de proposer à tous les Cabinets Européens la réunion à Bruxelles, à la date du 15/27 juillet 1874, de Plénipotentiaires chargés de discuter les principes et d'élaborer les détails d'un accord international, embrassant l'ensemble des faits inhérents à l'état de Guerre, la Conférence préparatoire qui devait se réunir à Paris, le 18 Mai courant, pour traiter spécialement de la question des prisonniers de Guerre, n'a plus de raison d'etre, son principal objet étant de provoquer de la part d'un Gouvernement l'initiative que prend dès aujourd'hui le Cabinet Impérial de Russie.

Le Projet émanant du Cabinet Impérial et celui qu j'ai eu l'honneur de communiquer à V. E., au nom de la Société pour l'amélioration du sort des prisonniers de Guerre, seront simultanément soumis à l'examen de la Conférence de Bruxelles et serviront de base à un règlement général qui, adopté d'un commun accord par tous les Etats civilisés, aurait pour effet de diminuer autant que possible les calamités des conflits internationaux en précisant les droits et les devoirs des Gouvernements et des armées en temps de Guerre.

J'ai l'honneur de vous prier, M. le Ministre, de vouloir bien communiquer le contenu de cette lettre à Votre Gouvernement, et je saisis cette occasion pour remercier V. E., au nom du Comité dont je suis le Président, de la haute protection qu'elle a bien voulu nous accorder. ·

(l) Cfr. n. 355.

375

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 354. Costantinopoli, 15 maggio 1874 (per. il 22).

Ho ricevuto l'ossequiato dispaccio del l o corrente Maggio, Serie Politica,

N. 161 (1), al quale ho l'onore di rispondere.

Il gruppo di banchieri francesi ed inglesi col quale tratta Sadyk Pacha a Parigi, avendo dovuto rinunziare per le ragioni che V. E. conosce, ad un sindacato internazionale che garentisse il mantenimento tanto de' vecchi quanto de' nuovi impegni che il Governo Ottomano va a contrarre, dovette escogitare, com'ebbi l'onore di accennare nel mio precedente rapporto di N. 342 (2), un altro mezzo che indirettamente conducesse al medesimo scopo. Essi proposero dunque la trasformazione dell'attuale Banca Imperiale Ottomana, fondata esclusivamente da capitalisti Inglesi in un grande stabilimento finanziario internazionale, il quale, portando il suo capitale da due ad otto milioni di Lire Sterline e per conseguenza in facoltà di emettere circa 20 milioni di carta fiduciaria a corso legale, fosse incaricato per un termine di anni da convenirsi, del servizio della Tesore!·ia Turca, cioè a dire di fare l'introito di tutti i diversi cespiti di rendite governative di qualunque natura esse siano, e di provvedere in pari tempo a tutte le spese dello Stato. A fianco

di questo istituto sederebbe una Corte de' Conti, composta di sudditi Ottomani e di commissarii esteri pur nominati dal Sultano, rappresentanti non gli Stati, ma i diversi gruppi finanziarii esteri principalmente interessati nelle fin:mze Ottomane. Questo consesso avrebbe il mandato di sindacare scrupolosamente tutti gli esiti che si farebbero per mezzo della Banca.

D'altra parte il Governo Ottomano ed in ispecialità il Sultano in nome proprio s'impegnerebbero formalmente di rispettare il Bilancio, tal quale sarebbe formato o rettificato d'accordo tra la Sublime Porta e la Banca, e sopra tutto a non distrarre nessun cespite d'introito, per minimo che sia, dall'uso al quale fu destinato.

Non era impresa agevole pel Gran Vezir lo indurre il Sultano a sobbarcarsi a siffatti impegni, ne' quali non può non ravvisare una limitazione alla sua sconfinata potenza. Ei pare però che egli sia riuscito, e quando meno il pubblico se lo aspettava, a vincere non solo la ripugnanza personale del Sultano, ma gl'intrighi d'ogni genere che le Società Bancarie di Galata non cessano di ordire contro il progetto nuovo.

È da sapere che nell'anno 1866 l'attuale Banca Imperiale Ottomana ebbe già, per Iradé del Sultano, l'incarico del servizio della Tesoreria. Questo Iradé però non solo non fu puntualmente eseguito, ma cadde con l'andar del tempo in totale disuso. Il Governo servesi tuttora di quella Banca per taluni suoi pagamenti; anzi è su di essa che trae i suoi mandati a tre mesi di scadenza; ma siccome la Banca cessò dal percepire gl'introiti, così ora essa non accetta né paga i mandati se non quando il Governo le fornisce i fondi corrispondenti.

Il Gran Vezir, prevalendosi di questo precedente, ha esposto al Sultano che la critica situazione delle cose esigeva imperiosamente che fosse richiamato in vigore l'Iradé del 1866, e di lì è venuto man mano persuadendolo della necessità di accettare le condizioni proposte dai Banchieri di Parigi ed accettate già, salvo ratifica, da Sadyk Pacha.

Che questa grande operazione sia ormai prossima a riuscire io lo desumo non solo dal sensibilissimo aumento verificatosi ne' giorni scorsi su tutti i valori turchi ma ancora dal linguaggio oltre l'usato reciso ed esplicito tenutomi ier l'altro su questo argomento da Rachid Pacha. S. E. dissemi di confidare che in breve Sadyk Pacha avrebbe felicemente compiuto in Londra la sua missione e che io poteva per conseguenza rassicurare completamente i possessori italiani di mandati e di fondi ottomani, dappoiché la Turchia avrebbe fatto, come sempre, onore ai suoi impegni.

(1) -Cfr. n. 358. (2) -Non pubblicato.
376

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 371. Pietroburgo, 15 maggio 1874 (per. il 23).

La vertenza sul diritto da concedere alla Rumenia di negoziare i nuovi trattati di commercio in disparte dalla Potenza Alto-Sovrana, si è quella

che continua ad attirare principalmente l'attenzione dei circoli diplomatici di Pietroburgo, e l'opinione favorevole alla richiesta del Governo di Bucarest prevale tuttora fra i rappresentanti delle Potenze garanti, salve le risoluzioni definitive dei Gabinetti di Versailles et di S. James, e questa opinione è avvalorata dall'art. XXIII del trattato del 30 marzo 1856, che contiene nel primo alinea la disposizione qui appresso: « La Sublime Porte s'engage à conserver aux dites principautés une administration indépendante et nationale, ainsi que la pleine liberté de culte, de législation, de commerce et de navigation •.

Come esempio anteriore che potrebbe militare altresì in favore dei Rumeni giova ritrovare quello del Vice Re d'Egitto, che rispetto al rinnovamento dei trattati anzidetti, pone innanzi la medesima pretesa. Ora qualcuno dei miei colleghi avendo per ordine del suo Governo richiesto il Direttore di questo dipartimento Asiatico al Ministero degli Affari Esteri dell'avviso del Governo Imperiale su tale assunto, seppe da quel Diplomatico che la Cancelleria Russa portava francamente opinione che tal diritto non si potesse negare al Khédive, poiché gli fu nel modo il più ragguagliato ed esplicito concesso dal Sultano in Costantinopoli nella occasione del suo ultimo viaggio nella capitale dell'Impero.

L'arrivo in Pietroburgo del Signol' Filippesco, agente Rumeno, di cui è parola nel mio dispaccio N. 369 (1), diede luogo ad un incidente diplomatico che importa forse il notare, quantunque non abbia avuto nessun carattere di gravità. E l'incidente provenne da questo che l'Ambasciatore Ottomano, Kiamil Pacha, nel riscrivere alla lettera con cui il Filippesco richiedevagli, secondo il cerimoniale d'Ambasciata, la sua udienza di ricevimento, ebbe a significare che consentiva riceverlo non già come Agente diplomatico, ma pure come suddito di distinzione di S. M. I. il Sultano. La riserva fatta in questa congiuntura da Kiamil Pacha fu giudicata dai più come troppo rigida, nè molto opportuna, atteso che le facoltà di autonomia nazionale che il trattato del 1856 attribuisce alle provincie Danubiane importano di necessità il diritto per la Rumenia d'inviare presso i Governi Europei Agenti che possano tutelare nei rapporti internazionali gli interessi che ne provengono, avvegnachè non si riconosca in questi Agenti ufficio diplomatico propriamente detto.

377

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 372. Pietroburgo, 15 maggio 1874 (per. il 23).

Il Governo Imperiale di Russia fece richiedere in questi giorni al Ministero degli Affari Esteri del Re dei Belgi se il Governo del Re Leopoldo avrebbe consentito che in Bruxelles si riunisse un congresso, di cui la Russia

prenderebbe l'iniziativa, inteso a provvedere a' modi di migliorare le condiz'oni dei prigionieri di guerra.

Il Conte Dudzeele, Ministro del Re dei Belgi presso questa Corte, fu inc&ricato di rispondere al Signor di Westmann che il suo Governo aderiva di buon grado alla proposta filantropica della Cancelleria ru~~tm.

Accuso ricevuta all'E.V. dei documenti diplomatici:

Incartamento 33 -IV

41-I

44-VI

6-XXXVII

dall'8 maggio 1873 al 22 febbraio 1874.

(l) Non pubblicato.

378

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 177. Pera, 16 maggio 1874, ore 16,44 (per. ore 21,45).

Prince Milan part aujourd'hui très irrité de ne pas avoir obtenu, ainsi que l'on avait fait espérer la solution de la question du Zvornich. J'ai écrit hier détails à V. E. par courrier.

379

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 179. Parigi, 17 maggio 1874, ore 9.38 (per. ore 13.40)

Officiel annonce démissions des ministres acceptées par le maréchal président.

380

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 180. Pera, 17 maggio 1874, ore 17 (per. ore 17.20).

Le Ministre des affaires étrangères a été destitué. Aarifi Bey secrétaire général fait pacha est nommé ministre des affaires étrangères. Le Grand Vizir n'avait gardé qu'à contrecoeur Rachid aui a su se maintenir jusqu'à présent pour l'appui du Vice-Roi. Ce changement dans les circonstances actuelles surtout fera partout mauvaise impression.

381

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA

D. 119. Roma, 17 maggio 1874.

Je vous ai écrit le 6 mai pour vous informer de la démarche faite auprès de moi par S. E. M. le Baron d'Uxkull au nom de son Gouvernement, afin de m'annoncer la prochaine invitation de la Russie à toutes les Puissances pour une conférence chargée d'étudier un règlement international des droits et des devoirs des armées et des Etats belligérants.

Vous connaissez déjà, M. le Marquis, l'accueil favorable que nous nous disposions à faire à cette communication qui témoigne une fois de plus des sentiments élevés dont est animé le Gouvernement auprès duquel vous avez l'honneur d'étre accrédité.

Lorsque M. le Ministre de Russie m'a remis tout récemment une copie du projet de règlement élaboré par la Chancellerie impériale, en accompagnant cette nouvelle communication de l'invitation à intervenir à la conférence qui se réunira à Bruxelles le 15/27 juillet prochain, notre adhésion était déjà assurée à cette proposition et je n'ai eu qu'à féliciter M. le Baron d'Uxkull de l'honneur qui reviendra a son Gouvernement de l'initiative prise par lui dans une ceuvre si hautement humanitaire.

Il vous sera certainement agréable, M. le Ministre, de pouvoir donner de votre còté au Cabinet de S. Pétersbourg l'assurance que le projet de règlement formera chez nous l'objet de l'examen le plus attentif. L'Italie sera heureuse de contribuer au succès de la proposition d'un Gouvernement ami qui a pour but de faire faire au droit des gens des progrès rcmarquables.

Veuillez communiquer je vous en prie, cette dépéche a S. E. M. l'adjoint du Minis,re des Affaires Etrangères...

382

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A BERNA, MELEGARI, A BRUXELLES, BLANC, A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, A L'AJA, BERTINATTI, A LONDRA, CADORNA, A PARIGI, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBIL,ANT

D. Roma, 18 maggio 1874.

Dai documenti che V. S. riceve dal Ministero Ella è già informata della proposta fatta dalla Russia di riunire in Brusselle nel luglio prossimo una conferenza internazionale incaricata di prendere dei concerti sopra un progetto di regolamento dei diritti e dei doveri degli Stati e degli eserciti belligeranti.

La proposta russa ha ricevuto da noi una favorevole accoglienza. L'Italia si farà adunque rappresentare da uno o due pleYlipotem:iP.~i alla codcrenza di. Brusselle e si dispone a prendervi parte come le altre nazioni.

Io desidererei quindi che V. S. m'informasse con qualche sollecitudine, se il Governo presso il quale Ella è accreditata intende mandare un suo apposito delegato alla conferenza, se questo delegato sarà scelto fra gli ufficiali dell'esercito o della marina ed in tal caso di qual grado sarà l'ufficiale designato.

Bramerei pure conoscere l'impressione prodotta presso codesto Governo dallo schema elaborato dalla Cancelleria russa, e nel caso costì si preparassero nuove proposizioni non contemplate nello schema medesimo, gradirei di esserne informato.

383

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 3183. Roma, 22 maggio 1874 (per. il 23).

Come avrà notato l'E. V. un telegramma del 18 corrente da Pietroburgo, riferito da tutta la stampa reca un avviso del Monitore Russo che invita tra altri sudditi di quella nazione, certi Bakounine, Azareff e Lavroff a rimpatriare.

Tutto dà a credere che il Bakounine sovra indicato sia il notissimo fautore della associazione internazionale, che ora si trova presso Locarno, dove possiede una Villa e mostra di vivere con molta agiatezza. Sarei grato alla

E. V. se potesse tuttavia a questo riguardo favorirmi qualche precisa notizia per mia norma, trattandosi di un individuo che dal confine Svizzero mantiene ottime relazioni col partito sovversivo in Italia.

384

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 358. Costantinopoli, 22 maggio 1874 (per. il 29).

L'indomani della nomina di Aarifi Pacha a Ministro degli Affari Esteri non mancai di fargli la mia visita ufficiale di congratulazione alla Porta.

S. E. mi accolse come una vecchia conoscenza e mi disse di non aver bisogno di molte parole per assicurarmi del suo vivissimo desiderio di mantenere i migliori rapporti col Governo di Sua Maestà e con me personalmente.

Egli ricordava sempre con grandissimo compiacimento che il primo Gran Cordone che avesse avuto da una Potenza Estera, fu quello, certo da per sè

distintissimo, di San Maurizio e Lazzaro, ma che egli per la circostanza surri

ferita doppiamente apprezzava.

Aarifi Pacha era, quando qui giunsi, Interprete del Divano Imperiale, e

particolarmente accetto al non mai abbastanza... (l) Aali Pacha. Fu poscia man

dato Ambasciatore a Vienna; di là richiamato e nominato di bel nuovo Interprete

della Sublime Porta. Ulteriormente venne destinato a sostituire il Signor Ca

rathéodory nel posto di Segretario Generale del Ministero degli Esteri; posto

nel quale rattrovavasi quando il favore particolare di cui gode presso il Sul

tano gli valse la nomina di Ministro degli Affari Esteri.

Aarifi Pacha è uomo generalmente amato e stimato per la sua grande one

stà, per la mitezza della sua indole e la gentilezza dei suoi modi. Ma gli fan

difetto, disgraziatamente, i requisiti di cui più abbisognerebbe in questo mo

mento un uomo di Stato Turco, la sveltezza cioè, l'attività e l'energia. Non si

crede che rimarrà lunga pezza nel suo seggio e mentre l'occuperà H Vero Mi

nistro degli Affari Esteri sarà il Gran Vezir, a cui ci sarà mestieri ricorrere

pel più lieve negozio.

385

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2323. Parigi, 23 maggio 1874 (per. il 26).

Il Signor de Goulard, che aveva accettato dal Maresciallo di Mac-Mahon

l'incarico di comporre un nuovo Gabinetto, dopo ripetuti sforzi tornati inutili, · rassegnò ieri il suo mandato. Il Maresciallo fece allora appello al Duca Decazes ed al Generale de Cissey e riuscì finalmente nella sera di ieri a comporre

il Gabinetto come segue :

-Il Generale de Cissey, Vice Presidente del Consiglio e Ministro della

Guerra;

Il Signor Tailhaud, Guardasigilli, Ministro della Giustizia;

Il Signor de Fourtou, Ministro dell'Interno;

Il Signor Magne, Ministro delle Finanze;

Il Contrammiraglio Marchese di Montaignac, Ministro della Marina;

Il Visconte di Cumont, Ministro dell'Istruzione Pubblica, dei Culti e

delle Belle Arti;

Il Duca Decazes, Ministro degli Affari Esteri;

Il Signor Caillaux, Ministro dei Lavori Pubblici;

Il Signor Grivart, Ministro dell'Agricoltura e del Commercio.

Il Ministero è scelto tra le varie frazioni dell'antica maggioranza. L'impossibilità d'un accordo tra queste frazioni ed H centro sinistra intorno al ca

rattere da darsi all'orgamzzazione del Governo settennale fu la causa principale dell'insuccesso del Signor de Goulard, i di cui sforzi tendevano a costituire sopra un terreno comune una maggioranza ±oHc.laia sspra i ciue centri. Il c:lrattere che il nuovo Ministero desidera assumere è quello d'una amministrazione d'affari. Del resto è presumibile che nella seduta d'oggi all'assemblea il Ministero farà conoscere il suo programma, che mi riservo di riferire all'E. V. insieme all'impressione ch'esso avrà prodotta nell'opinione pubblica francese. Quanto all'estero non dubito che il mantenimento del Duca Decazes al Ministero degli Affari Esteri sarà accolto con soddisfazione.

(l) La lacuna è nell'originale.

386

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 470. Madrid, 24 maggio 1874 (per. il 3 giugno).

Lo scambio di rapporti tra Madrid e il Vaticano che fu attivato dopo gli eventi del 3 gennaio, si è ancor maggiormente accresciuto da che il nuovo Gabinetto venne al potere.

Oltre alla questione tuttora pendente delle sedi vescovili vacanti rimasta in sospeso alla caduta del Signor Castelar, il quale aveva compromesso le prerogative della Spagna nonostante l'apparenza del trionfo ch'egli credeva aver conseguito, sonvi parecchie altre ragioni che ispirano il desiderio a questo Governo di stabillre le sue comunicazioni colla Corte Pontificia sopra un piede

'ù ':'egolare di quanto lo sieno al presente. Parlasi dell'invio a Roma del Signor Lorenzana per stabilire un accordo col Santo Padre e migliorare lo stato d'"llc relazioni. A siffatto riguardo il Signor Ulloa medesimo mi disse che gli interessi della Spagna come Potenza cattolica erano tali e la salute del Pontefice così precaria che diventava urgente di pensare all'eventuaìità di un -:onclave, e per conseguenza alla necessità di avere un abile rappresentante presso la Curia Romana.

Tutti questi motivi spiegano l'impegno che incontestabilmente mette nell'attuale momento il Gabinetto di Madrid a riavvicinarsi alla Santa Sede. La stampa se ne occupa largamente e qui acchiudo un brano dell'Imparcial (1), il quale consacra un articolo a simile argomento. Havvi la questione degli arretrati dovuti al Clero dal Governo Spagnuolo che ascendono a una cifra enorme, e anche in questo come in tutto il resto le complicazioni finanziarie son quelle che sempre campeggiano e intralciano ogni situazione.

Nelle mutue concessioni che ambo le parti dovranno farsi, so positivamente che l'auditore della Nunziatura mette per base di un modus-vivendi la restituzione della Chiesa Ospedale Italiana di Madrid all'autorità Pontificia.

Nelle frequenti conversazioni che Monsignor Bianchi ha col Ministro di Grazia e Giustizia e col Ministro di Stato questo punto viene da lui posto, a quanto mi si riferisce, come condizione sine qua non.

Il procedere tenuto meco dal Governo Spagnuolo nella vertenza di quell'Istituto, di cui rendo conto nel rapporto N. 110 della categoria Affari in genere (1), non è certamente di natura a far credere infondata quell'asserzione.

(l) Non si pubblica.

387

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1323. Berlino, 26 maggio 1874 (per. il 30).

Ho l'onore di segnarle ricevuta del dispaccio politico N. 322, in data 18 corrente (2), che mi pervenne oggi coi suoi annessi.

Questo Governo ricevette da S. Pietroburgo la comunicazione cui si riferisce il suddetto dispaccio, relativa alla Conferenza da tenere a Bruxelles per stabilire un regolamento dei diritti e dei doveri degli Stati e degli Eserciti belligeranti. Il Dipartimento degli Affari Esteri ne riferì all'Imperatore e ne informò il Ministero Imperiale della Guerra. È fuori di dubbio che questo Governo aderisce all'invito fattogli per ordine dello Tzar: soltanto, non è ancora nota la decisione dell'Imperatore Guglielmo, relativamente alla scelta della persona che dovrà rappresentare la Germania alla Conferenza di Bruxelles.

S. E. il Signor de Biilow crede che verrà scelto a tal uopo un generale dell'esercito di terra.

Discorrendo confidenzialmente sovra tale argomento, il Signor de Biilow diceva che il Governo tedesco non avrebbe aderito alla proposta messa innanzi dapprima dal Comitato di Parigi della Società pel miglioramento della sorte dei prigionieri di guerra. Prevaleva qui il sentimento che la legislazione interna di questo paese, lo stato della civiltà del medesimo, l'esperienza pratica che ne derivò durante l'ultima guerra, erano considerazioni tali da escludere per la Germania il bisogno di un accordo pari a quello che aveva in vista il suddetto Comitato, il programma del quale non afferiva guarentigia di vantaggio reciproco. Tutt'altro però è lo stato delle cose di fronte al progetto di convenzione internazionale elaborato dal Gabinetto russo in modo da non escludere la speranza di un risultato pratico. Non sembra pertanto che si voglia a Berlino preparare nuove proposizioni non contemplate nello schema russo.

Mi farò premuroso dovere di riferire all'E. V. la decisione che verrà presa dall'Imperatore Guglielmo per la rappresentanza della Germania alla Conferenza di Bruxelles, tosto che ne avrò conoscenza.

(1) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 381.
388

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 433. Bucarest, 26 maggio 1874 (per. il 4 giugno).

Rilevai sovente nella mia corrispondenza che per rivendicare alla Rumenia tanto il diritto di negoziare accordi internazionali come in generale ogni altro diritto spettante ad uno Stato Sovrano ed indipendente, questi Ministri si asterrebbero dal provocare complicazioni inopportune.

S.on lieto di poter oggi confermare quanto precede con recenti assicuranze portemi a questo soggetto tanto dal Signor Catargi, che è l'anima del Gabinetto, come dagli altri suoi Colleghi, i di cui concetti possono riassumersi così.

Mentre da un lato nulla debbe esser negletto dal Governo perché si sappia di qual natura è il diritto scritto su cui si appoggiano le legittime e costanti rivendicazioni della Rumenia (antichi trattati confermati dalla .sanzione delle Potenze) il Ministero è deciso dall'altro canto a non farsi trascinare dagli eccitamenti inconsulti di coloro che vorrebbero imporgli l'immediata proclamazione dell'indipendenza del paese. Dove!"si bensì illuminare la pubblica opinione in Europa sulle non ben definite condizioni politiche della Rumania, ma essere mestieri di non appigliarsi a risoluzioni intempestive che metterebbero a repentaglio il trionfo dell'idea che è nella coscienza di ciascun Rumeno. Codesta politica di moderazione, che favorisce ad un tempo le aspirazioni nazionali, essere inoltre consigliata dalle tristi condizioni dello stesso Impero Ottomano, il quale minato com'è all'Interno dalle sue finanze e compromesso all'Estero dal costante fluttuare della sua politica, non deve avvincere ai suoi destini uno Stato giovine che si sforza, affrettando il suo sviluppo materiale ed economico, di mettersi al pari della civiltà europea.

Non ho ragioni per dubitare della sincerità del Signor Catargi, la di cui lealtà e rettitudine mi si fecero paleSi nei quattro anni dacchè egli è alla testa del Governo.

Ma non potrei attestare che in questa quistione le tendenze del Principe Regnante siano informate alla stessa moderatezza d'intendimenti. Sia per tema che il Paese, stànco d'attendere ciò che sperava dall'assunzione al trono di un Principe straniero, potesse chiedergli conto di non avere ancora infranto gli amari legami del vassallaggio; sia perchè fosse egli stesso schivo dell'inferiorità cui lo condanna un Sovrano musulmano, il Principe Carlo è, fra tutti i Rumeni che anelano l'indipendenza .immediata, il più proclive a rompere gli indugi.

Legare il suo nome a questo fatto è la più salda delle sue ambizioni, ed ogni sosta per quanto indicata fosse dallo stato delle cose in Europa, è da lui subìta con evidente ritrosia.

Questi suoi propositi non sono ignorati. E dai circoli di Corte, nei quali parlavasi senz'ambage gli scorsi giorni della necessità di ricorrere ai fatti

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compiuti senza tener conto dei prudenti consigli che vengono dall'Estero, le tendenze del Capo dello Stato passano nei crocchi intimi, nei pubblici ritrovi, nell'armata.

E qui è da notare che nei giornali della democrazia rumena, la quale quando teneva il potere insospettì tutti col tema favorito dall'Impero DacoRumeno, la quistione dell'indipendenza non trova alcuna eco. Sono per contro gli uomini politici delle varie frazioni moderate che si adoperano ad ingrandire codesta vertenza, accreditando la voce che qualora il Gabinetto persistesse a non isforzar la mano all'Europa, essi se ne staccherebbero per far causa comune coi rossi.

Mi duole il dirlo, ma ho inoltre motivi per credere che gli è appunto sfruttando le velleità d'indipendenza del Principe che questi moderati avversarì del Ministero Cartagi sperano di renderlo esoso al Palazzo per raccoglierne l'eredità. Le loro mene, orpellate da un patriottismo esagerato, si riducono in fondo ad una guerra di portafogli. E pronti a valersi di ogni piccola divergenza che sorger potesse alla Camera sulle proposte finanziarie del Ministero, da me designate nel rapporto N. 430 di questa serie (1), essi non tentennerebbero a provocare, come nella passata settimana, una crisi extraparlamentare che il Governo potè questa volta facilmente stornare.

Nell'interesse dei Principati, ho fiducia che il Gabinetto Catargi riescirà, con la maggioranza ed influenza di cui gode, a render vani gli sforzi che si fanno per abbatterlo. Confido anche nella sua saggezza che non vorrà abdicare la politica avveduta e moderata da lui adottata in confronto degli eccitamenti che gli vengon fatti relativamente alla proclamazione dell'indipendenza del paese.

Ma in ispecie per quest'ultima parte ho creduto mio dovere il ritrarre più fedelmente che per me si poteva la situazione quale la veggo, affinchè il Governo del Re avesse cognizione opportuna della non del tutto identica maniera di pensare del Principe e dei suoi consiglieri.

389

IL MINISTRO AD ATENE, MIGLIORATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 196. Atene, 29 maggio 1874, ore 22 (per. ore 10 del 30).

Le Gouvernement grec me charge de demander l'agrément de S. M. le Roi pour la nomination de M. Melitopoulo, actuellement secrétaire général du Ministère des Affaires Etrangères, comme ministre de Grèce à Rome.

(l) Non pubblicato.

390

IL MINISTRO A L'AJA, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 107. L'Aja, 29 maggio 1874 (per. il 3 giugno).

Il Barone de Gericke, che vidi ieri per fargli la comunicazione ed averne le informazioni indicatemi nel dispaccio ministeriale n. 35 (serie politica) (1), si mostrò molto ben informato così della Società fondatasi in Parigi, sotto la presidenza del Generale Houdetot coll'intendimento di migliorar la sorte dei prigionieri di guerra, come del progetto d'una conferenza internazionale, promossa dal Governo russo, per dar opera ad un regolamento dei diritti e dei doveri degli Stati e degli eserciti belligeranti.

Quanto alla riunione parigina egli mi fece conoscere che, qualora essa avesse avuto luogo isolatamente, e senza operar la sua fusione col futuro convegno di Bruxelles, dietro la domanda fattane dal Principe Gortsciakoff era sua intenzione di non prendervi affatto parte in modo officiale, ma di suggerir bensì al Generale Stuers, Presidente della Société de la Croix rouge in Olanda, di inviarvi un suo delegato.

Rispetto all'invito ad una conferenza internazionale, qual viene fatto in giornata, trovai il Gericke molto perplesso e dubbioso se debba piglia!'vi parte, non senza però dissimulare a se medesimo " que l'abstention du Gouvernement néerlandais dans cette occasion pourrait ne pas étre trop bien interprétée »; ed aggiungendomi che aveva trasmesso intanto il progetto del Cancelliere imperiale di PietrobuYgo ad un impiegato speciale del suo Dicastero, nonchè ai suoi colleghi della Guerra, della Marina e della Giustizia perchè ne esaminassero il contenuto e la portata, in seguito al quale esame si saria deciso, collectis consiliis, il quid agendum, nel qual caso egli mi avrebbe immediatamente fatto sapere il tenore della presa risoluzione.

Vedendo che non potevo cavar, pel momento, nissun preciso costrutto dal mio collocutore, impacciato anzichè no a rispondermi, io volsi a parlargli in modo accademico, ed ipotetico per iscandagliare almeno le sue private opinioni.

Nella supposizione, mi feci a dirgli, che voi vi risolviate, come credo, ad intervenire alla conferenza internazionale di qual grado sarà investito il vostro rappresentante militare alla medesima? Risposemi che, trattandosi di una tal scelta, egli avrebbe avuto piuttosto l'occhio alla capacità individuale del delegando, che al grado in se stesso, e che, a questa stregua, il Capitano di Stato Maggiore van Beer Poortugael, scrittore distinto sul diritto della guerra, (stampato a Breda nel 1872) sarebbe stato il delegato ad hoc.

Voglio ammettere, osservai io a mia vicenda, che questo capitano, di cui non conosco gli scritti perchè dettati in lingua ollandese, sia altrettanto competente sulla materia, come lo è, verbigrazia, e si dimostrò il Capitano di coYvetta della marineria francese Th. Ortolan nelle sue: Règles interna

tionales, ma non credete voi, anche a fronte d'un merito reale e riconosciuto, che un solo delegato militare sia sufficiente all'uopo nell'attuale circostanza, che io giudico importantissima per le conseguenze internazionali che può trar seco? E non dovete anzi temere che gli uomini di guerra, avvezzi come sono a considerar anzitutto le quistioni dal lato speciale e tecnico, non siano egualmente atti o propensi a tener nel più gran conto le quistioni capitali dei principii, e delle loro molteplici appartenenze e deduzioni? E gli allegai, per chiarire il mio assunto, la Convenzione di Ginevra onde provvedere ai soldati feriti in battaglia, che presentò, come l'E. V. conosce, non pochi inconvenienti nella sua applicazione; e rese necessarie nuove addizioni, perchè chi vi diede la prima mano o si preoccupò soltanto del lato umanitario, o non tenne sufficiente conto delle imperiose esigenze della guerra nelle sue svariate fazioni, nonchè delle difficoltà dum fervet opus, o di attuarle, o di attenersi strettamente alle sue prescrizioni.

Appoggiandomi quindi sulle varie avvertenze fatte dai pubblicisti e dai militari sopra questa convenzione dissi al mio collocutore che sarebbe conseguentemente desiderabile, anzi indispensabile, di nominar, per lo meno, due delegati, che s'integrassero l'un l'altro, se così posso esprimermi, cioè l'uno militare, e questo di rigore, l'altro pubblicista di professione, capace di ventilare in modo teorico e dottrinale, così nel suo insieme, come nelle sue singole parti, il progetto russo, molto comprensivo a mio avviso, e che, nel fondo, non mi sembra altro furchè la riproduzione in gran parte, delle Istruzioni americane per gli eserciti in campagna, redatte dal valente Professar Lieber, e commentate, sparsim, dal non men valente Professore Bluntschli nel suo: Droit international codifié, onde servono di appendice nell'ultima edizione di quest'opera uscita in quest'anno stesso.

Ed ho potuto parlar con cognizione di causa di queste Istruzioni da me spedite al R. Ministero or son più di dieci anni, perchè conobbi chi ne fece toccar con mano la necessità, per amor di uniformità, fra le altre gravi cause, (attesochè gran parte dei combattenti nord-americani, diventati generali tutto ad un tratto, durante la guerra della secessione, e senza le scuole preparatorie di West-Point, erano dapprima stati avvocati di mestiere, e potevan quindi ispirarsi ora a questo, ora a quell'autore) come conobbi chi dettò le medesime, e chi le sottopose all'esame di una Commissione, e ne licenziò poscia la stampa ordinandone la distribuzione ai varii comandanti dell'esercito federale.

Il Barone de Gericke, menando per buone le mie osservazio:<l, T'1 disse:

" aggiungerò anche il nostro Ministro presso la Corte di Bruxelles al delegato

militare • quindi ricredendosi soggiunse: • credo però che sarà meglio di s'èe

gliere a quest'uopo qualche Professore di diritto internazionale in una delle

nostre Università di Leida, di Utrecht, o di Groninga •.

Il rimanente della mia conversazione col Ministro degE Affari Esteri s'aggirò in modo generico sulla recente guerra franco-tedesca; sulle recriminazioni fatte, e sulle note scambiate fra le parti belligeranti per vcr() o supposte infrazioni delle leggi della guerra; sul trattamento cui può andar sottoposto chi cade in mano del nemico pel fatto della cattura d'un pallone, al qual uopo feci incidente allusione all'opinione in proposito dell'erudito pubblicista Charles Calvo (Le droit international théorique et pratique, Paris 1870-72, 2 Vol.).

Dissenziente da quella voluta far prevalere dal Bismark, e contrastata dal gabinetto inglese, giudice, o più competente, od almeno più imparziale, che non mi pare esserlo stato nella fattispecie il focoso Cancelliere prussiano. Il mio cortese collocutore emise nissun giudizio sulla quistione.

Riservandomi di somministrare all'E. V. quelle ulteriori informazioni che il Barone de Gericke mi ha promesse, come tosto questo Governo avrà presa una decisione definitiva riguardo alla futura conferenza di Bruxelles....

(l) Cfr. n. 382.

391

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 54. Roma, 30 maggio 1874, ore 16.

Dans notre situation ~arlementaire que je vous expliquerai sous peu par lettre particulière il y a peu d'opportunité pour le moment à prendre l'initiative de démarches officielles pour l'institution des ambassades. Président du Conseil et moi désirons d'ailleurs savoir si comme l'assurait dernièrement la Nord AUgemeine Zeitung la nomination de Keudell comme ambassadeur à Rome ne rencontrerait plus les difficultés que vous savez.

392

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 1830/459. Londra, 31 maggio 1874 (per. il 6 giugno).

La visita di S. M. l'Imperatore di Russia non avendo dato luogo a cose di qualche importanza, per quanto è a mia conoscenza, ho differito finora ad intrattenere V. E. intorno alla medesima, per non ritardare altri affari, e pur ora Le scrivo a solo fine di non passare affatto sotto silenzio questo fatto.

Nel ricevimento del Corpo Diplomatico per cui vi fu circolo a Buckingham Palace, e che non durò più che un quarto d'ora, S. M. l'Imperatore, per quanto mi risulta non parlò ad alcuno di materie politiche, e si limitò a quelle espressioni generali di cortesia, che sono d'uso in simili circostanze. A me Sua Maestà domandò notizie di S. M. il Re, espresse la sua memoria e la sua riconoscenza per le molte cortesie, di cui S. M. l'Imperatore era stato l'oggetto nel tempo della sua dimora in Italia, soggiunse che da molto tempo non avea veduto S. M. il Re, e che ciò gli rincresceva assai. Questa ultima parte del suo discorso non mi parve alludesse a visita che si attendesse dal Re all'epoca del suo viaggio in Germania, e fu espressa dall'Imperatore con molta cortesia.

Per quanto alcuni giornali Inglesi ed esteri abbiano spacciato di propositi politici tenuti dall'Imperatore, le mie informazioni escludono queste allegazioni, seppur non si tratti di quelle generiche espressioni relative al desiderio della pace, che costituirono la principale parte politica della risposta fatta dall'Imperatore al Lord Mayor al ricevimento a Guildhall il 18 del corrente mese, la quale risposta fu testualmente pubblicata da tutti i giornali.

Il ricevimento fatto qui all'Imperatore fu gentile, ma modesto, anche per seguire il desiderio che l'Imperatore avea espresso, la gentilezza del ricevimento non mi parve esprimesse alcuna emozione per parte del Pubblico Inglese.

Io tengo per fermo che il vero scopo della venuta dell'Imperatore a Londra fu di soddisfare il desiderio di rivedere sua figlia, Duchessa di Edimburgo, alla quale porta un grande affetto. Si notò che al ricevimento a Guildhall, allorquando l'Imperatore lesse la risposta al Lord Mayor, il quale gli aveva fatto leggere da un altro il suo indirizzo, Sua Maestà che avea la Duchessa alla sua diritta, era così commosso che dovette sostare alquanto a leggere il discorso dopo di averne letto le prime parole.

In generale si è notato che S. M. l'Imperatore, pur avendo sempre modi molto cortesi, avea nel suo contegno l'espressione alquanto malinconica e concentrata. La Polizia di qui fu in molta apprensione che potesse essere fatto qualche attentato alla persona dell'Imperatore, come già avvenne quando Sua Maestà fu a Parigi. Le precauzioni prese dalla Polizia furono veramente straordinarie, e da buona sorgente fui assicurato che, allorquando l'Imperatore partì, senza che alcun fatto di tal genere avesse fortunatamente avuto luogo, si ebbe l'impressione di essere stati alleggeriti di una grande preoccupazione la quale era pienamente giustificata dal fatto che è qui ospitata, colla più grande libertà, la schiuma dei partiti più sovversivi di tutti i Paesi dell'Europa.

Si è preteso da molti che anche S. M. l'Imperatore fosse preoccupato da questo pensiero, e che ne abbia dato indizio in alcune circostanze, e sebbene io non abbia avuto occasione di esser testimone di alcun fatto di questa natura, ciò non mi pare punto improbabile.

393

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Berlino, 31 maggio 1874.

J'ai reçu votre télégramme du 30 mai (l) en réponse à celui que je vous avais adressé le 26 (2).

En vous faisant savoir que le moment était indiqué de rappeler ici sans tarder notre désir pour l'établissement d'Ambassades respectives, je n'avais pas agi à la légère. Je tenais de bonne source que le Prince de Bismarck mon

trait de meilleures dispositions et qu'il s'attendait de notre part à quelque ouverture. Mais la personne de qui je tenais cette nouvelle laissait comprendre que tout le mouvement que se donnait M. de Keudell, dans son propre intéret, pourrait nuire à un résultat favorable.

On devrait croire, d'après les antécédents de cette affaire, après mes !ettres particulières des 27 Mars (l) et 20 Avril 1873, et surtout après le langage tenu plus tard par M. de Keudell quand la Prusse admettait un Ambassadeur de Turquie, que la question, ainsi posée, n'avait plus besoin d'éclaircissements ultérieurs. Mais vous savez, conformément à ce qui vous a été écrit durant mon absence par le Chevalier Tosi, que M. de Btilow appuyait sur ce point, que jusqu'ici il n'y avait eu que des pourparlers officieux, mais rien d'officiel. Et meme, depuis lors il m'est revenu que le Chancelier avait plus d'une fois émis l'avis, que ce que j'avais dit, l'avait été de mon propre mouvement.

Cela vous explique mon télégramme. Votre réponse contient une lacune, que vous voulez bien vous réserver de combler par une lettre particulière. Je ne puis juger en effet de l'ensemble des choses. Chacun de nous a l'horizon de sa situation, et le mien est naturellement plus restreint que celui du Ministre des Affaires Etrangères. Je me rends aussi parfaitement compte qu'il y a dans la vie des nations, comme dans celle des individus, des moments où il faut savoir temporiser: mais, à la condition de ne pas négliger de préparer les moyens d'atteindre le but voulu. Il vous appartient sans doute de peser les divers éléments qui sont en jeu. Mais je ne parviens pas encore à découvrir quels sont les motifs se rattachant à la situation parlementaire du Cabinet, qui pourraient nous induire à ajourner une mesure, aussi nécessaire que réclamée par la dignité de nos rapports internationaux. Je ne puis admettre que le Ministère songe un seul instant à se retirer devant une Chambre qui s'est déjugée d'une façon si singulière, en repoussant au scrutin secret une loi dont elle avait d'abord approuvé les articles par appel nominai. C'est au point, qu'il y aurait lieu de se demander mème s'il conviendrait, dans de telles conditions, de dissoudre l'Assemblée. Comme elle ne s'est pas montrée sérieuse dans son vote, il ne faudrait pas trop la prendre au sérieux et lui passer ses caprices et ses inconséquences. Il est d'ailleurs toujours très chanceux de faire un appel au pays, quand les questions fiscales préoccupent avant tout les électeurs. Mais, en mettant meme les choses au pire, ce qui serait un malheur pour le pays, supposons un seui instant que le Ministère change ou se transforme, notre politique étrangère ne saurait ni changer, ni se transformer. Elle est tracée par les conditions générales de l'Europe, par nos intérets permanents. La visite du Roi, en Septembre dernier, a donné à cette politique une consécration, une direction qui doit etre maintenue quelles que soient nos conditions parlementaires. Je vais meme plus loin. Vous savez qu'un de mes arguments en faveur d'un voyage de Sa Majesté à Berlin, était que par cet acte le Cabinet gagnerait en stabilité et en popularité. En effet, la décision de Notre Auguste Souverain a été applaudie par le Pays, qui en a su gré aux

conseillers de la Couronne. Il en serait de méme de l'institution des Ambassades, comme manifestation politique de nos préférences.

Du moment où nous avons pris officieusement l'initiative, il faut résoudre la question. Si le Prince de Bismarck est dans de meilleures dispositions, c'es1 qu'il aura compris que, après avoir trouvé cles Ambassadeurs pour Paris et pour Constantinople, il ne pouvait plus invoquer, comme circonstance atténuante de ses retards, la difficulté de l'application d'une parfaite réciprocité en ce qui nous concerne. Admettons méme qu'il continuat à invoquer son embarras de trouver un candidat dans la carrière ou hors de la carrière, nous n'aurions pas l'air de passer pour dupes, du moment où vous m'autoriseriez à parler officiellement. Il faut enfin s'expliquer nettement et franchement des deux còtés. Je ne conçois pas d'amitié sans dignité, sans respect mutue!. Je vous le répète, la position du représentant d'Italie ici n'est plus ce qu'elle devrait étre. Je regrette que vous n'ayez pas adopté mon avis en Octobre, de remettre la question sur le tapis et qu'on se soit mépris sur le langage non autorisé de M. de Bleichroder. Je regrette les ajournements qui se rattachent à un mouvement diplomatique subordonné à une retraite du Marquis Caracciolo, qui compte si peu quitter la carrière, que son collègue d'Autriche à

S. Pétersbourg me disait avant hier que M. Caracciolo désirait permuter son poste avec celui de M. Barbolani. Chi ha tempo, non aspetti tempo. Les assurances pacifiques pleuvent trop de tout còté, pour qu'il ne faille pas en concevoir quelque alarme. De grands événements peuvent surgir d'une manière imprévue. Si vous voulez que votre représentant à Berlin vous rende tous les services que vous avez le droit d'exiger de lui, les moyens doivent ètre proportionnés au but, autrement la responsabilité serait trop lourde pour mes épaules. Il vaudrait mieux alors me transférer ailleurs.

Vous me demandez s'il est vrai, comme l'assurait dernièrement la Norddeutsche AUgemeine Zeitung, que la nomination de M. de Keudell comme Ambassadeur à Rome ne rencontrerait plus les mèmes difficultés. Cette assertion se trouvait, non pas dans la Norddeutsche AUgemeine Zeitung, mais dans la Neue Preussische Kreuz Zeitung du 16 Mai, journal qui n'a plus aucun~ attache officieuse. Il me serait impossible de contròler cette nouvelle. Chaque fois que l'occasion se présente, je place quelque mot favorable pour ce diplomate, qui me doit en grande partie sa nomination chez nous. Mais, qu'il me soit permis d'observer que la question de personnes est secondaire, lorsqu'il s'agit des intérèts et de la dignité du Pays. Tant mieux si nous conservons

M. de Keudell, mais avant tout il faut résoudre la question de l'Ambassade elle-mème. Ici, j'ai entendu dire, avec une amère critique, que l'Envoyé Impérial s'agitait beaucoup trop pro domo sua, lorsqu'il devrait savoir que, à la Cour et dans les bureaux du Ministère, il est fort peu soutenu. On trouve que son ambition n'est pas en rapport avec son ancienneté de carrière et de services. Je ne crois pas que ces accusations soient fondées, car le premier devoir d'un Agent est de s'effacer au besoin devant les convenances de son pays, devant les exigences du service. Je vous répète que, pour mon compte, je mets ce poste à votre disposition, quelque ruineux et pénible que me serait un changement. Mais je le préférerais à une position qui manque de dignité, et

dont personne ici, parmi mes collègues et dans la société ne peut se rendre compte. Veuillez excuser, mon cher Ministre, la franchise de mon langage. Vous savez qu'il est dicté par des sentiments de dévouement au Roi et au Pays.

(l) -Cfr. n. 391. (2) -Non pubblicato.

(3) Cfr. Serie II, vol. IV, n. 437.

394

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 374. Pietrobmgo, 3 giugno 1874 (per. il 10).

Mentovai nel mio rapporto n. 368 di questa serie (l) come fosse mio obbligo di raccogliere tutte le possibili informazioni relative agli accordi tra i Governi di Russia e d'Austria-Ungheria quanto è principalmente all'autonomia amministrativa degli Stati Europei tributarii della Porta. Non posso per ora rimanermi dal persistere nel mio primo concetto, cioè che non vi abbia convenzione speciale fra' due Governi su questo argomento. Ma certo è nondimeno che la politica di entrambi a tal riguardo si modificò sensibilmente in questo ultimo scorcio di tempo: e quella rivalità o concorrenza, che dir si voglia, fra i due Imperii nel farsi protettori de' diritti di quelle provincie verso la prerogativa del Sultano si afferma un dì più dell'altro; nel quale indirizzo così l'Austria come la Russia presero a deviare in un modo assai notabile dal modo di politica tenuto fino ad oggi. Ed in effetti lo stesso Governo Imperiale di Pietroburgo, quantunque così favorevole, come ognun sa, ai cristiani d'Oriente in generale, va più oltre che finora non facesse in cosiffatta ragion politica, poiché mostra di voler cessare dalle riserve fatte fin dal 1856 intorno all'autonomia ed alla unificazione delle provincie Rumene.

All'E. V. deve esser noto un opuscolo pubblicato in Bukarest senza altra indicazione d'autore che quella d'un antico diplomatico (d'un ancien diplomate), che tratta de' diritti della Rumenia dipendenti da' trattati (Ies droits de la Roumanie basés sur les traités). Dal contenuto di quella scrittura, che si deriva certamente da una sorgente ufficiale, l'E. V. ha ben potuto scorgere quanto sieno larghe le pretese del Governo del Principe Carlo, ed in quali angusti confini sarebbe ristretto, secondo quella interpretazione de' trattati, l'alto dominio della Sublime Porta sugli Stati di Moldavia e di Valacchia. A me importa ora il notare, che senza accettare esplicitamente le conclusioni di quel libro, il linguaggio de' diplomatici russi più autorevoli mostra una certa inclinazione a volerle favoreggiare, e il Signor di Westmann stesso prese l'iniziativa di farne parola all'Ambasciatore, Principe di Reuss, e gliene communicò una copia per istampa raccomandandogliene la lettura.

S. M. l'Imperatrice partirà da Pietroburgo il 30 del corrente mese alla volta di Youngenheim, ove si troverà ancora la Duchessa d'Edimburgo, giunta quivi per incontrare l'Augusta Genitrice.

(l) Cfr. n. 351.

395

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 375. Pietroburgo, 3 giugno 1874 (per. il 10).

Accuso ricevuta e ringrazio l'E. V. del suo dispaccio n. 119 di questa serie (l) riguardante la proposta della Russia alle Potenze per riunirsi in conferenza per lo studio d'un regolamento internazionale dei diritti e dei doveri degli Stati e degli eserciti belligeranti, di cui ebbi l'onore di rimetter copia ufficialmente a questo Aggiunto del Ministero Imperiale degli Affari Esteri. Di siffatta proposta, come l'E. V. ben sa, fu primo istigatore il Generale Houdetot in Parigi, a cui entrò innanzi la Russia, poiché l'iniziativa francese, segnatamente per quanto ha tratto la condizione dei prigionieri di guerra, avrebbe potuto adombrare ed offendere alcune suscettività del Governo Allemanno e provocare alcune allusioni e confronti fra l'operato delle due potenze nell'ultima guerra franco-allemanna, che per il mantenimento delle buone relazioni pacifiche era pregio dell'opera evitare. Ora la Russia, la quale specialmente in questi ultimi tempi si atteggia come protettrice e guardiana di codeste buone relazioni, e che in altre occasioni, come in quella del trattato per l'abolizione delle palle esplodenti, volle farsi iniziatrice delle riforme d'umanità nelle pratiche della guerra, volle in quest'occasione ancora adoperare il simigliante per l'invito, a cui l'E. V. Tispose colla nota anzidetta; e chiese al Re dei Belgi facoltà di convocare la conferenza nella sua Capitale, affinchè all'ombra della neutralità Belga la conferenza assumesse un carattere vieppiù imparziale e pacifico.

Il Governo Germanico non rispose finora all'invito, e non è da credere che il progetto anche attuato nella forma presente a lui riesca gradito. Il Signor di Westmann stesso mostrava meco confidenzialmente di non essere senza qualche timore che quelle allusioni e quei confronti che voleansi evitare non si producessero in alcuna delle discussioni più vive della conferenza. Il medesimo sentimento mi fu espresso dal Principe di Reuss, il quale anzi ebbe a confidarmi in modo esplicito che il Principe di Bismark lo avea francamente manifestato all'Imperatore Alessandro in Berlino.

396

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI

D. s. N. Roma, 4 giugno 1874.

Riferendosi alla propria Nota del 5 Maggio p.p. 54 Reg. Francia (2), il sottoscritto si pregia di trasmettere al Ministero dell'Interno i qui uniti brani

di rapporti recentemente ricevuti dal R. Consolato in Marsiglia (1). Essi si riferiscono al passaggio per quella città di parecchi Italiani di ritorno dalla Spagna dove eransi recati per prender parte ai militari avvenimenti. Il R. Consolato aggiunge nuove informazioni sul conto di quel de la Bruyère di cui fece parola nei precedenti rapporti già comunicati a codesto Dicastero, e crede di poter confermare l'assicurazione data nei rapporti stessi che non esistono in Marsiglia, nè che si tratta seriamente di organizzarvi Comitati per conto del partito reazionario o del partito sovversivo per raccogliere bande destinate a qualche tentativo di insurrezione sulle coste del Regno. Il R. Consolato informa però dell'arrivo a Marsiglia di Don Alfonso di Borbone Conte di Caserta. Egli vi si è trasferito il 19 dello scorso Maggio da Cannes, dove risiede e dove a quanto pare, si è fatto costruire un " Yacht , per suo particolare servizio. Prese alloggio in Marsiglia presso il Duca di San Giovanni fratello dell'ex-colonnello Pisacane, già cavallerizzo di Francesco II, da cui riceve una pensione di 60 Ducati al mese. Il contegno tenuto dal Conte di Caserta non sembrava dar fondamento al sospetto che la sua venuta a Marsiglia fosse dettata da motivi politici di qualche importanza. A lui però si attribuisce la qualità di direttore dei piccoli intrighi borbonici che si ordiscono di tempo in tempo per mantenere viva la fede negli aderenti, i quali alla lor volta cercano di alimentare le speranze dei principi di quella famiglia mostrando di tenersi pronti per ogni evento favorevole. Tra le persone che il Conte di Caserta frequenta quando si reca a Marsiglia, si citano, oltre il Duca di San Giovanni, un certo Savastano orefice e venditore di oggetti per Chiese, già agente della polizia borbonica a Napoli, ed un certo Sferlazzo Leopoldo, ex-commissario delle prigioni centrali di Palermo, i cui figli sono negozianti. Presso il Savastano ebbe luogo negli scorsi mesi nella occasione di una gita del Conte di Caserta un convegno segreto al quale sarebbero intervenuti, oltre i già nominati, alcuni preti delle provincie meridionali.

Il sottoscritto si darà premura di partecipare al Ministero dell'Interno anche ogni altra notizia che gli potrà giungere successivamente su tale oggetto.

(l) -Cfr. n. 381. (2) -Non pubblicata.
397

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 3415. Roma, 4 giugno 1874 (per. il 6).

Ad opportuna notizia dell'E. V. le trasmetto qui unita in copia una circolare, che la Sezione Centrale italiana dell'Internazionale, residente in Ginevra, ha diretta alle varie sezioni d'Italia.

Vegga l'E. V. nella sua saviezza se sia il caso di richiamare l'attenzione del nostro rappresentante in !svizzera su ciò che è detto in questo documento; donde emerge l'audacia degli agitatori, radunatisi in Ginevra, ed i propositi sediziosi che con ogni sforzo cercano di diffondere ed attuare.

ALLEGATO.

LA SEZIONE CENTRALE ITALIANA DELL'INTERNAZIONALE ALLE SEZIONI ITALIANE (l)

CIRCOLARE,

Fratelli -La causa del proletariato ha fatto progressi giganteschi in Italia, sicché grande è la nostra gioia. È tempo di finirla con tutte queste distinzioni di dommi, di classi, di frontiere.

È troppo il sangue dei lavoratori versato per le stupide invenzioni dei tiranni, e gli intrighi dei pretendenti; son troppi i sudori sparsi per oziosi privilegiati. La misura è colma. Cessiamo dunque di ucciderei fra noi per ambizioni di principì, per vecchie chimere, per Dio, per Cristo e tutte le falangi dei suoi santi e delle sue sante. L'egoismo solo ne avvantaggia di queste· stupide guerre. Non più pretese di salvatori o ipocriti protettori. Noi non riconosciamo che diritti e doveri uguali: la ragione ed il lavoro sono le nostre sole guide. Lavoriamo adunque alla distruzione del privilegio. Gli operai italiani hanno alla perfine compreso che per migliorare la loro posizione non debbono calcolare che sopra se stessi, e che attendere la loro emancipazione dalla buona volontà e dalla buona fede dei loro sfruttatori, sarebbe una vana illusione e tempo perduto, cosicché non contano che sulla propria iniziativa e sul proprio vigore.

Avanti, fratelli, coraggio: fratelli avanti!!

Considerate che le persecuzioni, la brutalità, le atrocità commesse dalla solidarietà reazionaria di tutti i Governi di Versailles, non hanno potuto arrestare un solo istante il movimento ascendente delle classi laboriose. L'operaio non vuol esser più una macchina dedicata al capriccio ed allo sfruttamento dei capitalisti. Egli vuole, come ce l'ha il ricco, avere il diritto di coltivare la sua intelligenza, di godere della sua famiglia, di educare efficacemente i suoi figli, sui quali la borghesia vuole avere tutti i diritti, !asciandone tutti i pesi al padre lavoratore.

Egli vuole infine, egli produttore del pane, del capitale e di tutto ciò che consuma il ricco, egli vuole, diciamo, avere almeno gli stessi diritti dei suoi padroni alla vita morale, politica e sociale.

L'industria moderna fondata sul privilegio del capitale non conosce nè patria, nè frontiere, nè lingue, nè nazioni. È perciò che la resistenza del lavoratore contro i capitalisti deve esigere un'immensa lega senza distinzione di frontiera, di religione, di razze e di nazionalità.

Che tutti gli operai fossero uniti dal grande principio di fraternità e solida·· rietà internazionali: ecco il fine a cui tende la nostra grande associazione internazionale dei lavoratori; fine che essa raggiungerà malgrado gli ostacoli gesuitici ed infami che i nostri nemici le vorranno opporre.

Fratelli non dimenticate che solo la lontananza ci separa, ma che i nostri bisogni, i nostri pensieri, le nostre aspirazioni ne uniscono strettamente gli uni agli altri.

La sezione italiana di Ginevra è al coperto di ogni dispotismo; essa si è formato allo scopo di essere intermediaria tra i nostri fratelli d'Italia, e quelli degli altri paesi.

Se le persecuzioni del Governo e dei padroni vi obbligano a cercare tm altro

rifugio o lavoro, venite a noi, voi siete nostri fratelli, nello stesso modo noi

indirizzeremo verso i centri meglio organizzati d'Italia, i nostri fratelli delle altre

nazioni che vengono in Italia.

L'Associazione internazionale è la più potente egida del proletariato. Com

biniamo tutti ì nostri sforzi per assicurarne lo sviluppo, organizziamo le nostre

casse di resistenza per ottenere la riduzione delle ore di lavoro. Ricordiamoci che

la comune di Parigi è stata vinta perché è restata isolata e perché non poteva

estendersi fuori di Parigi per tutta l'Europa.

Ma vi ha una comune che sarà invincibile, la comune internazionale, alla quale noi aspiriamo.

Noi possiamo contare per milioni, ed i nostri padroni appena per migliaia.

Organizziamo le sezioni dei lavoratori, come pure quelle dei fanciulli. L'Internazionale chiama sotto la sua protezione l'operaio e la sua famiglia. Non lasciamo ai nostri nemici la direzione delle nostre donne, nè l'educazione dei nostri figli.

Fratelli

Tali sono i nostri caldi voti. Avanziamoci senza tema, l'avvenire è per noi.

Viva la rivoluzione sociale.

Saluti e solidarietà.

(l) Non pubblicati.

(l) La circolare è firmata: per il Comitato Centrale Gualino Gioacchino, Michele Catti, Vincenzo Rigoli.

398

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 3425. Roma, 4 giugno 1874 (per. il 6).

Ringrazio la E. V. di quanto mi partecipa col foglio segnato al margine (l) circa l'invito del Governo Russo al noto Michele Bakounine per rimpatriare, Le manifesto che costui dimostrando di non voler ottemperare a tale invito, prosegue presso Locarno, dove spende considerevoli somme in una sua villa, a mantenere relazioni coi fautori dell'Internazionale in Italia.

399

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 3447. Roma, 5 giugno 1874 (per. il 6).

In relazione a quanto ho scritto con altre mie precedenti lettere all'E. V. sulla sezione centrale italiana dell'Internazionale, che si è costituita in Ginevra, ove attivamente lavora per acquistare maggiore influenza e credito in Italia, Le partecipo di essere stato informato che la Sezione stessa ha convocato i suoi aderenti ad un Congresso che si terrà in Ginevra il 30 del p.v. agosto.

Piaccia all'E. V. di renderne consapevole, quando lo creda oppo!"tuno, il nostro rappresentante in Svizzera.

400

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 279. Vienna, 6 giugno 1874 (per. il 18).

La Nota del R. Ministero della Giustizia, relativa al diritto spettante ai

R. Agenti consolari all'Estero di celebrare matrimoni, che l'E. V. compiace

vasi comunicarmi, col suo ossequiato dispaccio del 19 maggio Succ. St. n. 739 (successioni) (1), accenna al matrimonio civile in Austria, come se già vi fosse stabilito, o per lo meno si trattasse di cosa di imminente attuazione. Tanto l'una quanto l'altra di queste ipotesi sono completamente erronee. Le leggi confessionali, testè votate e sancite dal Sovrano, tacciono affatto sulla questione matrimoniale, e ben so dire all'E. V. che pel momento il Governo è alienissimo dal .mettere sul tappeto sì grave questione. L'imperatore non vuole sentirne parlare; alte personalità, fra le quali in prima linea il Conte Andrassy, ebbero a pronunciarsi meco nel modo più recisamente avverso al matrimonio civile; le popolazioni poi di buona parte della monarchia si mostrano siffattamente contrarie a quella istituzione, che il costringerle ad accettarla, creerebbe serii imbarazzi al Governo; almeno questi lo crede ed io ritengo non sbagli. In tale stato di cose il Ministero, che con somma sagacia e prudenza ha condotto fin qui a felice compimento le cose tutte ch'egli ebbe ad iniziare, eviterà quanto più potrà di cacciarsi in simile vespaio, tanto più poi, che non vi è neppure fortemente spinto dalla Camera dei Deputati, la quale in ogni circostanza mostrò sino ad ora di sapere dal canto suo limitare del pari le sue pretese là, dove il soverchio romperebbe il coperchio. L'esempio che sarà per dare la vicina Baviera eserciterà poi anche una notevole influenza su questa questione in Austria, come capitale sarà quella che non mancherà di esercitare il risultato della iniziativa in proposito, testè assunta dalla Camera dei Deputati di Pesth, poichè non vi ha dubbio, che se il Re Apostolico di Ungheria si decidesse a sancire l'istituzione del matrimonio civile nei Paesi della Corona di Santo Stefano, non vi sarebbe ragione di coscienza che viete

rebbe all'Imperatore d'Austria di autorizzarne del pari l'introduzione nei paesi al di qua della Leyta; e tolta questa difficoltà, tutte le rimanenti non presenterebbero più ostacoli serii, tanto più che indubbiamente la legge, che verrebbe accettata, sarebbe sì temperata da non dar luogo a gravi contrasti per parte del Clero.

L'esempio delle succitate leggi, cosiddette confessionali è d'altronde atto a rassicurare la Chiesa, poichè, se col fatto esse stabiliscono il diritto dello Stato di legiferare nelle questioni che si riferiscono ai rapporti fra la Potestà civile e quella ecclesiastica, senza ricorrere a precedenti Concordati, all'infuori di ciò ben poco di nuovo stabiliscono, e quel poco anche è quasi sempre lasciato in facoltà del Governo l'applicarlo o no, facoltà di cui l'attuale Gabinetto almeno userà con somma riserva. Che così stiano le cose, e siano in tal maniera anche capite dall'Episcopato, prova ne è: che dopo il sembiante di resistenza fatta in antecedenza dal Vaticano e dagli Arcivescovi e Vescovi dell'Impero, l'opposizione si può dire fin d'ora finita ed anzi non si sarebbe neppure più dato pubblicità alla lettera dei tre Cardinali Arcivescovi al Santo Padre, nonchè alla risposta di Questi (antecedenti sì l'una che l'altra all'ado·· zione delle Leggi), se non fosse stata la voce sparsa dai giornali, che il nuovo Nunzio avesse diramato all'Episcopato raccomandazioni di conciliante moderazione, consigli questi che il Vaticano pare non ami si possa supporre sia

per dare mai. Ma intanto la sottomissione è provata col fatto, giacchè giornalmente giungono al Ministero della Giustizia le volute comunicazioni, per parte degli Ordinari, delle scelte da essi fatte ai posti ecclesiastici vacanti nelle loro Diocesi.

Da tutto quanto ebbi l'onore di riferire pm sopra all'E. V., nonchè dai molti fatti speciali, che per brevità ometto, ma a cui tengo dietro con attenzione onde formarmi un giusto criterio della situazione, ho acquistato il convincimento: che se l'Austria è ancora lontana da quella totale emancipazione dal potere spirituale, che è nelle tendenze dell'attuale Società, pure ha già fatto un notevole passo in tale senso, ed anzi un passo tanto più sicuro, che non fu tale da produrre gravi turbamenti nel funzionamento dello Stato, nè da eccitare aspra resistenza per parte del Pontefice. Un tale stato di cose è, a mio avviso, ottimo per noi, poichè bastevole a far convinto il Santo Padre, che ormai l'emancipazione dell'Austria dalla sua preponderante influenza è cosa compiuta, e che quindi inutile è lo sperare da Vienna quell'appoggio, che solo più gli resta possibile sperare di ottenere dalle Nazioni, che verifidandosi eventualità, in verità poco probabili, ma pure possibili, sarebbero capaci di voler rifare in senso contrario la via battuta dal secolo. E ciò è per noi più che sufficiente, onde sempre maggiormente si consolidino i nostri amichevoli rapporti, già sì felicemente esistenti coll'Austria-Ungheria, condizione di cose questa, non solo di somma importanza e vantaggio pei due Stati, ma notevole garanzia di pace anche per l'Europa.

(l) Del 2 giugno, non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

401

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. 132. Roma, 7 giugno 1874.

Il Ministero dell'Interno mi ha trasmesso copia di una circolare che la sezione centrale italiana dell'Internazionale in Ginevra ha diretto alle sezioni d'Italia. Da quel documento emerge lo scopo dell'agitazione che si tenta produrre nel nostro paese mercè la propagazione delle più sovversive massime espresse nel più volgare e audace linguaggio. Per rendere più attiva ed efficace l'opera sua, il Comitato centrale di Ginevra ha convocato i suoi aderenti a un congresso che si terrà in quella città il 30 del prossimo agosto. Ben conosce il Ministero l'abuso che fanno gli Internazionalisti della parola congresso per designare le quasi occulte loro congreghe. Ma se il fatto non corrisponde alla parola, anche la semplice riunione di pochi audaci sovvertitori dell'ordine pubblico che si abboccano fra di loro per dare maggior vigoria e unità alla loro azione demolitrice, merita tutta l'attenzione delle nostre autorità. E il Ministero dell'Interno desidera che V.S.. Illustrissima sia informata di ciò che succede, tanto perché il Governo federale ne sia avvisato, quanto perché Ella possa in tempo combinare i mezzi di sorveglianza necessari per avere esatte e complete informazioni.

Stimo parimenti opportuno che la S. V. conosca che da parecchio tempo l'attenzione delle nostre autorità è portata sulle relazioni che, dalla sua villa presso Locarno, tiene cogli internazionalisti italiani il ben noto Bakounine.

402

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 518. Roma, 7 giugno 1874.

Le difficoltà esistenti da qualche tempo nelle relazioni fra il Brasile e la Repubblica Argentina debbono essersi aggravate dopo che le trattative per la delimitazione della frontiera fra quella Repubblica e il Paraguay andarono rotte.

Il Governo di Sua Maestà ne ebbe avviso ufficiale da una Circolare che il Governo dell'Assunzione gli ha indirizzato il 15 Aprile. Con quel documento il Governo del Paraguay espone in quali termini si trovava la questione al momento della rottura delle trattative e fa appello a tutti gli Stati dell'America e dell'Europa per far valere la giustizia della sua causa.

Gli ultimi rapporti del R. Console all'Assunzione recano pure delle gravi notizie. Era stato colà ritirato l'exequatur al Console Argentino e le truppe Argentine erano in procinto di concentrarsi a Villa occidentale, ritirandosi dai luoghi finora occupati nel Paraguay dove questi ed altri fatti di eguale natura si attribuivano alla predominante influenza del Brasile sul Governo dell'Assunzione.

Benché dalle relazioni più recenti mandate da Buenos Ayres al Ministero, risulterebbe che la Repubblica Argentina non pensa seriamente a intraprendere una guerra contro il Brasile e sebbene dalle informazioni avute si possa ritenere che anche nella classe dei Commercianti era colà tutt'ora ferma la fiducia nel mantenimento della pace, ciò non di meno il R. Governo si preoccupa delle conseguenze che potrà avere l'interruzione ormai completa di qualunque relazione fra l'Argentina e il Paraguay. La Repubblica Argentina come sarà noto al Governo francese ha comperato in Inghilterra alcune navi corazzate che ora navigano già attraverso l'Oceano per recarsi sul Plata. Tutto ciò non è fatto per rassicurarci. E siccome il Governo francese ha sempre dimostrato di voler intendersi con noi per tenere, in presenza degli avvenimenti che potrebbero turbare la pace fra gli Stati dell'America meridionale una condotta identica, così io bramerei che V. S. chiedesse a S. E. il Duca Decazes se al suo Gabinetto sia pervenuta la Circolare del Paraguay e se egli si disponga a darvi una risposta. In quest'ultimo caso, io bramerei conoscere in qual senso sembrerà utile alla Francia di concepire la comunicazione che farà al Governo dell'Assunzione. Il Governo di Sua Maestà sarebbe d'avviso che mentre nella risposta si dovrebbe esplicitamente dichiarare che in caso di conflitto il Governo del Re manterrebbe la più stretta neutralità, si possa però esprimere ancora una volta il desiderio di uno scioglimento pacifico delle difficoltà insorte e consigliare di nuovo la moderazione e la conciliazione nell'interesse del ristabilimento delle relazioni amichevoli fra le due repubbliche.

403

IL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 3684. Roma, 8 giugno 1874 (per. il 9 ).

Secondo il desiderio espresso da V. E. col foglio contro distinto (17 maggio n. 13) (1), lo scrivente, dopo aver preso in esame il progetto di regolamento generale dei diritti e dei doveri degli Stati e degli eserciti belligeranti, proposto dalla Russia per una conferenza internazionale, si pregia qui di seguito far conoscere alla E. V. quali sarebbero le osservazioni più salienti sul progetto di detto regolamento, che crede opportuno di fare sotto al punto di vista militare.

l) Il par. 9 stabilisce cui spettano i diritti di belligeranti, indica le condizioni cui debbono soddisfare i corpi di volontari per essere considerati come tali, dice che non debbono aversi in conto di belligeranti le bande armate che non soddisfano a .queste condizioni; ma in seguito poi, al par. 45, è ammesso il principio che la popolazione di una località non ancora occupata dal nemico, se prende le armi in difesa della patria deve essere considerata come parte belligerante.

È manifesto il legame strettissimo che corre fra questi due paragrafi del progetto, e di leggieri anche si scorge quale grave contraddizione può esistere tra il contenuto dell'uno e quello dell'altro.

Infatti se si ammette nella popolazione di località non ancora invase il diritto di armarsi e di combattere a difesa del proprio paese, non potranno non formarsi bande le quali nella maggior parte dei casi non soddisferanno a tutte le condizioni volute dal par. 9.

O vuolsi intendere al par. 45 per popolazione di una località non ancora occupata dal nemico quella soltanto di un centro abitato, che si limiti a difendere le proprie case? Ma allora, oltreché sarebbe conveniente precisare meglio il significato della parola località è chiaro che si verrebbe a togliere il diritto che ha una popolazione di armarsi a difesa del proprio paese, diritto oggidì da tutti implicitamente ammesso, ed anzi considerato come un dovere in grazia della generale adozione del servizio militare obbligatorio per tutti i cittadini, e della conseguente ripartizione delle forze in esercito, milizie, riserve di milizie o landsturm, vera espressione quest'ultima della popolazione armata.

2) Il par. 13 definisce i mezzi leciti ai belligeranti per nuocere al nemico, quelli specificati negli alinea b) e c) sembrano così vagamente definiti da lasciar luogo alle più svariate ed ampie interpretazioni. L'importanza dell'argomento esige assolutamente una più precisa definizione, perché in caso diverso il valore della convenzione a questo riguardo sarebbe pressoché nullo.

3) Il par. 14 tenderebbe a consacrare un principio la cui adozione avrebbe una grandissima importanza pel nostro paese in particolare, il quale ha

tante cospicue città litoranee affatto indifese, che, in caso di guerra con una potenza di noi più forte sul mare sarebbero esposte ad ogni genere d'insulti

per parte della flotta nemica.

È necessario di richiamare su questo articolo del progetto tutta l'attenzione dell'incaricato italiano alla conferenza internazionale onde dal canto suo faccia ogni sforzo perché questo principio, ancor meglio definito e precisato che per avventura non lo sia in questo progetto del principe di Gortchakow, venga adottato e sanzionato.

4) Il Capitolo IV (par. 14, 15, 16, 17) tratta degli assedi e dei bombardamenti. Fra le altre, di cui in questo capitolo non è cenno, una quistione abbastanza grave, che importerebbe fosse contemplata da una Convenzione quale è abbozzata nel presente progetto, sarebbe quella di determinare se il comandante di una fortezza o città assediata, ha la facoltà di espellere parte della popolazione per prolungare la difesa economizzando i viveri, e se il Comandante delle truppe assedianti ha il dovere di lasciar passare gli espulsi. Giova sperare che nel congresso che si riunirà a Bruxelles qualcuno porrà innanzi tale questione e si darà ad essa una soluzione qualsiasi. Nel caso che la mozione dovesse partire dal rappresentante del nostro Governo, sembra che la questione potrebbe esser posta nei seguenti termini:

• Quando il difensore di una piazza forte ne espelle gli abitanti non combattenti per poter difendere più a lungo la piazza, una tale misura sarà scusabile se riposa sopra necessità militari. Però l'assediante potrà senza violare le leggi della guerra rifiutare la libera uscita agli abitanti espulsi ed in tal caso l'assediato è obbligato di !asciarli rientrare nella piazza »,

5) Il par. 18 pel modo in cui è redatto e più precisamente per quella frase che dice: « l'individu qui agissant en dehors de ses obligations militaires etc. » pare in contraddizione col contenuto del par. 22. Se anche con uno sforzo d'immaginazione si può giungere ad eliminare questa contraddizione basta una semplice lettura dei due paragrafi per capire che essi hanno bisogno di essere formulati con maggior chiarezza e precisione. L'argomento è importante ed è necessario trattarlo in modo più preciso e meglio definito.

6) Ciò che è detto alla :fine del par. 48, oltre ad essere manifestamente in opposizione col contenuto del par. 52 ha il difetto, pel modo troppo generico dell'esposizione, di lasciare campo alle più svariate e contraddittorie interpretazioni. Interpretato nel senso più lato è disdetto dal par. 52, interpretato nel senso più stretto stabilirebbe un principio che difficilmente potrà essere accettato. Non obbligare la popolazione d'una provincia nemica occupata a prendere le armi contro il suo Governo legale, sta bene, non è soltanto umanitario ma è secondo giustizia, ma non poterla obbligare ad atti di natura tale che possano contribuire a conseguire gli scopi della guerra a danno del proprio paese, sembra assolutamente troppo restrittivo. Perché non si dovranno poter obbligare quelle popolazioni a far lavori di fortificazioni, a riattar strade, ponti, dighe, ecc. ecc.? E così perché non si potranno ad esempio obbligare gli abitanti a servire di guide alle proprie truppe?

Eppure tutti questi sono atti di tal natura che contribuiscono allo scopo della guerra.

Oltre a queste osservazioni lo scrivente si permette far notare che nell'ultimo alinea del par. 10 si trova l'espressione a l'égard des p1·emiers la quale evidentemente deve essere erronea.

(l) Non pubblicato.

404

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1330. Berlino, 10 giugno 1874 (per. il 13).

Le Gouvernement Impérial persiste à ne vouloir se faire représenter à la prochaine conférence de Bruxelles, que par un plénipotentiaire militaire. Ce n'est qu'en agissant de la sorte, qu'on peut s'attendre que les délibérations resteront sur un terrain pratique et ne traineront pas en longueur. Le programme russe est déjà assez vaste, pour qu'on n'évite pas de prolonger la discussion en soulevant de nouvelles questions de principe sur le droit international en temps de guerre. Sous ce rapport, le présence de jurisconsultes ou de diplomates aurait plus d'un inconvénient.

Il a fallu l'invitation formelle de la Russie, pour obtenir l'assentiment du Cabinet de Berlin. D'après l'avis de ce dernier, le temps n'était pas encore venu de donner un plus grand développement à la convention de Genève du 22 Aout 1864, rélative aux militaires blessés sur les champs de bataille. Il avait déjà décliné l'acceptation du projet d'Articles additionnels (20 octobre 1868), ayant pour but d'étendre aux armées de mer les avantages de l'acte de 1864. Les souvenirs de la dernière guerre sont trop récents, les passions sor.t encore trop surexcitées en France, pour qu'il ne faille pas prévoir des obstacles insurmontables à une discussion calme et de nature à produire le résultat désiré d'une entente. Il sera d'ailleurs assez difficile pour le délégué allemand de ne pas rappeler que, dans maints épisodes de la guerre de 1870-71, les français n'ont pas très scrupuleusement observé la convention de Genève. camme si cet accord ne liait que l'Allemagne.

Dans ces circonstances, on aurait préféré ici s'en dégager, ou plutéìt qu'on se contentàt d'en préciser les dispositions, au lieu de leur donner une plus grande étendue. Mais, du moment où le Gouvernement Impérial consent à prendre part aux conférences de Bruxelles, son délégué recevra des instructions qui lui permettront de s'associer, autant que possible, aux mesures les plus propres à porter de nouveaux adoucissements aux maux inséparables de la guerre. Il est évident néanmoins que le Cabinet de Berlin, en se bornant à l'envoi d'un général, tient à marquer que, sans perdre de vue les intérets de l'humanité qu'il s'agit de sauvegarder, il se placera essentiellement au point de vue militaire, et évitera de contracter des engagements qui pourraient trop contrecarrer l'action des armées belligérantes.

Le choix du général qui sera chargé de cette mission n'est pas encore

fait, ainsi que me le disait hier S. E. M. de Bi.ilow. Il n'y sera procédé, que

lorsque les instructions seront pretes.

405

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL FRATELLO GIOVANNI

(AVV)

L. P. 15 giugno 1874.

Prega da parte mia la Perseveranza, e anche se puoi, il Fortis di non pubblicare manifesti di Comitati Triestini. Queste pubblicazioni sono oggi più che mai per noi inopportune e dannose.

406

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2339. Parigi, 15 giugno 1874 (per. il 20).

Il nuovo Nunzio apostolico a Parigi, Monsignor Meglia, dopo aver presentato le sue credenziali al Maresciallo di Mac Mahon, Presidente della Repubblica, inviò, siccome è uso, una circolare ai Capi di Missione accreditati a Parigi per informarli della consegna delle credenziali e del giorno ed ora in cui egli avrebbe avuto l'onore di ricevere i membri del Corpo diplomatico. Seguendo l'esempio già dato del suo predecessore Monsignor Chigi, il nuovo Nunzio non inviò la circolare in questione alla Legazione di Sua Maestà. Io mi astenni quindi dal rendere visita a Monsignor Meglia.

Ne informo, com'è mio debito, l'E. V., prevenendola che l'Ambasciata di Spagna, rappresentata ora da un semplice Incaricato d'Affari, e la Legazione Svizzera non hanno neppure esse ricevuto la circolare del Nunzio.

407

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

D. 149. Roma, 16 giugno 1874.

Il Rappresentante di Germania ebbe incarico dal suo Governo di domandarmi quali decisioni noi avessimo prese dopo la riunione tenutasi a Tunisi il 13 aprile ultimo fra i Consoli delle Potenze per esaminare le proposizioni tendenti ad una riforma organica della giurisdizione civile e penale relativamente agli stranieri.

Mi spiacque di non essere in grado di dare al Signor di Keudell alcuna risposta a questo riguardo. Anzi era quella la prima notizia che io aveva della riunione del 13 aprile della quale non trovai parola nella pregiata corrispondenza di V. S.

,16 -Documenti din1omatici -Serie II -Vol. V

Dappoichè sembra che altri Gabinetti vogliano dar seguito a questo affare, io La prego di volermi tostamente informare dello stato in cui si trova attualmente la quistione tanto per poter rispondere alle domande che mi potessero essere fatte da altri Governi, quanto per poter vedere se sia ormai il caso anche per noi di occuparci di una quistione la quale, malgrado le gravissime difficoltà che offre in pratica non sembra dover essere abbandonata od indefinitamente differita.

408

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

D. 150. Roma, 16 giugno 1874.

Ringrazio V. S. Illustrissima della pregiata sua corrispondenza politica pervenutami regolarmente fino al N. 410 di questa serie inclusivamente.

Ella mi ha successivamente informato dei fatti principali che dopo la caduta di Si Mustafà Kasnadar potevano caratterizzare la nuova Amministrazione della Reggenza.

Ho trovato anche nei rapporti di V. S. la impressione prodotta sul Governo di Sua Altezza dal contegno delle varie potenze e dall'atteggiamento preso, rispetto agli affari Tunisini dalla Sublime Porta Ottomana.

La condotta di V. S. fu quale deve essere in mezzo alle incertezze create dal complesso degli ultimi avvenimenti. Il R. Governo conoscendo la profonda esperienza che ella possiede delle cose di cotesto paese si astenne dal dare a Lei delle istruzioni che avrebbero tolto alla condotta di V.S. quel carattere spontaneo e personale che le circostanze richiedevano.

Anche in oggi riuscirebbe difficile assai il tracciare delle istruzioni, come malagevole riesce ancora fra le competizioni di Ministri rivali e le contraddittorie tendenze che talvolta si manifestano nel Governo di fare delle previsioni sull'avvenire della Reggenza.

Ciò che si può affermare con sicurezza è che lo Stato di codesto paese non è tale da infondere nei Governi che ne desiderano conservata l'autonomia tranquillità e fiducia.

Ella vedrà dalle informazioni che le trasmette il Ministero che lo scambio di comunicazioni avvenuto durante gli ultimi mesi tra l'Italia e le principali potenze interessate ha dato un esito abbastanza rassicurante.

Noi potremmo sinceramente rallegrarcene se la condotta dei rispettivi agenti presso il Bardo fosse stata più conforme alle dichiarazioni dei loro Governi. Ma la rivalità degli agenti per istabilire delle preponderanze esclusive contrarie agli interessi generali delle Potenze sembra smentire nel fatto quell'accordo che stando alle dichiarazioni delle medesime, esisterebbe nelle idee. Alle dimostrazioni succedono altre dimostrazioni; e la presenza del considerevole armamento navale che la Francia ha radunato nel Golfo di Cagliari e che forse a quest'ora ha già toccato la costa Africana, è ben fatta per distruggere gli effetti della missione compiuta dal commodoro prussiano e dalla comparsa della fregata ottomana che impiegò sei mesi per giungere in rada della Goletta. Sopra questa via andando le cose, non potremmo ragionevolmente sperare alcun miglioramento nella situazione riguardo ai nostri interessi. Questi non hanno una vera guarentigia che nell'equilibrio delle influenze che solo può ottenersi con un concerto delle tre potenze principalmente interessate. Quando questo concerto non può essere mantenuto pel fatto di uno dei tre Governi, bisogna che nella stretta unione, e nella concorde azione degli altri due, si cerchino i mezzi di ristabilirlo. Tali sono i riflessi che suggerisce al Governo del Re ciò che da più mesi succede a Tunisi.

Conoscendo la mente del Governo del Re, Ella saprà sempre meglio corrispondere alla giusta aspettazione del medesimo guidandosi secondo le circostanze del momento, colla scorta delle conoscenze che Ella ha del paese e col lume che dà a Lei la lunga esperienza di codesti uomini e di codeste cose.

409

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2340. Parigi, 17 giugno 1874 (per. il 20).

Per poter rispondere alla domanda che l'E. V. volle rivolgermi col dispaccio di questa serie N. 510 in data del 18 maggio ultimo (1), io pregai

S. E. il Ministro degli Affari Esteri di Francia, se n Governo Francese avesse l'intenzione d'inviare un apposito delegato alla Conferenza internazionale, che, dietro proposta del Governo Russo, deve riunirsi nel prossimo luglio a Bruxelles per prendere concerti sopra un progetto di regolamento dei diritti e doveri dei belligeranti.

Pregai pure S. E. il Duca Decazes di indicarmi se il delegato Francese sarà scelto fra gli ufficiali dell'esercito, o della marina ed in quale grado.

Ho l'onore di qui unita trasmettere all'E. V. una copia della risposta che mi fu data in proposito da S. E. il Duca Decazes, il quale con essa mi informa pure che il Governo Francese attenderà la riunione della Conferenza per pronunciarsi sullo schema elaborato dalla Cancelleria Russa.

ALLEGATO.

DECAZES A NIGRA

Versailles, 13 giugno 1874.

Par la lettre que vous m'avez fait l'honneur de m'écrire en date du 25 mai dernier, vous avez exprimé le désir de savoir si le Gouvernement français avait l'intention de se faire représenter à la Conférence, qui va s'ouvrir, le mois prochain, à Bruxelles, à l'effet d'examiner le projet élaboré par la Russie pour régler les droits et les devoirs des Etats belligérants.

Avant de vous répondre, j'ai du me concerter avec mes collègues de la Guerre· et de la Marine. Je m'empresse de vous faire savoir que nous comptons prendre part à cette assemblée et y envoyer des délégués spéciaux. Quant à I'impression que nous avons ressentie des propositions consignées dans le mémorie du Gouvernement Russe, le pian en est si vaste, qu'il nous serait bien difficile d'exprimer un jugement précis. Les principes généraux qui sont mis en avant, reproduisent en grande partie les théories préconisées par un grand nombre de publicistes modernes et ne paraissent pas devoir, pour la plupart, provoquer des contestations sérieuses; mais leur application soulève une série de difficultés pratiques, qui sont de la compétence des hommes spéciaux et sur les quelles nous ne saurions nous prononcer d'avance.

D'ailleurs, nous n'avons pas encore eu le temps de les étudier suffisamment, et, avant de formuler une appréciation, mes collègues, M.M. les Ministres de la Guerre et de la Marine, préfèrent attendre les développements que les auteurs du projet ne manqueront pas de présenter à la Conférence.

(l) Cfr. n. 381.

410

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI

D. s. N. Roma, 18 giugno 1874.

Il Ministero degli Affari Esteri tenendo conto dell'importanza che codesto Dicastero sembra aver dato alle informazioni recentemente avute da Marsiglia sopra le mene dei Borbonici che risiedono in quella città, ed informato inoltre del movimento che si è rimarcato in questi ultimi tempi fra le persone che sono supposte meditare in Italia la restaurazione dei passati Governi, stima opportuno di segnalare la possibilità di far sorvegliare le mene borboniche in Marsiglia a cura del Consolato mediante l'opera d'un agente segreto dal quale vennero appunto fornite le notizie ultimamente trasmesse da quel R. Ufficio. Ma il detto agente segreto non potrebbe essere impiegato utilmente senza una corrisponsione mensile che dovrebbe essergli pagata dal

R. Console Generale e che pare non potrebbe essere minore di L. 150 mensili. Se codesto Ministero vuole sottostare a tale spesa si potrà autorizzare il R. Console Generale di entrare in discorso colla persona di cui si tratta in guisa da assicurarsene i servigi.

Converrebbe però che il Ministero dell'Interno autorizzasse il R. Console a promettere la continuazione dell'assegno mensile almeno sino alla fine dell'anno corrente. Le difficoltà che incontrano i RR. Agenti in Francia di ottenere il concorso delle autorità di polizia locale allorchè si tratta di affari politici e non di ricerca di malfattori ordinarj mettono quei RR. funzionari nella quasi assoluta impossibilità di fare a tale riguardo il servizio che facevano varj anni prima senza aver bisogno di ricorrere ad agenti speciali. Nè certamente l'avere in Marsiglia una persona in grado di segnalare i progetti borbonici può esser cosa superflua mentre a codesto Ministero risulta che varj capi del partito risiedono abitualmente in quella città ed altri di tanto· in tanto vi si recano per scopi ben conosciuti.

411

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. R. 520. Roma, 18 giugno 1874.

Ringrazio la S.V. Illustrissima di avermi informato del colloquio confidenziale avuto con S. E. il Duca Decazes circa i lavori che si eseguiscono per fortificare la frontiera francese verso l'Italia. Le assicurazioni che Ella ebbe da codesto Ministro degli Esteri, conformi allo stato amichevole delle nostre relazioni con la Francia, mi riuscirono molto gradite. Ma nel segnalare a Lei le notizie che ci pervengono sugli armamenti francesi verso il nostro confine, io non intesi mai di provocare in proposito delle spiegazioni da codesto Governo. I miei dispacci tendevano unicamente a far conoscere a V. S. Illustrissima l'importanza che nei paesi pross~mi al confine si annette ai lavori incominciati od ordinati per accrescere le fortificazioni di già esistenti, per crearne delle nuove.

Di tali impressioni, qualunque ne sia il fondamento, il Governo del Re deve tener conto dal momento che non ne ignora l'esistenza. Ed io dovetti naturalmente preoccuparmi di vedere se negli accordi seguiti all'occasione della cessione della Savoia e della Contea di Nizza alla Francia non si fosse parlato anche della questione delle fortificazioni.

Le ricerche praticate nell'archivio del Ministero non mi hanno condotto fin qui a scoprire con certezza ciò che in proposito fu ventilato a Parigi fra il negoziatore italiano ed il Governo dell'Imperatore. Però nella corrispondenza del Conte Nomis di Pollone, primo commissario per le trattative che finirono con la Convenzione del 23 agosto 1860 ho trovato un rapporto indirizzato al Conte di Cavour, dal qual rapporto risulta chiaramente che a quell'epoca la S. V. Illustrissima ebbe ad occuparsi in pa!'ticolar modo della quistione della demolizione del forte di Lesseillon. Potrà essere utile a V. S. di aver sott'occhio una copia del rapporto del Conte di Pollone, epperò io qui la unisco (l) pregando la S.V. di volere dal canto suo fare nelle carte della Legazione le più minute ricerche per potermi minutamente informare di ciò che allo!'a è stato trattato e risoluto.

Ella vedrà che il Conte di Pollone scrivendo al Conte di Cavour gli annunziava che la pratica relativa al materiale di guerra esistente nei luoghi fortificati che passavano alla Francia fosse stata avviata pel canale diplomatico della Legazione in Parigi e che la commissione di cui il Conte di Pollone era il Primo delegato intendeva astenersi di occuparsi in avvenire di quell'affare. Però il Conte Pollone riferiva che, credendosi egli autorizzato a comprendere nei negoziati anche la quistione del materiale delle fortezze aveva fatto una distinzione fra il materiale esistente a Lesseillon e quello che si trovava in altri luoghi fortificati ed avea domandato di poter ritirare tutto indistintamente il materiale di Lesseillon e soltanto i cannoni in bronzo degli altri fortilizi. Tale distinzione era suggerita al Commissario nostro dal sapere (come egli stesso scriveva) che si trovava in via del progetto di demo

lizione della jo1·tezza anzicitata. Ora dagli atti della commissione e dalla convenzione di Parigi del 23 agosto 1860 risulta che la distinzione introdotta nella domanda del Conte di Pollone relativa al materiale dei forti ceduti alla Francia fu alla fine accettata. E questo fatto indurrebbe a credere che se non fu preso un impegno in forma solenne di distruggere Lesseillon, la demolizione di quel forte era almeno stata allora decisa e gioverebbe riconoscere se in qualche guisa di tale decisione sia stata data a noi partecipazione per modo di autorizzare più tardi le nostre osservazioni sulla conservazione o sull'aumento di quelle fortificazioni in tanta vicinanza delle nostre frontiere.

Sembrerebbe poi che nel progetto di estendere le fortificazioni di Grenoble in modo da riunire in un solo sistema tutta la Savoja si tratterebbe di costruire delle fortezze anche in quei distretti della Savoja che sono coperti dalla neutralità Svizzera.

La S. V. Illustrissima ricorda certamente tutte le difficoltà che nacquero all'epoca della cessione della Savoja alla Francia per la condizione eccezionale in cui si trovavano quei distretti. La quistione che sembrava dover acquistare un carattere tale di gravità da non potersi altrimenti risolvere che in un congresso delle potenze che parteciparono al Congresso di Vienna del 1815 fu poi terminata direttamente fra la Francia e la Svizzera in un modo di cui non mi è dato di trovare una indicazione abbastanza precisa nelle carte che ho potuto riunire. Ma la S. V. che, stando in Parigi in quel tempo, ha seguito da vicino tutti quegli affari, potrebbe forse somministrarmi in proposito ogni opportuno ragguaglio. La neutralità del Chiablese e del Faucigny copre infatti vari sbocchi importanti delle valli del Piemonte e quando fu stipulata a Vienna tendeva ad assicurare contro una sorpresa forse più ancora che gli Stati del Re i possessi austriaci della Lombardia. Non è dunque questo un interesse di poca entità ed importa che la questione venga accuratamente studiata dal momento che si parla di fortificazioni che probabilmente si estenderebbero anche nei distretti sovramentovati.

Io aspetterò dunque dalla S. V. tutte le notizie che la memoria che Ella ha dei fatti e la facilità di consultare le corrispondenze esistenti presso di Lei in Parigi Le permetteranno di darmi a questo riguardo.

(l) Non si pubblica.

412

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, 18 giugno 1874.

Un corrispondente di giornali austriaci in Italia che credo anche sia un agente del Press bureau e che viene qualche volta a vedermi, mi disse che, secondo le sue informazioni, l'Imperatore Francesco Giuseppe si sarebbe probabilmente recato prima ai bagni di mare in Scozia, poi nell'agosto, a Gastein dove si sarebbe incontrato coll'Imperatore di Germania, che, infine, c'era pel Settembre o l'Ottobre il progetto d'-..na visita al Re d'Italia. Quando questo

progetto avesse luogo, la visita avverrebbe a Torino o a Firenze. Vista la

qualità del mio interlocutore mi limitai a rispondere con una frase gentile

sul piacere col quale sarebbe accolta dal Re e dal paese la presenza del

l'Imperatore Francesco Giuseppe in Italia. Non so davvero se quanto mi fu

detto abbia un fondamento di realtà. Ma ho voluto farvene avvertito perchè,

nel caso che qualche fondamento vi sia, di certo qualcuno a Vienna ve ne

terrà, o presto o tardi, parola.

Voi sapete, a questo proposito, qual è il nostro modo di vedere, affatto conforme al vostro. Non ho quindi d'uopo di entrare in molti particolari.

Conviene, innanzi tutto, evitare Torino. Una visita fatta esclusivamente

a Torino perderebbe buona parte del suo significato politico, avrebbe aspetto

d'una semplice cortesia personale, darebbe luogo a commentarii da evitarsi.

Tale è pure, ve lo posso affermare, la precisa opinione del Re. A Roma non

vi si può pensare; si comprendono le ragioni per le quali l'insistere su Roma

equivarrebbe a rendere impossibile il viaggio dell'Imperatore, viaggio che,

se compiuto in buone condizioni non può a meno che essere per noi assai

desiderabile.

Se la visita dell'Imperatore d'Austria in Italia deve aver luogo, il nostro intento dev'essere di cavarne la maggiore utilità politica possibile. Questa maggiore utilità possibile sarebbe certo a Roma, ma poichè di Roma non è il caso d'occuparsi, per noi converrebbe meglio Napoli. Voi sapete quali sono le condizioni politiche di Napoli e certo il ricevimento dell'Imperatore di Austria colà fatto dal Re d'Italia, sarebbe una lezione pel partito borbonico, e, colpendo le immaginazioni, eserciterebbe una buona influenza sullo spirito pubblico. Il Re si recherebbe, nelìa seconda metà di Settembre o in Ottobre a Napoli e l'Imperatore coglierebbe quella occasione per recarvisi, imbarcandosi anche a Trieste per Ancona, se vuole evitare le province venete e 1ombarde e non accostarsi a Roma. Napoli sarebbe dunque per noi preferibile. Ma, se per Napoli vi fossero delle difficoltà, forse non superabili, sarebbe ancora meglio accettare Firenze che rinunciare al viaggio o renderne improbabile l'effettuazione.

Per dire il vero, io non ho gran fede nella probabilità di questo viaggio. Ad ogni modo e pel caso che qualche fondamento di verità vi sia, vi ho, ancora una volta, espresso ciò che, dal nostro punto di vista, sarebbe preferibile.

A questo proposito, devo aggiungervi un'altra informazione la quale si collega coll'argomento. Qualche tempo fa, il signor de Keudell, Ministro di Germania, incontrandosi col signor Aghemo gli parlò, perchè riferisse la conversazione a Sua Maestà, della possibilità di una visita dell'Imperatore Guglielmo. Egli Keudell, non aveva ricevuto alcuna istruzione, ma sapeva che l'Imperatore desiderava poter rendere la visita al Re, nulla era ancora deciso, perchè vi era di mezzo la questione della salute del vecchio Imperatore; credeva però che pel suo Sovrano sarebbe stato un imbarazzo il trovarsi nella stessa città dov'era il Papa, avrebbe preferito evitare questa situazione delicata, e quindi la visita avrebbe potuto aver luogo a Torino, Firenze o Na

poli. Sua Maestà, a cui Aghemo riferì il colloquio, mandò a dire a Keudell che la visita dell'Imperatore, qualora la salute glielo avesse concesso, gli avrebbe fatto il più gran piacere, ma che era meglio non trovarsi a Torino, che a lui pareva preferibile il trovarsi nella capitale dei suoi Stati, vale a dire a Roma. Keudell ne parlò quindi anche a me che ero stato informato prima da Sua Maestà e del quale avevo quindi potuto presentire le intenzioni. Il Ministro di Germania mi ripetè che egli non aveva ricevuto da Berlino istruzione alcuna, ma che, siccome doveva recarsi in Germania, desiderava parlare con me affatto confidenzialmente di questo soggetto. Io gli dissi che comprendevo la situazione delicata verso il Pontefice, che questo era un lato della quistione, ma che, dall'altro lato, certo se l'Imperatore non avesse evitato Roma, l'effetto della sua visita sarebbe stato, nell'opinione generale degli italiani, anche più completo e maggiore. Gli suggerii la possibilità di una visita che sarebbe cominciata a Firenze e avrebbe compreso Roma e Napoli, in modo che la dimora a Roma diventando assai breve, sarebbe stata grandemente attenuata la difficoltà a cui egli mi faceva allusione.

Ho voluto informarvi, sempre nel mondo delle ipotesi, anche di questa possibile coincidenza. Quanto all'epoca Keudell mi accennò al mese d'ottobre, come all'epoca più probabile. Certo, sotto un certo punto di vista, la simultanea presenza a Napoli dei due Imperatori, sarebbe per noi una buona combinazione per l'effetto morale. Ma basta rifletterei un istante per comprendere tutte le ragioni per le quali l'Imperatore d'Austria eviterà invece la coincidenza che .potrebbe riuscirgli, sotto più aspetti, imbarazzante e poco grata. Del resto le parole di Keudell non mi autorizzano a considerare il viaggio del suo Sovrano come cosa concreta e determinata.

413

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Roma, 18 giugno 1874.

Or fa qualche tempo, il Conte Wimpffen venne a vedermi, mi disse di aver ricevuto una lettera particolare del Conte Andrassy (1), di cui mi avrebbe dato lettura, pregandomi a considerare questa comunicazione come una pro

' « Des rapports provenant de différentes sources nous ont signalé le parti pris avec lequel certains journaux italiens s'attachent à encourager les espérances de quelques mécontens à Trieste et dans le pays de Trente.

, L'entretien que Vous avez eu récemment avec M. Visconti Venosta à ce su,iet dont Vous me rendez compte dans Votre lettre particulière du 18 Avril, m'en offrant l'occasion, j'en profite pour Vous indiquer mes vues à ce sujet.

Je suis bien convaincu de la réprobation que rencontre et que rencontrera à l'avemr, tant chez le Roi que chez ses Ministres. toute velléité d'annexion et nous ne pouvons qu'ètre reconnaissans au Gouvernement italien de l'empressement qu'il a mis à désavouer toute

agitation dans ce sens.

Il ne m'en para\t pas rnélins conforme à notre intérét mutue! de r:élus entenare pour empècher un mouvement soutenu par une partie de la presse italienne et do!lt un cles plus

va dell'intera fiducia del suo Governo e in particolar modo dell'Imperatore nel Governo italiano. La lettera si riferiva a Trieste e a Trento e alle pubblicazioni che, in proposito, erano state fatte da alcuni giornali italiani. In questa lettera si diceva di aver piena fede nella lealtà del Governo italiano; si esponevano le ragioni per cui, tolta di mezzo la situazione del 1859 e del 1866, oggi la base delle relazioni fra l'Austria e l'Italia sta nelle circoscrizioni territoriali stabilite dai trattati; si svolgevano molte considerazioni per provare che l'Aust!."ia non avrebbe mai potuto entrare nella via delle delimitazioni etnografiche che costituivano un principio troppo pericoloso per l'Austria e per tutta l'Europa; si affermava che non v'era in ciò l'ombra di un rimprovero verso Sua Maestà e i suoi ministri e si faceva appello a noi perché, nei limiti del possibile, si cercasse di imprimere allo spirito pubblico in Italia, una direzione conforme ai vincoli d'amicizia esistenti fra essa e l'Impero suo vicino.

grands inconvéniens est de fournir des armes au parti qui ne voit pas de bon oeil des

rapports d'amitié se consolider entre l'Autriche Hongrie et l'ltalie.

En traitant ce sujet avec les hommes d'Etat italiens, il me semble opportun que nous

nous placions, non à notre point de vue, mais à celui de l'ltalie. C'est donc ce còté de la

question que je tiens à éclaircir dans les observations qui vont suivre.

Le parti exalté en ltalie en espérant obtenir un remaniement territorial à nos dépens,

semble confondre la situation telle qu'elle existait lors de l'achèvement de l'unification de

i'Italie avec celle qui existe aujourd'hui.

Du temps où l'Empereur Napoléon était sur le tròne et prètait la main aux aspirations

nationales, lorsque l'Autriche se trouvant isolée, sans alliances, en face d'une Prusse mal

disposée et d'une Russie encore irritée de notre attitude pendant la guerre de Crimée, était

obligée de défendre contre le sentiment national !es provinces qu'elle possédait en Italie, il

n'était pas difficile de provoquer une croisade contre l'occupation étrangère qui, soi-disant

foulait le sol de la patrie, et le mot d'ordre de l'Italie libre jusqu'à la mer pouvait enflammer

les esprits mème au dehors de la Péninsule.

De tous !es moteurs qui alimentaient alors ce mouvement, il n'en existe plus aucun. U

n'est pas nécessaire d'entrer dans des explications détaillées pour faire voir que la situation

est changée de fond en comble.

L'Autriche-Hongrie, de son còté ne songe pas à revendiquer ses anciennes possessions

italiennes.

Aujourd'hui !es relations des deux pays reposent sur la reconnaissance mutuelle des circonscriptions territoriales telles qu'elles sont établies par !es traités. Bien ou mal tracées, le respect des frontières existantes doit ètre la base invariable du maintien des bons rapports entre !es 'leux ;;>ays. Si un parti quelconque, sous prétexte d'une communauté de langue, voulait demander la cession du Tyrol méridional ou d'une portion de notre littoral l'AutricheHongrie ne serait elle pas tout aussi fondée à réclamer le Quadrilatère, comme étant indispensable à la bonne défense de son territoire? Revenir sur cette question, ce serait donner raison d'avance au droit du plus fort.

En présence d'une situation aussi complètement changée, la persistance d'une agitation telle que le Gouvernement Impérial et Royal avait à la combattre autrefois, n'est plus motivée

n.i par les besoins ni par les intéréts de l'Italie.

Malgré cela, il n'est pas rare encore de voir se produire des opinions qui dénotent une

tcndance à méconnaitre l'inviolabilité de l'état territorial nouveau. Certains journaux surtout

semblent prendre à tache de caresser !es velléités de ceux qui regardent d'un oeil de convoitise telle contrée située en deça de nos frontières. Quelques uns de ces journaux, il est vrai, font appel, non pas à une solution par la force, mais à un arrangement à l'amiable. Mais mème dans cette voie -ai je besoin de le dire? -nous ne pourrions consentir à une modification de l'ordre de choses consacré par les traités. Ce qui nous en empècherait, c'est avant tout le principe mème qui serait mis en cause. Le jour où un pareil remaniement sur la base d'une délimitation ethnographique serait admis par nous, des prétentions analogues pourraient ètre élevées par d'autres et il serait presque impossible de !es repousser. Nous ne saurions en effet céder à l'Italie des populations qui se rapprochent d'elle par la langue, sans provoquer artificiellement chez !es nationalités placées aux frontières de l'Empire un mouvement centrifuge vers des nationalités-soeurs avoisinant nos Etats. Ce mouvement nous mettrait dans l'alternative de nous résigner à la perte de ces provinces, ou bien, toujours suivant le système des nationalités d'incorporer à la Monarchie Jes contrées limitrophes.

Admettre un principe pareil, ce serait donc ou sacrifier l'intégrité de la Monarchie ou ètre forcé à dévier de la politique de conservation de la paix et du statu quo que nous suivons dans notre intérèt autant que dans celui de l'Europe en général.

Se figure-t-on d'ailleurs, où mènerait l'idée des frontières ethnographiques, en supposant qu'elle pùt se généraliser en Europe? Si un débat de mème nature s'élevait entre l'Autriche-Hongrie et J'Allemagne, où serait le point d'arrèt et n'y aurait-il pas là une >auree de conflits, des plus graves? Qu'arriverait-il si des revendications analogues se pr?d~i~aient er>tre l'Allemagne et la Russie, entre !es races slaves enclavées dans le terntmre allemand Iui-mème entre !es populations de diverse origine qui habitent l'Empire Ottoman,

43.3

Per verità, le considerazioni lungamente svolte sulle teorie dei principii etnografici mi pareva che non potessero rivolgersi che al Governo italiano, poichè non potevano certo con qualche frutto rivolgersi agli autori dei deplorabili manifesti triestini che si pubblicano tratto tratto dai giornali. Constatai dunque col Conte Wimpffen che non v'era alcun lamento formulato contro di noi, perchè ho la piena coscienza della completa lealtà della nostra condotta e delle nostre intenzioni. Del resto dissi al Conte Wimpffen che mi pareva che si desse troppa importanza a degli articoli di giornali che avevo deplorato, ma che non rispondevano a nulla di veramente serio e fondato nella direzione dello spirito pubblico del nostro paese. La politica che seguono i Ministri del Re verso l'Austria, politica di relazioni che desideriamo di rendere sempre più amichevoli et intime incontra forse qualche ostacolo nella opinione pubblica italiana? Il Conte Wimpffen poteva essere testimonio ch'essa era invece una politica favorita dall'opinione generale e popolare in Italia. Ora gli italiani hanno abbastanza buon senso per comprendere che non v'è amicizia senza fiducia e senza sicurezza e che non v'è fiducia e sicurezza, quando non si ammettono le reciproche condizioni territoriali e si :reclamano più o meno apertamente delle province e dei territori. Ponendo una sordina a questi reclami si possono ancora avere dei rapporti regolari,

et qui, fractionnées et mélangées comme elles le sont, forment les configurations territoriales les plus bizarres et les plus rebelles à tout tracé de frontières rationnel?

Evidemment, la guerre de tous contre tous ne tarderait pas à naìtre de ces discussions. Un travail de décomposition et de reconstitution, tel que le rèvent certains utopistes, ne ferait donc qu'ouvrir l'arène à des compétitions sans nombre et compromettrait ainsi le repos et la sécurité générale.

Certes, le courant moderne d'où sont sorties les grandes agglomérations nationales a eu sa raison d'etre; mais si aujourd'hui qu'elles sont constituées, on prétendait reprendre ce travail en sous-oeuvre et poursuivre jusque dans ses moindres détails l'application de l'ethnologie à la politique, on mettrait imprudemment en question l'ordre européen enfanté à travers tant de douleurs et on évoquerait le chaos.

Les hommes d'Etats qui se trouvent aujourd'hui au pouvoir en Italie sont trop éclairés pour qu'il faille entrer avec eux dans de plus amples explications sur ce sujet. Aujourd'hui qu'il n'existe en Autriche-Hongrie aucun parti important qui aspire à revendiquer les anciennes possessions italiennes de l'Empire; aujourd'hui que tout le monde chez

nous, oubliant le dissentiment du passé reconnaìt l'Italie unie, telle qu'elle existe actuellement

comme une garantie essentielle de la paix et de l'équilibre européen, aujourd'hui ce quel'Italie pourrait encore vouloir s'approprier à nos dépens, ne saurait avoir pour elle une

valeur cornparable aux avantages que lui assure sa bonne entente avec la Monarchie austro

hongroise. J'ai la conviction que S. M. le Roi, de meme que ses Conseillers abondent dans ce sens. Aussi n'y a-t-il pas l'ombre d'un reproche à leur adresse dans les observations ,que je viens de faire. Si j'insiste là dessus, c'est uniquement pour les engager à se joindre à nous dans le but de combattre avec ensemble les dangers résultant des agitations annexionnistes pour le maintien des bons rapports entre les deux pays.

Nous sommes loin de demander au Gouvernement italien des garanties contre ces menées; notre Monarchie trouve dans ses propres forces le remède contre le mal qu'elles pourraient causer. Nous ne songeons pas non plus à imputer au Gouvernement du Roi le langage de la pres.;e indépendante; nous savons par expérience combien il serait déraisonnable de vouloir s'en prendre aux autorités d'un pays de toutes les aberrations des journaux qui s'y publient. Tout ce que nous désirons c'est que les Ministres italiens, dans la mesure de l'influence qu'ils sont à meme d'exercer sur certains organes, veuillent bien s'employer à faire cesser les agitations dont il s'agit. J e pense qu'il suffira· d'attirer leur attention sur les considérations que je viens de signaler pour qu'ils avisent aux moyens d'imprimer à l'esprit public une direction conforme à la situation nouvelle.

Quant aux organes officiels ou officieux, il me semble nécessaire que le Gouvernement, sans recourir à une intervention ostensible, qui nous serait meme peu agréable, mais dans D.es voies strictement confidentielles, leur recommande d'éviter soigneusement tout ce qui pourrait faire naitre des embarras au Gouvernement italien lui-meme.

Nous serions bien reconnaissants aussi au Gouvernement du Roi s'il voulait nous aider à découvrir les promoteurs et les intermédiaires de la propagande annexionniste, afin de réprimer des manoeuvres préjudiciables aux intérets des deux Etats.

Pour notre part, nous n'hésiterons pas à faire ce qui paraitra nécessaire pour couper court à ces agitations sur notre territoire, et nous ne demandons qu'à étre secondés dans l'accomplissement de ce devoir par le Ministère italien dans les limites que je viens d'indiquer.

Veuillez, mon cher Comte, Vous énoncer confidentiellement dans le sens de ces explications vis-à-vis des Ministres du Roi, toutes les fois que l'occasion s'en présentera •·

ma noi desideriamo di più, desideriamo che la buona intelligenza e la sicurezza dei rapporti diventino fra l'Italia e l'Austria una tradizione politica, e non si mettono le basi di queste tradizioni sollevando degli interessi contraddittorii. Ora questa politica non era solo quella del Gabinetto attuale, ma sa

.rebbe stata anche quella di ogni altro perchè ne erano garanti la volontà del Re, la ragione e la logica degli interessi quale era compresa generalmente nel nostro paese. Dissi al Conte Wimpffen che voi mi avevate scritto d'aver tenuto discorso di ciò col Conte Andrassy e che vi eravate spiegato molto carrément, colla franchezza di un gentiluomo e di un soldato. Io avevo fatto spedire il vostro dispaccio al nostro Console a Trieste ricordandogli che considerasse il vostro linguaggio come l'espressione delle vedute del Governo e come il riassunto delle sue istruzioni. Quanto ai giornali dissi al Conte Wimpffen ch'egli sapeva come, nel nostro paese, il Governo non esercitava su essi una grande azione, e che avrei fatto quanto potevo nei limiti ristretti che mi erano concessi.

Avendomi Wimpffen pregato di mostrare la copia che aveva seco d1 questa lettera al Presidente del Consiglio, io credetti bene di porla sotto gli occhi di Sua Maestà. Il Re mi incaricò di dire al Conte Wimpffen ch'egli mi aveva espresso la sua precisa intenzione che il suo Governo facesse quanto gli era possibile per soddisfare i desiderii che gli erano manifestati, per consolidare sempre più le buone relazioni fra l'Italia e l'Impero Austro-Ungarico e far sì che i sentimenti dell'amicizia e della fiducia presiedessero sempre ai loro rapporti. Il Conte Wimpffen mi parve assai soddisfatto che il Re avesse voluto fargli giungere delle dichiarazioni ch'egli si sarebbe affrettato di portare a notizia dell'Imperatore.

(l) Si pubblica qui in nota la lettera di Andrassy a Wimpffen che reca la data del 24 maggio (AVVJ :

414

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI

D. s. N. Roma, 20 giugno 1874.

La direzione di pubblica sicurezza del Belgio ha saputo che, secondo rapporti giunti al così detto Consiglio federale dell'Internazionale a Bruxelles. le sezioni jurassiane propongono di mettere in discussione al congresso internazionale che deve tenersi in Bruxelles nel settembre prossimo, le due quistioni seguenti:

l) Dell'azione politica dell'associazione; 2) proposta di pubblicare un manifesto diretto a tutte le Corporazioni d'Europa.

La R. legazione a Bruxelles avendo comunicato queste notizie in aggiunta a quelle mandate or sono pochi giorni sopra l'importanza dell'associazione internazionale, il sottoscritto le partecipa a codesto Ministero al quale le medesime possono interessare.

415

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, CADORNA

D. 208. Roma, 23 giugno 1874.

Prima che V. E. approfitti del congedo domandatomi, desidererei che Ella avesse un colloquio con Lord Derby sulle presenti condizioni della Tunisia. Ella vedrà dalle corrispondenze di cui Le mando copia, che lo stato delle cose in quel paese non è molto rassicurante per gli interessi che all'Italia ed all'Inghilterra stanno ugualmente a cuore. Il Ministero Tory ha dimostrato altra volta di preoccuparsi della situazione che creerebbe un eventuale ingrandimento dei possessi francesi in Africa fino a comprendere i porti militarmente molto importanti dì cui difetta l'Algeria. Desidererei pertanto che l'E. V. senza troppo insistere, portasse il discorso con Lord Derby sopra questo oggetto e procurasse così di informarmi delle impressioni attuali di codesto Ministro.

416

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, CADORNA

D. 209. Roma, 23 giugno 1874.

Dalle corrispondenze scambiate circa la riforma giudiziaria progettata dall'Egitto, la E. V. è già stata informata dell'atteggiamento preso dal Governo britannico rispetto a quest'affare. Come risulta abbondantemente dai documenti di cui Ella ebbe copia litografata, il Governo della Regina ha approvato il progettato riordinamento delle giurisdizioni esistenti per gli stranieri in Egitto, e non sembra fare alcuna difficoltà all'applicazione anche immediata della riforma di cui si tratta. Recentemente però il Console Generale di S. M. Britannica avendo provocato dal Governo del Khedive una dichiarazione sulla posizione che sarebbe fatta dopo l'attuazione della riforma anzidetta agli stranieri i Governi dei quali non avessero ancora accettato il nuovo regime, il primo Ministro del Vicere fece una risposta che io stimo opportuno sottomettere riservatamente all'esame di V. E. Benché a nostro avviso tale risposta contenga più che altro una di quelle minacce che un Governo non potrebbe, neppur volendolo, eseguire in tutta la sua estensione, io stimerei necessario che da noi si sapesse se a quel documento tennero dietro altre comunicazioni scambiate fra il Governo inglese e quello del Khedive. Io gradirei moltissimo di conoscere inoltre l'impressione che produce in Lord Derby lo stato attuale di questa quistione che interessa vivamente l'Italia.

Il Ministro Guardasigilli che dal canto suo ha studiato l'importanza che potrà avere nei rapporti colla nostra legislazione la radicale modificazione che l'Egitto vorrebbe introdurre nei suoi ordinamenti giudiziari, m'invita a pregare V. E. di raccogliere delle informazioni precise per sapere se il consenso che l'Inghilterra ha già dato alla riforma giudiziaria dovrà essere sanzionato da un atto del potere legislativo della Gran Bretagna. In Germania si è ritenuto necessario un progetto di legge per autorizzare le modificazioni nella

.giurisdizione consolare che sono la naturale conseguenza del nuovo ordinamento giudiziario da attuarsi in Egitto. Venutosi incidentalmente a parlare in seno dell'Assemblea francese di questo soggetto, pare che il potere esecutivo abbia promesso d'interrogare a tempo opportuno la rappresentanza legislativa del paese. L'esempio dell'Inghilterra non cessa però malgrado questi precedenti, di avere agli occhi nostri un grandissimo valore, ed io mi affido in V. E., per avere in proposito una relazione quale la particolare competenza di Lei in queste materie me la fa sperare.

417

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 225. Berna, 24 giugno 1874 (per. il 27).

Il Consiglio Federale manderà alla Conferenza di Bruxelles il Signor Colonnello Hammer, Ministro della Confederazione a Berlino, il quale vi anderà solo.

Si sarebbe voluto da alcuni mandare colà il Colonnello Welti che è il vero creatore del presente stato militare della Svizzera, ma non è parso alla maggioranza dei suoi Colleghi di dover inviare alla Conferenza uno dei componenti il Consiglio Federale e molto meno chi sarà fra breve chiamato ad occupare la carica di Presidente della Confederazione.

Il Signor Hammer che ha accettato l'incarico, prima di recarsi nella Capitale del Belgio verrà a Berna per intendersi col Presidente del Dipartimento Politico e del Militare per riceverne le opportune istruzioni.

Il Consiglio federale, come già lo feci presentire all'E. V., non ha alcuna fede nell'esito della Conferenza. Il suo Delegato non vi farà però alcuna proposta, se non forse quella di chiudere gli atti della Conferenza di Ginevra.

418

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 283. Vienna, 24 giugno 1874 (per. il 28).

Il 22 corrente il Nunzio di Sua Santità presso S. M. Apostolica colse l'opportunità dell'ebdomadaria udienza del Conte Andrassy per portare sommariamente a di lui conoscenza la nuova protesta, formulata dal S. Padre contro la presa di possesso dei suoi Stati per parte del Governo Italiano, nell'occasione in cui riceveva le felicitazioni del Sacro Collegio pel 28° anniversario del suo avvenimento al Trono. Questa comunicazione tendeva a parer mio a dar a quella protesta una importanza maggiore di quella che poteva avere un atto compiutosi quasi in famiglia nell'interno del Vaticano. Non mi trovo però in grado di dire, se il Nunzio abbia manifestato di aver avuto incarico di ciò

fare oppure no. Giudicando dalle apparenze riterrei anche possibile ch'Egli abbia agito d'iniziativa propria, poiché certamente Monsignor Jacobini non

pecca per astensione ed anzi potrebbe correre il rischio di pregiudicare assai

la sua posizione qui col molto movimento che si dà, ove il non poco ingegno,

di cui da quanti lo avvicinano mi viene assicurato egli è dotato, non facesse

sì, ch'egli s'accorgesse in tempo Vienna essere terreno, in cui molta riserva

nelle situazioni difficili è più che ovunque necessaria.

Da quanto mi risulta, il Conte Andrassy non avrebbe altrimenti risposto

in questa circostanza al Nunzio che col tributare elogi all'eloquenza di cui il

Santo Padre sempre dà prova nei suoi discorsi.

419

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 226. Berna, 26 giugno 1874 (per. il 29).

La Confederazione si trova oggi interamente nelle mani della parte Radicale, che per la riforma della Costituzione federale, si è impadronita di tutta la Svizzera: così si dica del più gran numero degli Stati Confederati; i Cantoni conservatori essendo ora in minoranza nel campo federale e spesso agitati essi stessi internamente da una forte mano di radicali che vi tempera potentemente l'azione politica dei loro Governi sul resto del Corpo elvetico, accade, che quando si hanno a fare qui indagini in un interesse conservativo, non riescano d'ordinario che imperfettamente, sopra tutto poi quando sieno fatte a richiesta dell'Estero e ciò ha luogo malgrado il desiderio che pure avrebbe il Consiglio Federale di soddisfare il Governo richiedente.

La Potestà esecutiva della Confederazione non ha ufficiali propri in nessun punto del territorio, per guisa che l'esecuzione degli ordini federali si devolva necessariamente ai Governi Cantonali, i quali a loro volta sono obbligati di affidarla ad impiegati e ad agenti subordinati, che per lo più non hanno eletti e sono spesso loro imposti dalla parte dominante nel rispettivo Cantone. Non è qundi da meravigliarsi se la volontà dell'Autorità Federale, dovendo traversare il mezzo cantonale, si stemperi e perda spesso ogni efficacia prima di raggiungere il suo oggetto.

Negli archivi di codesto Ministero, esiste una serie di Rapporti, in cui, spiegando l'organismo politico di questo paese, confermo antcipatamente i riflessi coi quali comincia l'ossequiato dispaccio di questa serie N. 128 in data del 9 maggio ultimo scorso (1), con cui, a nome del R. Ministro dell'Interno, mi si ordina di fornire adeguati ragguagli sopra il Congresso della Società Internazionale, che doveva tenersi in Zurigo. Quei miei Rapporti avevano principalmente per scopo di spiegare, come i Governi esteri che non abbiano qui, in contatto e quando occorre, in dipendenza delle rispettive legazioni, agenti speciali idonei ed onesti -doppia qualità che non è agevole trovare negli uomini cui si deve affidare simigliante uffizio -difficilmente potranno acquistare una cognizione esatta delle macchinazioni che si possono qui imprenderea loro danno.

Fortunatamente, dopo la morte del Mazzini, importa mediocremente al R. Governo di sapere quanto possan fare i successori di lui in questo paese, dove non godono di nessun credito e non hanno attinenz.e importanti di sorta alcuna, nè coll'Italia, nè cogli altri Stati. Per ciò poi che si fa in pubblico, la stampa, che è in tutti i Cantoni interamente libera, basta ad informare, non che la Svizzera tutta ed i vicini di lei, sugli intendimenti e sull'opera delle Società rappresentate nei Congressi che si tengono annualmente, ora in un Cantone, <>ra nell'altro; onde sia che quando i diari dei diversi colori non si occupano di simili adunanze, si possa con sicurezza argomentare della poca importanza, così delle persone che vi sono intervenute, come delle deliberazioni che vi si son prese.

La lega dei lavoratori svizzeri che doveva riunirsi in Congresso a Zurigo e che, attesa l'opposizione del partito conservatore, che ha il suo centro in quella città, fu costretta ad adunarsi a Winterthur, in cui vuolsi ravvisare la cittadella della parte radicale, ora politicamente preponderante nel Cantone, e che perciò si trova in perpetuo antagonismo colla sua illustre rivale. Non ho trovato che un giornale radicale tedesco, il Land Cote di Winterthur, ed un conservatore la Zuscher-Presse, che abbiano, per così dire contraddittoriamente, reso conto degli atti del Congresso. Il resto della stampa svizzera tedesca e francese, non ha fatto sembiante di accorgersi di tale assemblea. Risulta dai precitati due diari, come altresì da riscontri privati e da informazioni pervenute al dipartimento federale di Giustizia e Polizia, che l'Assemblea di cui si tratta, era composta unicamente di operai Svizzeri, i quali, a quanto si afferma, non avrebbero relazione alcuna coll'Internazionale in generale e molto meno colla Sezione del Giura. Vi fu respinta invero nella seconda tornata, sul consiglio del Presidente, la proposta di ordinare la Lega dei lavoratori Svizzeri secondo i principii e sulle basi dell'Internazionale: non si deve però inferire da ciò che la lega non propenda per molte delle sue dottrine e aspirazioni verso quelle che sono apertamente professate dalla Società di cui respinse testè l'ordinamento.

Che non si sia trattato, in questo Congresso, di dove erano esclusi gli Stranieri, se non degli interessi riguardanti gli operai Svizzeri, appare chiaramente da ciò, che fra le proposte messe a partito e vinte a grandissima maggioranza, vi era quella di ricorrere in via di petizione alla Potestà Federale per ottenere che alcuni dei desiderati principali dell'adunanza, fossero per mezzo della pubblica autorità ridotti in atto.

La Zuscher Presse riconosce essa stessa che la Lega dei lavoratori svizzeri non ha il carattere, che da alcuni gli si è voluto attribuire. Il fatto però che il Congresso era presieduto da un certo Gutsmann d'origine tedesca che comecchè naturalizzato svizzero, appartiene personalmente all'Internazionale, mi lascia incerto sugli intenti veri di coloro che conducono la maggioranza della lega, e questo mio dubbio s'afforza, se considero l'attitudine osservata dagli operai conservatori di Zurigo in quest'occasione.

Il Presidente della Confederazione, cui non lasciai ignorare i miei sospetti, cercò in prima di dissiparli e senza negare ciò che vi ha di grave per l'avvenire nelle tendenze presenti delle classi operaie, mi disse poi che quando pure i miei sospetti fossero certezza, egli considerata l'indole propria del po

polo svizzero stimava non fosse ora il caso di inquietarsene oltre misura. Mi

ripetè quindi quanto mi era già stato asserito dai suoi predecessori e confer

mato dai miei colleghi del Corpo Diplomatico, che eccettuato l'Italia, nessuno

degli Stati vicini avevagli finora manifestato la menoma sollecitudine intorno

all'estensione che l'Internazionale sembrava prendere in Svizzera.

Questo alto Magistrato aggiunse quindi che egli faceva gran capitale delle amichevoli comunicazioni che a questo proposito gli venivan dal Governo Regio e che il Consiglio Federale farebbe per quanto gli sarà possibile, nello stato presente delle relazioni fra i due paesi, al fine di premunire contro le imprese dell'internazionali svizzeri, le popolazioni del regno, tutti i provvedimenti compatibili colla costituzione del paese.

Il Signor Schenk che conosce personalmente il Bakounine, non crede che gli italiani, intelligenti come sono, possano mai prendere sul serio questo vecchio maniaco: nè stima, malgrado gli sforzi che essi fanno per parer qualche cosa, gli internazionali del Giura meritino per alcun modo l'onore che ora fa loro l'Italia.

Con un secondo dispaccio riservato di questa serie N. 130 in data del 26 maggio scorso (1), l'E. V. mi raccomandava di fare conoscere al Consiglio federale, i nomi di certi agenti pericolosi della sezione del Giura Bernese, che dovevano trovarsi a Losanna, di dove stavano per trasferirsi in Italia al fine di eseguirvi una commissione dell'Internazionale e fra i quali ve n'era uno che sembrava implicato in una congiura contro la vita del Re. Questa mia denunzia ha dato luogo a diversi colloqui tra me e il Signor Ceresole e ad un carteggio tra il Dipartimento federale ed il Governo del Cantone di Vaud, poichè quantunque il Consiglio federale non credesse che vi potessero essere cospirazioni contro la vita di Sua Maestà voleva mostrare l'animo suo verso il nostro Sovrano, attivando le ricerche destinate a scoprire il cospiratore denunziato. Le ricerche ordinate dal Cantone di Vaud, rispetto ai tre nomi precitati, riuscirono infruttuose; e sopra un secondo uffizio del Signor Ceresole, le autorità di questo Cantone finirono per replicare che loro constava che le persone designate non erano mai state nel paese di Vaud.

Denunziai pure con particolare Promemoria, la circolare della sezione centrale italiana dell'associazione internazionale dei lavoratori avente sede a Ginevra, che andava unita al dispaccio politico n. 132, speditomi dall'E. V., il 7 giugno 1874 (2) e trattandosi qui di un fatto positivo, ho insistito perché si avessero a prendere, rispetto ai segnatari di questo documento, i provvedimenti necessari per impedire che costoro, abusando dell'asilo che loro è accordato, si facciano a spargere in Italia le loro dottrine tendenti a provocare il malcontento nelle classi inferiori e ad eccitarle a rivoluzioni contro l'ordine sociale stabilito.

Le indagini ordinate per ciò dall'Autorità federale non sono ancora compite. Il Dipartimento di Giustizia e Polizia ha fatto presso il Governo di Ginevra nuovi eccitamenti per sollecitare le ordinate ricerche. Appena co!lo:::cerò la risposta del Governo ginevrino mi darò cura d'informarne l'E. V.

(l) Non pubblicato.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 401.
420

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 324. Roma, 27 giugno 1874.

Alcune settimane or sono, il Ministro di Germania è venuto a chiedermi quali istruzioni il Governo di Sua Maestà avesse dato al suo Agente a Tunisi in seguito alla riunione dei Consoli di tutte le Potenze che avea avuto luogo nel mese di Aprile per ripigliare in esame il progetto di una riforma giudiziaria nella Reggenza.

V. S. troverà nei documenti comunicati anche a codesta Legazione da vario tempo, i dati necessari per sapere che il suaccennato progetto, senza essere stato in modo assoluto respinto, non avea però ottenuto grandi simpatie e poteva anzi quasi considerarsi come abbandonato.

Il Signoo Commendator Pinna non mi avea riferito intorno alla ripresa del progetto in discorso ed io mi trovai nell'impossibilità di dare al Signor· di Keudell le informazioni che egli dimostravasi desideroso di avere.

Scrissi però immediatamente a Tunisi per sapere in quale stato si trovassero le pratiche relative all'affare in discorso e dalle notizie che ho ricevuto ieri mi è dato di vedere che la questione non sembra aver fatto alcun passo decisivo verso una soluzione pratica.

Però il progetto che il Governo Tunisino presentò nella anzidetta riunione dei Consoli, modifica sostanzialmente le prime sue proposizioni sullo stesso oggetto. Così modificato il progetto del Bey offre, a nostro avviso, una base per le future trattative.

Acciocché Ella possa formarsi un'idea esatta di tale progetto, ne unisco una copia a questo Dispaccio. Giova notare che a Tunisi la massima che la giustizia emana dal Sovrano è applicata in tutta la sua primitiva forma. È davanti al Bey che gli Agenti delle Potenze reclamano direttamente giustizia per i cittadini del loro paese. Né la giustizia, né la politica guadagnano dalla quotidiana confusione che risulta dell'una cosa coll'altra nelle relazioni degli Agenti esteri col Bey. Le osseovazioni esposte dal Generale Kereddin circa gli inconvenienti del sistema attuale sono giustissime; sarebbe desiderabile che si trovasse un mezzo di farli cessare. Questo mezzo però non ci è ancora presentato dalle proposizioni fatte dal Bardo. Delle tre instituzioni progettate dal Governo tunisino quella che solleva minori difficoltà è quella del Tribunale di prima istanza. Questo tribunale sarebbe foggiato sopra quelli detti di Tidjiaret che furono instituiti d'accordo coi Governi esteri in tutta la Turchia, colla differenza però, che, sia per la composizione sia per la maggioranza di giudici europei, il Tribunale di prima istanza a Tunisi presenterebbe allo stramero maggiori guarentigie. Il R. Agente non fa a questa instituzione che una sola obbiezione. Egli dice che la creazione di questo Tribunale non sarebbe benevisa dalla Colonia europea e che conseguentemente non si troverebbero dei negozianti rispettabili che vorrebbero addossarsi l'incarico di sedere come giudici.

Le proposte relative alla formazione d'una Corte d'Appello e soprattutto poi quelle riguardanti la composizione della Commissione provvisoria offrirebbero, a nostro avviso, delle difficoltà di massima molto più gravi. Anche la pratica esecuzione di quella parte del progetto relativa a queste due istituzioni incontrerebbe un ostacolo insuperabile nella circostanza che anche fra le Potenze che hanno maggiori interessi nella Tunisia, alcune, come per esempio la Gran Bretagna, non hanno un magistrato dell'ordine giudiziario applicato al Consolato e non sarebbero probabilmente intenzionate di prendere l'impegno di averlo.

Il Console Generale d'Inghilterra ha cionondimeno dichiarato alla riunione che ebbe luogo in Tunisi di accettare tal quale è la proposta tunisina. Il

R. Agente invece, e con lui quello d'Austria-Ungheria e di Francia, vi hanno soltanto aderito in massima, ed il Governo del Re approverà la condotta del suo Agente.

Questi m'informa che i suoi Colleghi di Allemagna, di Russia e dei Paesi Bassi si tennero in riserva mancando essi d'istruzioni.

Naturalmente il progetto tunisino non può essere considerato altrimenti che come una base per futuri negoziati. In esso non si parla della competenza delle instituzioni giudiziarie che si vorrebbero creare. È invece a questa parte che maggiormente importerebbe di aver occhio se il progetto dovesse avere ulteriore sviluppo. A tale riguardo, il Governo del Re non sarebbe d'opinione che convenga ammettere novità. I limiti della competenza consolare non dovrebbero essere modificati pel fatto della istituzione dei nuovi Tribunali locali ed è anzi sotto l'espressa riserva della conservazione dello stato attuale di cose in materia di competenza, che io intendo autorizzare il R. Agente ad intervenire alle altre riunioni che potranno aver luogo per meglio maturare le proposizioni formulate dal Bardo.

Il Cavalier Pinna riceverà in proposito delle particolareggiate istruzioni e V. S. Illustrissima ne avrà a tempo opportuno cognizione per poterne tener discorso colle persone che costì si occupano di questo affare. Ella potrà intanto valersi di ciò che Le ho superiormente esposto per dare a codesto Governo le notizie che egli si fece domandare dal suo rappresentante in Roma.

421

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 28 giugno 1874.

Conoscevo l'esistenza della lettera particolare del Conte Andrassy al Conte Wimpfen di cui mi parlate nel vostro foglio del 18 corrente portatomi dal Curtopassi (l); ed anzi non ne ignoravo il tenore, perché del pari che a Voi mi era stata comunicata. Per conto mio mi astenni dal discutere quel docu

mento, anzi dal farne parola di sorta col Conte Andrassy, sintantoché egli stessO> me ne riparlò, lodandosi altamente dell'apprezzamento che la sua lettera aveva incontrato a Roma. Mi ripetè ciò che da Voi era stato detto in proposito al Conte Wimpfen, nonché le press'a poco analoghe parole portategli per incarico di Sua Maestà dal Comm. Aghemo! Dissemi tutto ciò aver altamente soddisfatto l'Imperatore, ed aver egli tosto incaricato il Wimpfen di farvelo sapere. Avendomi poi Egli aggiunto sperar molto dall'azione che a mezzo dei giornali il R. Governo eserciterà sull'opinione pubblica, non credetti dovergli tacer esser di parere che tal influenza non potrà esser grande, non essendovi da noi in oggi giornali che proprio possano dirsi ufficiosi. E en passant feci notare che in Austria dove ci sono, ciò non toglie che i fogli stessi più conosciuti per ricevere le loro ispirazioni dal Ministero degli Affari Esteri, pur amano far atto d'indipendenza, non lasciando sfuggir occasione di dire sul conto dell'Italia cose spiacenti (citai il Fremden-Blatt). Il Conte non seppe troppo cosa rispondermi a questo riguardo, e la conversazione si voltò in altro argomento.

In verità stando ai fatti come sono, si capirebbe poco l'opportunità d'una tale lettera; il rumore un momento destatosi in Italia per la quistione TriesteTrento, era già cessato, parmi all'Austria più ancora che a noi convenga dinon tener accesa la questione. Il mio modo di veder la cosa ve l'ho detto senza· reticenza. Esso non impedisce però che poco mi garbi il tenore della lettera a·Andrassy. Naturalmente Egli s'avvide che il suo documento non mi aveva' piaciuto gran fatto, e mi lasciò chiaramente capire che aveva dovuto far in quella quistione un atto, di cui restasse traccia negli Archivi, e che gli potesse· servir all'occasione per difendersi contro i suoi avversari, che per l'appunto· si fanno contro di Lui presso l'Imperatore un'arma di quest'affare. Considerando così la cosa, e tenendo conto del soffio reazionario che qui spira iTh questo momento, non so poi dargli tutti i torti. A mio avviso però un altro· movente potrebbe ancora aver spinto il Conte Andrassy, e questo sarebbe il bisogno di prendere con noi il passo avanti ·pel giorno, forse non lontano, in cui avverrà il principio dello scioglimento della Quistione d'Oriente. Tratterebbesi probabilmente di premunirsi contro di noi, affinché giunto quel giorno, già sia posto in sodo che l'Austria non intende compensar l'Italia col Trentino, e tanto meno con Trieste. Convengo che praticamente ciò non potrà impedir l'Italia il giorno in cui si verificherà la suespressa eventualità, dal pretendere ciò che sarà ragionevole, ed essenzialmente ciò che ci troveremo in posizione d'esigere. Ma ciò non di meno non mi stupirebbe affatto, che anche questa considerazione abbia pesato sulla bilancia.

Vi ho detto il mio pensiero, nella vostra saviezza ed esperienza l'apprezze-rete per quanto può valere.

(l) Cfr. n. 413.

422

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. 133. Roma, 29 giugno 1874.

Le difficoltà che incontrano i rappresentanti esteri presso il Governo fede-rale e alle quali non sfugge codesto stesso Governo nei suoi rapporti colle· autorità cantonali quando si tratta di pratiche o ricerche in interesse conservatore non riescono nuove al Ministero, ed io ho tenuto conto di tali circostanze, non solo facendone cenno nella mia corrispondenza, ma soprattutto restringendo nei limiti del puro necessario gli incarichi di simile natura di cui dovetti talora incombenzarla. Le considerazioni fatte dal Signor Schenk e che ella mi ha riferito coll'ultimo suo rapporto N.... (l) sono sostanzialmente veraci e non dissento nemmeno dall'idea che si esageri generalmente l'importanza degli oscuri settar! che le ricerche delle polizie europee hanno fatto convenire nel territorio elvetico. Non è meno vero però che costoro hanno stabilito in !svizzera il loro punto di ritrovo e che approfittando dell'ambiente favorevole loro creato da varie circostanze, essi costituiscono, se non un reale pericolo, una causa di inquietudine per gli Stati vicini. Per quello intanto che ci concerne, è patente il fatto che i varì tentativi, per quanto meschini, fatti negli scorsi anni allo scopo di turbare la tranquillità del Regno, furono preparati ed ebbero la loro base di operazione sul territorio svizzero, e ciò solo è più che sufficiente a legittimare la sorveglianza che il Ministero dell'Interno desidera sia esercitata sui mestatori esteri o nazionali che, più o meno aggressivi, cercano di costì mantenere relazioni coi loro amici d'Italia. Spetta poi naturalmente all'esperienza e all'oculatezza di V. S. il tener conto delle condizioni locali, nel misurare le sue richieste al Governo federale e nello scegliere i mezzi più propri a conseguire, se non del tutto, il meglio possibile lo scopo.

Premesse queste considerazioni, credo utile di comunicarle le U!ltime informazioni ricevute a riguardo degli individui segnalati come supposti autori di una trama contro la vita di Sua Maestà. Il Rostan, tornitore francese stabilito a Ginevra, pare non abbia da ultimo lasciato quella città, sebbene ciò non risulti positivamente. Quanto al Toselli si sta verificando se, come fu asserito, egli si trovi attualmente a Bienne. Rimarrebbe il Guisol, il quale, secondo le informazioni raccolte dal R. Console a Ginevra, sarebbe uomo di carattere assai violento. Le stesse informazioni recherebbero che costui sia partito tempo fa repentinamente da Ginevra per Lausanne e quindi per La Chaux de Fonds (Neuchatel) a raggiungere un altro individuo soprannominato Coeur de Roi e assai noto, a quanto pare, nel campo degli ultra radicali.

Da un'altra parte, mi giunge oggi un avviso del Ministero dell'Interno il quale annuncia essere stato osservato pochi giorni sono nei pressi di Valdieri, uno sconosciuto il quale avrebbe rivelato a un contadino di quei luoghi aver egli in animo di attentare alla vita del Re. Scriverò, secondo il desiderio del predetto Ministero, al Cav. Gambini affinché egli cerchi di verificare se i connotati raccolti su quell'individuo di contegno sospetto corrispondano alla descrizione personale del Rostan o del Ginzol. Come già le accennai, è ben possibile che tutti questi indizi non si riferiscano a nulla di serio, ma un caso di pazzia in simili circostanze può essere anche più temibile che non un disegno malvagio preconcetto, e d'altronde si tratta di una eventualità troppo grave perché non sia stretto dovere l'eccedere in precauzioni, se pure si dimostrasse in seguito esser queste state superflue.

(l) La lacuna è nel registro dei dispacci. Si tratta probabilmente del rapporto edito al n. 419.

423

IL MINISTRO A LISBONA. OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 222. Lisbona, 29 giugno 1874 (per. il 10 luglio).

Il Ministro degli Affari Esteri è stato assai ammalato ed è tuttora convalescente; partirà a giorni per un soggiorno in provincia onde ristabilirsi in luoghi di aria migliore.

Prima di assentarsi mi ha fatto il favore di ricevermi ieri particolarmente a casa sua. Nel mio colloquio seco lui il Ministro si mostrò meco oltremodo preoccupato dello stato politico della Francia, ma su tale argomento il Governo del Re avrà per certo migliori e più pronte informazioni di quelle Portoghesi per trasmettere i dettagli delle preoccupazioni del Signor Corvo.

Quanto alla Spagna S. E. crede imminente una soluzione Alfonsista. Dopo diversi tentativt di complotti monarchici per altri candidati andati ora a vuoto (dei quali già detti cenno a V. E.) e ultimamente quello di un septennato all'instar della Francia con a capo il Maresciallo Serrano pure mancato per l'opposizione assoluta e manifesta del partito Martos Zorrilla e consorti, sul quale si credeva poter contare, le probabilità di restaurazione Alfonsine sembrano grandemente aumentate ed è questa la soluzione, come già ebbi occasione di attestarlo a V. E., maggiormente gradita al Portogallo.

Chiesi al Ministro di quali istruzioni generali sarebbero muniti i Plenipotenziarì Portoghesi al Congresso in Bruxelles proposto dalla Russia, S. E. risposemi che il Portogallo sarà rappresentato da un Generale del Genio, come personaggio tecnico e da un Diplomatico. È stata offerta questa missione al Conte di Casal Ribeiro ex Ministro a Portafoglio e ex Ministro all'estero; se egli non l'accetta, come non volle accettare ultimamente la Legazione di Parigi, sarà affidato l'incarico al Ministro Residente di Portogallo in Belgio.

Quanto alle istruzioni generali i due Plenipotenziari avranno soprattutto quella di evitare le suscettibilità di ogni nazione specialmente della Francia e della Germania ed ogni allusione alle recenti guerre. Una delle proposte del Programma Russo sembra al Signor Corvo degna di esser molto appoggiata .come vantaggio e garanzia specialmente dei piccoli paesi: quella di considerare come belligerante qualunque corpo per la difesa dello Stato che porti un distintivo qualsiasi di regolare organizzazione.

Relativamente alle prossime elezioni politiche che avranno luogo il 12 luglio prossimo il Governo continua ad aver piena fiducia di buona maggioranza. È questa non solo l'opinione di tutti i Ministri e diversi uomini poli~ici ai quali ne ho chiesto, ma ho potuto convincermene io stesso in una breve corsa fatta nelle campagne di distretti elettorali lungo il Tago. Tra gli altri in uno di tali distretti di cui era Deputato permanente uno dei più veementi ed abili oppositori del Ministero attuale, la sua elezione è divenuta così dubbia che egli stesso sembra volerne desistere e portarsi candidato altrove. È ben vero che uno dei primi gentiluomini del Regno, il quale gode meritamente grande

popolarità nel paese ed è colà il maggior proprietario, si è presentato egli

stesso dopo aver rifiutato un mese fa la Paria, per combattere il candidato

dell'opposizione e entrare nella vita politica col voto elettorale del proprio

distretto.

La Corte si recherà in campagna nel corso della settimana per rima

nervi l'estate e l'autunno; quasi tutti i miei colleghi hanno già lasciato Lisbona

pel loro abituale congedo d'estate.

Il Conte di Thomar è quasi ristabilito della sua lunga e grave malattia

ed ha fatto sapere al Signor Corvo dalla campagna ove si trova che sarà pronto

a ritornare al suo posto a Roma qualora le circostanze lo richiedano.

424

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI, VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 29 giugno 1874.

Vi ringrazio per ciò che mi dite nel Vostro foglio del 18 corrente (l) relativamente alla desiderabile visita di S. M. Francesco Giuseppe al nostro Sovrano. Ritengo sempre Andrassy desideri si faccia, però non ebbe mai a tenermene parola anche alla lontana, ed evita anzi i discorsi che potrebbero condurci su quell'argomento. Ogni volta poi che i nostri giornali parlano della possibilità prossima di simil visita, il Fremden-Blatt che è l'organo il più ufficioso del Ministero degli Affari Esteri, si fa premura di smentir recisamente e con mal garbo anche la cosa. Tutto ciò mi fa creder nulla essersi ancora concretato qui al riguardo. Dubito poi fortemente che Francesco Giuseppe si decida a venir in Italia se l'Imperatore Guglielmo non gliene dà l'esempio, verificandosi però quest'eventualità, locchè mi pare abbastanza probabile da quanto mi scrivete, la questione avrà fatto a Vienna pure un gran passo. Ad ogni modo vi son grato per le nuove abbastanza precise istruzioni che mi date sugli intendimenti del Re e del R. Governo in questa faccenda. Son io pure d'accordo che Roma essendo assolutamente impossibile, la città che meglio converrebbe sarebbe Napoli. Ma ove anche per questa seconda città le difficoltà fossero insormontabili, invece di Firenze che a mio avviso avrebbe l'inconveniente di esprimere una riserva al nostro possesso di Roma, vi sottometto l'idea di proporre che l'incontro dei due Sovrani abbia luogo a Bari, dove Francesco Giuseppe potrebbe recarsi direttamente da Trieste. La visita di Napoleone a Salisburgo ed altri riusciti incontri di Sovrani in città secondarie, sarebbero a mio avviso precedenti che giustificherebbero quella scelta. Bari

possiede una bella e spaziosa Prefettura che con poca spesa si presterebbe per accogliere i due Sovrani. Non avrebbe per noi gli inconvenienti di Firenze e Torino, e m'immagino non dispiacerebbe neppur all'Imperatore. Rispondetemi vi prego un giorno o l'altro su questa mia proposta, non v'ha premura, poiché l'Andrassy sta per andare in congedo di due mesi, e per quel tempo è molto probabile non abbia più occasione di vederlo. In quanto alla simultanea venuta dei due Imperatori in Italia, credo non sia neppure il caso di fermarvici sopra il pensiero. Non vi posso poi neppur nascondere che l'attitudine della Camera in questi ultimi tempi nonché l'incertezza creduta qui dell'avvenire del Ministero ingenera una certa diffidenza sulla nostra futura politica. Non si prenderà quindi una decisione prima di saper bene ciò che contate fare e quali probabilità di successo avete. Le informazioni che il Governo qui riceve, non ci sono favorevoli, esse non provengono a quanto mi pare da Wimpfen ma dai personaggi che di quando in quando vanno in Italia, ed essenzialmente bazzicano coi nostri nemici. Mi espressi in proposito col Conte Andrassy, nel modo il più rassicurante, ma la fiducia si riesce difficilmente ad imporla coi ragionamenti.

Passando ad altro argomento, vi dirò che ho comunicato al Conte Andrassy mentre era ancora a Pesth un sunto delle notizie da Voi mandatemi sui Conclavi tenutisi al Vaticano, quel tanto cioè che parvemi necessario onde fornirgli dati facili a ritenersi ed atti a somministrargli il mezzo di controbattere efficacemente i ragionamenti che per avventura avrebbero potuto svolgergli, onde dimostrar che il Quirinale solo si prestava alla tenuta dei Conclavi. Egli mi ringraziò della fattagli comunicazione che dissemi aver trovato convenientissima. Non so se Monsignor Jacobini avrà anche toccato questo tasto, ma certo si è ch'egli si dà qui un gran moto. Andrassy è meco molto riservato sulle conversazioni che seco lui ha, ma dubito però abbiagli il Nunzio parlato nel senso della poca probabilità che il Conclave si riunisca in Roma, poiché il Conte parlando con un mio collega mostrossi preoccupato dell'eventualità forse prossima di un Conclave in emigrazione, anzi vagabondo come pare si sia espresso. A proposito di Conclave, vi dirò ancora esser stato assicurato che il Cardinale designato a rappresentarvi S. M. Apostolica sarebbe il Rauscher, ma ove questi per ragion di salute non vi si potesse recar, l'incarico sarebbe affidato al Tarnòczy.

Conseguentemente alla vittoria recentemente riportata dal partito militare colla demissione di Kuhn, parlasi nuovamente del prossimo ritiro d'Andrassy, e ritorna a galla la voce già altra volta ripetutavi che egli verrebbe sostituito dal Barone Hofman! Non ci credo però sebbene tutto sia possibile qui, ma il momento di disfarsi d'Andrassy non è ancora giunto.

Ove le circostanze il consentano, vi chiederò più tardi un congedo di tre mesi a cominciare dal l o settembre, e se mi venisse accordato, sarebbe mio desiderio trovarmi in Roma nel Novembre, epoca in cui si riunirà la Camera vecchia o nuova, a seconda delle determinazioni che parmi non tarderete molto a prendere.

A rivederci dunque fra alcuni mesi...

(l) Cfr. n. 412.

425

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1872/463. Londra, 1 luglio 1874 (per. il 5).

Adempiendo alla riserva fatta nel mio rapporto del 3 giugno p.p. N. 460,

Politico (l) mi pregio di riferirle il risultato di un nuovo colloquio che ebbi

col Signor Conte di Derby sul soggetto della Conferenza internazionale pro

posta dalla Russia per fissare le regole di guerra fra i paesi e gli eserciti belli

geranti.

Risulta da questo colloquio che il Gabinetto inglese ha ancora chiesto ultimamente alla Russia alcune spiegazioni su qualche punto del suo programma. Il Governo Inglese delegherà qualcuno che intervenga alla detta Conferenza; ma dal complesso del discorso di Sua Signoria non mi è possibile il dubitare intorno al senso poco gradito che la proposta Russa fece al Governo Inglese. Il Signor Conte mi disse che anche le altre Potenze avevano ricevute quelle proposte poco volonterosamente.

Ma se il Governo Britannico delegherà chi lo rappresenti a quella Conferenza, esso lo farà in modo che parmi esprima abbastanza le sue impressioni e la poca fede che ha nell'effetto pratico di quella riunione.

Innanzitutto egli esclude in modo reciso ed assoluto, che vi si parli delle armate e delle guerre navali, e, dal modo con cui si espresse Sua Signoria, credo di poter inferire che lascia alle Potenze, più interessate di lui, di preoccuparsi degli eserciti e delle guerre di terra.

In secondo luogo egli non accetta un Congresso che discuta e decida cosa alcuna sul soggetto proposto, nè accetta che i delegati alla Conferenza possano in modo alcuno vincolare il Governo. Essi non vi andranno che ad refe1·endum. Il Signor Conte mi disse esplicitamente che escludeva affatto che la libertà e la responsabilità del Governo potessero essere in alcun modo vincolate nella Conferenza di Bruxelles, e che si riservava di vedere, esaminare ed apprezzare egli medesimo ciò che vi si sarebbe proposto.

Consentaneamente a questo sistema ed a questo modo di vedere il soggetto del quale si tratta, il Governo manderà un Uffiziale, ma non un uffiziale dei più alti gradi, non volendo dare troppa importanza a quella riunione.

Dal complesso della conversazione che ebbi con Sua Signoria su questo soggetto, io sono indotto a credere che il Gabinetto Inglese non vede di buon occhio una proposta che ha per oggetto di limitare la libertà dei Governi, e che non pone fiducia nei risultati pratici di questo tentativo.

Partecipando a V. E. queste notizie credo di avere risposto alle domande che Ella mi faceva col pregiato di Lei dispaccio del 18 maggio p.p. N. 206 Politico (2).

:l) Non pubblicato. 12) Cfr. n. 382.

426

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1873/464. Londra, 1 luglio 1874 (per. il 6).

Nell'accusarLe ricevuta del pregiato dispaccio del 23 giugno p. p. N. 208 Politico relativo agli affari della Tunisia (1), mi affretto a parteciparLe i risultati di una conversazione che ebbi col Signor Conte di Derby su questo soggetto.

Richiamai innanzi tutto a Sua Signoria i colloqui da me avuti con Lord Granville nei primi giorni del corrente anno, i sospetti che erano nati intorno a possibili intelligenze tra la Francia ed il Bey di Tunisi che avrebbero avuto per iscopo d'introdurre variazioni allo stato attuale delle cose nella Tunisia, a:tehe nei rispetti territoriali, e le risposte negative e recise che si erano ricevute in quell'epoca, le quali Lord Granville avea riputate sufficienti ad allontanare i sospetti che eransi concepiti. Feci notare a Sua Signoria come l'Italia, che avea antichi e grandi interessi nella Reggenza, era, al pari della Inghilterra, interessata a che non vi si facessero delle novità che portassero qualche variazione allo scato attuale delle cose.

Richiamai poscia l'attenzione di Sua Signoria sui soggetti indicati nella corrispondenza di cui V. E. mi trasmise copia, cioè sulle non affatto infondate supposizioni di progetti di ferrovie da Tunisi alle Frontiere dell'Algeria, di concessione delle miniere della Reggenza a Società Francesi, di concessioni simili di terreni a Tabarca e Biserta sul littorale, di escavazioni del Porto di Cartagine e del Carroggio della Megerda. Queste supposizioni venivano invero escluse dal Governo locale, ma gl'indizii, che le avevano suggerite, la deferenza singolare del Consolato Francese al Governo del Bardo, e le influenze che vi esercitava il Governo Francese coll'azione preponderante che aveva nella Commissione Finanziaria, lasciavano tuttora qualche dubbio che qualche novità si stesse preparando o che si avesse in animo di fare o di ottenere.

La intelligenza che era fin qui esistita tra il Governo del Re ed il Governo della Regina, nel mentre mi consigliava a fargli questa confidenziale comunicazione, mi faceva desiderare di conoscere se Sua Signoria avesse avuto ulteriori notizie su questo affare, e quali fossero a riguardo del medesimo i suoi giudizii ed i suoi apprezzamenti.

Il Signor Conte, ringraziandomi di queste comunicazioni, ed aggiungendo che apprezzava la convenienza di andare d'accordo in questi affari, mi disse che non aveva ricevuto notizie relative a questo affare. Il Signor Conte aggiunse che egli non credeva che la Francia avesse interesse a caricarsi del peso delle conseguenze che porterebbe la nuova condizione che sarebbe creata dalle cose da me indicate; che ove pure Essa la conseguisse esse produrrebbero un effetto opposto a quello a cui si sarebbe mirato, e citò ad esempio il Canale

di Suez, il quale invece di aver cresciuta l'influenza Francese sul Governo del Kedive, avea svegliato i timori e le preoccupazioni del Kedive stesso a riguardo della Francia. Aggiunse che parevagli che il Governo Francese fosse sì fattamente preoccupato delle sue quistioni interne che da qualche tempo il • Foreign Office Francese era poco attivo •. Ammetteva però che sovente gli Agenti Francesi all'Estero si mostravano attivi e desiderosi di fare qualche cosa di nuovo, ma che facevano così dappertutto.

Feci notare a Sua Signoria che le cose particolareggiate che le avea esposte io le considerava non tanto per l'importanza di cadauna di esse quanto come esprimenti nel loro complesso una tendenza ad uno scopo che si mirasse a conseguire. Il Signor Conte mi replicò che non aveva alcuna notizia in proposito e mi confermò la sua opinione che la Francia non avesse le sue convenienze di farsi una condizione colà che Le avrebbe imposti dei pesi e che, a suo avviso, non le gioverebbe.

Approfittando di quanto V. E. scrisse al R. Agente a Tunisi col di Lei dispaccio del 16 giugno p. p. (l) dissi a Lord Derby che le tre Potenze più interessate a Tunisi erano l'Italia, l'Inghilterra e la Francia e che, dappoichè la Francia pareva fare da sè, diveniva tanto più importante l'accordo dell'Italia e dell'Inghilterra, e che la convinzione della utilità reciproca di questo accordo aveva già mosso V. E. ad esprimere al R. Console a Tunisi il desiderio che i due Consolati si tenessero in reciproco accordo.

Lord Derby mi confermò la sua opinione favorevole all'accordo dei due Governi e me ne espresse il desiderio.

(l) Cfr. :1. 415.

427

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2344. Parigi, l luglio 1874 (per. il 5).

Ho interrogato ripetutamente S.E. il Duca Decazes intorno alla circolare indirizzata dal Governo dell'Assunzione a quello di Sua Maestà in data del 13 aprile scorso relativamente alla rottura delle trattative per la delimitazione della frontiera fra la Repubblica Argentina ed il Paraguay, circolare che formava l'oggetto del dispaccio ministeriale di questa Serie n. 518 del 7 giugno scorso (2). S. E. dl Duca Decazes mi disse ancora oggi che non aveva finora ricevuto la detta circolare, ma si espresse a questo riguardo nel senso medesimo che l'E. V. mi indicò nel citato dispaccio, pronunciandosi cioè in favore della neutralità in caso di conflitto e mostrandosi intanto disposto a consigliare di nuovo la moderazione e la conciliazione ai due Governi di Buenos Ayres e dell'Assunzione.

(l) -Cfr. n. 408. (2) -Cfr. n. 402.
428

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 230. Parigi, 2 Luglio 1874, ore 15 (per. ore 16.40).

Ambassadeurs birmans iront en Italie dans 8 ou 10 jours par Marseille et Corniche. Strambio télégraphiera jour précis de leur départ de Marseille. Ambassadeurs vous prient mettre à leur disposition Racchia pendant séjour !talie.

429

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. R. 128. Roma, 2 luglio 1874.

L'autorità politica di Venezia venne in sospetto che un proclama diffuso in Trieste dal partito separatista e contenente delle provocazioni alla rivolta contro l'Austria· fosse stato clandestinamente stampato in una tipografia veneta. L'autorità giudiziaria che ebbe comunicazione di quel manifesto, ha ricevuto le necessarie istruzioni per aprire una regolare procedura penale sia pel fatto della stampa clandestina, sia per gli eccitamenti alla rivolta contenuti in quello stampato. Non sarà però cosa agevole il provare che la stampa sia effettivamente stata eseguita in Venezia e senza la prova legale di questo fatto il procedimento avrà necessariamente un esito negativo.

Stimo opportuno informare la S. V. Illustrissima di questa cosa affinehè Ella possa, se Le venisse fatto qualche cenno in proposito, dimostrare che l'autorità italiana veglia sempre ad impedire ciò che potrebbe nuocere alle ottime relazioni che abbiamo fermo desiderio di mantenere con l'Impero Austriaco. A tale riguardo, debbo anzi aggiungere che i provvedimenti presi dalle nostre autorità non furono provocati da alcun passo o rimostranza da parte dE.lla legazione imperiale.

430

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1874/465. Londra, 2 luglio 1874 (per. il 7).

Mi pregio di accusare alla E. V. ricevuta del di Lei dispaccio del 23 giugno p. p. N. 209 Politico (1), cui andava unita copia di due lettere del 2 aprile

p. -p. di Nubar Pascià al Generale Stanton Agente e Console Inglese presso il Kedive, col quale dispaccio si è compiaciuta di affidarmi alcune indagini presso questo R. Governo sul soggetto della riforma giudiziaria in Egitto.

Essendomi procurato una conversazione con Lord Derby, onde mandare ad effetto il detto incarico, gli dissi che mi risultava che i discorsi di Nubar Pascià esprimevano, a riguardo dei Governi, che non avessero accettato la riforma, le idee che mi risultavano dalla copia di una delle predette lettere di Nubar Pascià. Pregai Lord Derby di volermi dire se avesse avuto alcuna altra notizia su questo soggetto, e quali fossero le sue impressioni ed il suo giudizio sullo stato di questo affare. Accennai alla circostanza che mai potevasi ritenere che le difficoltà venivano solo dalla Francia, e che anche da questo lato pareva che esse si riducessero principalmente sopra un solo punto, cioè alla esclusione del reato di bancarotta dalla giurisdizione nuova ordinaria.

Dalla risposta avuta da Lord Derby posso inferire e partecipare a V. E. che Sua Signoria non avrebbe ricevuto altre comunicazioni su questo soggetto, nè altre notizie sulle conseguenze del rifiuto pel Paese, che la rifiutasse. La vera conseguenza di questo rifiuto sarebbe, secondo Lord Derby, che per esso sarebbe creato un grave ostacolo alla attuazione della detta riforma. Le difficoltà fatte dalla Francia, più o meno estese, venivano da uno scopo politico, che Lord Derby sulla mia osservazione riconobbe venire dal Canale di Suez.

Lord Derby soggiunse che ciò che importerebbe di sapere erano i veri motivi della disgrazia di Nubar Pascià presso il Kedive, e mi chiese se io era informato di alcuna cosa a questo riguardo. Gli risposi che non aveva alcuna notizia di ciò, e soggiungerò ora che non ho potuto attingerle nella copia della· corrispondenza diplomatica, la quale non giunge ancora alla data della caduta di Nubar Pascià.

Continuando lo stesso soggetto Lord Derby notò che quella caduta poteva essere stata causata solo da una variazione nelle relazioni personali fra Jl Kedive ed il suo Ministro, come spesso succede in quei Governi, ma che poteva anche essere stata prodotta da altre cause. Soggiunse che essa era un nuovo grave ostacolo all'attuazione della riforma giudiziaria, od almeno una causa di ritardo all'ottenimento di questo scopo, poiché, oltreché Nubar Pascià poteva essere considerato come il creatore della riforma giudiziaria, non vi erano in Egitto altri uomini che comprendessero quelle cose.

Interpellai poscia Lord Derby se il consenso che l'Inghilterra avea dato alla detta riforma giudiziaria avrebbe dovuto essere sanzionato da un atto legislativo, e citai ciò che era avvenuto in Germania, e le dichiarazioni fatte dal Governo Francese all'Assemblea su questo soggetto, facendogli notare che il dubbio su di ciò nasceva da che l'accettazione di questa riforma importava una variazione nella giurisdizione consolare. S. S. mi disse che gli pareva che un atto legislativo non fosse qui necessario, e dichiarandomi che questa non era però che una sua opinione personale, m'invitò a fargli questa domanda in iscritto, alla quale avrebbe risposto dopo di aver fatto esaminare questo soggetto. Aderendo a questa domanda gli ho indirizzato la lettera in data

d'oggi, che unisco in copia al presente rapporto (1), e mi affretterò a comunicare la risposta a V. E. tostochè l'abbia ricevuta.

P. S. -Ho l'onore di accusare ricevuta alla E. V. della circolare politica in data del 26 giugno ultimo scorso (2), concernente ciò che è accaduto il giorno 22 sulla Piazza di S. Pietro.

(l) -Cfr. n. 416.
431

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A LONDRA, CADORNA

D. 210. Roma, 3 luglio 1874.

Il Ministero dell'Interno con sua nota del 27 giugno (2) mi esprime il desiderio che V. E. sia informata della costituzione in Londra di un circolo denominato • La Comune rivoluzionaria •. Scopo del medesimo sarebbe la propagazione della rivoluzione sociale in tutta l'Europa. Il Comitato del Circolo sarebbe composto dei più noti capi della comune di Parigi e vi terrebbero il posto di segretari corrispondenti Aberlen, Berton, Carné, Jean Clément,

F. Cournet, Ch. Dacosta, Delles, Ledrux e Moreau.

Dal circolo di cui si tratta sarebbero stati diramati ai corrispondenti dimoranti all'estero dei programmi in forma d'un opuscolo in cui con parole violentissime si fa appello alla rivoluzione. Di quest'opuscolo il Ministero dell'Interno bramerebbe avere un esemplare e sarebbe gratissimo a codesta Legazione se trovasse modo di procurarglielo.

Come V. E. bene sa il Ministero dell'Interno è stato debitamente informato delle osservazioni che Ella, rispondendo in argomento analogo a quello a cui si riferisce il presente dispaccio, mi ha fatto ultimamente pervenire per ottenere le notizie che il predetto Ministero di quando in quando desidera di ricevere.

432

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 240. Alessandria, 6 luglio 1874 (per. il 18).

Ieri ebbi occasione di vedere S. A. il Khedive e ne profittai per suggerirgli i savi consigli sulla riforma giudiziaria contenuti nel dispaccio di V. E. del 27 scorso mese N. 95 (2), ,insistendo particolarmente sulla grande importanza di togliere di mezzo ogni difficoltà che tutt'ora fanno ostacolo all'ade

:sione di alcuni Governi, prendendo l'iniziativa di qualche temperamento che fosse creduto necessario per ottenere questo risultato.

Sua Altezza mi ha incaricato di esprimere tutta la sua riconoscenza al .R. Governo, ed i suoi particolari ringraziamenti all'E. V., ed a S. E. il Ministro di Grazia e Giustizia per l'autorizzazione data al Cavalier Giaccone d'accettare la carica di Consigliere nella Corte d'Appello che secondo il nuovo ordinamento giudiziario dovrà istituirsi in Egitto. E mi ha espresso il desiderio e la speranza di veder presto arrivare quel distinto Magistrato.

Il Khedive quindi si esprimeva con parole di molta gratitudine nel ricevere nuove assicurazioni che l'E. V. nutriva sempre lo stesso interesse, e continuava a prestargli lo stesso valevole concorso, esercitando un'azione nel senso favorevole alla buona riescita della riforma giudiziaria -e si dichiarava doppiamente riconoscente perchè, sia per qualche equivoco, sia forse per poca benevolenza, si voleva credere, e fargli credere, che le benevole intenzioni del R. Governo per l'opera intrapresa erano mutate. Egli mi diede lettura di una lettera scrittagli da Parigi fn data del 20 scorso mese, con la quale gli si riferisce una conferenza avuta con il Ministro Signor Decazes sulla riforma. Alle prime aperture del corrispondente del Khedive il Ministro Francese rispose con queste parole (testuali): « Je ne suis pas favorablement

·disposé à seconder les désirs du Viceroi, parceque notre Colonie est contraire

à la réforme, et parceque je sais q_ue pluesieurs Puissances, entre autres

l'Italie, cherchent une occasion pour retirer leur adhésion •.

La conversazione durò lunghissima dalle due parti, ed agli argomenti dell'intermediario Egiziano, in conclusione il Signor Decazes non potè rispondere altro, che la Francia non potea dimostrare simpatia per l'Egitto dopo che Nubar Pascià l'avea così maltrattata con fatti e con parole. Nella mia piccola opinione ritengo che il _Ministro francese abbia avuto torto anche a -dirlo, che dei sentimenti personali potessero influire sulle decisioni del Governo in una questione d'interesse generale. Alla fine però della conferenza le parole del Signor Decazes furono molto più miti, e fecero travedere la speranza che non sarebbe stato difficile e lontano l'intendersi.

Il Khedive mi ha pregato di darne confidenzialmente comunicazione alla

E. V., nel dubbio che il Ministro Francese in buona fede sia in errore sulle intenzioni del R. Governo favorevoli fin dall'origine, alla riescita dell'opera da esso intrapresa, e che questa falsa credenza non possa influenzare sulle .determinazioni del Governo Francese.

(l) -Non si pubblica. (2) -Non pubblicato.
433

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1334. Berlino, 7 luglio 1874 (per. il 12).

Le S.ecrétaire d'Etat, M. de Blilow, vous est bien reconnaissant des éclardssements que, en réponse au désir exprimé par M. de Keudell, vous m'avez

chargé par la dépeche politique N. 324, du 27 Juin dernier (1), de lui fournir

au sujet du projet d'une réforme judiciaire à Tunis.

Ces informations seront d'autant plus utiles a M. de Biilow, que l'Ambassadeur de Turquie auprès de 'cette Cour l'ava,it interpellé récemment à l'égard de la réunion des Consuls et des propositions du Bey. Le représentant du Sultan manifestait quelque crainte qu'i1l n'y eut là dessus quelque danger pour la Régence et pour la Suzeraineté de la Sublime Porte. Le Secrétaire d'Etat n'était pas encore en mesure de t.raiter de la question en entière connaissance de cause. Il rassura cependant Aristarchi-Bey sur ses craintes. Selon M. de Biilow, s'il y avait un danger pour tla Régence, ce danger ne pourrait venir que de la France, aspirant à fai!t'e de la Tunisie une annexe de 1ses pos:sessions en Afrique, ou tout au moins à y implanter peu à peu une administration française, ou dévouée à la France à l'égal du Ministre actuel, le général Kherredine. Le fait seul que le Gouvernement français ne donnait pas une adhésion absolue aux nouvelles propositions, devait rassurer la Turquie à l'égard du projet.

Quant au fond de 1la quelstion, le Secrétaire d'Etat exprimait en principe une appréciation conforme à la manière de voir de V. E. A savoir que, tout en sauvegardant les prérogatives qu'un état de choses spécial rend nécessaires, il convient de favoriser dans les Umites du pos1sible la réforme que le Bey désire.

Sur ce point, le Secrétaire d'Etat ne pouvait s'exprimer qu'en thèse générale, soit parceque les négociations ouvertes à Tunis sur le projet modifié ne sont pas sorties d'une phase préliminaire, soit .pavceque le Cabinet de Berlin ne voudra guère se mettre en avant, n'ayant iPaS dans la Régence des intéréts aussi considérables que d'autres Puissances.

Je tiens à informer V. E., confidentiellement, de l'apprédation qui fait le fond de la réponse aux craintes de 1l'Ambas,sadeur de Turquie. Je ne suis pas en état de juger si, et jusqu'à quel point, [a situation des 'Choses: à Tunis justifie ces craintes: le ~"rojet que vous avez eu l'obligeance de me communiquer en copie ne me semble cependant pas de nature à les inspirer.

434

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1335. Berlino, 7 Zuglio 1874 (per. il 12).

J'aurais désiré, par le retour du courrier de Cabinet M. Villa, pouvoir vous faire parvenir quelques données précises sur la ligne de conduite que l'envoyé de l'Allemagne, le Général de Voigts-Rhetz, aura pour instruction d'observer à la Conférence prochaine de Bruxelles. Car cette conférence ne

laisse pas que de soulever quelques préoccupations, du moment où l'initiative prise par le Gouvernement Russe met en jeu, pour ainsi dire, l'amour propre du Tzar. Mais ici on obse•rve une ·certaine réserve en cette matière, et peut-ètre ne sait-on pas au fond à quoi s'en tenir sur l'avenir de la réunion. Le Général Voigts-Rhetz n'ira pas seul à Bruxelles: il aura quelque :professeur comme conseiHerr, à l'arrière-plan. Le S·ecrétaire d'Etat exprime l'espoir que la conférence obrtiendra quelque heureux résultat humanitaire, conforme au noble sentiment qu'en a inspiré la proposition à l'Empereur Alexandre, et que le ,Gouvernement Impérial Allemand sera heureux pour sa part d'y contribuer.

Certains rporints du programme russe seraient de nature à entraìner facilement les envoyés aHemands et français à des récriminations que les souvenirs récents d'une guerre aussi acharnée q_ue celle de 1870-71 soulèveraient aisément. Le président de la conférence aura là l'occasion de faire preuve d'habileté.

V.E. sait que le Gouvernement russe a convoqué à Bruxelles aussi des envoyés espagnorls. Si la ·conférence devait aboutir à une convention internationale, rces derniers pourraient-ils la signer? Il parait que non, du moment où le Gouvernement qui lers déJègue n'est pas reconnu offidellement. Je crois savoir que ·c'est là l'opinion que l'on aurait ici. Mais il est encore douteux que le cas se présente à Bruxelles. Il se présentera plus tòt à la conférence postale de Berne, à laquerlle l'Espagne avait été invitée à intervenir, sans erreur, sous le règne du Roi Amédée et qui a été successivement remise à plus tard.

Quant aux dispositions que le Gouvernement de l'Empereur Guillaume apportera à Bruxelles, je ne doute pas qu'elles seront essentiellement basées sur le désir de ne se lai:Siser dépasser par personne dans la condescendance aux voeux de l'Empereur Aiexandre. Le cas échéant, des difficultés surgiront d'autre part, et les manifestations récentes de l'opinion publique anglaise en sont un symptòme digne d'attention.

(l) Cfr. n. 420.

435

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 237. Bruxelles, 8 luglio 1874, ore 14 (per. ore 21,50).

Le Cabinet de Bruxelles n'a reçu jusqu'à pré::ent aucune communication officielle sur le choix des plénipotentiaires au Congrès. Il observe une grande réserve à l'égard du projet russe, comidéré comme pouvant soulever des questions politiques épineuse.s, et à l'égard de la valeur obligatoire ou consultative des délibérations à intervenir, il se croit tenu par la préférence donnée à Bruxelles comme siège du Congrès de ne pas se montrer moins bien disposé que la Suisse et il attend l'effet que les déclaratiom anglaises auront fait à Saint Pétersbourg. On croit ici que si le Congrès se réunit maintenant, il ne tiendra que peu de séances pour se distribuer les questions à étudier ultérieurement. On croit aussi posr5ible qu'il se produise une propos!tion de dé

tacher du projet les articles plus pratiques relatifs aux blessés et aux prisonniers de guerre qui pourraient former dès à présent l'objet d'une convention comme celle de Genève.

436

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1336. Berlino, 8 luglio 1874 (per. il 12).

Au milieu du calme qui, à la suite· des événementls si décisifs de ces dernières années, s'est imposé en Europe dans les questions ànternationales qui l'agitaient sans cesse, il est un fait bien digne de notre attention.

C'est l'empressement qu'on montre de tout còté à témoigner des sympathies à 'l'Empe,reur Alexandre et à gagner son amitié. L'Angleterre lui tend la main en oubliant ou en dissimulant ses craintes au sujet des intérets qu'elle a en Asie; la France parait compter sur une alliance russe pour régler dans un avenir plus ou moins éloigné lses comptes avec l'Allemagne; 'les échanges de visites entre Souverains témoignent d'un empressement fort intéressé de la part des Cours de Vienne et de Berlin. Ce fait est 'la conséquence bien naturelle de l'habileté avec laque1le le Cabinet de St. Pétersbourg, sous la direction si avisée du Prince Gortchacow, a su profiter sans compromettre l'avenir des crises que l'Europe a traversées depuis 1856, et de l'énergie avec laquelle le Gouvernement russe s'est appliqué à développer les institutions et les forces militaire:s de ~l'Empire depu~s qu'il a adopté sa politique de trecueillement.

Comme 'Ce ne peut etre qu'en vue deis nouvelles guerres que l'avenir ménage, qu'on cherche à l'envi de se ménager les sympathies de l'Empereur Alexandre, 'la question du ròle que ses armes pourraient éventuellement jouer devient d'un grand intéret. D'autant plus que sous ~ce rapport la prépondérance de l'Allemagne ne pourrait guère etre contestée en ce moment où d'autres Puissances ont entrepr~s de s'assimiler son organisation militaire, en se rendant compte toutefois du temps qu'une telle assimilation exige. La Russie est de ce nombre.

Si j'en ~crois le jugement d'un officier supérieur prussien, qui par ses fonctions lserait en mesure de se prononcer en connaissance de cause, la loi qui règle la nouvelle organisation milita,ire de l'Empire russe, serait, en tenant compte bien entendu des condlitions spéciales du pays, une oeuvre de grand mérite, un vrai modèle de ~ce genre de législation. Son application pratique, telle qu'elle a lieu, aurait pour conséquence de mettre la Russie en mesure de tenir tete aux forces de l'Allemagne, dans un terme de dix ans tout au plus. L'offioier qui exprimait ce jugement pensait que, quand les choses en seraient 'venues à un tel point, le Gouvernement Russe pourrait peut-etre étre amené facHement à examiner combien il serait avantageux pour lui d'élargir les frontières de la Pologne russe, de procurer à ces provinces les moyens de développer ainsi leur prospérité commerciale. Tandisque, de son còté, l'Allemagne ne saurait avoir des aspirations sérieuses du còté de la Rus:sie.

17 -DocmnenH diplomatici -Serie II -Vol. V

Sans donner une portée absolue à ~ce jugement, j'ai cependant voulu le ·Communiquer confidentiellement à V. E. L'opinion générale n'est pas en effet que, dans un terme de dix ans seulement, la Russie puisse obtenir de sa nouvelle organisation militaire des résultats aussi sati,sfaisants.

Il est vrai que, lor,squ'on veut faire dels conjectures sur la durée de la paix en Europe, c'est plutòt du còté de la France qu'il faut tourner les yeux pour apprécier Ies progrès de sa réorganisation militaire. Sous ce rapport, il est utile de prendre note de tout ce qui est de nature à jeter quelque lumière sur la slituation. On m'a rapporté que, tout récemment, l'Empereur Guillaume aurait manifesté quelque inquiétude au sujet du temps qu'il faut encore au génie militaire allemand pour achever les nouvelle!s fortifications de Strasbourg. Ces travaux ne seraient pas terminés avant deux ans. Le Prince Bismarck aurait tenu a rassurer complètement Son Souverain sur ~ce point: il Lui aurait dJt qu'il pouvait ètre tranquille que, avant deux ans, il n'y aurait pas de guerre entre l'Allemagne et la France: le Prince de Bismarck aurait consenti à mettre sa tète comme enjeu de cette as,surance.

Quoi qu'il en soit, et pour en revenir à la Russie, je ne crois pas que de longtemps encore, l'amitié des Souverains aidant, le Cabinet de Berlin manque de moyens pour continuer à donner à la solidarité entre l'Allemagne et la Russie une base d'intéret pratique, apte à maintenir le Cabinet de St. Pétersbourg dans ses anciennes diSIIJOSitions. IJ importerait beaucoup dès lo~s, à mon avis, que l'Italie ne perdit pas de vue, dans son ,intérèt, ce 'Còté de la situation.

437

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A LONDRA, CADORNA

D. 212. Roma, 11 luglio 1874.

Il Ministro d'Austria-Ungheria mi ha comunicato un diSIPaccio del suo Governo tendente a conoSicere l'opinione dell'Italia nella quistione relativa alla facoltà che la Rumenia pretende di avere di trattare direttamente e conchiudere in proprio nome degli a·ccordii internazionali con i varì Governi Europei.

Il dispaccio ~comunicatoci ha tutti i caratteri di una circolare epperò suppongo che il Governo Austro-Ungarko l'abbia anche indirizzato al suo Ambasciatoii'e a Londra. Io non desidererei che l'E. V. domandasse a Lord Derby quale sia la mente del Gabinetto Britannico in una questione di cui, se egli pers~ste nelle tradizioni della sua politica, non ci è difficile indovinare la soluzione da lui preferita. Ma il Governo di Sua Maestà mette qualche importanza a sapere se l'Ambasciatore austriaco sia stato incarkato di fare a Londra quegli stessi passi che ha fatto ipresso di noi il Signor Conte Wimpffen. Ed in tale caso sarebbe importante per noi di 'sapere quali accoglienze tali passi si ebbero da Lord Derby. Gli ottimi xapporti che certamente l'E. V. mantiene

con l'Ambasciatore d'Austria-Ungheria, la metteranno probabilmente in grado di trasmettermi il più presto possibile le notizie da noi desiderate. Intanto è bene che V. E. sappia che il R. Governo procurerà di procrastinare nel dare una risposta alla comunicazione austriaca.

438

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 525. Roma, 11 luglio 1874.

Il Signor Tiby mi ha dato oggi lettura di un dispacdo del suo Governo relativo alla questione ,cui ha dato origine la pretesa dei PrinciJpati Danubiani di eSISere ammessi a fare ,convenzioni dl~plomatiche :con le Potenze estere senza il concorso della Potenz~ alto Sovrana.

V. S. ,conoscerà forse a quest'ora :che il Governo austro-ungarico più parti.colarmente interessato in quest'affare per le maggiori e più frequenti relazioni .che egli ha con :la Rumania, ha iniz:iato in proposito delle pratiche a Costantinopoli ed ha pure interrogato i varì Governi per conoscere la loro opinione sopra questo soggetto.

Ella si ricorderà parimenti ,che ad una prima interrogazione fattad dal .Governo Francese noi non abbiamo creduto opportuno di .rispondere in modo trorppo categorico sul merito di una questione :che ,certamente riguarda più direttamente altri Stati e ,che non ha in questo momento per l'Italia un carattere di attualità. Alla comuni:cazione ,che i!l Gabinetto di Vienna oi ha fatto noi :ci siamo finora astenuti di rispondere desiderando rprima di scandagliiare l'opinione degli altri Governi. Ci pare che quando vi •sono dei paesi pei quali una quistione ha un'importanza ·reale al doppio punto di vista della teoria e della pratica non spetti a chi non ha in esi.Sa :che un'opinione teorica da emettere di impegnarsi preventivamente in un senso piuttosto •che in un altro.

Però la dedsione della quistione di cui qui 'Si tratta non potrà a lungo essere rimandata anche dall'Italia. Per effetto della denunzia dei Trattati di Commercio esistenti con la Turehiia, l'Inghilterra, l'Austria-Ungheria e noi pure dovremo ben presto favci ad esaminare 'come si potrà ,conciliare la preteisa del Governo di Bukarest e di quello di Belgrado di trattare separatamente con le Potenze per gli accordi commevciali, :con i riguardi richiesti dalla situazione politica :stabilita rin favore della Tuvchia nel concerto delle Potenze europee.

Il Governo del Re, sebbene non abbia ancora preso in esame la questione .sulla quale il Gabinetto di Vevsa:H:les ebbe la cortesia di volerlo interrogare, è grato a quest'ultimo di aver pre:so ,con lui l'iniziativa dii uno scambio di idee di :cui apprezza moltissimo l'uUlità ed il valore. E mentre dal canto nostro non mancheremo di mantenevci in rapporto con la Francia portando sollecitamente a sua :conoscenza le risoluz1ioni che d troveremo nel caso di dover pigliare, ci auguriamo :che il Governo Francese vorrà anche in avvenire esserci .cortese delle sue comunicazioni intorno ad una que:stione che è desiderabile possa risolvers:i mediante un accordo generale.

439

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 152. Bruxelles, 11 luglio 1874 (per. il 15).

La proposta fatta dal Governo russo di riuni,re a Bruxelles una Conferenza, per trattarvi dei doveri e dei diritti degli Stati e degli eserciti belligeranti, argomento del dispaccio politico di V. E. a questa Legazione del 18 maggio ultimo n. 34 (1), non poteva, come già riferii all'E. V. nel mio rapporto politico n. 147 del 3 giugno scorso (2), che incontrare una 'Cortese e benevola accoglienza presso il Governo belga, verso il quale l'Imperatore di Russia s,i era espresso personalmente in teQ'mini lusinghieri designando Bruxelles come sede da preferirsi per la Conferenza. Ma il Gabinetto di Bruxelles, limitandosi ad oSiservare che esisteva nel progetto russo una lacuna relativamente ai diritti ed alla situazione dei paesi neutri verso i belligeranti che vi fossero penetrati, s'astenne dall'emettere qualsiasi considerazione preventiva sull'estensione dei poteri da conferirsi ai membri del Congresiso, sul valore obbligatorio

o consultativo deì risultato delle discussioni del medesimo, e sul fondo stesso delle complicate e spinose quistioni poste dal programma ru,sso. Erano evidenti tuttavia le preoccupazioni ec'C'itate qui da tale proposta, la quale intenta a scopi umanitarii e degna delle più vive simpatie, sembra però avere l'inconveniente di poter far rivivere le dolorose contese sorte nella guerra francotedesca del 1870, ed appariva specialmente al Belgio come concepita in termini più favorevoli aHe grandi :potenze ,capaci di conquiste che non agli Stati minori disposti a ,considerare le ,cOlse di guerra piuttosto dal lato della difesa.

Eccitarono qualche stupore, qui, è d'uopo dirlo, 'certe tendenze espresse, per esempio, negli articoli che obbligherebbero gli abitanti e funzionari di un territorio invaso a doveri di 'sudditanza verso l'invasore; che colpirebbero del carattere di spionaggio il suddito devoto che desse alle autorità del proprio Governo informazioni sul nemico, ecc. Certe notizie che intanto :s'andavano spargendo, non erano ta:li da far considerare come probabile la riuscita del progetto russo. Così il Mini,stro di Francia asseriva, in ba,se a ,relazioni che egli diceva autorevoli, avere il Principe Gortchakow dichiarato che il Congresso avrebbe con celerità votato a maggioranza e reso obbligatorie le regole d:i diritto tra i belligeranti. Si credette di sapere che il principe di Bismark, benché non consultato quando il 1suo Sovrano accettò personalmente la proposta dell'Imperatore Alessandro, vi si era dipoi pienamente associato, dichiarando solo che i rappresentanti detlla Germania non avrebbero lasciato porre in questione la legittimità deH'operato degli eserciti tedeschi nella guerra di Francia. Si supponeva che il Governo Francese non si 'sarebbe potuto aJstenere dal portare una speciale insistenza in quelle questioni che riguardano i diritti dei cittadini e dei municipi di un paese invaso verso il nemico occupante.

Non riferisco rumori a V. E., che avrà informazioni sicure e forse affatto diverse sulla verità dei fatti, se non per tratteggiare le impressioni che dominarono in questi circoli politici e nel Corpo diplomatico a Bruxelles, finché le dichiarazioni di Lord Derby nella seduta della Camera alta del 3 luglio, e le analoghe comunicazioni fatte da esso a parecchi Gabinetti, non erano venute dar corpo ed efficacia alle obiezioni mosse da ogni parte contro lo S>Chema russo.

V. E. conoscerà il testo assai rec~so della nota diretta in data del 4 corrente da Lord Derby all'ambasciatore della Gran Bretagna a Pietroburgo, colla quale il Gabinetto di St. James dichiara e motiva la propria risoluzione di non prender parte a deliberazioni sui diritti dei belligeranti. Il Governo belga per parte sua ricevette una speciale comunicazione del Governo inglese che lo invita ad associarsi al modo di vedere dell'Inghilterra nel senso della non ammiSJsione delle questioni di guerra marittima nelle deliberazioni da intavolarsi. Non v'ha dubbio che questo Governo si uniformerà ai suggerimenti dell'Inghilterra, osservando per altro tutti quei temperamenti di forma che saranno richiesti dalla sua speciale situazione verso chi promosse la riunione della Conferenza a Bruxelles. Ma egli si attiene alla più stretta riserva in aspettazione dell'esito che avranno a Pietroburgo le dichiarazioni dell'Inghilterra. Intanto si ha notizia qui che la Svezia e la Danimarca già dichiarano formalmente di adottare il punto di vista inglese.

Non credo utile di riferire a V. E. le varie voci che corrono sulle scelte non ancora ufficialmente notificate al Governo belga dei rappresentanti degli altri Governi. Da esse egli si regolerà per la nomina dei proprì rappresentanti alla Conferenza, ed intanto egli compie semplicemente la sua parte di ospite prendendo disposizioni per un conveniente ricevimento dei membri della Conferenza nelle sale del Ministero degli Affari Esteri.

(l) -Cfr. n. 382. (2) -Non pubblicato.
440

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY (l)

T. 70. Roma, 13 luglio 1874, ore 14,20.

M. Keudell m'a chargé d'informer confidentiellement le Roi que S. M. l'Empereur d'Allemagne se propose de lui rendre la visite en Italie au mois d'Octobre. Se. Majesté m'a chargé de répondre qu'il sera très-heureux de recevoir cette visite. L'Empereur a désigné Florence comme endroit qui lui conviendrait le mieux. Le Roi accepte sans hésitation. Mais j'ai exprimé à M. de Keudell d'une manière toute confidentielle son vif désir que Rome ne soit pas exclue du rplan du voyage. Je vous donne cette nouvelle pour votre information personnelle mais je crois qu'il faut laisser à M. de Keudell le soin de faire les démarches nécessaires.

(l) Il telegramma venne tra~messo tramite il ministero degli Esteri.

441

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC

T. 72. Roma, 13 luglio 1874, ore 15.

Le Gouvernement du Roi vient de vous désigner comme son premier délégué à la conférence de Bruxelles. Le min~s,tre de la Guerre envoie le comte Lanza lieutenant colone! d'état-major comme second délégué à la conférence. Veuillez faire connaitre ces nomitations au Cabinet de Bruxelles.

442

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC

D. 37. Roma, 13 luglio 1874.

La ringrazio del telegramma speditomi il giorno 8 corrente (l) per informarmi ·che il Governo belga non avendo ricevuto alcuna comunicazione circa la scelta dei Plenipotenz.iari alla prossima conferenza di Bruxelles, si mantiene nella più grande riserva. Anche costì si considera il progetto russo come tale che pl)ssa dar motivo a quistioni spinose d'indole politica e V. S. m'informa che, ii.. riguarcio del valore obbligatorio o semplicemente consultativo delle deiLiberazioni della conferenza, il Belgio si ritiene impegnato, a cagione della preferenza data a Bruxelles come sede della conferenza stessa, di non mostrarsi meno ben disposto della Svizzera ed intanto sta aspettando l'esito delle pratiche ·in corso fra Londra e Pietroburgo e di ·conoscere l'effetto che avranno prodotto .sul Gabinetto russo le dichiarazioni fattegli dalla Gran Bretagna.

È probab1lmente allo stato attuale di quelle trattative ed alle notizie che si avranno a Bruxelles delle disposizioni delle varie potenze che si deve attribuire l'incertezza segnalatami da V. S., nel precitato suo telegramma, circa il programma dei lavori del1la •confe.renza. Ella intanto mi fa presentire la possibilità •che la .conferenza s'abbia soltanto da riunire per distribuire in poche sedute a Comitati speciali le varie quistioni da !studiarsi. È anche possibile che la confexenza stacchi dal progetto russo gli articoli di più facile e pratica applicazione, relativi ai prigionieri di guerra ed ai feriti, e ne faccia oggetto sin d'ora d'una convenzione simile a quella che nel 1868 fu conchiusa a Ginevra per i feriti.

Il nostro desiderio di seguire in questo affare l'esempio delle principali Potenze, di dimostrare alla Russia le migliori n0i5tre disposizioni per il progetto di cui lo Tzar si è occupato personalmente, e di mantenerci nello stesso

te·:rnpo entro quei limiti che, assicu::-ando il valore pratico dei lavori della conferenza, contribuiranno ad allontanare il pericolo di complicare un lavoro umanitario con le irritanti di,s·cussioni deUa politica, indusse il Governo del Re ad aspettare sino ad oggi a prendere delle v~.soluzioni in proposito. Ma ormai non essendo possibile rprocrastina:re maggiormente, abbiamo dovuto considerare che, allo ,stato presente delle co,se, è prevedibile che la conferenza di Bruxelles dia ,Juogo a quistioni di massima che, a,ssai più •che all'arte della guerra, si riferi:ranno al diritto cùi,plomatko ed alla parte giuridica della materia. Mossi principalmente da questa considerazione, ancorché sia nostro desiderio che i lavori abbiano un carattere strettamente tecnico e militare, abbiamo pensato che la presenza di un rappresentante diplomatico italiano fosse necessaria nella conferenza ed il Governo di Sua Maestà è venuto nella deliberazione di nominare V. S. Illustris•sima per rappresentarlo in questa circostanza.

Dandole avviso sin d'ora di questa deliberazione, debbo aggiungere che come secondo delegato o plenipotenziar:io il Ministro della Guerra ha designato il Conte Lanza Tenente Colonnello di Stato Maggiore nel R. Esercito. Con ulteriore ·comunicazione io informerò V. S. della risoluzione che 1sarà presa drca la foil'ma dei poteri che Le saranno spediti. E mi farò un piacere di trasmetterLe ez,iandio le istruzioni che il Ministero stimerà opportuno di darLe. Intanto Ella potrà significare al Governo belga la scelta fatta da quello di Sua Maestà per farsi rappresentare nella Conferenza ed io non dubito che la

S. V. con la prudenza e gli altri meriti che la distinguono saprà fare in guisa che l'Italia ottenga da questa 's·celta tutto il profitto che ne aspetta.

(l) Cfr. n. 435.

443

IL CONSOLE GENERALE A MARSIGLIA, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 248. Marsiglia, 14 luglio 1874, ore 15 (per. ore 21,30).

Ambassadeur birman remercie V. E. dispositions prises et agrée beaucoup le choix du lieutenant de vaisseau Biancheri (1).

444

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 432. Madrid, 14 luglio 1874 (per. il 25).

Rifercndomi al mio rapporto della presente serie del 2 corrente (2), ho l'onore di rassegnare a V. E. che a quanto pare, questo Governo ha dovuto

convincersi dell'impossibilità di venire ad accordi col Vaticano. Il Signor Ulloa, in una recente conversazione mi disse che quasi non rimanevagli un solo grado di speranza.

La questione pertanto riducesi ai termini seguenti. Dei Vescovi nominati dal Signor Castelar pei quali, siccome indicavo a V. E. col rapporto del 2 marzo (1), la Curia Pontificia aveva già spedite le relative bolle di confermazione a Madrid, nessuno ricevette la sanzione del Potere Esecutivo, sul parere espre·sso dal Consiglio di Stato al cui esame fu sottomesso il procedimento tenuto dal Governo ,che precedette quello del 3 gennaio. L'attuale Gabinetto chiede a favore della Nazione Spagnuola il riconoscimento dei diritti spettanti alla Corona. La Corte Pontificia recisamente vi si nega. Il Governo offrirebbe in iscambio l'assetto della questione degli emolumenti ecclesiastici, non che quella degli arretrati dei passati sei anni. Ma da quanto mi osservò lo stesso Signor Ulloa, neppur quest'incentivo possente ,sembra aver forza di persuasione presso la Santa Sede. Egli mi citò che le miserissime condizioni in cui versa il Clero Spagnuolo non incontrano parallelo in alcun'altra contrada. Credo aver già accennato a V. E. che lo Stato non ha più 1pagato assolutamente nulla alla Chiesa dalla rivoluzione di settembre. Dalle parole del Ministro degli Esteri, i vescovi per mantenersi con qualche decoro, debbono provvedervi quando

lo possono coi loro mezzi privati; mentre il ba!sso clero è poi spesso costretto

a procacciarsi un lavoro manuale per campare la vita.

Simile trista situazione non ha avuto Siinora influenza a smuovere il Papa dalla •SUa ostinata attitudine; per conseguenza, Governo e Curia lasciano ogni cosa in abbandono e non arrecano alcun rimedio al grave sconcio.

Mi fornì tema d'interessanti raffronti la lettura di un dispaceio rivolto a Lord Derby dall'Agente officioso d'Inghilterra presso Sua Santità sul contegno del Vaticano negli affari di questa Penisola, e che da Londra venne ultimamente qui comunicato alla Legazione della Regina. Il Signor Jervoise allude anche qui alle cortesie s•cambiate tra il Vaticano e Madrid, ma quanto poscia espone, ,conferma ciò che scrissi antecedentemente sulla fallacia di credere

che la Santa Sede addivenga a concessioni. Egli asseris•ce che il Cardinale Anto

nelli è di avvi1so che presto la monarchia sarà nuovamente 'prodamata in !spa

gna e che il Cardina•l Chigi, il quale fu altre volte Nunzio Apostolico a Madrid,

è in continui rapporti con l'elemento aristocratico conservatore che più par

teggia per una ristorazione. Il Signor Jervoise conchiude quindi emettenc'o

l'opinione che, se le simpatie della Curia Romana sono divise tra Don Carlos

ed il figlio della Regina Isabella, si considera, in ogni caso, il ritorno di que

st'ultimo come di gran lunga più probabile che quello del primo, ed esser per

conseguenza sul Principe Alfonso che si fondano le speranze delle alte sfere

pontificie. Questi ragguagloi coincidono colle mie proprie informazioni e pon

gono fine a tutte le illusioni concepite circa la verosimiglianza di un compo

nimento coll'odierno Governo. Che da qui si sia messo tutto in opera per

raggiungerlo, è altrettanto vero quanto il desiderio dimostrato a prima giunta

da Roma di porgere ascolto alle proposte che gli venivano fatte, nella lusinga

di carpire qualche privilegio secondo il suo vieto costume, siccome riuscì a fare col Signor Castelar. Da ambo le parti si vuol dunque ottenere quanto vicendevolmente non si vuol cedere e, con siffatte basi, la conclusione di un accordo diventa un'utopia.

Questa parmi essere l'esatta posizione rispettiva. Il Signor Ulloa mi confessò ,peranco che nello stato attuale delle cose, non si riprometteva alcun esito dalla misi3ione del Signor Lorenzana e che unico scopo di essa era di non lasciare un paese cattolico come la Spagna senza rappresentanza alla Corte Papale, in un momento in cui l'avanzata età del Sommo Pontefice può rendere imminente l'elezione del suo successore.

P. S. -Unisco la Bolla • Quo gravius • di cui non mi venne fatto d'acchiudere una copia nel rapporto dellì 2 corrente.

(l) -Questo telegramma risponde al t. 74 del 13 luglio con cui Artom aveva informato Strambio che, essendo Racchia imbarcato come capo di stato maggiore della flotta, il ministro della Marina aveva deciso di mettere Biancheri a disposizione dell'ambasciatore birmano. (2) -Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 291.

445

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 14 luglio 1874.

Ricevetti pochi giorni fa da Minghetti una lettera, nella quale mi fa cenno

deUa sua speranza che il viaggio di S. M. Francesco Giuseppe in Italia abbia

a compiersi quest'autunno. Precisamente tre giorni fa ebbi occasione di padar

in questo delicato argomento col Conte Wimpffen, e mi faccio premura di :rife,rirvi la nostra conversazione, pregandovi a voler anche comunicar queste :righe all'Ecc. Presidente del Consiglio come risposta a quanto Egli mi scrisse in proposito.

Il Wimpffen s'arrestò qui tre giorni, e mi fece una lunga visita. Sapendo

io che Egli stava per recarsi a Ischl dove sarebbe stato ricevuto dall'Impera

tore, che a mio avviso l'avrebbe fuor di dubbio intrattenuto della visita a

restituirsi al Re nostro, e considerando inoltre che precisamente di questi

giorni doveva verificarsi l'incontro dei due Imperatori parvemi essenziale pre

parar il terreno col Wimpffen. Non ebbi difficultà a far cader la 'conversazione

in quell'argomento poiché mi accorsi che il mio interlocutore aveva per lo

meno tanta voglia quanta ne avevo io di discorrere su quella delicata que

stione. Egli dilssemi la visita del Suo Sovrano al Re nostro esser un fatto

d'indis:pensabil compimento, chiesemi con insistenza se qualche cosa sapevo in

proposito. Al che risposi nessun avermene mai detto niente qui, e non aver

mai ricevuto istruzione di aprir bocca al riguardo, evidentemente però desiderai!:"

io la cosa non meno di Lui. Allora Egli diissemi, • il fatto come principio non

può esser dubbio ma ciò che non è poco grave si è la scelta del luogo rper la

visita. Roma non è possibile, e d'altronde darebbe luogo ad incidenti che

potrebbero anche esservi spiacevoli. Vi ha però una città che conve,rrebbe

perfettamente, e questa è ... • Napoli», risposi io. A questo nome di NapoLi,

H Wimpffen balzò dalla sedia, e dissemi esser impossibi.le quella città, non

esservi certamente in ciò questione politica ma esser affz>re di sentimento, ed

esser certo dell'invincibile ripugnanza dell'Imperatore, e si venne fuori a dirmi che a Torino soltanto l'Imperatore poteva restituir la visita al Re. Nel sentir nominar Torino balzai alla mia volta sulla sedia e dissi che fra tutte le città d'Italia era quella la più impossibile pel desiderato incontro. Non starò a ridirvi tutti gli argomenti avanzati tanto da una parte quanto dall'altra a sostegno deHe rispettive tesi. Vi basti sapere che tenni duro nello scartar anche la sola pos,sibilità di nominar Torino, ed il Wimpffen avendomi detto esser persuaso ~che il Re non divideva certamente il mio modo di vedere dettato da consideraz~oni Parlamentari, risposi recisamente esser dal canto mio convinto d'interpretar pienamente i sentimenti di Sua Maestà. Insomma la discussione fu lunga e talvolta anche alquanto aspra, ritengo però le conseguenze ne saranno buone, poiché ad ogni modo Wimpffen avrà capito e farà a sua volta intendere che di Torino non può esrserne assolutamente ~caso, anzi senza che io glie! dì~essi m'assicurò che ove venisse interpellato da Sua Maestà non avrebbe mancato di riferirgli ciò che da me eragli stato detto.

Mi scordavo di dirvi che egli mi chiese con insistenza se sapevo già fosse combinato qualchecosa per 'la viJsita dell'Imperatore Guglielmo, dicendomi che l'esempio ~che sarebbe per dare il ve,cchio Imperatore avrebbe grandi influenze sulle detecrminazioni del suo Sovrano. Come di ragione risposi nulla saper in proposito. Questa interrogaz,ione mi fa supporre che ad Ischl probabHmente qualche parola su questo affare verrà scambiata; son quindi lieto di aver avuto occasione di metter le mani avanti onde ben chiarir i termini della questione e scartar in wodo parmi definitivo la possibilità che la scelta cada su Torino locché io riterrei un vero disastro per noi.

Non ho occa,sioni dirette per l'Italia in questi giorni, né ben so se vi troviate o no a Roma in questo momento, ad ogni modo però vi spedirò senza ritardo questa lettera anche col mezzo postale poiché in fin dei conti non vi ripeto se non ciò che ebbi a dir già a Wimpffen.

446

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 438. Bucarest, 16 luglio 1874 (per. il 25).

Fermamente deciso a non riconoscere alla Turchia il diritto di estendere ai Princip:Iti ?'applicazione dei trattati di commercio, il Gabinetto di Sua Altezza ha fatto votare dal Parlamento una legge doganale che inferma parecchie clausole del trattato italo-turco del 1861. Di codesta legge ragionano i miei rapporti di serie commerciale nn. 92, 93 e 94 (1).

Gli argomenti adoperati dai Rumeni per opporsi ad ogni tentativo destinato a rendere obbligatori per essi i trattati turchi, sono riepilogati nella nota del Signor Boeresco del 27 ottobre e neU'opuscolo intitolato • Les droits de la Roumanie basés :sur l es traités ».

Non riproduco la sostanza di codesti documenti, 'perché li spedii già al Governo del Re. Il quale non ignorava d'altronde che la Cancelleria Principesca basa il diritto pubblico della Rumania su 4 antkhe capitolazioni turcorumene, donde altro obbligo non 'scaturis,ce tranne quello del tributo in iscambio della protezione che la Sublime Porta ,s'impegnò di accordare ai Princd,pati senza alterazione della loro autonomia garantita in seguito dagli art. 22 e 23 del trattato di Parigi, e confermata daH'art. 2 della Convenzione del 1858 che enumera le quattro capitolazioni in parola.

Con ~a legge doganale fatta ora votare il Gabinetto di Bukarest ha vo,luto non solo is,tabilire che i trattati tur,chi sono per esso • res inter alios acta • ma ha con l'art. 2 ribadito il di,ritto che avrebbe H paese di negoziare direttamente con le Potenze.

Alle proteste da me verbalmente fatte 'Contro le disposizioni sancite da questa 'legge in opposizione alle stipulazioni turche, il Ministro degli Esteri rispose che in diritto ed in fatto ,la Rwnania possiede la facoltà di conchiudere trattati di commercio con gli esteri Stati, e che gli intereSsi reciproci richieggono che codesti trattati siano al rpiù presto negoziati.

• Sotto il punto di vista del diritto, dicevami H Signor Boeresco, la nostra libertà ·commel'ciale fa parte ab antiquo della nostra autonomia, siccome risulta dall'art. 23 del trattato di Parigi che dice "Za Sublime Porte s'engage à conserver aux Principautés... Za pZcine Ziberté ... de commerce ". Che la Turchia voglia contrastarci codesto diritto non ne siamo 'sorpresi; ma confidiamo che gli uomini di stato europei tentenneranno ad imitarne a•esempio, persuasi come debbono essere che ,con questo noi non attacchiamo l'integrità dell'impero ottomano. Rivendichiamo invece ciò che da secoli ci appartiene, e che le Potenze d rkonobbero nel 1856 e 1858, il pieno eserdzio, cioè, della nostra indipendenza in materia di amministraz1ione, di legislazione, di culto, di navigazione e di commercio.

Siamo perciò ben risoluti a regolar da per noi le nostre dogane, lieti tuttavia di poter eliminare dalla legge, mercè accordi internazionali diretti, quanto di nocevole possa venirci additato agli interessi del commercio estero.

Sotto il punto di vista della pratica, continuò il Signor Boeresco, nessuno poi ignora 'che ,i trattati tur,chi del 1861 e 62 non furono mai applicati in Moldo-Valachia.

Codesti trattati fissavano in effetti un diiritto di esportazione dalla Turchia de11'8 % ed un diritto d'imp01rtazione dell'8 % ad vaZorem. In Rumania invece il diritto di esportazione fu sempre dell'uno per ,cento, e quello d'importazione del 7.lh %. I quali diritti rumeni non furono stabiliti da trattati turco-europei. ma sì da leggi interne.

Le tariffe doganali 'si compilano 1in Turchia da commissioni nominate ad hoc, e restano in vigore per 7 anni (art. 22 del trattato italo-turco). In Rumania le stesse tariffe sono elaborate annualmente da una commissione speciale nominata dal Ministero, alla quale prendono parte tre delegati dei Governi esteri che rendono ~con ciò omaggio alle ~eggi del paese.

Le merci di transito in Turchia pagano H 2 % e dopo otto anni l'uno per cento (art. 12 del trattato italo-turco). Il transito in Rumania fu sempre imposto dell'uno per cento.

L'importazione in Turchia del sale, del tabacco, delle munizioni da guerra è proibita. In Rumania oltre di questi oggetti è proibita da una legge del 1867 l'importazione degli spiriti e delle acquaviti.

Forti dunque del nostro diritto, così conchiuse il mio interlocutore, e fondandoci altresì sulla pratica costante noi dobbiamo assolutamente respingere le pretensioni della Turchia di regolare i nostri interessi commerciali che furono sempre da noi stessi ordinati , .

Questi concetti sono stati anche sviluppati dal Ministro degli Esteri in una ,circolare indirizzata agli Agenti rumeni presso le Corti Garanti, ed il Si· gnor Esar,co avrà già avuto l'onore d'intrattenerne V. E.

Ho repiicato al Signor Boeresco che l'art. 20 del trattato italo-turco estendendone ie stipulazioni ai Principati, e l'Italia essendo usa a rispettare gli [mpegni da essa presi, io doveva mantenere le mie proteste circa le infrazioni apportate dalla legge doganale a questo patto internazionale che non scade prima dell'ottobre 1875. Il Governo di Sua Altezza avrebbe almeno fatto prova di tatto aspettandone la scadenza prima di proporre in Parlamento una legge che ne inferma le disposizioni, mentre allo stato delle cose quando, cioè, il trattato stesso è ancora in vigore, io non poteva discostarmi dalla linea di condotta tracdatami ,riservando, per quanto riguarda l'avvenire, al Governo del Re l'intera libertà di apprezzamenti sulla quistione.

Cil'ca poi la non esecuz,ione nei Principati di talune clausole da lui citate dei tirattati vigenti, rammentai al Signor Boeres:co che consentendo in vista di drcostanze speciali alla modificazione delle dette clausole, le Potenze ebbero cura di dichiarare che ciò non doveva essere in avvenire invocato come un precedente contro l'applicazione in Rumania dei trattati stessi.

Il linguaggio da me adottato in una vertenza che s'impone all'attenzione delle Potenze rende da una parte omaggio alle stipulazioni internazionali esistenti, e non impegna dall'altra l'azione del Governo del Re per l'epoca non remota 1in cui le cennate stipulazioni vengono a scadere.

Per quell'epoca opino dover noi consultare d'accordo con gli altri Stati i nootrci propri interessi. Quando noi vedess,imo la Turchia elevare le sue tariffe e la Rumania essere invece disposta ad abbassarle secondo il bisogno reciproco del suo ,commercio e di quello degU esteri Stati a condizione però che questi trattino direttamente con essa, perché non dovremmo preferire il partito per noi più vantaggioso? Quante contestazioni giornaliere eviteremmo in tal guisa col Governo rumeno, il quale non terrà per certo alcun conto di patti stretti senza il suo intervento, e quanto ne profitterebbero i nostri interessi commerciali!

E d'altra parte in che la Turchia scapiterebbe se essa stessa consentisse alla

Rumania il diritto di conchiudere accordi commerciali con le Potenze?

E 1se infine è vero che l'Austria-Ungheria, la Germania e la Russia sono

per questi motivi inchinevoli a trattare con la Rumania, perché l'Italia non ne

seguirebbe l'esempio?

Nel pregarla da ultimo, Signor Cavaliere, di far dare opportuna conoscenza

del ,presente rapporto alla Divisione Commer,ciaie che è interessata a cono

scere le fasi di questa quistione...

(l) Non pubblicati.

447

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 79. Roma, 17 luglio 1874, ore 17,10.

Veuillez me télégraphier le plus tòt possible quelle réponse a faite ou fera le due Decazes à la note anglaise faisant des réserves ou conditions sine qua non à la réunion de la conférence de Bruxelles.

448

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2357. Parigi, 18 luglio 1874 (per. il 21).

Col telegramma che l'E.V. indirizzò ieri alla R. Legazione (1), Ella espresse il desiderio di essere prontamente informata deH'aocoglienza fatta dal Ministro degli Affari Esteri di Francia alla nota di Lord Derby in data del 4 corrente in cui erano espresse akune riserve per la partecipazione del Governo inglese alla Conferenza di Bruxelle:s.

lVIi sono recato oggi a Versaglia per inter·rogare in proposito il Signor Duca Decazes. Come già ebbi l'onore d'annunziarlo all'E. V. in via telegrafica, il Duca Decazes mi disse ch'egli non aveva ancora risposto alla nota inglese, ma che era deciso ad impegnarsi, .conformemente alla domanda fattane da Lord Derby, a non lasciar discutere nella Conferenza di Bruxelles quistioni concernenti operazioni marittime o la guerra sul mare. In quanto alle r~serve espresse neUa prrima pa1rte della nota, S. E. osservò che sopra le medesime la nota ·inglese non ·chiedeva dS[Josta. Il Duca Decazes .manifestò inoltre l'intenzione di dare agli Inviati francesi presso la Conferenza (i quali saranno il l.VIintstro di Francia a Bruxelles ed un Generale di Brigata) il carattere di semplici delegati, e non quello di PlenLpotenziari. Ma quest'intenzione non è ancora divenuta una definitiva .11isoluzione, e S. E. si dimostrò per ogni caso di.sposta a dare ole possibili prove di buon volere a·l Gabinetto di Pietroburgo da cui emanò il progetto della conferenza.

449

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC

D. 38. Roma, 19 luglio 1874.

lVIi faocio premura di mandare a V. S. Illustrissima una copia della risposta che il R. Governo ha dato alla comunicazione dell'Inghilterra relativa

alle limitazioni ed alle intE·rpretazioni restrittive del programma proposto dalla Russia per i lavori della Conferenza di Bruxelles.

Dalle varie notizie rac·colte in questi ultimi giomi, il R. Governo è indotto a credere che la Russia abbia aocettato il punto di vista inglese in termini che non lasciano dubitare del 1suo proposito di non proporre alla Conferenza delle quistioni •che si ·riferiscano aUe operazioni ma1rittime, alle guerre navali, ai rapporti dei beUigeranti 1sul mare ed in generale di non mettere in discussione dei principi del diritto delle genti già riconosciuti. Però il Governo dello Tzar non d ha fatto sin qui pervenire alcuna i.Sua ufficiale comunicazione.

Non mi risulta •che aitri Governi abbiano fatto deHe obiezioni pregiudiziali al progetto che deve se•rvire di base ai lavori della Conferenza. Pare che i Gabinetti delle princ,ipali Potenze, mossi precipuamente dal desiderio di far cosa grata aU'Imperatore Alessandro, abbiano voluto eliminare ogni difficoltà acconsentendo in massima alle domande dell'Inghilterra. Ne risulterà sensibilmente diminuito il valore pratico che per alcuni rpaesù. e per l'Italia in particolare, il regolamento propo13to dal Governo russo avrebbe potuto avere se, anche non ·comprendendo propriamente la .gueNa navale ed i ~rapporti dei belligeranti sul mare, es>so si fosse esteso alle operazioni marittime dirette ·contro terra, operazioni che >logicamente si doveano credere contemplate nel progetto di cui si tra.tta. L'ultima parte della ·risposta del R. Governo alla nota inglese accenna appunto a1le conseguenze ·che le restrizioni acconsentite potranno avere !sull'andamento e suJl'esito delle discussioni anche nella parte conservata del primo programma.

Seguendo l'esempio di dò che si è p,raticato nel 1864 e nel 1868 per la Convenzione di Ginevra relativa al trattamento dei feriti, ho fatto preparare per V. S. e per il Conte Lanza dei regolari pieni poteri che oggi stesso mando alla firma di S. M. il Re.

Suppongo ·che la maggioranza dei delegati delle Potenze avrà parimenti dei pieni poteri. Però H R. Governo è informato che a questa regola vi saranno delle eccezioni. La Francia, per esempio, non intenderebbe di dare· né al suo Ministro a Bruxelles, né al Generale di brigata che manderà alla Conferenza, altro carattere che quello di semplici delegati e sembra che si asterrà dal munirli di pieni poteri.

L'a!ssenza del Re dalla capitale importando un notevole ritardo nella spedizione degli atti che debbono essere firmati dalla Maestà Sua, sarà causa che anche la S. V. ed il Conte Lanza non potranno presentare i pieni poteri nella prima seduta della Conferenza, se questa si riunirà, come è stato annunziato, il 27 di questo mese.

V. S. procurerà intanto di sapere dai suoi colleghi se sta il fatto che qua'si tutti i delegati delle grandi Potenze abbiano quaiità di plenipotenziari. In tal caso, Ella annunzierà Ia prossima spedizione dei pieni poteri destinati a Lei ed al Colonnello Lanza. Ma, se invece Le risultasse che la maggioranza delle Grandi Potenze manda solamente dei delegati alla conferenza, Ella vorrà prontamente informarmi di que•sta cosa ed intanto V. S. potrà dichiarare non essere ancora a Sua notizia a quale partito il Governo del Re si vorrà attenere definitivamente.

Non è questa la sola difficoltà a cui l'esibizione dei pieni poteri potrà dar motivo. Già si possono prevedere due altre quistioni affatto estranee all'oggetto per ~cui la conferenza si riunisce, e che pure si affacceranno nelle operazioni preliminad della medesima.

Pare che la Russia abbia indirizzato alla Spagna quella stessa comunicazione che ha fatto alle altre Potenze per invitarle a farsi rappresentare a1la Conferenza di Bruxelles. È probabile che il Governo di Madrid non voglia lasciar passare una così favorevole occasione per prendere posto fra i Governi riconosciuti. So ~che questa difficoltà è ~stata preveduta a Berlino, ma non mi risulta che essa abbia dato motivo ad uno scambio d'idee fra quel Gabinetto e la Potenza dalla quale è partito l'invito per ~la Spagna. Mi sarebbe dunque impossibile di prevedere qual esito potrà avere questa quistione ed ignoro finora se si abbia in animo di eludere 'Con quakhe temperamento la difficoltà d'ordine politico che nascerebbe daLla presenza di plenipotenziari spagnoli. Se tale difficoltà ~si presentasse, varie ragioni d consiglierebbero a non essere fra i primi a pronunciarci. Anzitutto un sentimento di ·convenienza c'impone di non dividere in questa materia un'opinione troppo assoluta nel senso dell'esdus>ione dei rappresentanti di un Governo non riconosduto ufficialmente, ma che è in rapporti ufficiosi e frequenti con l'Italia. Noi ci siamo trovati nei primi anni deHa cmtituzione del Regno d'Italia in una situazione che, rispetto a •certe potenze, offriva qualche analogia ~con quella ~che ha ora il Governo

di Madrid. Non può essere dunque nostro ufficio il far pompa di rigorismo eccessivo, il quale d'altronde non sarebbe neppure giustificato dal concetto che ha diretto la politica italiana nelle sue relazioni ~con la Spagna. Tale concetto è noto a V. S. Noi non vogliamo essere né i 'Primi né gli ultimi a riconoscere H Governo che si ,sarà dato quel ,paese. Per mettere in pratica fedelmente questo nostro div~samento d manteniamo in frequente scambio d'idee con le principali potenze. Al,cune di queste, nella recente occasione in cui avvennero dei mutamenti nel per'sonale delle loro Legazioni in MadTid, ebbero ·cura di farci sapere ·che tali cambiamenti non modificavano il carattere dei loro rapporti ·con la Spagna. EUa dunque procurerà di intendersi coi rappresentanti delle maggiori Potenze sopra .questo delicato argomento. E. se nessuna intevligenza fosse prestabilita, e la conferenza veni:Sise ai voti, Ella potrà approfittare del vantaggio ~che Le off.re il dovere aspettare a pronun:zial'si dopo che i di Lei colleghi di Alemagna, d'Austria, di Francia e della Gran Bretagna, avranno manifestato la loro opinione. Se i voti di quelle Potenze >Saranno divisi, Ella m'informerà dello stato delle 'cose; ma se invece fossero unanimi, EJla 1s:i assoderà aLl'opinione che avrà raccolto tutti i suffragi. Ad un temperamento ·che, 'riservando la quistione politica, avesse per

effetto di aprire le porte della conferenza ai delegati di Spagna, difficilmente noi potremmo negare il nostro voto; ma se un siffatto temperamento non fosse da tutti i maggiori Governi accettato, Ella riserverà il suo voto fino a che abbia ricevuto le istruzioni ·che domanderà tostamente al Ministero.

Vi ha poi, come si è detto, una seconda difficoltà che, sebbene estranea all'oggetto della ConfNenza, potrà presentarsi nelle prime adunanze della medesima se pure alla diplomazia russa non sarà riuscito di appianarla nei ;Pochi giorni ·che ci separano da quello fissato per la riunione. Siamo infoirmati che il Gabinetto di Berlino ha protestato contro l'ammissione aHa conferenza delle società private che per ispirito di filantropia 1si ;sono fin quri occupate dei miglioramenti possibili per diminuire i mali della guerra. Fra queste società viene naturalmente in prima linea quella che è stabilita in Parigi, presieduta dal Generale Houdetot e che, nell'occasione in cui presentò uno schema di •regolamento per H trattamento dei prigionieri di guerra, si mise in relazione anche con noi. È ·cosa quasi inutile il ricordare qui come queHa Società accondis,cendesJse a ritirare la sua proposta di un congiresso avente un carattere privato, tosto che la Russia fece ·conoscere la sua intenzione di prendere essa stessa ['iniziativa di una ·conferenza dipJomatica alla quale tutte le quistioni relative al trattamento dei prigionieri di guerra, non meno che le altre attinenti allo stato di ostilità dichiarata fra due paesi, avrebbero potuto essere propo.>te. Noterò soltanto ,che il Comitato parigino non è il solo ·che potrebbe invocaire il favore di essere ascoHato ana ~conferenza.

V. S. mi ha per esempio comunicato ultimamente la lettera del Conte di Merode con la quale, a nome di altro Comitato privato esistente nel Belgio, si raccomandano anticipatamente alcune proposizioni sulle quali si vorrebbe che la conferenza deliberasse.

Intanto della protesta della Germania noi non abbiamo avuto ufficiale comunicazione. Tale protesta pare •sia stata fatta presso il Gabinetto di Pietroburgo che, per naturale conseguenza della iniziativa da lui presa, divenne il centro di tutte le pratiche relative ai punti di quistione che dovrebbero essere preliminarmente risoluti.

La partecipazione dei delegati di società private ai lavori di una conferenza avente un carattere diplomatico internazionale non costituisce un fatto totalmente nuovo. In certi congressi, come ad esempio nella conferenza telegrafica internazionale di Roma del 1872, la partecipazione dei commissarì delle compagnie private fu regolata da apposite disposizioni votate a maggioranza di voti. Giova però riflettere •che sebbene nelle conferenze telegrafiche le compagnie private rappresentassero ragguardevolissimi interessi materiali ed i loro commissarì .portassero lumi speciali sopra varie importanti quistioni, l'ammiss•ione dei commis,sarì stessi, ancorché limitata alla semplice discussione senza voto, fu molto contrastata, segnatamente dai delegati di Russia e di Francia ed ottenne un ·solo voto di maggioranza. L'analogia fra i due casi è tutt'altro che perfetta. A rappresentare gli interessi economici e finanziari delle compagnie era indispensabile la presenza dei loro commi,ssarì nella conferenza di Roma; mentre invece a Bruxelles i delegati delle società private non possono rappresentare che quegli stessi interessi morali che hanno in vista i Governi che prendono parte alla 'conferenza. Giova tuttavia rammentare che era appunto il delegato russo, quello che maggiormente o'steggiava l'ammissione dei commissarì di private compagnie nelle sedute della Conferenza di Roma. Egli avrebbe voluto ~soltanto ammetterli nelle commissioni preparatorie dei lavori della conferenza medesima.

Vero è che nella Conferenza di Ginevra del 1864 sulla proposta di uno dei Delegati della Prussia era stato deliberato che i membri del Comitat(} internazlonale di Ginevra che non avevano alcuna posizione ufficiale potes

sera assistere alle sedute, ma come semplici uditori e senza poter parlar€'

né votare (seduta del 9 agosto 1864). Ma il programma della -conferenza di

Ginevra era circoscritto ai solo argomento di cui si era occupato il comitato

ginevrino, epperò quel programma non sarebbe paragonabile né per la va

stità né per l'importanza a quello della conferenza che sta per radunarsi

in Bruxelles, alla quale sono invece proposte diverlse gravissime quistioni di

diritto pubblico internazionale oltre a quella del trattamento dei prigionieri

di guerra e dei feriti.

Prescindendo da qualunque altro ordine di ,considerazioni è poi certo che il maggiore inconveniente a cui potrebbe dar ·luogo la presenza di commissarì di società private in seno della conferenza sta nella quasi assoluta impossibilità di mantenere entro i limiti indi,spenlsabilmente imposti da certi riguardi internazionali una discussione alla quale parteciperebbero delle per-sone non investite di carattere ufficiale. La preoc·cupazione di tutti i Gabinetti per il pericolo che nelle discussioni di Bruxelles 1possano venir tratti in campo soggetti irritanti che darebbero motivo a recriminazioni ed a spiacevolissimi incidenti, è troppo visibile perché si possa supporre che eglinovogliano lasciare piena libertà di parola a chi forse ne potrebbe anche involontariamente fare un uso poco prudente.

Se la protesta del Gabinetto di Berlino, della quale non conosco il testo". è ·concepita in termini assol•.1ti, mi pare difficHe che la quistione della ammissione dei delegati delle private sncietà pos,sa dar luogo ad una delibe-razione della conferenza. La Germania si opporrebbe alla presa in considerazione di qualunque proposta di simil genere. Ma se, ,contrariamente a tale· nostra supposizione, la Conferenza dovesse pronunciarsi in proposito, io inclinerei a stabilire che ai Commissari delle società private sia bensì fatta facoltà di presentare alla Conferenza dei memoriali, delle proposte o dei documenti, ma che sia nel tempo stesso convenuto che appartiene al prudente arbitrio del presidente della Conferenza il permetterne od il rifiutarne la lettura e l'inserzione negli atti.

Avendo colle cose anzidette accennato a tutte le quistioni preliminari prevedibili allo stato attuale delle cose e 1secondo le informazioni che il

R. Governo possiede, io debbo ora riservarmi d'intrattenere ben presto V. S. Illustrissima con altro dispaccio delle considerazioni che più particolarmente si riferiscono al programma dei lavori che starà innanzi alla conferenza tosto che questa si sarà regolarmente costituita.

(l) Cfr. n. 447.

450

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

D. 214. Roma, 20 luglio 1874.

Mentre il Foreign Oflice comunicava a codesta R. Legazione una copia· del dispaccio che Lord Derby indirizzava il 4 corrente all'Ambasciatore inglese a Pictroburgo circa la limitazione da introdurre nel programma della Conferenza di Bruxelles, il Signor Herries riceveva l'ordine dal suo Governo di consegnarmi un'altra ~copia di quello stesso di,spaccio e mi scriveva una nota per domandarmi di fare quelle i&tesse preliminari dichiarazioni che l'Inghilterra aveva chieste alla Russia.

V. S. troverà qui unita Ia risposta che ho data all'Incaricato d'Affari di

S. M. Britannica.

Sostanzialmente noi ce ne rimettiamo a dò che farà la Russia in ordine alla maggiore o minore estensione da darsi al programma della Conferenza. Abbiamo ,preso il partito di limitarci a rispondere in questo senso per dei delivi facili a ;;omp~·endere.

Noi non avevamo fatto alcuna difficoltà di massima ad ammettere che la discussione si aprisse a Bruxelles ~sul programma che il Gabinetto di Pietroburgo ci aveva presentato. Avevamo accettato di farci rappresentare in quella Conferenza per contribuire, se era possibile, ad un'opera egregia di filantropia, e col pensiero di ~coadiuvarne la riuscita. Avevamo anche in animo di fare ~cosa grata alla RUI~sia ed alla persona stessa dello Czar, che particolarmente si interessava all'esito della proposta di cui il suo Gabinetto ha preso l'iniziativa.

La Russia, dopo di aver ricevuto la comunicazione dell'Inghilterra, non ci ha fatto fare nessuna nuova proposta. Ma noi abbiamo saputo che il Gabinetto di Pietroburgo ha accettato H punto di vista di quello di Londra e gli ha dato le assicuraz,ioni che quest'ultimo desiderava.

In tale stato di cose, per mantenerd fermi nel proposito di semplificare e facilitare gli accordi indispensabili per il buon esito della Conferenza, abbiamo pensato ,che il migHor modo di ~conciliare i riguardi dovuti al Governo ~che d ha invitati ad intervenire alla medesima, con il desiderio nostro di non ~creare ostacoli nuovi ahla riunione O["mai imminente dei Commissarì delle Potenze convocati in Bruxelles, era appunto quello di dichiarare all'Inghilterra che aderivamo alla riJ~posta ,ch'essa riceverebbe da Pietroburgo.

Colla scorta di queste spiegazioni, che hanno del resto un carattere confidenziale, V. S. potrà, ove ciò sia opportuno, dare verbalmente a Lord Derby tutti gli schiarimenti che egli potrà desiderare.

451

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. l. Berlino, 21 luglio 1874.

Je n'ai pas répondu :plus tòt à vos deux let~tres particulières du 27 Juin

échu, qui m'ont été apportées par le courrier Villa. Le 29 Juin j'ai eu une

nouvelle attaque de sciatique qui m'a cloué au lit pendant une quinza,ine de

jou!'s. Après avoir beaucoup souffert, je lsuis maintenant en convalescence.

D'après un télégramme que j'ai reçu de M. le Président du Conseil en

date du 13 Juillet (1), M. de Keudell a informé confidentiellement que l'Em

pereur d'Allemagne se proposait de rendre sa visite en ltalie au Roi dans l~ mois d'Octobre. Voilà une circonstance qui doit mettre a couvert la conscience du Ministre vis-à-vis de131 Chambres. Le Parlement n'étant pas réuni, on pourrait parfaitement pourvoir par ordonnance Royale au règlement de la situation financière de la Légation à Berlin, érigée en Ambassade. Il serait meme opportun que tout fut .convenu avant le voyage de l'Empereur. Il n'est nullement •certain encore que le Prince de Bisma,rck accompagne Sa Majesté, et dans ce cas vous risquer~ez de ne pas trouver en votre présence avec qui conclure cette affaire. Il me rparait donc préférable qu'ici on connaisse d'avance notre désir, précisément dans la perspective de la visite Impériale, que les Légations respectives soyent élevées au rang d'Ambassades, afin de donner par là une preuve de plus du prix que nous attachons à la rencontre des deux Souverains. Elle aurait de la sorte le ·caractère pleinement marqué

d'une démonstration poilitique; surtout si nous ne nous empressions pas d'app:liquer le meme traitement à d'autres grandes. Puissances.

Je comprends qu'apii'ès avoir pris les devants il y a rplus de quinze mois, sans avoir pu obtenir le résultat voulu, H puisse nous répugner de revenir· à la ·charge; mails vous vous souviendrez que 'la réserve du Cabinet de Berlin a été expliquée par ce fait que nous n'avions jamais fait que des démarchesofficieuses par mon entremise. Le voyage de l'Empereur modifìe la face deschoses, et nous permet parfaitement de m'autoriser à constater officiellement si le Cabinet de Berlin ne partage pas notre désir de régler cette question soit avant, soit pendant la visite de •l'Empereur. S. M. Impériale sera de· retour de Gastein à Berlin vers la mi-Aout. Si vous etes de mon opinion, je pourrais vers cette époque prier en votre nom M. de Biilow de pressentir les intentions du Prince de B~smarck et de me mettre en mesure de vous mander sa réponse.

Quand il s'agira de régler la question du traitement, je me permets devous rappeler ce que je vous disais quand nous avons parlé avec M. Sella de la somme qu'il conviendrait d'allouer à cet effet. Je vous ai dit qu'il fallait stipendio et assegnamento compris 200.000 francs. Le total de mon traitement, y compris l'indemnité de logement, est aujourd'hui de 135.000· francs. Il y aurait un surplus de 65.000 francs. Mais :la tenue et la représentation d'un Ambassadeur est sur un tout autre rpied que •celle d'un Envoyé Extraordinaire. n importe, comme je vous le faisais observer alors, ainsi qu'à,

M. Sella, qu'il puisse calculer sur un revenu fixe et non soumis aux fluctuations de I'agio et à la perte sur le papier; ainsi il faudrait ajouter à ces deux cent mille francs la somme nécessair pour compenser les rédu~tions provenant des retenues réglementaires du change et de l'agio etc. etc. autrement les 200.000 francs risqueraient d'etre diminués d'un quart comme lorsque l'agio entre le papier et l'or était à 17%.

Mes calculs 1sont basés sur le traitement fait ici à mes •collègues des autres· grandes Puissances, sur le renchériSisement •continue! et progressif de toutes choses à Berlin depuis la dernière guerre. Vou!s. vous rappellerez qu'en 1871 j'avais demandé une augmentation de 30.000 frances dont le chiffre a été

réduit à 20.000 francs en me laissant espérer :!Ue plus tard on pourrait aller au delà. Depuis je n'ai rien réclamé mais je suis très gené. Voici maintenant quels sont les différens traitemens des Ambassadeul"s à Berlin.

Russie. 200.000 francs, plus l'argenterie, un Palais meublé chauffé et éclairé appartenant à l'Empereur 20.000 francs pour frais d'entretien, portier, huissiers, maitre d'hòtel payés par le Tzar et enfin les bonifications considérables lorls des passages presqu'annuels du Monarque.

Angleterre. Le meme traitement environ .plus l'argenterie de la Couronne, les avantages pour le logement, la chancellerie etc. etc. et cependant Lord Russell déclare que sans les généreuses subventions de son frère, l'ainé de la famille, il ne pourrait absolument point suffire aux charges de ·sa position.

France. 140.000 plus 12.000 de frais de Chancellerie. L'Ambassadeur habite un h6te1 meublé propl'iété du Gouvernement Français. Dans ces conditions et l'entretien du mobilier et du Palais aux frais de l'Etat ainsi que le Portier ek. on peut évaluer son traitement au delà de 200.000 francs.

L'Autriche. La position de l'Ambassadeur actuel est tout-à-fait exceptionnelle et ne saurait servir de point de comparaison. Le Comte Karoly désirait ce poste et cette promotion; il jouit d'un revenu annuel de 500.000 florins et s'est en conséquence chargé de cette mission avec des appointemens inférieur.s à ·ceux de ses collègues. MaiJ~ c'est là un état de choses qui devrait forcément changer avec un nouveau titulaire.

Turquie. Vu les us et coutumes orientales, les indications sur la position de l'Ambassade de ce pays où les incerti jouent un grand ròle sont un peu vagues; H parait ·cependant que la part du traitement fixe est de

200.000 francs aumoins. E n outre l'Ambassadeur vient de recevoir comme nouveaux frai-s1 d'établtssement 100.000 francs. Quoiqu'il jouisse d'un mobilier déjà payé par l'E,tat et que celui-d ait loué ici le Palais Pourtalés meublé aussi. Si je fais une distinction entre le traitement fixe et gli incerti, c'est que le Sultan a le louable Ulsage de supporter les frais de sa représentation pour voiture et quelques grands diners officiels etc. etc.

Il reste, outre •l'appointement qui vous le voyez serait inférieur à ceux de mes collègues, un autre point à régler, celui des nouveaux frais d'établissement. Vous avez vu par vous meme les efforts que j'ai faits pour tenir ma Legation ,sur un aussi bon pied que possible, pour tout ce que les autres voyent. Depuis que j'ai touché en 1867 mes frais d'établissement à Berlin

30.000 francs, le règlement de 1870 (article 21) a bonifié la s1tuation pour les Envoyés postérieurement, bonifkation dont je n'ai pas joui. Mon mobilier me colite pJus de 100.000 franc:s. Mais pour me tenir sur un pied d'à peu près avec mes collèguels il y aurait un surcroit de dépenses, en grandes Iivrées, en tenue de livrées ordinaire:s et extraordinaires en voitures ordinaires et de gala, en chevaux et harnais; votre Ambassadeur en peut pas aller en fiacre ni meme en remise; il faut louer remise, écurie, logement de cocher, qui ne sont id que pour une seule voiture. Il faut un complément de linge, de

cristaux, de porcelaine, surtout d'argenterie pour les réceptions officielles où vient toute la Cour. Ainsi sans prétendre autant que mon collègue de Turquie, il faudrait aumoins une somme de 50.000 francs en or, pour compléter mes frais d'établissement.

Il est évident qu'il vaudrait mieux ne point créer d'Ambassade, que de la mettre sur un pied d'infériorité marquée vi1s-à-vis d'autres Puissances, réprésentées d'ailleurs par des diplomates qui ne sont .pas, comme moi, sans fortune personnelle. Depu~s tantòt 22 ans, je fais à Berlin des efforts surhumains d'ordre, d'économie et de privations personnelles pour représenter convenablement mon Gouvernement.

J'ai tenu à mettre ces calculs consciencieux par écrit, pour que vous sachiez d'avance quelle est 1la position C'laire et nette et les nouvelles obligations.

Vous savE;z que ma personne est en dehors, et je serais le premier à applaudir si un duplicata du Comte Karoly pouvait se charger de ce poste à des meilleures conditions pour le trésor.

(l) Cfr. n. 440.

452

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

T. 83. Roma, 24 luglio 1874, ore 15.

Je vous ai envoyé le 20 courant (l) copie de notre réponse au Gouvernement anglais au sujet des demandes et des réserves qu'il a fait relativement à la Conférence de Bruxelles. Aussitòt que vous aurez reçu ma dépeche veuillez vous rendre au Foreign Office pour communiquer le texte italien de notre réponse qui a été peut etre imparfaitement traduite et communiquée. Vous ferez remarquer que le Gouvernement italien s'associe entièrement aux déclarations contenues dans la réponse du Cabinet Russe, réponse italienne ayant la meme portée. Si ·réponse du Prince Gortchakoff a été trouvée satisfaisante nous n'avons l'ien à ajouter. Cependant vous pourrez déclarer que le Gouvernement italien s'abstiendra de toute initiative qui puisse augmenter les difficultés de la discusrsion ou rendre moins· probable l'entente entre toutes les puissances.

453

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI

D. 120. Roma, 24 luglio 187 4.

Il Signor Shewitch mi ha comunicato oggi confidenzialmente la risposta che H suo Governo ha dato all'Inghilterra relativamente alle riserve colle quali

il Gabinetto di Londra ha accompagnato la sua accettazione di farsi rappresentare nella ~conferenza di Bruisselle. La mancanza di una ·comunicazione ufficiale per parte del Gove,rno dell'Imperatore della risposta data alla Gran Bretagna, ha aeato a noi qualche difficoltà in presenza delle ripetute ed insistenti domande ·Che la Legazione britannica era stata incaricata di rivolgerei sullo 'stesso soggetto. La nostra risposta all'invito della Russia per la riunione della conferenza e:;:sendo stata fatta senza alcuna riserva, sulla base del .programma che codesto Gove.rno ci avea comunicato noi non volevamo accettare delle limitazioni ·che il medesimo non avesse voluto ammettere. Ciò spiegherà a V. S. il motivo .per cui noi abbiamo dovuto fal'e all'Inghilterra due suocessive comunicazioni sopra questo argomento, mentre ~che se il Gabinetto di Pietroburgo ci avesse tenuto al corrente delle sue trattative ·COn Londra, questo affare non avrebbe presentato per 1parte nostra alcuna difficoltà.

(1) Cfr. n. 450.

454

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 187. Monaco, 24 luglio 1874 (per. il 26).

Il Signor di Pfretzchner mi tenne ,ieri d~scorso sull'invito direttogli dalla Russia di mandare un rappresentante al ·congresso di Bruxelles. La risposta si fece assai tempo indugiare dovendo la Baviera, la quale come mi disse il Ministro degli Esteri, nelle cose milital'i che si riferiiSJcono a tempi di guerra, dipende dall'Impero, porsi d'accordo col Governo centrale.

Ora al seguito di questi ac·cordi la Baviera delegherà un suo generale, di cui però non mi si diede il nome, il quale figurerà al congresso come secondo plenipotenziario dell'Impero.

Il Ministro degli Esteri non parmi avere grande fiducia nei pratici risultati del congresso di Bruxelles, e teme che sui varii punti possano sorgere recriminazioni tra i ;plenipotenziari tedes·chi e francesi, ricordando gli appunti che vennero fatti dalle due parti durante l'ultima guerra.

455

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 268. Bruxelles, 27 luglio 1874, ore 15,34 (per. ore 17,55).

La Conférence s'est constituée sous la présidence du délégué russe sans aucun incident qui nécessite actuellement nouvelles instructions de V. E. Mon rapport partira ce soir. Je vous télégraphierai ce soir un ensemble d'informations.

456

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC

D. 39. Roma, 27 luglio 1874.

Il Governo del Re avendo aderito ana proposta fatta dal Governo Imperiale di Russia di riunire a Bruxelles una .confe•renza per discutere alcuni quesiti attinenti al dil'itto di guerra, si è dedso di nominare la S. V. IllustriSisima ed il Signor Conte Lanza, Luogotenente Colonnello di Stato Maggiore del

R. Esercito a suoi delegati per questa conferenza. Mi è grato, nel partedparle siffatta determinazione, ...

457

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 156. Bruxelles, 28 luglio 1874 (per. il 31).

Nell'udienza .particolare in cui ebbi oggi l'onore di presentare a Loro Maestà il Colonnello Conte Lanza, vel'so il quale LL. MM. dimostrarono la massima gentilezza, il Re ci esprelsse francamente il parere che v'ha luogo ;per la Conferenza di esaminare ,per tutti i lati gli argomenti relativi alla difesa nazionale di un paese, come sarebbero quelli dell'armamento dei cittadini e delle spie. Egli osse·rvò che si deve tener conto dei giusti diritti del patriottismo e del sentimento del dovere, co•sì preziosi ai popoli che vogliono mantenere la propria indipendenza, qual'i sono !specialmente l'Italia ed il Belgio; e conchiuse augurando alla Conferenza la riuscita (più soddisfacente per tutti.

I membri del!la Conferenza .serbano una estrema riserva nelle loro conversazioni private; è evidente in ognuno di essi la preoccupazione di non dar appiglio a nessuna questione politi.ca di attualità. Solo traspirò finora una :reciproca diffidenza tra i rappresentanti del1la Francia e della Spagna, per effetto della tensione cagionata tra i due paesi dalla insul'rezione ·carHsta. Il pericolo che ogni quistione, anche la più inevitabile ed innocua in apparenza, possa indirettamente prendere un carattere allusivo a divergenze politi•che latenti, apparisce .sin d'ora perfino nella semplice verificazione dei pote:ri, come telegrafai a V. E. I rappresentanti del Governo de'l Re sono compresi della assoluta convenienza di non prendere iniziativa di sorta ritenendo ·che il miglior mezzo di rendere più utile H •concorso dell'Italia alla Conferenza sia di dimostrare altrettanta l'~serva nelle quistioni non mature e difficilmente suscettive d'accordo attuale fra le Potenze, quanta premura nell'appoggiare quelle mozioni 'che saranno atte a sdogliere questioni d'umanità e di comune interesse. L'iniziativa i·taliana si manifestò ad onore del nostro paese e ad effettivo vantaggio delle tendenze pacifiche ed umanitarie in recenti circostanze, che non è bisogno ricordare; la via più acconcia presentemente •per ottenere nuovi ed utili risultati nello stesso senso, è quella della più rigorosa prudenza.

458

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 85. Roma, 29 luglio 1874, ore 17.

Mandement de l'archeveque de Paris contient appréciations injurieuses. et non équivoques contre le Gouvernement et <les lois italiennes. Je ne puis pas com:prendre comment le due Decazes après avoir donné sattsfaction à l'Allemagne dans une circonstance analogue a laissé passer cette publication et n'a pas fait usage des droits que confèrent au Gouvernement Français les articles organiques. Je vous prie de lui demander sans délai acte de répression ou de désapprobation explicite.

459

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCON':DI VENOSTA

T. 272. Bruxelles, 29 luglio 1874, ore 16,39 (per. ore 21,20).

Dans séance aujourd'hui conférence a nommé commission composée d'un membre par Gouvernement représenté, chargée de examiner projet russe et de soumettre à la conférence plénière les points sur lesquels accord sera possible. J'ai désigné Lanza camme commissaire.

460

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 4478. Roma, 29 luglio 1874 ( per. il 30).

Mi viene riferito che il partito reazionario si adoperi attivamente a disciplinare gli elementi di cui potrebbe disporre nel 'Caso si determinasse a tentare un movimento nel Regno e specialmente nelle provincie Napoletane e Siciliane.

Si vuole che a quest'uopo si avrebbero aiuti da Malta dove attualmente si troverebbero a disposizione del partito come agenti organizzatori i seguenti individui: Cecca1·elli ex Direttore di polizia nelle Romagne, a cui si attribuiscono le stragi alla Sgorgola e l'assalto di Colalto, Guerrieri ex maggiore nell'esercito Napoletano, Piccoli ex capitano dello stesso esercito, oriundo Siciliano, e un tal Guerra, ex ufficiale superiore (1).

Mi viene pure riferito che in questi giorni sia partito il gesuita laico Schembri per Valletta per prendere concerti coi suddetti individui.

Comunico all'E. V. siffatte notizie con preghiera di veder modo come verificare se il contegno delle indicate persone a Malta offra argomento a conferma di tali sospetti.

(l) Con R. 101 del 23 agosto il console a Malta comunicò che queste notizie erano assolutamente infondate; che il Ceccarelli era morto dal 1869 e gli altri individui avevano da tempo abbandonato l'isola.

461

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 157. Bruxelles, 29 luglio 1874 (per. l' 1 agosto).

I delegati alla Conferenza, nelle visite che scambiarono finora e nell'occa

sione del pranzo dato loro iersera dal Ministro degli Esteri, poterono ricono

scere approssimativamente le rispettive loro tendenze. In generale è assai de

cisa l'opposizione in merito alla maggior parte del programma russo, come

sembra unanime il desiderio di evitare d'infliggere una sconfitta all'iniziativa

dell'Imperatore di Russia.

Sono da notarsi speciali punti di vista per parte dei delegati della Russia,

dell'Allemagna e della Francia. In quanto alla Spagna furono presi tra noi con quel delegato preventivi concerti che sembrano assicurare che la quistione dei carlisti non sarà sollevata e che sarà da lui stesso dichiarato come la pre.senza sua alla Conferenza non pregiudichi la situazione politica della Spagna

verso gli altri Governi.

Il Barone Iomini è finora molto incerto sulla direzione da darsi ai lavori,

conscio delle opposizioni sollevate dal progetto del 1suo Governo e preoccupato

di evitare uno scacco.

I delegati dell'Allemagna dimostrano una speciale premura per dare alla

Russia ogni possibile soddisfazione, ma è opinione dei più autorevoli tra i

membri della Conferenza che essi pure vorrebbero evitare la discussione a

fondo di certi punti !sui quali dovrebbero separarsi dalle proposizioni formo

late dalla Russia. Si crede di sapere qui che il Principe di Bismark teritò inu

tilmente di sconsigliare al suo sovrano l'adozione pura e semplice della pro

posta dell'Imperatore Alessandro, e che le istruzioni dei delegati della Ger

mania permettono loro di proporre mezzi termini conciliativi tra la Russia e

le Potenze meno preparate ad un accordo.

I delegati francesi sono quelli il cui contegno eccita maggiori preoccupa

zioni. Il Barone Baude, che andò a prendere in ultimo definitive istruzioni a

Parigi, non si dimostra punto ,pauroso di una discussione a fondo del progetto

russo. Egli sembra avere la convinzione (erronea secondo la maggior parte

di noi) che la Conferenza sia un colpo montato di concerto tra la Germania

e la Russia, e non ripugnare all'idea di lasciare che s'accentui la non riuscita

della Conferenza, ad umiliazione della supposta alleanza rm:,so-germanica. Egli

tiene in serbo .citazioni delle ordinanze prussiane del 1813 sulla landsturm

tali da giustificare i procedimenti della difesa nazionale del 1870 contro le

attuali teorie della Germania e della Russia, e si atteggia insomma quale riso

luto ad affrontare qualsiasi incidente anche più delicato.

Di fronte a tale situazione, !sarebbe prezioso agli altri delegati un concorsooperoso del delegato inglese; ma questi evita assolutamente ogni scambio d'idee e rimane, nella Conferenza come di fuori, uditore silenzioso.

In parec,chi colloqui che ebbi ieri e stamane coi delegati della Russia, deU'Allemagna, dell'Austria, del Belgio, deHa Francia e dell'Olanda, si fecero strada vari concetti sul procedimento da fislsarsi in via d'ordine prealabile per i nostri lavori.

Il l o delegato allemanno inciina alla nomina di tre commissioni; una tecnica militare ed amministrativa da nominarsi per determinare i punti suscettivi di attuale e pratica soluzione, la se·conda giuridica e diplomatica, e la terza 'con is.copo più genericamente umanitario; queste due ultime da nominarsi anche più tardi quando la prima, ~compiuto il proprio speciale lavoro, ne invocasls·e il concorso.

Il Conte Choteck era di parere che si potessero riservare ad una sola commissione, da nominarsi ad un'epoca indeterminata, le materie estranee alla competenza definita •come sopra della prima delle suddette ~commissioni, la quale intanto comincerebbe il proprio lavoro.

H Barone Baude si rinchiude in dichiarazioni generiche sul suo buon volere per quel procedimento che !sembrerà alla Conferenza più pratico ed efficace.

Il mio personale parere, nel quale sono d'accordo col mio collega colonnello Lanza, è questo:

È riconosciuto da tutti e venne ·constatato nel:la risposta del Principe Gortchakoff aHe osservazioni inglesi in data del 2/14 'luglio ,corrente, che il Congresso deve evitare di abbordare principi nuovi o che non sarebbero tali da incontrare l'assenso di tutti; 'Che esso non deve neppur mettere in quistione· od in discussione i principi riconosciuti del diritto delle genti; e che gli unici risultati utili che esso possa cercare di ottenere sono quelli che possono riunire l'adesione generale ad un punto di viJslta tutto pratico.

Vi sarebbe dunque luogo a determinare: Da un ilato quali siano precisamente i punti suscettibili fin d'ora di un accordo generale in uno scopo pratico, e questi saranno 'l'oggetto delle attuali deliberazioni.

DaU'a'Itro lato, quali siano i punti sui quali sarebbe utile di differire una discussione a fondo alla quale tutti i Governi non .sono preparati e ·che pOSsono venir riservati da un protocollo od altrimenti a scambio di viste ulteriori tra

Governi.

Per dividere ~così le materie da ~trattarsi in un interesse d'ordine e di progresso pratico dei lavori, è egli preferibile di procedere per riunioni plenarie della Conferenza, o di nominare parecchie Commissioni, o di nominarne una sola?

La via la più ls,emplice pare quella di nominare una Commissione che non avrebbe un 'Carattere esciusivamente militare o diplomatico, il cui mandato sarebbe ,semplicemente quello di passar la :rivista del progetto e di riconoscere le questioni senza trattarle a fondo, onde determinare quali siano· queHe che possono ,gin d'ora rispondere alle ,condizioni di accordo generale e· di pratica utilità che tutti i delegati riguardano necessarie.

Il lavoro della !.suddetta Commissione potrebbe venir condotto a termine in pochi giorni, e fornirebbe immediatamente alla Conferenza una base sicura per ottenere un risultato positivo.

Le altre quistioni che verrebbero riservate per un ulteriore accordo, non

sarebbero pregiudicate dalla constatazione inopportuna di disaccordi motivati,

e la generosa iniziativa presa da S. M. l'Imperatore di Russia avrebbe per

effetto eccellente di aver ottenuto fin d'ora importanti soluzioni, e di aver

posto in elaborazione altre soluzioni ·che al buon volere dei nostri Governi

toccherà di preparare per quanto 1sarà poSISibile.

In tal senso si pronunzieranno i delegati del Governo del Re, se sarà necessario, nella seduta d'oggi. Renderò immediatamente conto a V. E. del risultato della tornata alla quale ci recheremo fra pochi momenti (1).

462

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

.R. CONFIDENZIALE 158. Bruxelles, 29. luglio 1874 (per. il 2 agosto).

La seduta d'oggi della Conferenza comincia colla lettura ed adozione del verbale deHa prima ·seduta, che invierò a V. E. tostoché ci sarà stato distribuito. Continuerò intanto a !spedire a V. E. in forma confidenziale, senza escludere però qualsiasi comunicazione che V. E. crederà di farne, il resoconto dettagliato degli incidenti e della fisionomia di ogni seduta.

Essendosi chiesta dal Presidente ai delegati la comunicazione dei poteri che li autorizzano a prender parte aUe deliberazioni della Conferenza, riservando la quistione dei pieni poteri per firmare, tutti i delegati H presentarono, eccettuati quelli dell'Italia, della Rus,sia e della Svezia che dichiararono di aspettarli per un prossimo corriere.

Dirò qui tra parentesi che si era saputo prima della riunione 'che il Duca di Tetuàn non si credeva più a~torizzato a dichiarare che la sua partecipazione alla Conferenza non pregiudicava la situazione attuale del suo Governo verso gli altri, avendo egli ricevuto nella notte un telegramma che gli ingiungeva di uscire dalla Conferenza ,se quell'argomento veniva toccato. Ma ci eravamo concertati ])er lasciare nel silenzio tale quistione, e se sorgerà, !sarà probabilmente solo quando si tratterebbe di firma•re. Non nacque adunque alcun incidente al riguardo, benché i delegati della F,rancia e dell'Austria si mostrassero disposti a molto rigore verso gli spagnuoE.

Il Presidente partedpa alla Conferenza che varii rappr~sentanti di Stati dell'America del centro e del sud, muniti di pieni poteri per la Conferenza d'Houdetot, avendogli scritto per essere invitati alla Conferenza di Bruxelles, egli rispose che per maggior speditezza si credeva più utile non allargare il

cerchio della riunione, ma che i risultati ne sarebbero comunicati agli altri

Governi per attenerne l'adesione; del che i suddetti delegati si dichiararono soddisfatti.

Alcune società private per feriti e pr,igionied avendo anch'els,se chiesto d'essere ammesse, la Conferenza, sulla proposta del Presidente, le esclude, assicurando però che delle comunicazioni da esse fatte per iscritto sarà tenuto il conto che la Conferenza crederà del caso.

Il Presidente prosegue facendo una interes,sante dichiarazione di principi che debbo riassumere il più fedelmente possibile.

Il progetto russo, disse egli, è stato suggerito dal noto regolamento emanato dagli Stati Uniti per la Guerra di secess,ione. È vero che colà si trattava d'un paese entrato in una guerra civile i cui effetti dovevano es1sere sopportati egualmente, alla pace, dall'insieme della popolazione. Ma la solidarietà ognor crescente di tutti gli interessi in Europa, ove un giorno tutte 'le guerre saranno guerre civili, permette di tentare qui, a beneficio della dvilità, quel che riuscì in America. V'ha qualche cosa di più difficile che il compimento del proprio dovere: è la cognizione del dovere medesimo. Bisogna farne penetrare le nozioni più esatte che si possano formolare, non solo fra i CaQ>i di Stati e di e:serciti che non ne abbisognano, ma in tutti gli ordini di funzionari militari e civili, e nelle popolazioni stesse, abbandonate finora a pregiudizi opposti ed egualmente pericolosi. Da una parte v'ha chi immagina che la guerra non debba essere che un torneo tra grandi eserciti organizzati, i popoli rimanendone spettatori indifferenti; altri considera il diritto di difesa come illimitato, senza pensare che ciò implicherebbe estremi rigori nell'attacco e guerre di ster,minio. La guerra :fu detta essere la negazione di ogni regola, ma molti atti umani ~che non è polssibile impedire sono nullameno oggetto di leggi, di giudizi, di mas,sime moderatrici. Regolarizzare la guerra nell'interesse generale; tale è i1l ~concetto, tali le parole stesse dell'Imperatore Alessandro, e per ciò conviene ridurla !il !Più possibile al funzionamento di una macchina scientificamente organizzata. Limitare il diritto di difesa nazionale non sarebbe consentaneo alle tradizioni stes1se della storia russa; ma il patriottismo ,stesso abbisogna di essere ,regolarizzato per rimanere utile. Le ,sollevazioni ~che ebbero luogo in Russia, in !spagna, nel Tirolo in aHri ~tempi, non sarebbero possibili oggidì se non a costo di spaventose rappresaglie. L'armamento nazionale, i franchi tiratori 1stessi possono venir regolarizzati. Non v'ha interesse per alcuno ad autorizzare un contadino a sparare da una finestra contro il nemico ed a dar luogo ,così ad un incendio del villaggio per rappresaglia. Vengono escluse d'accordo ka i Governi della Russia e dell'Inghilterra le quistioni, attualmente insolubili, che riguardano il mare, e saranno parimente scartate le quistioni nuove che potrebbero venire a compHcare ,l'opera della Conferenza.

Ciò detto, il Presidente dichiara risultargli ~che l'idea prevarrebbe fra i delegati di nominare una commiss,ione di preparazione dei lavori.

Noterò /soltanto i tratti interessanti nella discussione che seguì.

Il primo delegato prussiano insistette perché le materie non ammesse dalla detta Commissione ad immediata discussione in plenum, fossero espressamente· riservate ad un'altra commissione da nominarsi in seguito.

I delegati belghi ed altri furono piuttosto di parere di non deliberare per ora che 'sulla nomina d'una sola commissione incaricata di preparare per la discussione in plenum i punti del progetto russo suscettivi di ac,cordo generale e praHco, nonché altri punti relativi non ai diritti e doveri dei neutri, ma solo ai prigionieri e feriti sul territorio neutro; come pure 'certe disposizioni prorpOiste in libri autorevoli come quello del Professore Blumtschli, in voti di società private, ecc.

Il Barone Baude, sul motivo che egli ed il generale Arnaudeau hanno ognuno una missione speciale, diplomatica da una parte, mHitare dall'altra, propone che si nominino due Commissioni, una di diplomatici l'altra di militari.

Il Professore Bluntschli dice che in tal ~caso v'ha un terzo punto di vista, quello giuridico e di diritto che non deve essere tralasciato.

Si decide che la Commiss,ione sarà una sola, 'COl mandato definito dalla proposta belga; che sarà composta di un membro per ogni Governo; che ogni commissario potrà essere sostituito in caso di bisogno da altro delegato del proprio Governo alla Conferenza, e che i membri della Conferenza potranno, se sarà necessario, as;sistere alla discussione della Commissione ma senza prendervi parte.

La seduta viene allora sospesa per mezz'ora, dopo la quale ogni primo delegato designa un Commissario, come risulta dall'elenco qui annesso. Io non dubito d'aver interpretato le intenzioni del Governo del Re designando il Colonnello Lanza.

V'iene inteso che la Commissione si riunirà domani alle dieci.

P. S. -Assistono alla seduta i delegati della Danimarca, giunti dopo la pll'ima seduta, colonnello de Brun e Signor Vede!. Mancano tuttora quelli del Portogallo ,e della Turchia.

ALLEGATO.

MEMBRI DELLA COMMISSIONE NOMINATA NELLA 2• SEDUTA DEL CONGRESSO DI BRUXELLES

Allemagna: Generale Voigts-Rhetz. Austria: Generale Schonfeld. Belgio: Barone Lambermont. Danimarca: Colonnello Brun. Spagna: Maresciallo di Campo Servet y Fumagalli. Francia: Generale Arnaudeau. Gran Bretagna: Generale Horsford. Grecia: Luogotenente Colonnello Manos. Italia: Luogotenente Colonnello Lanza. Paesi Bassi: S. E. van Lansberge. Russia: Generale Leer. Svizzera: Colonnello Hammer. Svezia: Luogotenente Colonnello Staaff.

N. B. -Mancano i Commissari del Portogallo e della Turchia non ancora giunti.

(l) Cfr. n. 459, redatto evidentemente dopo il presente rapporto, al termine della se·duta della conferenza.

463

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM

T. 274. Parigi, 30 luglio 1874, ore 7,35 (per. ore 10,12).

Je vous ai demandé 1par ·courrier instructions relativement mandement de l'archevèque de Paris. Je reçois maintenant votre télégramme d'hier soir (1). Je verrai aujourd'hui le due Decazes, je lui demanderai répression ou désapprobation. Veuillez me dire si voUis préférez que je le fasse verbalement ou par note écrite.

464

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 86. Roma, 30 luglio 1874, ore 12,30.

Faites immédiatement communication verbale et télégraphiez moi réponse du due Decazes. Si ·Celle-d n'est rpas satisfaisante, vous lui annoncerez et ferez aussitòt communication écrite.

465

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM

T. 278. Parigi, 30 luglio 1874, ore 14.

J'a•i été aujourd'hui à VersaiHes et j'ai demandé à Decazes acte de répression ou de désapprobation explicite du mandement de l'archevèque de Paris. Decazes s'est réservé d'en référer au Conseil des ministres et au maréchal Mac Mahon, mais il m'a dit non sans amertume qu'il constatait avec chagrin l'abandon des traditions de tolérance libérale que nous avions suivies jusqu'ici.

466

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 279. Bruxelles, 30 luglio 1874, ore 14,30 (per. ore 21,30).

Dans la première séance de la commission on a réservé l'examen des principes généraux du :projet russe, ainsi que des cha:pitres l et 2. On a commencé l'étude de tous :les paragraphes du ·chapitre 3. Le colone! Lanza a fait les observations indiquées par le ministre de la Guerre sur le § 13.

(l) Cfr. n. 458.

467

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 159. Bruxelles, 30 luglio 1874 (per. il 2 agosto).

Il Barone Iomini m'intrattenne iersera dell'andamento della Conferenza e mi disse ·Che avendo apprezzato le buone disposizioni dei delegati del Governo del Re per la più pronta e pratica soluzione de1le difficoltà d'ordine :preliminare finora incontrate, egli confidava che non ci saremmo molto discostati dalle proposte russe, ora ·Che se ne incomincia l'esame dettagliato, e soprattutto quando verranno discusse in sedute :plenarie.

Io ds:posi che parlando in piena •confidenza a persona tanto esperta di cose politiche e militari, non avevo per fargli prevedere francamente le nolstre obiezioni, ·che a ·chiamare la sua attenzione sulle condizioni speciali dell'Italia, sull'organizzazione tuttora incompleta dell'armamento nazionale, sul profondo sentimento che si ha da noi del dovere d'ogni cittadino verso il Re e la patria, sulle gloriose memorie delle 'lunghe lotte sostenute, colle simpatie della Russia stessa, dalle popolazioni contro l'invasione non •solo, ma la dominazione straniera. Dissi come nel nostro paese ove per anni ed anni i cittadini prepararono l'indipendenza nazionale rifiutando allo straniero il loro concorso perfino nell'ordine amministrativo, doveva suonar strano il ,proposito di riconoscere in diritto con solenne contratto internazionale, un obbligo per i funzionari e cittadini di prestar giuramento ed ubbidienza alle autorità invaditrici; d'infliggere la taccia di spia al .cittadino ·che somminils,tra alle proprie autorità le informazioni d'interesse nazionale, di dichiarare •in principio la illegittimità della resistenza delle popolazioni 1addove esse si trovano di fronte a forze occupanti; osservai che, se le necessità della guerra importano il sacrificio della :propria vita per parte di chi compie certi doveri di patriottismo, conviene lasciar intatto tanto il diritto di essere fucHato, quanto quello di fucilare, e non dichiarare in certo modo ·colpevole verso il diritto pubblico chi rinnoverà i memorabili esempi delle lotte d'indipendenza dei paesi ai quali io ed il mio intedocutore apparteniamo. Aggiunsi ·che d'altronde sarebbe superfluo il dire quanto siamo sinceramente disposti a cooperare alla riuscita del progetto per quelle molte proposte •che possono segnare un vero miglioramento nei rapporti tra nazioni ed eserciti.

Il Barone Iomini, a lsua volta, mi fece un grand'elogio delle qualità che l'Italia sempre dimostrò, unendo la saviezza pratica ed il senso politico al fervore del patriottismo, e mi assicurò che v'ha 'sempre piacere e vantaggio a trattare tra chi prende solo per base i propri interessi positivi ed obbiettivi.

Egli mi disse confidenzialmente di deplorare 'che uno fra i delegati alla Conferenza ac·cenni invece ad incagliarne sils•tematicamente i procedimenti e si dimostri ispirato da preoccupazioni d'ordine politico ·che non d debbono entrare. Ometterei forse di notare qui tale apprezzamento personale del nostro presidente •se la stessa osservazione sul .contegno del Barone Baude non mi fosse otata fatta accademicamente dal delegato inglese, pur non zelante per la

·Conferenza. Il Barone lamini continuò dicendo che, salvo il solo Governo rap

presentato da quel delegato, tutti gli altri dimostrarono ugualmente buon vo

lere e premura, e che parimenti ,gli altri delegati, all'infuori di una tendenza

del l" delegato austriaco all'irrequietezza ed a iniziative personali non sempre

utili, agiscono in modo da far sperare che tra poco più di un mese risulti dalla

Conferenza quanto l'Imperatore se ne poté ragionevolmente aspettare. In quanto

alle parti del progetto che io gli segnalavo, il Barone lamini mi annunziò con

fidenzialmente che il suo Governo ed egli erano disposti ad abbandonarle,

perché l'opinione pubblica non le accolse favorevolmente neppure in Russia:

questi ed altri punti non maturi rimarranno intanto utilmente proposti dall'ini

ziativa dell'Imperatore allo studio dei dotti, aU'elaborazione degli organi di

pubblicità, ed alla sollecitudine dei Governi che li matureranno per un avve

nire forse meno lontano di quel che generalmente si suppone.

Avendo io felicitato il Barone lamini di tali suoi intendimenti, egli mi espose, sempre in via confidenziale, essere a prevede~si che per il fatto forse di uno o pochi delegati non fos·se •possibile un accordo unanime su certi punti, all'infuori anche di ogni tendenza di ordine politico; e mi pregò di aderire in tal caso alla proposta •che egli forse fa,rebbe di addivenire per quei punti .separatamente ad accordi parziali tra le Potenze aderenti, che s'impegnerebbero per parte loro ad osservare le norme convenute, con condizione di reci

procità.

Io r~sposi che mi sembrava opportuno di rimanere, almeno per ora, nei

termini delle idee scambiate .prima della riunione della Conferenza tra la

Russia e l'InghHterra, nel senso che per ottenere utili e pratici risultati era

necessario un accordo generale; rkordai che egli stesso, inaugurando la Con

ferenza, aveva proposto perfino di non menzionare nei verbali i punti sui qua.li

la Conferenza non verrebbe ad un accordo; feci allusione alla difficoltà di

evitare che accordi parziali prendano, agli occhi del .pubblico, un carattere

politico secondo la comunanza di tendenze qualsiasi che isi supporrebbe tra

le potenze che vi aderirebbero; osservai che stante i buoni ·rapporti dell'Italia

con tutte le Potenze, i de1egati de•l Re debbano applicarsi scrupolosamente ad

evitare ogni apparenza anche lontana di parzialità, come già hanno cura di

mantenere uno scambio d'idee egualmente cordiali con tutti i membri della

Conferenza; emisi in conclusione il parere che ad ogni modo v'era maggior

sicurezza per l'andamento effettivo dei lavori a non toccar tale argomento

finché almeno non fossero esauriti e debitamente convenuti tutti i punti sui

quali un accordo unanime è pols•sibile.

Il Barone lamini, dopo averci pensato, mi disse che infatti si sarebbe

sempre in tempo, dopo la conclusione dei lavori attuali della Conferenza, di

prendere ·concerti tra i Governi che si trovassero concordi e sulla definizione

di punti speciali; e di negoziare in allora sull'opportunità di convenzioni sepa

rate. Egli mi manifestò l'intenzione di serbare intanto il silenzio m tale pro

posito.

V. E. scuserà la lunghezza e la molteplicità dei miei rapporti, ma credo meglio espormi al rimprovero di soverchia abbondanza, che non arrischiare l'omissione di qualche particolare di possibile interessamento per V. E.

468

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM

T. 280. Parigi, 31 luglio 1874, ore 8,05 (per. ore 9,30).

Conseii des mini:&tres présidé par maréchal Mac-Mahon a décidé de faire droit autant qu'il le pouvait à votre réciamation en faisant publier dans le J ournal Officiel une note portant que le Gouverment a vu avec regret la publication du mandement. Je vous télégraphierai plus longuement dans la journée. Le maréchal Mac Mahon m'a exprimé en personne ses regrets pour cet acte de l'archevéque de Paris.

469

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM

T. 281. Parigi, 31 luglio 1874, ore 11,35 (per. ore 12,50).

Officiel d'aujourd'hui contient note suivante: • Les journaux s'occupent depuis quelques jours' de la lettre pastorale adressée par le cardinal archevéque de Paris au clergé et aux fidèles de son diocèse. Le Gouvernement voit avec regret la publication de cette lettre. Il serait désirable qu'elle ne fut pas plus longtemps objet de la polémique des journaux •.

470

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 87. Roma, 31 luglio 1874, ore 16,15.

Nous n'insistons pas, mais la note du Journal Officiel nous paraìt bien faible. Nous ferons dire par L'Opinione que le maréchal vous a exprimé en personne ses regrets pour cet acte de l'archevèque de Paris.

471

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM

T. 283. Parigi, 31 luglio 1874, ore 14,20 (per. ore 22).

J'espère que vous tiendrez compte de la promptitude avec laquelle le Gouvernement français a fait droit dans la mesure qui lui parut possible à

!8 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. V

notre réclamation. Tenez compte aussi des regrets explicites que le président. de la République m'a exprimés spontanément. Le mandement a eu ici publicité très restreinte ayant été reproduit presque exclusivement par des organes cléricaux. Par con1séquent à moins que vous ne jugiez à propos de pousser les choses à bout et ar:river à rupture, je pense qu'il y a lieu de considérer l'incident comme vidé. Je vou3 ai écrit à ce sujet par courrier.

472

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC

D. R. 40. Roma, 31 luglio 1874.

Venne riferito al Ministero dell'Interno che il l" agosto prossimo dovrebbe

tenersi in Bruxelles un Congresso internazionaHsta nel quale si avrebbe a pren

dere una decisione relativamente ad un progetto di movimento in3Urrezionale

in Italia. Questo progetto, dicesi, sarebbe stato concertato in questi ultimi

giorni a Locarno tra il Bakounine ed alcuni affigliati della Internazionale che

dall'Italia si sarebbero recati colà espressamente.

Giusta il desiderio manifestatomi dal Ministero dell'Interno, prego V. S.

Illustrissima di volersi informare e di farmi sapere se il detto Congresso abbia

realmente avuto luogo, e quali deliberazioni, possibilmente, si siano state prese·

dagli intervenuti.

473

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AD ANDORNO

(AVV)

L. P. Roma, 31 luglio 1874.

Per non obbligarti a cifrare e scifrar lungamente ti mandai soltanto il tele-· gramma che annunciava l'esito ottenuto da Nigra ed ora t'invio con questa lettera la ·CO!pia di tutta la corrispondenza telegrafica (1). Stavo <leggendo il Mandement nell'Univers e chiedevo a me stesso che cosa 1si dovesse fare, quando mi giunse il tuo telegramma. Andai tosto da Minghetti ed insieme ,si concertò di S!pedire il l o dispaccio e si chiamò Costa perché desse istruzione di sequestrare il documento. Così fu fatto. Minghetti è mediocremente contento del risultato ottenuto che non è s~endido. Ma insistere di più parve a lui ed a me impossibile. Abbiamo mostrata finora tanta longanimità che il cogliere al volo questo pretesto per giungere ad una rottura colla Francia era proprio cercare una querelle

d'Allemand. Sulle prime Minghetti voleva mettere nella Gazzetta Ufficiale anche

l'annuncio del rammarico espresso direttamente a Nigra da Mac Mahon ma poi

si arrese al mio avviso, e si limitò a farlo annunciare da Dina. Ti confesso che

avevo grande paura che non si ottenesse nulla ed avevo già preparata una

nota che ormai è divenuta inutile, ma che ti lascierò nelle carte che troverai

sul tuo tavolo al tuo arrivo, pel caso tu credeslsi 'che dovesse rimaner traccia

di codesto incidente nelle corrispondenze scritte. Naturalmente non potrebbe

essere spedita a Nigra senza molte e gravi modificazioni.

Le domande di de Launay (l) sono indiscrete. Egli non tiene alcun conto

dello stato del paese, né della impossibilità assoluta di avere una sola amba

sciata, quella di Berlino. Io non esiterei a scrivergli che le condizioni del

bilancio comportano al più un aumento di 50 o 60 mila franchi annui e che, se tale

somma non basta è inutile pensarci e conviene smetterne l'idea. Sono poi

d'accordo con te che l'affare delle Ambasciate deve seguire non precedere il

noto viaggio.

So che Minghetti ti scrisse ieri del suo lungo colloquio con S. La cosa pare

bene avviata, ma io spero che tu non colga questo pretesto per voltare le spalle

alla Consulta.

L'incidente di Parigi essendo finito Minghetti mi disse che non ha difficoltà a che io parta domani sera per Recoaro. Peiroleri ha già annunciato il suo arrivo per domenica mattina: cosic,ché per la firma non vi sarà lacuna neanche d'un giorno. Quanto alla politica raccomanderò a Tornielli di mandare a Minghetti i telegrammi e di chiedere le sue o le tue istruzioni. Io 1s1pero quindi che tu possa compiere il numero di docce che ti sei prescritto arrivando qua entro la settimana ventura.

Tornielli ha preparato un enorme lavoro per la Conferenza di Bruxelles, la quale però non si occuperà a quanto pare che di piccola parte del progetto russo. In seguito alle ripetute e vivissime istanze della Legazione ingle,se si dové dichiarare come la Rus,s,ia che non avremmo fatta alcuna proposta relativa al diritto marittimo.

Addio, carissimo. Mi duole che tu sia costretto a ritornare a Roma in agosto. Però rinfrancato come sei dal clima di Samaden e dalle docce sei corazzato contro le febbri. Io spero d'altronde che potrai passar fuori di Roma il settembre che vale l'agosto.

(l) Cfr. nn. 458, 463, 464, 465, 468, 469, 470, 471.

474

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2366. Parigi, 31 luglio 1874 (per. il 4 agosto).

In seguito al telegramma che l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi ier l'altro a sera (2), e col quale Ella mi ordinava di domandare al Governo Francese un

atto di repressione o una disapprovazione esplicita della lettera pastorale dell'Arcivescovo di Parigi, pubblicata dall'Univers del 27 ,corrente e da altri periodici, mi recai jeri a Versaglia e sporsi verbalmente al Duca Decazes il reclamo nei termini stessi formolati dall'E. V.

Il Duca Decazes cominciò col dirmi che egli disapprovava, quanto noi stessi, il mandamento del Cardinale Guibert e la sua pubblicazione, ma non mi celò· che egli provava una -specie di ditsinganno nel vedere l'Italia, che era stata fin qui esempio di politica tolle,ranza in ,casa e fuori, che era nata e cresciuta col rispetto della libertà, principalmente in materia d'opinioni religiose e di stampa, mettersi ora in una via opposta alle sue tradizioni. Egli si domandava se· il Governo di Sua Maestà sarebbe disposto ad esercitare in Italia od a provocare in altri paesi misure repressive pel caso per esempio in cui una pastorale come quella dell'Arcivescovo di Parigi fosse letta o pubblicata in Italia o in Inghilterra, ed emanasse da un vescovo italiano od inglese. Egli si domandava ancora, che cosa risponderebbe il Governo italiano ad uno Stato straniero che da lui reclamasse atti di repressione o di pubblica disapprovazione quando un vescovo italiano biaJsimasse la sua legislazione e la sua condotta in cose ecclesiastiche.

Esaminando poi la questione in se stessa il Duca Decazes dopo aver riletto in mia presenza il mandamento di Monsignor Guibert, ammise senza difficoltà che questo documento conteneva allegazioni ch'egli rkonosceva ingiuste ver.so il Governo del Re. Ma, secondo il Duca Decazes, il carattere del documento stesso non eccede i limiti d'un apprezzamento, ch'egli ,può riconoscere ingiusto, ma che ove fosse sottoposto al giudizio d'un tribunale in qualsiasi paese cattolico, ne otterrebbe probabilmente facile atssoluzione. Ma ammessa pure la qualità oltraggiosa del documento, ammesso anche nel Governo italiano il diritto· di reclamo, che cosa potrebbe fare il Governo francese, proseguì il Duca Decazes, per dar ragione alle vostre domande? Il Governo francese non può nulla· infatti contro i mandamenti dei vescovi, finché essi non oltrepassano il recinto· delle Chiese in cui sono letti od ove sono affissi. Egli si rifiutò non ha guari, in occasione di analoghi reclami del Governo tedesco, ad usare verso i vescovi del ricorso come d'abuso, perché riconosciuto inefficace. Egli si limitò a dirigere, per organo del Guardasigilli, una lettera circolare, che fu pubblicata poi da un giornale inglese pel primo, il quale mezzo non potrebbe applicarsi ad ogni singolo caso, e fu del relsto riconosciuto anch'esso come poco efficace. Rimane il ricorso ai tribunali, ma nessun tribunale francese condannerebbe: l'Arcivescovo di Parigi per il suo mandamento. La questione deve quindi ridursi al fatto della pubblicazione del mandamento per parte dei giornali. Questa quistione deve essere esaminata dal lato giudiziario e dal lato amministrativo.

Giudiziariamente, se i giornali che pubblicarono il mandamento fossero· sottomessi ad un giudizio dinanzi ai tribunali competenti, ogni cosa porta a credere, secondo il Duca Decazes (ed anche secondo il mio proprio avviso) che essi tornerebbero assolti. Amministrativamente il Governo francese può, in forza dello stato d'assedio, sospendere i giornali, colpevoli della pubblicazione. H Governo francese aveva usato di questa facoltà all'occasione della pubblicazione di un documento di somigli<.:::t:: natura, che era ingiurioso as,sai pm che il mandamento dell'Arcives,covo di Parigi contro il Governo Germanico e contro il Governo italiano medesimo. Non sembrava al Duca Decazes che fosse conveniente e giusto d'applicare una mi:sura così estrema nel caso presente, che offre evidentemente un carattere meno ingiurioso, e che (sempre secondo il Duca Decazes) è :più facilmente spiegabile, senza che possa tuttavia giustificarsi.

Io risposi al Duca Decazes, combattendo le sue obbiezioni quanto meglio seppi. Dirò qui soltanto e brevemente le conclusioni. Il mandamento del Cardinale Guibert è manifestamente ingiurioso. La passione, nel Cardinale Arcivescovo, fa velo alla ragione e ,soffoca la cristiana carità. Quindi l'evidente ingiustizia dei -suoi apprezzamenti, e quindi l'oltraggio verso il Governo del Re, verso la legi'slazione del Regno e verso Ie Autorità che l'hanno applicata. La pubblicità data ad un tale documento co-stituisce un'ingiuria grave verso uno Stato amico. Spetta al Governo francese il provvedere a che modo egli debba prevenire e reprimere tali reati, ed in ogni caso almeno egli deve allontanare da sé ogni solidarietà coi colpevoli, disapprovando pubblicamente il loro operato. Noi vi domandiamo, diss'io, d'agire verso l'Italia come verso altri Stati, e di non fare una differenza a nostro scapito soltanto per la ragione che il Governo del Re obbedisce a tradizioni più liberali in materia d'opinioni religiolse e di stampa. Quello che per noi è un onore ed un merito non deve tornarci a demerito ed a scapito.

Il Governo del Re non terrebbe una condotta diversa né un diverso linguaggio, ove un fatto analogo si producesse in Italia o in altro paese estero; ho per-ciò insistito nella domanda, formolata dal Governo di Sua Maestà, d'una repressione, o di una disapprovazione esplidta.

Il Duca Decazes mi disise allora che ne riferirebbe al Consiglio dei Ministri riunito sotto la Presidenza del Maresciallo Mac Mahon. Il Consiglio si riunì di fatti nel mattino. Fu deciso che sarebbe data al Governo del Re, nella misura permessa dalle circostanze, la chiesta soddisfazione, col far pubblicare nel giornale ufficiale una nota la quale constaterebbe che il Governo francese vide con dispiacere la pubblicazione della pastorale dell'Arcivescovo.

In fatti il Giornale ufficiale d'oggi contiene la nota seguente, che cito testualmente:

• Les journaux s'occupent depuis quelques jours de la lettre pastorale adressée par Son Eminence Monseigneur 'le -cardinal-archevèque de Paris au clergé et aux fidèles de 1son diocèse.

Le Gouvernement a vu avec regret la publication de cette lettre. Il serait désirable qu'elle ne fut pas plus Iongtemps I'objet de la polémique des journaux •.

Jeri sera poi il Maresciallo Presidente della Repubblica, che io era andato a visitare a Versaglia, mi disse, appena mi vide, che mi esprimeva il suo rin·crescimento pel mandamento e per la 1sua pubblicazione e che mi pregava di far ciò sapere al Governo di Sua Maestà.

Penso che il Governo del Re vorrà considerare la nota inserita nel Giornale ufficiale, e le parole del Maresciallo come una sufficiente soddisfazione; ed io per parte mia lo impegno ad attenersi ad un tale giudizio, che in presenza delle circostanze in cui si trova il Governo francese, mi sembra equo. Voglia credere, Signor Ministro, che io sento altamente del mio paese, del suo onore e dei suoi dirltti, e che non mi risolverei a sottometterle questo mio avviso, se non avessi la convinzione ch'esso è conforme all'interesse dello Stato e non pregiudizievole alla sua dignità.

Fu onore nostro d'avere spe~se volte difeso le libertà della s.tampa italiana contro i reclami e talora contro le minacce de' Governi esteri in allora potenti e temuti. È questa la prima volta, se non erro, che il Governo del Re, usando, m'affretto a dirlo, d'un diritto incontestabile, domanda alla sua volta (almeno in Francia) misure di repressione contro la stampa. La costituzione dell'Unità Italiana fu costantemente combattuta dalla stampa cattolica e dal clero cattolico di tutto il globo. A questa guerra accanita e violenta, il giovine Regno d'Italia oppose, non 'senza frutto, la moderazione della sua condotta, ed una tolleranza, che non si smentì mai e fu ad un tempo generosa ed abile. Non possiamo lusingarci che la stampa clericale smetta la inveterata abitudine. Ma possiamo sperare che la sua influenza diminuirà di giorno in giorno in ragione appunto della nostra moderazione e deHa nostra temperanza. Questa stampa ha di già perduto molta della sua autorità in Francia. Ne è prova la poca importanza che fu data qui alla pubblicazione della pastorale dell'Arcivescovo di Parigi che fu riprodotta quasi esclusivamente da organi clericali speciali. Ed anche questo fatto ho l'onore di segnalare all'oculato giudizio della E. V.

(l) -Cfr. n. 451. (2) -Cfr. n. 458.
475

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2370. Parigi, 3 agosto 1874 (per. il 6).

L'annunzio dell'invio di una squadra tedesca sulle coste spagnuole ove ferve la ribellione carlista destò qui una certa inquietudine anche nelle regioni uffidali.

Vari organi della pubblica opinione videro in questo fatto un tentativo di intervento nelle cose di Spagna per parte del Governo germanico.

Il Principe di Hohenlohe, secondo ciò ch'egli stesso mi disse, ebbe cura di ben constatare preo:so il Duca Decazes che l'invio della squadra germanica non aveva altro obbiettivo che quello di proteggere eventualmente la vita e le proprietà di sudditi tedeschi, che un recente esempio aveva mostrato non essere assicurate contro gli attentati delle bande ribelli. L'Ambasciatore germanico espresse pure al Duca Decazes il voto del proprio Governo perché la Francia procuri che maggiore diligenza sia usata dalle sue autorità eli frontiera rispetto al passaggio d'uomini e d'armi per conto della fazione carlista ed al soggiorno di 9ersonaggi e capi carlisti sul territorio francese limitrofo.

I pa1ssi fatti dal Governo germanico ~)::·esso il francese in ordine agli affari di Spagna si limitano adunque, stando alle parole dettemi dal Principe di Hohenlohe, ad una comunicazione verbale da lui fatta nei termini surriferiti al Duca Decazes.

Il Marchese de La Vega de Armijo dal suo lato si lagnò, anche verbalmente, presso il Duca Decazes delle facilitazioni d'ogni genere che, a dire del suo Governo, i carlisti trovano sulla frontiera francese. Nel tempo stesso egli protestò, a nome del suo Governo, contro ogni ingerenza per parte dell'Alemagna negli affari del suo paese, e quindi contro l'idea che il Gabinetto di Madrid si fosse prestato ad intelligenze con quello di Berlino per una tale ingerenza.

Sono assicurato che il Ministero francese degli affari esteri sta preparando in questo momento una memoria tendente a scolpare il Governo francese e le Autorità francesi d'ogni connivenza coi carlisti e d'ogni appoggio diretto o indiretto prestato ad essi.

476

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 287. Berlino, 5 agosto 1874, ere 16,49 (per. ore 21,15).

J'apprends très confidentiellement par le secrétaire d'Etat qu'il vient d'etre autorisé à se mettre en rapport ave·c les grandes puissances y cÒmpris France pour préparer terrain à reconnaissance Espagne. Circulaire à cet effet sera inceSisamment adressée à nous comme aux différents cabinets. Les batiments destinés à croiser sur les còtes de l'Esrpagne partiront demain de Kiel.

477

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 293. Parigi, 7 agosto 1874, ore 16,20 (per. ore 17,55).

Due Decazes m'a dit aujourd'hui que l'Orénoque sera rappelé au courant du mois de septembre. Il vous prie de continuer à maintenir le silence sur cette affaire.

'.95

478

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

D. (l) Roma, 7 agosto 1874.

V. S. non ignora che il Governo di Tunisi da parecchio tempo aspira ad introdurre una riforma nel regime tutt'ora in vigore nella Reggenza in forza del quale •le contestazioni degli stranieri cogl'-indigeni non hanno altro foro che quello del Bey. È in vigore in quel paese la massima che " actor sequitur forum rei •. Tutte le cause promosse dagli stranieri contro i tunisini prendono quindi, per la natura stessa delle cose, il carattere di contestazioni diplomatiche. Da un simile sistema non ricevono vantaggio né la giustizia, né la politica. In massima l'Italia ha dunque sempre riconosciuta come incontestabile l'utHità della riforma purché questa non toccasse alla quistione della competenza • ratione personae » e si limitasse unicamente a creare dei tribunali davanti ai quali le cause, ora riservate al Bey potessero essere portate con Ie indispensabili guarentigie.

Un primo progetto di riforma giudiziaria proposto dal Bardo, fu poscia abbandonato e non è stato che nel marzo di quest'anno che il primo Ministro di Sua Altezza lo ha ripigliato introducendovi delle modificazioni essenziali.

Infatti non pare che il primo progetto sia ora in quistione. Il generale Kherredine riuniti intorno a sé i ConJsoli deUe Potenze ha fatto loro delle proposte di cui, seduta stante, venne steso un processo verbale.

Alcuni Consoli si credettero autorizzati a farvi adesione immediatamente. Alfu'i ·come il nostro, ac•cettarono in ma,ssima l'idea d'una riforma, riservando però l'opinione del loro Governo. Le proposte tunisine conisistono nella formazione di tre corpi giudiziari diversi cioè: l) di un tribunale di prima istanza, composto, ad un dipresso, come quello di Tidjaret in Turchia, di giudici 'locali e di assessori scelti fra i notabili stranieri; 2) di una corte d'appello, formata di magistrati indigeni e di consoli o giudici applicati ai consolati; di una commissione provvisoria per gli affari di un valore non eccedente le mille piastre (600 franchi), composta di un magistrato tunisino e di due funzionari, dragomanni o vice consoli di consolati stranieri.

La competenza del giudice deve, a parer nostro, avere la sua radice o nella sovranità territoriale, o nella sovranità di origine che segue lo straniero anche fuori del territorio nazionale.

Qualunque combinazione che offra le necessarie guarentigie potrebbe dunque e>sere presa in considerazione purché non sia in contraddizione con la massima sovra enunciata. Il Governo Tunisino potrebbe, è vero, instituire dei tribunali chiamandovi a sedere dei giudici stranieri; ma noi dubitiamo assai •che la qualità di giudice tunisino sia conciliabile con la qualità di funzionario consolare di estera potenza. Oltre a ciò questi funzionari siedereb

bero nei tribunali tunisini non nella loro qualità personale, ma come impiegati di governi 'stranierL II Governo del Re non crede di avere la facoltà di costringere un suo suddito a riconoscere una sentenza pronunziata da un tribunale in cui siedano magistrati ·che non possono essere competenti né per ragione di persona, né per ragione di luogo. Il Governo di Sua Maestà che potrebbe, volendolo, riconoscere la competenza di un tribunale composto anche di soli giudici tunisini non può obbliga.re un italiano a fai1si · giudicare, sul territorio di Tunisi e per un affare •Con un indigeno, da un magistrato il quale rappresenta una autorità che non è quella del Governo nazionale, né quella del Sovrano de'l luogo.

Il progetto contenuto nel processo verbale della seduta dei consoli esteri presso il generale Kherredine, dovea pertanto essere meglio ponderato e stabilito anche sopra batsi diverse per poter formare l'oggetto di un accordo collettivo di tutte le potenze sotto la forma di un protocollo o di una convenzione regolare.

Non fu dunque senza sorpresa che abbiamo ricevuto da Tunisi la notizia che in seguito all'accordo avvenuto fra i Consoli di Francia e d'Inghilterra ed il Bardo, il Bey avea emanato un decreto con cui .istituisce la comm1ssione composta d'un magistrato tunisino e dei dragomanni di Francia e d'Inghilterra; che la commislsione ha già incominciato a funzionare, che una circolare del Generale Khereddine annunzia agli altri consolati l'istituzione della commissione, loro comunica il Dec!l'eto del Bey e :li invita ad accetta!l'e il nuovo regime.

Prescindendo pure dalle ragioni giuridiche per le quaii ci sembra inac

cettabile il sistema adottato per formare la commissione di cui si tratta, noi

dobbiamo anzitutto considerare se si possa ritenere ~che :sia in facoltà del Bey

il modificare con un suo decreto il regime attualmente in vigore nella Tunisia

per la giurisdizione sugli stranieri.

Noi ignoriamo se con 'la Francia e con la Gran Bretagna Je trattative

preliminari alle quali partecipò anche il nostro console generale, abbiano avuto ulteriore seguito; se quei due Governi abbiano stipulato un accordo formale con la Reggenza per introdurre un cambiamento tanto .importante in materia così delicata. Se ciò fotsse, quei Governi si sarebbero allontanati in favore di Tunisi dalle norme fin qui seguite per tutto ciò che 'si riferisce alle !l'if&me giudiziarie nei paesi di Levante. E.ssi avrebbero conceduto al Bey una facotltà che, a nostro avviso, fu finora giustamente contestata non solamente all'Egitto ma anche alla Porta ottomana. L'esempio di ciò che le potenze hanno stimato necessario di fa,re per persuadere il Governo del Sultano che di sua .sola autorità non gli era lecito cambiare il sistema delle giurisdizioni in vigore in ~ripoli di Barberia, è ancora troppo recente perché da noi si possa vedere in ciò che avviene a Tunisi una rinuncia, ·per parte della Francia e dell'Inghilterra alle regole da esse precedentemente seguite in casi analoghi.

Le istruzioni che il R. Governo ha dato al suo Agente a Tunisi (l) sono nel senso di dichiarare al Bey che l'Italia non riconosce alcuna modificazione

in materia di giurisdizione la quale non sia l'effetto di un accordo regolarmente concluso con le principali potenze. Le istruzioni stesse faranno conoscere le ragioni per cui, a parer nostro, la base sulla quale si vorrebbe formare la corte d'appello e la commbsione incaricata delle cause di minor valore è inammissibile.

Ella vorrà, Signor Cavaliere, informare codesto Governo nel senso delle istruzioni che noi abbiamo dato al R. Agente a Tunisi. Nella comunicazione verbale che V. S. farà in proposito a codesto Ministro degli Affari Esteri, Ella non omettel'à di far sentire che in una cosa di tanta importanza avremmo veduto con piacere che non si fosse abbandonato il siJstema di far precedere alle risoluzioni delle preliminari intelligenze fra i Governi più particolarmente interessati.

(l) Il dis!)3Ccio venne invic.to a Parigi c0n il n. 529 e a Lor:dra con i1 n. 215.

(l) Cfr. n. 479.

479

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

D. 153. Roma, 7 agosto 1874.

Non fu senza sorpresa ch'io ho ricevuto la notizia che, in seguito all'accordo avvenuto fra il Bardo ed i Consoli Generali di Francia ed Inghilterra, il Bey aveva emanato un decreto che istituiva la commissione giudiziaria incaricata di conoscere delle cau:se degli stranieri contro gli indigeni, e non eccedenti il valore di 1000 piastre. Ella mi ha trasmesso la circolare con la quale il Generale Kherredine le comunicava il decreto di Sua Altezza e l'invitava ad accettare il nuovo regime anche per le cause degli Italiani. La S. V. soggiungeva per ultimo che la commissione, composta di un tunisino e di due funzionari, uno francese e l'altro inglese, appartenenti ai rispettivi consolati, era entrata in funzione.

Ragioni giuridiche della più alta importanza impedirono al Governo di Sua Maestà di consentire che i cittadini Italiani siano giudicati da un tribunale nel quale i~sieme ad un giudice tunisino e ad un italiano siederebbe lL'1 funzionario di una terza ,potenza.

La ,competenza dei giudici deve avere la sua base o nella sovranità territoriale, o nella sovranità di origine che segue lo straniero anche fuori del ter:dtorio nazionale. Una combinazione che è in aperta contraddizione con questo principio, non può essere da noi favorevolmente accolta qualunque sia il nostro desiderio di favorire in tutti i modi possibili la riforma che il Governo tunisino ha in animo di introdurre nei suoi ordinamenti giudiziari.

Ma prescindendo pure da queste considerazioni giuridiche noi non possiamo concedere che una modificazione sia fatta al regime attualmente in vigore per la giurisdizione pegli Italiani senza che intervenga una formale convenzione od almeno un protocollo regolare. La stessa Porta Ottomana quando ha voluto introdurre dei cambiamenti nella giurisdizione a Tripoli di Barberia, ha dovuto piegarsi a firmare un protocollo che venne lungamente discusso tra i Gabinetti di Roma, di Parigi, e di Londra.

Non è nostra intenzione di fare delle eccezioni ad una regola sulla quale riposa la conservazione di un regime la cui nece'ssità in codesti paesi è ammessa da tutti. Se è in facoltà del Bey di emanare decreti che toccano al sistema in vigore, la durata del sistema stesso non dipenderà più che dalla volontà del Bardo. Non è con questo metodo di procedere che si faciliteranno le trattative che avrebbero dovuto proseguirsi mediante uno studio accurato delle proposte fatte dal Governo tunisino. Il processo verbale delle riunioni dei Consoli presso il Generale Kherredine faceva entrare quest'affare nella fase delle trattative preliminari senza delle quali nessun accordo è possibile.

Ella vorrà pertanto rispondere alla circolare del Generale Kherredine che la base sulla quale è formata la commissione giudiziaria la rende inaccettabile per l'Italia. V. S. Illustri'ssima non mancherà poi di far sentire la sorpresa che abbiamo provato nello scorgere che il Governo del Bey abbia emanato un decreto di tanta _importanza senza essersi ·preventivamente assicurato della nostra annuenza.

480

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. Roma, 7 agosto 1874.

Durante la mia assenza da Roma e i giorni che speravo consacrati esdu;:;ivamente alla pace campestre, avvenne il malaugurato incidente della pastorale del Cardinale Guibert. Vi confesso che io pure, che mi onoro di esse:re in questi affari assai moderato, ho trovato la Nota del Journal Officiel più che fredda. Essa pose termine all'incidente, né sarebbe stata savia •cosa J?er noi il continuarlo, ma l'impressione generale non fu buona. Si pose a confronto colla nota quale essa è il linguaggio molto più esplicito usato dal Governo francese quando la Germania reclamò per le prime pastorali. Non credo che si possa dire che noi ci siamo, in questa occasione, dipartiti dalle nostre tradizioni liberali. La questione non poteva essere posta a questo modo. È vero che noi non saremmo stati logici chiedendo la soppres.sione di un giornale quando noi ci rifiutiamo nel nostro paese a limitare con mezzi amministrativi la libertà della stampa, oppure chiedendo una procedura al Consiglio di Stato quando l'abbiamo abolita in Italia. Qui, per verità, non si trattava di giornali, come la nota dell'Officiel ·lascia supporre. Una diatriba ingiuriosa contro il Governo italiano letta in tutte le Chiese di Parigi~ nel paese dove vigone il Concordato e gli articoli organici non può paragonarsi a un discorso fatto in una Chiésa d'Irlanda da un Vescovo Cattolico. Il Governo francese aveva tenuto in un'occasione abbastanza importante un linguaggio e rivolto ai Vescovi una Circolare per dar loro dei consigli e lasciare anche sentire che, occorrendo, poteva fare atto di autorità. Il Cardinale Guibert pubblica una Pastorale nella quale dei consigli e della Circolare del Governo francese non si tiene alcun conto, che pare fatta anzi in dispregio di essa. Ora a me sembra che l'indifferenza e il 'silenzio del Governo francese in questo caso, in cui pure la sua autorità era in giuoco e si trattava dell'Italia, non avrebbe potuto essere considerata che come qualcosa di poco amichevole, anzi di offensivo per l'Italia. Una volta che si era fatto per gli altri, doveva farsi anche per noi. La soddisfazione che meglio poteva convenire al caso era certo una Nota nel Giornale Ufficiale. La Nota fu pubblicata e quindi non si poteva chiedere che ne fosse fatta un'altra e l'incidente doveva considerarsi come chiuso. Ma ciò non toglie che la redazione di quella Nota fosse davvero un minimum e mancasse di cordialità. Spero che la .partenza dell'Orénoque ne sia ii complemento.

Ho letto nei monti il vostro bel di~corso ad Avignon e l'ho ammirato per la forma, per le idee, per la delicata fusione dell'elemento letterario col politico. So che Minghetti, richiesto da voi, vi disse una 'sua impressione non sul concetto espresso nella conclusione ma ·per la forma data ad esso. Può darsi, ma è anche vero che l'espressione di certi sentimenti che, in questo caso, appartengono più all'ordine morale che al politico, giova talvolta che ,sia ampia, perché non si creda che pesano.

481

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 4691. Roma, 7 agosto 1874 (per. l' 8).

A seguito deUe precedenti comunicaz·ioni sui maneggi dell'Internazionale per promuovere movimenti insurrezionali in Italia, mi giungono ora i seguenti ragguagli.

• Nel recente Congresso di Bruxelles, convinti che l'inazione pregiudicava il parti'to, si deliberò di agire in qualche modo e per tal fine fu votata la somma di Lire 150 mila per far fronte alle prime spese. Il danaro sarebbe [posto a disposizione di certi Werricken ed Abele Wandeln i quali coprono cariche abbastanza importanti nel Conls-iglio deH'Internazionale.

Per di più certo Mliller Franz di Berlino, altro internazionalista, impegnassi esso pure di esborsare una grossa somma in favore del movimento progettatosi in Italia ».

Mi si accertò inoltre che nella vicina Svizzera, nei pressi di Luino (Cir

condario di Varese) trovisi un depos<ito di circa 4 mila fucili Wesserli forniti

dalla Casa Inglese Roach e ,pronti ad essere introdotti in Italia.

Mi si dice pure che certo Costa ieri arrestato a Bologna dovesse recarsi

a Palermo per ritirare parecchie •centinaia di fucili che ora dovrebbero essere

a Malta.

Certo De La Calle che ebbe parte nella Comune di Cartagena, e che ora mi si dice trovisi in Lodi, e il Nathan che il 4 corrente si recò a Mtlano, [pare ·che prenderebbero parte attiva nella div~sata insurrezione.

Mentre dispongo per lo sfratto di questi due agitatori prego l'E. V. di pro,curarmi con quella sollecitudine che potrà maggiore il risultato delle indagini ,che :col mezzo dei Rappresentanti nel Belgio e nella Svizzera avrà ordinate, a rigu-ardo di siffatti maneggi, e specialmente sui supposti depositi d'armi in !svizzera e a Malta.

482

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. Roma, 8 agosto 1874.

Avevo ieri sera preparata la lettera che doveva partire col Corriere, quando ricevetti il telegramma col quale mi annunciate avervi il Duca Decazes detto che l'Orénoque sarà richiamato nel corso del pJ:ossimo Settembre (1). Come la mia lettera si riferisce precisamente all'affare dell'Orénoque, .deggio rifarla dopo questo annuncio e ritardo d'un giorno la partenza del Corriere. Ho poco a scrivere oramai, ma anche per questo poco, val meglio spiegarsi per iscritto che col telegrafo. Avevo preparata la mia lettera per intendermi con voi sul momento opportuno, o tosto o fra qualche tempo, per far sentire al Duca Decazes in un vostro colloquio confidenziale e colle forme affatto amichevoli che desidero mantenere nei nostri rapporti, che il Governo dei Re, prima dell'aprirsi della Camera e probabilmente anche in una epoca più vicina sarebbe stato costretto a sollevare la questione dell'Orénoque facendo verso il Governo francese quei passi formali dai quali finora si era alstenuto. La di,chiarazione fattavi dal Duca Decazes ci ha fortunatamente prevenuti e ne sono assai Lieto. Siccome però tutte quelle ragioni che voi conoscete benissimo e che è inutile che io vi dpeta sussistono sempre sinché il richiamo dell'Orénoque non sarà un fatto compiuto, sarà bene che prima della vostra partenza cerchiate di vedere il Duca Decazes per dirgli .che il Governo del Re ha ricevuto ,con piacere l'annuncio che vi ha dato e ,che avete .confidenzialmente tralsmes,so a Roma e troviate quel modo cortese ma abbastanza esplicito che vi parrà più conveniente per prendere atto della fattaci dichiarazione. V·i prego anche di far constatare e dell'annuncio dato e dell'atto che se ne ,prese in un dispaccio che mi scriverete. Voi sapete che con me non v'è pedcolo ,ch'io faccia di questo vostro dispaccio un uso qualunque meno delrcato o discreto. Ma anche per la mia responsabilità, desidero ~che una traccia scritta vi :sia e rimanga.

Rimane inteso che dopo quanto il Duca Decazes vi disse, il Governo italiano ·conserverà il silenzio sull'argomento, avendo noi .piena fiducia nell'es·plicita dichia·razione che vi è stata fatta. D'altronde noi ci siamo sempre astenuti dal sollevare ufficialmente la questione, appunto perché credevamo de

(l} Cfr. n. 477.

siderabile, ~.sotto tutti i rapporti, che quest'atto si compiesse per uno spontaneo apprezzamento e per un'amichevole iniziativa del Governo francese. Bensì mi duole che questo silenzio non sia stato conservato dalla stampa perché comprendo che il richiamo dell'Orénoque è uno di quegli atti che si compiono più facilmente quando meno se ne parla. Ma voi sapete come sia impossibile disciplinare i giornali. Non fu solo la !stampa italiana ma ancora e non meno la stampa estera che, in questi giorni, si occupò dell'Orénoque. E certo una prova della opportunità di togliere fra i due paesi questa causa di diffidenza e di difficoltà, sta nel vedere come, ogni qualvolta un incidente

o un complesso qualunque di circostanze chiama l'attenzione sui rapporti fra l'Italia e la Francia, sorge spontaneo, nello spirito pubblico e nelle sue manifestazioni, questo nome dell'Orénoque che spero di veder presto entrare nel muto regno dell'oblio.

Certo la partenza dell'Orénoque produrrà un buonissimo effetto nell'opinione pubblica in Italia. Per questo desidero vivamente che il Governo francese abbia rinunciato all'idea di far succedere al ritiro di questa nave qualche altra combinazione più o meno bene immaginata, in ogni caso poco pratica, di cui nessuno gli saprebbe grado e che convertirebbe in un disinganno il buon effetto prodotto dalla ·sua risoluzione. Il miglior consiglio sarebbe di considerare che un porto della Corsica è abba,stanza prossimo a Civitavecchia per provvedere a qualunque eventualità. Voi conoscete del resto a questo proposito qual è il nostro modo di vedere che anche troppo lungamente vi esposi in una lettera che vi scrissi all'epoca dell'ultima venuta di Ressman a Roma.

Ho infine ancora un desiderio ad esprimervi del quale farete però quel caso che vi parrà conveniente. Sarebbe desiderabile che l'epoca della partenza dell'Orénoque fosse, per quanto possibile, avvicinata, in modo che per corso del mese di Settembre, si intendesse piuttosto il principio che la fine. Vi sono per questo due ragioni di cui l'una si può dire e l'altra non si può. La prima è che, potendo come l'esperienza ce lo ha provato, ogni incidente imprevisto o i,nprevedibile sollevare la questione dell'Orénoque nel pubblico, nella stampa e porre quasi cn demeure tanto il Governo italiano come il francese, 8ollevando e per noi e per esso le più gravi delle difficoltà che sono quelle che si complicano colle suscettibilità nazionali, abbreviare la durata dello stato attuale delle cose è abbreviare un .periodo di pericoli latenti e di possibili incertezze. La seconda ragione non è meno buona benché valga solo per voi. È as3ai probabile, benché non del tutto sicuro, che alla fine di Settembre o al principio del prossimo Ottobre, l'Imperatore di Germania venga in Italia a re3tituire al Re la visita che questi gli fece l'anno scorso a Berlino. Non sarebbe bene che per quest'epoca l'affare dell'Orénoque fosse finito e la coincidenza non potrebbe creare un imbarazzo o una cagione di ritardo colle sue inevitabili conseguenze nelle disposizioni dello 1spirito pubblico verso la Francia? D'altronde vi confesso che se in seguito a qualche nuova esitazione del Governo francese, noi dovessimo avere qualche incidente diplomatico col Governo francese, amerei meglio che ciò non si collegasse colla vi~ita dell'Imperatore di Germania, quasi che noi avessimo da

,questo fatto attinto una sicurezza che altrimenti ci sarebbe mancata. Un sentimento di legittiJino amor proprio me lo fa desiderare. Insomma e per la dignità nostra e per quella della Francia sarebbe assai meglio separare i due fatti; facendo precedere, ben inteso, la partenza dell'Orénoque.

483

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. S. N. Trieste, 8 agosto 1874 (per. l'11).

In questi ultimi giorni avvenne un importante cambiamento nel perisonale Amministrativo di questa Provincia. Il Barone Ceschl di Santa Croce che era da circa due anni Luogotenente, venne posto in quiescenza e surrogato dal Barone Felice Pino de Friedenthal già Presidente di Governo nella Bukovina, ed il Cav. Gariup, Direttore di Polizia, venne trasferito a Briinn in Moravia e surrogato da certo Signor Cav. Pikler che prima del 1859 era addetto alla Direzione Generale della Polizia in Milano.

Persone, al solito ben informate, mi hanno riferito che questo cambiamento di personale fu una conseguenza delle circolari diramate in questi ultimi tempi dal sedicente Comitato Triestino.

A quanto pare il Governo Imperiale fu disgustato che il Barone Ceschi ed il Cav. Gariup non abbiano saputo trovare ed arrestare gli autori di quelle dimostrazioni sovversive. Si pretende quindi che il nuovo Luogotenente, il quale già conosce questo paese essendo stato qui consigliere di Luogotenenza e poscia Ca[Jitano Dilstrettuale a Gorizia, ed H nuovo Direttore di Polizia siano qui giunti con istruzioni di procedere con tutta la severità e con tutto il rigore ,contro i cittadini itaUani qui residenti che sono in sospetto di avve,rsione al Governo Im.periale, ovvero che appoggiano il partito liberale Triestino (1).

484

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 178. Bruxelles, 8 agosto 1874 (per. il 12).

Nella 7• seduta della commissione del Congresso, tenuta ieri, di cui mi dservo trasmettere il verbale a V. E., trattavasi di prendere in esame il Capitolo VII della S-ezione I del progetto Russo (des non combattants et des blessés).

Senonché il Delegato Germanico avendo presentato, in nome del suo Governo,. un intero controprogetto a tale Capitolo, allo scopo principalmente di specificare meglio la distinzione che nella Convenzione di Ginevra si fa tra il personale ed il materiale di Ambulanza, si decise di affidare ad una, \sottocommissione l'esame delle questioni di cui trattasi nel Capitolo VII suddetto nello scopo di preparare una redazione che pur tenendo conto delle proposte Germaniche permetta di includere nel progetto di Convenzione che sta elaborando H congresso, alcune clausole addizionali, dirò così, alla Convenzione di Ginevra, lasciando questa intatta.

La sottocommissione, nominata dal Presidente risultò composta dal Generale Leer, Colonnello Staaff, Colonnello Hammer (Delegato svizzero), Barone Lambermont, Barone Soden, quest'ultimo designato dal Generale Voigts-Rhetz a sostituirlo per avere come il Colonnello Staaff preso parte ai lavori della conferenza di Ginevra del 1868. La sottocommissione dovrà anche occuparsi dello studio preliminare delle proposte che il Governo Belga fece sue relative al1le società di soecorso ai prigionieri di guerra di cui feci cenno nel mio rapporlo N. 173 serie politica del 5 agosto coil'rente (l).

I Rappresentanti delle Grandi Potenze si dimostrarono in generale contrarì all'ammettere ed al regolare, per convenzione internazionale, l'azione di società private di soccorso sia ai prigionieri che ai feriti in guerra, ed ho avuto occa;sione di accertarmi che •le osservazioni fatte (alle note speditemi nota n. 15 art. 10) sono approvatè specialmente dai Delegati di Francia e d'Austria. Tutti però desiderano, come viene raccomandato da V. E. nelle note ora accennate, di non urtare sentimenti di filantropia ·che per essere eocessivi non sono però meno commendevoli. Credesi che la sottocommissione proporrà e la commissione adotterà una redazione, per quanto riguarda le società di cui parlo, la quale isenza ferire le suscettibilità d'alcuno ed anche dando soddisfazione all'opinione pubblica, stabilirà però che siffatte società possano solo agire fuori della zona delle operazioni e coll'annuenza speciale delle autorità militari competenti, seppure non si arrh·erà ad eliminare affatto tale argomento dal progetto di Convenzione.

Il Capitolo I della Sezione I modificato dalla Presidenza del Congresso e di cui ho trasmesso il testo con mio rapporto di que;ta serie N. 172 in data del 5 agosto (l) corrente incontra generalmente favore presso i Delegati. Benché alcune parti possano ancora trovare difficoltà nella pratica, su di esse si possono ora intavolare discus13ioni senza pericolo di suscitare soverchia discordia, ed io sono lieto di vedere che nel redigerio i Delegati Russi abbiano dato soddisfazione, almeno in .parte agli appunti fatti dal Governo Italiano, colle note speditemi, ed alle quali, naturalmente io informai sempre, dopo averle ricevute, i miei discorsi privati coi vari Delegati e più specialmente col Barone Iomini. Con quest'ultimo il Tenente Colonnello Lanza parlava oggi del:la facoltà fatta all'esercito occupante di .prendere pos1sesso del materiale ferroviario di società pil'ivate, questione sulla quale le note relative al par. 6 dei

Capitolo I speditemi da V. E. richiamavano appunto la mia attenzione. Il Ba-rone Iomini ammise perfettamente le difficoltà che il solo cenno, in una convenzione internazionale, di tal presa di possesso, anche temporanea, come è detto nella redazione modificata, può soMevare nelle relazioni dei Governi colle società ferroviarie. Egli opinò però essere necessario di fare qualche restrizione, pel materiale ferroviario, al rispetto dovuto alla proprietà privata. La questione sarà ancora studiata ed, occorrendo, discussa in Commissione, quindi nel Congresso in seduta plenaria.

Una nuova redazione del Capitolo 'l della Sezione II e della Sezione IV venne anche presentata dai Delegati Rus1si, 'Come già pel Capitolo I, agli studì del congresso, in sostituzione di quella inserta nel primitivo progetto di convenzione: ne trasmetto una copia ricevuta oggi.

P. S. -Si spera che la Commissione iPOS,sa avere terminato il suo compito il 15 corrente dopo di che la ,conferenza ,incomincerà a discutere in plenum· gli articoli dei progetto emendato.

Dopo fatte le debite verifiche si venne a riconoscere avere la Legazione ricevuti tutti i documenti dell'Incartamento 52 dal I al VIII. Si ha 1'onore di segnare riscontro delle note da consultarsi per la ~conferenza spedite il 3 e 4 agosto da Roma, come pure della spedizione di documenti diplomatici fatta il 30 giugno Incartamento 13 XXVII, Incartamento 6 XXXVIII e XXXVIII bis.

(l) Annotazione marginale: «Trasmessa copia a Vienna 27-8-74 •.

(l) Non pubblicato.

485

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 226. Lisbona, 8 agosto 1874 (per. il 27)..

Facendo seguito al mio Dispaccio di questa serie N. 222, del 29 scorso giugno (1), mi pregio informare V. E. che in seguito degli accordi scambiati tra l'Inghilterra e il Portogallo, circa il Congresso di Bruxelles, le istruzioni dei Plenipotenziari Portoghesi furono modificate nel 'Seguente modo:

Ritenere come base assoluta del Congresso le riserve Inglesi.

Appoggiare nel programma Russo la parte per così dire Umanitaria, manon l'altra che involve questioni internazionali di somma delicatezza e di somma importanza.

Porsi d'accordo nelle trattative più specialmente col Plenipotenziario Austriaco, e in tutto e per tutto 'POteri soltanto ad referendum e non ad isolvendum.

Unisco qui due dispacd cif,rati (2).

505·

(l) -Cfr. n. 423. (2) -Non si pubblicano.
486

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 297. Bruxelles, 9 agosto 1874, ore 11,55 (per. ore 15,55).

Les premiers délégués de toutes les grandes puissances étant d'accord pour rendre justke aux .concesl~ions faites par la Russie sur le programme primitif ~t désirant faciliter le succès aussi complet que possible de la conférence sont personnellement d'avhs qu'il serait désirable que l'Angleterre donn~ìt instructions à son délégué de 'se joinàre purement et simplement aux délibérations à prendre, ce qui aurait le double avantage d'en augmenter la valeur morale et l'utilité praticue et de mettre fin aux hésitations des 9etits états très-embarrassés jusqu'ici à cause des sacrifices qu'ils prévoyent dans leurs Chambres. V. E. jugera après avoir vu les textes modifiés du projet, si elle peut faire appuyer à Londres les démarches que mes principaux collègues ont suggérées à leurs Gouvernements de faire en ce sens auprès du Gouvernement Britannique.

487

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 135. Roma, 9 agosto 187 4.

Col rapporto del 7 luglio (l) V. S. riferivami un colloquio avuto col ·conte Andrassy circa il diritto cui pretendono la Rumania e la Serbia di conchiudere trattati di commercio in nome proprio e separatamente dalla Potenza altoSovrana. S. E. si era espressa in termini taii da far comprendere che le era rincresciuta la risrpols1ta ch'io avevo data verbalmente al Rappresentante AustroUngarico quando questi mi aveva comunicato il dispaccio del 14 giugno sopra

.quell'argomento. L'impressione che il Conte Andrassy ebbe dalla mia risposta mi lascia dubitare che i.l senso ne sia stato da lui colto esattamente.

La questione di cui si tratta ha due aspetti. Essa può venire esaminata al punto di vista del diritto, oppure a quello dei fatti. Al punto di vista del diritto occonrerebbe prendere in esame tutti gli atti che hanno creato l'attuale condiz·ione politica deMa Rumania, e se fra tali atti si ravvisassero delle contraddizioni, bisognerebbe che a spiegarle intervenisse l'autentica interpretazione di quegli stessi Governi che hanno concorso a formarli.

Ma al punto di vista dei fatti, vale a dire delle es·igenze create dai progressivi rapporti commerciali dei Principati, la questione si presenta sotto un

aspetto molto più semplice, il quale potrebbe facilitare la risoluzione delle difficoltà che offre il lato giuridico di quest'affare. Sotto questo aspetto è facile persuadersi che la questione non offre per tutti i Governi un uguale interesse. Le Convenzioni commerciali della Rumania hanno per l'Austria e per la Russia un interesse relativo molto diverso di quello che esse possono avere per l'Italia. Ora quando vi sono dei paesi pei quali una questione offre un interesse pratico ed immediato, ci sembra che, da parte di chi non ha nella questione stessa che da emettere un'opinione teorica, sia un procedere amichevole il non pregiudicare le risoluzioni che saranno da prendersi ·col pronunziarsi intempestivamente in un senso piuttosto che in un a'ltro. Di questo savio e cortese modo di procedere non mancano gli esempj, poiché non altdmenti sogliano condursi alcune fra le principali potenze negli affari riguardanti i possessi della Turchia in Africa, per la considerazione appunto ·che quegli affari non hanno per esse l'interesse che gli stessi offrono all'Italia e ad altri Governi.

Nella nostra riserva non si deve dunque vedere alcun indizio di mal volere

o di disposizioni .sfavorevoli ad assecondare l'Austria-Ungheria in una trattativa di cui la natura stessa delle cose voleva che essa prendesse l'iniziativa. Né ci risulta che molto diverso sia stato il •contegno dei Gabinetti che hanno una posizione analoga alla nostra nella vertenza di cui qui ci occupiamo. Senza che intervenissero preventive intelligenze speciali, noi ci siamo trovati d'accordo colla Francia nel distinguere i due aspetti che la questione può avere. Il Gabinetto di Parigi è però andato più in là di noi, poiché il Duca Decazes ha fatto conoscere a Vienna che allo scopo di eliminare qualunque idea di cambiamenti politici nella situazione dei principati, egli non appoggerebbe l'Austria che in quanto le sue trattative a Costantinopoli non avrebbero l'aspetto di una rivendicazione di diritto. Le informazioni che abbiamo sulle disposizioni del Gabinetto di Berlino non lo dimostrano premuroso di prendere un atteggiamento più risoluto del nostro. Né ci risulta che l'Inghilterra siasi pronunziata in modo più esplicito e più favorevole. La Russia invece, che al pari dell'Austria ha degl'interessi speciali da far valere, sembra che si sia intesa col Gabinetto di Vienna per favorire ,j Principati nelle loro domande.

L'accordo stabilitosi a questo riguardo tra i due Imperi, fa sperare un accomodamento diretto della questione sulla base di una concels•sione della Porta ottomana in vista delle nuove esigenze ·create dallo sviluppo delle relazioni commerciali dei Principati coll'estero. I passi fatti dall'Austria-Ungheria a Costantinopoli ci sembrano i più confacenti allo scopo che si vuoi conseguire. Noi aspettiamo che il Gabinetto Austro-Ungarico ci faccia conoscere l'esito delle trattative preliminari, e ci disponiamo a ricercare il modo di risolvere una difficoltà che, nell'occasione non lontana della revisione dei trattati

t.li commerdo colla Turchia, potrebbe presentarsi •sotto un aspetto ancora più grave. Qual conto si possa fare sullo spirito di conciliazione del Gabinetto di Bucarest, lo indicano alcuni 'suoi atti recenti, ·che dimostrano in lui una preoccupazione costante di creare dei nuovi fatti in opposizione coi trattati di commercio di cui la Porta ottomana ha stipulato la estensione anche ai Principati del Danubio. Questi fatti hanno per noi un'importanza miJ?ima, perché non toccano a considerevoli nostri interessi commerciali. Noi possiamo benissimo

!imitarci a fare delle sempliC'i riserve ,senza il pericolo che abbiano a nascere dei conflitti. Però l'Italia non può disconoscere tutto ciò che vi è di anormale in una simile situazione. Tutte le sue simpatie sono dunque assicurate alle trattative •che hanno per iscopo di mettere le cose in una ·condizione più regolare. La S. V. potrà, all'occorrenza, dare al Conte Andrassy l'assicurazione che il R. Governo è disposto ad e·saminare colla massima cura quei sistemi che saranno ritenuti più •confacenti colle esigenze speciali nascenti dalle progredite relazioni commerc.iali della Rumania coi suoi vicini. Egli spera che per allontanare sempre maggiormente il pericolo di conflitti e di complicazioni, che è nell'interesse geneorale di prevenire, un accordo sarà possibile il quale, concHiando gli interessi di diversa natura che sono impegnati in questa quer,;tione, riuscirà ad ottene,re il consenso di tutte le Potenze.

(l) Non pubblicato.

488

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, 9 agosto 1874.

Sono di ritorno dal mio congedo che vorrei però riprendere alla fine del mese. Vi mando una riga approfittando del Corriere che parte, benché abbia poco a dirvi.

Ho ricevuto a suo tempo la vostra interes,sante lettera sul colloquio che :avete avuto con Wimpffen (l) e credo giovevole che quel colloquio abbia avuto luogo e che Wimpffen abbia udito da voi il linguaggio che gli avete tenuto. Quanto al viaggio dell'Imperatore di Germania dopo le ultime informa

zioni ,che vi furono comunicate non avvenne né fu detto nulla di nuovo.

Vi ho chiesto oggi pel telegrafo se la Germania ha fatto a Vienna una comunicazione pel riconoscimento del Governo spagnolo. Attendo io pure per domani o per domani 'l'altro una simile comunicazione. Suppongo che ~e risposte raccolte dal Governo germanico saranno favorevoli. Per parte nostra siamo diJsposti a seguire l'esempio della Germania, anzi lo sviluppo del Carlismo .ci porta !Piuttosto a desiderare che un atto di riconoscimento, non parziale, ma unanime delle maggiori Potenze d'Europa dia una certa forza morale al Governo del Maresciallo Serrano. Ma in questo affare a noi conviene una certa riserva. Del resto cercate di avere in proposito qualche discorso al Ministero degli esteri, per provare che non abbiamo dimenticato il desiderio espressoci reciprocamente di procedere d'accordo in questo affare.

Quel ,complesso settario, mezzo repubblicano mezzo internaziona-le che

esiste nelle Romagne, e che voi conoscete ha voluto tentare qualche cosa gio

vandosi di qualche parziale agitazione pel caso dei... (1). Gli arresti fatti a Rimini sgominarono il piano e, come suole, affrettarono qualche scoppio parziale. Una banda di circa sessanta persone si formò presso Imola. Essa fu, senza difficoltà, quasi tutta arrestata. Il Minhstro dell'Interno che vidi stamane era affatto tranquillo e sperava che tutto sarebbe finito con qualche altro arresto e il sequestro di quakhe cassa di fucHi. Vi invio anche, con questa spedizione, un dispaccio per l'affare delle convenzioni commerciali colla Romania (2) per dare a tal proposito, delle spiegazioni che non vi impegnino, ma che siano amichevoli assai. Oggi il Ministro di Turchia venne a parlarmi di questo affare e mi disse che la Porta non avrebbe accolto il modo di vedere lasciato intendere dall'Austria. Io lo esortai alla conciliazione. Il fatto sta che praticamente potranno sorgere delle reali difficoltà, perché la Porta non ha, né vuol fare un trattato di commercio coi Principati e quindi potrebbe stabilire una linea interna per isolarli dal lato suo se essi pattuiscono fuori del suo concorsò. Non è dunque male che le Potenze meno direttamente interessate rimangano un po' indietro, sia per concorrere in seguito a vincere le ultime resistenze, sia per appoggiare qualche mezzo conciliativo.

Credo di non aver altro a dirvi..,

(l) Cfr. n. 445.

489

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

T. 96. Roma, 10 agosto 1874, ore 15,20.

Veuillez me dire quelle a été la réponse du Gouvernement britannique à la circulaire du Cabinet de Berlin pour la reconnaissance du Gouvernement e:~pagnol. Informez moi aussi si des navires anglais ont été envoyés sur les cotes occidentales d'Espagne.

490

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA

D. 168. Roma, 10 agosto 1874.

Ebbi jeri coll'Inviato ottomano un Jungo colloquio il quale si aggirò quasi esclusivamente sopra la questione relativa all'estensione dei trattati di commercio della Turchia ai Principati di Serbia e di Rumenia.

Carathéodori Effendi mi ha presentato la questione sotto questo aspetto. Egli mi di,sse che la Porta ha denunziato i suoi trattati di commercio, non solamente con l'Italia, ma anche con tutti gli altri Governi che si trovano in cortdizioni analoghe alle nostre; che avendo noi accolto favorevolmente la domanda fattaci in proposito e dichiarato di essere pronti ad entrare in trattative per la revisione del trattato, egli non aveva motivo di comunicarci una recente circolare del suo Governo tendente appunto a sollecitare una risposta da quei Gabinetti che non si erano ancora pronunciati. Soggiunse però dover egli esprimermi per parte del Governo del Sultano il desiderio ,che alle nuove convenzioni abbia ad essere conservato il carattere generale che ha il trattato del 1861 per ciò che si riferisce all'esecuzione del medesimo in tutte le parti dell'Impero.

V. S. si rammenta certamente che nell'art. 20 di quel trattato si legge questa testuale disposizione: • Le présent traité sera exécutoire dans toutes et dans chacune des provinces de l'Empire Ottoman, c'est-à-dire dans tous les Etats de S. M. I. le Sultan situés en Europe ou en Asie, en Egypte et dans les autres parties de l'Afrique appartenant à la Sublime Porte, en Servie et dans les Principautés unies de Moldavie et de Valachie »,

Era dunque a questa disposizione che si riferivano le parole di Carathéodori Effendi ed è questa la clausola che la Porta esprime il desiderio di conservare inalterata nei suoi futuri trattati.

La mia risposta al Ministro di Turchia è stata la seguente: Io gli dissi che, dopo la stipulazione del trattato del 1861, si erano prodotti, tanto nell'ordine politico, che nell'ordine economico, dei fatti che potevano avere qualche influenza sulle determinazioni da prendersi in occasione della revisione domandata dalla Turchia. Al Khedive d'Egitto p.e. erano state fatte delle concesisioni, relative agli accordi commerciali con l'estero, mediante dei firmani dei quali la Sublime Porta stessa aveva dato ufficiale comunicazione alle Potenze. In Rumenia ed in Serbia, lo sviluppo delle relazioni commerciali, segnatamente con gli Stati limitrofi, la facilità delle comunicazioni già stabilite e l'incremento che dalla costruzione delle linee ferroviarie era destinato a ricevere il movimento economico, avevano creato delle nuove esigenze alle quali sarebbe stato giusto ed opportuno di aver riguardo. Quindi io soggiunsi che ero stato informato dei pas,si che l'Austria-Ungheria aveva l'intenzione di fare direttamente a Costantinopoli per trovare il modo di risolvere, d'accordo con la Porta, le difficoltà che a tale riguardo avrebbero potuto presentarsi.

Carathéodori Effendi replicò a queste mie osservazioni esser egli persuaso che non s'incontreranno difficoltà per ciò concerne l'Egitto, giacché fra il Sultano ed il Khedive interverranno degli accordi che elimineranno qualunque dubbiezza che potrebbe sorgere dall'interpretazione dei firmani. Ma egli stimava suo dovere di e"pormi le ragioni per le quali nessun accomodamento sarebbe possibile per parte della Sublime Porta sopra la base del riconoscimento nei Principati Danubiani del diritto di fare con i Governi esteri dei trattati separati di commercio indipendentemente dalla Potenza Alto-Sovrana.

Io non ripeterò qui tutti gli argomenti che Carathéodori Effendi mi ha citato in favore della tesi propugnata dal suo Governo. Ma norì posso passar totalmente sotto silenzio una considerazione sulla quale egli ha particolarmente

insistito e ehe Tiguarda la situazione in cui si troverebbe collocato il Governo del Sultano per le proprie relazioni commerciali coi Principati del Danubio, il giorno in cui a quest<i fosse riconosciuta la facoltà di fare con le Potenze dei trattati di ~commercio separati. Non potendo la Turchia assoggettarsi a trattare da Governo a Governo .con quei Principati, la naturale conseguenza di una simile ~condizione di cose 1sarebbe la cessazione di qualunque relazione commerciale di quei territori con le finitime provincie dell'Impero.

Mettendosi ,invece in una via di conciliazione, vi sarebbero, mi diceva il Rappresentante Ottomano, dei mezzi da ~cercarsi di comune accordo con i quali, pur mantenendo ai trattati dell'Impero il loro cc>.rattere generale, si darebbe soddisfazione in un'equa misura, non solamente alle .esigenze speciali dei Principati stessi, ma anche agli intereSis'i particolari degli Stati che tengono il primo posto nelle relazioni commerciali di quei paesi.

La conversazione ch'io ebbi con il Ministro di Turchia si limitò ad un semplice scambio d'idee senza che da parte mia avessi a prendere alcun impegno circa la ~condotta dell'Italia in questo affare che .per sua natura è assai delicato e difficile. Il Governo di Sua Maestà aspetta ora da Vienna di conoscere l'esito delle trattative intavolate a Costantinopoli. Un riguardo, al quale non possiamo mancare verso quel Governo Imperiale, ci fa un dovere di non pronunciarci piuttosto in un senso che nell'altro finché quelle pratiche preliminari non siano esaurite e per noi non vi sia una ragione urgente di prendere per ·conto nostro una risoluzione. Sotto ogni rapporto sarebbe però desiderabile che l'accordo il più perfetto si mantenesse fra le Potenze anche in questa questione. Prescindendo dall'esaminarla al punto di vista strettamente giuridico, noi vorremmo ·che la Sublime Porta si rendesse conto dei fatti e comprendesse tutto il vantaggio ch'essa può ricavare dal mostrar::i arrendevole quando Le venisse proposto un temperamento che, senza alterare la situazione politica, desse una equa soddisfazione ai varii interessi impegnati in questo affare. Il Governo del Sultano non può sperare alcun vantaggio dalle complicazioni alle quali potrebbe dare origine il suo rifiuto di accondi:~cendere ad una savia transazione. Benché io mi sia astenuto dal pronunciarmi in un senso piuttosto che in un altro, non ho creduto opportuno di tacere a Carathéodori Effendi che in questo affare una considerazione s'imporrà necessariamente a tutti i Governi i quali debbono pur pensare che trattati stipulati dalla Porta, anche per i Principati incontrerebbero nell'assemblea rumena una aperta opposizione. Le complicazioni che ne potrebbero 'wrgere sarebbero assai gravi. Se I'esempio del passato non dimostrasse di già ·che il Governo di Bukarest è costantemente restìo ad accettare le disposizioni dei Trattati che la Turchia ha conchiuso anche per lui, si dovrebbe pur prevedere per l'avvenire una resistenza tanto più vigorosa e risoluta inquantoché es1sa sarebbe appoggiata non più solamente dalla opinione generale del paese, ma anche in una certa misura dalle disposizioni favorevoli palesate dai Grandi Stati vicini.

La Sublime Porta non vorrà scostarsi certamente da quella politica tradizionale che ha finora guidato i suoi passi e che le ha fatto tener conto in una giusta misura delle esigenze che lo ;spirito pubblico nei Principati impone a quei Governi. L'autonomia amministrativa e finanziaria riconosciuta alla Rumenia ed alla Serbia non sarebbe certamente completa se quei paesi non potessero scegliere essi stessi il regime che meglio loro conviene per le loro relazioni commerciali con l'estero, ,se dovessero accettare dal Governo di Costantinopoli le tariffe, i dazi e tutti gli altri provvedimenti finanziar;i che il medesimo può stabilire nei suoi trattati con le Potenze. Sarebbe poi inutile il voler protrarre con una finzione di diritto una situazione che non risponderebbe più alla realtà dei fatti. Molto più savio consiglio sarebbe invece quello di studiare i temperamenti coi quali, mettendo in armonia il diritto coi fatti, non si alterasse però la posizione politica rispettiva del Governo Ottomano e dei Principati del Danubio.

Per ora V. E. Illustrissima dovrà limitarsi a scandagliare le disposizioni di codesto Governo, non mancando però, nelle occasioni che Le si .presentassero di far sentire un linguaggio di conciliazione. Ella eviterà con la massima cura d'impegnare la condotta futura dei R. Governo finché questi non Le avrà dato ulteriori istruzioni.

(l) -Parola illeggibile a causa del deterioramento del manoscritto. (2) -Cfr. n. 487.
491

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 306. Londra, 11 agosto 1874, ore 19,22 (per. ore 21,50).

Derby m'a autorisé vous communiquer confidentieHement que le Gouvernement anglais accepte la propolsition de la Prusse pour reconnaitre Gouvernement espagnol et que les instructions à cet effet seront transmises ce soir à Madrid.

492

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI

D. R. s. N. Roma, 11 agosto 1874.

La Legazione di S. M. in Bruxelles, alla quale fu comunicato, per quanto la riguardava, il tenore della Nota di codesto Ministero 28 luglio p. p.

N. 4412/4418 G~b. (l) ha riferito che l'Amministrazione della sicurezza pubblica in quella città ebbe ad informarlo, il 6 corrente come secondo ragguagli da lui creduti esattiòsimi non consti che siasi tenuta veruna riunione di internazionalisti in Bruxelles il l" corrente e che nella seduta tenutasi il 2 risulterebbe non essersi trattato di alcun progetto riferentesi a movimenti insurrezionali in Italia.

La R. Legazione soggiunge in via confidenziale che in questa circostanza il detto Amministratore della Pubblica Sicurezza ebbe a fargli osservare verbalmente come tsiagli venuto il dubbio che le informazioni fornite in questi ultimi tempi al R. Ministero dell'Interno sulle mene internazionaliste nel Belgio provengano da fonte poco attendibile. Egli infatti avrebbe riJevato che tali informazioni appajono spesso alquanto esagerate, messe a fronte delle condizioni di debolezza in cui sa trovarsi ora il partito dell'Internazionale nel Belgio. Conchiuse poi coll'esprimere il desiderio di conoscere riservatamente se è pos,sibile quale sia la fonte in questione.

Il ~sottoscritto gradirà conoscere da codesto Ministero quale riscontro possa esser fatto pervenire all'Amministrazione della Pubblica Sicurezza in Bruxelles su questo punto.

(l) Non pubblicata.

493

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 182. Bruxelles, 12 agosto 1874 (per. il 15).

Come V. E. tscorgerà dai nostri rapporti, il progetto di convenzione o dichiarazione che si voglia chiamare potrà fra pochi giorni venir presentato alle discussioni dela Conferenza in plenum notevolmente migliorato sia dagli emendamenti della Commissione che dalle modificazioni proposte dallo stesso delegato della Russia.

Non solo ,poi per la sostanza del nuovo progetto che ~sarà oramai base della discussione, ma anche per la moderazione, ,j reciproci riguardi e la cordialità di ,relazioni che si manifestarono finora nelle riunioni dei delegati, v'ha luogo a sperare un risultato soddisfacente benché evidentemente le discussioni della Conferenza plenaria ed anche quelle della Commissione trattando dei primi capitoli del progetto, possano ancora dar luogo ad incidenti imprevisti.

Così stando le cose, alcuni delegati delle grandi Potenze, e specialmente quelli d'Austria e di Francia, osservando come il Delegato dell'Inghilterra dimostri maggior fiducia e minor riserva presentemente che non facesse sul principio, opinarono che fosse poslsibile un tentativo per ottenere che il concorso moderatore dell'Inghilterra si faccia più deciso e venga attivamente ad accrescere le guarentigie d'accettabilità per tutti delle deliberazioni della Conferenza, e ad un tempo il valore pratico delle medesime. Essi mi proposero adunque di associarmi ad una entratura in via riservata che concertavano di fare per telegrafo ai loro Governi nello scopo che l'attenzione del Governo inglese fos1se confidenzialmente dchiamata sulla opportunità che il Delegato della Gran Bretagna riceva istruzione di prendere alle deliberaz,ioni della Conferenza una parte eguale a quella che hanno a compiere gli altri delegati.

Io stimai che parecchie ragioni stavano in favore di tale suggerimento, che, conseguentemente mi permisi di sottoporre per telegrafo 'lll'E.V. (1). Il passo

proposto è di fatti un omaggio reso all'autorità morale dell'Inghilterra; è consentaneo a quella verità riconosciuta, che cioé gli accordi più generali saranno anche i più pratici ed i più utili; ha per iscopo di dare più ampia ·soddisfazione al pensiero generoso dell'Imperatore Alessandro, aggiungendo d'altra parte nuove forze a quegli elementi i quali nella Conferenza militano per togliere di mezzo inopportune quistioni di principi ed ingiuste limitazioni al diritto di difesa; potrà infine, se riuscirà, condurre a questo utile risultamento, che l'esempio dell'Inghilterra trasformi in una vera collaborazione più utile alle mire speciali del Governo del Re le resistenze talvolta troppo negative e sterili opposte da alcuni rappresentanti di piccoli Stati, il Belgio e l'Olanda specialmente, a proposte le quali, anche ~se riconosciute da essi buone in sé, paiono loro tali da dare appiglio alle critiche dell'opposizione giornalistica e parlamentare.

Il Governo del Re certamente non ha interesse ad impedire che le resistenze del Belgio e dell'Olanda sortano i loro effetti. Anzi noi ne abbiamo approfittato e ne approfitteremo per appoggiare tutti quelli emendamenti che meglio corrispondano alle istruzioni mandateci. Ma non è men vero, secondo me, che i delegati italiani nel loro contegno generale, nei concerti da essi presi cogli altri delegati, dovevano aver cura di non arruolarsi per così dire nelle file dei piccoli Stati. Il loro dovere era di sostenere integralmente il modo di vedere indicato dagli interessi speciali del nostro paese, ma di sostenerlo co.i modi che si addicono ad una grande Potenza, la quale deve preoccuparsi di non rimanere isolata dalle sue •simili. E questa considerazione deve far desiderare a noi più forse che ad altri una piena partecipazione dell'Inghilterra alle deliberazioni ad referendum che stanno per incominciare nel plenum della Conferenza.

(l) Cìr. n. 486.

494

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 12 agosto 1874.

Come vi scrissi per telegrafo, il Duca Decazes mi disse il 7 corrente (l) che I'Orénoque sarebbe richiamato nel mese di Settembre prossimo. La dichiarazione era così esplicita che io avevo ogni ragione di credere che la questione era definitivamente risolta. Ma quantunque io sia convinto che essa lo sarà, e ciò nel mese di Settembre, tuttavia non posso ancora darvene l'assicurazione ufficiale. Io avevo annunziato a Decazes l'arrivo della vostra lettera recatami dal Corriere Armillet (2). Decazes venne espressamente a Parigi a pranzar da me ieri, e dopo pranzo abbiamo avuto una lunga conver

,sazione che passo a riferirvi ne' suoi punti principali. Il Duca Decazes, confermandomi l'intenzione del Governo francese di richiamare l'Orénoque, si fondò sulle nostre dichiarazioni che la Francia potrebbe sempre mandare all'occorrenza bastimenti da guerra nei nostri porti, come ogni altra Potenza (e come l'Italia stessa in Francia) per tornare sulla combinazione secondo la qunle un altro bastimento in modo più o meno dissimulato, verrebbe sulle nostre coste, ora a Napoli, ora a Livorno, ora anche a Civitavecchia: Io ho scartato recisamente una tale combinazione. Dissi al Duca Decazes che qui non si trattava soltanto d'un cambiamento di nome d'un bastimento e della leggenda così detta dell'Orénoque. La questione era più seria. È una questione 'Che vuol essere risolta chiaramente e radicalmente. L'Orénoque deve essere richiamato puramente e semplicemente. Nessun altro bastimento deve surrogarlo. La Francia deve rientrare a questo riguardo nel diritto comune. Essa avrà, come ogni altra potenza, la facoltà di mandar legni da guerra nei porti amici, Essa potrà quando il Papa si decidesse a partire dall'Italia, mandare e mettere a sua dispos,izione le sue navi. Ma non può né deve mantenere uno stazionario nei nostri porti con una destinazione simile a quella dell'Orénoque. Lasciai capire che il Governo del Re desidera lasciare l'iniziativa del richiamo alla Francia, ma che se quest'iniziativa si fa aspettare, egli si vedrà costretto a farne ufficiale richiesta. Dissi a Decazes che del resto il tempo premeva e che il Governo del Re era risolto a provocare in un senso o in un altro la soluzione di questa questione prima delle elezioni, ed accennai aUa prima quindicina di Settembre come epoca non solo desiderabile, ma direi quasi fatale. Il Duca Decazes mi rispose che ne riferirebbe al Maresciallo ed al Consiglio dei Ministri. Non ha escluso la possibilità che si giudichi conveniente che vi sia una domanda ufficiale del nostro Governo. Il Ministero Cissey-Decazes è evidentemente legato da convenienze politiche verso la destra, ch'è uno dei suoi appoggi. Può convenirgli di poter dire che ha la mano forzata e che deve ubbidire a una necessHà imperiosa. Io ho combattuto questo secondo modo di soluzione con ragioni che potete indovinare e che non ho quindi bisogno di riferir qui. Ma dissi al Duca che noi non avremmo indietreggiato dinanzi a questa eventualità, se era inevitabile, comunque essa presentasse ai nostri occhi gravi inconvenienti, quello specialmente d'un raffreddamento nelle relazioni dei due paesi. Lo ,spettacolo, più

o meno sincero, della Francia atteggiantesi in vittima delle esigenze italiane, non conviene né alla Francia né all'Italia, e non è conforme alla verità della situazione. In sostanza fu convenuto che Decazes mi scriverebbe ad Aix-lesBains ove vado questa sera. Vi scriverò di lì il risultato delle deliberazioni definitive del Governo francese. Penso che riceverò le lettere di Decazes fra una diecina di giorni. Ove tardassero, le provocherei.

Sarò di ritogno a Parigi al principio di Settembre. Il mio indirizzo sarà a • Aix-les-Bains, Maison Forestier »,

Per ogni buon fine preparate intanto, ma in guisa che non se ne sappia nulla, la domanda ufficiale. Decazes m'ha ancora ripetuto che in ogni evento, se noi lo demandiamo, l'Orénoque sarà richiamato. Ma questa soluzione deve essere subordinata. mi pare, all'altra del ritiro spontaneo. Del resto anche l'opinione pubbUca in Francia s.i pronuncia nel senso del richiamo. A questo risultato credo abbia contribuito un po' il mio discorso a Valchiusa; ed a questo propos.ito sono proprio lieto che il vostro giudizio conco·rdi con quello che fu generalmente pronunziato qui. Questa povera Francia è da tanto tempo accostumata a sentirsi a dire cose sgradevoli dalle tribune estere, dai giornali esteri e dagli uomini di Stato esteri, che è divenuta sensibilissima ad ogni atto un po' cortese ed amabile che le giunge dal di fuori. D'altronde per poter altamente domandare ciò che ci è dovuto, non dobbiamo, mi pare, misurare troppo avaramente il nostro conto di debitori.

(l) -Cfr. n. 477. (2) -Cfr. n. 482.
495

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI

T. 102. Roma, 13 agosto 1874, ore 16,10.

En réponse à la circulaire du Cabinet de Berlin et après avoir reçu les ordres du Roi j'ai annoncé à Berlin Que l'Italie était prete a reconnaitre officiellement le Gouvernement du maréchal Serrano. Vous pouvez porter cette décision à la connaissance du Gouvernement espagnol.

496

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 331. Roma, 13 agosto 1874.

In seguito degli ordini del Re ho pregato oggi il Principe di Lynar di far sapere al suo Governo che l'Italia aderendo alle idee espresse nella circolare statami .comunicata circa il riconoscimento del Governo di Madrid era pronta ad associarsi alla Germania per compiere ufficialmente quest'atto.

Nella conversazione che ebbi con l'Incaricato d'Affari del Governo Imperiale mi sono espresso in modo da non !asciargli dubbio sull'importanza grandissima che noi mettevamo a procedere in questo affare di pieno accordo con il Gabinetto di Berlino. L'atto formale di riconoscimento di cui il Gabinetto di Berlino prese l'iniziativa, ha certamente per iscopo di accres.cere foTza morale al Governo che 1wstiene in !spagna il principio d'ordine e che solo può dare guarentigia di fondare in quel paese un regime di pace e di progresso conforme alle esigenze dei tempi. Ho dunque espresso all'Incaricato d'Affari di Germania H nostro desiderio che anche gli altri grandi Stati d'Europa si trovino d'accordo per riprendere le loro relazioni ufficiali con Madrid.

L'Incaricato d'Affari della Germania nelle ·comunicazioni ch'egli mi fece sia pel riconoscimento, sia per l'invio di alcuni bastimenti della marina imperiale sulle coste di Spagna, avea posto una particolare cura a determinare che, nel pensiero del suo Governo, questi atti non .implicavano in alcun modo l'intenzione d'intervenire negli affari interni della Spagna. Egli insisteva su questo punto per smentire, come mi di•sse, le false voci sparse da una stampa mal informata o ostile. Un tale :linguaggio era appieno conforme al nostro modo di vedere ed ai principi che regolano la condotta del Governo del Re. Ma questi principi non implicano l'indifferenza dell'Europa dinanzi ad uno stato di cose come quello che esi,ste in !spagna, né impediscono ai Governi di compiere quegli atti che appartengono al ·loro diritto ed alla sfera della loro legittima influenza morale nel senso che è loro indicato dai propri interessi e dagli interessi generali della pace e della civiltà.

Ringraziai dunque il principe di Lynar delle •comunicazioni da lui fattemi per incarico del suo Governo, e gli aggiunsi che anche ;per l'ordine delle idee a cui ho poc'anzi accennato ci associavamo volentieri al pensiero· che le avea inspirate. Noi eravamo .Ueti di poter compiere ·insieme alla Germania un atto dall'effetto morale del quale era lecito aspettarsi un vantaggio per il Governo che lotta in !spagna contro nemici che sono solidali d'idee, di speranze e di progetti con gli avversari •comuni dell'Italia e dell'Impero.

497

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1347. Berlino, 13 agosto 1874 (per. il 16).

J'ai appris, dans une visite faite hier au Secrétaire d'Etat, que l'Angleterre s'était dédarée prete à reconnaitre le Gouvernement de Madrid. Les nouvelles de Paris portaient que là aussi il y avait été donné communication de la circulaire Allemande, et que le Due Decazes, invoquant un engagement pris déjà 1sous la Présidence de M. Thier·s de marcher d'accord sur cette question avec l'Angleterre, avait répondu au Prince Hohenlohe que le Gouvea.·nement Français se concerterait avec le Cabinet de Londre,s. Celui-ci ayant favoTablement accueHli la déma.r.che du Cabinet de Berlin, on ne mettait pas en ·doute ici l'assentiment de la France. Quant à la Russie et à l'Autriche on ne connaissait pas encore la déte.rmination que prendraient ·Ies Souverains de ces pays. Pour ce qui concerne plus. particulièrement l'AutricheHongrie, M. de BUlow laissait entrevoir, en ·relevant une de mes remarques sur ce point, que de ce còté H y aura.it peut-ètre quelques répugnances à surmonter et que cette fois encore il faudrait au Comte Andra,ssy beaucoup d'habileté pour manoeuvrer avec succès dans un milieu où existent des courans contraires à son influence. • Au reste, ajoutait le Secrétaire d'Etat, nous aus:si nous avons dù faire taire bien des scrupules avant de nous décider à prendre l'initiative près des autres Grandes Puissances. Mais nous avons dù consulter avant tout 1les intérèts généraux de l'Europe et de l'humanité •.

Je venais d'expédier un résumé télégraphique dans ce sens, lorsque j'ai reçu le télégramme de V. E. du mème jour. Il m'a paru opportun d'en donner

avis sans retard à M. de Biilow. Je n'ai pu le rencontl·er qu'à une heure avancée de la nuit. Il m'a beaucoup remercié de lui avoir donné lecture de ce télégramme, en m'assurant de toute la satisfaction qu'en éprouverait le Prince de Bi1smavck. Son Altesse était en route pour revenir à Berlin et serait ainsi à méme dans sa première visite à l'Empereur d'annoncer à Sa Majesté notre empressement à répondre d'une manière aussi correcte. M. de Bi.ilow avait également vu avec plaisir que le Gouvernement du Roi avait si bien compris la pensée intime du Cabinet de Berlin, de soutenir nos intéréts communs en pou'ssant à l'acte de reconnaissance. C'était là une nouvelle preuve des bonnes relations entre l'Allemagne et l'Italie.

Dans l'intervalle entre nos deux entretiens, le Secrétaire d'Etat n'avait eu d'autres détails qu'un avis portant que Lord Loftus à Pétersbourg avait €té chargé par Son Gouvernemcnt de plaider auprès du Cabinet Impérial la reconnaissance de l'Espagne. Ce serait aujourd'hui que le Gouvernement du Maréchal Mac Mahon devait prendre une dédsion. Le bruit avait couru la semaine dernière qu'un instant le Due Decazes aurait eu ,la velléité de devancer le Cabinet de Berlin dans ses démarches, ce qui ef:tt été habile de sa part. Mais la seule possibilité de ce fait a éngagé M. de Bi.ilow à donner cours .à la circulaire quelques jours plus tòt qu'il ne se l'était proposé.

Il partage camme nous le désir de s'assurer le concours de l'Autriche. Il a agi en ,conséquence, et il se réservait de me communiquer le résultat des pourparlers.

En attendant, le Cabinet de Berlin a déjà eu des succès dont il a lieu de se féliciter, surtout d'avoir obtenu l'assentiment de l'Angleterre. Il n'y a pas à en douter, l'assassinat commis contre le capitaine Schmidt a été le point de départ de cette campagne diplomatique, a défaut de représailles à main armée. Ce n'est qu'après 'ce meurtre qui a soulevé l'opinion en Allemagne que le Pvince de Bismarck, jusque là assez reservé vis-à-vis de l'Espagne, s'est déclaré ouvertement contre les Carlistes. Il avait la conviction qu'en leur nuisant il frap,pait du meme coup l'ultramontanisme, le Jésuitisme cosmopolite qui jouaient leur dernière ~artie dans les provinces Basques. Il servait, en levant la v1sière, sa propre cause en méme tems que les intéréts de l'humanité compromis dans une guerre qui prend le caractère de véritable barbarie. L'envoi de deux chaloupes canonnières vers les còtes de Biscaye, les représentations aigre-douces faites au Due Decazes sur la tolérance des autorités françai:ses ont déjà eu pour effet d'amener une surveillance plus active aux frontières des Pyrenées. Mais l'acte de reconnaissance des Grandes Puissances ou de la majorité d'entre elles, sera le coup le plus rude aux partisans de Don CarlOIS. Pour peu que le Cabinet de Madrid ef:tt d'énergie, il parviendra peut-étre à dompter la rébellion. Le Maréchal Serrano parviendra-t-il aussi à constituer un Gouvernement stable? Ses antécédens, son caractère inspirent une très médiocre confiance. Aussi est il à prévoir que l'Espagne ménage encore à l'Europe bien des surpr1ses, bien des déceptions.

En attendant il sernble assez singulier que l'an se prépare à donner la main à un Gouvernement :mquel il manque encore toute base légale, puisqu'il n'a pas encore été reconnu par les Cortés. Cette considération comptait parmi les scrupules du Cabinet de Berlin, mais il a fallu aviser au plus pressé et songer avant tout dans la mesure du possible à mettre des entraves au parti Carliste, moins redoutable en Espagne peut-etre, que par ses affiliations dans le reste de l'Europe et notamment en Allemagne.

Cette meme ,considération devait aussi avoir sa valeur rpour nous prédisposer à adhérer aux vues exprimées dans la circulaire du Cabinet Impérial, lors meme que nous eus:sions certes plu:s d'un motif pour témoigner de quelque, indifférence au Gouvernement de l'Espagne.

P.S. -J'ai fhonneur d'accuser réception et de remercier V. E. de l'envoi des documents diplomatiques compris dans les dossiers N. 6 XXXIX, XL et XLI; N. 7 XIV; N. 29 X; N. 43 VI; N. 52 VIII et N. 57 V à IX.

498

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 312. Lisbona, 15 agosto 1874, ore 6,17 (per. ore 10,45).

Portugal suivra Angleterre pour la reconnaissance de l'Espagne tout en croyant qu'elle pourrait devenir ensuite embarras général avec les incertitudes de l'Espagne.

499

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI

T. 105. Roma, 15 agosto 1874, ore 17,35.

J'ai donné instruction au chargé d'affaires de Sa Majesté à Madrid de déclarer à M. Ulloa que le Gouvernement du Roi se serait associé aux autres puissances qui avaient décidé de reconnaitre officiellement 'le Gouvernement espagnol. Veuillez porter ceci à la connaissance du ministre des affaires étrangères du Portugal.

500

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 233. Berna, 15 agosto 1874 (per. il 18).

Quantunque non mi ;sia giunto che stamane l'ossequiato dispaccio del 12 corrente n. 149 (l) col quale sono invitato di portare a cognizione del

'Consiglio Federale che gli Internazionali Italiani hanno convocato per oggi stesso un'Assemblea dei loro aderenti nel Ticino, tuttavia indicando che questa Assemblea avrebbe probabilmente luogo nella prima parte della seconda metà di questo mese non ho mancato di far conoscere con particolare promemoria al Presidente della Confederazione il contenuto del precitato Ministeriale Dispaccio.

Non 'credo ·che né gli Internazionali rifugiati in !svizzera né quelli che appartengono al,la Confederazione i quali generalmente non sono in grado di somministrare sussidì a chicchessia, poiché ne chiedono continuamente ai \loro aderenti dell'estero, abbiano potuto fornirne ai loro correligionari politici d'Italia. Non è a teme~si a mio ·credere, che una spedizione qualunque possa tentarsi ora •come altre volte dal Ticino, poiché questo Cantone è presentemente e lo sarà più fra breve occupato militarmente per gli esercizi di una divisione federale.

Sono convinto che il Consiglio Federale farà il suo dovere per ciò che concerne la vigUanza che deve esercita.re per mantenere con noi le buone relazioni di vicinato. In ogni 'caso terrò l'E. V. informata di quanto i rivoluzionari potranno tentare contro il Regno da quel Cantone.

(l) Non pubblicato.

501

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 489. Madrid, 15 agosto 1874 (per. il 21).

In .conformità del tenore del telegramma (l) col quale l'E. V. m'informava d'aver aderito alla proposta fatta dal Gabinetto di Berlino di riconoscere ufficialmente il Governo del Duca della Torre, mi affrettai appena mi giunse tale notizia ieri mattina, di renderne partecipe il Signor Ulloa e mi recai personalmente poco dopo dal Duca medesimo che sapevo aspettare 4npazientemente l'annuncio della decisione del Governo del Re. Egli infatti accolse la mia comunkazione coi s,egni deUa più :sentita soddisfazione, e sic·come rassegnai col telegramma che ebbi poscia l'onore di spedire a V. E. il Capo del potere esecutivo vivamente mi pregò di essere l'interprete della sua gratitudine presso il R. Governo e in particolar modo presso Sua Maestà.

Acchiudo anche il biglietto particolare (2) col quale il Signor Ulloa rispose alla mia notificazione...

(l) -Cfr. n. 495. (2) -Non si pubblica.
502

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 15 agosto 1874.

Il mio telegramma d'oggi (l) ed uno 'E1peeiale rapporto che vi spedirò contemporaneamente a questa lettera a mezzo del corriere, varranno spero a chiarirvi alquanto la situazione qui a fronte della circolare P!l'ussiana. Il Conte Andras1sy mostrommi capire che da parte Vostra non si poteva agili' divell'samente, ma l'ho trovato molto inasprito contro il Principe di Bismarck come rileverete dal mio precitato rapporto. Parvemi anche capire che la poca favorevole accoglienza fatta qui all'iniziativa tedesca provenga dacché si ritiene il riconoscin:.ento del governo del Maresciallo Serrano polssa esser dannoso pel partito Alfonsista, il quale come credo avervi già detto altre volte ha tutte le simpatie dell'Imperatore Francesco Giuseppe. Evidentemente l'Austria dov;rà finire per rkonoscer al pari delle altre Potenze il Governo Madrileno, quest'incidente però potrebbe portare maii frutti per l'avvenire, poiché il dispetto è sempre cattivo consigliere.

Vedo dalla Vostra lettera particolare del 9 (2) di cui vi ringrazio che foste soddisfatto della convevsazione da me avuta col Wimpffen relativamente alla visita dell'Imperatore d'Austria al Re Nostro. Ho ragion di credere che tutto ciò che io dissi aHora fu ripetuto esattamente, e ne son contento poiché meglio è 1si sappia in antecedenza ciò ,che pos,siamo ac,cettare e ciò che assolutamente dovressimo declinare. Non v;i nascondo però che ritengo oggi più che mai problematica la controvisita Imperiale. Per una strana combinazione, non si sarebbe forse sentito a Vienna la necessità di quella controvisita, se non si avesse avuto vento del progetto al riguardo dell'Imperatore Guglielmo; ed in oggi sarà probabilmente il bisogno di non seguir anche in questa faccenda l'iniziativa germanica, che farà andar a monte per quest'anno il progetto di viaggio in Italia.

Vi ringrazio per gli apprezzamenti che Vi piacque svolgermi, sulla questione del riconoscimento o non alla Rumenia del diritto di conchiuder trattati colle potenze estere, a seconda però del Vostro telegramma in proposito, eviterò d'entrar in discussione su questo argomento sino a che mi sia pervenuto il Vostro dispaccio a Costantinopoli di cui mi annunciate la prossima spedizione. D'altronde pel momento tutti gH spiriti qui sono alla Spagna, pel momento dunque nessuno mi parlerà della Rumenia.

Vi sono grato pel congedo accordatomi ne farò uso entro quei limiti che le esigenze politiche consentiranno. Conto passar il Settembre e parte d'Ottobre fra Torino e Venezia, sarò in Roma al fin d'Ottobre. Dissi ieri al Conte Andrassy che sarei partito per l'Italia ai primi di Settembre, manifestandogli

19 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. V

la speranza di rivederlo però ancora prima, essendo mia intenzione di fare un'assenza alquanto lunghetta. Risposemi molto gentilmente sperar Lui rpure di rivedermi ancora, ma non ebbi a rilevare alcuna speciale intenzione in quelle sue parole, locché mi convinse non preveder Egli di aver cosa speciale a dirmi prima dell'autunno. Non forzerò dunque le cose per rivederLo sembrandomi ciò più dignitoso. Allorché avrò il piacere di rivedervi fra un pajo di mesi, riparleremo di questo affare meglio di quanto si possa scriverne.

Voi mi date notizie rassicuranti sui disgra:z;iati affari della Romagna, che la conoscenza che ho di quei Paesi mi fa veder chiaro come se fos,si sopra luogo. Capisco quindi le cose non esser gravi, ma l'effetto all'estero ne è bruttissimo, e combinato ~con quello prodotto dal sempre crescente malandrinaggio in Sicilia, affievolisce grandemente il nostro prestigio in Europa.

Vi lascio pensare l'effetto prodotto anche dalle coltellate date al povero buon Massari. Voglio sperar che da un male nasca un bene e che gli elettori facciano senno nelle prossime elezioni.

La fuga di Bazaine ha fatto a Corte e nei circoli ufficiali di Vienna, incresciosa impressione, poiché essa toglierà ancora maggiormente forza a l\Iac Mahon pel quale si ha qui simpatia, e potrebbe dare nuove e più forti chances al partito Bonapartista fra tutti di gran lunga il più antipatico e temuto a Corte ed in generale in tutta la Monarchia.

Non avendo altro a dirvi per oggi...

P. S. -In un mio rapporto ufficiale ho fatto cenno del soggiorno del Generale Lamarmora in Vienna e della sua astensione a mio riguardo. Egli fu grossier con me, ma ciò Vi conterò anche meglio a voce più tardi, intanto Vi posso dire, che avendo per conto mio usato quella prudenza che io dovevo, e di cui lui al solito non si curava, riescii ad evitare un chiasso.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 488.
503

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 316. Pietroburgo, 17 agosto 1874, ore 18,30 (per. ore 22,10).

Ministre d'Espagne vient de me lire télégramme qu'il a adressé hier à Madrid. Il y est dit que d'après ses informations la Russie reconnaitra Gouvernement espagnol conformément à la contre proposition autrichienne acceptée à Berlin de reconnaìtre non pas la république, mais le Gouvernement de fait, le pouvoir exécutif de Serrano sans préjuger la question de 'légalité. J'ai vu ensuite ambassadeur d'Allemagne qui est beaucoup moins positif et dit le Cabinet impérial peu disposé à reconnaitre un Gouvernement surgi d'un coup d'état et possidant peu de stabilité. Ministre espagnol annonce la présence d'un agent carliste marquis de l'Union de Cuba, qui a remis a M. Westmann une lettre de la part du prétendant pour l'Empereur et a demandé une audience de l'Empereur qui ne l'aurait pas reçu.

504

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. Roma, 17 agosto 1874.

Ho ricevuto la vostra lettera da Parigi del 12 Agosto (1). Io pure, per tutte quelle ragioni che voi sentite e sapete al pari di me, desidero di non <Sollevare ufficialmente la questione dell'Orénoque, di non fare la richiesta formale e preferisco infinitamente la soluzione del ritiro spontaneo. Essa è preferibile ad ogni punto di vista, per la dignità della Francia, ,per la stessa dignità dell'Italia, e pel suo beneinìeso interes1se, essa ha il vantaggio di non creare un impegno, o una situazione imbarazzante per alcuno dei due Governi per l'invio di bastimenti. All'interno l'atto potrebbe essere dapprincipio abbastanza popolare, ma di quella popolarità che io pongo gran cura a non meritare. All'estero vi si vedrà chi sa quale calcolo, per lo meno vi si vedrà la mano del Principe di Bismarck. Inoltre, ed è questa una cosa sulla quale, ad ogni buon conto, bisogna essere ben chiari, la questione dell'Orénoque è piccola, se vuolsi, ma è una di quelle questioni che toccano alle suscettibilità nazionali e per questa sua natura, non può essere sollevata che per essere risoluta. È questo un affare nel quale, una volta ufficialmente posto, il Governo italiano non potrebbe per alcun modo rimanere in presenza d'una fin de non recevoir. Il giorno in cui la richiesta formale foS<~e presentata noi saremmo necessariamente preparati ad accettare tutte le conseguenze possibili. Malgrado però queste consideraz,ioni è pur necessario il riconoscere che è ormai impossibile l'impedire che la questione sia posta e in un termine non troppo lontano. Gli articoli di alcuni giornali ministeriali francesi che lasciavano ,presentire il ritiro dell'Orénoque ebbero per effetto che nella stampa italiana si fece il silenzio. Ma se il tempo passerà inutilmente, all'aprirsi della Camera sarà impossibile evitare una interpellanza la quale prenderà certo una tal quale 'proporzione e otterrà una adesione morale abbastanza estesa. Bisognerà dunque risponder sul serio e per quanto il linguaggio del Governo sia moderato, la questione sarà posta e la Nota sarà fatta dalla tribuna. Se ciò deve essere, preferisco di non aver l'aria d:i S'crivere sotto la dettatura dell'opposizione, e d'avere la mano forzata. Insomma mi 'sembra assai difficile l'evitare, in date circostanze, di fare l'ufficiale richiesta nel termine che avete lasciato intravvedere, ma desidero moltissimo di prevenire questa necessità.

Pochi giorni prima del telegramma nel quale mi riferivate le parole del Duca Decazes, ricevetti una lettera di Vimercati, il quale mi scrivera essere, a suo avviso, opportunis5imo che il Re gli mandai,se un telegramma per incaricarlo di chiedere direttamente, da parte sua, al Maresciallo Mac Mahon la partenza dell'Orénoque. Vimercati mi soggiungeva che poteva assicurarmi il

successo di questa domanda, la sola che poteva conseguire un effetto defini-· tivo, che egli vi aveva •comunkato questa idea la quale aveva ottenuta la vostra approvazione. La mia prima impres.sione non fu, per dir vero, del tutto conforme al modo di vedere di Vimercati. Questo modo di procedere che si spiegava per molte ragioni e per molti antecedenti ai tempi dell'Impero coi rapporti personali fra il Re e l'Imperatore, non mi pareva ora essere scevro di inconvenienti, nè rispondere appieno alla situazione attuale. Mandai però fedelmente trascritto a Minghett.i che si trovara a Torino il brano della lettera di Vimercati. In quel frattempo giunse il vostro telegramma colla prima dkhiarazione fattavi dal Duca Decazes. Lo trasmisi pure a Minghetti e cademmo d'accordo che oramai bastava prendere atto e tacere. Minghetti però, lscrivendomi poi, mi informò che, prima di quel teleg,ramma, aveva in modo vago· e come d'una possibilità, tenuto parola al Re dell'idea del telegramma pel Maresciallo Mac Mahon, e che il Re gli aveva mostrato una certa ripugnanza a farlo, parendogli ·che per metter.si innanzi di-rettamente, l'occasione non fosse

abbastanza importante. Vi scrivo tutto questo, solo perché me ne diciate, con una parola il vostro avviso. Per parte mia, senza esprimere un'opinione aJs,soluta, trovo abbastanza giusta la prima impressione del Re. Frattanto farò preparare, in segreto, la domanda ufficiale.

V'auguro tranquilli questi giorni di vacanza a Aix...

(l) Cfr, n. 494.

505

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 5024. Roma, 17 agosto 1874 (per. il 18).

Le ultime relazioni confidenziali avute quasi concordemente da diverse fonti circa un convegno d'Internazionali tenuto a Bruxelles, in cui si sarebbe trattato di aiutare un moto insurrezionale in Italia, contenevano, a quanto potei rilevare, alcune ine3attezze, quanto all'intervento di qualcuno dei rappre•sentanti italiani, ma si avverarono però con una certa esattezza per una parte non irrilevante.

Ond'è che non posso revocare interamente in dubbio la credibilità dei ragguagli attinti sulla partecipazione dei centri dell'Internazionale in Svizzera, nel Belgio, e forse anche a Londra. Le condizioni dell'Associazione Internazionale, che in Italia si compone degli elementi più bassi e destituiti di mezzi e di credito del partito avanzato, non ispiegano a sufficienza onde abbiano ricavato il denaro indispensabile per preparare i recenti disordini e raccogliere armi e uomini, come hanno fatto.

Io prego perciò l'E. V. di voler insistere presso i RR. Rappresentanti negli Stati sovramenzionati, affinché veggano di approfondire le indagini per appurare quale in effetto sia la partecipazione di quei centri più importanti dell'Internazionale ai tentativi che si sono ultimamente avverati in Italia.

506

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 319. Parigi, 19 agosto 1874, ore 15,25 (per. ore 18).

Le président du conseil des ministres de Servie vient de me dire que le prince Milan voudrai<t se rendre entre le 5 et le 10 septembre prochain à Turin pour voir le Roi qui précédemment par l'entremise du conte Joannini aurait prom~s de recevoir le prince en automne. Je prie V. E. de vouloir bien ;prendre les ordres de Sa Majesté à cet égard et de me mettre à mème de répondre au ministre de Servie.

507

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 322. Vienna, 20 agosto 1874, ore 8,40 (per. ore 10,40).

Chargé d'affaires de Russie vient de me dire d'avoir communiqué avant hier à Orczy que l'Empereur de Russie ne reconnait pas Gouvernement Espagne trouvant saffisant pour Serrano, vu les titres qu'il n'a pas, la représentation officieuse existante. Andrassy absent et hors de portée du télégraphe pour une huitaine de jours une décision se fera donc attendre encore quelque temps.

508

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

D. 217. Roma, 20 agosto 1874.

Il R. Agente in Tunisi mi ha informato che il progetto messo in campo in questi ultimi tempi di aprire un canale di comunicazione fra i laghi dell'Algeria ed il mare ha destato nella Reggenza qualche apprensione. Il canale infatti non si aprirebbe lungo la frontiera occidentale della Tunisia, ma bensì circonderebbe la Reggenza a mezzogiorno ed a levante, ne traverserebbe il territorio per andare a sboccare in faccia all'isola di Gerba. Il R. Ministero non ha ancora avuto alcuna precisa notizia sulla probabilità di riuscita di un tale progetto. Quando però questo venisse eseguito, è certo che una simile opera non sarebbe senza influenza sulle condizioni economiche e !POlitiche dei possessi francesi in Africa e sulla :situazione della Tunisia in particolare. Desidererei perciò che la S. V. mi procurasse delle informazioni precise sull'opinione

che si ha in Inghilterra riguardo all'esito ed agli effetti di questa impresa e che Ella avesse una conversazione al Foreign Office per esplorare le disposizioni del Gabinetto ingle;:e riguardo alla medesima.

509

IL MJNISTHO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA AL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI

D. s. N. Roma, 20 agosto 1874.

Il Ministero dell'Interno è stato avvertito che in questi giorni dovrebbero riunirsi in Ginevra i Rappresentanti delle associazioni cattoliche d'Europa. I congregati si recherebbero poscia in Francia e pare in qualche località del circondario di Grenoble. Nella riunione di Ginevra, alla quale si darebbe il nome di congresso, sarebbero trattate le seguenti materie: l") sull'avvenimento cattolico; 2") sulla stampa; 3") sul diritto pubblico internazionale; 4") sul contenzioso amministrativo.

Questa nomenclatura delle materie da trattarsi nel precitato congresso mi fa supporre che si sia fatta una confusione fra il congresso dei cultori delle scienze giuridiche internazionali che deve riunirsi fra ,poco a Ginevra e qualche altra riunione di rappresentanti del partito clericale che forse 1si saranno dati un convegno a Ginevra per recarsi tutti insieme a qualche pellegrinaggio in Francia. Per l'Italia v'interverrebbero il conte Manna Roncadelli, il Duca Salviati, l'avv. Grassi, il Signor Alberi ed il Signor Bayard de Volo di Modena.

Se V. S. potrà scoprire il vero scopo del viaggio di questi signori, le risoluzioni èhe in accordo con rappresentanti di altre società cattoliche straniere saranno prese nella riunione di Ginevra, le ·sarei grato informarmene tosto.

510

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 192. Bruxelles, 20 agosto 1874 (per. il 23).

La commissione del Congresso ha compiuto oggi in prLma lettura l'esame del progetto di Convenzione proposto dalla Russia e principierà domani la seconda lettura.

Le ultime due sedute cioè la 15" e la 16" furono esclusivamente consacrate all'esame del Capitolo relativo alle requisizioni e contribuzioni (Capitolo 2° Sezione 2"). Riservandomi di trasmettere a V. E. i protocolli di quelle due sedute, appena saranno pronti, credo utile, per guadagnare tempo, di comunicarle il testo adottato, dopo molte difficoltà come redazione provvisoria, dalla commissione per l'accennato Capitolo 2".

Il Capitolo relativo alle rappresa:s;i~ fu soppresso dal progetto di convenzione e volendo interamente tacere del modo di punire le violazioni alle leggi ed usi di guerra, la commissione non credé neppure di accettare la moziona fatta dal commi,ssario Italiano tendente a 'stabilire le ammende come sola punizione per tali violazioni. Le clausole relative alle guide proposte dal 2° Delegato Russo, alle quali si riferiscono le istruzioni speditemi da V. E. con dispaccio

N. 48 Serie Politica del 12 corrente (l) furono ritirate, e più non se ne parlerà, il che corrisponde al desiderio esternato dal R. Governo in dette istruzioni.

Il Barone Iomini sulla richie3ta del Barone Lambermont avrebbe fissato ad un giorno da scegliersi fra i pochi che 'separeranno il termine della 2• lettura in Commissione del progetto Russo e la riunione delle sedute plenarie, l'esame del progetto Belga relativo ai prigionieri e feriti ricoverati in territorio neutro, di cui teneva parola il Tenente Colonnello Lanza nelle sue note del 17 corrente annesse al mio rapporto politico n. 186 dello stesso giorno (1).

ALLEGATO.

CHAPITRE II DES RÉQUISITIONS ET CONTRIBUTIONS (Adottato in P lettura dalla Commissicne)

Par. 52 -La propriété privée devant etre respectée, l'ennemi ne demandera aux Communes ou aux habitants que des prestations et services en rapport avec les nécessités de la guerre généralement reconnues, en proportion avec les ressources du pays et qui n'impliquent pas pour les populations l'obligation de prendre part aux opérations de guerre contre leur pays.

Par. 53 -L'ennemi prélevant des contributions soit comme équivalent pour des imp6ts (voir l'art. 5) ou pour des prestations qui devraient etre faites en nature, soit à titre d'amendes, n'y procédera, autant que cela dépendra de lui, que d'après les règles de la répartition et de l'assiette des impòts en vigueur dans le territoire occupé; les autorités civiles du Gouvernement légal y prèteront leur assistance, si elles sont restées en fonction. Pour toute contribution il sera donné un reçu aux contribuables.

Les contributions ne pourront ètre imposées que sur I'ordre et sous la responsabilité du Commandant en chef ou de I'autorité civile supérieure établie par I'ennemi, dans le territoire occupé.

Par. 54 -Les réquisitions ne seront faites qu'avec l'autorisation du Commandant dans la localité occupée. Pour toute réquisition il sera accordé une indemnité ou délivré une quittance.

511

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2381. Parigi, 20 agosto 1874 (per. il 23).

In un'udienza ch'ebbi jeri dal Signor Duca Decazes mi sdebitai dell'incarico che l'E. V. volle dare alla R. Legazione col suo dispaccio della Serie politica N. 529

in data del 7 corrente (l) e lo informai del senso delle istruzioni che il Governo di Sua Maestà aveva date al Suo Agente a Tunisi dopo aver avuto notizia del decreto del Bey concernente la formazione d'un tribunale misto provvisorio per la definizione delle cause non eccedenti le mille piastre. Non tacqui a S. E. che il Governo del Re avrebbe veduto con piacere che il Governo France15e prima di dare il suo assenso all'istituzione d'un simile tribunale si fosse messo d'accordo con tutti gli altri Governi al pari di lui interessati nelle cose di Tunisi e gli dissi che l'Ialia non intendeva ricono1scere alcuna modificazione in

._ materia di giurisdizione a Tunisi la quale non fosse l'effetto d'un accordo regolarmente conchiuso colle principali Potenze.

(l) Non pubblicato.

512

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 297. Vienna, 20 agosto 1874 (per. il 24).

Siccome ebbi a darne conoscenza ieri telegraficamente all'E.V. (2), l'Incaricato d'Affari di Russia presso questo Governo fu incaricato di comunicare nei seguenti termini al Gabinetto di Vienna la determinazione presa dal suo Sovrano in ordine alla recente circolare Prussiana, relativa al riconoscimento del Governo Spagnuolo:

• S. M. l'Empereur de Rus.sie n'entend point reconnaitre officiellement l'actuel Gouvernement de Madrid, trouvant que: vu le titre de Président du Pouvoir exécutif que le Maréchal Serrano a pris, la représentation officieuse respective actuellement existante, est tout à fait suffisante ».

Nel mio stesso telegramma io soggiungeva all'E. V. il Conte Andrassy essere nuovamente assente da Vienna, ed anzi trovarsi per alcuni giorni senza comunicazione telegrafica col Ministero degli Affari Esteri essendosi Egli recato in un suo podere in Transilvania lontano dalle linee ferroviarie. Durante quel tempo lo •scambio di apprezzamenti fra i Gabinetti di Vienna e Berlino, intorno ai fatti che dowebbero essere la conseguenza della ammissione in principio del riconoscimento del Governo Madrileno, sarà proseguito per parte dell'Austria dal Barone Orczy dietro le istruzioni impartitegli dal Conte Andrassy. Il .prefato Capo Sezione disse a me come a quanti altri coi quali ebbe a parlare in questi giorni, non potere dire parola di sorta sulla natura dei negoziati in corso, .sintantoché non siano condotti a termine; essere però in grado di confermare quanto già riferiva all'E. V. sul carattere di quei negoziati col mio rappor.to del 15 corrente N. 296 (3).

Il Gabinetto di Vienna si studia di menare le cose in lungo, mostrandosi non alieno dall'ammettere il principio, ma desideroso di ben precisare in

antecedenza, la forma pratica colla quale il riconoscimento si dovrebbe effettuare e le conseguenze di un tale atto. A malgrado però l'esempio della Russia, credesi generalmente qui che l'Austria-Ungheria finirà per aderire anche essa a riconoscere il Governo Madrileno. Ciò nonostante la circostanza verificatasi, che il primo fatto politico di qualche importanza accaduto dopo il concerto strettosi a Berlino fra i tre Imperatori bastò per rompere l'accordo e fare si che ognuno dei tre Stati assumesse una differente attitudine: è q,uanto a mio avviso eme,rge di più notevole in tutta questa quistione in cui ancora una volta la Spagna non è che un pretesto. La non dissimulata soddisfazione che l'Ambasciata di Francia qui prova per questa sdssura palesatasi fra la Pruissia e le altre due Potenze Nordkhe, caratterizza abbastanza la situazione facendo ben inteso la parte dovuta alla somma tendenza ad illudersi, che caratterizza la Nazione ed in particolar modo la diplomazia Francese.

Una osservazione poi ·che io ebbi a fare e che credo bene comunicare alla

E. V. si è: che mentre da quanto V. E. mi comunicava, il Gabinetto di Berlino fece l'insiistente premura presso il R. Governo affinché aderisse senza ritardo alle idee svolte nella sua circolare md: risulta essersi fatto nulla d'analogo qui e neppure a Pietroburgo dove avl'ebbero forse bastato due righe dell'Imperatore Guglielmo all'Imperia! Nipote, per attenerne l'immediata adesione. Come di ragione io non parlai con chicchessia dell'insistenza spiegata a nostro riguardo ma sentii apprezzare 1la mancanza alssoluta di essa presso i Sovrani ed i Gabinetti di Vienna e Pietroburgo come una prova che l'Imperatore Guglielmo si era lasciato a malavoglia indurre dal Principe Cancelliere a proporre agli altri Governi il riconoscimento della Spagna. In conseguenza dii che, tanto a Vienna quanto a Pietroburgo si ritiene potersi non aderire a questa proposta, senza però rompere il fasdo strettosi più fra i tre Sovrani che fra i rispettivi Governi.

(l) -Cfr. n. 478. (2) -Cfr. n. 507, che risulta però trasmesso lo stesso giorno 20 a;(oste. (3) -Non pubblicato.
513

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC

T. 110. Roma, 22 agosto 187 4, ore 20,30.

Déchiffrez vous-mème.

Je vous prie de vous occuper personnellement de la révision des protocoles avant qu'ils ne soient imprimés. Tout en ménageant susceptibilités de Lanza il faudrait tàcher de mettre ses observations et ses déclarations mieux en harmonie avec la pensée qui nous les a dictéets. Je cite au hasard quelques points sur lesquels il faut porter votre attention: dans le quatrième protocole supprimer l'observation relative à la préméditation, dans le dixième supprime,r l'observation relative aux villes occupées, dans le mème protocole supprimer la demande de renvoi de l'art. 5 au chapitre 2 de la deuxième Section, dan:s le huitième protocole ne pas parler de renonciation à la convention de Genève. C'est refaire et non pas renoncer qu'il fallait dire. La déclaration

sur l'observation faisant suite à l'art. 6 et la demande insérée dans le dou

zième protocole page 7 ont également besoin d'etre remaniées afin qu'elles répondent mieux au sens des instructions.

514

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI

D. IS. N. Roma, 22 agosto 1874.

Il sottoscritto si affretta di far conoscere a codesto Ministero che da un rapporto del R. Console in Ginevra risulta che fra le notabilità del partito cattolico che devono riunirsi in conferenza in quella città figurano i seguenti nomi principali: Isenburg, principe Lichtenstein, barone Schrater, conte Hemptinne, belga, duca Salviati, conte de Piace, francese, conte Perghen, austriaco. Quest'ultimo è uno dei principali direttori del famigerato foglio la Correspondance de Généve animato da tanto odio e fiele contro il nostro paese, le nostre istituzioni, la nostra dinastia.

515

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 332. Parigi, 23 agosto 1874, ore 15,50 (per. ore 21,30).

Le prince de Serbie remercie le Roi de vouloir bien le recevoir. Il retardera son départ pour l'Italie et il prie V. E. d'annoncer à Sa Majesté qu'il sera à Turin le 15 septembre.

516

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 532. Roma, 23 agosto 1874.

Nel mese di luglio scorso, il R. Console Generale in Algeri mi trasmetteva una lettera a lui diretta dal generale comandante la Divisione di Costantina. In quella lettera era riprodotta una parte di un rapporto del 15 giugno del comandante della sotto-divisione di Bona, rapporto che era così concepito: " D'après des renseignements recueillis sur la cote tunisienne des corailleurs (barche coralline) italiens, inscrits au port de La Calle se seraient livrés à des voies de fait, à Bizerte, envers un agent de police tunisien et auraient méme

tenté cle le jeter à la mer.. Sur la cote les indigènes voisins de notre frontière se plaindraient vivement des procédés de ces pikheurs Qui :<1e respectent pas suffisamment leurs récoltes , .

Il Generale della divisione di Costantina ·soggiungeva che, per impedire che si ripetessero simili di·~ordini, egli aveva fatto interrogare l'agente francese a Tunisi, il quale avrebbe proposto che il comandante di Tabarca fosse munito d'istruzioni c di poteri per reprimere i disordini e dirigere i delinquenti sia a La Calle sia a Tunisi. Ma il comandante militare di Bona avrebbe preferito invece che un agente francese fosse stabilito ,sovra un punto qualunque della costa tunisina, a Tabarca p.e. con missione di sorvegliare i pescatori di corallo e di reprimere gli abusi che questi potessero commettere.

Successivamente il Ministero ha ricevuto dallo stesso Console in Algeri informazioni che attestavano non essere i fatti, ai quali alludevano i rapporti del comandante di Bona nè gravi, nè numerosi. Nulla sembrava giustificare in quest'anno che si prendessero misure eccezionali.

Il Ministero avea però scritto nel frattempo al R. Agente a Tunisi, invitandolo a riferire ed a provvedere egli 1stesso, se ne fosse bisogno, poiché certamente non potevamo ammettere che una giurisdizione francese si esercitasse verso gli italiani sul litorale tunisino.

Quel R. Agente, in seguito alle istruzioni ricevute, si recò tosto dal Primo Ministro del Bey, il quale si mostrò sorpreso di dò che si diceva esser aceaduto a Biserta. Non era a sua notizia che un agente di quella polizia fosse stato maltrattato da italiani e tanto meno gli risultava che delle depredazioni fossero state commes•se da pescatori a danno degli indigeni. Il Generale Kerredine nella conversazione che ebbe con il Signor Pinna, lasciò intendere !senza spiegarsi però apertamente, ch'egli capiva a quale scopo si volea giungere esagerando dei fatti di così poca importanza come possono essere le ri,s:se inevitabili fra i pescatori stes1si che affluiscono in grandissimo numero in quei luoghi. Tabarca è uno scoglio isolato la cui popolazione è composta d'una compagnia di soldati sotto il comando di un tenente colonnello, del delegato sanitario e della sua famiglia. A quest'ultimo sono affidate le funzioni di agente consolare italiano. Attesa la grande vicinanza di Tabarca poche sono le barche coralline che approdano a Tabarca, questa è tutta montuosa fatta d'alberi !secolari ed abitata da tribù berbere, sulle quali l'autorità del Bey è quasi soltanto nominale. Per lungo tratto quella costa è inaccess~bile e, se qualche barca vi accosta, è per imbarcare in contrabbando scorza d'albero e sughero, d'accordo con gli indigeni e per conto dei negozianti di La Calle.

Qualunque pos•sa essere il motivo che può aver spinto i comandanti militari francesi a dare dell'importanza a dei fatti che non ne hanno e che non pare neppure che ne potrebbero avere è sempre bene che codesta R. Legazione sia informata del vero .stato delle cose affinché possa convenientemente rispondere nel caso mai fosse interrogata in proposito dal Governo francese.

Pare che in Algeri si era sparsa la voce di carovane fermate in vari punti delle province dell'Est, le quali portavano polveri ed armi per una insurrezione delle tribù arabe. Si pretende che quelle munizioni e quelle armi provenissero da Tunisi. Io mi propongo di scrivere al Signor Comm. Pinna per avere delle informazioni in proposito e se le voci che correvano in Algeri non saranno trovate infondate, gli darò Lstruzione di far comprendere al Governo del Bey quanto è pericoloso per lui il permettere che il territorio della reggenza serva di transito a ciò che è destinato a favorire una rivolta nella vicina colonia francese.

517

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 5373. Roma, 23 agosto 1874 (per. il 24).

Sono informato che a Ginevra si sta per costituire un nuovo Comitato d'azione rivoluzionario italiano composto di profughi ed altri Socialisti Italiani che trovansi colà. Esso aderirà alla Lega Universale dei Lavoratori e nella propaganda in Italia lavorerà di conserva colla Sezione di propaganda socialista rivoluzionaria dei Comunisti Francesi.

Sarò assai tenuto alla E. V. se potrà in seguito procurarmi qualche notizia sui componenti e sull'opera di questo nuovo Comitato.

518

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 200. Bruxelles, 24 agosto 1874 (per. il 28).

Le discussioni della CommiSisione del congresso nelle due successive letture del progetto Russo hanno prodotto nei Delegati in generale il convincimento ,che maggiori risultati pratici di quelli consegnati nei protocolli non si possono guari ottenere in sedute plenarie, mentre rinasce ora il timore che, nel plenum stesso, si faccia più imminente il pericolo di divergenze aventi carattere politico, le quali 'si poterono felicemente evitare nelle conversazioni meno solenni della commissione.

Così è che in questi ultimi giorni prevalse a poco a poco la tendenza, specialmente favoreggiata dal Barone Iomini, a non riaprire in seduta plenaria una discussione propriamente detta dei singoli articoli del progetto già notevolmente migliorato, ed a considerarlo soltanto come un tema di ulteriori negoziati eventuali, senza far distinzioni altrimenti che nei protocolli sia per gli articoli ricon01sduti suscettibili di accordo fra le potenze, che per quelli sui quali i protocolli fanno risultare la difficoltà o l'impossibilità di intendersi.

Con tale procedere si ottiene il risultato specioso di potere presentare ai

Governi un esame, benché senza conclusione, di tutto l'insieme degli argomenti

proposti dalla Russia, e di riunire, in calce ad una dichiarazione di presenta

:zione ai vari Governi del lavoro fatto, le firme di tutti i delegati, compreso (così almeno si spera) quello dell'Inghilterra.

V. E. avrà osservato che i commissari dell'Austria, della Francia e dell'Italia, mentre cooperarono efficacemente ai miglioramenti introdotti nel progetto, dimostrarono però, e ciò sia detto più specialmente del delegato Austriaco, maggior dserva che non i delegati dei piccoli stati da una parte, e quelli della Germania e Russia dall'altra. Sono ovvie le ragioni di una tale somiglianza nel contegno dei Delegati dell'Austria, della Francia e di noi; la quale a dir vero non fu per nulla concertata, ma prodotta dalla conformità delle istruzioni ricevute, e dalla comune preoccupazione di conciliare l'eseguimento delle istruzioni stesse cona neces,sità di non accentuare troppo fortemente inutili o dannosi contrasti di fronte alle mire asEai reci!se dei Delegati di Allemagna e di Russia.

519

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 245. Alessandria, 24 agosto 1874 (per. il 29).

Alle condizioni, già note all'E. V., per la sua adesione alla riforma giudi

ziaria, la Francia ora ne avanza una quarta, che dei giudici francesi siena

nominati nei tribunali di prima istanza.

Procedendo di questo modo, e pretendendo nuove ,condizioni ogni qual

volta ha ottenuto lo scopo delle precedenti, fa chiaramente vedere che non ha

l'intenzione di pronunciansi in modo esplicito.

Il Governo Egiziano vede H pericolo di continuare in questa via, e perciò

prima di di,gcutere e trattare la nuova condizione, si è deciso di chiedere al

Governo Francese una nota officiale che indicasse nettamente tutte le modifica

zioni o condizioni che Egli intende di avere per accordare una esplicita ade

sione alla riforma.

Unisco copia (l) all'E. V. di un dispaccio a questo scopo diretto da Scerif

Pascià al Signor Marchese de Cazaux -e copia (l) di una lettera dello stesso

Scerif Pascià a Barrot Bey, segretario del Khedive in missione a Parigi.

Scerif Pascià momenti fa mi ha portati questi documenti chiedendomi di

trasmetterli a V. E. onde fosse ben informata delle negoziazioni che si seguono

col Governo francese.

Il Ministro Egiz,iano s'i affida del tutto ai consigli del Cavalier Giaccone.

E nel darmi questi documenti mi ha soggiunto che il Khedive si farà guidare

dal più grande spirito di conciliazione in tutto quello che non comprometterà

il p:r:incipio che i nuovi tribunali debbano essere egiziani e non internazionali.

Su questo diritto è deciso irrevocabilmente a non transigere, e malgrado che ne

vegga tutti gli inconvenienti, non esiterà a procedere oltre anche senza il concorso della Francia, quando questa potenza volesse compromettere, come accenna, questo principio.

Intanto il Cavalier Giaccone lavora alla legge organica, e ad altri regolamenti.

(l) Non si pubblica.

520

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC

T. 114. Roma, 25 agosto 1874, ore 13,20.

La marche des travaux de la commission a empèché de vous envoyer en temps instructions suggérées par textes modifiés et protocoles. J e trouve nécessaire que le<s délégués italiens constatent cette circonstance dans une déclaration tendant à réserver l'opinion de leur Gouvernement et à conserver caractère strictement personnel à la part qu'ils ont eue dans les travaux.. Je vous préviens au'après les résultats de la discussion sur l'art. 5 constatés dans ma dépèche n. 57 les articles préparès par M. Lanza de concert avec plénipotentiaire russe au sujet des réquisitions et des contributions ne répondent pas suffisamment à la ~ensée du Gouvernement qui aurait voulu maintenir une distinction absolue entre réquisitions et impòts afin de n'attribuer aux premières que le caractère d'expropriations. Je dois faire observer en outre que premier alinéa de l'art. 40, texte imprimé résout implicitement question du droit de préléver en argent l'équivalent des préstations en nature. Ceci détruit l'effet de l'art. 5 et équivaut à admettre sans restriction droit de faire réquisitions purement pécuniaires. Ces principes n'auraient pu ètre admis sans réserve.

521

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 335. Bruxelles, 25 agosto 1874, ore 12 (per. ore 16,10).

J'ai corrigé et complété les déclarations de Lanza dans les procès verbaux. Vous pourriez faire dire si c'est utile en Italie que les publications des journaux sur nos séances ne sont ni exactes ni complètes. Je ferai en séance plénière les observations que nos dernières instructions rendent opportunes. En somme président recule devant la discussion plénière sur laquelle on avait compté jusqu'à ces jours derniers et les résultats partiels qui peuvent ètre réellement obtenus sont sacrifiés au maintien apparent de l'intégrité du programme russe. Il me serait très utile d'avoir votre appréciation confidentielle sur cette situation avant sèance de demain.

522

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI

D. 122. Roma, 25 agosto 1874.

Ella riceverà con questo corriere la circolare colla quale ho annunciato alle Legaz.ioni di Sua Maestà la decisione presa dal R. Governo di riconoscere il Governo di Madrid.

Non avendo la Russia seguito l'esempio delle altre potenze, è naturale che

V. S. si astenga dal fare della comunicazione sovramentovata il ,soggetto d'una conversazione con il Signor Westmann. Il Gabinetto di Pietroburgo non ci fece in proposito alcuna comunicazione e conseguentemente neppure noi siamo tenuti d'intrattenerlo della deliberazione presa. Se però a Lei fosse detta alcuna cosa a tale riguardo, io bramerei ch'Ella si limitasse a rispondere che la posizione speciale del Governo di Sua Maestà non gli permetteva di tenersi in disparte quando una potenza che rappresenta in Europa i principi monarchici conservativi qual è l'Impero germanico, prendeva l'iniziativa del riconoscimento del Governo di Madrid.

523

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 202. Bruxelles, 25 agosto 1874 (per. il 29).

Ho l'onore di inviare a V. E. unitamente al presente rapporto due copie (l) del protocollo della 18" seduta della Commissione del 22 agosto ed una seconda copia del progetto di protocollo finale letto dal Presidente nella seduta di ieri della Commi,ssione, la quale ha ora terminato il proprio lavoro preparatorio.

Non fu possibile ottenere che 15i frapponesse un intervallo di alcuni giorni tra la chiusura delle sedute della commissione e le sedute plenarie della conferenza, che cominceranno domani. Il presidente, il quale evidentemente non crede utile di fare troppo redsamente constatare il numero ristretto di articoli sui quali tutti i Delegati sono d'accordo, ed il numero ristretto dei voti che potrebbero appoggiare molte fra le proposte Russe, tende ad abbreviare il più poissibile le discussioni in sedute plenarie ed a limitare l'operato della conferenza a quello stesso lavoro di semplice esame preparatorio che era il compito della commi!>s,ione. La maggioranza degli altri Delegati, ravvisando in tale procedere un seppellimento decente, per così dire, dell'insieme del progetto Russo, ed osservando come il più delle volte la presidenza cerchi prudentemente di rare prevalere nella discussione formule vaghe e non praticamente decisive, non

credono utile d'impegnare maggiormente i loro Governi col dimostrare dì aspettarne nuove formali e precise istruzioni e si limiteranno a fare risultare brevemente nelle poche sedute plenarie quelle osservazioni che credono più necessario di aggiungere nel loro nome personale a quelle già consegnate nei protocolli della commissione.

(l) Non si pubblicano.

524

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE A LUGANO, CHIORA

D. s. N. Roma, 26 agosto 1874.

In risposta alla sua pregiata nota del 23 corrente (l) mi affretto informarla che il nominato Cafiero, supposto acquisitore della villa Bakounine è uno dei più attivi fautori dell'Internazionale e pare che spende la sua ,considerevole sostanza a preparare moti sovversivi.

Per potere più facilmente sorvegliarne gli andamenti Le comunico i ,connotati statimi forniti dal Ministero dell'Interno (V. N. 103 prot. Sviz. Arrivo) (2).

Il Ministero dell'Interno lo considera come uomo assai pericoloso, raccomandando a V. S. di esercitare su di lui una stretta sorveglianza ed amerebbe, qualora partisse per l'Italia, ch'Ella ne informasse anche per telegrafo i pre-fetti di confine. Quanto al Nabruzzi egli non è ancora tornato in Italia.

525

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

D. 154. Roma. 26 agosto 1874

Ho ricevuto il rapporto di V. S. dell'H corrente (l) con cui Ella informandomi delle inquietudini che ispira in codesto paese il progetto di canale di congiunzione dei laghi dell'Algeria col mare, mi chiede quale linguaggio Ella dovrebbe tenere col Primo Ministro del Bey nel caso in cui egli prendessel'iniziativa di parlarle di que>to affare.

Il Governo di Sua Maestà non ebbe finora ad esaminare questa quistione né al punto di vista della sua importanza economica, né al punto di vista delle conseguenze politiche che potrebbe forse avere. Mi mancano ancora gli elementi necessari per conoscere se il progetto abbia seria probabilità di riu-

scita. Finché io non sia jn grado di manifestare a V. S. quale sia il modo di vedere del R. Governo, Ella farà bene di mantenersi in una ·certa riserva. Intanto Le sarò grato di tutte le informazioni che tanto dal lato tecnico, quanto dal lato politico ed economico, V. S. potrà favorirmi sul progetto di cui si. tratta.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non si pubblicano.
526

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 205. Bruxelles, 26 agosto 1874 (per. il 30)..

Mi pare opportuno di somministrare a V. E. tutte le nozioni di fatto che

oggi si sono potute accertare e che possono giovarle ad apprezzare il contegno

serbato dai RR. Delegati nelle successive fasi della Conferenza.

Ebbi a notare nel mio rapporto n. 159 del 30 luglio (l) che fin d'allora il 1° delegato della Russia, prevedendo che non fosse possibile un accordo su certi punti del progetto di Convenzione, mi pregò di aderire eventualmente ad una sua proposta di addivenire per quei punti separatamente ad accordi parziali tra le Potenze che vi avrebbero specialmente aderito, le quali si sarebbero impegnate per parte loro ad osservare le norme convenute con ·carico di reciprocità. V. E. approvò la mia rispolsta sfavorevole e motivata, riprodotta nel mio rapporto n. 159 del 30 luglio. Tale passo fatto presso di me dal Delegato russo era parte di un insieme di tentativi fatti in quel tempo dal Barone Jomini, il quale resosi persuaso fin dai suoi primi colloqui coi membri della Conferenza che non poteva sperare di riunire i 'suffragi di essi sulEnsieme del progetto russo, cercava di avere le adesioni della maggioranza delle grandi Potenze al progetto stesso più o meno modificato, in seguito alle quali adesioni egli confidava di poter trascinare gli Stati minori.

Mi risulta da fonti certe che il Ministro di Francia Barone Baude, lusingato dalla proposta russa appoggiata dalla Germania, acconsentì di sottoporre al proprio Governo l'idea di entrare in un concerto delle maggiori Potenze per intender;;:i circa un progetto modificato da proporsi da esse con condizione di reciprocità, all'adesione degli altri Stati. Il Barone Baude si recò espressamente a Parigi per conferire su tale argomento, ma r.itornò ·colla condizione imposta dal Governo francese che l'Inghilterra entrasse nel conc,erto più efficacemente che non avesse fatto sino allora.

Egli è a quella fase dei negoziati che si riferisce il mio rapporto politico

n. 182 del 12 agosto (2) spedito a V.E. per conferma e schiarimento del mio

-telegramma del 9 (1), coi quali spiegavo l'opportunità secondo il mio parere, stante i notevoli miglioramenti già allora introdotti nel primitivo progetto russo, di non rifiutarci ad associare le nostre premure a quelle specialmente della Francia e dell'Austria perché l'Inghilterra prendesse alle deliberazioni della Conferenza una partecipazione eguale alla nostra, il che doveva riescire in ogni caso vantaggioso ed in nessun caso nocivo agli interessi particolari del Governo italiano.

Essendo intanto giunte da Londra notizie intieramente conformi alle supposizioni espresse da V.E. nel dispaccio n. 43 del 10 agosto (2) circa l'improbabilità che l'Inghilterra si rimovesse dalla posizione che aveva presa sin da principio, mi ri!sulta, da informazioni che tengo sicure, avere il Barone Jomini telegrafato a Pietroburgo per avvisare il suo Sovrano che non v'era speranza di un'adozione dalla Conferenza della maggior parte delle proposte russe anche modificate, e per chiederne il parere circa il mezzo più conveniente per uscire d'impaccio.

L'll agosto il Principe Orloff era in Bruxelles venuto da Parigi per conferire col Barone Jomini sulla situazione e da quel momento incomincia ad accentuars'i per parte del Presidente della Conferenza un contegno più deciso ed affatto nuovo sotto certi mpporti. Egli è da quel momento che il Presidente della Conferenza mette inaspettatamente in discussione sotto nuova forma il

·Capitolo l<> della sezione l" creduto fin allora lasciato alla stessa sorte che i principi generali, i quali stavano in testa al primitivo progetto russo (rapporto politico n. 180) (2); che egli si mostra disposto a non richiedere la firma dei delegati al progetto di Convenzione; che, nelle discussioni della Commissione tengono posto sempre più esteso le dichiarazioni del Generale Voigt-Rhetz, recisamente oppugnate dai delegati dei piccoli Stati, mentre quelli dell'Austria e della Francia osservano una riserva ogni dì maggiore rinchiudendosi quasi interamente, nelle quistioni più importanti, in un contegno negativo. Il quale insieme di circostanze produsse in tutti l'impressione che il Barone Jomini s'era appigliato al partito di dar campo a tutto lo svolgimento dei concetti militari del delegato Germanico, riservando ai delegati russi la parte vantaggiosa di sostenitori teorici d'idee umanitarie, lasciando che gli altri si togliessero d'impiccio come meglio potessero, ed assicurandosi infine contro la eventualità di un conflitto terminativo delle discussioni, mediante la prospettiva delle annunziate sedute plenarie, e la dichiarazione che il lavoro della Conferenza avrebbe solo il carattere di una inchiesta.

Il R. Governo approverà, credo, che in tali condizioni di cose il Commissario Conte Lanza, lasciando che altri s'addentras1sero in discussioni che in realtà eccedevano il mandato di preparazione ed esame preliminare delle materie conferito alla Commissione, coopemsse al lavoro di essa più in vista dei risultati da ottenersi effettivamente, che non con affettata iniziativa personale, sconsigliata del resto dalle istruzioni del R. Governo, ed è a mia notizia, se mi è

lecito il dirlo, che la sua condotta gli conciliò i suffragi di coloro i quali, conoscendo le vere condizioni in cui avevano luogo le discussioni, si preoccupavano anzitutto dell'esito pratico di questa.

Così !si giunse alla situazione che è più particolarmente delineata nei miei rapporti politici n. 200 del 24 agosto, e 202 del 25 agosto (l) sui quali mi permetto· di richiamare l'attenzione speciale di V. E. perché possa rendersi un conto esatto dello stato delle cose alla vigilia della seduta plenaria di oggi, che doveva essere l'unica nella quale tutti i delegati ebbero più o meno campo di compiere gli incarichi ricevuti dai loro Governi.

(l) -Cfr. n. 467. (2) -Cfr. n. 493. (l) -Cfr. n. 486. (2) -Non pubblicato.
527

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 1922/475. Londra, 27 agosto 1874 (per. il 31).

Lord Derby è in Iscozia, né tornerà prima di sei settimane. Lord Tenterden è partito da Londra or sono dieci giorni, né prima di altri quindki farà ritorno. Per ubbidire agli ordini contenuti nell'ossequiato dispaccio di V. E. del 20 corrente, Politict.J n. 217 (2), mi sono recato dal Membro del Parlamento, Signor Bourke, che è quel Sotto-Segretario di Stato del Foreign Office che dura in ufficio quanto dura il Ministero al potere. Poco io sperava da questa mia visita, imperocché ambidue i Sotto-Segretarj di Stato si limitano ad ascoltare le comunicazioni ed a scriverne poi a Lord Derby.

Per esplorare le disposizioni del Gabinetto Ingle~e rispetto al Canale che dovrebbe unire i laghi dell'Algeria col mare traversando una parte del territorio tunisino e sboccando di fronte all'isola di Gerba, credetti di poter profittare della precedente mia pratica con Lord Tenterden relativa al nuovo progetto di riforma giudiziaria proposta dal Bardo.

Il Signor Bourke principiò coll'annunciarmi scriverebbe a Lord Derby, il quale solo poteva dare risposte positive. Entrando, poi, a discorrere sul progetto di riforma giudiziaria, mi dis1se sembrargli che la quaLità provvisoria della Commissione istituita a Tunisi per gli affari non eccedenti le mille piastre bastava ad accertare sarebbero mantenuti i principi e le norme seguite nel Levante per le guistioni di riforme giudiziarie. Mi affermò riconoscere con me la necessità di preliminari accordi, e !specialmente fra l'Italia e l'Inghilterra.

Circa il progettato Canale mi disse, se opera da compiersi per mezzo di privata industria non iscorgere come possa impedirsi, e mi addusse l'esempio

\2) Cfr. n. 500.

del Canale di Suez; se opera del Governo ste~.so francese conveniva conoscere le intenz:ioni del Governo Ottomano, e, in questo caso, la quistione non limitarsi alla sola Tunisia. Il Foreign Office, per altro, non aveva ancora studiata la quistione. Egli, Signor Bourke, riconosceva nondimeno che, effettuandosi quel progetto, non poca ne sarebbe la influenza. Codeste, mi ripetette, non erano se non sue private opinioni; ma, per certo, la politica francese in quella parte dell'Africa era sempre osserv,ata dall'Inghilterra nell'interesse della politica tradizionale da lei seguita in Oriente. Alcuni rapporti del Console Britannico in Tunisi avevano trattato, in modo generale, su di alcune eventualità; e mi nominò Biserta, sebbene non ave3se che fare col tracciato del Canale in progetto. Ma quelle eventualità sembravano al Signor Bourke assai remote, date le presenti condizioni della Francia. Ad ogni modo, l'avermi il Signor Bourke nominata Biserta -che è precisamente una delle due città marittime dove la Francia, siccome lo avverte il R. Console Generale in Tunisi col suo rapporto delli 26 maggio (1), vorrebbe ottenere terreni dal Bey -dimostrerebbe che il Governo Inglese segue con vigilanza ogni novità che minacci la Reggenza..

Non avrei riferito a V. E. questo discorso ch'ebbe un carattere affatto personale (e la pratica, tanto pel progetto di riforma giudiziaria, quanto per quello del Canale francese, converrà rinnovarla col Conte di Derby, se si voglia giungere ad una ·conos,cenza positiva degli intendimenti del Governo Inglese), se la posizione, appunto personale, del Signor Bourke, che è il difensore ufficiale degli atti di politk,a estera nella Camera dei Comuni, non desse alle sue parole e alle lsue opinioni una qualche importanza.

Come impresa industriale il progetto del Canale non è stato discusso punto in questo paese; ha solo suscitato, in una cerchia limitatissima di persone, a causa di una pubblica2lione nella Revue des Deux Mondes delli 15 maggio andato, una curiolsità scientifica quanto ai modi di effettuazione, e senza che, in questo rispetto, ntssun giudicio concreto sia stato pronunciato.

(l) Cfr. nn. 518 e 523.

528

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 209. Bruxelles, 28 agosto 1874 (per. l' 1 settembre).

Ho l'onore di trasmettere a V. E. due copie del protocollo finale (2), richiestemi col telegramma di oggi. Come V. E. vedrà tra la redazione del protocollo che trasmetto e quella del protocollo stesso già spedito ·corre una lieve variante

-o più esattamente aggiunta, per ricordare la Convenzione di Ginevra del 1864, aggiunta introdotta a richiesta del Delegato Neerlandese. 12) Non si pubblica.

'540

(l) -Non pubblicato.
529

IL MINISTRO A L'AJA, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 110. L'Aja, 28 agosto 1874 (per. il 2 settembre).

Ieri finalmente la crisi ministeriale, che durò da due mesi a questa parte,

ebbe termine mercé l'entrata in ufficio dei Ministri i cui nomi seguono, con a

capo il Signor Heemskerk (Interno), Van der Does de Willebois (Esteri), Ba

rone Van Lynden (Giustizia), Van der Heim (Finanze), Barone van Goltstein

(Colonie), Taalman Kip (Marina), Generale Weitzel (Guerra).

Questi due ultimi già facevano parte dell'amministrazione precedente.

Abbenché fosse noto, dacché si verificò la crisi, che il Signor Heemskerk

.era stato incaricato di formare una novella amministrazione, com'era egual

mente noto che egli si era messo in relazione ora con questo, ora con quell'altro

membro della Camera, per avere il suo concorso a quest'uopo, tuttavia, stante

il lungo soggiorno di Sua Maestà in !svizzera e la sua conosciuta indecisione prima

di accettare dimissioni o dar mano alla costituzione di un nuovo Gabmetto,

si rimase sempre in dubbio, se, anche in questa occasione, il Re non finirebbe

per persuadere ai Ministri dimissionari, come fece altre volte, di restare in

carica fino all'epoca regolare delle nuove elezioni non molto lontane, e che

sole possono addurre una soluzione decisiva in proposito.

E questa indecisione del Re era tanto più concepibile nel caso attuale, in

quanto che ad un Ministero liberaile succede un Ministero egualmente liberale, che si dà bensì il titolo di conservatore, ma che sostanzialmente non si .differenzia da quello di cui piglia il pos,to in materia di amministrazione interna, come in fatto d'insegnamento pubblico, avuto specialmente l'occhio alle opi.nioni ben conosciute del Signor Heemskerk su questo proposito. Quanto alla riforma ,giudiziaria, alla riduzione del censo elettorale ed alla riforma monetaria, tre questioni che dovranno ben presto tornare a galla, non si sa troppo, finché non sarà aperta -la Camera nel futuro settembre, qual altro programma potranno formulare i presenti Ministri da quello in fuori già formulato dai

loro predecessori.

Il Goltstein, che succede al Van de Putte, disapprovò bensì, come membro

dell'opposizione, ·la precipitazione colla quale venne dichiarata la guerra al

Sultano d'Atchin, ma si sa ch'egli ne accetta i ·risultati pratici, ed intende di

finirla, potendolo, •con quell'impero, nello stesso modo con cui intendeva appunto

finirla l'ex-Ministro delle Colonie.

L'antico Minilstro delle Finanze era tenuto in conto d'uomo non molto

esperto nella sua specialità. Quegli che gli succede dovrà tuttavia dar saggio

della sua competenza, che si crede però dover essere pari alle esigenze pre

senti, se si giudica dal modo in cui si travagliò sulle materie finanziarie qual

membro della deputazione provinciale.

Ad ogni modo egli potrà far prova del suo valore col procedere di corto, come è giudicato indispemabile, ad un nuovo assetto delle imposte, sì per far fronte ai bisogni stringenti del pubblico erario, sì per sopperire alle spese occasionate dalla guerra d'Atchin, per le quali non è né può essere ulteriormente sufficiente il bilancio coloniale.

Quanto alla condotta delle relazioni esterne, è voce pubblica, com'è opinione unanime del Corpo diplomatico, che si possa ben difficilmente surrogare un uomo del valore del Barone de Gericke; e tal voce fu sì per:sistente, che non si poté credere al suo ritiro, finché non si lesse il Decreto Reale che accettava le sue dimissioni.

Il suo successore de Willebois, Commissario del Re nel ducato di Limburgo per più di venti anni, è considerato come uomo prudente ed assai pratico nel maneggio degli affari, non che d'indole buona e molto affabile. Egli è cattolico, come il Gericke, ma cattolico liberale, il che fa credere che sarà assalito in breve e senza remissione dai fanatici oltramontani di questo paese, pei quali cattolicismo liberale e protestantismo tornano al medesimo.

Il Van Lynden, a cui è affidato il portafoglio della Giustizia, fu già incaricato, nello scorso anno, attesa la ,sua posizione nella Camera, di formare un Ministero. Non essendo riuscito in quell'epoca nel suo assunto, egli non intralasciò per altro dal fare opposizione al Gabinetto de Wries, finché non lo vide costretto a dare le sue dimissioni. Che egli <sia giureconsulto dotto e capace come il de Wries, nessuno osa affermarlo. La sua amministrazione però ispirata e sorretta, come dovrà esserlo, dall'Heemskerk, membro della Corte di Cassazione, uomo d'ingegno superiore e d'una erudizione legale vastissima, potrà forse reggere al paragone di quella del suo antecessore.

Non si può prevedere fin d'ora qual potrà essere la durata probabile del preseate Ministero. Posso però asserire con qualche fondamento che il partito liberale non si propone di fargli una opposizione sistematica, e che anzi, sinché non nasca qualche questione importante, intorno alla quale esso debba prendere un'attitudine decisiva, esso intende piuttosto di appoggiarlo che di asteggiarlo.

530

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 5559. Roma, 29 agosto 1874 (per. il 30).

Mi pregio di comunicare a V. E. per opportuna notizia, la copia di una Circolare dell'Associazione dei Lavoratori in Bruxelle,s, che avverte per la convocazione di un Congresso in detta Città nel dì 7 settembre p. v.

Sarò grato a V. E. se potrà a suo tempo favorirmi qvalche ragguaglio sull'importanza e }e risoluzioni di siffatto congresso.

ALLEGATO

ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE DEI LAVORATORI

Bruxelles, 20 agosto 1874.

Il Bureau federale per l'anno 1873-74 porta a conoscenza di tutte le Federazioni e Sezioni, che conforme agli Statuti, il VII Congresso Generale dell'Associazione Internazionale s'aprirà a Bruxelles il giorno 7 settembre prossimo.

Il ricevimento dei Delegati si farà al locale della Sezione Bruxelles, la Borsa, Grande Piace.

Ai quesiti che già sono noti, dobbiamo aggiungere il seguente:

" Questioni Amministrative -Fissare la sede del Congresso pel 1875 -Nomina del Bureau federale pel 1874-75 •. Un banchetto socialista chiuderà il Congresso.

IL BUREAU FEDERALE INTERNAZIONALE

L. Verryken, G. Brassuer, C. Standeart,

D. Busmee, C. De Paepe, E. Pierron

531

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 30 agosto 1874.

Per incarico del Cav. Nigra ho l'onore di qui unita trasmetterle la corrispondenza che fu in questi ultimi giorni scambiata tra lui ed il Duca Decaz~s sulla questione dell'Orénoque, cioè la copia d'una Iettera del Cav. Nigra in data del 21 agosto, la risposta del Ministro degli affari esteri in data del 27, e copia della replica del titolare di questa Legazione in data del 29.

Dalla lettera del Duca Decazes, la V. E. rileverà ch'egli vorrebbe invocare dichiarazioni che sarebbero state fatte da Lei al Marchese di Noailles per presentare quella « mezza !soluzione » cui accenna la prima lettera di Nigra come ammessa dal Suo assenso. Infatti, in una conversazione ch'ebbi col Duca Decazes dopo che gli era pervenuta la prima ,lettera del R. Ministro, egli tenne anche a me lo stesso linguaggio e mi disse in sostanza che una 1soluzione immediata e radicale non gli pareva pos,sibile, ch'egli doveva contare col Consiglio dei Ministri, che d'aUronde la proposta della sostituzione di un altro legno destinato allo scopo dell'Orénoque, ma con stazioni variabili, non era stata da Lei respinta. Memore di ciò che dalla bocca stessa dell'E. V. intesi nello scorso maggio in Roma, non potei a meno di chiedere da che cosa egli deducesse un Suo più o meno esplicito assenso. Egli mi diede allora lettura d'alcuni brani di rapporti che il Marche;:e di Noailles gli a v eva indirizzati in aprile e in maggio e che riferivano conversazioni da lui avute con V. E. e ripetute in termini alquanto diversi dal senso delle istruzioni che alla fine di maggio io riportai qui c1a Roma. Non spettava in quel momento a me di discutere la

quistione, e menziono ora quella conversazione soltanto acciocché valga di commento alla qui unita lettera del Duca Decazes, il quale soggiunse d'altronde ch'egli aveva tosto dato al Marchese di Noailles l'ordine di tornare da Biardtz a Parigi per poterlo interrogare e fOI~~e per mandarlo a Roma. Incidentalmente, il Ministro degli affari esteri si querelò che ora lo si voglia tanto stringere e ricordò le difficoltà che dovette superare finora, la sua dichiarazione all'Assemblea, e i buoni uffici prestati dalla Francia per ritenere il Papa al Vaticano.

ALLEGATO l.

NIGRA A DECAZES

L. P. Aix-les-Bains, 21 agosto 1874.

La veille de mon départ de Paris, j'ai eu l'honneur de vous dire que j'aurais pris la liberté de vous écrire d'ici, en forme tout à fait privée, pour vous prier de me faire part des résolutions définitives que le Gouvernement du Maréchal aurait prises, au sujet du rappel de l'Orénoque. Je viens maintenant vous renouveler par écrit les instances que je vous ai faites de vive voix.

Cette malheureuse question de l'Orénoque est enfin arrivée à son point de maturité. Vous avez pu juger, par le langage de la presse européenne et des organes les plus accrédités de la presse française elle-méme qu'il en est ainsi réellement. Nous avons fait le silence sur cette question dans nos Chambres. Nous nous sommes abstenus de poser la question officiellement. Vous pouvez dire, sans crainte d'étre démenti, que jusqu'à ce jour l'Italie ne vous a adressé aucune demande officielle, qu'elle n'a fait aucune démarche auprès du Gouvernement français, qu'elle a évité, avec soin, méme l'apparence, je ne dis pas d'une pression, mais d'une insistance quelconque, ayant un caractère officiel, au sujet du rappel de l'Orénoque. Mon Gouvernement a voulu laisser à vos résolutions le caractère d'une liberté et d'une spontanéité absolue.

Maintenant, la solution de cette question s'impose, en quelque sorte, à nous camme à vous. Nous sommes à la veille des élections. Nous ne pouvons pas les faire avec une telle question pendante, car elles se feraient sur cette question elleméme. Les inconvénients, bien graves qui en résulteraient, ne peuvent pas échapper à votre perspicacité. Nous aurions des élections faites sur une question de politique étrangère, ce qui est toujours fàcheux, et nous aurions une Chambre à tendances antifrançaises, ce que nous désirons et voulons éviter avec le plus grand soin. Il est donc indispensable que cette question soit résolue dans le courant du mois prochain, et il serait désirable qu'elle le fùt plutòt dans la première que dans la seconde moitié de Septembre. Vous avez bien voulu me donner l'assurance que l'intention du Maréchal et de son Gouvernement était bien, en effet, de rappeler l'Orénoque au mois de Septembre; mais vous m'avez laissé entrevoir la possibilité du remplacement, plus ou moins dissimulé, de ce bàtiment par un autre bàtiment ayant en substance la méme destination et le méme but. J'en ai informé M. Visconti Venosta par lettre particulière et je viens de recevoir sa réponse (1). Vous connaissez les sentiments de ce Ministre qui désire vivement éviter tout ce qui peut nuire au maintien des rapports amicaux et cordiaux entre nos deux pays. Je n'ai pas besoin, je pense, de vous dire ici quels sont les miens. Vous les connaissez depuis longtemps. Notre impression commune, à M. Visconti et à moi, est que la question de l'Orénoque est de celles qui ne comportent pas de demi-solution. Rappeler l'Orénoque pour le remplacer, d'une façon plus ou moins déguisée, par un autre bàtiment, n'est pas une solution digne de la France. Elle ne serait pas considérée comme sérieuse. L'opinion publique, chez nous camme chez vous, et partout, se croirait pour ainsi dire mystifiée, et le rémède

serait pire que le mal. Le parti ultramontain ne vous en saurait aucun gré, et l'Italie s'en sentirait profondément blessée. Je vous adresse, en conséquence, mes plus vives supplications, pour que votre Gouvernement se décide enfin à rappeler l'Orénoque purement et simplement. Cette solution est la seule logique; elle est la seule digne de vous et de nous. Ai-je besoin d'examiner ici la question au point de vue du droit international? Vous la connaissez autant et mieux que moi. Il serait dane superflu d'entrer dans de langs développements. Permettez-moi, cependant, de rappeler quelques paints principaux.

Les ports d'un Etat indépendant, par suite d'une cansuétude généralement adaptée, sant auverts, en temps de paix, aux batiments de guerre des Etats amis et recannus, dans des limites fixées par l'usage. Meme en dehars des cas de relache farcée, les batiments de guerre étrangers sant admis à entrer et à séjourner, pendant un certain temps, dans les ports auverts en temps de paix, et l'équipage est également admis à descendre à terre en uniforrr:e, en se saumettant aux réglements de santé, de dauane, etc. Ce sant là des dérogatians que le drait internatianal cansuétudinaire a introduites dans les règles plus rigaureuses du drait des gens. Mais ni le drait cansuétudinaire, ni le drait des gens n'admettent la faculté de statiannement pralongé dans les ports au dans les eaux d'un Etat indépendant. C'est le cas de l'Orénoque au de taut autre navire armé qui le remplacerait. En venant à natre cas spécial, naus vaus demandons l'application du drait cammun. Nous n'avans nullement l'intention de nous oppaser au seJOUr dons nos eaux territariales des batiments de guerre français, pas plus qu'à celui des batiments de taut autre Etat ami, dans les limites fixées par l'usage. Mais naus ne saurians admettre des statiannaires étrangers avec destinatian fixe. Si Sa Sainteté le Pape veut quitter l'Italie sur un batiment français, il vous sera toujaurs facile de lui en envayer un au plusieurs à Civitavecchia ou ailleurs, et il ne peut désormais entrer dans l'esprit de persanne que le Gouvernement du Rai veuille s'appaser au départ de Sa Saintété par telle vaie qu'elle jugera agréable de chaisir. En fait, vaus savez aussi bìen que mai que la questian n'est pas là. L'01·énoque, au taut autre navire à sa place, n'ajautera pas un degré quelcanque de sécurité au d'indépendance au Pape. Cette sécurité et cette indépendance lui sant assurées d'une façon plus efficace par nas lais, par nas engagements spantanés, par l& canscience publique, par la nécessité des chases. La présence dans nas eaux de l'Orénoque au de san remplaçant n'est dane en substance et ne serait à l'avenir qu'une démanstration aussi inefficace pour Sa Sainteté que blessante pour l'Italie.

Maintenant, si par des raisons que je ne comprends pas bien, mais qui peuvent avoir quelque poids à vos yeux, il vous convient que naus vous adressians la demande afficielle du rappel de l'Orénoque, naus n'avans aucune difficulté à le faire, d'autant plus que nous serians finalement farcés d'en venir là, si le Gouvernement français persistait dans le maintien de san statiannaire. Mais naus avions pensé et naus pensans taujaurs qu'il vaut infiniment mieux, dans notre intéret cammun, que le Gauvernement du Maréchal prenne l'initiative et ait le mérite de la spantanéité. Je vaus parle dans cette lettre camme à un ami, d'une façan toute privée, et non comme à un Ministre. En outre, j'écris au courant de la piume. Je fais donc appel à votre indulgence et à votre amitié, pour que vous ne voyez, dans ce que je vous écris peut-etre un peu trop à la hate et sans étudier les mats et les phrases, que l'expressian sincère du désir le plus ardent d'arriver à une salution hanorable paur vaus comme pour nous. Eh bien! Donnez-moi la permissian de vous dire taute ma pensée, telle qu'elle se présente à mon esprit. Je crois que ce serait bien malheureux qu'une demande officielle de mon Gauvernement vint vous mettre dans l'alternative de provoquer un conflit ou d'avoir l'apparence de subir une pressian de natre part. Dans cette questian, ne l'aubliez pas, le mande entier est avec naus. Persanne ne vaus craira victirr.es des exigences de l'Italie, et taut le mande vaus dannera tart.

Ainsi dane, man cher ami, tachez de résaudre cette ennuyeuse questian d'une façan digne de 1a France, auvertement et définitivement, et veuillez dire au Maréchal que le moyen le plus honorable pour tout le monde est en mème· temps le plus simple, le rappel de l'Orénoque sans le remplacer d'une façon p~us ou moins dissimulée.

Je reste ici jusqu'à la fin du mois courant d'Aout. Si vous pouvez m'y faire parvenir un mot qui me laisse pressentir vos intentions, je vous en serais tout à fait obligé.

ALLEGATO II.

DECAZES A NIGRA

L. P. Parigi, 27 agosto 1874.

Votre lettre du 21 m'est parvenue au retour des courtes vacances que je m'étais permises et il me faut encore m'excuser de n'y point répondre dès aujourd'hui.

J'ai du avant de traiter avec vous cette grave question recueillir mes souvenirs et aussi faire appel à ceux de M. de Noailles.

Sa correspondance a reproduit en termes formels et précis les conditions de l'accorci que nous avions préparé ensemble au mois d'Avril et précise les points. sur lesquels l'assentiment de M. Visconti-Venosta nous était acquis.

Quoique votre lettre ne fasse aucune allusion à ce passé, je ne puis croire cependant que votre Ministre, consulté par vous, entende s'en désintéresser et je ne renonce pas à en évoquer et à en reveiller le souvenir.

M. de Ressmann me fait espérer votre prochaine arrivée. Noailles sera ici demain soir et j'ai grande envie de lui demander d'aller chercher à Rome les indications nécessaires au mobilier du Palais Farnèse.

ALLEGATO III.

NIGRA A DECAZES

L. P. Aix-le:l!-Bains, 29 agosto 1874.

Je vous remercie du petit mot que vous avez eu l'obligeance de m'envoyer ICI et que j'ai reçu aujourd'hui. J'aurais vivement désiré d'y trouver les éléments. d'une solution définitive et bonne. Mais, méme en lisant entre les lignes, avec toute la bonne volonté que vous me connaissez, je ne peux y rencontrer rien de semblable. Si je dois juger d'après ce que Visconti m'a écrit et que je vous ai fait connaitre, je dois conclure qu'il n'a pu donner, en causant avec M. de Noailles,. son assentiment qu'à une solution conforme au droit commun et aux usages généralement reconnus. Permettez-moi donc d'insister encore et de vous prier de· nouveau d'appeler l'attention du Maréchal sur l'affaire avant son départ pour l'ouverture de la chasse. Nous sommes forcés par nos exigences parlementaires à vous poser la question officiellement si nous ne pouvons pas compter sur votre. initiative spontanée. Or, la question une fois placée sur ce terrain, les deux. Gouvernements peuvent étre fatalement entrainés plus loin qu'ils ne le voudraient. Ma conscience ne serait pas tranquille si je ne vous en prévenais pas d'avance, bien entendu, en forme tout à fait confidentielle et privée, camme je le fais par cette lettre qui est adressée bien plus à l'ami qu'au Ministre. Maintenant si vous croyez devoir envoyer M. de Noailles à Rome pour y préparer· l'installation du palais Farnèse, je vous engage à le prier de ne pas attendre mon retour, car voilà Septembre qui arrive à grandes journées et nous presse tous de sortir d'une situation qui ne peut plus se prolonger. Je fais état de partir d'ici Lundi prochain. Je serai donc à Paris mardi matin de bonne heure. J'irai vous voir le jour méme à l'heure et au Iieu que vous voudrez bien m'indiquer.

(1) Cfr. nn. 494 e 504.

532

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, GALVAGNA

D. 53. Roma, l settembre 1874.

Ringrazio la S. V. Illustri:s;sima della corrispondenza di questa serie pervenutami regolarmente fino al n. 198 incluso.

Le notizie assai gravi che Ella mi ha dato sullo stato delle cose politiche interne di codesto paese meritano tutta l'attenzione dei Governi che hanno con la Grecia dei rapporti di vicinato. Naturalmente se ne preoccuperanno, al punto di vista della loro posizione speciale, le tre potenze protettrici ed il Ministero gradirà di essere da V. S. tenuto al corrente anche del contegno che la diplomazia di quelle tre potenze sembrerà voler tenere nel caso di prevedibili conflitti. Nelle condizioni attuali dell'Europa, il protettorato delle tre Potenze potrebbe non avere più quel carattere così esclusivo che esso ebbe ancora all'epoca in cui fu chiamato al trono di Grecia l'attuale Sovrano di codesto paese. Sarà dunque cosa non senza interesse il seguire attentamente anche tutto ciò da cui potrebbe risultare l'atteggiamento che in certe eventualità prenderebbero l'Austria e la Germania.

Le indicazioni date a V. S. Illustrissima dall'Incaricato d'Affari di Turchia per scoprire il luogo dove sono depositate le antichità scovate dal Signor Schliemann non sono abbastanza precise perché si possano fare delle ricerche fruttuose. Sarebbe poi mestieri che qualora risultasse che quegli oggetti furono portati in Italia, il Governo ottomano procedesse nelle forme regolari introducendo le sue domande per la via che è da seguirsi in simili casi e che non è certamente quella della Legazione italiana in Grecia.

Dal R. Console a Salonicco ho ricevuto recentemente il Rapporto di cui qui unito le trasmetto copia (1). Esso si riferisce alla quistione relativa all'inseguimento del brigantaggio. Non ci appartiene di farci giudici fra la Turchia e la Grecia nei dissidi che pare siano nati in seguito ai provvedimenti veramente miti del Comandante le forze ottomane. Non è però privo per noi d'interes,se l'avere delle informazioni a questo proposito sopra tutto dacché risulterebbe dal precitato rapporto che la diplomazia inglese ebbe a prendere una parte attiva in quest'affare.

533

IL MINISTRO A PARIGI. NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 344. Parigi, 2 settembre 1874, ore 20 (per. ore 9.45 del 3).

J'ai eu longue conversation avec Mac Mahon et Due Decazes. Ils m'ont déclaré que la retraite pure et simple de l'Orénoque sans aucune atténuation

(11 Non si pubblica.

peut ètre subie mais pas consentie par le Gouvernement français. Voici ce qu'il proposent. Gouvernement Français prendrait initiative et vous annoncerait par dépèche retraite de l'Orénoque, mais il demanderait la reconnaissance du droit de la France de mettre à la disposition du Pape un batiment et l'assurance que ce batiment pourrait entrer et séjourner dans nos ports comme tout autre batiment français, et pourrait rempHr mission de ramener le Pape le cas échéant. Ce batiment n'abuserait pas de l'hospitalité Italienne, et en tout cas Italie pourrait toujours réclamer contre un séjour prolongé. Je vous prie de me télégraphier vos instructions à ce sujet. M. de Noailles est à Paris.

534

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI

D. 66. Roma, 2 settembre 1874.

La Conferenza di Bruxelles riunitasi il 27 luglio, ha chiuso le sue sedute il 27 agorsto. Poche furono le ~Sedute plenarie della Conferenza la quale s:in da principio delegò ad una commissione, composta di uno dei delegati di ciascun paese, di preparare i lavori ai quali la conferenza plenaria avrebbe proprio dovuto accingersi.

Però i lavori della commissione avendo fatto palese la difficoltà di stabilire degli accordi che permettessero di firmare una vera e propria convenzione, per tacito consenso di tutti i commis.sarii, 1sii è rinunciato a portare a termine il lavoro. La commissione ha elaborato un progetto alquanto diverso dal primo programma preparato dalla Russia e la conferenza, astenendosi dal rivestire tale progetto della forma di una convenzione, ha deciso ·in un protocollo finale di deferire ai Governi Rappresentati a Bruxelles il risultato dei lavori come un'inchiesta c01scienziosa d'indole a servire di base per un ulteriore scambio dii idee, per uno sviluppo della convenzione di Ginevra del 1864, e della dichiarazione di Pietroburgo del 1868. Ai Governi spetterà di apprezzare ciò che in quei lavori potrà formare oggetto d'un accordo e ciò che invece richiederà un più maturo esame.

L'effetto morale che è destinato a produrre il parere autorevole di una conferenza europea nella quale furono ampiamente discusse alcune rimportanti quistioni relative al diritto della guerra, si farà senHre naturalmente non solo nel campo delle scienze, ma anche nella pratica in tutti i paesi che dovranno fare o rivedere in qualche parte i regolamenti militari delle truppe in campagna.

Sarà perciò cura del R. Ministro di riunire gli atti della Conferenza di Bruxelles e di trasmetterne a suo tempo un esemplare al dicastero della Guerra.

Ora che l'attenzione pubblica è stata chiamata sopra questa parte del diritto internazionale, il Ministro della guerra troverà forse necessario di far eseguire gli studii necessari per l'applicazione anche in Italia delle massime che hanno rac,colto la quasi unanimità dei suffragi. Il Minilstro degli Affari Esteri si associerà dal canto suo ben volentieri a tali ~studii se 1saranno creduti necessari.

Intanto il Ministro della guerra potrà far pervenire al Luogotenente CoJonnello Conte Lanza le sue istruzioni stante che si può conlsiderare come terminata la missione che egli disimpegnava in Bruxelles.

Il Minist,ro scrivente deve tributare in quest'occasione H meritato encomio a quel distinto ufficiale per l'operosità di cui ha dato prova nei lavori affidatigli.

535

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

L. P. Roma, 3 settembre 1874.

Ho ricevuto la lettera di Ressman e la volstra covrispondenza col Duca Decazes (1). Non occorre che vi dica che per parte mia approvo pienamente il vostro linguaggio. Al punto però in cui d troviamo dopo questa corrispondenza, credo che nell'avvenire ci converrà di 'lasciar da parte l'argomento elettorale. La lettera del Duca Decaze:s mi ha penosamente ,sorpreso.

Può darsi ch'io mi sia male espresso col Mavchese di Noaillels. Ma il ricoérdo che serbo dei nostri coHoquii è però preciso nella mia mente.

Il Marchese di Noailles prendendo l'iniziativa di parlarmi dell'Orénoque, constatò meco che la nostra conversazione aveva un carattere extra ufficiale, anzi affatto personale. Infatti essa ebbe \sempre il ~carattere abbastanza generico di uno scambio di idee confidenziale.

In un primo colloquio il Marchese di Noailles mi parlò dapprincipio dell'opportunità di avere molti riguardi verso il S. Padre, di non irritare la politica del Vaticano che poteva essere suscettibile in questo affare per non allontanarlo sempre più dai consigli della moderazione, e dò in un interesse non solo france3'e, ma comune. Mi disse che il Governo francese desiderava richiamare l'Orénoque, che aveva pensato se non fosse possibile riprendere un antico progetto che esisteva sino dai tempi del Governo del Signor Thiers, (il che io ignorava). E mi accennò al progetto che voi conoscete degli yachts comperati dai Governi cattolici, compreso I'italiano, e offerti al S. Padre. Gli risposi che la politica di riguardi verso il S. Padre, noi la comprendevamo e la praticavamo, che quanto alla politica che preferivo chiamare del Vaticano, piuttosto che del S. Padre, era assai semplice in questa faccenda, perché non avrebbe mai facilitato ciò che poteva giovare all'amicizia fra ~l'Italia e la Francia e preferiva che perdurasse invece una ~causa eH difficoltà e di conflitti.

Quanto al progetto degli yachts dissi al Marchese di Noailles che, in principio ed a priori, non contestavo, poiché egli mi volgeva una domanda su questo punto, che il Papa potesse avere un yacht poiché ciò avviene anche di privati

e di società private, ma che il progetto a cui mi accennava, era più comple·sso e si collegava aHo stato delle ·condizioni attuali. E siccome il Marchese di Noailles me ne espresse il desiderio, gli dissi che ne avrei parlato anche al Presidente del Consiglio. Dopo qualche giorno dissi al Marchese di Noailles che, d'accordo col Presidente, avevamo ravvisato nel progetto gl'inconvenienti che allora gli esposi, che esso, nelle circo·stanze presenti, ci pareva quindi poco opportuno ed anche poco pratico, e che l'avviso del Governo italiano non era favorevole. Il Marchese di Noailles mi ascoltò senza insistere più oltre.

In seguito, e dopo un certo intervallo, io ebbi col Marchese di Noailles un'altra conversazione sull'" Orénoque ". Il Ministro di Francia cominciò col dirmi che era assai lieto di farmi rsapere confidenzialmente che l'idea del ritiro dell'" Orénoque " faceva dei progressi, che questo ritiro era anzi deciso in principio. Non mi parlò del progetto degli yachts. Mi disse che quanto all'epoca non mi poteva dare un'indicazione, che il Governo francese doveva contare con certe difficoltà parlamentari, che, a questo proposito, egli contava sul nostro buon volere. lVIi soggiunse infine, ma sempre rsul tono d'una conversazione ancora affatto pTivata e generica, che allora poi, quando il tempo fosse venuto, si sarebbe veduto se v'era un modo oppure un'altro di ménager la transizione, come sarebbe stato quello che, partito l'" Orénoque ", qualche tempo dopo un bastimento francese venisse per qualche tempo a Napoli, o a Livorno, per ritornare ·poi a Tolone e scomparire definitivamente, forse dopo qualche nuova apparizione in modo che la cosa finisse naturalmente e senza apparato.

Voi ·comprendete che in una conversazione extra ufficiale, affatto generica, nella quale non si trattava di stabilire i punti di un accordo non era il caso de se gendarmer oltre misura. Mi rammento però, in modo preciso, il senso ·e la portata del linguaggio ch'io tenni in quella conversazione col Marchese di Noailles. Gli formulai quale era ai miei occhi la quistione. Che cosa è l'" Orénoque »? Un mezzo posto dalla Francia a disposizione del S. Padre nel caso che volesse abbandonare .l'Italia. Ma lo stesso Governo francese riconosce gl'inconvenienti di questo mezzo, di più non può non riconoscere che ·esso costituisce un fatto anormale a cui l'Italia avrebbe il diritto di chiedere che si ponesse fine. L'Italia, da parte sua, ha sempre dichiarato ch'essa rispetterebbe in ogni caso la libertà del Pontefice di abbandonare Roma, il Pontefice è quindi arbitro di seegliere la via e il mezzo che più gli aggrada, ed è anche libero di chiedere alla Francia o a un altro Governo l'invio d'un bastimento sul quale partire, se prendesse una tale decisione. Se dunque, io dissi al Mavchese di Noailles, il Governo france::e ritirando l'" Orénoque » crede, o interpellato nell'As,semblea o in altro modo, di dover fare qualche dichiarazione, e dichia·ra che esr30 ha fatto partire questo legno per le ragioni

che conosciamo.. ma che se il S. Padre si decidesse a lasciare l'Italia potrebbe sempre, se tale è il rsuo desiderio, contare sull'ospitalità d'un bastimento francese, noi non avremmo fatto alcuna osservazione e non avremmo trovato a

ridire a questa dichiarazione sia dalla parte del Governo francese, sia dalla< parte di un altro Governo. Questa, dissi al Marchese di Noailles, mi sembra la soluzione più semplice e conforme tanto ai precedenti della politica francese come della nostra; essa d'altronde offre al Pontefice una guarentigia. uguale e provvede all'eventualità della ~sua partenza quanto e meglio dell'" Orénoque ».

Quando poi il Marchese di Noailles mi parlò della possibilità che, ritirato l'" Orénoque ", il Governo francese mandasse un bastimento ora a N a poli ora altrove, per qualche tempo ancora, io, nel covso della conversazione. non contestai al Governo francese, come ad un altro Governo, la facoltà di mandare uno dei suoi bastimenti in un porto italiano, ben inteso, la cosa era implicita, nei limiti del diritto ~omune e consuetudinario, poiché, altrimenti, perché occuparci dell'" Orénoque "? Non potevo certo contestare al Governo francese una facoltà che riconosciamo agli altri Governi. Pure mi rammento di avere ascoltato con molta riserva e senza prendere nessun impegno ciò che il Marchese di Noailles mi disse, del resto assai vagamente, su altre possibili combinazioni. Mi rammento anzi di avergli detto: " Qual è lo scopo di questa nostra conversazione? Di far quakosa di giovevole ai buoni ed amichevoli rapporti fra l'Italia e la Francia. Ora comprenderete che non potrei lealmente concertare, per fatto nostro, delle ~combinazioni che, nella mia coscienza, sono convinto che non produrrebbero nello spirito pubblico, questo favorevole risultato ".

All'infuori dei due punti, l" della dichiarazione sopra accennata, 2° del diritto comune in cui s'i trova la Francia rispetto all'Italia pei bastimenti da guerra nei no,stri porti, non mi è possibile rammentare ,ch'io abbia dato l'assentimento del Governo italiano alle condizioni di un accordo.

Contemporaneamente quasi a queste conversazioni ricevetti la vostra lettera particolare del 4 Maggio, portatami da Ressman. In essa mi esponevate in modo preciso e nei suoi particolari il progetto, accennatomi vagamente dal Marchese di Noailles, e più chiaramente indicatovi dal Duca Decazes, circa all'invio d'un altro bastimento francese dopo la partenza dell'« Orénoque ". Vidi allora che, nel pensiero del Governo francese, si trattava di un accordo che implicava un'adesione formale da nostra parte e quindi degli impegni e degli obblighi al di là del diritto comune il quale non ha bisogno di accordi speciali, nè ha bisogno di un riconoscimento formale. Ogni combinazione di questo genere mi parve pericolosa, mi parve sopratutto che potesse 'in seguito dar luogo a quegli equivoci che prendono poi delle proporzioni spiacevoli quando aprono ,l'adito a interpretazioni diverse e contraddittorie da parte e d'altra.

Vi scrissi allora una lettera particolare (1), che Ressman vi portò a Parigi, nella quale vi incaricavo di formulare pre,sso il Duca Decazes, le più esplicite riserve, e di dichiarargli che il Governo italiano non credeva di poter entrare nell'ordine d'idee che ci aveva esposte e nella via degli accordi bilaterali.

Voi avete adempiuto queste istruzioni e me ne avete dato l'annuncio con

un telegramma. Se dunque un malinteso poteva esistere, esso doveva !sorgere

·e ch:arirsi quando voi faceste la vostra dichiarazione. Dopo di essa il malinteso cessava e se il Duca Decazes non rinuncia ad evocare la memoria dello .scambio extraufficiale d'idee che ebbe luogo nell'Aprile e nel Maggio, io pure debbo rammentare che la vostra dichiarazione pose fine allora a quelle conversazioni e ne fu l'ultima P.arola. lo credo che il malinteso che ha potuto sorgere nella mente del Marches·e di Noailles od a cui hanno potuto dar luogo le espressioni di cui si sarà se•rvito nelle sue lettere, nasce dalla confusione fra ciò che appartiene aHa libertà di azione di ciascuno e che non si contesta nei limiti del diritto comune, e ciò che diventerebbe un accordo il quale implica degl•i impegni, dei riconoscimenti e delle servitù. Per noi la situazione della Francia, dopo H ritiro dell' « Orénoque •, riguardo all'invio di bastimenti nei porti italiani, è, né più né meno, quella degli altri paesi. Noi non pensiamo certo a restringere per il Governo francese le facoltà ammesse per gli altri Governi; non fa bisogno il dirlo. Lo stesso trattamento, gli ste1s1si principii si applicano tanto ai legni francesi, quanto agli inglesi, agli austriaci etc. etc. Ma un accordo speciale, relativo a un bastimento, a stazioni variabili ed a missione politica riconosciuta avrebbe degli effetti che oltrepasserebbero i limiti del diritto e delle consuetudini internaz.ionali, e restringerebbero quelli della sovranità territoriale. Esso costituirebbe un privilegio politico a beneficio della •sola Franc•ia, perché non riconoscerlo anche ad ogni altra Potenza cattolica? Noi non pos•siamo ammettere, come avete detto benissimo nella vostra lettera, la teoria degli stazionarii, e l' " Orénoque • da un fatto anormale quale è ora, diventerebbe un'istituzione. Sarebbe a mio avviso una grave responsabilità che d alssumeremmo ammettendo una specie di servitù dei porti italiani foss'anche in favore di un solo bastimento di guerra estero

·colle immunità che appartengono a questi legni.

(l) Cfr. n. 531.

(l) Cfr. n. 372.

536

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. Roma, 3 settembre 1874.

Il Comm. Luzzatti già Segretario Generale del Ministero di Agricoltura e Commerc·io, deputato al Parlamento, uno dei nostri uomini politici più ·competenti nelle materie finanziarie ed economiche si reca a Parigi ed io lo raccomando alla vostra cortese aecoglienza.

Il Signor Luzzatti si trovò già in rapporto a Roma col Signor Ozenne quando si trattava della missione del Trattato di commercio desiderata dal Signor Thiers. Ora egli ha consentito, per desiderio espressogli dal Ministro delle Finanze, ad avere qualche colloquio col Signor Ozenne o con qualche altra persona, di cui forse vi chiederà di fare la conoscenza, per indagare, in modo affatto personale ed extraufficiale, le loro disposizioni e il loro modo di vedere circa i futuri negoziati che succederanno alla scadenza e alla denuncia del nostro attuale trattato. Credo anzi che al Comm. Luzzatti basterà probabilmente un colloquio col Signor Ozenne per poter dare al Ministro Minghetti quelle informazioni ufficiose ch'egli desidera avere su alcuni punti, come base di apprezzamento pel futuro. Ad ogni modo il Signor Luzzatti vi spiegherà meglio a voce ciò che potreste fare per lui. Ed io, raccomandandovi vivamente questo distinto nostro concittadino...

537

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 381. Therapia, 4 settembre 1874 (per.l' 11 ).

In una recente conversazione ch'io ebbi con questo Signor Ambasciatore d'Inghilterra, questi mi disse che era stato assai lieto di conoscere, per sue proprie informazioni, che il Governo del Re era d'accordo con quello di Sua Maestà Britannica neUe istruzioni date all'Agente a Buckarest, tendenti a non incoraggiare il Gabinetto Prindpe,sco nei suoi manifesti propositi di addivenire ad atti ·Come quelli che ha precipuamente in mente ora, alla conclusione cioè di Trattati Commerciali da stipularsi direttamente tra esso e le estere Potenze.

Sir Henry Elliot crede che l'Italia abbia -si come l'InghHterra, se non forse più -interesse a non permette,re che altri dia motivo a ·complicazioni in Oriente o pretesti a mutamenti neno « statu quo , della Turchia, del che si potrebbe ragionevolmente aver tema qualora non s'infrenas·sero le tendenze dei Consiglieri del Principe Carlo, ogni dì più p·alesi, ad atti arrischiati verso la Potenza alto-sovrana.

Una via del tutto opposta sarebbe per contro seguita dalla politica del Gabinetto Austro-Ungarico, per quanto ha tratto alla questione delle Convenzioni Commerciali colla Rumania; è noto qui che la conchiuJsione di simili

accordi è nei voti di questo nuovo Rappresentante dell'Imperatore Francesco Giuseppe, e si afferma, che malgrado ogni opposizione, si addiverrà ad essi, dall'Austria Ungheria.

La Rumania d'altra parte sa che la teoria del « fatto ·compiuto • le riuscì fin qui, e non è a meravigliare quindi se anche ora cercasse di metterla in pratica allo 'scopo da ·lei vagheggiato della conclusione di accordi commerciali diretti con qualche estera Potenza, che ne spalleggia, a suo proprio profitto poi, gli intendimenti in tal senso.

Così il Principe Ghyka, Agente Rumeno a Costantinopoli, si atteggia, con mediocre successo, a vero dire, presso la Porta specialmente, a pari dei Rappresentanti delle altre Potenze Autonome, ed in questi giorni -so da buon luogo -che ei dichiarava essere perfettamente autorizzato a far conoscere al Governo del Sultano ·Che il Principe Carlo considerava come nulla e non avvenuta la lettera da lui firmata ed indirizzata ad Aali Pacha nel 1866, let

20 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. V

tera che gli si mette innanzi ogni qualvolta fa atto di sottraDsi all'autorità Alto-Sovrana, e per cui, come è noto all'E. V., ei riconosceva in termini precisi di non aver diritto a 'Stringere accordi -fossero pur di commercio con estere Potenze.

538

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 535. Roma, 5 settembre 1874.

Il Signor Tiby ha avuto incarico di venire a parlarmi della quistione delle riforme giudiziarie che si ,sono introdotte a Tunisi ed alle quali il Consolato Generale di Francia ha aderito.

La comunicazione fattami dal Signor Tiby era ,}a risposta alle rimostranze verbali del Signor Ressman presso ~l Duca Decazes in esecuzione delle istruzioni contenute nel mio dispaccio a codesta Legazione ,in data del 7 agosto (1). Dopo avermi addotto a1cuni argomenti in favore della commissione mista instituita a Tunisi, argomenti però che lsi riferiscono ai vantaggi di quella istituzione e non al suo fondamento giuridko, l'Incaricato d'Affari di Francia mi ha espresso il desiderio del suo Governo ,che anche da noi si accetti un ordinamento dal quale la Francia ha fondata speranza di ottenere un esito soddisfacente.

Da parte mia ho esposto al Signor Tiby le ragioni che ci consigliavano a non aderire ad un progetto di ordinamento che avrebbe dovuto, in ogni ipotesi, trovare la sua base in un accordo formale delle potenze e non in un decreto del Bey.

Avendomi però l'Incaricato d'Affari di Francia manifestato il desiderio di conoscere quale era la posizione che noi prendevamo in questa quistione, gli ho fatto conoscere che noi avevamo fatto ,}e nostre più ampie riserve presso il Bardo, che intanto i nostri affar:i seguitavano ad essere, come per il passato, trattati direttamente con quest'ultimo. Per ciò che riguarda i rapporti che intorno a queste vertenze noi abbiamo 'Sempre desiderato di mantenere con le altre potenze, la comunicazione che avevamo fatto a Parigi era una prova del nostro desiderio di intende,Dci con la F,rancia e con gli altri Governi maggiormente interessati acciocché, se si debbono ammettere delle riforme giudizia,rie nella Tunisia, queste abbiano ad effettuarsi in modo regola,re ed in conformità dei principi generalmente riconosciuti del diritto.

Per meglio determinare il carattere delle obiezioni da noi fatte contro l'istituzione della commissione giudiziaria, la S. V. Illustrissima potrebbe consegnar1e per iscritto a S. E. il Duca Decazes, deducendole dal predetto mio dispaccio del 7 corrente.

(l) Non pubblicato, ma cfr. n. 479.

539

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI

D. s. N. Roma, 5 settembre 1874.

Il R. Console in Ginevra al quale fu comunicato il desiderio di codesto Dicastero di essere informato dello ls:copo della riunione dei capi del partito ultramontano in quella ·città, scrive in data del l o corrente (l) che, in occasione di una gran festa popoiare aUa quale presero parte circa 3000 persone appartenenti al cantone di Ginevra, che fanno professione di principi ultramontani, furono tenuti molti dtscovsi nei quali venne spesse volte ripetuto che il partito cattolico si è finora troppo astenuto e deve inziare la lotta contro gli oppreiSISori. Il R. Console osserva 'che l'insistenza ·che misero i vari oratori a ritornar sopra questo soggetto potrebbe aver quaLche relazione ·con l'esito della conferenza che ebbe luogo fra i capi del partito ultramontano, scopo della quale ,sarebbe stato appunto organizzare un'azione energica di que'l partito in tutti i paesi d'Europa.

540

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

L. P Roma, 5 settembre 1874.

Quando ricevetti la lettera di Ressman colle vostre e del Duca Decazes (2), vi telegrafai che vi avrei mandato una lettera mia per corriere. L'avea infatti scritta jeri l'altro quando ricevetti il vostro telegramma (3) sulla conversazione avuta •con Decazes e col maxescia11lo Ma·c Mahon e La proposta fatta dal governo francese sul ritiro dehl' • O!rénoque •. Sospesi allora l'invio del corriere e della mia lettera ( 4) che mi pareva divenuta inutile. Oggi però ve la accludo e perché rettifica sempre i fatti e perché •si rifer,tsce anche a quell'or,dine d'idee che la proposta da voi trasmessami non fa che riafferma:re.

Ho mostrato il vostro telegramma a M.inghetti, abbiamo esaminata e discussa la prop01sta de'l Duca Decazes e fummo pienrunente d'accordo nel concetto ch'essa non può eSISere da noi aecettata. Artom, •che è di ritorno dal suo congedo, partecipa pure questa opinione.

Voi sapete daHe mie lettere .precedenti, da quella stessa ·che vi accludo, quale è il nostro modo di vederre e come esso differisca dal concetto della proposta francese.

Io credo che il ritiro dell' • Orénoque • non è un affare suscettibile di di·chiarazioni, di St:Jiegazioni, d'impegni bilateral-i. Un atto pel quale noi ricono

scessimo, per fatto nostro, un privilegio, una pos1zwne politica speciale della Francia per l'alta tutela del Papato, che contenesse una limitazione qualunque della nostra libertà d'azione, una deroga qualunque al diritto comune delle nazioni indipendenti, non sarebbe più accettato in oggi dall'opinione pubblica dell'Italia. Ci si direbbe che l''' Orénoque " appartiene al concetto dell'occupazione di Roma, e il nostro accordo a quello della convenzione di settembre. Sarebbe una manifesta e1sagerazione, ma che vi accenno perché si riferisce ad un intero ordine d'idee. Vi assicuro che io non temerei di venire alla Camera colla questione dell'« Orénoque " insoluta, benché certo la discussione che avrebbe luogo ed il mio ·stesso linguaggio non potrebbero certo constatare una condizione di rapporti amichevoli fra i due paesi. Ma non oserei venire alla Camera con un accordo di questo genere. È questa l'impresisione che vi manifesto fra noi.

Quanto al linguaggio da tenere al Duca Decazes per spiegargli le ragioni che non d permettono di aderi.re alla proposta, io non avrei nulla da aggiungere alla let.tera così amichevole e così franca, così completa che voi gli avete scritto da Aix les Bains, in data del 21 agosto. Quella lettera, sotto forma confidenziale, contiene l'espresis:ione del nostro modo di vedere la quistione dell'" Orénoque ". Potrei ripetere, ma non dir altro né meglio.

Ma altro è ammettere la libera facoltà del Pontefi.ce -né abbiamo mai pensato a contestal"lla -di partire, se a ciò si decide, in quel modo che meglio gli converrà e dii fare quindi appello sia al Governo francese, sia ad un altro se preferisce partire su un bastimento dell'una piuttosto che dell'altra nazione; altro è il non contestare una di-chiarazione unilaterale fatta dal Governo francese che il S. Padre potrebbe contare, in tal caso, sull'offerta fattag'li d'un bastimento francese; ed altro è il riconoscere formalmente il diritto alla Francia, diritto che non potrebbe essere rifiutato ad altre potenze, di mantenere un bastimento nei nostri porti, ·con una mis,sione po1.itica ad hoc. Sarebbe questo un entrare nel sistema degli !stazionari, un ammettere che per l'Italia esiste una deroga ai principi ed alle consuetudini generali, che regolano dovunque questa materia. Agli occhi nostri, lo ripeto, la .situazione della Francia, dopo i1 ritiro d eH'« Orénoque " è esattamente quella d'ogni altro 'stato, rispetto a noi. N o i non intendiamo restringere per la Francia la facoltà ammessa per gli altri. Ma se non si tratta che del diritto comune, è inutile il parlarne e noi non abbiamo a fare distinzioni fra l'uno e l'altro bastimento. Riconoscere un diritto speciale là dove esiste il dil"litto consuetudinario comune, ben conosciuto, è evidentemente oltrepassarne i limiti.

In tale stato di cose voi mi chiederete una conclusione. Una conclusione

negativa ve l'ho telegrafata jeri, facendovi sapere che noi non potevamo entrare

nell'ordine d'idee che vi fu esposto nelle conversazioni avute col Maresciallo

Mac Mahon e col Duca Decazes. Quanto alla conclusione positiva, vale a dire,

quanto al da farsi non abbiamo ancora preso un partito definitivo, poiché la

quistione può diventare difficile e grave. Certo non v'è da nasconderselo se la

quistione rimane insoluta, o se la Francia vuol darsi l'apparenza di subire

un'esigenza italiana, e più ancora nel primo caso, che nel secondo, sarà questo

il segnale d'un raffreddamento marcato e confessato nei rapporti dei due paesi.

Sarebbe però un'illusione il credere che lo stato attuale delle cose possa prolungarsi indefinitamente. Mi limiterò per oggi a pregarvi di riferirmi quale impressione avete ritratta dalla conversazione nella quale avete fatto conoscere al Duca Decazes che noi non possiamo accettare le sue proposte. Vi prego anche di dirmi 1se vi sembra d·i poter formulare un giudizio sulla condotta che terrebbe il Governo francese se noi gli rivolgessimo una nota per la domanda ufficiale del richiamo d eU'« Orénoque ». La principale ragione per la quale ho sempre preferito di non esser posto nella necessità di presentare questa nota è che una volta sollevata la quistione, bi,sogna accettarne tutte le conseguenze. Un'altra ragione è pure che preferirei infinitamente di evitare uno scambio di dichiarazioni ufficiali sulla quistione del soggiorno dei legni esteri nei porti nazionali, quistione delicata che, pigliando il carattere delle concessioni, si regola secondo le consuetudini, le legislazioni variabili, l'apprezzamento delle circostanze e delle opportunità, e in cui le definizioni ufficiali e gli impegni sono pericolosi. In ogni modo una nota che ci risolvessimo a dirigere al Governo francese, senza riprodurre, per la sola ragione del suo carattere ufficiale, tutte le affermazioni contenute nella vostra ·lettera particolare, potrebbe riprodurre la -sostanza, senza trattare ex professo la quistione di diritto, e potrebbe contenere una dichiarazione sulla facoltà e sulla libertà del S. Padre di partire su un bastimento piuttosto d'una che d'un'altra Potenza, secondo le sue preferenze. Ditemi il vost.ro avviso sulla forma di questa nota, sull'epoca •ste·stsa in cui potrebbe essere prresentata e sul seguito che, nello apprezzamento pratico degli uomini e della situazione, vi sembra ch'essa potrebbe avere.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 531. (3) -Cfr. n. 533. (4) -Cfr. n. 535.
541

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 5806-5845. Roma, 7 settembre 1874 (per. il 9).

Mentre ringrazio la E. V. per le notizie favoritemi con la nota del 5 corrente mese (l) intorno alle riunioni tenutes'i dal partito ultramontano in Ginevra, stimo opportuno di significarle che, secondo ulteriori informazioni pervenutemi, il vero Congresso Cattolico in quella città dovrebbe aver luogo nella seconda quindicina di questo mese.

Parrebbe quindi che la riunione di parecchi notabili reazionari avvenuta in quella stesls'a città, non ·sia che una riunione preparatoria per gettare le basi e stabilire ·i programmi dell'accennato (2).

Mi è stato riferito inoltre che nella medesima epoca avrà luogo nel Belgio il Congresso di quei Capi lnternazionalisti, i quali nell'ultimo Congresso di Ginevra separatisi da Marx in omaggio al principio di autonomia dei Gruppi ammisero la formola che l'Internazionale possa in certe opportunità allearsi con quei partiti che stimasse utili alla causa del proletariato.

qui riferite incaricandolo d~l inviare informazioni sul congresso clericale.

:157

Codesta adunanza pare che debba avere un carattere di importanza, imperocché la formala adottata dai diss~denti servirà di criterio al movimento che il partito dell'appeHo al popolo cercherà di suscitare in Francia ed in Italia.

(1) -Cfr. n. 539. (2) -Con dispaccio del 9 settembre Artom comunicò al console a Ginevra le notizie fin
542

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 353. Parigi, 9. settembre 1874, ore 20,50 (per. ore 22,30).

J'ai reçu vos lettres particulières (1). J'ai vu Decazes, il me dit qu'il est disposé à rappel de l'Orénoque sans échange de notes, en se bornant à annoncer dans le Journal officiel que le Gouvernement Français tient un bàtiment à la disposition du Pape dans 1es eaux de la Corse et que .ce navi.re trouverait toute fadlité dans nos ports s'il devait y rempN:r sa mislsion. Due Decazes desirant préparer Souverain Pontife à cette déc~sion fait .partir demain De Corcelles pour Rome avec une lettre de Mac Mahon pour Sa Saintété. Il m'a demandé quelques jours de temps.

543

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 382. Therapia, 11 settembre 1874 (per. il 18).

È giunto a mia certa notizia che Sir Henry Elliot ha autorizzato, non è guari, una lettera partkolare ad Aarifi Pacha, in ·cui fa parte a S. E. della penosa impressione da lui risentita per gli atti di rigore in 'CUi il Governo Imperiale perdura a riguardo d'una parte dei Sudditi Cristiani del Sultano, veliso cioè i Cattolici così detti Hassounisti. Vengono rammentati in tale lettera gli impegni presi a pro delila libertà di tutti .i culti nell'Impero cogli Hatti-Houmayoum Sovrani e ·Col Trattato di Parigi, e si fa risortire la giustizia e la convenienza pel Governo Imperiale di .servirsi d'altri mezzi che quelli di coercizione per porre fine al di.ss1Ldio armeno.

Questo passo oflkioso del Rappresentante Britannico fu preso in buona

parte dal Ministro Imperiale degli Affari Esteri, il quale, come prova di defe

renza, si !sarebbe dichiarato disposto a fare sì che vengano lasciate le Chiese

alla parte Hassounista .in quelle località almeno in ·cui essa è in maggioranza.

Ma i fatti però poco rispondono aUe buone parole poiché anca or ora si

decretò la rimessione della Chiesa di Broussa ai dissidenti, rimessione, del

resto, che la pa<rte avversa pall"e decisa, per qualunque mezzo, a non pell"met-·

tere, e poc .cui un conflitto può ivi aver luogo d'un momento all'altro.

Non è a dire poi come g1i officì di Sir Henry Elliot sieno stati accolti con massimo compiacimento dai partigiani Hassounisti e come ne traggano qualche motivo a sperare pel miglior corno di llor ,causa. Essi ,si aprirono in questo senso al lorro patrocinatore, il Signor .t'Unbasciatore di Francia, richiedendolo di nuovi passi in questa nuova fase della questione. Ma il Conte di Vogi.ié li fece persuasi della ,convenienza nel loro interesse di non risvegliare per ora con nuovi atti d'intromissione per di lui parte un'avvernada ,influenza -già pria prodottasi a lor danno -queUa del Rappresentante Tedesco.

Non sono infrequenti i tentativi ,che si fanno P'resso di me da parti varie per una ingerenza in siffa.tto negozio religioso; me ne aistengo completamente avendo presenti le istruzioni dell'E. V., e limdtarrdomi a prrofittare delle favorevoli contingenze per tenermi a giorno delile varie fasi di esso.

Debbo prevenire code,sto Minis,tero ,che mi giunsero gli ossequiati dispacci Ministeriali di questa serie di n. 167, 169, 170 e 171 (l); ma mi manca tuttora quello di n. 168, e che fra i documenti diplomatici ilitografati (n. 132, incarrtamento 7, XVI, 2) ho trovato la ,copia d'un dispaccio del 10 ago!sto ultimo scorso, relativo all'importante questione dei Tirattati di Commercio colla Rumania, a me diretto, e di cui l'originale non mi è giunto per anco al momento in cui scrivo (2).

(l) Cfr. nn. 535 e 540.

544

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 125. Roma, 12 settembre 1874, ore 14,30.

Avant de vous remercier de votre dernier télégramme (3) j'ai voulu m'assurer que le Président du Conseil n'ait pas d'objections au communiqué que due Decazes se propose d'insérer dans son journal officiel. Minghetti m'écrit de Naples qu'il n'a pas d'objections et que dan:s tous les cas nous' poU!rrions toujours déclarer que le traitement fait aux batiments de guerre français dans les ports italiens sera le mème que celui fait à tous !es autres batiments de guerre d'après !es consuétudes internationalels.

545

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 507. Madrid, 14 settembre 1874 (per. il 20).

Nel presente istante in cui tutto ciò 'che ,coHegaS>i colla soluzione finale del problema Spagnuolo si raccomanda più dell'usato alla generale atten

zione, potrà aver qualche interesse per V. E. il ragguaglio di una conve!1sazione che ebbi col Signor Ulloa, la quale conta ora già alcune settimane di data. Per quanto mi serva la memoria, mi par d~ essere in grado di precisare ch'essa avveniSise il giorno in cui annunciai al Ministro dii Stato 'l'adesione del Governo del Re alla proposta di riconoscere la Spagna. Dopo di aver io ricevuta l'espressione deLla sua gratitudine per la testimonianza di amicizia che l'Italia s'era affrettata a tributare a questo paese, i:l discorso versò 1sul tema allora in bocca di tutti, cioè in quali termini proponeva il Gabinetto di Berlino la ripreSia di relazioni uffi.ciali ,col Governo di Madrid e a quali principi s'appoggiasse l'iniziativa presa dal Principe di Bi,smavck.

Rassegnai a V. E. in aHro rapporto ,che qui non conoscevasi il testo della circolare PrUJs1siana. Appena H dì innanzi ne era pervenuta una copia all'Incaricato d'Affari Imperiale in ilingua Tedesca e, senza farne una traduzione, egli l'aveva per sommi capi verbalmente ,comunicata al Signor Ulloa. Dandomi questi spontaneamente tale informazione, gli chiesi su che cosa s'aggirasse il suo contenuto. Mi rispose che la nota della Cancelleria Imperiale sembrava avere per base la neces:s'ità di sostenere in !spagna il principio monarchico, indicando la storia e l'esperienza che fosse quella la forma più ,confacente alle aspirazioni di questo popolo, e diventando urgente d'impedire che il Carlismo ne deturpasse più a lungo la causa, sostituendo alla bandiera costituzionale liberale quella del più cieco e barbaro assolutismo.

Avendo trovato il mio interlocutore inclinato a parlare, volli approfittare di questa disposizione, e per cercare di approfondire l'intimo suo pensiero, gli domandai se codesta maniera diretta in cui una Potenza estera esponeva le sue vedute sull'ordinamento politico 'interno di una nazione retta attualmente da istituzioni diametralmente opposte, non avrebbe destato qualche sorpresa nei partiti che ne promossero la P'roclamazione e che vedono nel Duca della Torre non il Capo di un Governo provvisorio, ma il presidente di un potere esecutivo repubbHcano il quale, malgrado il suo carattere dittatoriale, è in certa guisa obbligato a contare col loro concorso. Il Ministro di Stato senza eludere la responsabilità di una risposta, non contestò il fondamento della mia osservazione e mostrò di non curarsene. Gli osservai allora che in !spagna non scorgevasi altra soluzione monarchica fuorché il Principe Alfonso o un nuovo tentativo di dinastia estera. Anche da ciò non solo non dissentì il s.ignor Ulloa, ma addentrandosi senza esitazione nell'argomento, estesamente meco lo discusse. Sostenne che giustamente credeva il Signor di Bismarck impossibile in questa penisola il sistema repubblkano. Da qual lato fosse per scaturire il raggio di luce che guiderà la Spagna fuori dell'intricato labirinto delle sue complicazioni. non si peritò a pronunciare. Ben1sì fu esplicito nel qualificarsi avverso a una ristorazione Alfons,ista da lui ragionevolissimamente considerata come un'inveterata sorgente di mali, sia a motivo degli infausti quanto incancellabili ricordi lasciati dalla famiglia di Borbone, sia a motivo della reazione politico-religiosa che inevitabilmente dovrebbe prodursi, massimamente quando esiste tuttavia, come qui è il caso, la generazione che ne cagionò la caduta.

Eliminato così il figlio della Regina Isabella dal Signor Ulloa, restava ad esaminarsi il secondo punto della premess.a di un ritorno al regime monarchico, vale a dire la possibiHtà di ricondurre su questa terra un sovrano di stirpe straniera. Il Minist.ro di Stato non mi palesò certamente che un simile disegno fosse in ·contemplazione; ma esprimendosi ·con molta franchezza, ei fu ben lupgi dallo stigmatizzare la cosa d'impossibile. La partecipazione da lui avuta alla candidatura di un Principe Italiano, lo indusse a favellare delle vicissitudini del Regno del Duca di Aosta e sebbene i suoi commenti a questo riguardo non possedessero che un valore storico, senza ombra di dubbio il di lui concetto era di dimos:trare che se la triste esperienza dei due anni che Amedeo I rimase sul trono costituivano un precedente g,coraggiante, essi offrivano parimenti H proficuo insegnamento che, ove il Re avesse voluto esercitare la sua potestà con mano energica, avrebbe conservata la corona; esserne prova la facilità colla quale il paese dal sistema repubblicano sfrenato .al quale soggiacque quando l'abdicazione del Duca d'Aosta lo lasciò in balìa a un partito non conosciuto ai tempi di Prim e interamente creato dalla complicità dei radicali, paSI3Ò senza transizione e senza :resistenza alla dittatura del 3 gennaio.

Non è mio animo di diffondermi ulteriormente sopra un soggetto che appartiene al campo delle congetture. Però, nella stessa guisa che nel mese di giugno r'ferii a V. E. per lettera particolare i rumori che corsero circa la ricomparsa di candidature estere, di cui :intenzionalmente mi ero fino allora astenuto d'intrattenerla per non farmi eco di ogni specie di voci le quali, anche accolte nel senso più favorevole, non potevano nella :situazione prevalente che essere premature ed ipotetiche, così, semplicemente come utile indizio, ho voluto oggi dar conto delle opinioni del Ministro di Stato Spagnuolo a cui a torto o con fondamento si attribuis·ce il merito di aver spinto la Potenza preponderante del giorno a ricono.s.cere H Governo del Maresciallo Serrano, perché attorno a .lui s'aggruppano gli uomini che raffigurano l'elemento costituzionale Monarchico.

Del resto se le idee sovra esposte sono mere utopie, ho già avuto l'onore

di rassegnare a V. E. che a ,s.iffatto riguardo non si può mai affermare in !spagna

che un programma di Governo sia abbastanza impraticabile per non venir con

siderato sus·cettibile di realizzazione a un dato momento. Ne :fa :fede il pere

grino ritrovato di un'unione Iberica sotto la :famiglia regnante di Portogallo;

v'ha qualche tempo messa innanzi dall'Imparcial qual soluzione della sua cele

bre incognita X, e che di tutte è poi .la maggiormente assurda. Eppure l'Impar

cial è uno dei giornal.i più serì e meglio redatti della stampa di Madrid e rap

presenta i principì di una delle frazioni più rispettabili della parte liberale

moderata.

A fianco di tutto que·sto qual è il parere del Duca della Torre? A me stesso

ei disse non più tardi della metà dello s:cor•so mese, che da ambo i lati dei

Pirenei non v'era né monavchia né repubblica possibile, e che l'unica forma

applicabile alle condizioni dei due paesi era la dittatura. Il Presidente del

Potere esecutivo andò anzi più oltre e insinuò che, al par di quanto qui

avvenne, il Maresciallo lV[ac-JV!:aho"l sarà forzato a sbarazzarsi dell'Assemblea

e-a governar senza di e~S;J.

(1) -Non pubblicati. (2) -Il documento diplomatico litografato cui Cova fa cenno è proprio il d. 168, pubblicato al n. 490. (3) -Cfr. n. 542.
546

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, DE NITTO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 198. Monaco, 15 settembre 1874 (per. il 18).

Da circa due mesi le Autorità di Polizia di questa città erano sulle tracce per iscoprire nuove affiliazioni alla Società Ge:vmancÌJca dell'Internazionale nelle varie Associazioni di operai, nel ~cui seno si manifestavano ogni giorno malcontento per le condizioni attuali dei salari, agitazione politica e fermento nei dubs, e 1successivi scioperi ,che si alimentavano e proseguivano al di là dei mezzi ,che gli stessi operai e le associazioni di cui facevano parte avevano a loro disposizione. Cosi lo sciopero dei vaseHai (hafuergehilfen) terminato nei primi giorni di questo mese durava già da due mesi quando la Polizia prendendo motivo da a1cuni diso~rdini avuti luogo nelle birrerie da parte degli scioperanti bandì dalla ,città quanti non ne erano nativi, e lasciò quindi rientrare dopo aLcuni giolrni quelli che si sottomettevano alle condizioni dei padroni sciogliendo ~così lo sciopero in favo!re di questi ultimi. Si sospettò fin d'allora che anche nell'armata V'i si fossero 'scoperte tracde di affiliazioni, ma le ricerche fatte dalle autorità di polizia e militari furon tenute così segrete che si venne a ,cognizione solo di molti arresti e traslochi nei Corpi effettuati.

L'agitazione nelle varie associazioni d'operai sempre crescente, il prender parte che esse facevano a dimostrazioni poHtiche, la propaganda sempre più attiva in favore dell'Internazionale determinarono le autorità di Polizia ad una sorveglianza e ad una azione più V'igorosa. Dopo aver sciolto alcune sedute di dette as,sociazioni, in ,cui gli oratori irrompendo nel campo politico a loro vietato dagli Statuti aizzavano gli ope,rai all'odio delle istituzioni del paese e ,contro l'ordine :sociale, con Ordinanza dei 12 corrente procedeva la Reale Direzione di Polizia alla chiusura definitiva delle seguenti associazioni d'opera:

l) Die socialdemokratischen Arbeiterpartei;

2) Die Schuhmachecr-Gewerkschaft;

3) Der allgemeine deuts.che Schneiderverein;

4) Der allgemeine deutsche Topferverein;

5) Die Maler, Lackirer und Topfer Gewerks:chaft;

6) Die Metallarbeitergewerks-genosseuschaft;

7) Die Holzarbeitergewerkschaft

per essersi costituite in associazioni politiche senza le condizioni richieste dalla legge delle associazioni.

Per lo stesso sospetto di appartenenza all'Internazionale venne chiusa la società degli operai della stampa (Arbe1te,r press Verein). In seguito ebbero luogo nel giorno susseguente perqu~sizioni pres,so 1i più noti promotori del movimento sociaH:sta democratico, e furono scoperti documenti che attestavano la attività spiegata nella propaganda iipei olubs.

A nome delle prescrizioni della legge delle associazioni sarà proceduto contro gli stessi in via giudiziaria.

547

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 392. Pietroburgo, 15 settembre 1874 (per. il 28).

Il rifiuto della Russia di riconoscere i1l potere esecutivo del Maresdallo Serrano è ancora in Pietroburgo il soggetto principale deUe conversazioni diplomatiche.

Credo che tutti i commenti immaginabJJi ~siano stati fatti dalila stampa ed in questa circostanza le 1sue conghietture furono più ~che di solito esatte, ma la causa elementare sembra essere stata generalmente obliata o sconosciuta, ed è l'isolamento in cui si è trovato l'Imperatore Alessandro al momento di prendere la dec1s,ione.

Il Principe Reuss, Ambasciato~re di Germania, la di 'cui intimità coll'Imperatore è stata recentemente ancora cementata dal matrimonio della Sua Nipote co,l Gran Duca Vladimko, stava infermo a ~letto; il Principe Gortschakoff era assente e credesi positivamente che la risoluzione negativa sia stata presa aWinsaputa sua; l'Ambasciatore d'AUSitria-Ungheria mi diceva non essere meritata in questa circostanza l'accusa di ricalcitrante e di invidioso del Principe di Bi,smarck, che il CanceHiere Russo sti sarebbe attkato fuori di Pietroburgo;

a:l -contrario il Principe Gortschakoff non sarebbe personalmente alieno dall'andar d'accordo in quelsta quistione colla Germania e l'Austria-Ungheria. Nel constatare l'isolamento dell'Imperatore avrei dovuto di certo citare anzi tutto l'assenza del Conte Schouwaloff, il quale, in conseguenza della recente sua nomina, non fa più parte del Palazzo, ove s'oc,cupava con ambizioso zelo di politica estera e ciò quasi sempre sotto l'influenza dell'Ambasciata Ge~rmanica. Il Conte non è punto rimpiazzato sotto questo rapporto e l'azione del Conte Adlerberg non suolsi manifestare fuori delle quistioni di politica interna. L'Imperatore è stato dunque abbandonato a se s,tesso, a' suoi propri principì. Il solo Signor di Westmann poteva consigliarlo e l'esperienza non mi permette di citare S. -E. fra i personaggi attivi che usano con Alessandro II.

Dopo le ragioni di principio è d'uopo menzionare l'antipatia personale

e notoria dello Czar per il Mare!siCiallo Serrano, la di cui versatilità gli ha in

più occasioni cagionato avversione.

Parlai di queste cose coll'Ambasdato.re Austro-Ungherese; Egli attribuisce

anche molto peso alle sovra esposte 'considerazioni. • Inoltre, mi diceva S. E.,

la proposta della Germania è arrivata ,come una bomba •; difatti all'iniziativa

presa dal Principe Bi1s:marck mancava quel triplice preparamento che il con

vegno di Berlino sembrava aver garantito alle qui,stioni internazionali, ed allo

stesso tempo il riconoscimentq non avea grande interesse per ~la Russia.

Siccome l'osservava un giornale di Pietroburgo questo Impero è più lontano dalla Spagna che dalla China e dal Giappone; la Spagna per i Ruslsi è un altro mondo, ove non hanno che ben poche relazioni politiche e commerciali; l'occasione presentavasi adunque ~propizia all'Imperatore per dimostrare indipendenza di carattere e per accarezzare la vanità della nazione, se la Russia non vuole essere 1 imorcb.iata dalla G;.;rrm.mia, che Le è in gran parte debitrice delle sue recenti glorie; conveniva però il dare una risposta soddisfacente alla Germania e ciò fu lo scopo della nota che pmta, se non erro, la data de' 7-19 agosto. Se sono ben informato quel documento non è che una esposizione delle ragioni del rifiuto, analoga alle parole del Signor di Westmann, già riferite all'E. V. Dippoi onde meglio constatare, come lo dichiara quel documento, che la risoluzione presa non offende punto gl'impegni di Berlino, una copia di tale risposta fu rimessa al Gabinetto di Vienna.

I Rappresentanti di Germania e di Austria-Ungheria si mostrarono con me piuttosto 'soddisfatti delle spiegazioni scritte e verbali date a' 'loro rispettivi Governi; piacque a Vienna e più ancora a BerHno la dichiarazione che questo Governo non nutre simpatie pei Carlisti.

Ho ricevuto co' relativi annessi il dispaccio dell'E. V., n. 122 de' 25 agosto (l) ed avrò cura di conformarmi alle sue istruzioni.

548

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. 145. Roma, 18 settembre 1874.

Il R. Ministero dell'Interno venne informato che la setta internazionale si prepara con grande alacrità a promuovere un movimento rivoluzionario neUe provincie lombardo-venete affine di attirarvi le forze principali del Governo, ed avere quindi nelle :L:rovincie meridionali del Regno un libero campo d'azione per le proprie mene. Sembra anzi che a tale uopo debbano aver luogo in breve nel canton Ticino delle riunioni dei capi più importanti dell'« Internaziona1e ». La gravità della cosa per se stessa e la natura della fonte alla quale il Governo del Re attinse tali notizie mi consigliano di pregare la S. V. Illwtrissima a fare presso il Governo federale le pratiche opportune ond'egli voglia fare esercitare una attiva sorveglianza a tale proposito specialmente su quei punti del territorio elvetico i quali furono già più di una volta i centri d'azione di audaci tentativi contro la sicurezza del Regno.

549

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL CONSOLE A LUGANO, CHIORA

D. s. N. Roma, 18 settembre 1874.

Essendo pervenuto a notizia del Governo del Re che dalla setta Internazionale si stiano facendo con grande alac,rità preparativi per un movimento

rivoluzionario che si vorrebbe fare scoppiare nel Lombardo-Veneto, io La prego a voler fare attentamente sorvegliare le mosse dei più conosduti mestatori in codesto Cantone. Infatti ri,sultmebbe al R. Governo che vari fra i principali capi dell'Internazionale dovessero fra non molto riunirsi allo scopo precitato precisamente nel Cantone del Ticino.

(1) Cfr. n. 522.

550

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. Torino, 20 settembre 1874.

Sono giunto questa mattina a Torino per vedervi Minghetti che mi diede a leggere la vostra lettera particolare del 18 corrente alla quale, d'accordo con lui, m'affretto a rispondere.

Comincio col dirvi, di 'Sfuggita, 'Che non comprendo bene la preoccupazione del Governo francese che il ritiro dell'« Orénoque , possa essere interpretato come un segno di rapporti poco amichevoli fra i due paesi. La permanenza dell'« Orénoque , avrebbe questo indubbio significato, ma non già il suo ritiro. E una frase re,J,ativa alle amichevoH relazioni fra l'Italia e la Francia e al trattamento di tutte le altre bandiere amiche assicurate nei nostri porti alla bandiera francese, una frase di tal natum non abbiamo alcuna difficoltà a pronunciarla od a scriverla. Risulta dalla vostra lettera ~che noi non abbiamo a pronunciarsi sulla preferenza a darsi al sistema dell'inserzione d'una nota nel Giornale ufficiale, o al sistema d'uno iSICambio di note. È questa una questione che il Governo francese ITiserba al suo appil'ezzamento e ,sulla quale, mentre scrivo, una decisione sarà già stata pre,sa dal Consiglio dei Minilstri.

Una corn,unicazione nel Journal Officiel costituisce agli occhi nostri una sempUce dichiarazione unilaterale del Governo francese. In presenza di questa dichiarazione noi d riserberemo il diritto, o in Parlamento o in altro modo, secondo il caso, di constatare i1l no1sltro punto di vista che è quello che vo,i conoscete -piena libertà assicurata al Santo Padre qualora prendesse la spiacevole determinazione di lasciare l'Italia e quindi sua :libera facoltà di partire piuttosto con un bastimento francese che non un altro, trattamento della bandiera francese nelle nostre a,cque eguale a quello che è accordato a tutte le bandiere amiche secondo il comune diritto e 'la comune consuetudine internazionale. Essendo decisi a rimaner per conto nostro 'SU questo terreno, noi non possiamo discutere prima ufficia,lmente la redazione del comunicato. Ma sarebbe altamente desiderabile ch'eSisa non potesse dar luogo a sfavorevoli interpretazioni o a conteistazioni di sorta alcuna. Le vostre ottime relazioni personaH col Duca Decazes vi permetteranno di far sì che nella redazione non vi sia qualche frase che possa fedre deHe legittime ,sus>cettibilità o mostrare delle diffidenze che risponderebbero male alla nostra politica e ai nostri atti. Nessuno trova certo a ridire che la Francia manifesti la sua sollecitudine per l'Augusta per

sona del Pontefice, ma parlare, prendo una f1;ase della vostra lettera, di proteggere la libertà personale del Pontefice produrrebbe un effetto penoso, sarebbe un esprimere il dubbio che questa libertà potesse essere da noi minacciata, e noi medesimi dovremmo respingere da noi questo sospetto.

Se invece il Duca Decazes si appiglia al partito di dirigervi una Nota, la questione, come voi dite benissimo, è innanzi tutto di redazione. Se il Duca Decazes vi annuncia la partenza dell'" Orénoque " e soggiunge che pel caso in cui il S. Padre si decidesse a lasciare l'Italia, contro il desiderio del Governo francese, un bastimento è mantenuto neUe acque francesi a disposizione del

S. Padre, e che il trattamento della bandiera francese in un porto amico, secondo le consuetudini interr-nazionali, le buone relazioni fra i due paesi, e il rispetto dell'Italia per la libertà pe11sonale del S. Padre, assicurano il Governo francese che questa missione non troverà ostacoli, noi risponderemo in modo affermativo. Se poi la Nota ,contenesJse qualche frase che vi sembrasse opportuno di determinare in quel significato che solo può essere accettato da noi, lo faremo chiaramente nella nostra risposta in modo di chiarire il nostro concetto e la linea nella quale vogliamo rimanere.

Voi dite a Minghetti che farete partire un corriere martedì sera e gli chiedete dove dirigerlo. Mandatelo da me, a Milano, via dei Bigli 19. Minghetti parte per Firenze e sarà sabato a Torino per accompagnare domenica il Re a Milano. Se il Marchese di Noailles riceve l'istruzione di partire per l'Italia per intendersi con noi, io desidererei che ciò avvenisse il più presto possibile. Vogliate in questo caso darne avviso per telegrafo al Ministero. Io ritarderei la mia partenza per la Valtellina e darei con Minghetti ritrovo a Firenze al Marchese di Noailles.

551

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

L. P. Firenze, 25 settembre 1874.

Ho ricevuto ieri mattina dal corriere la vostra lettera particolare del 22 corrente (l) coi due progetti di dispaccio. Partii la sera stessa per Firenze ove trovasi H Presidente del Consiglio e telegrafai a Artom di recarsi egli pure a Firenze.

Eccovi ora la mia risposta. Noi avremmo preferito il sistema d'una semplice nota inserita nel Journal Officiel, perché essa aveva, a' nostri occhi, il carattere d'una dichiarazione unilaterale. Ora l'argomento del soggiorno dei bastimenti es,teri di guerra nei porti nazionali, regolato com'è da un semplice diritto consuetudinario e dipendente semp,re dal concetto d'una concessione volontaria, questo argomento, dico, male 'Si presta alla forma d'un accordo e d'una convenzione bilaterale. Vi scrissi però che, come noi non potevamo contestare al Governo Francese la facoltà di dirigerci una Nota, ci riserbavamo,

in qc:.esto caw, di esaminarla e di rispondervi, occorrendo, in modo da non lasciare equivoco sul nostro modo di vedere e rsul significato per noi accettabile della fattaci comunicazione. Dopo la mia ultima lettera particolare da Torino (l) il Duca Decazes ci propone un altro sistema, che è quello dei dispacci concertati, sistema d'una maggiore gravità che ha il proprio valore e porta .seco gli obblighi bilaterali da una Convenzione.

Abbiamo dunque, Minghetti, Artom ed io esaminata con molta cura la redazione dei due dLspacd. E vi a'ssicuro ·che lo scrupolo :che porto in questa taccenda mi è anche in molta parte ispirato dal desiderio che la soluzione di questa vertenza possa davvero produrre quei buoni effetti che i due Governi .se ne ripromettono per le relazioni fra i due paesi. Oltrepa·ssando una certa linea, si rischierebbe di produrre un effetto contrario.

Come risultato di questo nootro esame vi rimando i due dispacci in parte modificati.

Vi accenno brevemente i motivi di queste modificazioni.

Nel primo dispaccio, quello che voi dirigete a me, dopo i mutamenti che vi ho introdotti, il Governo Francese fa la stJtla notificazione che importa e conviene che sia fatta ~al Governo italiano, vale a dire che :se il S. Padre si decide a partire e esprime al Governo Francese il desiderio di partire su un suo bastimento, la Francia accederà a questo desiderio. Che frattanto e fin da <Jra in vista di questa eventualità il Governo Francese tenga preparato nelle :sue acque il tale o tal altro bastimento, ~con tale o tal altro nome, è questo un fatto di politica interna del Governo FranceGe. Esso può notificarlo al Papa, .se vuole, può notificarlo alla Francia, ma la ~comunkazione fatta a noi ha qualche cosa d'insolito e quindi anche di 'lesivo deUa nostra :suscettibilità. Senza voler punto impedire al Pontefice di partire, 'Se lo crede, 1su un bastimento francese, .senza voler punto restringere per la ma,rina :!lrancese le facoltà ammesse per le altre marine, noi vogliamo però evitare di riconoscere un privilegio esclusivo per la Francia o di ammettere quakosa che anche solo in principio oltrepassi . in modo alcuno i limiti del diritto comune. Per conseguenza noi non abbiamo a fare una distinzione qualunque fra un bastimento francese ed un altro bastimento france,se; tutti avranno da noi, né più né meno, lo stesso trattamento di tutte le bandiere amiche secondo l'uso internazionale.

Quanto vi ,scrivo ora barsterà a spiega:rvi :le modificazioni introdotte nel secondo dispaccio e che sono ispirate dallo stesso concetto. Il primo periodo rimane l'identico e quindi, confe,rmando la convinzione espressavi da Decazes, il dispaccio ~conserva il suo carattere di risrposta affermativa. Le frasi modificate chiariscono meglio quel concetto che solo può essere il nostro e deriva dalla nostra situaz:ione, vale a dire libertà del S. Padre di partire su quel bastimento che vorrà :scegliere, trattamento della bandiera francese nei nostri porti che, senza usdre dai confini del diritto consuetudinario, aStsicura implicitamente e l'effettiva libertà del S. Padr:e e lo scopo delle sollecitudini francesi per la sua persona. Abbiamo cercato anche più ancora in questo secondo dispaccio d'evitare ciò che potrebbe parere il riconoscimento d'un privilegio pel Governo Fran

cese, d'una situazione speciale della Francia tanto rispetto a noi quanto alle

altre potenze ~cattoliche, d'un obbligo eccezionale per quanto concerne i nostri porti. La Francia può continuare, se lo crede, in ciò che essa considera come la 'sua politica tradizionale, ma a noi non spetta di dare, in modo diretto o indiretto, a questa politica un ufficiale riconoscimento. Abbiamo inoltre voluto astenerci dal formo1are noi stessi una specie di concerto specia.le colla Francia e di speciale 'COincorso per un fatto che noi non impediremo certamente, ma che certo, quando si ,compia, sarà un fatto contrario ai nostri interessi e pericoloso per la nostra Jsicurezza.

La redazione dei progetti che mi avete mandata era certo ispirata a questi concetti e voi troverete che vi provvedeva abbastanza. Non sono certo lontano dail'ammetterlo, ma le modificazioni che vi propongo e le sfumature di redazione sulle quali insi,sto, mi sono :suggerite dalla cognizione pratica che ho dell'opinione [lubblica dn Italia, deHe polemiche e delle interpretazioni che possono farsi. Io non dubito 'Che il Duca Decazes le vorrà accettare, perché i due dis;paoci che vi mando, contengono eiSisenziaJ!mente le assicurazioni le quali premono a,l Governo Francese, e ,che gli importa di poter produ!1Te. Per noi è d'una grande importanza di non poter essere accusati d'enttrare in un sistema che non potremmo sostenere e che potrebbe produrre un'impressione direttamente ,contraria a quell'ordine di considerazioni che ci fecero desiderare la partenza dell'« Orénoque ". Quanto alla comunicazione nel Journal Officiel sono lieto che vi ,sia data ,l'occasione di vederla prima che sia pubblicata. Confido ch'essa non si scosterà dallo spirito e dal tenore dei dispacci scambiati e so bene che voi farete quanto vi sarà possibile perché non sia redatta in modo che il Governo Francese, senza conciliarsi i clericali, comprometta il frutto che si attende nei rapporti coll'Italia dal ritiro dell'" Orénoque ". Per esempio, ciò fra noi, meglio varrebbe non ci fosse il nome del bastimento. Del resto, poiché vi è stato prome1sso di mostrarvi la nota prima che sia pubblicata. aspettate di vederla prima di procedere allo scambio dei dispacci. E se vi sembra che vi sia qualcosa di poco conforme ai dispacci medesimi o di poco soddisfacente, telegrafatemene i punti salienti. Vi mando insieme colla minuta dei dispacci modificati anche i,l mio dispaccio firmato. Ve lo mando per risparmio di tempo, perché, se, ·come confido, il Duca Decazes andrà d'accordo con noi sulla minuta, voi potrete dare più prontamente corso al dispaccio firmato, mettendo in regola le date dei due dispacci e mandandoci le copie colla data. Se dalla parte del Duca Decazes vi fossero delle difficoltà insuperabili, potrete rimandarmi il corriere a Milano, pure facendo sentire al Duca Decazes che non credete che il Governo italiano sia disposto andare oltre questi limiti. In questo caso, potremo anche concertare per telegrafo una vostra gita in Italia

se la ,credete giovevole ad una conclustione diventata oramai più che. desiderabile, nece,ssaria.

ALLEGATO I.

PROGETTO DI LETTERA DI NIGRA A VISCONTI VENOSTA

Parigi, ... settembre 1874.

Le Due Decazes m'a fait l'honneur de m'annoncer l'intention du Gouvernement français de rappeler l'" Orénoque » de Civitavecchia. S. E. m'a informé en meme

temps que le Cabinet de Versailles avait pris la détermination de maintenir, dans un port français, à la disposition du Saint Père, un autre batiment de l'Etat, pour le cas où, contrairement au désir du Gouvernement français, Sa Sainteté prendrait la résolution de quitter l'Italie.

En me faisant cette communication, le Ministre des Affaires Etrangères de France m'a exprimé la conviction que le batiment affecté à cette destination spéciale trouvera dans les ports italiens toutes les facilités nécessaires à l'accomplissement de sa mission le jour où il y serait appelé pour recevoir le Saint Père à son bord.

J'ai remercié M. le Due Decazes de cette communication et j'ai informé S. E. que je me serais empressé d'en faire part au Governement de Sa Majesté; ce que j'ai l'honneur de faire par la présente depeche.

ALLEGATO Il.

PROGETTO DI RISPOSTA DI VISCONTI VENOSTA A NIGRA

J'ai reçu la dépeche par laquelle vous m'informez etc.... En réponse à cette communication vous pouvez confirmer la conviction que

S. E. M. le Due Decazes a bien voulu vous exprimer et qui est conforme à notre résolution bien connue de respecter la liberté du Souverain Pontife. Vous pouvez assurer S.E. que si le Saint Père, contre le désir commun de nos deux Gouvernements se décidait à quitter l'Italie et témoignait l'intention de partir sur un batiment français, ce batiment pourra accomplir sans obstacle et avec toutes les facilitations nécessaires sa haute mission le jour où il serait appelé dans les eaux italiennes pour y recevoir Sa Sainteté. Il trouvera dans nos ports, dans cette éventualité que nous espérons d'ailleurs ne pas voir se réaliser, l'accueil amicai qui est toujours assuré au pavillon français à la fois par les usages internationaux et par les liens d'amitié qui unissent les deux Nations.

(l) Non rinvenuta.

(l) Cfr. n. 550.

552

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 127. Roma, 26 settembre 1874, ore 11,50.

Le Roi est impatient de connaìtre la décision de l'Empereur relativement au voyage en ItaHe. Je vous prie de me télégraphier votre impres.sion, et de me mettre a meme de porter immédiatement à la connaissance de Sa Majesté les nouvelles qui vous parviendront. M. Minghetti désire savoir s' Kcudell est parti.

553

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 396. Pietroburgo, 26 settembre 1874 (per. il 3 ottobre).

Il Generale Ignatieff ha recentemente dichiarato all'Agente Rumeno in Costantinopoli che la Russia, l'Austria e la Germania si son messe d'accordo per concludere convenzioni commerciali colla Rumania senza sollecitare l'autorizzazione della S. Porta.

L'Austria e la Russia daranno l'esempio che sarà poi seguito dalla Germania, ed i rappresentanti delle tre Potenze hanno istruzione di evitare coi Joro colleghi a Costant:inC>riJoli qualsiasi discussione 'Che possa essere seguita da consigli da darsi in comune al Gabinetto ottomano.

Questa linea di ,condotta contrasta con quella meno positiva primieramente adottata dal Conte Andrassy ed affermata da una nota che il Conte Zichy indirizzò al Governo ottomano in seguito ad istruzioni che furono modificate più tardi dietro l'insistenza del<la Russia.

Credo ,che le tre Potenze siano ancora indecise ,sulla forma preferibile da applicarsi a quelle convenzioni per non troppo violentare le suscettibilità del Governo Ottomano.

Queste informa~ion~ mi sono state affidate da questo Agente di Rumania, U quale si molstra pieno di fiducia nei successi che l'amicizia della Russia promette alle ambizioni del suo Paese.

554

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 370. Parigi, 27 settembre 1874, ore 17,50 (per. ore 21,25).

Decazes vient de me dire que Mac Mahon trouve le contreprojet de votre réponse désobligeant et ne peut pas l'accepter. Il ne peut pas renoncer aux termes de la communication française telle qu'elle est référée dans le projet primitif. Il tient absolument à avoir assurance qu'un batiment français pourra sans obs:tade aUer prendre le Pape à son bord si S. Père le demande. Faute de cette assurance Mac Mahon préfère laisser la question en l'état actuel et attendre les événements. Je vous enverrai les détails de la conversation par le courrier qui partira demain.

555

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Parigi, 28 settembre 1874.

Il Corriere Villa mi rimise jeri mattina la vostra lettera del 25 coi suoi annessi (1). Andai subito a conferire col Duca Decazes, al quale comunicai i controprogetti di dispacci che m'avete inviato. Quantunque il Duca Decazes

trovasse a prima vista i controprogetti inaccettabili e specialmente désobligeant il controprogetto di .risposta, tuttavia sulla mia insistenza consentì a riferirne al maresciallo di Mac Mahon. Andò diffatti il giorno stesso (C'ioè jeri) dal Maresciallo, il quale era venuto espressamente a Parigi nella speranza di terminare questo sciagurato affare dell'. Orénoque •, e d'approvare la nota che a tal fine doveva ·comparire nel giorna,le ufficiale d'oggi. V'ho fatto conoscere con telegramma di jeri (l) l'apprezzamento e la decisione del Maresciallo. Ripeto qui per ogni buon fine la sostanza di questo telegramma. Il Maresciallo, ritirando l' • Orénoque » mette fin d'ora, ma in un porto francese, un altro legno da guerra (probabilmente il Kléber) a disposizione del Papa, pel caso in cui Sua Santità si decida a lasciar l'Italia e voglia servirsi d'un bastimento francese. Il Maresciallo vuoi darci .comunicazione di questo fatto e chiede da noi l'assicurazione che questo ·legno, neLl'evento predetto, potrà adempiere senza ostacolo la sua missione. Egli desidera inoltre che la risposta, oltre ad essere affermativa ed esplicita sia amichevole e cOll'tese, pe!I'ché se la soluzione di questa vertenza deve lasdare qualche freddezza, in tal caso il Governo francese sembra preferire che gli venga forzata la mano, ed attenderà d'essere spinto fino all'ultima trincea. Ora il MaresiC!iaHo non trova natura:lmente nel ·controprogetto di risposta i •suoi desiderata. Non d trova la riproduzione della comunicazione francese, né l'assicurazione chiesta, né ·la forma amichevole. Egli mi fece dire quindi per organo di Decazes, che in tale stato di cose preferisce lasciare la

questione 'Com'è, ed as[[Jettare gli eventi.

Manifestai al Duca Decazes il mio dispiacere d'una 'tale risoluzione e gli

dissi ~che ve ne aV1rei riferito 1senza :indugio. Tentai ancora una volta di far

prevalere la nostra tesi del diritto comune, ma Decazes mi osservò, che vera

mente tutto ciò ·che si riferisce al Papa, anche secondo la nostra legislazione,

non è che una [perpetua derogazione al diritto comune, né la cosa può essere

altramente. Vi sono casi, in ·cui ba1srtimenti e1steri potrebbero essere esclusi dai

nostri porti, e tuttavia se il Papa volesse lasciar l'Italia sopra uno di tali basti

menti, i[ Governo italiano non port;,rebbe impedirlo, senza toccare alla libertà

del Pontefice. Per'Ciò quando •Si domanda se un bastimento francese può andare

a pl'endere H Papa a bordo, dietro richiesta di Sua Santità, la risposta che

conlsiste nel dire che il Papa può partire sopra un legno americano o inglese,

oltre ;che non è co-rtese, non può •considerarsi 'come soddisfacente. È una risposta

à coté, dice il Duca Decazes. Ho fatto valere, in risposta a queste osservazioni,

tutte le considmazioni .svolte nel<la vostra lettera. Ma ho dovuto ri2o:1o•scere

che !siamo in ;presenza d'una difficoltà che sorge da termini ~ontraddittorii. La

Franc,ia d ,chiede un'assicurazione specia'le ,che l'Italia, secondo i termini della

vostra !lettera, non può, o non crede di dover dare. Non è quindi possibile il

prolungare vani ~colloquii. Io vi avevo proposto progetti di dispac;ci che mi

sembravano ac,cettabili, e che erano aecettati dalla Francia. La mia opinione

personale è ·Che tali di;spacci sono conformi alle nostre dottrine e J'lon ledono

né la nostra indipendenza né la nostra dignità. Sono 'convinto che se la di:scus

sione va a cominciare, 'com'è inevcitabile, ~Sul campo uffidale e sul terreno dello

stretto diritto, noi saremo neces,sariamente condotti ad affermare quanto 'la

Francia ci domanda, o a metteJ"ci nel nostro torto. Sarà una di quelle camp<:gne che riescono dannose anche coUa vittoria. Ma voi mi opponete l'opinione pubblica italiana. Se veramente siamo giunti a tale che l'opinione del nostro paese non ammetta l'a:odcurazione che ci si chiede e la frase cortese che si desidera, non ho altro da aggiungere, se non che crederei possibile E desiderabile che ·l'opinione pubblka sia fatta da noi, piuttostoché dal tale o tale altro giornalista.

Naturalmente non era più i,] caso, dopo quanto mi disse Decazes, d'occuparci della nota da inse,rire nel giornale ufficiale. I negoziati confidenziali rimangono 'COI3Ì chiusi per ora. Voi esaminerete quanto convenga fare ed in qual modo. Spero 'Che vovrete, in ogni caso, tener ~conto, malgrado nnsuccesso, de' miei sforzi e della mia buona volontà.

P. S. -Giovedì prossimo ha luogo a Versaglia la riunione della Commissione di permanenza. NeMo 1stato dehle cose bisognerà attendersi a che il Governo francese risponda aUe interpeUanze ~che gli ooranno fatte, nel senso del mantenimento dell'« Orénoque » a Civitavecchia. Ve ne avverto per ogni buon fine.

(l) Cfr. n. 551.

(1) Cfr. n. 554.

556

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

L. P. Firenze, l ottobre 1874.

Ho ricevuto jeri dal Corriere Villa la vostra lettera particolare del 28 settembre (1). L'ho letta a Minghetti e mi sono anche intrattenuto a questo proposito coi miei colleghi del Ministero che si trovano a Firenze.

Benché voi mi esprimiate l'opinione che sia inutile continuare un vano colloquio e che i negoziati confidenziali debbano ritenersi chiusi, voi potete assicurare il Duca Decazes che non era ·certo nelle no13tre intenzioni di proporre una forma di redazione che poteva avere un significato désobligeant verso il Governo francese. Se non si trattasse ·che d'una questione di forma, di modificare ciò che può adombrare una di quelle suscettibilità che non hanno la loro origine che nella forma, di precisare il significato, del resto abbastanza chiaro della no1strra 'risposta, non sarebbe difficile l'intenderei. Ma, come voi constatate nella vostra lettera e come io stesso ho dovuto dalla vostra lettera riceverne la piena intelligenza, non si tratta d'una questione di forma, ma di fondo, e la difficoltà sorge da termini contraddittorii. Per noi il concetto dominante e il punto di partenza è la piena libertà del Pontefice di lasciare Roma e l'Italia se tale è i,J suo volere, ,]a facoltà che non gli contestiamo di se,rvirsi di un bastimento estero e quindi anche di fare appello a un ba:otimento francese. Il nostro rispetto alla Iibertà del Pontefice da un lato e dall'altro il trattamento che ogni bandiera amica, e la bandiera francese non meno delle altre, ha nei nostri porti secondo gli usi internazionali e senza alcuna deroga di questi usi,

assicurano che questo bastimento potrà ricevere al suo bordo il Pontefice e trasportarlo dove questi preferirà.

Pel Governo francese il concetto principale non è già il diritto e la libertà del Pontefice, ma un privilegio, una intromissione speciale della Francia nell'eventualità della partenza del Papa dall'Italia, e QU!esta situazione privilegiata la vuole riconosciuta esplicitamente da noi e assicurata cogli obblighi partico· lari d'una Convenzione internazionale.

Certo è liberissimo il Governo francese di disporre perché in uno dei suoi porti vi sia un ba;;timento destinato per tale eventualità. Ciò lo riguarda e non abbiamo nulla a ridirvi. Ma trovo strano che il Duca Decazes il quale crede désobligeant da parte nostra n dire che il Papa potrà partire su quel bastimento che gli piacerà di scegliere, non comprenda quanto vi sia piuttosto di désobligeant nel comunicarci ufficiaimente, con una forma affatto insolita e fin d'ora, che il tale bastimento è già preparato, col tal nome, nel tal porto, con una missione ad hoc della quale noi dobbiamo prendere atto, per riconoscerla ed asbcurarla. Proponendo al Governo francese di annunciarci semplicemente invece che quando il Pontefice manifestas,se il desiderio di partire su un bastimento francese la Francia s'affretterebbe a porne uno a disposizione del S. Padre, cl'edo di aver proposto cosa che assicurava pienamente lo ls~copo che si aveva in vista, e al tempo stesso, s>i aoca.rdava colle nostre legittime suscettibilità. Di più ciò che non v'era nella Nota, il Governo francese l'avrebbe completato colla comunicazione del Journal Officiel. Il sistema proposto dal Duca Decazés dello scambio di note combinato colla comunicazione all'Officiel aveva, secondo la mia opinione, questo inconveniente che le Note rimanevano come l'obbligo scritto bHaterale e il comunicato ne era il commento fatto da una parte. È vero che l'altra parte poteva fare a1trettanto. Ma quando le due parti vogliono in fondo una cosa diversa e contraddittoria, poi trovano una redazione che non compromette direttamente l'uno o l'altro dei due opposti concetti, e in seguito danno alla formala adottata un',interpretazione opposta, ne sorge poi una polemica che poco gioca alle reciproche relazioni. Quelsta diversa interpretazione si è subito manifestata. Nel primo progetto, mandatomi da voi, della Nota colla quale avrei risposto alla comunicazione di Decazes si legge: • Il (le bàtiment) trouvera dans nos ports l'accueil amicai qui est toujours as,suré au pavillon français par des usages internationaux et par les liens d'amitié etc. ». Que:ste parole avevano e per voi e per me il significato di escludere qualunque deroga al comune diritto internazionale. Pochi giorni dopo il Duca Decazes si affrettò di dirvi che quando anche, secondo questo co,mune diritto, un bas,timento francese non potesse entrare in un porto italiano (supponete l'Italia neutra e la bandiera francese belligerante) il Governo italiano non potrebbe però chiudere i suoi porti al bastimento di cui si tratta, la cui eondizione dovrebbe derogare agli usi internazionali e alle leggi della neutralità. Io vi confesso che avevo supposto che il Papa, in questo ~caso, sarebbe stato egualmente libero partendo su un bastimento austriaco, o, inglese o spagnuolo. Comprendo le diffic01ltà parlamentari da cui il Governo del Maresciallo Mac Mahon è circondato. In presenza di queste difficoltà a me sembra che il Duca Decazes voglia col ritiro dell' • Oré

noque , ottenere per la Francia più che essa non aveva colla sua presenza. L' • Orénoque , a Civitavecchia è un fatto anormale, anche per avviso del Governo francese, precario appunto perché anormale, di più poco serio neH'opinione generale dell'Europa. Il Governo francese vorrebbe mutare questo fatto anormale in una istituzione e sostituire a un • Orénoque » di fatto un • Orénoque » di diritto, il quale, in tal modo, acquisterebbe e per ·l'Italia e per le altre Potenze, un maggior valore politLco. È precisamente ciò che noi non possiamo fare. Voi temete che se la diiscussione si aprisse sul campo ufficiale noi saremo condotti ad affermare quanto la Francia ci domanda. Per parte mia sono disposto ad affermare in Parlamento che se il S. Padre vuol partire, e preferisce un bastimento francese, e questo viene a prenderlo a bordo, noi non faremo a ciò alcun ostacolo e rispetteremo la Jibertà piena del Pontefice. Ma quando "fossi costretto ad aggiungere anche non abbiamo voluto fare una Convenzione speciale colla Francia pel caso della partenza del Papa, non credo che ci por.remmo dalla parte del torto. Vorrei convincervi appieno che qui non si tratta di quell'opinione pubbl1ica volgare della quale non tengo alcun conto, ma della opinione anche di quelle persone con cui bisogna pure che un Governo •libero .conti. Questa opinione accetterebbe senza difficoltà e le assicurazioni nel senso che vi ho indicato, e la frase cortese per la Francia, poiché essa si sente rassicurata dalle buone relazioni fra i due paesi, ma non ammetterebbe qualcosa ·Che creas,se una situazione nuova, speciale, contrattuale sia colla Francia, sia con un'altra Potenza.

Non ho altro da aggiungervi per ora. Vi prego solo di voler dissipare dall'animo del Duca Decazes ogni preoccupazione che per parte nmtra si sia voluto apportare una intenzione qualunque •che fosse meno cortese sia nel fondo, sia nella forma di questo affare. Convinti ,che una freddura nelle relazioni dei due •paesi non :può essere l'effetto ·che, o della permanenza dell' • Orénoque , o d'una soJuzione poco soddisfacente, siamo stati guidati dal desiderio di giungere a un risultato che appagasse quanti in Italia desiderano la consolidazione dei nostri buoni rapporti colla Francia. Frattanto credo che non giovi né da una parte, né dall'altra inasprire questa questione, e ve ne esprimo il desiderio. Pur ,conservando quella libertà d'azione che ci è consigliata dai nostri interessi, ·conservo sempre la 'peranza che questo negoziato poSisa essere ripreso più tardi con migliore successo.

(l) Cfr. n. 555.

557

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 375. Parigi, 3 ottobre 1874, ore 13,50 (per. ore 15,55).

J'ai reçu votre lettre d'avant-hier (1). J'en ai causé avec le due Decaze,s. Il est disposé à abandonner système de dépéches concertées d'avance; mais

il demande sous une forme quelconque, par exemple d'un télégramme, qui lui serait communiqué, assurance suivante: « que le biìtiment qui serait appelé par Sa Sainteté pour la recevoir à son bord trouvera dans les ports italiens toute facilité pour remplir cette missJon •. Si vous m'autorisez à communiquer un semblable télégramme le due Decazes me dit que l'ordre de rappel sera immédiatement donné. J'attends vos instructions.

(l) Cfr. n. 556.

558

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 376. Parigi, 3 ottobre 1874, ore 14,55 (per. ore 21,10).

Decazes désiJre que je vous rappelle passage de ma lettre particuil.ière, à lui adressGe, le 21 aoiì.t dernier (l) dans laquelle je lui disais que la France en cas de départ du Pape pourrait toujouvs lui envoyer un batiment à Civitavecchia, où ailleurs. Ministre des affaires étrangères à la suite du téneur amicale de votre lettre se borne à demander de vous une communication plus courtoise mais en substance conforme à votre projet de iréponse et dans une forme qui vous convient.

559

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI

D. s. N. Roma, 5 ottobre 1874.

Il Signor Welti, Vice Presidente del Consiglio federale disse al R. Ministro in Berna, il quale gli aveva comunicato il contenuto della nota in margine segnata (2), che sebbene per quanto sia risultato a lui stesso, durante il suo soggiorno nel Canton Ticino, dove ass.i,stette alla 'Concentrazione delle 9 Divisioni federali, non vi sia motivo di temere 'Che gl'Italiani ivi residenti tentassero un colpo di mano contro qualche provincia dello stato, pure si sarebbero impartite alle autorità ticinesi nuove istruz,ioni perché vigilassero con ogni cura gli andamenti dei rivoluzionari italiani.

Il Signor Welti fece conoscere pure al senatore Melegari che vari irifugiati francesi, fra i quali Rochefort, Pyat, Cluseret, sono ora riuniti a Vevey allo scopo di organizzare le forze dell'Internazionale contro il Governo stabilito nel loro paese. La polizia svizzera li tiene però d'occhio anche rVSI[petto alle loro relazioni coi il"ivoluzionalri italiani.

Il sottoscritto a conferma di alcune assicmazioni del Signor Welti, trasmette qui unita pure copia di un rapporto del R. Console in Lugano, il quale con

tiene pure interessanti informazioni sul conto del Signor Missori nonché di Bakounine e Cafiero.

(l) -Cfr. n. 531, allegato I. (2) -Si tratta della nota n. 6168 del 17 settembre, non pubblicata.
560

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 301. Vienna, 5 ottobre 1874 (per. l' 8).

Il richiamo della nave f,rancese « Orénoque , ha dato argomento fecondissimo ai periodici viennesi per ritornare !sulla questione religiosa e, segnatamente, sulla sicurtà personale del Sommo Pontefice. Il VateTland dichiara essersi Sua Santità con calma rassegnato all'allontanamento del solo rifugio che Le rimanesse, ed aver detto al Signor de Courcelles che la Chiesa, circondata ormai da nemici od indifferenti, non poteva fare che voti affinché la Francia ricuperasse quella pmizione che non tollera pressioni o influenze. Lo stesso periodico non si perita a accusare i,l Governo Austro-Ungarico di indifferentismo, a smentire il quale non avrebbe che a spedire a Civitavecchia una nave da guerra per sostituire la francese.

La stampa liberale ha assunto il compito di ribattere ,:;_iffatte insinuazioni, e parlando anzi della piena sicurtà di cui l'Italia sapl·à continuare con gelosia a circondare il Santo Padre, lamenta le eccessive libertà concessegli con la legge delle guarentigie.

Non fui mai interrogato sul proposito da verun personaggio al .potere, ma mi risulta che in Corte si accusa il Governo francese di debolezza, distruggendo il solo fatto che potesse opporsi alle continue angarie del Gabinetto di Berlino verso il Papato ed il cattolicismo.

561

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 131. Roma, 6 ottobre 1874, ore 16,15.

Vous m'annoncez que le Gouvernement français a pris la résolution de rappeler « l'Orénoque », mais qu'il demande a etre rassuré pour le cas où le Pape, contrairement à nos désirs communs, se déciderait à quitter l'Italie. Vous pouvez dire au due Decazes que, si cette hypothèse venait à se réaliser, la conduite du Gouvernement italien se trouverait tracée d'avance par ses déclarationls bien connues. Si ·le Saint Père voulait partir Il pourra choisir la voie qu'il jugera préférable et sera entouré de tous les égards dùs à Sa -Personne. Nos ports étant ouverts, d'après les règlements et les usages internationaux à tous les pavillonls1 amis, le Saint Père pourra faire appel, dans ce but, à un bàtiment, ·soit de la France, soit d'une autre puissance arnie et s'embarquer à son bord, si tel est son désir.

5ì6

562

IL SEGRET \RIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 332. Roma, 7 ottobre 1874

Mi pregio trasmet~ere qui unito alla S. V. copia di una nota di S. E. il Ministro Gu::.rdàsigilli (1). Essa ha per iscopo di praticare presso le Autorità germaniche delle investigazioni tendenti a riconoscere se fra gli Internazionalisti di codesto Impero e specialmente quelli di Francoforte e le consimili associazioni d'Italia esistano dei rapporti che possano interessare la ,giustizia. L'indole delicata de'l soggetto è pari all'importanza ,che il Ministero della Giustizia annette alle informazioni da lui domandate. Né io potrei meglio darne a V. S. Illustrisshna la prova che collo trasmettere a Lei testualmente la comunicazwne direttami in proposito da quel Mini,stero. In essa si contengono gli elenchi dei principali imputati nei fatti ,sui quali è aperta una procedura regolare gmdiziaria.

V. S. osserverà inoltre che nel fare presso le autorità imperiali dei passi ufficiosi per avere le sovra mentovate notizie, noi seguiamo l'esempio di ciò che il Governo tedesco ha fatto l'anno passato presso di noi per mezzo della sua Legazione in Roma. Giova pertanto sperare che a V. S. Illustrissima riuscirà tanto più facile soddisfare al desiderio manifestato dal Ministero della GiusUzia in quanto che Ella può invocare un precedente che stabilisce in favore nostro la reciprocità.

L'indole stessa deHe pratiche in discorso, non meno che la circostanza dell'essere quasi tutte detenute le persone che le medesime concernono, bastano a dimostrare la convenienza di esaurire le ricerche nel più breve termine possibile. Io le sarei dunque grato di un pronto riscontro in ,proposito.

563

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 217. Bruxelles, 7 ottobre 1874 (per. l' 11).

Con nota in data di oggi questo Ministro degli Affari Est<eri, ricordando avere la conferenza di Bruxelles, nella seduta del 27 agosto, deciso che il Governo Belga avrebbe preso le misure necessarie per la stampa dei protocolli e documenti della conferenza, e che la pubblicazione di eslsi avrebbe luogo quando gli Stati che hanno preso parte al Congresso avessero fatto conoscer~? le loro intenzioni al riguardo, mi notifica che tutti quegli Stati hanno dato il loro assenso a detta pubblicazione, e che in conseguenza egli m'invia un esemplare degli atti della conferenza da trasmettere al Governo di Sua Maestà, e due altri esemplari uno per me e l'altro per il Colonnello Conte Lanza.

Mi affretto ad inviare colla fer·rovia a V. E., coll'esemplare destinatole, il solo altro esemplare presentemente a mia disposizione, che suppongo V. E. vorrà trasmettere a S. E. il Mintstro della Guerra.

(l) Non si pubblica.

564

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. S. N. Trieste, 8 ottobre 1874 (per. l'11).

Tosto iritornato in Trieste mi sono fatto carico di volgere tutta la mia attenzione all'incidente che formò argomento del dispaccio riservato che l'E. V. diresse a questo Consolato Generale in data del 21 Settembre a.c. (1), ed a tale effetto ho fatto chiamare il Dottor Venier R. Agente Consolare a Pirano col quale ho avuto oggi un lungo colloquio. M'affretto ora a farle conoscere la mia opinione al ri-guardo rimettendomi, ·in quanto alle circostanze di fatto, a ciò che i·l Cavalier Sambuy già ebbe a riferire a V. E. coi suoi rapporti del 25 e del 29 !settembre p.p.

Trattasi nel caso attuale di un discorso improvvisato al fine di un lauto banchetto e dopo .che eransi consumate parecchie bottiglie di Champagne.

Non vi erano presenti stenografi, ed il discorso pronunziato dal Dottor Venier non fu pubblicato né per intiero, né per sunto, da qualsiasi giornale. Egli è quindi inammissibile che alcuno dei convitati abbia potuto tenerlo a memoria a •segno tale da riprodurlo come 1se uno stenografo fosse stato presente e ,}'avesse ,s,critto.

Il Dottor Venier nega recisamente di aver pronunziate le parole che gli si attribuiscono e sostiene che ·si diede una falsa interpretazione al brindisi che egli fece per l'avveni.re e la prosperità dell'Istria, avendo egli fatta allusione alle condiz.ioni economiche ed agricole di quella Provincia anziché alle condizioni poHtiche.

E le •sue dichiarazioni meritano qualche fede fino a prova contraria, imperocché il Dottor Venier è perrsona universalmente stimata pel suo carattere e per la sua leaUà, ed è giunto all'età di 75 anni, avendo vissuto in tempi difficiLi e burrascosi e coperta per molti anni la carica di Podestà di Pirano, senza che mai sia.si potuto fargli qualsiasi appunto in senso politico e morale.

E.gli mi confessò che se qualsia•s.i giornale gli avesse attribuite le parole

che si 1leggono nello seritto trasmesso dall'E. V., non avrebbe punto esitato a

dargli una solenne smentita.

A fronte pertanto del fatto che nessuno può con certezza sostenere che il Dottor Venier abbia pronunziate le parole che gli vengono attribuite, e delle contrarie ed esplicite dichiarazioni da lui fatte, che egli non ha pronunziate quelle parole, e che venne male interpretato il brindi,si che, nella sua qualità di Presidente del Comitato incaricato di festeggiare le persone che presero parte al Congresso Agricolo, egli fece all'avvenire ed alla prosperità

S78

dell'lstria, io non veggo come si possa per ora adottare a di lui riguardo un provvedimento di rigore, a meno che il R. Governo abbia un interesse speciale ed eccezionale a cogliere questa dr·costanza per dare un attestato della sua deferenza ai desideri del Governo Austro-Ungarico.

Sarei pertanto d'avviso che l'E. V. risponda alla Legazione Austro-Ungarica che il Dottor Venier nega redsamente di aver pronunziate le parole che gli vennero attribuite, e sostiene che fu falsamente interp.retato il brindisi che egli fece aH'avvenire ed alla :prosperità dell'lstria, e che non essendo il d~scorso che egli ha improvvisato stato dprodotto all'istante da alcun stenografo né pubblicato da qualsiasi giornale, il Governo del Re non avrebbe un fondamento legale per togliergii la cari.ca di R. Agente Consolare a Pirano.

Siccome poi è notorio che dall'Autorità Giudiziaria è stata aperta una inquisizione per aecerta.re la ·co1pabHità delle parole pronunziate dal Dottor Venier, il Governo Austriaco potrà, ove .i risultati dell'incoato procedimento lo dimostrino necessario, sulla propria ·responsabilità l'evocare l'Exequatur che gli concesse per l'esercizio delle funzioni Consolari.

(l) Non pubblicato.

565

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 382. Parigi, 9 ottobre 1874, ore 18,40 (per. ore 21,25).

Decazes observe qu'il n'a pas demandé à etre rassuré et que votre télégramme (l) supposà des inquiétudes qu'il professe ne pas avoir. En élargissant le cercle, dit-il, on multiplie les malentendus et les froissements. Il ne peut donc pas accepter votre télégramme. Comme il lui parait urgent d'en finir dans l'intéret commun, il propose de revenir à la communication pure et simple que je lui ferai de votre ancien projet de réponse envoyé ici avec votre lettre du 25 septembre (2). Veuillez me télégraphier si je puis lui faire cette communication en changeant seulement la phrase, « tel batiment qui • parcelle de • le batiment qu'il •.

566

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 220. Bruxelles, 9. ottobre 1874 (per. il14).

Ricevo ora ed invio sollecitamente a V. E. una relazione con annessi di que•sta amministrazione di p-olizia ,sul convegno internazionaHsta tenuto a Bruxelles dal 7 al 12 settembre scorso.

Osservando la menzione ivi fatta di un Riem Joachin aLias Vignaz Gomez di 32 anni nato a Matara (Spagna), sarto, delegato delle sezioni spagnuole, io domando, oggi stesso, d'urgenza a questo amministratore di pubblica sicurezza le più ampie informazioni sul suo conto per relazione specialmente all'affare Costa.

La tendenza che accenna a prevalere fra le classi operaie nel Belgio, e che viene favorita dagli agenti segreti del Governo Belga nei convegni stessi dell'Internazionale, è di rinunziare agli scioperi, riconosciuti come rovinosi dagli operai medesimi, e di promuovere l'istituzione di rappresentanze dei lavoratori di fronte ai capitalisti e padroni, in modo da ottenere che i salari possano venir fissati per via di arbitraggi. Tali questioni di ordine economico, sembrano ormai dovere dominare intieramente il movimento operaio-radicale nel Belgio. Questi uomini di Stato non 'Si rinchiudono punto, davanti a quei problemi pratici, nella teoria accademica dell'offerta e della domanda. È riconosciuto qui dagli economisti più liberali che le coalizioni dei produttori poterono, negli ultimi anni, mantenere prezzi affatto anormali per il pane, la carne ed altri oggetti di prima necessità; che la coalizione dei proprietarì di mine di carbone poté l'anno scorso rovinare molte industrie che li avevano fatto vivere in momenti difficili, e sostenere per quel prodotto prezzi scandalosamente esagerati. Le autorità belghe, invece di chiudere gli occhi davanti al problema economico del salario, e di uscirne colle cieche repressioni della forza come isi usa in un gran paese vicino, si propongono per iscopo di favorire l'istituzione di mezzi di equo arbitraggio -tra i lavoratori ed i capitalisti rappresentati possibilmente colle guarentigie più soddisfacenti che si potranno combinare.

A queste tendenze, ,che sono in notevole consonanza coll'attuale indirizzo delle trade-unions in InghHterra, s'aggiunge negli operai del Belgio, un odio violento ,contro il olericalismo. È questo un tratto particolare del socialismo Belga, e che lo distingue dal radicalismo Tedesco, ed anche, secondo che crede lo stesso Signor Berden, dagii elementi sovversivi in Italia. In Italia come in Germania, secondo l'opinione di quell'egregio funzionario, è evidente la coalizione del clericalismo coi radicali; egli non esitò ad esprimermi nei termini più recisi la 'Sua assolut:>. ,convinzione che i recenti moti nelle Romagne furono promossi dai fautori più decisi della politica ultramontana, che vorrebbero produrre in Italia degli episodi simili a quelli degli intransigenti di Cartagena e della Commune in Francia, per poterne fare emergere una reazione analoga a quella che essi stentano a so~tenere in Francia ed in Spagna. Egli non poté darmi più precisi indizì né maggiori schiarimenti in proposito. N o n si trova traccia nei rapporti di questa Polizia che tiene agenti nei consigli più segreti dell'InternazionaHsmo Belga, di connivenza od operazioni dei radicali del Belgio coi recenti moti in Romagna; e senza contestare il valore dei rapporti fatti al R. Governo dalla nostra polizia 'SUlle gesta o le parole dei nostri radicali affigliati in centri esteri dell'Internazionale, la polizia Belga persiste a considerade piuttosto come effetto delle illusioni e della vanità personale di Italiani isolati fuorusciti, e che non trovano guari mezzi d'intendersi seriamente se non forse con francesi o spagnuoli. Il Signor Berden a tal riguardo mi promise

nuovamente di nulla tralasciare per verificare quali ,relazioni o complotti possano aver avuto luogo nel Belgio tra operai od altri individui appartenenti a quelle tre nazioni.

Ben altro aiuto e sussidio troverebbe nei Belgio un moto insurrezionale Italiano, quando venisse ad assumere un carattere clericale, ,come il moto Carlista.

Gli invii di denari, di armi, di munizioni continuano dai porti del Belgio a parecchi porti spagnuoli, così pubblicamente che il partito liberale intende di interpellare in proposito il Ministero nella prossima sessione ,(Iella Camera. Il Signor Berden confidenzialmente mi confessa che il Governo potrebbe mettere un termine a tale abuso se egli avesse il coraggio di dare pubblicamente istruzioni alle aut;:,rità giudiziarie per fare applicare l'articolo 123 del Codice Penale a chi ,compromette le buone relazioni del Belgio colle estere potenze. Invece si lascia che convogli e navi, con 'Carico di polvere sotto false dichiarazioni percorrano le ferrovie e ,stazionino nei porti senza alcuna delle precauzioni richieste per simili materie esplosibili di modo che le autorità di Anversa stanno, in questo momento appunto, in seria apprensione di una catastrofe per la presenza in quel porto di una nave carica di polvere, ma verso la quale es:se non poterono ottenere a,ltro ,provvedimento se non di farla alquanto allontanare nell'Escaut, in sito meno vicino al centro del movimento del porto.

A1ssicurando V. E. che non tralascio mai nessuna ,possibilità di informare meglio il n. Governo intorno a quegli importanti argomenti...

(l) -Cfr. n. 561. (2) -Cfr. n. 551.
567

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOS.TA, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM

T. Bellagio, 10 ottobre 1874, ore 13,55 (per. ore 15,40).

Je n'ai pas texte sous mes yeux non posso dunque juger exactement portée légère modification proposée (l). Je m'en remets à Minghetti et à Vous si potrebbe aggiungere batiment soit de la France soit de toute autre puissance arnie.

568

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 386. Parigi, 11 ottobre 1874, ore 16,45 (per. ore 21,10).

J'espère avoir enfin obtenu que le Due Decazes se contente de la communication de votre télégramme du 6 courant (2). J'aurai réponse définitive demain

il) Cfr. n. 565.

après le Conseil des Ministres. En attendant Decazes vous prie instamment d'empecher et prévenir à Rome et à Civitavecchia lors du départ de l'Orénoque des manifestations qu'on lui dit etre préparées.

(2) Cfr. n. 561.

569

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, A BELLAGIO

T. Roma, 11 ottobre 1874, ore 22.

Prima di aderire all'ultima proposition de Nigra p,residente del Consiglio ed io adducendo per motivo votre al)sence abbiamo fatto un tentativo perché Gouvernement Français retire purement et simplement Orénoque. Ecco ora la risposta di Nigra (1).

570

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 387. Parigi, 12 ottobre 1874, ore 12,10 (per. ore 13,50).

Decazes vient de me donner réponse affirmative. Je lui ai remis copie de votre télégramme du 6 courant (2). Ordre de rappel de l' • Orénoque • sera expédié aujourd'hui, et ce navire partira probablement demain matin. Une note dans l'Officiel dira que le navire est rappelé mais qu'un autre batiment est tenu à la disposition du Pape dans un porrt de la Médi~erranée et que ces mesures, dont la libre application ne saurait trouver obstacle ont été communiquées à Sa Sainteté qui les a acceuilli avec confiance. Decazes insiste pour que Vous préveniez toute démonstration.

571

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, A BELLAGIO

T. u. Roma, 12 ottobre 1874, ore 16,30.

Nigra mande qu'il a remis votre télégramme à Decazes qui l'a accepté. Orénoque partira demain. J'ai annoncé à Nigra que les mesures ont été prises pour prévenir toute démonstration. Keudell a annoncé officiellement à Minghetti que le voyage de l'Empereur n'a plus lieu pour le moment. Il se sont mis d'accord pour que cela soit annoncé de manière à ne pais froisser les

susceptibilités du Roi et du pays. Merci de votre lettre. Je vous prie d'écrire vous mème à M. Fiort\ZZi que je ne suis pas élégib1e et que je dois décliner l'honneur de la candidature, tout en lui étant très reconnaissant d'avoir pensé à moi.

(l) -Cfr. n. 568. (2) -Cfr. n. 561.
572

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2405. Parigi, 12 ottobre 1874 (per. il 17).

Ho avuto cura di far conoscere per telegrafo all'E. V. la comunicazione fattami da S. E. il Duca Decazes ri:S!petto al richiamo dell'Orénoque dal porto di Civitavecchia.

Mi pregio ora di ,confermare e completare, colla corrispondenza ordinaria, quanto Le riferii per corrispondenza telegrafica.

S. E. il Duca Decazes m'annunziò verbalmente il 3 ottobre corrente che il Gabinetto di Ver,saglia aveva l'intenzione di richiamare l'Orénoque dalle acque di Civitavecchia, ma aggiunse ,che il Governo francese, desiderando continuare a dimostrare la sua rispettosa sollecitudine pel Sovrano Pontefice avrebbe tenuto in uno dei porti francesi del Mediterraneo un altro bastimento a disposizione di Sua Santità, pronto ad obbedire alla \sua richiesta pel caso in cui Sua Santità, contro il desiderio del Governo Francese, si fosse risolto a lasciare l'Italia ed avesse manifestato l'intenzione d'imbarcarsi a bordo d'un legno francese. Nel farmi questa comunicazione, il Ministro Francese degli Affari Esteri, mi richiese di ,conoscere 'come il Governo del Re avrebbe considerato H caso possibile d'una tale partenza ,e dell'eventuale Imbarco di Sua Santità quando essa avesse scelta la via di mare.

L'E. V., a cui mi affrettai di chiedere' d'esser posto in grado di dare una risposta a S. E. il Duca Decazes, mi ri,scontrò con telegramma del 6 ottobre con-ente (1), col quale Ella m'incaricava di dire al Ministro Francese degli Affari Esteri: che se l'eventualità della partenza del Sovrano Pontefice dall'Italia dovesse effettuarsi la 'condotta del GovNno Italiano era previamente tracciata dalle di lui ben note dichiarazioni; che se il Santo Padre volesse partire, egli potrebbe scegliere la via che giudicherebbe preferibile e sarebbe circondato da tutti i riguardi dovuta alla Sua persona; che i porti italiani essendo aperti, secondo i regolamenti e gli usi internazionali, a tutte le bandiere amiche, il Santo Padre potrebbe fare appello, all'uopo, ad un bastimento francelse, come ad un bastimento d'altra nazione amica, ove tale fosse il Suo desiderio.

Conformemente alle istruzioni deH'E. V., comuntcai questo telegramma a

S. E. il Duca Decazes, facendogli notare come esso risrpondes,se, in modo soddisfacente e completo alla domanda da lui fattaci. In quanto all'informazione

che S. E. aveva voluto dare al R. Governo della risorluz,ione del Gabinetto di Versaglia di tenere in un porto francese un altro bastimento a disposizione del Santo Padre pel ca>:o in cui Sua Santità volesse partire dall'Italia a bordo d'un bastimento francese, osservai che una tale misura riguardava particolarmente il Governo Francese e che quindi essa non era di natura di fare oggetto di speciale osservaz,ione per parte del R. Governo.

Il Duca Decazes, confermandomi oggi l'annuncio precedentemente datomi, m'informò che l'ordine di richiamo deH'Orénoque era rstato spedito e che questa notizia sarebbe stata annunziata nel giornaie ufficiale di domani. Il Ministro Francese degli Affari Esteri non mi lasciò ignorare che le misure prese su quest'oggetto dal Governo F~rancese erano rstate comunicate al Sovrano Pontefice e che Sua Santità le aveva accolte con confidenza.

Riservandomi di mandare all'E. V. la nota del giornale ufficiale a cui ho accennato di sopra...

(l) Cfr. n 561.

573

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 221. Bruxelles, 12 ottobre 1874 (per. il 29).

Invio a V. E. un esemplare degli atti della Conferenza di Bruxelles destinato a S. E. il Cavalier Minghetti, Presidente del Consiglio.

Credo dovere informare V. E. che, in seguito ai concerti presi con questo Ministero degli Esteri, ho creduto potermi incaricare di fare pervenire con occasione diretta altri simirli esemplari al Gabinetto di Sua Maestà, ai primi aiutanti di Campo di LL.AA.RR. il Principe di Piemonte e Duca d'Aosta, a LL.EE. il Conte Sclopis, il Generale La Marmora, il Generale Menabrea, ed all'On. Signor Q. Sella.

Il Moniteur Belge pubblica in appositi supplementi gli atti della con

ferenza.

574

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2406. Parigi, 13 ottobre 1874 (per. il 16)

Secondo la riserva ~contenuta nel mio dispaccio di jeri (1), ho l'onore di trascrivere la nota relativa al richiamo deU' « Orénoque , da Civitavecchia inserita nel giornale ufficiale france.;e d'oggi:

• L' "Orénoque" vient d'etre rappelé à 'l:oulon.

Ce batiment, qui stationnait à Civita-Vecchia depuis le mais d'Aout 1870, avait pour mission de se tenir à la disposition du Saint-Père, pour le cas où conkairement aux désirs de la France, Sa Sainteté se déciderr-tit à quitter l'Italie.

Le départ de l'" Orénoque" n'implique aucun changement dans les sentiments de dévouement et de lsollicitude de la France envers Sa Sainteté.

Un nouveau batiment a été mis à la disposition du Saint-Père; maintenu avec cette destination, dans un des ports :lirançais de tla Méditerranée, il sera .Pret en tout temps à se rendi'e à l'appel qui lui serait adressé sur l'ordre du Souverain Pontife.

Ces mesures nouve:Hes dont la libre application ne saurait rencontre:r d'obstades ont été portées à la connaissance de Sa Sainteté qui a daigné les accueillir avec confiance.

Le "Kléber" affecté à une mission spéciale a reçu l'ordre de quitter le port de Toulon e de partir pour la Corse ».

(l) Cfr. n. 572.

575

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI

D. 124. Roma, 15 ottobre 1874.

Il rappresentante di Russia mi ha dato comunicazione di un dispaccio del suo Governo relativamente al seguito che dovrebbero avere le trattative di Bruxelles intorno alla formazione del Regolamento internazionale per i diritti ed i doveri degli Stati e degli eserciti belligeranti.

Il Gabinetto di Pietroburgo c'invita, con la comunicazione che ci ha fatto fare, a manifestargli l'opinione definitiva del Governo italiano sopra il lavor,) compiuto dalla Conferenza internazionale. Risulta dalla comunicazione stessc1 che un simile invito è stato diretto anche agli al.tri Governi che hanno preso parte alla Conferenza e che la Russia desidera raccogliere tutte le rispostr~ per poter riunire gli elementi di future proposte.

V.S. Illustrissima vorrà per ora ringraziare il Signor Westmann della fattaci comunicazione. Ella potrà dirgrli che il Governo di Sua Maestà si occuperà di esaminare i lavor.i della Conferenza di Bruxelles tosto che questi saranno stati pubblicati e giudicati anche dalla pubblica opinione che, in Italia, non meno degli altri paes·i, ha dimostrato di preoccuparsi seriamente del modo col quale; parecchie delle quistioni sottoposte alla Conferenza sarebbero !state risolute.

Il Governo di Sua Maestà dopo la chiusura dei lavori della Conferenza ha ricevute due sole comunicazioni relative ai medesimi. La prima gli venne fatta dal Belgio e concerneva la pubblicazione degli atti della Conferenza stessa. La seconda è la dichiarazione fatta dall'Inghilterra di non accettare: alcuna delle opinioni contraddittorie espresse negli atti di cui si tratta, né di ammettere come obbligatorie le regole accettate nel protocollo.

21 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. V

Alla prima di queste comunicazioni abbiamo risposto che per parte nostra non trovavamo difficoltà alla pubblicazione degli atti della conferenza sempre che anche gli altri Stati vi acconsentissero.

Alla comunicazione inglese ci siamo Umitati a rispondere accusandone la ricevuta. Questa comunicazione non ispecificando sopra quali opinioni e regole cadono le riserve del Gabinetto di Londra, non pare infatti destinata a promuovere una discussione.

576

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Roma, 16 ottobre 1874.

Ti ho mandato per telegrafo l'avviso della :;oluzione dell'affare dell'Orénoque, e ti ho accennato pure agli accovdi fra Keudell e Minghetti circa il modo di impedire che la risoluzione dell'Imperatore di Germania di rinunciare al suo viaggio fosse interpretata sfavorevolmente in Italia. Avrai veduto ormai il sunto telegrafico dell'articolo della Provinzial Correspondez. Quando verrà l'articolo stesso avrò cura di farlo inserire per intero nell'Opinione. L'Imperatore scriverà probabilmente una lettera al Re e gli manderà il suo ritratto. Keudell lascia intravedere che il viaggio potrà forse farsi in primavera. Vedremo.

Quanto all'Orénoque, Tiby venne ieri a comunicare verbalmente a Minghetti ed a me il sunto d'un di>spaccio che aveva per iscopo, a quanto pare, d'interpretare le parole della Nota del Journal Officiel, laddove dice « que la mission du Kléber ne saurait rencontrer d'obstacles •. Pare però che Tiby avesse ordine d'evitare ogni discussione perché quand'io gli dissi che dovevo riferirmi puramente e semplicemente alle dichiarazioni fatte da Nigra a Decazes non insisté, e si limitò a dire che ormai non vedeva più alcun oggetto di di's,cussioni fra l'Italia e la Francia.

Villa è arrivato ieri sera colla lettera di Nigra che ti mando ed il dispaccio politico di cui ti unisco copia. Ti confesso che non vedevo la necessità del telegramma di Nigra al Ministero ~con cui ci dà l'annuncio ufficiale della missione del Kléber, annuncio che volevamo appunto evitare. Ed anche Minghetti crede che ,se si dovesse fare qualche pubblicazione o comunicazione alla Camera, quel telegramma si dovrebbe modificare. Tuttavia non abbiamo, mi pare, a lagnarci dei risultati ottenuti. La nota del Journal Officiel fu migliore di quello che tu ed io prevedevamo. Il silenzio drca l'Italia fu ottimo. Naturalmente i giornali d'opposizione, il Diritto ed il Progresso, dissero che non era per riguardo all'Italia, ma per ragioni amministrative che l'Orénoque fu richiamato. Il Progresso aggiunse anzi che era per dimostrare vieppiù la tenerezza della Francia verso il Papa. Queste scempiaggini non furono nemmeno discusse dagli altri giornali. L'impressione generale fu buona: ma non ci si fa d'aver

ottenuto il richiamo dell'Orénoque un merito adeguato ai rimproveri che avremmo dovuto subire se quella questione non fosse stata risolta.

Wympffen è venuto testè a parlarmi della Propaganda. Risposi esser sospese le vendite finché l'Autorità giudiziaria non abbia deciso la questione di diritto. Mi parlò pure delle imposte eocessive cui 'soggiace la Propaganda. Su ciò gli d~ssi che non av,evo alcuna notizia di reclamazioni. Wympffen accentuò assai l'interesse che l'Austria prende alla Propaganda, come istituzione universale ecc. Mi pa,re che l'aria a Vienna spiri dal lato del partito clericale.

Invece l'Incaricato d'Affari Inglese venne a dirmi in modo confidenziale che era stato deciso di non più rimandare a Roma il Signor Jervoise. Mi pregò di non dar la notizia ai giornali, finché essa non fosse !stata comunicata al Cardinale Antonelli.

Ti rimando la lettera del Comm. Fioruzzi e prego te di ringraziarlo a mio nome. Io non potrei a,ocettare se non nel 'caso in cui la mia qualità di f.f. di Segretario Generale facesse dimenticare quella di Inviato. Costa mi assicura che v'hanno esempi di tale giurisprudenza elettorale. Ma io nel dubbio non oserei portarmi candidato. Non già che io abbia molto a cuore la carriera diplomatica: ma una certa forza d'inerzia mi rattiene nella sfera delle occupazioni e degH studi in cui ho S~Peso ormai 20 anni di vita. E poi avrei io la facilità di eloquio e la forza di prender parte alle agitazioni politiche? Io non sono più abbastanza giovane per sedere alla Camera.

Addio in fretta. Salutami Gino e mandami anche per telegrafo il tuo discorso.

577

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI

D. s. N. Roma, 17 ottobre 1874.

Fin da quando fu 'segnalata la partenza da Genova per Mogador di un bastimento di bandiera francese, il Marie ~carko di al"lmi, H Ministero scrivente impartiva ai RR. Agenti all'estero le istruzioni necessarie perché procurassero deLle informazioni sopra la vera destinazione di quelle armi. Il R. Consolato di Tangeri riferiva che all'arrivo in quelila rada del Marie, comparvero ber: tosto due fregate Spagnole ,che evidentemente aveano 'commissione di sorvegliare la nave sospetta. Non tardarono infatti nella notte seguente ad arrivare alcuni legni leggieri (feluche) i quali vedendo il Marie strettamente sorvegliato ripartirono .senza mettersi in comunicazione con quel bastimento né con il lPOrto. A Tangeri si credeva che l'apparizione di quei legni potesse spiegarsi dalla commissione che i medesimi avrebbero avuto di !)rendere a bordo una parte delle armi per più facilmente sbarcarle in ,contrabbando sul territorio spagnuolo.

Però il Marie avendo fallito lo scopo del suo viaggio, era stato preso a rimorchio da un bastimento da guerra francese e condotto !sotto S'Corta ad Orano. Il Ministero scrisse allora al R. Console Generale in Algeri per avere le informazioni occorrenti sulla sorte toccata per ultimo alla nave ed al carico. E siccome la risposta di quel R. Console pare contenere alcune notizie che potrebbero riusdre utili anche a codesto Ministero, così H :sottoscritto stima opportuno unire in copia a questa Nota il rapporto che contiene queHe informazioni (1). Vedrà il Ministero dell'Interno che dalle relazioni avute si può ritenere che le armi caricate sul Marie erano realmente destinate ai Carlisti e che quelle armi erano spedite da un tal Montesinos che si crede essere uno dei più ardenti smtenitori del partito Carlista ed agente per il partito stesso in Genova.

578

IL CONSOLE A SCUTARI, BERlO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 399. Scutari, 20 ottobre 1874, ore 2,40 (per. ore 21,10).

Prince de Monténégro télégraphie en date du 21 courant [sic] que le massacre continue sur la frontière, de sorte qu'après avoir fait des démarches indispensables, j'attends vos instructions. Je diffère mon départ; je pense convenable envoi biìtiment de guerre moins trente pieds d'immersion qui peut remonter flueve jusqu'à Oboti. Feroir excellente impression.

579

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO

D. CONFIDENZIALE S. N. Roma, 20 ottobre 1874.

Ho ricevuto il rapporto dell'8 ottobre (2) con il quale Ella, in aggiunta alle cose espostemi dal Signor Cav. di Sambuy sino dal 29 settembre, mi comunica alcune particolarità relative all'incidente Venier e mi manifesta le sue impressioni in ,proposito.

Io non ho tralasciato di valermi di quelle due comunicazioni per trovar modo di far comprendere a questa Legazione d'Austria che l'incidente di cui si tratta non avea tutta la gravità che il Governo Austro-Ungarico sembra attribuirgli. Però io non sono riuscito a convincere questo rappresentante imperiale ed ho dovuto anzi notare con dispiacere che l'autorità austriaca pare disposta a prendere essa stessa un provvedimento di rigore contro il Signor Venier, togliendogli l'exequatur.

A questo punto io credo che convenga esaminare se non converrebbe maggiormente che il Signor Venier stesso offrisse la sua dimissione. Egli deve

ben comprendere che dal giorno in cui egli non può più avere facile accesso ed accoglienza benevola per parte delle autorità di Pirano, lo scopo per il quale V. S. Illustrissima lo ha nominato Agente Consolare è completamente fallito.

Noi non abbiamo da giudicare del fatto a~caduto, ma non possiamo nascondercene le conseguenze, le quali, pe,r ciò che d riguarda, sono appunto quelle di aver reso sommamente difficiìi se non impossibili i rapporti del Signor Venier con l'Autorità del paese. Appunto a causa delle difficoltà che ~ono sempre da temersi nelle località dipendenti dal distretto consolare di Trieste, a noi è mestieri di avere in quei paesi degli agenti consolari benevisi dal Governo Imperiale.

lo sono persuaso che lo stesso Signor Venier rendendosi conto di queste considerazioni troverà opportuno di offrire le sue dimissioni prima che l'exequatur gli sia ritirato. Ma se egli non ascoltasse i suggerimenti di V. S. Illustrissima a tale riguardo, credo che sarebbe bene non indugiare a dispensarlo d'ufficio dalla carica. La temporaria !soppressione dell'ufficio di Pirano, qualora non dovesse pregiudicare l'interesse del servizio, potrebbe in tal caso facilitare il modo di applicare un così dispiacevole provvedimento.

Prego la S. V. Illustrissima di favorirmi il più presto possibile qualche notizia circa l'esito di questo affare.

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 564.
580

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 333. Roma, 22 ottobre 1874.

Il Ministro di Germania mi ha dato lettura confidenziale di un lungo dispaccio del suo Governo, relativo aH'impossibilità in cui si è trovato S. M. l'Imperatore Guglielmo di restituire ne'l mese di ottobre di quest'anno la visita fattagli dal nostro Re l'anno passato. Il dispaccio concepito nei termini della più squisita cortesia, insiste sulle ragioni di salute che fecero ostacolo al compimento del progettato viaggio in Italia. S. M. l'Imperatore si proporrebbe di scrivere egli stesso al Re mandandogii il suo ritratto. Il pensiero del viaggio non sarebbe comp,letamente abbandonato e S. M. Imperiale esprimerebbe anzi la fiducia di poter restituire la visita fattagli dal Re quando la salute glielo permettesse. Una parte del dispaccio è consacrata a togliere ogni dubbio sulla realtà della causa che ha impedito all'Imperatore Guglielmo di venire in Italia, a dissipare qualunque sospetto di raffreddamento nelle relazioni fra i due Sovrani ed i due paesi, a mettere anzi in evidenza il risultato politico del viaggio del Re a Berlino.

Stimo opportuno che V. S.. abbia notizia della comunicazione fattami dal Signor di Keudell acciocché Ella ne tenga conto nelle ulteriori conversazioni che sopra questo oggetto cercassero di avere con Lei codesti uomini politici.

581

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 230. Lisbona, 23 ottobre 1874 (per. il 5 dicembre).

Incontrando il Signo.r D'Andrade Corvo al Palazzo Reale questo Ministro degli Affari Esteri fece allusione ad un precedente colloquio con Monsignor Matera nel quale questo Inca:d:cato d'Affari della Santa Sede, che nella sua lunga gestione interinaria de1la Nunziatura ha saputo rendersi persona grata e conciliante, ha parlato al Ministro di un D~spaccio del Cardinale Antonelli in cui il Segretario di Stato Romano mostra vivo desiderio dei buoni uffici del Governo Portoghese presso il Governo di Sua Maestà onde far rilasciare alla Propaganda Fide certi te11reni e ville sulle quali è tuttora pendente il giudizio dell'incameramento Ecdesiastko, allegando che tali pos•sessi adiacenti a Roma sono utili agli allievi per salute e divago, né sembrano agli attuali possessori ·cadere intieramente sotto la relativa legge di espropriazione.

Il Signor Corvo soggiunse aver risposto a priori a Monsignor Matera che il Portogallo non poteva raccomandare ad un Governo amico ed alleato delle eccezioni drca una legge identica a quella Portoghese, ed inoltre che la Propaganda Fide e1ra stata sempre così ostile al Portogallo e lo è tuttora suscitando difficoltà nelle Colonie Indiane da non meritare i buoni uffici richiesti a Lisbona.

Nel comunicarmi il tenore di tale colloquio S. E. disse che dal linguaggio del suo interlocutore Romano gli era !sembrato che •coll'iniziativa della questione di ·cui è cenno H Vatkano voglia •cogliere ['occasione di • causer avec l'Italie par l'intermédiaire du Portugal • (sic).

Ieri nel ricevimento ebdomadario al Ministero degli Esteri Monsignor Matera che faceva il suo ultimo atto di ~ncaricato di Affari atteso l'arrivo del Nunzio, rivenne con molta premura al suo primo colloquio col Ministro pregando instantemente S. E. a nome del Cardinale Antonelli di impegnare tutta la sua influenza, sapendolo grato ed ascoltato da noi, onde ottenere il bramato intento. Il Signor Corvo gli ripeté quanto aveagli precedentemente detto, e Monsignore inJs:istette pregando il Ministro a voler dire una sola parola almeno di rac•comandazione a Roma prima che il giudizio pendente sia pronunziato.

Dopo il colloquio con Monsignor Matera ed altri diplomatici giunti prima di me, ebbi .io l'onore del mio ·col Ministro, ed immediatamente S. E. si compiacque riferirmi le nuove e vive istanze dell'Incaricato d'Affari Romano non che la risposta data, soggiungendo che Egli Signor Corvo né •come Ministro né particolarmente farà mai nulla che non sia accetto al mio Sovrano e al Suo Governo, quindi prima di incaricarsi a dire questa buona parola sì vivamente sollecitata da Monsignor Matera e desiderata dal Vaticano, brama ottenere il vostro •Consenso. Per ultimo S. E. mi disse essere sempre più convinto che Roma Papale desidera causer con Roma Italiana per mezzo del Portogallo.

Il nuovo Nunzio, giunto non ha guarì, sarà ricevuto in udienza solenne il 29 corrente. Nel suo primo ·colloquio ·col Signor D'Andrade Corvo, si mostrò molto conciliante e disposto a 'COm!pr·endere la sua posizione qui meglio del suo predecessore. H Ministro gli parlò francamente e senza ambagi osservandogli che sperava il nuovo Nunzio lo avrebbe secondato (aidé) come sempre lo fece Monsignor Matera nei suoi rapporti coHa Santa Sede i quali sebbene spesso molto delicati si erano mantenuti sempre buoni e cordiali mediante il buon volere da ambo le parti.

Io aveva già pregato il Signor Corvo di far conoscere a Monsignor Sanguigni il mio desiderio di essere in buoni :rapporti seco lui personalmente, come lo fui qui ·cogli altri Nunzi. •Ieri il Ministro mi disse non aver puranche fatto il mio messaggio per mancanza di occasione, ma sapeva da Monsignor Matera, e di fatti questi me lo ripeté poco dopo incontrandomi, che il Nunzio aveva espresso !spontaneamente [o ·stesso desiderio al suo uditore, per cui

buoni rapporti personaU tra la Nunziatura e la R. Legazione sono assicurati.

P. S. -Qui unita una confidenziale riservata in data del 24 corrente.

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L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 391. Therapia, 23 ottobre 1874 (per. il 30).

Il R. Console a Scutari d'Albania mi ha, li 20 del corrente, informato per telegrafo che una mano di gente turca aveva, per motivo di vendetta dell'uccisione d'un dei loro, assalito i Montenegrini a Podgoritza, diecisette dei quali erano stati messi a morte, compresovi ·l'archimandrita di Piperis. Il Signor Berio mi aggiungeva che aveva reclamato presso il Governatore sulla necessità di pronte e severe misure e l'aveva indotto ad ammettere -salvo l'approvazione del Governatore di Monastir, da cui quel di Scutari dipende -membri del Corpo Consolare a far parte della Commissione che si aveva a riunire per una inchielsta sul deplorevole occorso.

Notizie dei fatti poco presso in ugual senso erano giunte alla Porta ed alle altre p·rinc,irpali estere Missioni. La Porta ci diede le migliori assicuranze che sarebbero presi tosto i voluti provvedimenti, ed infatti immediati ordini Viziriali venivano impartiti alle Autorità Superiori locali per ·che una commissione composta di persone autorevoli ed imparziali -nella quale però non poteva e1s,sere il ·caso della presenza di membri del Corpo Consolare appurasse il motivo e la realtà dei fatti pelle conseguenti provvidenze a prendersi nell'interesse della giustizia.

Debbo alla verità di aggiungere che il Gran Vezir vide molto poco di buon occhio l'atteggiamento ad un intervento diretto nella faccenda, preso dal Console d'Italia in Scutari, che spalleggiato da quel di Russia, o di concerto con questo, aveva chiesto senza più di far parte della Commissione d'inchiesta.

Fu comune avviso dei Rappresentanti delle principali Potenze -il Generale Ignatiew pare però per sua parte meno esplicito -che .per tristi che sieno i ·casi occorsi, importa grandemente che essi non assumano un carattere pericoloso nell'ordine :politico, né una importanza che essi prenderebbero tosto dalla presenza di agenti Comolari esteri nella Commissione d'inchiesta, che diverrebbe per tal fatto una Commissione Internazionale, senza che fin d'ora ne sia dimostrata la necessità. Essere dell'interesse stesso del Governo Imperiale che gli Agenti Consolari delle Potenze sieno nel miglior modo messi in grado di segui.re i procedimenti dell'inchiesta, e potersi fare in tal senso raecomandazioni a:lla Porta, ma intanto aversi ad osservare il corso deH'inchiesta steSisa e dove non fosse es:sa, qual fu promessa, immediata e severa le Rappresentanze non mancherebbero di fare le rimostranze e gli incitamenti del caso.

Ho quindi tosto raccomandato al R. Console in S.cutari di ragguagliarmi esattamente di quanto poteva avvenire e di serbare la maggior debita riserva nella presente delicata circostanza.

583

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 392. Thempia, 23 ottobre 1874 (per. il 30).

La voce mandata attorno dai giornali e dalle Agenzie telegrafiche secondo cui taluna o più delle Grandi Potenze avevano recentemente dichiarato al Governo della Sublime Porta ch'esse riconoscevano nella Rumenia il diritto sovrano di conchiudere direttamente colle Potenze Estere stesse Trattati commerciali non mancò di vivamente commuovere qui lo spirito pubblico ed ebbe eco poco favorevole, per qualche giorno, anche in Galata.

Appurato, da buon luogo, il vero dalle esagerazioni di tali affermazioni, mi consta quanto segue:

Gli Ambasciatori di Rus1sia, d'Allemagna, e d'Austria-Ungheria, muniti di concordi istruzioni, han fatto conoscere, due o tre giorni sono, al Gran Vezir ed al Ministro Imperiale degli Affari Esteri -per istruzione scritta identica ai loro interpreti -gl'intendimenti sull'accennato proposito dei Governi che rispettivamente rappresentano in termini che suonano così: I trattati conchiusi dalle Potenze colla Turchia riconoscono ai Principati un'amministrazione doganale separata, senonché l'assenza d'impegni formali è motivo d'una rincrescevole perturbazione nella materia.

La conclusione dell'" Istruzione , in discorso che ebbi per pochi momenti sotto occhi, è nei precisi termini seguenti: "Nous nous croyons en droit de conclure avec les Principautés des arrangements directs et spéciaux de Douane, de tarif et de Commerce; Vous donnerez au Gran Vezir et au Ministre des Affaires Etrangères l'assurance formelle que ces arrangements denués de tout caractère politique, ne seraient signés que par les A1Iinistres et les administrations compétentes, et non revètus de la sanction Souvcraine , .

I Ministri del Sultano mostrano la più gran riluttanza ad acconciarsi a simiglianti dichiarazioni ed a tali conclusioni, e d'altra ,parte di fronte ad istruzioni così nette ed irremessibili, le opposizioni ulteriori del Governo della Sublime Porta si dovran ridurre ad un'ammessione tacita del fatto compiuto ed aH'espressione di qualche protesta o di riserve presso i Gabinetti.

La Rumania poi così potentemente spaHeggiata qual'è, sarà or tanto più lontana dal voler sottostare alla condizione ·che la Potenza Alto-Sovrana potrebbe aver intenzione d'imporle, quale quella d'un previo Firmano di concessione ad hoc.

Intanto riman chiarito che le tre Grandi Potenze sovrammentovate hanno circoscritto le loro domande pella forma e pella sostanza pure -mi pare -·:in limiti che la Porta stessa non potrà in certa mi'sura non apprezzare, ed il linguaggio dei loro Rappresentanti qui, quello in ispecie dell'Ambasciatore Austro-Ungarico, è informato a sensi di perfetta moderazione.

Il Generale Ignatiew non mi celava il desiderio e la speranza che gli altri principali Governi, persuasi della legittimità e della moderazione delle dichiarazioni fatte sùl proposito dalla Russia, dall'Allemagna e dall'AustriaUngheria finissero per associarvisi.

L'Ambasciatore d'Inghilterra si mantiene in disparte dai predetti suoi tre Colleghi in questo assunto, e lamentava in una recente conversazione avuta con me, l'atto della denunzia fatta dalla Porta delle Convenzioni Commerciali, che rsollevò tale questione del diritto del Governo Principes·co a venire a diretti accordi con le Potenze -atto, ch'ei mi diceva, è considerato come nullo e non avvenuto dall'Inghilterra, la quale in risposta alla comunicazione relativa a tale denunzia che era stata fatta in allora dal Governo Ottomano, '1a fatto conoscere a questo che la Porta non era facoltata a fare tale dichia

razione che all'epoca voluta dalla Convenzione vigente, cioè al cadere, credo, del prossimo anno soltanto.

All'Ambasciata di Francia poi si hanno del pari istruzio:1i di serbare la maggior riserva nella questione che è oggetto di questo rispettoso mir rapporto.

584

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. CONFIDENZIALE S. N. Lisbona, 24 ottobre 1874 (per. il 5 dicembre).

S. E. d'Andrade Corvo e eu la bonté dans un de nos récents entretiens de me lire en extensum des dépèches importantes reçues dernièrement du Comte Thomar fils à la suite de conversations avec le Cardinal Antonelli et d'autres membres du Sacré CoHège.

Dans la première Dépèche à propcs du sacre d'Evèques Portugais, nommemeEt l'Archevéque de Goa; et des questions traditionnelles qui se rattach~:-:t aux Indes le Vatican a montré le meilleEr bon vouloir en'Jers le Portugal.

Ensuite le Cardinal Antonelli a dit au Chargé d'Affaires de Sa Majesté Très Fidèle au sujet du départ de l'OTénoque, qu'au fait l'Italie avait raiso11, car au point de vue du droit international une Nation ne peut laisser indéfiniment des batiments de guerre dans les eaux d'une autre Nation.

En dernier lieu de Comte de Thomar rapporte une conversation avec Monseigneur Raymondo, lequel avait été envoyé inspeder les Indes Portugaises et est revenu à Rome par l'Allemagne. Ce Prélat a dit au Vatican et repété au Comte que le mouvement de Sch~sme en Allemagne dont les vieux Catholiques semblent prendre l'initiative avec le chanoine Dollinger pour chef, ne lui a pas paru si sérieux ni dangereux comme on le suppose à l'étranger et la presse Européenne le proclame; que déjà plusieurs members du haut clergé en Allemagne qui en font partie commencent à réfléchir et se montrent enclins à rentrer dans le giron du dogme Romain.

L'autre Dépèche, dont je n'ai pas besoin de rsignaler l'irnportance et le caractère fort ·Confidentiel à V. E. a trait à un changement de politique au Vatican et à la surrogation du Cardinal Antonelli par le Cardinal Franchi, élu dernièrement à cette haute dignité.

Le Comte Thomar fait allusion, en transmettant les informations réservées, à des entretiens qu'il a eu avec plusieurs Cardinaux entr'autres un, bien connu ll.li~si par M. Corvo per:sonnellement par rses tendances libérales et qui aspire naturellement à la Papauté, dont V. E. devinera facilement le nom.

Une partie des Cardinaux de tendances Iibérales parait s'etre réunie et avoir décidé que la politique du non possumus du Cardinal Antonelli n'ayant pas réussi, mais au contraire ayant fait perdre au St. Siège sa légitime influence et les rsympathies de ses meilleurs amis qui le laissent sans aide ni protection, il fallait changer de base et voir si une politique plus conciliante et plus conforme à l'esprit du tems aurait des meilleurs résultats dans l'intéret de la Réligion et de la future élection Papale.

D'un còté le Cardinal Antonelli très tourmenté par la goutte, qui l'empeche souvent de s'occuper d'affaires, son remplacement paraitrait si non facile du moins possible dans les circonstances actuelles; il y a mème de ceux qui croient que le Secrétaire d'Etat exagère ses souffrances pour donner à sa retraite eventuelle une raison plausible de non disgrace.

De l'autre còté le jeune Cardinal Franchi semble s'etre insinué d'une manière non douteuse dans les bonnes graces de Pie IX, et la partie libérale du Sacré Collège l'accepterait très volontier comme successeur du Cardinal Antonelli, persuadée que ce nouveau Prince de l'Eglise ferait prévaloir, autant qu'il est permis d'espérer, une politique plu:s sage et plus habile.

Ainsi on travaille en ce moment dans les sphères du Vatican à ce changement de politique et de personnes, travail qui fait entrevoir une lutte plus ouverte, peut-etre à outrance entre le parti Ultramontain • sint ut sint aut non sint • et le parti plus avisé qui sait apprendre et sait oublier.

Le Comte de Thomar signale comme probable le triomphe de ce dernier et l'avènement du Cardinal Franchi au Secrétariat d'Etat. Mais il faut avant tout compter, et nous en convenions mutuellement avec M. Corvo, avec Pie IX qui malgré son grand age et la vénérabilité de ses sentiments, a sa volonté à Lui seul et l'a bien prouvé en mainte:s circonstances lorsque on s'y attendait le moins après un long travail qu'on s'était évertué d'opérer dans son esprit.

Les informations qui précèdent sont par conséquent subordonnées à des chances dont il est impossible de prévoir l'issue. Il sera néanmoins utile et agréable à V. E. de connaitre les impressions du Comte Thomar à Rome qui par la bonne position de san Père personneHement et par ses intimes rapports avec les Membres du Saeré Collège est à mème d'ètre initié plus que tout autre aux mystères du Vatican.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'AGENTE DIPLOMATICO E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

D. 157. Roma, 29 ottobre 1874.

Ho letto con molto interesse la notizia che la S. V. Illustrissima mi ha successivamente trasmessa a riguardo delle condizioni politiche della Reggenza ne' 1suoi rapporti colle Potenze estere e ha fermato specialmente la mia attenzione quanto Ella mi scrive degli indizi che rivelerebbero nel Governo francese l'intenzione di procurarsi costì una influenza preponderante e forse il possesso di qualche porzione del territorio tunisino. Le frequenti missioni di ufficiali francesi, le visite ripetute di bastimenti francesi sulle coste del Vicereame sono tanto più significanti, in .quanto che informazioni pervenute anche per altra via al Ministero ·confermerebbero il sospetto che in talune sfere del Governo in Francia si mediti realmente il progetto di promuovere qualche novità nella Tunisia se non apertamente valendosi dei mezzi indiretti. La missione del • Kléber » come Ella ha giustamente sospettato, non fu estranea a quest'ordine di idee, e ci risulta che il comando di quel bastimento ha fatto oggetto di attento esame le condizioni topografiche e la situazione strategica delle due isole di Tabarca e di Galiza. Non si tratterebbe per ora di ottenere il :reale possesso di quelle due iso1le, ma si ,studiano i mezzi per renderlo possibile in avvenire e i vantaggi •che la Francia potrebbe intanto attenervi. Quanto all'isola di Gailiza, si rammenta una bolla di Papa Innocenza VI, del 15 novembre 1344, che •concedeva l'isola stessa all'Infante Luigi di Spagna, ammiraglio di Francia e pronipote di S. Luigi. Ma, all'infuori di questo documento, privo evidentemente di ogni pratica importanza, si cerca quale profitto la Francia potrebbe traDre dall'art. 5 del trattato dell'8 aprile 1830 ·che concedeva alla Francia H diritto esdui~1ivo di pesca fino al Capo Negro a 5 miglia al di là di Tabarca e le ,restituiva le • 'sue antiche proprietà, edifici, fabbricati e costruzioni diverse » nell'isola stessa. Così invocando lo sph·ito del trattato del 24 ottobre 1832, si penserebbe di ottenere dal Bardo l'autorizzazione di stabilire alcuni fari sulle isole suddette, .sotto colore di facilitare la navigazione in generale e la pesca in ispecie del corallo, ma collo

scopo recondito di por piede in quelle località con impiegati appartenenti

alla marina francese e di preparar>si per l'avvenire altrettanti punti d'appoggio

per le crociere che in tempo di guerra avrebbero la missione di sorvegliare

la costa africana, nonché il canale di Malta.

Evidentemente il Governo francese stesso dev'e~sere persuaso della necessità di procedere in questo lavorio colla massima circospezione, per cui è da aspettarsi che le sue prime pratiche presso il Governo tunisino saranno prive di ogni apparenza sospetta; tanto maggiore dev'essere per ciò l'oculatezza della S. V. Hlustri's'sima prevenuta delle intenzioni degli agenti francesi i quali in questo affare diffideranno di noi e del Consolato inglese. Ella vorrà tosto riferirmi qualunque atto che le sembri tendere all'attuazione dei progetti di cui le tenni ora discorso. Quando poi lo consigliasse l'imminenza di qualche misura pericolosa, Ella non esiterà con tutta prudenza e valendosi della pratica acquistata delle pevsone e delle cose di codesto paese, a rammentare a chi spetta che l'Italia, .conscia del fine ·cui si vuoi tendere, non sarebbe disposta a tollerare un'alterazione delle attuali condizioni politiche e territoriali della Tunisia.

586

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI.. VISCONTI VENOSTA

R. 393. Thempia, 30 ottobre 1874 (per. il 6 novembre).

Col mio precedente Ra:;:-;:orto di ~UE:~ta serie, che ebbi· l'onore di indirizzare alla E. V. li 22 del corrente me•o2 (1), ho fatto parte del passo dato ultimamente presso la Sublime Porta da questi Ambasciatori di Austria-Ungheria, d'Allemagna e di Russia, medi<mte un'" istruzione " scritta identica ai loro Interpreti, riguardante il diritto della Rumania di conchiudere degii accordi commercia!i colle este~'e Pctcnz2, no;1 o:ye;1ti carattere Politico e che sarebbero tali da non ledere i rapporti attualmente esistenti tra il Governo principesco e la Potenza Alto-Sov,rana.

Il Governo della Sublime Porta si è affrettato a rispondere ora a tale comunicazione delle tre Ambasciate, col mezzo altrimenti formale, d'una Nota Circolare ai Rappre;;entanti del Sultano presso le Corti di Vienna, di Berlino e di Pietroburgo.

Senza dipartirmi dalla riserva ingiuntami dall'E. V. in tale delicato assunto, mi son procacciata la •Copia di tale Nota. Essa è del 23 cadente mese e mi pregio di qui compiegata trasmetterla (2) confidenzialmente all'E. V.

Siccome l'E. V. scorgerà dalla lettura di tale documento, Aarifi Pacha, dopo aver riassunto in esso il contenuto della comunicazione fattagli d'ordine dei tre prefati Rappresentanti e mentre dichiara di voler, nel limite del possibile, compiacere ai loro voti, afferma es1sere stato ognora intendimento del

Governo della Sublime Porta di trovare un accomodamento che guarentisse i propri diritti e tenesse conto delle esigenze della situazione, nel modo stesso che esso apprezza tuttora i varì interessi impegnati in tale quistione. Il Ministro degli Affari E's,teri del Sultano prende poi atto, con compiacimento, della dichiarazione fatta dai Rappresentanti delle tre Potenze ch'essi non intendono doè col passo da loro dato, di portare 1lesione alcuna ai vincoli che uniscono i Principati Danubiani col Governo Imperiale, ma non cela le apprensioni che si dovrebbero avere pell'avvenire pel fatto di questa nuova infrazione del Trattato di Parigi. « Essendovi luogo, si aggiunge nel dispaccio di Aadfi Pacha, di far astrazione dal punto di diritto e d'evitare così una di1scussione che necessiterebbe l'appello all'opinione di ognuna delle Parti contraenti del Trattato di Parigi, non si vede aUro lato più della questione che quello di un previo ricorso alla Corte Alto-Sovrana per parte dei Governi Principeschi ».

Nel fare tale proposta, il Ministro Imperiale degli Affari Esteri conchiude che anzi che una semplice questione di forma, delle considerazioni d'ordine superiore impongono al Governo della Sublime Porta siffatto contegno in questa circostanza, e vuol sperare ~che il Gabinetto a ~cui verrà fatto parte di questa sua comunicazione, accoglierà favorevolmente le oE,servazioni in essa contenute.

Di fronte all'atteggiamento ~così preciso preso dalle tre Corti, la Sublime Porta non può illudersi sulla probabilità d'una domanda di previa autorizzazione ,per pa~rte della Rumenia, né sull'efficacia assoluta di dichiarazioni o proteste come quelle che, ad ogni fine, ha creduto di fare presentemente.

(l) -Recte del 23 ottobre, cfr. n. 583. (2) -Non si pubblica.
587

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 402 bis. Pietroburgo, 30 ottobre 1874 (per. il 9 novembre).

Facendo seguito al mio rapporto n. 399 (l) ho l'onore di riferire testualmente all'E. V. il linguaggio che mi ha tenuto il Signor di Westmann relativamente alla conclusione di 1stipulazioni 'commerdali ~colla Rumania.

« Nous ne voulons pas, m'a dit-il, porter aucune atteinte à la Turquie, mais il faut que d'Elle méme, elle arrive à considérer le droit de conclure des accords commerdaux et autres de ce genre comme conséquence de l'autonomie intérieure, administrative, de la Roumanie. Peu importe que ces stipulations portent le nom d'accords, d'arrangements, de conventions, de Traités qu'il!s, soient signés par tel ou tel Ministre, ratifiés de telle ou telle façon. C'est par nos bons conseils, par ~eeux de l'Autriche, et de l'Allemagne que la Porte doit se résoudre et eUe se résoudra. Il ne s'agit ~pas de Lui en demander l'autorisation; la Roumanie non plus ne le ferait pas, nous nous en sommes

convaincus ql!and nous avons taté le terrain à Bucharest. Et puis nous sommes d'autant plus intéressés. au règlement dans ce sens de cette question que nous avons l'intention de cunclure aussitòt que possible avec la Roumanie une convention judiciaire dont le besoin se fait sentir chaque jour , .

(l) Non pubblicato.

588

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1366. Berlino, l novembre 1874 (per. il 5).

On •s'attendait à trouver dans les journaux plus ou moins inspirés par le Cabinet de Berlin, un •Commentaire du passage du dernier discours du Tròne, dont j'ai envoyé la traduction à V.E. le jour meme de l'ouverture du Reichstag. Il paraìt au contraire que le mot d'ordre a été de garder le silence sur le point, en laissant aux faits le soin de commenter les paroles de l'Empereur Guillaume.

Le principal o·rgane des nationaux-libéraux, la National-Zeitung, a fait seui exception jusqu'ici. Cette feuille signale, comme un symptòme de danger, la persistance avec laquelle les adversaires de l'Allemagne s'appliquent à répandre contre elle des soupçons et des calomnies, ainsi qu'il est dit dans le discours du tròne: cette tendance est pleine de périls, surtout de la part d'un Pays dont l'histoire démontre avec quelle facilité il se laisse entrainer par des paroles irréfoléchies à des décisions regrettables et non moins irréfléchies: si un adversaire vise à faire naitre un conflit, les paroles sont un symptòme dangereux de ses projets h01.;tiles: si au contraire il veut récllement le maintien de la paix et de ·la concorde, il faut que son langage soit conforme à ses intentions pacifiques: c'est à ce point de vue, que les paroles de l'Empereur Guillaume doivent etre interprétées dans le sens d'un avertissement salutaire.

Ces réflexions de la National-Zeitung ont été reproduites par la Norddeutsche Allgemeine Zeitung: c'est à cause de cela que je les signale à V. E.

Au surplus, les faits parlent par eu,x-memes assez clairement. Les travaux importants que le Reichstag vient d'entreprendre, sont de nature à faire désirer que des complications politiques ne puissent troubler la paix en Europe, sans parler des questions religieus.es intérieures qui continuent à s'agiter en Allcmagne et qui lui donnent assez de soucis. Mais le Cabinet de Berlin veut démontrer bien clairement que, malgré cela, il ne perd nullement de vue l'éventualité où l'on réussirait à la sourdine à faire naitre une situation dangereuse pour l'Empire. La nouvelle loi sur la landsturm prouve qu'il s'endort moins que jama~s sur les lauriers, et l'alliance avec de puissants Empires, dont il est question dans le di•scours du tròne, démontre que le Chancelier Impérial travaille de son mieux pour òter, aussi sur le terrain, à son adversaire les espérances qu'il peut nourrir. Il voudrait le convaincre qu'il y a nécessité pour lui de se résigner aux faits accomplis.

La question dont on s'était inquiété le p~us dans ces derniers temps, celle d'une immixtion directe de l'Allemagne dans les affaires d'Espagne et surtout dans les réclamations de cette dernière contre la France, parait-ètre écartée pour le moment. J'ai eu soin de VOUISI crendre •Compte de la manière dont M. de Biilow repoussait les accusations qui avaient été dirigées à ce sujet contre le Cabinet de Berlin. Vous aurez remarqué depuis, le revirement qui s'est opéré dans :l'attitude des journaux. Un détail non moins caractéristique, c'est l'attitude plus réservée qu'observe depuis lors l'Envoyé d'Espagne à Berlin. Ce diplomate, au moment de la remise à Paris de la note de M. Vega d'Armijo, s'exprimait ki hautement ·contre la •conduite des Autorités françaises, parlait de l'éventualité d'une intervention étrangère en Espagne, et, chose digne de remarque, se laissait aller à réc:I'Iiminer ouvertement avec le chargé d'Affaires de France à Berlin contre les agi!ssements. du Gouvernement Françai:s: à tel point que le ·chargé d'affaires crut devoir lui déclarer qu'il déclinait une pareille discussion, n'ayant pas quailité pour la soutenir. Il 1parait qu'on a reconnu de tout còté, qu'il convenait d'assoupir les bruits inquiétants que cette affaire avait fait naìtre.

V. E. sait que le Prince Héritier de Danemarck a fait récemment, avec la Princesse sa femme, une visite au Prince Royal de Prusse. Déjà l'année dernière, le Prince Danois, en revenant de St. Pétersbourg, s'était arrèté à Berlin poucr rendre officiellement au Pdnce lmpérial d'Allemagne la visite que ce dernier lui avait faite en Danemarck. Etant venu maintenant à Muskau pour faire un bref séjour chez son oncle le Prince Frédéric des Pays-Bas, le Prince Royal de Danemarck a voulu se rendre encore une fois, mais en strict incognito, à Potsdam, avec la Princes,se, pour revoir le Prince Royal de PruSise: ·d'autant plus que le Princesse Royale de Danemarck n'avait pas encore eu l'occasion de venir à Berlin. Ce fait n'aurait guère d'importance, s'il ne contribuait à démontrer que, de ce còté aussi et avrès les bruits inquiétants qu'on a fait -courir, on est contraint de reconnaitre que la situation réelle des choses conseille de maintenir des rapports amicaux avec l'Allemagne, et de faire pour ..ainsi dire à mauvais jeu bonne mine.

589

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 440. Bucarest, l novembre 1874 (per. il 10).

L'Agente Rumeno a Costantinopoli ha telegrafato al suo Governo che gli

.Ambasciatori di Austria-Ungheria, Germania e Russia hanno fatto ·~onsegnare al Dragomannato Imperiale una dichiarazione 1s•critta, mercè la quale eSisi informano il Divano che i rispettivi loro Governi procederebbero alla conchiusione di accordi commerciali diretti con la Rumania.

Ora che i Grandi Stati finitimi si sono pronunziati in questo senso, perché l'Italia, che per motivi di alta convenienza non potette unirsi alla iniziativa .delle tre Potenze, non ne seguirebbe adesso l'esempio, evitando così di concorrere l'ultima alla soluzione di una vertenza che pure pregiudica le proprie sue relazioni commerciali coi Principati?

Quando voglia porrsi mente che per ragioni finanziarie a tutti note, alla Turchia s'impone la necessità di elevar le tariffe, mentre la Rumania desidera piuttosto restringersi nei limiti dell'8 % stabiliti dai trattati; quando si rifletta che mai le tariffe turco-europee furono applicate in Rumania, e che nonostante i diritti di Alta Sovranità vantati dal Divano, una linea doganale ha anzi esistito da tempo immemorab!ile fra l'Impero Ottomano ed i Principati di Maidavia e di Valachia potrebbesi in ve,rità chiedere in che i diritti della Porta verrebbero ad esser lesi dalla conchiusione di a:ccordi che i Principati Uniti farebbero con ~le estere Potenze per 1stabilire delle tariffe che finora essi ebbero facoltà di fissare di fatto malgrado il diritto e malgrado i trattati. Dissi che una linea doganale esiste da tempo immemorabile fra l'Impero Ottomano ed i Principati Moldo-Valachi. Ciò vien ribadito dal fatto che questi ultimi non hanno mai versato al fisco ottomano i diritti da essi prelevati sulla merce straniera giunta alle loro frontiere. Che anzi nel 1784 un lVIaurocordato, Principe di Moldavia, emanò un atto mercè cui stabilì che i sudditi della vicina Austria non pagherebbero all'importazione ed all'esportazione altri diritti di dogana ,che quelli 1stabiliti annualmente dalla Cancelleria Principesca.

Anche nei primi trattati conchiusi nel 1838 dalla Sublime Porta con gli Stati Europei fu fatta menzione dei Principati Uniti; ma ciò non impedì a questi di crearsi un regime eccezionale all'ombra delle loro ,leggi interne. Che più? Un firmano del 1850, essendo Ministro degli Esteri della Sublime Porta Rachid Pacha, autorizzò le Amministrazioni dei due Principati a prelevare sulla merce turca importata in Moldo-Valachia lo stesso diritto di dogana del 5 % di cui i trattati allora vigenti imponevano i prodotti importati dall'Estero.

Ed infine la Turchia vedendo che l'importazione dei suoi vini era proibita in Rumania, essa stes,sa proibì 'l'introduzione sul territorio degli alcools rumeni. E l'anno scorso con nota del 6 agosto il Governo Ottomano propose all'Agente Rumeno a Costantinopoli di ottenere dal Gabinetto di Bucarest la libera entrata dei vini turchi in Rumania in iscambio della libera entrata in Turchia degli alcools rumeni.

Codesti fatti provano eloquentemente l'eSiistenza di una linea doganale ben definita fra la Potenza Alto Sovrana e lo Stato tributario. Un'ultima obiezione rimarrebbe, ed è quella appunto ,che leggo nel documento diplomatico N. 132, fatta a V. E. da Carathéodori Effendi.

Il giorno in cui, diceva il Rappresentante Ottomano presso la R. Corte, fosse riconosciuta ai P11incipati la facoltà di fare con le Potenze dei trattati di commercio ,separati, il Governo del Sultano, che non può assoggettarsi a trattare ~con essi da Governo a Governo, si troverebbe collocato in una situazione pregiudizievole aile relazioni commerciali delle altre Provincie dell'Impero con quei Paesi.

Il valore di questa obiezione risiederebbe, se mal non mi appongo, nella impossibilità in cui si crede la Porta di trattar direttamente ,con uno Stato che le è vassallo.

Ma potrebbesi poi dire che il Governo del Sultano non abbia mai derogato siffatta rigidezza di pensare?

Nell'esporre la sua considerazione, Carathéodori Effendi aveva senza dubbio dimenticato gli antichi trattati o capitolazioni conchiusi direttamente dai Sultani con i Principi di Moldavia e di Valachia. Ed io taccio, perché muniti delle firme collettive di diverse Potenze che contribuirono ad allontanare le resistenze della Turchia

0 ) dell'atto di navigazione del Danubio del 7 novembre 1857; 2°) della Convenzione telegrafica di Temesvar del 16 giugno 1862; 3°) della Convenzione telegrafica internazionale di Vienna del 21 lu

glio 1868; 4") del Regolamento per completare le disposizioni della Convenzione telegrafica di Parigi del 21 luglio 1868; 5") e della Convenzione telegrafica di Roma del 14 gennaio 1872.

La firma del Delegato Rumeno travasi apposta a questi atti internazionali accanto a quella del Delegato Turco.

Ma, ed è questo ciò che Carathéodori Effendi non avrebbe dovuto ignorare, non ha for:~e i1l Divano voluto intavolar con nota di Aalì Pacha del 17 giugno 1865 dei negoziati diretti per una Convenzione postale con ,la Rumania? E nel novembre dello stesso anno un accordo telegrafico? Ed il 26 luglio 1871 un accordo per la estradizione dei malfattori?

Codesti atti non sortirono il loro effetto è vero, e ciò per considerazioni di altra natura; non è però men vero che la Sublime Porta potrebbe rivendicar l'onore dell'iniziativa di trattative d~rette con la Rumania, la quale ha preso convenientemente atto di queste aperture che Aalì Pacha non considerava poter menomare in nulla i diritti di Alta Sovranità del Paese ch'egli guidava ,con mano cotanto esperta e con intelligenza superiore a quella dei suoi successori.

Riassumendomi, V. E. non ravviserà di certo in ciò che precede una pretesa da parte mia di voler additare al Governo del Re l'atteggiamento a prendere in una controversia nella quale abbiamo già il verdetto di tre grandi Potenze; ma ho creduto mio debito di sottoporre brevemente all'esame del Gabinetto le condizioni di fatto di una quistione i di cui apprezzamenti volsero finora solamente sulla parte concernente il diritto.

590

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1367. Berlino, 3 novembre 1874 (per. il 18).

Dès le mois de Novembre de l'année dernière, en me donnant connaissance d'une démarche que la Sublime Porte avait faite auprès du Gouvernement du Roi au sujet du droit que les Principautés Danubiennes prétendaient

avoir de conclure des conventions avec les Pui,ssances étrangères, V. E., dans sa dépèche politique N. 308 (1), s'occupait de la manière de voir du Cabinet de Berlin à l'égard de cette question, qui pouvait prendre de graves proportions. Le 9 décembre 1suivant, par le rapport politique N. 1253 (2), cette Légation résumait l'avis exprimé pacr M. de Bi.ilow à ,ce sujet, pocrtant en substance que le Cabinet de Berlin ne pensait pas que le traité de Paris défendit aux Principautés-Unies de conclure avec Ies Puissances étrangères des accords non politiques, mais pour ainsi dire de bon voisinage, tels que des conventions ayant pour but de régler leurs rapports de commerce, de poste, de chemins de fer, etc.

La question a fait son ,chemin depuis lors. Si l'on en ,croyait aux affirmations des journaux, le différend aurait été définitivement tranché en faveur de la Roumanie et de la Serbie par ila Russie, J.'Autriche-Hongrie et l'AJ.lemagne marchant d'accord, tandis que l'Angleterre se rangerait du còté de la Turquie, pour la soutenir dans son refus de transiger: la France suivrait cet exemple, sans se prononcer ouvertement: les journaux d'ici ont eu soin d'ajouter que l'Italie s'était associée à la politique du Oabinet de Versailles.

Sachant, par ,J:a lecture des documents diplomatiques que V. E. a eu l'obligeance de me transmettre quel était le point de vue auquel se plaçait notre Gouvernement, moins directement intéressé dans cette affaire, si l'on ne tient compte que du degré d'importance des relations commerciales de l'Italie avec les Principautés Danubiennes, j'ai évité de m'en entretenir, à moins que l'on ne m'eut interpellé. Du moment toutefois que la nouvelle s'accréditait d'une solution de la question, j'ai cru à propos de demander au Secrétaire d'Etat ce qui en était, et surtout dans quelle mesure le Cabinet de Berlin avait appuyé l'initiative prise par l'Autriche-Hongrie de forcer la main à la Sublime Porte.

M. de Bi.ilow a bien voulu s'expliquer assez ,longuement avec moi !SUr la manière de voir et sur la ligne de conduite que le Gouvernement Impérial avait adoptées. Le Cabinet de Berlin souhaite vivement que la paix ne soit compromise d'aucune manière en Orient, et il veut contribuer de son mieux à empècher que des agitations politiques dangereuses ne se développent dans ces contrées. Lorsque l'Agent roumain à Berlin, M. Kretzulesco, à propos de la dénonciation faite par ,la Turquie de ses traités de commerce, vint parler au S.ecrétaive d'Etat du droit et de l'intérèt vita! que la Roumanie avait de régler elle-mème cette matière directement avec les Puissances étrangères,

M. de Bi.ilow qui, dit-il, veut meme ignorer le titre pris par cet envoyé d'Agent Diplomatique, fit bon accueil à ces ouvertures, en remarquant qu'il voulait bien dans un intérèt commun et général s'entretenir avec M. Kretzulesco d'affaires de commerce et autres analogues, mais qu'il tenait en mème temps à laisser complètement de còté tout ce qui touchait à la politique. La question fit l'objet d'un mur examen: elle eut à traverser plusieurs phases, des quelles il résulta ,combien il était malaisé de concilier toutes les prétentions, et com

bien il était facile au contraire de voir rs:urgir de graves ~complications politiques. C'est ce qu'on voulait ici empècher à tout pdx. Le Cabinet de Berlin se décida dès lors à suggérer lui-mème, (et sur ce point M. de Btilow ajoutait

• soit dit entre nous ») à l'Autriche-Hongrie et à la Russie, dont les intérèts matériels sont plus directement engagés dam; la question, de se mettre en avant et de poser à la Sublime Porte le fait d'une décision commune, mais dans des fo:rmes acceptables et ne compromettant pas les droits de la Puissance Suzeraine.

La forme adoptée dans ce but par les trois Puissances du Nord, est celle de conventions commer,cia,les avec les Principautés, négociées de Gouvernement à Gouvernement, mais signées et accomplies seulement par 1les Ministères des Parties contractantes, ,sans ,la ratification des Souverains. On espère gagner ainsi le consentement de la Sublime Porte, qui verrait sauvegardés de cette manière ses droits de Suzeraineté. Le Cabinet de Berlin a écrit dans ce sens à Constantinople depuis dix jour:s, et il attend encore la réponse du Gouvernement Turc.

Il me semble difficile que ce dernier pui.;s,se persister dans un refus absolu, car il ne se trouvera guère suffisamment soutenu d'autre part, et il redoutera que ìes trois Empires ne passent outre quand meme. Selon M. de Btilow, le parti que :l'an adopte aurait le grand avantage d'étouffer dans son germe une cause d'agitation, qui à un moment donné pourrait ~prendre de graves proportions, tandisque en fait le droit de Suzeraneité de la Sublime Porte serait reconnu et respecté.

La conver1sation s'est naturellement porté aussi sur la manière de voir de notre Gouvernement. J'ai eu soin de me tenir sur une grande réserve, en me basant sur les considé:rations que V. E., par l'entremise du Comte Robilant, a fait parvenir en Aout derni,er au Comte Andrassy, et sur la position de l'Italie, moins intéressée que d'autres Puissances dans cette question, quant à l'importance de ses relations comme:rciales avec les Principautés-UnieiS. M. de Btilow ajoutait ~cependant, sans autrement discuter notre attitude, que le Cabinet de BerUn aurait été heureux de voir le Gouvernement du Roi s'associer dans cette affaire à l'Allemagne, à la Russie et à l'Autriche-Hongrie.

A vrai dire, il me semble que, soUJs le rpoint de vue pratique des conventions comme:rciales diredes avec les Principautés Unies, l'Allemagne n'est, pas plus que nous, au premie'r rang parmi les intéressés à obtenir de la Sublime-Porte une concession qui, de toute manière, est importante, et qui colite tellement à l'amour propre de la Puissance Suzeraine. Le Cabinet de Berlin est évidemment mu par l'avantage qu'il y a pour lui, sous le rapport de sa poilitique générale, à pouvoir montrer qu'il marche d'accord avec la Russie et l'Autriche-Hongrie s:ur le terrain brulant de l'Orient, où l'an veut à tout prix qu'il aura un jour ou l'autre à choisir entre l'alliance des deux Empires. Il a trop d'intérèt à maintenir cette triple amitié, pour négliger une pareille

occasion.

L'Angleterre se tient naturellement à l'écart: si la Turquie juge à propos de céder, l'Angleterre se réglera en conséquence, ne pouvant, dit-elle, ètre plus turque que le turc lui-mème. Mais le Cabinet de St. James ne peut à moins que d'etre sérieusement alarmé et irrité, de voir ainsi disparaìtre peu à peu les résultats de la guerre de Crimée.

J'ai cru utile de résumer plus haut, de quelle manière lVI. de Bi.ilow m'avait exposé les vues du Cabinet de Berlin, sans m'arrèter à la considération que V. E. aura été sans doute renseigneé d'autre part des phases successives que cette question a parcourues.

(l) -Cfr. n. 161. (2) -Cfr. n. 175.
591

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 140. Roma, 4 novembre 1874.

Ella ebbe certamente prima d'ora conoscenza degli appunti che l'autorità politica di Pirano ha fatto al Signor Venier, R. Agente Comolare in quella località, per alcune parole che egli avrebbe pronunciate in un banchetto e che furono ritenute offensive per la persona ste,ssa dell'Imperatore.

Il Conte Wimpffen, appena di ritorno dal suo congedo venne ad insistere presso di me perché si togliesse al Signor Venier la qualità ufficiale di cui egli era rivestito. Le informazioni che io aveva ricevute dal Consolato di Trieste mentre attestavano la perfetta onorabilità del Signor Venier erano di indole tale da i'armi ,seriamente dubitare del fondamento delle accuse mosse a quel

R. Agente Consolare, il quale opportunamente interpellato avea risposto negando di aver profferito le parole attribuitegli.

Quando gli appunti fatti al Signor Venier fossero stati provati, il R. Governo non avrebbe esitato a prendere il provvedimento che 1a condotta di quel suo Agente richiedeva. Ma nelle circostanze speciali in cui questo affare si produceva noi avremmo preferito che il Governo Austriaco al momento di iniziare una procedura contro il Signor Venier ci avesse annunziato la sua intenzione di togliergli l'exequatur.

Non volendo però che da un incidente di nessuna importanza avessero origine infondati sospetti sul contegno che noi desideriamo sia tenuto dagli Agenti del Re nei porti Austriaci dell'Adriatico, abbiamo pensato che il modo migliore di terminare questo affare consisteva nel persuadere il Signor Venier ad offrire rla sua demissione non consentendogli più la natura dei suoi rapporti con l'autorità locale di di1simpegnare le attribuzioni prima d'ora affidategli dal

R. Governo.

Il Signor Venier essendosi pertanto dimesso dalla carica, il R. Consolato a Trieste mi ha recentemente annunziato di averne accettate le dimissioni. E sic,come l'importanza del posto di Pirano è minima, così a quell'Agenzia per ora non si provvederà con la nomina d'altro titolare.

Il Signor Conte Wimpffen avendo riferito al suo Governo il modo con cui quell'ineidente era stato risoluto, mi ha espresso i più vivi ringraziamenti per la prova di buona amicizia che il Governo Imperiale ha ravvisato nella condotta da noi seguita in questa occasione. Io sono ben lieto dal canto mio dell'esito che abbiamo potuto dare a questo affare di cui, a nostro avviso, era stata esagerata l'importanza e di cui avrebbesi forse potuto tirar partito per nuocere a quella intimità di relazioni che è nostra cura di mantenere col Gabinetto di Vienna.

592

IL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N.R. 7231. Roma, 4 novembre 1874 (per. il 5).

L'E. V. ha ·senza dubbio presente in quali termini mal definiti si trovi la questione della neutralizzazione del territorio dell'alta Savoia sancita coi trattati del 1814 e 1815, e come lo :stato della medesima non abbia subito trasformazione malgrado che da quel tempo le circostanze reciproche dei due Stati maggiormente interessati in tale questione, siano assai cambiate per effetto della cessione della Savoia fatta dall'Italia alla Francia.

L'interesse della difesa dello Stato m'induce oggi ad intrattenere l'E. V. intorno a siffatto argomento che dal lato militare è di notevole importanza.

Per primo mi occorre d'invocare l'attenzione di V. E. sovra lo spostamento sostanziale che la cessione della Savoia ha portato neHe condizioni reciproche dei due stati per rispetto ai benefici della neutralizzazione di cui parliamo. Mentre prima di quell'avvenimento la neutralizzazione dell'alta Savoia tornava a tutto vantaggio dello stato più debole, cioè del Piemonte, ed in tale intendimento era stata sancita coi trattati più sopra citati, nello stato attuale delle cose invece sta a tutto beneficio della Francia.

Se infatti siffatta neutralizzazione toglie a questa potenza, in caso di un conflitto coll'Italia, l'uso del breve tratto di ferrovia che costeggia il lago di Bourget, le porta d'altro lato gl'inapprezzabili vantaggi di guarentirla da ogni aggiramento sulla sua sinistra; d'intercettare la nostra linea di operazione del Cenisio per Chambéry, Aix, Culoz, ed il proseguimento di quella del piccolo

S. Bernardo per Albertville, Ugine, Annecy, Frangy e Nantua. Dai quali

vantaggi risulterebbero come necessarie conseguenze i :seguenti: l 0 Che le operazioni italiane sarebbero di necessità spinte verso Gre

noble e Lione, togliendo così all'esercito italiano la possibilità di evitare quelle piazze, ipotesi ammessibili specialmente in ca•so di un'alleanza Itala-Germanica;

2". che sarebbe impedito l'aggiramento dei Bauges, dal lato più accessibile per Ugine e Faverges, riuscendo per tal guisa sempre più formidabile quella posizione, ritenuta come la fortezza naturale della Savoia e la cui importanza viene ora accresciuta dalle già decretate fortificazioni di Albertville.

Io non ho certo mestieri di aggiungere considerazioni per far rilevare a

V. E. in quali sfavorevoli condizioni 1sia messa sotto questo punto di vista la Italia rispetto alla sua vicina, e quanto sarebbe perciò desiderabile che per accordo internazionale fosse a questo stato di •Cose portato rimedio informandosi allo spirito stesso dei trattati pei quali fu sancita la neutralizzazione.

Ad ogni modo poi importerebbe che fin d'ora, per poter stabilire su basi sicure gli studi militari d'ordine elevato ai quali attende il nostro Comitato

di Stato Maggiore, fossero ben chiariti quei punti che lasciano la questione in termini così vaghi.

Importerebbe prima d'ogni cosa di conoscere qual conto debba farsi al dì d'oggi dell'obbligo imposto alla Svizzera in favore del Re di Sardegna o del diritto facoltativo accordatole, come pretenderebbe quel governo federale, di occupare l'alta Savoia in caso di operazioni militari da quel lato.

In secondo luogo necessiterebbe che fo1s:se determinato se questa neutralizzazione debba intendensi in modo assoluto, o se debba per contro considerarsi come effettiva soltanto in caso che la Svizzera occupasse di fatto quel territorio colle sue truppe. Il precedente del 1859, cioè il fatto di essere gli eserciti francesi transitati per quel territorio senza aver suscitato proteste per parte deHe potenze neutre, escluderebbe per vero ~la prima ipotesi la quale ha inoltre contro di sé 1a mancanza di sicure garanzie. Ma l'E. V. comprenderà di quanta difficoltà sarebbe anche la pratica applicazione della seconda la quale per di più risulterebbe a tutto svantaggio nostro, inquantoché, condizionando la neutralizzazione all'occupazione effettiva del territorio in questione per parte delle truppe elvetiche, ~e deriverebbe che la Francia trovandosi sul posto avrebbe tutta la facilità di prevenire quell'occupazione, qualora il suo interesse glielo corusigliasse, mentre l'Italia sarebbe sempre nell'impossibilità di giungere prima che l'occupazione fosse un fatto compiuto, tanto più che per stabilire questo fatto basterebbe la sola presenza sul posto di pochi uomini armati che la confederazione potrebbe inviare anche prima della dichiarazione di guerra.

Esponendo a V. E. tutte queste ~condizioni io non dubito che troveremo presso l'E. V. tutto quel favorevole accoglimento ch'Ella non manca mai di porgere a tutte quelle sollecitazioni che si riferiscono ad interessi così vitali per la eststenza e la prosperità dello Stato come quelli militari, ed in questa certezza mi lusingo ,ch'Ella si compiacerà di darmi conoscenza di quanto nella sua 'saviezza l'E. V. troverà opportuno di fare per la definizione della questione di cui si tratta, nel senso il più favorevole pel nostro paese.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

(Ed. in L V 21, p. 257)

D. 96. Roma, 5 novembre 1874.

Ho ricevuto i rapporti di V.S. Illustrissima sino al N. 248 inclusivamente e le offro i miei ringraziamenti per le notizie in essi contenute.

Il Governo di Sua Maestà è stato ben lieto di sa~ere che le difficoltà che

esistevano fra 'l'Egitto e la Francia e che erano la causa principale del ritardo

nell'applicazione della ,riforma giudiziaria sono presso che completamente appia

nate. Della parte che direttamente od indirettamente noi abbiamo potuto avere

nell'assicurare il buon esito delle trattative, possiamo essere lieti e ci auguriamo che gli effetti degli accordi presi corrispondano alla giusta nostra aspettazione. Lo stato delle relazioni fra l'Egitto e la Francia durante gli ultimi tempi nuoceva (l) allo sviluppo delle istituzioni interne di codesto paese e conseguentemente esercitava anche sugli affari nostri una indiretta influenza che in vari casi avrebbe potuto riuscire perniciosa.

Nell'accordo delle Potenze noi vediamo invece la più salda guarentigia del buon esito della riforma alla quale ci siamo molto interessati.

Il Governo di Sua Maestà si era anche preoccupato dell'atteggiamento che aveva preso da principio il Governo Ellenico. La numerosa ed importante colonia greca stabilita in Egitto costituisce infatti un elemento di cui è impossibile non tener conto nella trasformazione degli attuali Ol'dinamenti giudiziari in codesto paese. * Il contegno del Governo di Atene avrebbe potuto dare qualche imbarazzo se sin da principio non si fosse veduto che la Grecia avrebbe associato la sua condotta a quella della Francia. Cessate le opposizioni di questa, anche ,la resistenza del Gabinetto di Atene doveva finire. E così è avvenuto infatti. In questi ultimi giorni il rappresentante di Grecia è venuto ad annunziarmi la risoluzione presa dal suo Governo di aderire alla riforma giudiziaria.

Il Governo del Re si lusinga ,che S. A. il Khedive avrà continuato a riconoscere di quale e quanta utilità gli è stato il costante appoggio ch'egli ha trovato nelle buone diisposizioni dell'Italia, dal ,contegno prudente e dall'azione moderatrice dalla quale ha dipeso in molta parte il risultato favorevole al quale pare che oggi si sia finalmente arrivati* (2).

594

IL MINISTRO A WASHINGTON, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 202. Washington, 5 novembre 1874 (per. il 23).

In questi giorni seguirono negli Stati Uniti le elezioni per la Camera dei Rappresentanti del prossimo Congresso. Un numero 'sufficiente dei relativi risultati è noto per poter giudtcare del ,carattere della futura Camera. Secondo le statistiche giunte in giornata, mentre nella Camera eletta due anni sono il partito repubblicano d1spone d'una maggioranza d'oltre a cento voti, nell'ora eletta H partito democratico avrà una maggioranza di 70 incirca. Né le votazioni ancora ignote saranno per modificare questo risultato. Mi basti citare che nella città di Nuova York si verificò uno spostamento di voti dal par

Sebbene sia ormai trascorso il tempo in cui sarebbe stato possibile tener conto delle lagnanze mosse dal Gabinetto di Atene, io prego V.S. di esprimersi con S.A. il Viceré e con i suoi Ministri nel senso di facilitare gli accordi, mediante quelle savie ed eque concessioni che a Sua Altezza sembreranno possibili senza che ne riescano alterate le basi dell'ordinamento ormai compiuto dei futuri tribunali egiziani».

tito repubblicano al democratico di circa 100.000 voti. Le elezioni per le autorità e pei rappresentanti dei singoli Stati diedero risultati analoghi.

Quale è la causa d'un sì radicale ed inaspettato mutamento nella posizione dei due grandi partiti? Le quistioni che in altri tempi dividevano l'opinione pubblica di questo paese, e 'Soprattutto quella dell'emancipazione degli schiavi, sono scomparse. L'idea del libero scambio non è adottata dal partito democratico senza grandi riserve, né sarebbe tale da entusiasmare queste popolazioni. Il presente fatto adunque non può essere interpretato che come una manifesta e.>pressione di censura contro il presente Governo. La condotta da esso seguita nelle complicazioni degli Stati del Mezzogiorno, di cui ebbi ripetutamente l'onore d'intrattenere l'E. V., ,le infelicissime scelte fatte dal Presidente per le più alte e delicate cariche dello Stato, l'associazione di esso con uomini politici eminentemente screditati, il sospetto che il Generale Grant aspiraSJse ad una terza elezione, la recente ,crisi finanziaria, ed altre cause minori produssero il presente effetto. I membri e gli organi del Governo si mostrano grandemente abbattuti, ed i democratici sono giubilanti poiché già si vedono in possesso dell'elezione della prossima presidenza.

Le conseguenze di questo importante avvenimento dipenderanno in gran parte dalla condotta che i due partiti seguiranno innanzi alla nuova situazione da esso creata. La Camera testé eletta radunerassi nel dicembre 1875, (la presente continuando a siedere fino al 4 marzo prossimo), ed allora assisterassi ad un fatto assai curioso. Per due anni il potere esecutivo troverassi innanzi ad una Camera nella quale esisterà una considerevole maggioranza contro di quello. E sarà d'uopo d'una grande prudenza dall'una parte e d'altrettanta moderazione dall'altra per non venirne ad una aperta lotta fra i due poteri. Lo spettacolo sarà interessante per lo studio delle istituzioni che reggono questo paese.

(l) -In LV 21 « ritardava •. (2) -In LV 21 invece del brano tra asterischi: • In un recente abboccamento che ebbi col Rappresentante di Grecia, ho saputo con piacere la risoluzione presa dal Gabinetto di Atene di dare la propria adesione al progetto di riforma, accettato ormai da tutti i Governi. A questo passo il Governo ellenico non si è deciso senza molta esitazione. Egli crede di aver fondata ragione di lagnarsi della parte secondaria fattagli in tutto questo affare. Lo ritiene poi ancora, dal fare l'atto formale di adesione, il dubbio di non poter avere nei futuri tribunali egiziani una congrua rappresentanza di magistrati chiamati dalla Grecia.
595

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 524. Madrid, 9 novembre 1874 (per. il 14).

Riuscirà facile comprendere come le condizioni disa:strose in cui versa la Spagna acquistino, prolungandosi, un carattere di gravità ogni giorno più sensibile. Le allusioni 'che intorno a ciò facevano in ispecial modo gli ultimi miei rapporti sono confermate da un'infinità di circostanze che non isfuggono neanche all'occhio meno osservatore. Pare del tutto improbabile che questo stato di cose posl.s.a protrarsi m01lto lungamente. L'inverosimile ipotesi che l'insurrezione Carlista riceva, prima della fine dell'anno, una decisiva sconfitta, sarebbe secondo ebbi più volte l'onore di dire a V. E., il segnale dello scoppio di mille complicazioni pel Governo del Duca della Torre. Da un'altra parte, se nessun serio succes'so verrà registrato nella sfera delle operazioni militari, è impossibile che la Dittatura possa indefinitamente sorreggersi. Presto ricorre l'anniversario del colpo di Stato. All'infuori del cantonalismo, quali

sono i p~S!si stati fatti verso il compimento delle promesse degli attuali governanti nell'assumere il potere?

Nel tracciare questa rassegna, non è mio animo di addebitare alla mano che tiene le redini dello Stato, tutt'intera la colpa della mancanza d'energia, deH'inerzia che contrassegna ogni atto del Governo; non è mio animo neppure di rappresentare in colori esageratamente tetri le nubi che offuscano l'orizzonte; ma purtroppo i fatti parlano da sè, essi posseggono un'eloquenza alla quale invano si cercherebbe ad oppo-rre qualunque argomento. L'Europa ha riconosciuta la Spagna; ognun sa .però i motivi che determinarono siffatto contegno e, del pari, nessuno ignora la poca portata che ciò ebbe sulla politica interna del Governo. N o n si rtpeterà mai abbastanza che tutto continua come per lo passato. Nè il Carlismo è efficacemente combattuto, nè è lecito rallentare nella benchè minima parte i rigori e ile restrizioni che chiudono l'adito alla più acerba opposizione, la quale senza il durissimo ststema dittatoriale ora in vigore, irromperebbe su tutti i punti.

Più di chicchessia sente e apprezza queste difficoltà il Duca della Torre, e maggiormente che mai, egli saluterebbe con gioia un mezzo atto a legalizzare la sua posizione, senza però farla uscire dal provvisorio che solo la tsostiene.

Desiderio di ristorare alquanto l'affievolito principio d'autorità nelle regioni governative, e far mostra di forza rimpetto ai partiti e all'estero, è la ragione cui va ascritta la circolare del Signor Sagasta da me testé inviata all'E. V. Da ogni lato il futuro tiene in serbo le minacce. Il partito Alfonsista, giudicando l'istante favorevole, va realmente molto agitandosi. L'opuscolo del Generale Letona, che pure trasmisi all'E. V., è un .indizio del lavoro che sta preparandosi nelle file dell'e1òercito. 11 Duca della Torre ne è preoccupato. Egli medesimo confessò a una persona degna di fede, la quale me lo partecipò, che dappertutto, ma principalmente nei corpi d'armata del Nord, l'Alfonsismo va rapidamente estendendo la sua influenza mercè •potenti appoggi. I poco soddisfacenti risultati delle armi repubblicane aiutano questa propaganda e sembra esistere o aJmeno simulasi la ·certezza che la proclamazione del figlio della Regina Isabella assicurerebbe la sottomissione del grosso delle fazioni Carliste. Alla fine di questo mese Don Alfonso raggiunge la sua età maggiore. Per solennizzare tale avvenimento, i lsuoi partigiani combinarono di rivolgergli un indirizzo munito di un numero imponente di firme, raccolte non semplicemente fra le alte classi, ma fra la borghesia, il commercio e il popolo minuto. Era loro intenzione insomma, di fare una dimostrazione pubblica e solenne, alla quale il giovane Principe avrebbe risposto con un manifesto il quale, vero programma politico, avrebbe stabilita la sua candidatura, non solo al cospetto della nazione che ambisce governare, ma al cospetto delle Potenze.

Il veto più a'ssoluto venne tosto espresso dal Potere esecutivo contro progetto siffatto; i promotori di esso furono ammoniti che la più grande severità verso qualunque tentativo di simil genere sarebbe stato il motto d'ordine del Governo. Il Signor Sagasta si riferisce chiaramente a ciò nel passo seguente della sua recente circo:are, il più importante forse che contenga, in cui dice che:

• Fintanto non abbia il paese p1·onunziata e decilsa la sua sorte, non permetterà il Governo che si spieghino altre bandiere a fronte della sua, imbarazzando 1la sua azione vigorosa ed energica, nella missione feconda, nell'opera patriottica •che ha intrapreso, pel feHce esito della quale, mentre sopra di lui pesa la maggior responsabilità, tutti debbono rprendervi uguale interessamento e tutti ponno raccogliere identica o maggior gloria •.

Si asserisce intanto •Che la ·contemplata dimostrazione non sarà più pubblica, ma •che l'indirizzo a Don Alfonso sarà privatamente sottoscritto dai suoi aderenti.

Non [parlerò delle vicissitudini de•l:la guerra civile. I piccoli successi delle truppe sono tenuti in bilico dai successi Carlisti, forse minori, ma significanti delila loro tenacità e facoltà di resistenza. De>ll'azione che sta combattendosi davanti I:run, le notizie :sono sino adesso inconcludenti e contraddittorie, ma non si .scorge sventurs.tamente l'inizio di una campagna :seriamente condotta. Il divisamento stesso annunziato ·che il Duca della Torre si porrebbe nuovamente aUa direzione delil'esercito, ha l'apparenza di es;;ere stato abbandonato, in ogni ·caso per ora, e con esso eziandio svanì la speranza un momento concepita di veder il centro della penisola spazzato dalle feroci guerillas che la devastano.

La ·stampa Spagnuola .rassegna l'incremento di vigilanza osservata alla frontiera dalle Autorità f•rancesi; ciò nondimeno l'opinione pubblica non cessa di riguardare :la •condotta ·ostile della finitima contrada, come la causa prima dello sviluppo del Carlismo. Nel parere di molti, l'attitudine della Prussia ha l'apparenza di e:ssel'ls.i modificata; all'ingerenza pa•lese ch'essa dimostrava prendere negli affari della Spagna, pare essere subentrata una prudente riservatezza. Nutriva il Principe di Bismarck qualche disegno oggi smesso, oppure lo ha egli posto provvisoriamente da banda? Tutto ciò che :si può affermare è che se era suo .s•copo di rendere più profondo l'ab~sso tra la buona armonia dei due popoli e di procacdarsi lungo una ·considerevole :porzione del confine francese un'alleanza, o se non si vuoi andai· tanto oltre una comunanza d'interessi finora sconosciuta, egli certamente riuscì nell'intento.

Confido la spedizione di questo rapporto a un corriere di Gabinetto.

596

IL MINISTRO A LISBONA, OLUOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 231. Lisbona, 10 novembre 1874 (per. il 5 dicembre;.

J'ai eu l'honneur de communiquer verbalement au Ministre des Affaires Etrangères de Sa Majesté Très Fidèle le contenu de la DépE>che de V. E. n. 89 en date du 29 Octobre dernier (1).

M. -D'Andrade Corvo s'est montré très ;satisfait de la réponse Italienne à la communication Portugaise faite à Rome par M. Tovar, et très reconnaissant des sentiments que V. E. a bien voulu me charger de renouvel:ler en cette occalslion au Cabinet de Lisbonne au sujet du vif intérèt de l'Italie envers le Portugal.

Le Ministre désire que 1le Gouvernement de Sa Majesté reçoive par l'entremise de la Légation Royale l'expression de reconnaissance du Gouvernement de Sa Majesté Très Fidèle.

Quant à la portée de la Communication Portugaise dont il s'agit, M. D'Andrade Corvo m'a dit voir avec pla1sk son idée si bien compdse en Italie comme en Angleterre. S. E. espère et lsouhaite que les éventualités Espagnoles ne deviendront pa1s un danger pour l'Europe en général ni pour ~e Portugal en particulier, mais que si une pareille hypothèse venait à se réaliser, l'objectif de sa démarche à Londres, communiquée aux Gouvernements amis, nommément à I'ItaUe, était •Celui de rappeler le Traité Portugai:s de la quadruple Alliance, traité qui tout en étant J.ettre morte dans les drconstances actuelles pour deux des Puissances signataires, ne devait pas l'etre pour Jes autres deux, le Portugal et ·l'Angletenre, laquelle tout en re·conna1ssant ses obligations avait répondu ne pas voir pour le moment l'urgence ni l'opportunité de son application, mais se 'réserver des futures négodations et se concerter le 'cas échéant avec les Putssances amies pour une action commune.

En définitive la pensée du Ministre Portugais m'a semblé, ni S. E. a cherché d'en détruire l'imp,ression, ètre celle de préparer ;la voie à une intervention en Espagne dans le cas exelusif que les éventualHés dans ce Pays deviendraient un danger pour l'Europe ou une menace manifeste pour le Portugal; Monarchique ConJstitutionnel.

J'ai Iu la presente Dépeche avant de l'expédier à S. E. D'Andrade Corvo, pour m'assurer si le compte rendu de notre convensation était correct.

(l) -Non pubblicato.
597

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1370. Berlino, 11 novembre 1874 (per. il 18).

Depuis mon rapport ·politique, N. 1367, que j'ai eu I'honneur de vou.;; adresser le 3 de ce mois (1), 'le Cabinet de Berlin a reçu de l'Ambassadeur du Sultan auprès de l'Empereur la communi!Cation de la réponse que la Sublime Porte faisait aux trois Pui,slsances du Nord, au sujet du droit que les P,rincipautés Danubiennes revendiquaient de 'conclure des accords commerciaux avec les Gouv,ernements étrangern. Au surplus, cette réponse a été publiée ,contemporanément dans les journaux de Vienne.

Ayant eu l'occasion de voir le Secrétaire d'Etat, je lui ai demandé si une déci!s:ion avait déjà été prise id au sujet de ,la ligne de conduite que le Gouvernement lmpérial aurait à suivre dans cette nouvelle phase de la question. M. de Biilow m'a répété les mèmes choses que j'ai déjà écrites à V. E. sur le point de vue auquel le Cabinet de Berlin s'était placé quant au :Cond de la question. Maintenant, la Sublime Porte exigeait de Bucharest la demande d'un placet, auquel le Gouvernement roumain ne veut ,pas se résigner: elle voulait soumettre aux ,s,ignataires du Traité de Paris les scrupules qui font l'objet de sa réponse, conçue d'ailleurs dans des termes très conciliants: mais, dans le fond, les idées développées dans cette réponse seraient faites pour soulever les difficultés politiques, qu'on tenait ici à éviter. Le Cabinet de Berlin voulait qu'on 1laissàt intacte la Suzeraineté de la Porte et les clauses du T,raité de Paris, tout en donnant 1satisfaction à des exigences d'intérét matériel, qui causeraient aisément une effervescence dangereuse. Le Secrétaire d'Etat exprimait de nouveau l'espoir que le Gouvernement Italien se déciderait à suivre la mème ligne de conduite que le Cabinet de Berlin.

Il faut donc attendre que le Prince de Bismarck prononce son avi,s sur le parti qu'il ,convient au Gouvernement Allemand d'adopter et qui ne sera pas sans avoir une importance sérieme camme précédent. Il paraìt que, pour ce qui concerne l'Empire d'Allemagne, on ne s'était peut-étre pas bien rendu compte jusqu'ici à Constantinople des conséquences que devait entraìner l'entente des trois Puissances du Nord.

(l) Cfr. n. 590.

598

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1371. Berlino, 11 novembre 1874 (per. il 18).

Le travai'l qui s'est accompli à la Conférence de Bruxelles est en ce moment l'objet d'un sérieux examen de la part du Département Allemand de la guerre, qui aura encore à s'en occuper pour quelque temps.

Quant à la suite que le Cabinet de St. Pétersbourg désire donner aux délibérations sur lesquelles les délégués des diverses Puissances sont tombés d'accord sous la réserve des décisions ultérieures de leurs Gouvernements reSipectifs, le Secrétaire d'Etat, M. de BiHow, s'exprime dans un sens entièrement favorable aux voeux du Gouvernement russe. C'est ce dernier qui a pri's l'initiative de proposer la réunion de Bruxelles.. et il est dès lors naturel qu'il propose dans quelle forme il convient d'en venir à un acte final, à un accord qui puisse correspondre au but humanitaire qui avait inspiré sa première proposition. Le Gouvernement Allemand, pour sa part, entend y contribuer de son mieux.

599

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 396. Thempia, 13 novembre 1874 (per. il 21).

J,l Generale Ignatiew dice a chi lo vuol intendere che se egli solo avesse dovuto fare al Governo Ottomano la dichiarazione del diritto delle Potenze estere a ,conchiudere direttamente ~colla Rumania accordi commerciali, vi sarebbe addivenuto in termini altrimenti energici e formali di quel che venne fatto nell'« istruzione " identica data inls,ieme con lui dagli Ambasciatori d'Austria-Ungheria e d'Allemagna ai 'rispettivi interpreti.

Tale affermazione dell'Ambasciatore Russo può aver per effetto di far supporre -lacchè può non es,sergli discaro -che esista una tal quale solidarietà dei predetti suoi CoHeghi con lui, nell'intenzione, in certa misura, di colorire sotto le riserve e le espressioni che si contengono nel documento in discorso, una dimostrazione di sentimenti non ostili alle idee accarezzate dai Rumeni anziché di dare un'attestazione di favore ai diritti assoluti accampati dalla Potenza Alto-Sovrana.

Questo Rappresentante Britannico segue, con non poca apprensione, la fase di tale quistione che accennerebbe ad as1sumere un carattere di ordine politico, che non aveva prima della interpretazione a cui si prestano le parole del Generale Ignatiew ed antecedentemente alle proteste contro il « nuovo colpo portato al Trattato di Parigi •, formulate nella Nota di Aarifi Pacha ai Gabinetti di Vienna, di Berlino e di San Pietroburgo.

Non v'è dubbio 'che il senso ed i termini di tale communicazione officiale del Ministro degli Affari Esteri è venuto precipuamente ad estendere le proporzioni d'una questione, ,che, senza troppo sospetto, poteva ritenersi ,come di interes1se anzi tutto commerciale.

Così è che mentre l'invio della Nota, tal qual'è, d'Aarifi Pacha può avere sorpreso non pochi di qui, ,che la ritengono come un atto quanto meno inopportuno, 'Si vorrebbe da taluni spiegare tal :fatto -senza che però si possa troppo leggerm,ente ciò ,credere -come l'effetto di un maneggio del Gran Vezir a danno delil'attuale Ministro degli Affari Esteri, persona a lui non grata, come troppo innanzi nel favore del Pdncipe.

La buona grazia del Sultano, da quanto può apparire, sarebbe del resto tuttora acquisita ad Aarifi Pacha e vuolsi d'altro lato da chi fa qui ancora pronostici, che essa in giornata sia meno assicurata ad Hussein Avni Gran Vezir, il quale non si ebbe speciali dimostrazioni di 'preferenza e di onore da Sua Maestà Imperiale nelle cerimonie 'PUbbliche e nei ricevimenti di Corte di questi giorni di « Bai:ram ".

600

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 538. Roma, 14 novembre 1874.

Ho ricevuto ieri cìaUa Legazione di Francia la comunicazione di cui qui unisco la copia (1). Per essa, il Governo della Repubblica invita ii.'Itaiia ad intervenire insieme ad altre Potenze ad una Conferenza diplomatica che dovrà provvedere per la formazione, la verifka e la conservazione dei tipi del metro. La conferenza si riunirebbe in Parigi il l o febbraio 1pross:imo. Vi interverrebbero i rappresentanti diplomatici ac,creditati presso il Governo francese ed uno o più delegati tecnici.

Mi propongo d'intendermi senza ritardo col mio collega, i1l Ministro della Pubblica Istruzione drca l'invio del Delegato tecnico e sulle istruzioni da da11si in occasione della Conferenza. Aspetterò però a rispondere all'invito che ci è fatto per mezzo della Legazione di Francia, finché non avrò da V.S. informaZiione d'una conversazione che io la [prego] di avere il più presto possibile col Duca Decazes.

Vorrei ,che V.S. esponesse a codesto Ministro degli Affari Esteri ilo stato della quistione nata in ,seguito alla partecipazione del Delegato pontifLcio nei lavori della Commissione del metro. Quella 'commÌISisione ·che avea, ~come EUa ben si rammenta un carattere strettamente scientifico, ha ecceduto, a parer nostro, i limiti del suo mandato, nominando un Comitato esecutivo. Alla nomina non ~concorsero i de1legati ital'iani e ~così noi non abbiamo rappresentanza nel Comitato medesimo.

Sarebbe desiderabile ·che padando al Duca Decazes, Ella, Signor Ministro, ricordasse le dichiarazioni che d vennero fatte dal Signor di Rémusat ed ottenesse dal!l'attua1e Ministro de~H Affari Esteri di Francia, la conferma delle medesime, se la Santa Sede dovesse essere rappresentata o diplomaticamente od anche semplicemente da un Delegato tecnico, l'Italia non prenderebbe parte alla conferenza e declinerebbe di accettare l'invito.

Per ciò ·che al Comitato si riferisce, io desidererei che il Duca De·cazes

conoscesse e,s,attamente 'Ì'l nostro modo di vedere, perché io spero che egli non

avrà difficoltà ad adoperarsi nel senso che quel Comitato abbia da ricevere

dalla •Conferenza diplomaHca il carattere che sinora gli è mancato e forse la

Conferenza stes,sa troverà utile di ~completarlo facendovi entrare anche i Dele

gati di Governi ·che rimasero esc,lusi nella prima composizione.

Appena io avrò avuto da V.S. la relazione del colloquio ·che Ella potrà

avere ~con codesto Ministro degli Affari E~steri, sopra l'oggetto sovra esposto,

mi farò premura di rispondere alla Nota della Legazione francese, ed io mi

lusingo che tale mia risposta .possa eslsere una adesione senza alcuna riserva.

(l) Non si pubblica.

601

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

L. P. Roma, 14 novembre 1874.

Sono da 4 o 5 giorni di ritorno a Roma e durante la mia assenza mi fu rimessa la vostra lettecra partkolare col telegramma e ~col dispacdo in data del 3 e del 12 ottobre (l).

Ho aspettato il mio ritorno 1per rispondervi, ma non voglio tardare più oltre perché presto si apriranno in Italia e ,in Francia i due parlamenti ed è probabile che nell'uno e nell'altro ls1i parli ancO'ra una voilta dell'« Orénoque •. Per conto mio, ~cercherò, secondo H mio uso, di non fare aLcuna pubblicazione. Mi limiterò, se mi riesce, e nel caso ch'io sia interpellato, a dare delle spiegazioni verbali che saranno corrette e non potranno sollevare da parte del Duca Decazes alcuna osservazione. Ma potrebbe anche darsi che fossi condotto a dove're pubblicare qualche cosa e lo foslsi specialmente in seguito alle pubblicazioni del libro giaHo francese.

Io 1ignoro che cosa H 1ibro giallo ·conterrà circa alla partenza dell'« Orénoque •. È probabile ~che contenga n dispaccio del Duca Decazes a Tiby. Ora io debbo informarvi a tal proposito che noi ignoriamo completamente il tenore di questo dispaccio. Tiby disse tanto al Presidente del Consiglio quanto al Segretario Genera,le, durante la mia assenza, ~che aveva ricevuto questo dispaccio e fece qualche apprezzamento intorno al 1suo soggetto, ma non ne diede lettura e non portò a loro conoscenza il suo contenuto. Questo dispacdo dunque non ci fu ~comunicato. Tanto Minghetti, quanto Artom si 'Hmitarono scrupolosamente a rispondere al Signor Tiby ch'essi non avevano che a riferirsi puramente e semplicemente alle dichiarazioni ufficiali ~che voi, in seguito alle istruzioni ricevute, avevate già fatte al Duca Decazes.

Ciò stabilito, se io dovei51Si pubblkare qualche 1cosa, pubblicherei il vostro dispaccio del 12 ottobre. Esso riproduce il telegramma del 3 e rende quindi inutile la pubblicazione di quest'ultimo. A questo dispaccio aggiungerei forse in nota H testo del mio telegramma del 6 ottobre (2). A proposito di tale dispaccio del 12 ottobre desidero dirvi il mio pensiero e rivolgervi una domanda.

Voi sapete quale fu sempre 11 nostro punto di vtsta durante le ultime trattative ufficiose pe~l ritiro dell'« Orénoque •. N o i non avevamo difficoltà a che i'l Governo Francese d dicesse ,che se il S. Padre si decideva a lasciare l'Italia ed esprimeva al Governo Francese n desiderio di partire su un legno francese esso avrebbe accolto quEJsto desiderio. Ma abbiamo sempre cercato di evitare la comunicazione ufficiale de1l bastimento determinato, a missione fissa, già pronto e preparato fin d'ora in un dato porto francese per tale eventualità. Non ritorno sui motivi altre volte esposti di questa distinzione. Infatti

quando mi faceste sapere che un mio telegramma poteva bastare, questo telegramma del 6 ottobre fu, nel suo primo periodo credatto in modo da non collegarsi con una tale comunicazione. Ora è vero ,che il vostro dispaccio è redatto in modo ,che H mio telegramma si collega colla domanda " 'come il Governo del Re avrebbe considerato il caso possibile della partenza di Sua Santità e del suo eventuale imbarco su un legno francese ». Ma ciò non toglie che la éomunicazione del • Kléber • ci ricompaia, anzi vi si produca in prima linea, e innanzi della accennata domanda.

Io dunque desidererei, 1per più riguardi e 1o:pecialmente trattandosi di una pubblicazione pel Parlamento di potere modificare il vostro dispaccio nel modo seguente: dopo ;le parole " Le riferii rper corrispondenza tele~rafica • « S.E. il Duca Decazes m'annunziò verbalmente il 3 ottobre che il Gabinetto di Versaglia aveva l'intenzione di richiamare l' "Orénoque" da Civitavecchia. Nel farmi questa ,comunicazione il Ministro Francese degli Affari Esteri mi richiese di conoscere come ~l Governo del Re avrebbe considerato il caso possibile della partenza del S. Padre dall'Italia e deWeventuaie imbarco di Sua Santità su un legno francese, quando Ella avesse scelta la via del mare. S. E. il Duca Decazes soggiunse che tale domanda era motivata da ciò che nel caso in cui Sua Santità, •contro il desiderio del Governo francese, si fosse risolta a lasciare l'Italia ed avesse manifestato l'intenzione d'imbarcarsi su un legno francese, il Governo france1se, desiderando di continuar sempre a dimostrare la sua rispettosa sollecitudine pel Sovrano Pontefice, si sarebbe affrettato di rispondere a questo suo destderio , .

Quando il paragrafo fosse modificato in tal modo quella parte del vostro dispaccio che comincia " In quanto all'informazione che S.E. aveva voluto ,, e finisce colle parole " speciale osservazione per parte del R. Governo , non avrebbe più ragion d'essere e verrebbe soppressa.

Questa è la modificazione che desidererei poter fare e che mi parrebbe assolutamente preferibile. Che se voi. allo stato attuale delle cose, non lo credete pos,sibile, vi propongo in seconda Linea, quest'altra modificazione. In seguito al paragrafo quale l'ho trascritto, modificandolo dal vostro, in questa lettera, aggiungere " S.E. il Duca Decazes non mi lasciò ignorare che il Governo francese avrebbe tenuto in uno dei porti francesi del Mediterraneo un bastimento a disposizione del S. Padre per tale eventualità •. Con questa seconda modificazione la parte del dispaccio che vi accennai pm sopra come soppressa sarebbe ristabilita ma modificandone le ultime parole nel modo seguente: " Osservai che una tale misura riguardava esdusivamente il Governo francese e che quindi il R. Governo non aveva ad esprimere alcuna opinione in proposito •. In tal modo il "Kléber • verrebbe almeno in seguito alla domanda principale e verrebbe come una informazione e non come una vera comunicazione.

Ma per fare o la prima modificazione che preferisco od, almeno, la secon

da, ho bisogno di sapere se le comunicazioni da voi avute col Duca Decazes

la rendono possibile. Ho anche bisogno di sapere se essa è compatibile col

dispaccio al Signor Tiby, benché il Governo italiano non abbia avuto comu

nicazione di questo documento.

È d'uopo anche in questo affare che ,io mi preoecupi della Camera, perché, quando anche i ballottaggi di domani ci diano una sufficiente maggioranza, l'opposizione verrà in Parlamento numerosa, ambiziosa e battagliera.

(l) -Cfr. nn. 555, 557, 570. (2) -Cfr. n. 561.
602

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 431. Tunisi, 17 novembre 1874 (per. il 25).

Col ,corriere della passata settimana mi è pervenuto il riverito disrpacdo confidenziale di V.E. (1), ed ho preso attenta lettura del suo contenuto. Non ci volile molto tempo dopo il mio ar11ivo in Tunisi per avere largo campo a so:spettare deille intenzioni della Francia di procurarsi qui una influenza esclusiva e for:s'anco n possesso di quakhe lembo di territorio tunisino: -intenzioni che in appresso mi vennero svelate dall'istesso mio Collega di allora il Signor Duchène de Bellecourt il qua1le, in .certi momenti di abbandono, non mi ta,cque neppure •Che i1l Maresciallo Mac Mahon in quel tempo Governatore Generaile dell'Algeria trovava necessario per mantenere ivi la tranquillità doverlsi ridurre il Bey allo stato d:i 1satemte obbligato delLa Francia. Ed a questa politica si sono sempre inspirati gli Agenti francesi nella Tunisia preparandone •con ogni mezzo ·H terreno, come p.e. la privativa del telegrafo, l'introduzione di un Ispettore dii Finanze francese nel Comitato Esecutivo della Commissione Finanziaria Internazionale, ed i tanti altri tentativi di questo genere ·che per forrtuna andarono fawliti, tra .cui non ultimo queLlo della concessione ad una Compagnia francese d:i 'certe determinate miniere colla facoltà per esportarne i prodotti di ridurre lo scalo di Biserta più accessibile alle navi, loeché per la •costruzione di appositi stabiHmenti e per la presenza di molti operai ed impiegati finilrebbe .per fa;rne una vera .stazione francese.

I·gnoravo sino ad oggi che la Francia avesse pure ·rivolto le sue mire persino aWisolotto di GaHta cui non saprei dare importanza di sorta, e l'avviso pervenuto a V.E. non dev'eslsere privo di fondamento, pevché da circa 3 anni essendosi colà ,stabilita dandestinamente una povera :liamiglia siciliana, la quale appropriatasi una spelonca ad uso di abitazione tirava partito del poco terreno coltivabile, i:l Governo tunisino spinto dal Consolato di Francia vi spediva nell'autunno scorso l'uno dei suoi vapori per intimare alla medesima l'ordine di andarsene, •eome difatti se ne andò ricevendo sulle mie istanze a titolo d'indennità la •somma di piastte mille.

Ma se da una parte mi tengo •Come sentineLla all'erta, e non lascio per mezzo di persone fidate del Bardo d'ins1inuare neLl'animo del Bey i timori che ispi.ra la Francia per l'avvenilre della Reggenza, non sono dall'altra tranquillo sinchè dmane al potere il Generale Khereddin, né vedrei mezzo più ac,concio per impedire ogni qua'lunque !sorpresa che l'indurre la Sublime Porta ad esercitare un'azione più diretta sul Bardo.

22 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. V

(l) Cfr. n. 585.

603

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2412. Parigi, 18 novembre 1874 (per. il 21).

Riferendomi ai dispacci di Serie politica nn. 529 e 535 che l'E.V. mi fece l'onore d'indirizzarmi in data dei 7 agosto e 5 settembre ultimi (l) circa il Tribunale misto istituito nella Reggenza di Tunisi con un decreto del Bey in data del 6 'luglio 1874, mi pregio di qui unita inviarle la copia d'una Nota verbale che m'è stata consegnata da S.E. il Duca Decazes in risposta a quella ch'io aveva rimessa al Ministro degli Affari Esteri conformemente alle istruzioni ,contenute nei diiSIPacci sovracdtati.

ALLEGATO.

DECAZES A NIGRA

NOTA VERBALE. Parigi, 31 ottobre 1874.

M. le Ministre d'Italie à Paris a remls au Ministre des affaires étrangères, sous la date du 8 Septembre dernier une note verbale exposant les raisons qui engagent le Gouvernement Italien à ne pas adhérer, quant à présent, comme l'ont fait la France et la Grande-Bretagne, à la constitution d'un tribuna! de paix mixte dans l'"Etat de Tums.

Le Gouvernement Royal se croit fondé à objecter d'abord contre l'institution, par simple décret du Bey et sans entente préalable avec les Puissances intéressées, d'un tribuna! appelé à rendre la justice aux ressortissants de ces Puissances. En second lieu, le Cabinet Italien ne considère pas comme admissible que ses nationaux soient soumis à des juges qui ne représentent ni la juridiction territoriale ni la juridiction d'origine.

Pour ce qui concerne le premier point, le Gouvernement Français n'hésite pas à déclarer qu'il est tout à fait d'accord avec le Gouvernement Italien sur les principes qui doivent régler toute modification de l'organisation judiciaire applicable à leurs nationaux respectifs en Tunisie. Aux yeux du Gouvernement Français comme à ceux de M. Visconti Venosta il serait absolument inacceptable que le Bey prétendit déroger, par une disposition unilatérale, à ce qui est établi en cette matière dans ses Etats. Mais, ainsi qu'il est constaté dans le décret mème du Bey, cet acte n'a été promulgué qu'en vertu de l'acquiescement préalablement donné par les représentants de la France et de l'Angleterre, à la suite de pourparlers dans lesquels l'innovation proposée avait été discutée de concert avec le Représentant d'Italie. L'accord est demeuré, il est vrai, purement verbal; mais le mode un peu sommaire d'après lequel on a procédé, a semblé le mieux approprié à la portée restreinte et au caractère plutòt provisoire des arrangements que l'an convenait de prendre. Si, par la suite, on reconnaissait opportun de soumettre à un remaniement sérieux les institutions judiciaires applicables aux résidents étrangers en Tunisie dans leurs rapports avec les indigènes, il serait toujours temps d'entourer de formes plus solennelles l'inauguration définitive du nouveau régime.

Quant à la seconde observation transmise par M. le Chevalier Nigra, il y a lieu de remarquer que le principe des juridictions mixtes est depuis longtemps en vigueur dans les pays soumis au régime des Capitulations. C'est ainsi que le

Tribuna! de Commerce et le tribuna! Maritime, appelés à juger les causes entre étrangers et indigènes à Constantinople, se composent de juges qui sont nommés en partie par la Porte, en partie par les chefs des Missions diplomatiques étrangères et qui représentent par conséquent, sur les memes bancs, des souverainetés distinctes. Les Commissions mixtes qui ont fonctionné dans la meme ville, pendant une quarantaine d'années, de 1820 à 1860 environ, pour le jugement des procès entre étrangers de nationalités différentes, étaient instituées d'après des règles analogues et il convient de remarquer que leur formation, de meme que leur abolition, n'ont été consacrées que par de simples arrangements verbaux, arretés entre les Puissances intéressées. Ces exemples, venant à l'appui des arguments de droit qui précèdent, paraissent au Gouvernement Français de nature à justifier l'établissement du tribuna! créé à Tunis. Il ne considère pas cependant comme close la négociation à laquelle cette affaire a donné lieu et il serait heureux de toute circonstance qui permettrait d'espérer l'adhésion du Gouvernement Italien à une institution qui, d'après l'empressement avec lequel elle a été accueillie par une grande partie de la Colonie étrangère à Tunis, paraìt répondre à un intéret sérieux.

(l) Cfr. nn. 478 e 538.

604

IL MINISTRO A L'AJA, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 118. L'Aja, 19 novembre 1874 (per. il 23).

Rifacendomi sul mio Dispaccio di ieri, N. 118 di questa serie (1), ho l'onore di qui acdudere la lettera ·che il Signor de Willebois mi ha scritto di propria mano, onde esplorare se la nomina del Signor Westenberg a'l posto del Signor Van der Hoeven può tornar gradita a S.M. il Nostro Augusto Sovrano.

Nel far la scelta del Signor Westenberg, di .preferenza ad altro membro del Corpo diplomatico, so che il Willeboi's, a cui son noti, come il sono a me stesso, i sentimenti particolari del Signor Westenberg verso l'Italia, di cui conosce la 'lingua e può parlarla, ha voluto aver presso di noi un rappres·entante efficace di quei sentimenti medesimi onde il Governo Neerlandese è animato verso il Governo Italiano.

Se fo1s1se possibile di ragguagliarmi per mezzo del telegrafo rispetto al risultato di questa •Comunicazione confidenzia·le, io ho ragione di credere che questo Ministro degli Affari Esteri sarebbe grato non meno all'E.V. che a me medesimo per questa sollecita risposta.

ALLEGATO.

WILLEBOIS A BERTINATTI

L'Aja, 19 novembre 1874.

Comme suite à l'entretien que j'ai eu l'avantage d'avoir avec Vous avant hier. j'ai l'honneur de Vous informer que je suis en mesure de proposer au Roi la

nomination de M. Westenberg, actuellement Ministre Résident à Washington, au poste vacant à Rome, du moment que j'aurai acquis l'assurance que ce Diplomate peut ètre considéré par moi comme persona grata à la Cour de S.M. le Roi d'Italie. Votre Auguste Souverain.

Je prends donc la liberté de Vous prier de bien vouloir confidentiellement me renseigner sur le résultat de la délicate mission que je me permets de confier à Vos bons soins...

(l) Non pubblicato.

605

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Parigi, 19 novembre 1874.

Ho rkevuto jer l'altro a sera la vostra lettera del 14 corrente il'ecatami dal co:rriere Armhllet (1). Spedisco oggi lo stesso 'corl'iere con questa mia risposta, :che m'af:liretto a darvi dopo aver avuta una conversazione col Duca Decazes.

Consento interamente con voi sulla preferenza da dal'si ad una spiegazione verba~e fatta in Parlamento in seguito ad interpellanza, su1la pubblicazione di documenti relativi all'affare dell'• Orénoque •. Nel caso in cui sia indispenlsabile la pubblicaziooe di documenti, ed ove sia giudicata utile una modifi:ca~ione nella l'edazione del mio dispaccio del 12 ottobre (2), non posso a meno di dirvi schiettamente ~che la 1prima combinazione di :coNezione proposta nella vostra lettera non mi sembra possibHe. Il mio dispaccio fu letto da me a Decazes, appunto pe,r~ché non fosse poi contestato, 'come non fu quando lo lessi. Inoltre il Duca Decazes si mostrò costantemente risoluto a non rinunziare alla comunicazione da lui fattaci sulla destinazione d'un altro bastimento, in un porto francese, a di1sposizione del Papa pe1l caso della partenza di Sua Santità. Questa ~comunicazione si trova nel dispaccio a Tiby; e fu fatta a me espressamente dal Duca Decazes. In tale stato di cose, noi possiamo avere il diritto di rispondeTe a quel1la ~comunicazione nel modo ~che crediamo, ma non possiamo né impedirla né distruggel'la, e sembrami anche ~che vi ,sarebbe qualche cosa di meno serio nell'aver l'aria di dissimularla. Bensì la vostra !seconda combinaz,ione mi sembra accettabile, giacché in sostanza non si tratta più che d'una trasposizione di periodi, la quale ha :senza dubbio la ~sua importanza, ma non altera :l'essenza dei fatti e della loro relazione. Voi potete quindi far operare questa 's:econda modificazione. Vi prego soltanto di sostituire alla frase da voi proposta • e che quindi il R. Governo non aveva ad esprimere alcuna opinione in proposito " quest'altra: « e che quindi il R. Governo non aveva a pronunziarsi in proposito ".

Passo ai documenti francesi. Ho impegnato Decazes a far come voi, cioè a non pubbHcare niente nel libro giallo, ed a limitarsi a rispondere ad inter

pellanze che gli verranno fatte. Il Duca Decazes, a vero dire, era già disposto a far così, ma pendeva ancora in quakhe incertezza. Ora dopo la convel'lsazione che ebbi ·con lui, mi sembra ,proprio risolto a non far pubblicazioni nel libro giaUo intorno all' • Orénoque •. Se H Ministro francese dovesse entrare nella via delle pubblicazioni in ordine a questo incidente, la sua situazione non mancherebbe d'es·sere difficile e delicata. Se non pubblica i principali do.cumenti in totaHtà, sarebbe criticato ed accusato. E d'altra parte egli non si crede in diritto di pubblicare 'la lettera del Papa, e ad ogni patto non vuoi pubbHcare queUa del Maresciallo a Sua Santità. Adunque fino a questo momento Decazes è deciso a non far 'pubbUcazioni. Nel caso poco probabile in cui si vedesse costr,etto a fare una pubbUcazione su questo argomento, egli mi ha promesso di farVi comunkare pdma officiosamente il dispa~ccio da lui scritto a Tiby.

A questo modo voi potrete aLl'uopo fare le osservazioni e le riserve che crederete. L'incartamento francese :relativo aH' • Orénoque • si compone, all'infuori del vostro telegramma del 6 ottobre, dei documenti seguenti, cioè:

l) Lettera del Maresciallo di Mac Mahon al Papa; 2) Lettera, in latino, del Papa al Maresciallo. Questi due documenti non furono veduti da me. L'origine da cui emanano non ne permette, in ogni caso, la rpubbUcazione ufficiale. Forse se ne potrà leggere qualche periodo dalla tribuna. 3) Dispaccio di Decazes a Courcelles. Non sembra pubblicabile nemmeno esso, perché si riferisce alle lettere sopra citate. 4) Dispaccio di Decazes a Tiby, con cui quest'ultimo è incarkato di notifkare al ndsrtro Governo i!l ritiro dell' • Orénoque • e la decisione presa dal Governo francese di tenere un altro ba1stimento, in un porto francese, a disposizione di Sua Santità. 5) Dispaccio di Tiby a Decazes con cui il primo rende conto della comunicazione fatta a Minghetti in vostra assenza.

In caso di pubblicazione ne1l libro giaHo, sarebbero probabilmente questi soli due ultimi dispacoi ·che verrebbero portati a notizia dell'assemblea e quindi del pubblico. Il Duca Decazes m'ha dato 'lettura di questi due documenti. Nel secondo di essi il <linguaggio tenuto da Minghetti è conforme a quello che voi avete sempre tenuto e le sue parole mi sembrano riferite con suffkiente esattezza. Quanto al primo, che è il più lungo e il più importante, ecco quello che posso dirvene per quanto m'è permesso da una rapida e fugace lettura. Sostanzialmente esso non contraddice né al vostro telegramma né al mio dispaccio del 12 Ottobre. lVIa contiene lunghe osservazioni storiche e politiche, intorno alle quali voi forse stimereste di fare opportune riserve. Questo dispaceio insiste sulla parte speciale che la Francia ha sempre preso a1la tutela della libertà del pontefice, della sua sicurezza ecc., e lascia credere che quest'attitudine della Francia, quels,ta sua posizione rispetto alla S. Sede, questi suoi doveri, non trovarono opposizione o contestazione per parte dell'Halia. La stes-sa permanenza deW • Orénoque » a Civitavecchia non diede mai Juogo a contestazione né a reclamo per parte del Governo del Re. La Francia, col richiamo detll' « Orénoque », non intende dipartirsi dai suoi :sentimenti e dalla sua attitudine piena di vigile interesse per la persona del Santo Padre ecc., e quindi un altro bastimento !sarà tenuto, in un porto francese, a d.il:ìposizione di Sua Santità ,pel caso in ,cui il Papa si decidesse contro il comune desdderio dei due Governi a lasciar li.'Hal1ia. Questi, per quanto dcordo, sono i soH punti intorno ai quali v'i sarebbe quakhe os,se,rvazione a fare, ove il dis,paccio dovesse esserci comunicato uffidalmente. Tuttavia, ben riflettendo, pare a me che di questi punti, i primi non hanno che il carattere d'apprezzamenti storici, poco atti a fornir ia base d'una discussione pratica; agli altri risponde abbastanza ~colla perentoria 'concisione propria di tal genere di corrispondenza il vostro telegramma del 6 (1). Così 'che ripeto ,che in sostanza il dis1paccio a Tiby non infirma né ,contraddice ,i nostri documenti. Questa è almeno la mia impressione in seguito ahla fuga,ce lettura di quel documento. Del resto, se il dispacdo dovesse pubblicavsi, ne giudicherete voi stesso prima della pubblicazione.

(l) -Cfr. n. 601. (2) -Cfr. n. 572.
606

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Parigi, 19 novembre 1874.

A_jpprofitto dell'occasione sicura del Corriere di Gabinetto per parlarvi di varii affari speciali, alcuni dei quali sono abbastanza deHcati.

l) Conferenza del metro. M'avete scrr-itto ufHaialmente, in via l'Lservata, su questo proposito, il 14 corrente (2). Prima di rispondere all'invito francese, voi desiderate essere assicurato su due punti. In primo luogo domandate la conferma dell'assicurazione dataci da Rémusat che l'incidente Secchi non si rinnoverebbe. In secondo luogo domandate che H Comitato riceva dalla nuova conferenza il ,ca,rattere internaziona,le ed amministrativo che finora non ebbe e sia completato con membri delegati dai Governi che, ,come !"Italia, non vi furono rappresentati. Ebbi a questo proposito una conversazione col Duca Decazes. Gli spiegai ll.a 1sdtuazione e gli feci ,le due domande. Quanto alla ,prima, Decazes non esitò a confermarmi l'assicurazione data da Rémusat. Nessun delegato tecnico o diplomatico deHa S. Sede sarà invitato a prender parte alla nuova conferenza.

Quanto alla seconda, si riservò di ,conferke col suo collega dei Lavori Pubblici per avvi:sare al modo pratico di darci lsoddisfaz;ione anche in ciò.

Quando avrò avuto la ristPosta su questo secondo punto, ve ne scriverò d'ufficio (1). Ma ho voluto intanto rassicurarvi fin d'ora intorno al primo punto.

2) Incidente Baragnon a Venezia. n Duca Decazes, aderendo immediatamente al deside·rio che m'avete fatto espll1imere a nome del R. Governo, richiamò H S!Lgnor Baragnon da Venezia. li!. rkhiamo e l'arrivo in Francia di quel vice 'console sono oramai dei fatti compiuti, ed un nuovo titolare sarà mandato a Venezia.

3) Machiavelli. Voi avete nominato recentemente il Signor Machiavelli come VIce Console a La Calle ed io fui 1in1caricato di domanda:re qui H relativo exequatur. Ora H Duca De•cazes mti. prega inJstantemente di non mandare il Machiavelli a La Calle. Questo nos.tro ufficia1le •consolare gli fu segnaJato come animato di spirito ostile alla Francia, ed è accusato al Ministero francese degli Affari Esteri d'avere affiché in Tunisi relazioni assidue ed intime con agenti germanki. Il Duca Decazes non desidera intavolare una discuJssione ufficia,le intorno a questo argomento. Ma non è disposto ad accordare l'exequatur. Vorrebbe (e mi disse di farvene espressa preghiera) 'Che senz'altro voi poteste dare un'altra destinazione al Signor Machiave1li.

4) Squadra francese a Messina. Hecentemente una Squadra francese fece approdo a Mess1ina. H Comandante del porto fece osservare, secondo quanto mi disse i'l Duca Decazes, al Comandante della squadra, come regolarmente non po1s1S'ano entrare in un porto del Regno più di tre legni da guerra d'una stessa bandiera, e come il Comandante ,sia obbligato a far conoscere la durata del soggiorno d'un bastimento o di bastimenti esteri nel porto. Il comandante francese riferì che il Capitano del ,porto di Messina nell'eseguire questa sua incombenza, ed in generale nel;l'attitudine da lui tenuta, non fece prova di quell'urbanità alla quale •le navli francesi furono 1sempre ac.costumate nei porti italiani. Il modo, più ,che la cosa, dilspiacque, e fece penosa impressione sul comandante e sugli ufficiali della Squadra. n Duca Decazes mi .prega di segnalarvi questo fatto. E~li teme che, precisamente per la •partenza delil' • Orénoque •, non s'ingeneri ne,lJ.e nostre autorità marittime una specie di sospetto, che si traduca poi :in un'attitudine meno benevola e meno ·cortese. Toc•co una corda delicata. Ma pa,rlo con voi che •capite anche quello ·che non scdvo. Decazes si mostra molto preoecupato di oiò, eome d'ogni •Coisa che possa menomamente alterare le buone relazioni de'i due paesli. Voglia-te parlarne confidenzialmente col Ministro della Marina. Sarebbe forse utile ·che il Capitano del porto di Messina fosse avvertito d'aver a usare sempre i modi i più cortesi, ben inteso facendo sc1rupolosamente il dover suo. Si possono dire e fare cose anche sgradevoUssime nel fondo, colle forme le più urbane del mondo. Il Ministro della Marina vedrà se non giovi anche estendere le sue istruzioni agli altri Capitani di porto del Regno.

5) Convenzione monetaria. L'Austria domanda, a quanto ~are, d'entrare nella .lega monetaria. Fui interrogato da Decazes e dal Ministro di Sv1izzera intorno alle intenzioni del R. Governo a questo riguardo. Voi sapete che fu

convenuto l'anno ~.::'corso che oramai per l'entrata di nuovi Stati nella Lega Monetaria era necessaria l'adesione dei singoLi Stati 'contraenti. Vi ho alla mia volta ~interrogato in proposito con te·legramma. N o n ebbi ancora risposta. Vi sa: 2i grato di mettermi nel caso di ;soddisfare al desiderio .che mi fu espresso.

Vi dò ora quakhe ragguaglio della poiliHca interna della Francia. II Governo fa grandi sforzi per giungere alla così detta congiunzione dei centri. Combattuto a :sini,stra, abbandonato ed osteggiato dall'estrema destra, ii Governo del Ma,resdallo non vede altra via di salute che la detta •Congiunzione. Per consiglio di Deca:ws, e credo anche di Bro,glie, il Maresciallo fece ·chiamare Dufaure ed ebbe ,con lui una 'lunga .conferenza. •Ignoro i particolari di questa conversazione, ma Decazes mi ha detto che I'ac,col'do con Dufaure è fatto, e che fu convenuta una ,redazione, accettata utrinque, ,che modifica in parte i,! primo progetto di Legge costituz,ionale che porta il nome di Dufaure. Rimane ora a vedere l'efficacia di tale accordo, ove persista fino all'apertura dell'Assemblea, e conve;rrà anche preoccuparsi del numero di seguaci che Dufaure tirerebbe con sé. La situazione non ls;i può quindi dke ancora molto mig1imata. È molto probabile che poco prLma o poco dopo la riunione dell'Assemblea vi sarà un rimpasto ministeria,le, il quale tuttavia Jascierebbe intatto il Decazes. II l'limpa,s•to si farebbe per dare una determinata soddisfazione al centro sinistro, e più specialmente alla parte di ,cui :il Dufaure è uno dei capitani. Comunque sia, io pe11S1isto nell'antica opinione •che si può fol'molare a questo modo: • Permanenza del Maresciallo a •capo de;! Governo; .permanenza dell'assemblea presente; quanto al paese, tendenz.e ed elezioni divise fra repubblica ed impero •.

(l) -Cfr. n. 561. (2) -Cfr. n. 600.

(l) Cfr. n. 609.

607

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 1989/482. Londra, 20 novembre 1874 (per. il 24).

Sebbene, per quanto a me ·consta, il Governo del Re non abbia finora presa una parte attiva nell'affare, cui diede luogo la determinazione dell'AustriaUngheria di stringe·re una ·convenzione coi Principati Danubiani in materia di Dogane st1mo opportuno di recare a notizia di V. E. ciò ·che mi fu dato ·Conoscere qui sul trattamento di questo affare presso questo Governo.

I pal:-:~si iniziati e che tuttora si fanno qui dal:l'Austria hanno sostanzialmente per iscopo di far sì che l'InghHtena non vi opponga delle difficoltà. I principali motivi che essa qui fa valere sono .innanzi tutto le disposizioni del Trattato di Parigi del 1856, e quelle del successivo 1858 date col regolamento dei Principati. Queste disposizioni sancivano l'autonomia dei Principati, e la Ioro indipendenza per la loro interna amministrazione e pel loro commercio; ora sarebbe ev1dente ·che se els;si non potessero regolare, concordandosi cogli altri Paesi, ,la loro tariffa di Dogana e stipula1re intorno alle loro relazioni col l'Estero per lo spaccio dei loro prodotti, la loro libertà ed indipendenza amministrativa e commerciale sarebbe apertamente contradetta.

I precedenH poi vengono in appoggio della tesi dell'Austria e dei Principati; poiché 'convenzioni .sulle po,ste e sui telegrafi furono fatte dai Principati, e ciò non fu !dputato contrario al T,rattato del 1856 ed ai diritti della Turchia, né sollevò tampoco per parte di questa akuna obiezione.

Si aggiunge che aUorquando il Principe Cado assunlse la corona dei Principati fece bensì la rinunzia al diritto di stipulare trattati, ma questa rinunz1ia fu espUcitamente ristretta al diritto di stipulare trattati politici.

Se po1i si esamina lo scopo che l'Alte Parti ·contraenti .si proposero nel Trattato del 1856 non potrebbe a meno di trovarvi·si una giustificazione ancora maggiore dii dò che i Pr:incipati e l'Austria ora sostengono.

Di fatti si voUe ·con quel T.rattato dare ai Principati una organizzazione ed una indipendenza, la quale, pur dspettando [a Sopra-Sovranità della Turchia, ili ·costituisse in forza sufficiente a reggersd da loro 1stessi ed a sviluppare le lloro D1sorse, e si volle chiudere affatto la via a quelle ingerenze nel lloro reggimento interno per parte della Turchia, le quali avrebbero provocato inge-· renze simHi per parte della RU1~1sia e la ri[>~roduzione di quella lotta d'influenze, d'ingerenze e di interventi, ·che pe~r lo passato era stata tanto fatale. Ora niuno non vede che seguendo nell'affare di cui si tratta le pretes1e della Tuvch>ia, si andrebbe del tutto per la via e per 1lo s1copo opposto.

Per altra parte poi, l'Austria ·constata ed insiste nel far rilevare, che il

suo .contatto ·COi Principati Danubiani ed i suoi interes1s1i commerciali coi me

desimi ri·chiedono imperiosamente che essa pos1sa prendere con essi deHe intel

ligenze dettate unicamente da,i mutui loro interessi, e non isviate da altri inte

ressi e da considerazioni riguardanti a:ltri Governi.

La RUs1sia appoggia l'Austria, e pensa pure che la tesi da essa sostenuta

e dai p,rincipati non può trovare ostacolo nei Trattati, ed avvisa che l'ingerenza

ora pretesa dalla Turchia non può avere in essi fondamento.

La Germania era da principio ed in massima contraria alla indipendenza

sostenuta dai Principati, ma qualsivoglia sia la ragione (e dicesi sia per fare

atto di deferenza all'Austria) ora appoggia pure l'Austria ed i Principati adot

tando in massima le ragioni che quelsti adducono, e principalmente lo scopo

del Trattato de'l 1856. Però questo appoggio avrebbe un carattere piuttosto

blando.

Non oecorre neppure di dire che la Tur-chia sostiene la sua opposizione;

essa però lo fa in modo da non ·Chiudere la via ad un compromesso che la po

tesse soddisfare. Sopratutto poi ins~;:te sui pericoli che porterebbe seco il si

stema di andare progressivamente menomando e ritagliando il suo potere di

Stato Sovrano a rigua1rdo dei Principati.

L'Inghilterra in mezzo a queste contrarie pretese propende, come d'ordina

rio, a favore della Tur:chia, fa obiezioni alle tre Potenze favorevoli ai Princi

pati, ma non palesa notevole calore nella discu2sione, ed anzi parrebbe desi"

derare che si trova::1se un compromesso che salvasse e l'una e l'altra pretesa.

Se non che un compromesso fra due pretese così nettamente opposte pare dif

fi:::·i~c n trovar2i, e mi dice~Ja il Conte dl Bcust in ogni caso non spetta a noi il

tTC'i)U1"lO.

L'Inghilterra fa però una obiezione ed è che tra la Turchia ed i Principati la frontiera è aperta, né vi esiste a1cuna linea doganale, e che perciò la libertà data ai Principati di stabilire, ,indipendentemente dalla Turchia, le sue tariffe daziarie, e di stipulartle con altri Stati, produrrebbe la •conseguenza di lasciare una .firontiera della Turchia dipendente ,per le tariffe dai Prinoipati.

Il Conte di Beust ignora finora quale tsia Io 'stato di fatto delle cose a questo rliguavdo, ed ha ·chiesto su di dò delle informazioni al suo Governo. Pare però a il.ui, che il fatto predetto .sia ·contrario ad ogni ragionevole probabilità, ché bisognerebbe suppome .che finora abbia sussistito l'inconveniente che la frontiera fra la Turehia ed i Principati sia stata tindi!pendente da ogni sorvegliarua della Tur.chia e le mevci per questa frontiera introdotte dai Principati nella Tuvchia abbiano pagato 1le ta.sse di Dogana :solo ai Prindpati e secondo le tariffe dei Principati. Invero, starebbe in fatto che le frontiere dei Principati vel'So gli a1tri Stati, fuori della Turchia, sono custodite da impiegati dei Principati stessi, senza a1cuna ingerenza della Turchia, e ·che questa non partecipa benché menomamente, al prodotto di queste Dogane.

La potenza che pare vede,re di più cattivo occhio ile pretese dei Principati sarebbe la F1rancia, la quale 'si paleserebbe ancora :più 'ritrosa, che non l'Inghilterra stessa. Però essa non si sarebbe ancora spiegata sufficientemente per poter fare un appvezzamento della intensità, e della portata di questa opposizione.

Le mie ~nformazioni mi autorizzano a credere •che tla indisposizione della Inghilterra e specialmente della Francia in questo affare provengono in gran parte da che esso fu iniziato con una intelligenza a tre, ed indipendentemente da ogni 1previo concerto colle altre Potenze firmatarie del Trattato di Parigi del 1856, nel mentre che si crede ·che, non volendosi farne un affare che fosse soggetto ad una deLiberazione deHe sette Potenze, sarebbe stato men male che l'Austria avesse fatto da sé. Sono assicurato ·che il procedimento che invece fu adottato abbia .prodotto qualche disgusto a Parigi a riguardo dell'Austria in que,sto affare.

Debbo però osservare che tutti sarebbero d'accordo nel credere che questo affarP. 11on potrebbe ora produrre 'spiacevoli complicazioni.

Mi permetterò di notare che, a mio avviso, l'Austria fu indotta ad accedere alle trattative dirette coi Principati ed a riconoscere a questo riguardo tla 1loro .indipendenza non 1solo pei motivi espres·si. ma anche in eonlseguenza dell'abbandono di qu~lla poUtka verso 1i Pvincit'ati stessi, la quale, in altri tempi aveva prodotto in essi una poco favorevole impressione ver.so l'Austria la quale parmi non fosse •Consona ai di Lei intereSISi come Potenza Danubiana.

Quanto alla Germania pare a me ·che le qui.stioni di cui è gravido l'avvenire Germanico rpiù o meno lontano debbano, per la preparazione del loro scioglimento neU'interesse Germanico, rendere la Germania stessa favorevole a tutto ciò che possa facilitare ·lo stabilimento di buone relazioni tra l'Austria e i varii Principati Danubiani. Ciò ehe alcun tempo fa si era detto intorno all'essere la Germania di:;,intere~~s:ata nella qui,stione d'Oviente potrebbe pure entrare, a mio avviso, nella sfera di queste lontane viste.

608

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Ed. in LV 21, pp. 257-258)

R. 250. Cairo, 20 novembre 1874.

Ho l'onore ~rimettere a V. E. la copia (l) di una nota direttami in data di ieri da Scerif Pasdà, Minist:ro deltla Giustizia, con lla quale mi annunzia l'adesione definitiva della Francia ahla riforma giudiz,iaria, ed espone sommariamente i :punti sui quali ,si agitarono ile lunghe e difficili negoziazioni, le quali hanno avuto un dsultato così felice. A questa nota è unita copia della Convenzione firrrnata coll'Agente Francese, ed approvata dal Gabinetto di Ve11s:ailtles.

Questi documenti sono la ~conferma di quanto ho avuto l'onore di riferire all'E.V. ,con i miei precedenti rapporti.

Durante tutte le negoziazioni sia dal Khedive, o da Scerif Pascià, * o dal Cavalier Giaccone,* (2) io era informato esattamente del loro andamento, e non ebbi peroiò 'che a vigi:lare onde né alla Franda né ad altri, foss'e fatta concessione, o accotrdato privilegio, ,che ,contemporaneamente non fosse aocoroato

o ,concesso a noi. Non ebbi mai però ad e1ssere in apprensione per ciò, che sempre il Khedive prese l'iniziativa ad assicurarmi delle sue intenzioni; * ed inoltre lle negoziazioni coll'Agente francese erano guidate dal Cavalier Giaccone, ~che non avrebbe acconsentito a nessun accordo che non fosse a noi comune*.

In virtù di questa convenz1ione con la Francia è derivata anche a noi la faco1tà di avere un giudice nei tribunali di prima istanza, ed un sostituto procuratore. Mi fo un dovere di rimettere all'E.V. ,copia di una nota di Scerif con la quale dimanda che il R. Governo voglia designargli due Magistrati, convinto semptre più di poter ottenere in questo modo delle persone meritevoli di ogni fiducia sia per parte del Governo, che del pubbl>i,co.

*Annessa alla suindicata nota affidale unts,co originalmente una lettera particolare di Scerif Pasdà, ~con la quale esprime il voto che il R. Governo possa indllicare al Khedive i1l Cavalier Moriondo Console giudice a Costantinopo:H ~come ~candidato per il posto di Giudke nei tribunali di prima istanza *.

La 'Convenzione del:la F,rancia stabilisce un secondo metodo, a volontà degli interessati, per definire ~le rec,lamazioni pendenti, quello di una commissione di tre consi,gUeri della Corte d'Appe:llo, che le giudicheranno inappellabilmente. L'E.V. è ben informata ~che *!sulle giuste sue osservazioni* il Governo Egiziano aveva invece proposto che fos,sero giudicate da una Camera

speciale in prima istanza e da un'aUra Camera s1peciale in appello, proposta

8lla qul'lle aderirono i Governi Inglese, Alemanno ed Austro-Ungarico. Essendo

ora adottati i due metod·i, a seconda della sce.ì.ta d:.:i reclamanti, è fuor C:.i

dubbio che i Governi Ingleoe, Alemanno ed Austro-Ungari::o non si oppor

ranno a che i loro nazionali adottino quello che pol~'sono adottare i francesi.

L'E.V. non essendosi ancora pronunciata sul soggetto, mi permetto pregarla

di volermi compartire le sue istruzioni sia per rispondere alle interrogazioni

del Governo Egiziano, * e a quelle dei nostri reclamanti dai quali sono con

tinuamente interpellato in proposito *.

Oltre ·ai Magistrati mi compiaccio di informare l'E.V. che il nostro ele

mento nazionale prenderà ancora maggior parte, ·ed importante, nel personale

indisperuS<abile per la buona iniusdta della rifonma ,giudiziaria. Il Vicerè ha

dovuto pensare alla ,sua difesa nanti 1i nuovi tribunali, e si è deciso chiamare

tre distinti avvocati, un italiano, un francese ed un alemanno. Inoltre al

Ministero di Giustizia il Khedive vuole un funzionario superiore italiano. * Non

volendo dare un carattere officiale alla dimanda, come per gli altri, •pei nostri

ha incaricato il Cavalier Giaocone dii chiederli officiosamente e privatamente

a S.E. il Comm. Vigliani. Il Vicerè non poteva sceglier miglior partito per una

ottima scelta; ma a tutti i requisiti nec~;:,sari, che il Giaccone ha chiaramente

delineati, insisterò particolarmente su1l'as'soluta necessità ·che entrambi cono

schino la lingua francese, e più particolarmente l'avvocato che sarà in rapporti

diretti col Vicerè *.

Come I'E.V. si è benign&ta annunziarmi col •SUO dispaccio del 5 corrente

n. 96 (l) la Grecia non ha tardato a seguire la Francia; ma l'Agente Ellenico nell'annunziare che il :H\0 Governo aderi5·ce alla riforma ha però accennato a delle riserve, che quando su queste chiaramente si pronunziasse, e le pretendesse, potrebbero ir..sorgere delle difficoltà. Parrebbe che la Grecia intenderebbe ·che aderendo alla riforma con le stes,se condizioni ottenute dalla Francia, anche essa avesse il diritto di avere un Consigliere alla Corte d'Appello. A pensieri appena accennati il Vicerè ha tisposto con un chiaro e categorico rifiuto, e l'Agente Greco è ripartito .per Alessandria senza nulla definire. Si suppone che abbia voluto informare il suo Governo delle disposizioni del Governo Egiz,iano, e ·chiedere istruzioni definitive. Il Khedive, non dubito, è dispoisto a t.rattare la Grecia come tutte :le altre Potenze secondarie, ed accordargli un giudice di prima istanza, ed un sostituto procuratore. Il Vicerè mi ha incaricato pregare V.E., quando la Grecia persistesse nell'intento accennato, di voler usare di tutta la sua valevole influenza per consigliare quel Gabinetto a desistere da una pretesa così sragionevole (2).

' scegliersi in Grecia non sono ancora appianate».

(l) -Non si pubblica; è edita in LV 21, pp. 258-262. (2) -I brani fra asterischi sono omessi in LV 21. (l) -Cfr. n. 593. (2) -In LV 21 l'ultimo capoverso è sostituito dal seguente: " Come l'E.V. mi ha annunziato col suo dispaccio del 5 corrente, la Grecia ha fatto conoscere di essere disposta ad aderire alla riforma giudiziaria con le stesse condizioni ottenute dalla Francia. Le difficoltà alle quali dà luogo la domanda del GCJverno ellenico relativa al numero dei magistrati da
609

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 2413. Parigi, 23 novembre 1874 (per. il 26).

Ho 'l'onore di lsegnar dcevimento del d1spacdo di questa Serie n. 538, riservato, direttomi dall'E.V. il 14 corrente (l) e relativo alla convocazione a Parigi della conferenza d1plomatica .che deve 'regolare la verifica e la conservazione dei tipi del metro.

-In ·conformità alle 1struzioni dehl'E.V. ebbi con S.E. il Duca De•cazes una •conversaZJione nel •Senso prescrittomi 1intorno a quest'argomento, e mi pregio ora riferire all'E.V. ·~l dsuJltato di essa.

S.E. .i1l Duca Decazes non esitò a ·Confermarmi l'assLcurazione pll'ecedentemente data dal Conte di Rémusat, secondo la quale l'incidente a cui la presenza del Padre Secchi in seno alla prima Conferenza aveva dato luogo non avrebbe più dovuto rinnovarsi. H Duca Decazes mi ha assicurato ·che la nuova Conferenza avendo un •carattere non più •semplicemente scientifico, ma amministrativo, nessun rappresentante tecnico o diplomatico della S. Sede v'era stato invitato, né vi assisterebbe.

In •secondo •luogo il Duca Decazes mi promise d'adoperarsi, per quanto spetta alla F•rancia ed al .suo voto, perché il Comitato incaricato dei ·lavori e della conservazione dei tipi riceva dalla Conferenza stessa il carattere internazionale ed amministrativo che dev'es,serg:Li proprio, e perché a tale scopo esso sia completato con membri delegati dai Governi che finora non ebbero in seno al medesimo rappresentanza veruna.

Il Minilstro f•rance·se degli affari este•ri non poteva naturalmente e non volle pregiudicare i·l voto dei rappresentant1i degH altri Stati; ma mi asskurò senza riserva di quello dei Tappresentanti de1l,la Francia nel senso sopra indicato.

610

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1375. Berlino, 28 novembre 1874 (per. il 2 dicembre).

On m'assure de bonne source q_ue les Cabinets de Berlin, Vienne et St. Pétersbourg, après avoir échangé leum1 vues au sujet de la note turque de la fin d'Octobre dernier, ont décidé de ne point adresser à Constantinople une répUque au sujet des négociations commerciales directes avec les Principautés Danubiennes. Après avoir déelaré, comme ils l'ont fait auparavant, que de pareils aecords, .sans la •sanction des Souverains, à leur avis ne vio

laient point les traités existants, et après avoir protesté qu'ils n'entendaient aucunement méconnaìtre le droit de S.uzeraineté de la Sublime Porte, les trois Cabinets jugeraient inutile de discuter plus longuement sur la question de droit, et le Gouvernement Austro-Hongrois poumuivrait purement et simplement ses négociations avec Bucharest. Faute d'une réplique écrite, il y a là une 'réponse de fait assez explicite.

L'Ambassadeur d'Angleterre, Lord Odo Russell, ayant eu l'occasion de rencontrer ici récemment :te Prince Gortcha,cow, l'a interpeUé au sujet de cette quEl~tion, qui ne laisse pas que de préoocuper le Gouvernement Britannique. Vis-à-vis de Lord Odo Russell, le Chancelier russe a affecté d'attacher peu d'importance à toute cette affaire des Principautés_, à laqueHe il disait etre resté un peu étranger. La Rusrsie avait été charmée de rseconder les vues du Comte Andra'>:rsy, dont les qualités pe~sonnelles et la ,politique avaient toutes ,ses rsympathies. Mais le Gouvernement russe, quant à lui, n'était meme pas en ,condition de tirer un profit réel de cette nouvelle situation de choses.

J'ai voulu informer V. E. de ce langage, mais je ne pense pas que le Prince Gortchacow ,se soit exp,rrimé de la meme manière dans ses entretiens avec le P:rince de Bismarck. Chacune des trois Puissances du Nord a mis à l'épreuve à son tour le bon vouloir des deux autres; le projet de la conférence de Bruxelles et la violence exercée à Constantinople en faveur des Principautés Danubiennes, ont trouvé un !SOlide appui dans l'entente de Berlin, Vienne et St. Pétersbourg: il n'y a eu de discordance que de la part du Gouvernement russe 'losqu'H s'est agi de la :rereonna~ssance du Gouvernement du Maréchal Serrano. Je sais que le Prince Gortchacow s'est appliqué à mettre bien en évidence que cette discordance était d'une nature toute spéciale et qu'elle ne pouvait troubler en rien le bon accord, le plus complet, avec l'Allemagne. Elle ne doit pas moins fournir matière à ,réflexion.

(l) Cfr. n. 600.

611

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 409. Pietroburgo, 29 novembre 1874 (per. l'8 dicembre).

Il Principe Gortschakoff ha rriassunto la Direzione del Ministero; non ho potuto fargli in persona la visita d'uso, perché due giorni dopo l'arrivo Sua Altezza fu presa da un attacco di gotta, che ancora l'impedisce di ricevere.

n ritorno del Cancelliere dà ogni anno al corpo diplomatico speranza di ottenere apprezzamenti più autorevoli sulle quistioni all'ordine del giorno, massime che la rise:rvatezza del Signor di Westmann, fatto ancora più timido darlla mancanza d'accordo fra i principali personaggi del Ministero, rende difficile assai il riferire esattamente sulla politica di questo Gabinetto.

Nelle quistioni d'Oriente, ad esempio, rehe sono in somma l'abbietto principale dell'azione politica Russa, siamo continuamente imbarazzati nella ricerca di sicure informazioni dalla poca simpatia, che corre fra i Signori di

Westmann e Stremoukoff, il quale ultimo parte in congedo appena il Principe Cancelliere lasda a·l primo la direzione de'l Ministero, mentre d'altra parte Sua Altezza, alleata al Signor Stremoukoff, non accordasi (Sempre col Generale Ignatieff, il quale, lo sanno molti, aspira alla successione del Ministro per gli Affari Esteri e si valle dehle sue prolungate aStSenze e dell'apatia del Signor di Westmann per agire con indipendenza a Costantinopoli.

Così oggi so da buonissima fonte che il Principe Gortschakoff non approva quel che si è fatto a proposito delle Convenzioni ·co' Principati.

• Il fallait aller de l'avant et moins se remuer à Constantinople •, poiché la diplomazia forte è miglior figlia del 'silenzio, che non deHa penna. In effetti la Porta si lamenta e la Rumenia sd. duole che i tre dragomanni neLle loro comunicazioni 'l'abbiano ~con tanta insistenza qualificata Potenza vassalla.

In somma, Signor Ministro, iJ Gabinetto Rus~o non guarda oggi verso l'Oriente •Con soddisfazione. Il Di,rettore del Dtpartimento Asiatico mi ripeteva jeri che certi sintomi l'allarmano alquanto; il fanattsmo maomettano pare che si risvegli; la persecuzione de' ·cristiani in Sirria, le ~stragi di Podgorizza lo dimostrano e S. E. non dubita che gli armamenti in Turchia serviranno a rincarare i furori latenti della superstizione religiosa.

Intanto il Principe Gorts,chakoff sparge 1la voce che i suoi recenti colloquj •col Principe di Bisma;r.ck hanno assicurato il mantenimento della pace e .che, ap-rendo il cuore, ambedue si sono ·convinti ·che il non riconoscimento deUa Spagna per parte della Russia ha lasciate intatte le ottime relazioni esistenti fra i due Imperi.

È degno di nota ·che queste informazioni mi \siano state date di motu propTio dal Rappresentante Germanico e sarei disposto a .credere che il Cancelliere Russo a Berlino non abbia assunto la responsabilità della politica spagnuola dell'Imperatore, poiché dopo la Conferenza di BrusseUe il Barone Jomini tornando da Vevey, ove avea visto il Principe Gortschakoff, diceva a tutti:

• nous avonls, eu tort de ne pas reconnaìtre et de ne pas faire ~camme les autres et en voici la démonstration: en supposant que nous ayons reconnUI isolément nous serions intervenus en faveur du Maréchal Serrano, et en nous isolant maintenant, nous semblons intervenir en faveur de Don Carlos •.

Quanto alla Francia ·regna qui !sempre H più profondo silenzio. Il Gabinetto Russo come l'Ambasciata Germanica tacciono in proposito, perché sanno che l'inte,reSise non è comune. La Russ•ia in effetti vuole apparire neutra in quanto concerne la Francia, ma certo desidera una Francia forte, allo scopo di controbilanciare la supremazia Germanica. L'età del Signor Thiers invalida la simpatia che dicesi gli porti l'Imperatore, il quale ad arte s·embra confondere l'idea .repubblicana ~con queLl'uomo di Stato, ed allo ste1sso tempo se dovessi giudi·care dai linguaggio del Ministro dell'Interno credesi qui, forse con qualche speranza, alle probabiUtà d'una ristaurazione Napoleonica, benché

S. E. siasi studiata a persuadermi che a Londra la prolungata conversazione dello Czar col Princ,ipe Imperiale, a Parigi, il passeggio al Bois de Boulogne del Gran Duca Costantino col Generale Fleury, ex ambasciatore a Pietroburgo, ed alla rappresentanza in favore degli Alsaziani-Lorenesi, la presenza di S. A. Imperiale la Granduchessa Maria di Leuchtemberg, nel di cui

palco si mostrò con ostentazione il Generale Fleury, non abbiano avuto altra ragione politica che l'intrigo Bonapartista senza connivenza né di questa Corte, né di questo Governo.

612

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA

D. 177. Roma, 3 dicembre 1874.

Il 10 agosto ultimo passato, in .seguito ad una conversazione avuta col Rappa:e•sentante di Turchia, io t•racciava a V.S. Illustrissima le norme che il Governo di Sua Maestà desiderava fossero da Lei 'seguite nell'affare relativo alle Convenzioni ·commercdali deHa Rumania (l).

In quel mio dispaccio si dist·inguevano, nei fatti che potevano infiuire sulle risoluzioni da ·prenderlsi, quelli che appartengono all'ordine politico da quelli che .~iguardano l'ordine economico. E fin d'allora EHa veniva informata che il Governo .italiano desiderava che si trovassero dei mezzi accettabili da tutte le Potenze per dare in equa misura soddisfazione alle ragioni della Porta ed alle esigenze speciali create ai Principat,i e ad akuni Stati dalle reciproche loro relazioni commerciali.

Nelle ·conversaz.ioni ch'io ebbi ripetutamente con Carathéodory Effendi mi tenni fermo in questo ·concetto che la Pmta Ottomana con savia arrendevolezza trovasse essa 1s1tessa i term1ini di un soddisfacente ·componimento. E quando più recentemente l'Inviato Ottomano mi comunicava le istruzioni identiche presentate al suo Governo dagli interpreti d'Austria Ungheria, di Germania e di Russia e •la nota di Aari:fii Pasdà in risposta a quella comunicazione, io fui lieto di vedere che dai due documenti appariva manifesta l'intenzione di tutte le parti di risolvere la questione nell'ordine dei fatti economici e degli intereslsi finanziari quando si fosse trovato il modo di eliminare la questione politica.

H Governo di Sua Maestà avrebbe tanto più facilmente potuto prendere una parte diretta nella ricerca dei termini di un componimento in quanto che la sua condotta era stata giustamente apprezzata dalla Porta come ispirata da sentimenti sinceramente amichevoli e da un desiderio di evitare complicazioni politiche. Ma neUa presente •situazione di cose noi non abbiamo creduto necessario di pigl,iare un'iniziativa che diviene superflua dappoiché, come ce ne giunse la notizia, fra i Gabinetti stessi che hanno fin qui trattato questa quistione con il Governo del Sultano sono in corso delle pratiche che avranno probabilmente per effetto di togiiere ogni motivo di contestazione, da quei Gabinetti essendo già stato formalmente dichiarato che gli accordi commerciali che es:si intendono conchiudere colle Amministrazioni dei Principati non pregiudicano la situazione politica dei Principati medesimi rispetto alla Potenza Alto Sovrana, questa non deve ormai avere alcuna difficoltà ad acconsentire

in quella forma che es,sa stessa rimane nella piena facoltà di scegliere, a ciò che può dare un'equa 'sodd,isfazione agli interess.i di diverso ordine impegnati in quest'affare. È a notizia del Governo di Sua Mae,stà che anche l'Inghilterra ha consigliato alla Porta di far tprova di arrendevolezza nelle quistioni di forma, quando a salvaguardia dell'interesse poilitico stanno di già le più esplicite dichiarazioni dei Gabinetti che hanno aperto le trattative. Noi d lusinghiamo pertanto che questa vertenza •sarà prontamente composta e che la Porta saprà anche questa volta seguire i consigli di quella prudente ed accorta politica di ·cui seppe dar esempio in circostanze di molto maggior momento.

(l) Cfr. n. 490.

613

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO AD ATENE, MIGLIORATI

D. 57. Roma, 3 dicembre 1874.

Dal carteggio del R. Ministero con codesta Legazione .risulta con quanto impegno il Governo italiano si è adoperato per appianare le difficoltà esistenti fra ~la Grecia e l'Eg.itto in ciò che si rife>risce ail,la riforma giudiziaria in quel Vice Reame.

I primi 'Pa's1si fatti simultaneamente ad Atene dall'Italia, dalla Germania, daH'Austria Ungheria non ebbero il dsultato ·che noi speravamo. Quando poi nel 'Settembre tscor'so le trattative fra il Governo del Khédive ed il Gabinetto di Parigi accennavano ad un prossimo ·componimento, il Barone Galvagna, col suo rapporto del 6 ottobre (1), mi rendeva conto d'un co1loquio avuto col Ministro degli Esteri del Re Giorgio, ~colloquio dal quale appariva che il Governo ellenico recedeva dalla sua 'prima opposizione per assumere un atteggiamento ·più ·conforme ai consigli direttigli dai tre Governi sovra nominati.

Po1steriormente il Rappresentante di Grecia a Roma ricevette l'incarico d'info,rmarmi che .il suo Governo era disposto ad aderire alla riforma giudiziaria deil'Egitto, ma che si poneva per condizione che la Grecia avesse una parte eguale a quella delle altre Potenze nella ·composizione del personale giudiziario dei nuovi tribunali. Il Governo Ellenico aveva intavolato a questo intento dei negoziati col Khédive e ci esprimeva il desiderio che il Governo italiano interponesse i suO'i buoni uffici per agevolare la r:~t.~:ita di queste trattative.

Non tacqui al Rappresentante EMenico che allo ,s,tato delle cose, io :rih~neva assai difficile che questo desiderio del suo Governo potesse essere appagato. L'ordinamento dei Tribunatli Egiziani era ormai compiuto e l'Eg'tto aveva dovuto ·compieiilo in un 1periodo di tempo durante il quale la Grecia avea dimostrato di volersi tenere lontana da ogni trattativa. Nei w,., volevamo apprezzare i motivi di siffatto ,contegno. Non era però men vero che il Gabinetto di Atene non aveva autorizzata la presenza del suo rappresentante nella

commissione internazionale di Costantinopoli la quale, come è noto, ha elaborato il regolamento organico che ora si tratta di mettere in esecuzione. Questi riflessi m',inducevano naturalmente ad andar molto cauto nel guarentire alla Grecia l'efficacia dell'appoggio ~che, nonostante le sopra esposte considerazioni, io mi proponevo di dare alle domande del Governo ellenico presso il Khedive.

L'esito 'Che ebbero i passi fatti daJ R. Agente 1n Aleslsandria in seguito alle istruzioni ricevute dal Ministero emerge dal Rapporto del 20 novembre (l) di ·cui 1le ~trasmetto qui unito un estratto. Come ella vedrà, S.A. il Khedive non si dimostrava da principio d1sposto a far buon viso alle istanze della Grecia. Vi aderì di poi, ~consentendo ·che un giudke di prima istanza ed un solstituto procuratore nel persona,Ie del pubblico Ministero vengano presi fra i magistrati Greci. Se il Gabinetto di Atene vorrà riflettere ~che la sua adesione alla riforma viene :l'ultima e quando già sono formati i quadri della nuova magistratura, se egli vuoi tener ~conto della faciiUtà che avrebbe avuto di prendere nella Conferenza di Costantinopoli una parte che gli avrebbe assicurato, secondo ogni probabilità, 'in quest'affare una posizione non diversa da quella delle altre Potenze, noi dobbiamo eredere che •codesto Gabinetto, tenendosi soddisfatto dei sentimenti di ,conciliazione dimostrati dal Khedive, non vorrà con esagerare le sue pretese, far recedere Sua Altezza dalle concessioni già fatte. Ed io desidererei che V.S. Illustrissima tenesse discorso di ciò al Ministro degli Esteri del Re Giorgio, per per,suaderlo a desistere da ulteriori opposizioni che, come non avrebbero speranza di esito favorevole, non potrebbero neppure avere l'appoggio che siamo stati lieti di accordare alle istanze della Grecia finché queste ci !Sembravano g~iu!Stificate.

(l) Non pubblicato.

614

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, CADORNA

D. 220. Roma, 4 dicembre 1874.

Ella troverà qui unita copia della versione in lingua italiana d'una nota direttami da Sir A. Paget iiper ~comunicarmi le istruzioni date da Lord Derby al rappresentante bri,tannko a CostantinopoLi 'Circa ~la quistione delle convenzioni commerciali della Rumania.

Prego l'E.V. di porgere a Lord Derby i miei più vivi ringraziamenti per la ·comunkazione ch'egli ei fece fare.

Dai documenti che i1l Ministero ha trasmesso a codesta R. Legazione sino dal 30 agosto e :particolarmente dal mio di,spaccio al Conte di Robilant in data del 9 agosto p.p. (2), Ella ebbe occasione, Signor Ministro, di essere informato della posizione che H Governo di Sua Maestà aveva preso nel primo periodo di questa vertenza.

N o i non ci siamo dipartiti dal contegno assunto, il quale ci è sembrato il più conforme all'importanza che l'affare avea per il nostro paese ed al carattere ,che conveniva mantenere alle trattative iniziate dall'Austria-Ungheria colla Porta ottomana.

Non ,per questo ci siamo completamente disintereslsati di una quistione che avrebbe .potuto acquista,re un ~carattere politico se dalle due parti non s:i fosse fatta manifesta la intenzione di separare ciò ~che alla politica si appartiene da ciò che gli interessi economki e commerciaU sembrano r1ichiedere.

Il ~contegno delle Potenze che non ebbero una parte attiva nelle trattative di Costantinopoli deve aver contribuito non poco a conservare la vertenza di ~cui ~si tratta entro i limiti che le erano assegnati dall'indole degl'interes,si ai quali l'Austria-Ungheria, la Germania e la Russia hanno dichiarato di voler provvedere.

Seguendo con attenzione lo sviluppo di quest'affare io ebbi costantemente la soddli1sfazione di avvedermi che la nostra linea di condotta non era diversa da quella che il Gabinetto di Londra seguiva. Ne ebbi poi la certezza quando recentemente Sir A. Paget, dopo avermi comunicato le istruzioni date dal suo Gove1rno al rappresentante di S.M. Britannica a Costantinopoli, venne ad annunziarmi che la Gran Bretagna aveva a più riprelse raccomandato ana Corte Ottomana di aderire aMa conclusione deHe convenzioni commerciali dei Principati, e che quanto aUa forma di tale adesione il Gabinetto di Londra non si era pronunciato, ritenendo che appartenestse specialmente alla Porta di risolvere le difficoltà con emettere un ~suo firmano imperia'le, <l'InghiJterra non avrebbe obiez,ioni da muovere contro simile partito.

Nella spedizione ~che Le faccio oggi,V.S. troverà ,copia di un mio recente di,spaccio al,la Legazione di Sua Maestà in Costantinopoli. In esso sono tracciate le norme che iii. rapp:resentante deve aver pl'elsenti per regolarsi nel contegno e nel linguag,gio da tenere co1i Ministri ottomani.

Io sono lieto di vedere che la nostra azione conciliativa presso Ja S. Porta si spiegherà nello stesso senso deil.le istruzioni impartite dal Gabinetto hritannico al suo rappresentante. Sarebbe mio des,iderio che Lord Derby ne foSise da V.S. 'informato ed a tal fine io La prego di voler,gli consegnare una copia del dispaccio che in data del 3 ,corrente io ho indirizzato all'Incaricato d'Affari di Sua Maestà in Turchia (1).

(l) -Cfr. n. 608. (2) -Cfr. n. 487.
615

IL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 7826. Roma, 5 dicembre 1874 (per. il 6).

L'E.V. m'intratteneva l'altro gimno verbalmente intorno alla pubblicazione di un opuscolo del Capitano di Stato Maggiore Perrucchetti, nel quale opuscolo traendo argomento da una conclusione cui l' autore sarebbe

pervenuto (e debbo dirlo con ben poca ragione) circa 1la convenienza per parte dell'Austria, dal punto di vista della difesa del proprio territorio, di rinunciare al possesso del Tirolo meridionale, viene esrpre~1so, a modo di chiusa, il voto che possa toccare al Re Vittorio Emanuele, fondatore della nostra unità, ed all'Imperatore Francesco Giuseppe, restauratore dell'Austria, la gloria di stabilire questo pegno di pace e di concordia :lira i due paesi.

Di questo paS/so dell'opuscolo non avevo veramente avuto prima contezza; ma ora non pnsso ~che esternare tutto il 'mio vivissimo dispiacere ch'esso sia stato pubblicato, imperoc-ché, sebbene esso poStsa parer manife'.stare, più che altro, un pio e fin troppo ingenuo desiderio, comprendo tuttavia pienamente la poca convenienza che simile concetto sia stato espresso per le stampe da ·chi riveste la qualità di CaiPitano di Stato Maggiore e profeS/s1ore presso la scuola di Guerra e pubblkato anche sulla Rivista militare Italiana, periodico notoriamente posto 'Sotto la dipendenza di questo Ministero. L'essersi poi potuto verificare quest'ultimo fatto, vuolsi attribuire a ciò che l'accenjllat,o vincolo di dipendenza non implica la revi1sione dei singoli articoli pubblicati da detto periodico, ma è piuttosto basato su una certa facoltà discrezionale e quindi sulla re,sponsabilità deH'ufficiale preposto aLla direzione di esso.

Mentre pertanto rinnovo all'E.V. l'espressione del ,mio dispiacere per l'accaduto, mi faedo dovere di parteciparle ,che ho inflitto il biasimo meritato tanto all'autore della pubblicazione quanto al direttore della Rivista (l).

(l) Cfr. n. 612.

616

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1380. Berlino, 6 dicembre 1874 (per. l' 11).

Le Budget des Affaires étrangères de l'Empire Allemand pour 1875 était hier à l'ordre du jour du Reichstag. La di1~'cussion a porté essentiellement sur la décision du Gouvernement, dont je parlais dans mon rapport politique

N. 1378 (2), de supprimer pour l'année prochaine le fonds destiné à l'entretien d'une Légation Impériale près le St. Siège.

C'est l'orateur de la fraction du Centre, M. Windhorst, qui a dirigé à ce sujet l'attaque contre le Chancelier Impérial, et il l'a fait d'une manière très vive. Après avok rappelé que le fonds en question avait été inscrit dans le budget prés.enté au Reichstag le 4 Novembre dernier, que dans les précédentes sessions le Chancelier Impérial lui-mème en avait demandé le maintien pour de bonnes raisons politiques, et qu'il était important de jeter un peu de clarté sur ce ~changement subit de décisions, inexplicable _l)our ceux qui ne sont pas admis à lire les rapport1s de lVI. de Keudell, M. Windhorst a demandé

au Governement de faire connaìtre la raison de sa nouvelle politique. Il n'entendait point faire la motion de maintenir au budget l'allocation ainsi supprimée, ,car il savait fort bien qu'il n'aurait pas été écouté. Seulement il tenait à affirmer que les 15 millions de catholiques aUemands ressentiraient profondément cette nouvelle offense à leur's ,sentiments, sans étre cependant ébranlés en aucune façon dans leur fidélité et dans leur attachement au Chef de l'EgUse Catholique. L'Empire Allemand avait débuté par une guerre contre le cathoIici:sme et contre le St. Siège; c'est là une gue~re qui rappelle la lutte des Titans contre le ciel. L'orateur a rappelé alms 1la politique et la chùte de Napoléon I, pour conclure que l'Empke ne l'emporterait pas 'Contre Rome.

V. E. verra par le compte-rendu ci-joint la réponse que le Chancelier Impérial a faite à M. Windhorst et aux aut'l'es orateu11s du centre qui se sont joints à ce dernier.

Le Prince de Bismarck a déclaré ne plus avoir maintenant, après l'expérience de 18 mais, I'espoir et la confiance qui dans le temps l'avaient induit à demander le maintien au budget d'un fonds destiné à il'entretien d'une Légation Impériale près le St. Siège. Il a réf,léchi que ,les arguments dont il s'était valu alors, n'auraient plus de valeur aujourd'hui. Ils ne serviraient au contraire qu'à alimenter les bruits et 'les im;1inuations que ,les feuilles contiennent, dans le but de faire croire que le Gouvernement Impérial n'a cessé de faire des démarches auprès du Saint Père, pour so1liciter la paix à des conditions telles, qu'aucun Etat ne ,saurait s'y soumettre. Au surpluis', l'Empire n'a aucune raison d'entretenir un représentant diplomatique auprès du Chef d'une Eglilse, par cela ~seui que nombre d'Allemands appartiennent à cette Eglise, pas plus que le Tsar ne juge nécesiSaire d'avoir un Envoyé près le Patriarche Arménien, parceque beaucoup d'Arméniens sont ~sujets russes. Si le besoin s'en faisait sentir, l'Allemagne a une Légation à Rome, elle peut envoyer des hommes ad hoc, et en fin de compte, le Gouvernement sera toujours à méme, le cas échéant, de demander au Reichstag un nouveau vote pour le rétablissement d'une Mission diplomatique le jour où le besoin et la convenance s'en feraient sentir.

Après avoir ainsi bien défini le motif et la portée de la décision prise maintenant par le Gouvernement à l'égard du budget de 1875, le Prince de Bismarck a tenu à repoustser énergiquement ,les accusations que M. Windhorst lui avait adressées. La lutte que le député du centre prétend avoir été commencée par l'Empire dès le début de sa formation, est une lutte qui date depuls des siècles, qui remante presque à l'origine du christianisme. Elle s'est repréoentée maintenant, après qu'un Pape belliqueux a succédé à une série séculaire de Papes pacifiques. Une fois sur ce terrain, le Prince de Bismarck a porté contre les catholiques ultramontains des arguments à l'appui de l'accusation qui soulève le plus l'opinion publique de l'Allemagne contre ce parti. II l'a représenté ,complotant dans l'ombre une guerre contre l'Allemagne, et une révolution d'où serait sorti le salut de l'ultramontanisme. Le Prince de Bismarck a raconté que, avant la dernière guerre, un Nonce du Pape auprès d'une Cour Allemande qui occupe maintenant une position bien plus importunte à Paris, avait dit à un diplomate allemand:

" Nous ne pouvons plus entrer en aucun arrangement, il n'y a plus que la révolution qui peut nous venir en aide. Plus tard, le parti prédominant à Rome, faute de cette révolution, se mit d'accord pour pousser à la guerre de 1870, dans l'intime conviction que la France aurait remporté la victoire: l'Empereur Napoléon avait de la peine à ls'y résoudre, et pendant une demi heure le maintien de 1la paix était décidé: mais l'Empereur dut céder aux influences, non pas catholiques, mais jésuitiques, qui l'entrainèrent à la guerre. Le Prince de Bismar,ck ajouta, sur ce point, qu'il n'avançait pas des faits aussi graves. en se fondant seu'lement 1sur des documents retrouvés; mais qu'il pouvait en témoigner, grace à des communi,cations qu'il avait lui-meme reçues de bon endroit. En te,rminant il a dit à ses adversaires que, à l'égard de cette question, il :les attendait au Parlement pruss1ien.

L'ancien Président du Con:s,eil à Stuttgard, M. de Varnbiihler, a encore pris la par01le, pour témoigner de l'exactitude d'un des faits mis en avant par le Chancelier Impérial. Les deux interlocuteurs, dans cet incident qui s'était passé avant 1870, avaient été le Nonce à Munich, Monseigneur Meglia e le Chargé d'Affaires Wurtembergeois auprès du Gouvernement Bavarois. Selon

M. de Vambi.ihler le ~sens dels paroles prononcées par Monseigneur Meglia avait été le suivant: « L'Eglise catholique ne jouit guère de ses droits qu'en Amérique, en Angleterre, et en Belgique: dès lors il n'y a que 1a révolution qui puisse venir en a:ide à l'Egli:se ».

J'ai eu l'oocasion de voir hier S.E.M. de Biilow, à qui j'ai naturellement parlé aussi des discwssions qui, ces deux derniers jours, ont eu Eeu au Reichstag, sur des matières politiques si importantes. M. de Biilow m'a dit que le Prince de Bismarck avait été bien content de l'occasion que ses adversaires lui avaient fournie, d'expliquer sa pen;sée et la politique du Gouvernement de l'Empereur, entr'autres, à l'égard de l'Espagne: question que sans cela il n'aurait pas été dans le cas de toucher. Quant à la Légation Impériale près le Saint Siège, le Secrétaire d'Etat ne m'a pas dit mot, pour ce qui a trait à notre Gouvernement. Je le note en passant, car -le discours du Chancelier au Reichsiag démontre aslsez que, dans ,Ja décision qui vient d'etre prise, on n'a en vue que des considérations intérieures, et les encouragements que le clergé catholique allemand recevait du St. Siège dans sa résistance aux lois ecclésiastiques.

(l) -Annotazi0roe marginale del documento: «A Vienna 11 dicembre 74 ». (2) -Non pubblicato.
617

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 428. Parigi, 7 dicembre 1874, ore 15,40 (per. ore 21,05).

Je vous prie de m'envoyer instruction:s officielles pour la dénonciation du traité de commerce et pour ouverture des négociations au sujet de nouvelles stipulations.

618

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM AL MINISTRO DI GRAZIA, GIUSTIZIA E DEI CULTI, VIGLIANI

D. 84. Roma, 7 dicembre 1874.

In seguito a trattative diplomatiche, di 'Cui la Russia aveva preso l'iniziativa si riuniva l'estate IEcorsa a Bruxelles una conferenza internazionale per esaminare le questioni che si riferiscono ai d1rtitti e doveri degli stati ed eserciti belligeranti.

Il Governo italiano, al pari delle altre potenze eurcwee fu rappresentato in quella ~conferenza da due delegati, uno diplomatko, hl R. Ministro a Bruxelles, l'altro militare designato dal Ministro della Guerra, il conte Lanza luogotenente colonnello di Stato Maggiore.

Il Ministro degli Affari Esteri impartiva ai delegati italiani delle istruzioni che si trovano raccolte nel fasc1~colo A qui unito. E quando ile sedute della conferenza erano già incominciate teneva coi delegati stessi un ~carteggio che è riunito nel fascicolo B qui pure allegato.

Delle discussioni deUa ~conferenza fu tenuto ,protocollo, ed i documenti della medesima compresovi anche il IPro,getto di dichiarazione ed il ,protocollo finale, furono pubblicati per cura del Gove,rno belga nel volume di cui ho qui unito un esemplare.

Il progetto di dichiarazione raccomandato dalla Conferenza ai singoli governi fornirà probabilmente l'oggetto di nuove deliberazioni delle potenze e già si ,crede che la RuSis.ia sia in procinto di convocare una nuova conferenza internazionale in Pietroburgo.

Lo 'scopo della nuova conferenza sarà di aecettare o di respingere il progetto di dichiarazione la quale per .gli stati che l'accetteranno acquisterà la forza obbligatoria di una convenzione.

Ove occorresse di dare ai delegati italiani da mandarsi a Pietroburgo delle istruzioni bisognerebbe che il Ministero scrivente fosse in grado di pronunciarsi categoricamente sull'accettazione o sul rifiuto deHe diverse proposizioni contenute nella dichiarazione elaborata a Bruxelles. Naturalmente tutto dò ~che in vario 'senso è stato detto e scritto anteriormente a:lla sottoscrizione dell'atto finale del}]a conferenza, non può avere ora altro valore ~che quello di documenti destinati a rischiarare i punti ,controversi delle singole questioni. Fra queste alcune sono strettamente politiche altre hanno un carattere giuridico ed altre infine riguardano la parte tecnica del servizio militare e dell'ordinamento delle forze del paese.

Per ciò che 'si riferisce più particolarmente alla questione di quest'ultima categoria il Ministero scrivente ha domandato il parere di quello della Guerra. Ma per altre questioni e segnatamente poi per quelle che toccano alla legislazione in vigore nello stato, il sottoscritto bramerebbe aver l'opinione del Ministero di Grazia e Giustizia. E così raccolti gli avvisi dei due Ministeri più competenti la questione politica e di convenienza internazionale potrà essere risoluta in consiglio dei ministri.

Il Ministero degli Affari Esteri nella prev1s10ne di essere chiamato entro breve termine ad entrare in nuove trattative con le altre potenze sarebbe riconoscente se il parere di codesto onorevole Dicastero potesse essergli comunicato colla massima pos!s.ibile sollecitudine.

Non potendo poi disporre di altro esemplare dei fascicoli e del volume qui uniti, il sottoscritto ne raccomanda vivamente la restituzione.

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IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 316. Vienna, 7 dicembre 1874 (per. il 14).

Dacché sono di ritorno a V~ienna, non avendo ancora avuto l'occasione di vedere S. E. il Conte Andrassy, che tuttora trovasi in Ungheria, credetti bene interpellare il Barone Hofmann sull'accoglienza che dal Gabinetto Imperiale erasi fatta al:la proposta ,concernente la !soluzione a darsi alla vertenza relativa alla conclusione di Convenzioni Commerciaid direttamente coi Principati vassalli della Porta, ed intorno aUa quale l'E. V. avea ,pregato il Conte Wimpffen di presentire il Conte Andnissy.

Il Barone Hofmann risposemi che precisamente oggi sarebbe partito un dispaccio pel Conte Wimpffen contenente l'apprezzamento in proposito del Gabinetto di Vienna. Il ritardo avvenuto nel dar questa risposta e'"ser stato causato dacché il Conte Andnissy avea tenuto acché in quel dispaccio la questione di principio venisse largamente trattata, e ben posto in chiaro il diritto dei Princtpati di ,conchiudere convenzioni commerciali all'infuori di qualsiasi partecipazione della Porta, ciò dovendo spiegare l'impossibilità in cui Egli si trova di accettare un ,compromeslso che, qualunque ne sia la forma, sempre avrebbe l'apparenza di infirmare dò ,che l'Austria-Ungheria ritiene in diritto.

Il Barone Hofmann soggiungevami poi che d'altronde, dacché la :proposta dell'E. V. era pervenuta a Vienna, le circostanze erano mutate, e ciò tanto più dopo •la recente apertura fatta a Berlino dall'Ambasciatore Tul'co. II Signor Aristarchi, dicevami egli, avendo lasciato intendere al Principe Bi,smarck che la Porta sarebbe in oggi disposta a rilasciare ai Principati per Firmano l'autorizzazione di ~conchiudere ,colle potenze 'convenzioni ,commerciaii, ove fosse asskurata ~che con ciò l'incidente troverebbesi esaurito, S. E. dicevami il Gabinetto di Berlino aver richiesto l'avviso di quello di Vienna intorno a questa soluzione, ed il Conte Andra,ssy aver risposto che non poteva a meno di approvare quella risoluzione ma che non intendeva però di consdgliarne .l'adozione a Costantinopoli, né di far 1passo qualsiasi a Bukarest affinché il firmano Imperiale vi venisse accolto senza protes1a, sempre ,per la ragione che avendo affermato un diritto preesistente, non intendeva fare atto qualsiasi che potesse porlo in dubbio.

Credetti poter dire al Barene Hofmann che fra tutte le soluzioni, questa a

cui la Porta mo~travasi inclinata oggi, dopo di averla fin qui recisamente osteg

giata, sembravami la migliore, poiché tale da soddisfare anche quelle Potenze che pienamente non dividevano su questa questione :l'opinione dell'Austria. Egl•i ·cadeva meco d'accordo su di ciò, ed anche nel dire che ove questo partito fosse •stato adottato, l'incidente potrebbe ad ogni modo ·considerarsi ·come finito, ogni ulteriore discussione isul diritto preesistente non avendo più scopo.

Dubito assai che una comunkazione in proposito venga fatta a Roma, tanto da Vienna quanto da Berlino, poiché parmi già si •sia potuto constatare all'evidenza che caratteristica essenziale dell'attitudine dei tre Gabinetti I~periali su questa questione, sia l'intendimento di agire d'accordo fra di loro senza richiedere l'ais.sentimento delle altre Potenze garanti.

Siccome però, come ben giustamente l'E. V. compiacevasi di farmi osservare, a noi essenzialmente preme •che questo intervento delle Potenze firmatarie del Trattato di Parigi non venga scartato oggi, per essere in eia-costanze più gravi affatto eliminato, così sembrerebbemi dovremmo afferrar questa tavola che per salvarsi :la Tur.chia getta in extremis, ed ove una .comunicazione al riguardo ci venisse fatta dal Ministro Turco, consigliare a Costantinopoli di perseverare nel palesato divisamento, ed al tempo stesso far sentire a Bukarest la necessità di acconciarsi ad un ripiego atto ad eliminare un incidente intorno al quale non vi è ·completo accordo fra le Potenze, al cui concerto i Principati Uniti devono l'attuale loro ordinamento.

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IL MINISTRO A W,ASHINGTON, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 206. Washington, 8 dicembre 1874.

Ieri fu inaugurata col solito cerimoniale la 2• sessione del 43" Congresso. Unils•co al presente il testo (l) del Messaggio del Presidente il quale, secondo l'uso, rende conto del passato e .contiene raccomandazioni per l'avvenire. Mi limiterò per oggi a toccare dei prinoe:ipaH soggetti che concernono le relazioni estere del·la repubblica.

ltl Presidente ripete nella presente congiuntura la ·raccomandazione già contenuta nel Messaggio dell'anno passato di provvedere all'organizzazione d'una Commissione che aggiusti i oreclami dei forestieri per i danni sofferti durante la guerra civile. Ed intendo eSts•ervi quest'anno maggiori probabilità che il Congres.so sia per passare l'idonea legge.

Paro•le assai moderate sono usate riguardo alle relazioni col Venezuela, limitandosi a dire: «Avere nutrita 1la speranza che la Repubblica, godendo di qualche anno di tranquillità avrebbe soddisfatto ai suoi obblighi. Ma nuovi torbidi esservi ·inlsorti, i quali potranno essere forniti come pretesto di nuove dilazioni •. L'E. V. conosce le ragioni di siffatta moderazione di linguaggio.

Riguardo agli affari di Cuba il relativo paragrafo contiene la frase seguente la quale fino ad un certo ,punto può cons.iderar:si 'Come una minaccia eventuale:

• La sua durata (dell'insurrezione) l'intensità dei suoi sforzi unite all'impossibiilità da parte della Spagna di so~primerla non ponno essere messe in dubbio, e potranno mettere le altre Potenze nella necessità, per i propri interessi, di prendere misure efficaci in proposito (positive steps) », E procedendo nell'argomento delle relazioni ·cona Spagna, dke essere tuttora pendenti le trattative per l'indennità da pagarsi per le vittime del Virginius, essendo esse state ritardate dalla ·continuazione della guerra civile • ,la quale eccita le nostre profonde simpatie, e può fino ad un •certo punto essere accettata come spiegazione di questo Ditardo •. Il Presidente informerebbe ulteriormente il Congresso del pxogresso di queste trattative.

Un paragrafo è dedicato all'esp!)srizione internazionale di Filadelfia, la quale è dal Presidente raccomandata alla benigna considerazione del Congresso. Esso termina ~co~le seguenti parole: « Già varie nazioni estere hanno significata la loro intenzione di farsi rappresentare ad essa, e si crede che tutte le nazioni civili vi saranno rappresentate ».

D'altri importanti !soggetti trattati nel Messaggio farò parola nel seguito di questa corrispondenza.

(l) Non si pubblica.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. CONFIDENZIALE 142. Roma, 11 dicembre 1874.

Il Capitano di Stato Maggiore Cavalier Perucchetti, Professore presso la

R. Scuola di Guerra, ha recentemente pubblicato un opuscolo su cose militari, nel quale, traendo argomento da una conclusione cui egli sarebbe pervenuto circa la convenienza per l'Austria, al punto di vista della difesa del proprio territorio, di rinunciare al possesso del Tirolo Meridionale, l'autore esprime a modo di chiusa il voto che possa spettare al Re Vittorio Emanuele, fondatore della Unità Italiana, e all'Imperatore Francesco Giuseppe restauratore dell'Austria, la gloria di stabilire questo pegno di pace e di concordia fra i due paesi.

Colp·ito dalla manifesta inopportunità di questa pubblicazione, ho creduto doverne intrattenere il mio Collega il Ministro della Guerra, segnalandogli le increscevoli interpretazioni cui essa potrebbe dar ·luogo, pel fatto della posizione occupata dal Capitano Perucchetti e per essere inoltre l'opuscolo in discorso stato inavvertitamente inserito nella Rivista militare italiana periodico posto notoriamente sotto la dipendenza del Ministero della Guerra. H Generale Ricotti il quale non avea prima avuto contezza di questo fatto, se ne mostrò come me assai dispiacente pur m:servando che l'accennata dipendenza della Rivista dal suo Ministero non implica la revisione dei singoli articoli inseriti in quel periodico, ma si risolve piuttosto in una certa facoltà discrezionale lasciata, sulla sua responsabi!lità, all'ufficiale preposto alla direzione di essa. Questo ufficiale, nonché l'autore dell'articolo, ricevettero quindi i meritati ·rimproveri per l'inconsulta pubblicazione.

Ho reputato utile che la S. V. :Illustrissima avesse tosto conoscenza di tutte queste ·circostanze. Ella potrà valersi delle cose esposte nel presente dispaccio, nel caso ·che la ·pubblicazione di ·CUi si tratta desse luogo ad alcune osservazioni per parte del Governo Austro-Ungarico.

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L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 403. Costantinopoli, 11 dicembre 1874 (per. il 19).

Tutti questi Rappresentanti delle Grandi Potenze, compresovi Sir Henry EUiot, -non sospetto di soverchia esigenza verso i Ministri Turchi -stimarono di recarsi successivamente in questi giorni dal Gran Vezir all'uopo di richiamare l'attenz,ione di Sua Altezza sul fatto affermato unanimemente dai Ra:.pporti Consolari che qui giungono, deLla 'lentezza de'l procedimento dell'inchiesta sul triste incidente turco-montenegrino di Podgoritza, e per sollecitarne il risultamento ormai crichiesto dalla giustiz,ia e dalle esigenze di una situazione che può, ·COISÌ perdurando le cose, farsi ogni giorno più grave e pedcolosa.

Nell'interesse della giustizia ed all'uopo di toglier di mezzo pretesto o motivo acchè siffatto negozio venga ad assumere, per ~l·i indugi della Porta, maggiori :pcroporzioni, e non convenendo d'altra parte, credo, ·che mi rimanessi solo in disparte, non esitai ad associarmi al passo dato dai predetti Rappresentanti, e come els,si-·l'Ambaseiatocre Austro-Ungarico in ispecie-me ne avevano dimostrato il massimo desiderio.

Mi condussi adunque ieri dal Gran Vezir, e premessogli che ogni atto dei Rappcresentanti de•l Governo del Re non poteva, visti i buoni rapporti esistenti tra i due paesi, essere interpretato altrimenti dalla Sublime Porta ·che come una testimonianza del costante interelsse pella prosperità e tranquillità degli Stati di S. M. il Sultano nonché del desiderio del mantenimento d'una situazione generale ordinata e pacifica, doveva io permettermi di far presente all'Altezza Sua il fatto che emerge dai Rapporti identici che qui giungono, ed onde consta la lentezza con cui si procede a riguardo degrli autori degli eccidi di Podgoritza. Un mese e più è trascorso dacché 19 individui furono colà massacrati, nè un assassino pure è punito; l'effervescenza è :somma, temibile da un .momento all'altro che la questione assuma proporzioni più gravi e pericolose, ed aggiunsi senza essermi dipartito, son certo, dalla conveniente riserva, tutte quelle considerazioni di fatto tendenti a persuadere il mio iHustre interlocutore della necessità di addivenire, per iscongiurare maggiori difficoltà a misure altrimenti serie ed energiche.

Il Gran Vezir si mostrò interamente inteso del movente .perfettamente apprezzabile del passo che io dava presso di lui e mentre osservava che era pur d'uopo un tempo adeguato pella soluzione d'un così delicato negozio, e come potesse accadere ·che alcuni rapporti di Scutari non fQs:sero scevri di qualche esagerazione, mi diede repUcate asskuranze •che i ,provvedimenti voluti dalla giustizia e da ogni interesse non verrebbero meno per ,parte della Sublime Porta.

Prima d'ora però aLle esortazioni, ad una pronta e buona giustizia fatte da que.sti maggiori Rappresentanti, come da me ad Aarifi Pacha, assicuranze in ugual senso non erano mancate.

Così è •Che panno essere possibili ulteriori domande più esplicite per parte della maggioranza di queste Ambasciate, come l'eventuale richiesta, ad esempio, dell'intervento dei Consoli deUe maggiori Potenze in seno alla Commissione di inchie,sta; il Governo Francese ha di già autorizzato questo suo Rappresentante ad associarsi ad una tale domanda, ave veniJSise fatta -e sarebbe sommamente utHe per me se V. E. si compiacesse di darmi, nell'alto suo giudizio, istruzioni al proposito.

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L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, DE NITTO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 217. Monaco, 12 dicembre 1874 (per. il 15).

N lungo ritardo che f·rappone il nuovo Nunzio Monsignor Bianchi a prender possesso del suo posto, avendomi dato luogo a !Sospettare che vi fosse qualche impedimento alla sua venuta, ho voluto sincerarmente interrogando su questo soggetto il Barone Soden, Ministro del Wurthemberg presso questa Corte. Questi mi fece subito ·Cono~'cere di essergli stato detto dal Signor di Pfretzschner che il Governo Bavarese stante l'attuale disposizione d'animo del Re, che se ne vive tutto ritirato nel Castello di Hohenschwangau, ed ha testè rifiutato al nuovo Ministro di Sassonia Barone Fabrice di 'ricevere personalmente le sue lettere credenzia'li, aveva dovuto dare istruzioni al Conte Baumgarten di pregare il Cardinale Antonelli di ritardare Ia partenza del nuovo Nunzio, per non esporlo al rifiuto dell'udienza solenne da parte del Re di Baviera.

Il Barone Soden mi aggiunto:e che questa poca premura che vien mostrata dal Re Luigi pel ricevimento del nuovo Inviato della Santa S.ede ha fatto sospettare a qualcheduno, e mi ha citato il Signor Morier Incaricato d'Affari d'Inghilterra, uomo qui molto apprezzato, che il Re profittando dell'esempio del Principe di Bismark non voglia in un non lontano periodo di tempo liberarsi della Nunziatura, e in ispecie ritirare la rappresentanza bavarese a Roma.

Si sa che Egli è rimasto assai disgustato dell'ultima missione di Monsignnr Meglia, il quale oltre alla violenza del suo carattere aggruppando intorno a sè le fila del partito clericale aveva creato ogni sorta di imbarazzi al Governo

Bavarese. Dopo la partenza di Monsignor Meglia i Ministri bavaresi si son veduti un po' più al ,Jargo dall'influenza della Curia Romana, e ne hanno profittato per attuare ,con maggiore franchezza le nuove leggi imperiali relative alla ca,cciata dei Gesuiti e dei Redentoristi, a procedere alle nuove nomine di curati e benefi'ciari. A limitare l'insegnamento religioso neUe scuole. A !Preparare leggi sul matrimonio ,civile e sull'esercizio dell'autorità ecclesialstica. A stringere il freno alle pretensioni dei Vescovi. E tutto ciò come se non esistesse Concordato.

Come io ebbi l'onore di ,riferire a questo riguardo all'E. V. in un Rapporto di questa R. Legazione, l'istesso Ministro della Giustizia Dotto'r Faiistle ebbe a parlarmi di tale violazione de~ Concordato, e come il Governo Bavarese aspettavasi da Roma le più vive rimostranze a questo riguardo. Ora è ben naturale che dovendo in certa guisa fa,r rendimento di 'conti al nuovo Nunzio per la condotta tenuta in rapporto al Concocl'dato colla Santa Sede, il Governo bavarese si mostra assai f:reddo nel correre incontro al nuovo Inviato della Curia Romana. Ed è strettamente vera la fra'se attribuita a:l Dottor Faiistle, 'che mai la Baviera ha vissuto tanto più tranquilla neUa sua pace religiosa 'Come durante questi dieci mesi che si è 'rimasti senza Nunzio.

Io non ,saprei ,certo dire se la Corte del Vaticano abbia creduto di contrapporre a que,sta poca IP'remura del Governo bavarese altrettanta freddezza da parte ,gua, ma !POSSO a1sskurare ,che qui niuno, a ~cominciare dallo stesso Re, si dà premura di vedere arrivare il nuovo Nunzio. E sarei JJer dire ,gli stessi Vescovi, ,che sono tutti d'altronde animati dallo spirito ultramontano, preferiscono nei tempi ,calamitosi che corrono per la Chiesa Cattolica di vivere in buona e diretta intelli.genza col Governo, che deside,ra,re l'appoggio dell'Inviato della Santa Sede, destinato a creare a sè e ai suoi protetti sempre nuovi imbarazzi per le pretensioni che la Curia Romana non cessa mai sempre di riaffacciare.

Quanto poi aU'intimo sentimento che vorrebbesi attribuire al Re Luigi di cercar di liberarsi dei rapporti diplomatici attivi col Vaticano, H Barone Soden mi ha osservato ,che è ben probabile ,che Egli si trovi in questa disposiz,ione d'animo, ma quanto ad attuarla egli non l'oserebbe, dovendo affrontare per ciò l'ostilità della maggioranza IC:lerkalle aHa Camera, e il mal concetto che si saprebbe ispirare ,contro di lui dai Capi deHa parte ultramontana presso le popolazioni cattoliche del suo Stato. Sicchè è molto probabile che queste considerazioni la vinceranno sul secreto desiderio di sopprimere la rappresentanza al Vaticano, nonostante che tale desiderio si trovi oggi avvalorato da un sentimento di convenienza verso l'Impe,ro, ,che viene or ora di sopprimere le relazioni colla Santa Sede.

I Giornali riferiscono che i Deputati Bavaresi al Reichstag hanno in mira di presentare la stessa proposta alla propria Camera; e ciò non può dar luogo, ad akun dubbio, avendolo già fatto altre volte in ogni votazione del bilancio del Ministero Esteri. Ma il Signor di Pfretzs,chner vi oppose !sempre un costante rifiuto; nè potrebbe essere altrimenti anche oggi, se pure il Ministero non intendesse eseguire tale proposta a dispetto della maggioranza dell'attuale Camera Bavarese, affine di piegarsi alle ,convenienze, che sembrerebbero oggi suggerite alla Baviera di a:ssociarsi alla decisione presa dal Governo e dalla Dieta Imperiale.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI

D. s. N. Roma, 14 dicembre 1874.

Il Console di Sua Maestà a Ginevra ha telegrafato al Ministero degli Affari Esteri essere stato assicurato che i noti Outine, Bakounine e Cluseret, in unione ad altri settarj, stiano compJottando a Vevey per ,provocare uno • sciopero armato » in Italia. Soggiunge il R. Console che il suo Collega di Francia ha inviato a Vevey due Agenti per avere notiz,ie, e conchiude domandando istruzioni.

Il sottoscritto rsi affretta a dare partecipazione di ciò al Ministero dell'Interno, pregando'lo di vo'lergli indicare quale risposta debba farsi al R. Console sopracitato.

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IL CONSOLE A SCUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. CONFIDENZIALE 66. Scutari, 14 dicembre 1874 (per. il 23).

Domenica scorsa (6 ,corrente), fui a restituire visita al Signor A. Speyer Vice Console o ~com'essi dicono Segretario del Consolato di Russia. Egli è molto amico del Montenegro, intimo dei Comm~ssarj, e d'altra parte ha sempre a me dimostrato particolare confidenza, simpatia e stima.

Venuti sui discorso del Montenegro e delle attuali complicazioni, discorso che non può non essere il tema del giorno, massi:me a Scutari, e quindi delle probabilità di una soluzione, egli mi fece Je rivelazioni seguenti:

• H Signor Ioannin Console di Rus3ia (a Ragusa ed accreditato presso il Principe del Montenegro) ottenne il congedo chiesto, ma invece di recarsi in patria ,come ,si proponeva, egli, ,che è per affetto piuttosto montenegrino che russo, starà a Costantinopoli, a vedere di là l'andamento della quistione attuale.

Ora mi scrive i:l Signor Toannin, il Principe è persuaso 'Che nissuna soddisfazione gli sarà data o sarà tale che non potrà dirsi una soddisfazione, del resto queHo che noi constatiamo dà diritto di pronosticare in tal senso.

La popolazione del Montenegro irritata per vec,chi rancori e per molte ingiustizie ,patite, è ora più che mai esacerbata per le nuove scelleratezze turche ed inuzzolita per le simpatie dimostratele dall'Europa liberale.

Fortunatamente l'anno scorso fu molto propizio, i raccolti furono copiosi e la popo1azione può cacciar,si in una guerra, senza che ai combattenti manchino le vettovaglie, senza temere carestie o falta di viveri o danni gravi economici.

Il Principe pertanto, aprendosi confidenzialmente al Signor Ioannin, gli disse

che se non ottiene soddisfazione, com'egli Ja vuole, correrà alle armi.

Diecimila uomini bastano per impadronirsi ad un tratto di Podgorizza, di Spuz e Zabliax, per istabilirsi nella zeta, nei paesi (10 a 12 mila abitanti, esclusa Podgorizza, tutti slavi, tutti ortodossi ché degl'islamiti non v'hanno se non

pochi appunto in quelle fortezze, salvo in Podgorizza ove formano i 2/3; si può dare un ragguagHo di 18 a 20 mila abitanti comprelsa Podgorizza di cui 12 a 13 mila ,s,lavi ortodossi e 5 a 6 mila slavi islamiti) appartenenti alla Tu11chia, ma ,che sono etnicamente, geograficamente, naturalmente montenegrini. (E quest'impresa può non essere difficile, in un'incamiciata, direbbero gli scrittori militari italiani, da parte delle soldatesche, delle bande del Principato; invero quelle guarnigioni non sommano 'che a 4 mila uomini tra rego'lari ed irregolari, compresi i posti dei blokhaus); e le c01si dette fortezze sono posti meschinamente muniti e senza grand'importanza.

Il resto delil'esercito principesco (15 mila uomini secondo le disposizioni di legge, ma questo numero sarà molto maggiore pei volontarj indigeni e d'altri paesi slavi) rimarrà in osservazione per guardare le frontiere della Bosnia; 10 mila uomini per la :llrazione di cui ls,i tratta sono sufficienti.

Una volta strappate ai Tul'chi quel,le fortezze sarà pur forza che le Potenze intervengano ed il Montenegro tratterà, e forse sulla base del possesso attuale (uti possidetis).

Non è da temer,si un ritorno offensivo da :parte della Tur,chia: essa non ha che 50 battaglioni disseminati in tutta la Rumelia, la Bosnia e l'Albania: non può chiamar rinforzi dall'Asia o da altri paesi (e perché?) né può sguarnire le frontiere del Danubio né le vicine provincie che l'attitudine del Montenegro farà pronte alla rivolta e che forse daranno aiuti: la Turchia non potrà quindi aver sotto mano se non 20 o 25 battaglioni, dicasi al più 14 o 18 mila uomini (il battaglione turco è di 600 uomini in tempo di pace, seppure per malversazione dei Ca1pi non è minore, ed è di 950 uomini in rpiede di guerra) di infanteria e delle altre armi.

Onde mettere questo suo disegno in atto il Principe ha d'uopo di un po' di danaro 250 o 300 mila fiorini (600 mila franchi circa) e trovò già questa somma (dove? da chi? a quali patti? per ora non 'lo so) e di ,completare i,l suo armamento.

A tale scopo egli ha testé spedito a Vienna il suo Ministro della Guerra (il Generale Plamenatz) per far incetta di fucili, di cannoni e di alcuni cannoni Krupp (?).

Fra poco le armi: 'cioè i cannoni (mi disse tl modello ma la memoria mi tradisce, parmi sia un fucile a rivolteHa) giungeranno a'l Montenegro: munizioni ve n'ha oltre il bisogno.

In tali condizioni riesciranno le trattative e si può aver per sicuro che la Zeta verrà nel dominio del Montenegro ».

Queste sono le rivelazioni del Signor S.peyer, alle quali io non feci più che tanto abbietti e rilievi, per non uscire daNa riserva ·che m'impongo, se non in quanto era necessario perch'egli esponesse con maggior precisione il piano di cui si tratta.

Il Montenegro invero ha d'uopo di possedere ·la Zeta, di venire nelle pianure -specialità, se così può dirsi, delle emigrazioni slave e necessità propria -andrà al mare in seguito e probabilmente -comecché avvicinarsi al mare non sia nel desiderio e nel carattere (almeno generale) degli slavi.

« Il Generale Ignatieff, mi soggiunse il Signor Speyer, non conosce tali intendimenti del Principe; non li conosce poi neppure il mio capo Signor Jastreboff e della ·comunicazione 'ch'io ebbi dal Signor Ioannin vi prego a non far motto con chicchessia •.

Che il Generale Ignatieff non sia a parte di questa determinazione del Principe è forse men vero o men probabile per tutte le ragioni subbiettive che è inutile accennare ~ oltre a ciò: il consiglio dato recentemente da esso al Principe Nicola, di lasciar cioè che la Commissione fornisca il suo compito e poi si vedrà, lascia credere 'Che egli conosce il divisamento del Principe: infatti che cosa si ha da vedere? o ·la Commissione procede con regola, con ordine, con giustizia ed il Montenegro nulla può pretendere; o la Commislsàone non procede regolarmente ed il Montenegro ha diritto di reclamare aUa circostanza, di protestare, di ritirarsi dalla Commissione stessa ~ ma non v'ha cosa alcuna da vedere.

Il Signor Radonitz mi raccontò sulle prime che il Generale Ignatieff diede il consiglio di cui sopra, ma accortosi probabilmente di aver meco troppo scoperto la mano della Russia, quasi ripigliandosi, correggendosi mi soggiunse che tale consiglio devait avoir été donné par le doyen du Corps diplomatique (Géneral Ignatieff)....

Del :dmanente l'abbandono che fanno i Delegati montenegrini della Commissione ~cui appartengono mi las'Cia credere che il Montenegro covi qualche progetto: e1ssi diffatti non si mostrerebbero così rilassati come ora sono per l'andamento della Commissione -essi dicono schiettamente che ne attendono la fine, qualunque essa sia, ,per poter poscia ~itornare incontanente nel Principato.

La posizione è pertanto gravissima.

Essa è grave 1per 'le idee che cova probabilmente il Montenegro, che cova sicuramente se si aggiusta fede alla narrazione esposta, è grave per 'l'importanza che un movimento Montenegrino può avere in tutta la penisola balkanica e massime nell'Albania.

Al qual scopo io devo riferire a V. E. che i due Capitani Mirditi ch'erano stati a Cettigne (r<I!PPOrto n. 62) da alcuni giorni fecero ritorno alle case loro. Li avevano accompagnati in quell'escursione (che ha fieramente ·corruc,ciato il Governatore nostro) l'Alfiere di Oroki ed altri Capi e notabili di questa Tribù e forse una quarantina dei 'loro partigiani. Il Principe li accolse tutti a !splendida e generosa ospitalità e nel dipartirsi regalò a ~ciascuno dei Capitani due pistole incrostate d'argento, un revolver ed un fucile ad ago, un fucile ad ago ai loro seguaci tutti.

Il Principe fa assegnamento se non sul concorso, certo sulla neutralità dei

Mirditi e non sarà poco danno se aU'E13ercito Turco mancherà ,l'assistenza di

quei bravi fiancheggiatori, di quelle guide esperte.

E la condotta dei Mirditi sarà d'esempio alle Tribù super-Scutarine, dappoi

ché, è d'uopo riconoscerlo, il Governo si alienò l'affetto di questi 1popoli e nulla

fece in lor vantaggio.

Se avesse la .coscienza dello stato suo in queste provincie, se avesse co

scienza dello stato delil'Europa, il Governo ottomano dovrebbe affrettarsi a

scongiurare tali pericoli, a dar soddisfazione al Montenegro, tutta la soddisfazione cui ha diritto, tutta la soddisfaz,ione che reelama, tutta la riparazione che è giusta; dovrebbe rap,pacificarsi colle popolazioni albanesi e dare a questa Nazione guarentigie di proS!IJerità economica e di progresso civile affinché conti-nuino :secondo 'loro tradizioni ad essere baluardo ·contro l'invasione slava.

Invero è poco dignitoso ed è poco utile pel Governo che dopo aver ripetutamente promesso • un'inchiesta severa e rigorosa • ed una « soddisfazione esemplare • rifiuti di far l'inchiesta sulla condotta dei suoi Agenti in Podgorizza.

E la diplomazia che ha cognizione perfetta dello stato delle cose, delle aspirazioni, delle necessità del Montenegro, della tensione degli animi in questo paese avrebbe .più correttamente provveduto, a parer mio in questa emergenza (almeno ·la diplomazia delle Potenze che vogliono mantenere l'assetto attuale lasciando al progresso di preparare la trasformazione di queste genti) tse avesse avocato a sé la quistione, ,col qual mezzo avrebbe esevcitata alta, utile e pacifica influenza e pressione ·così sul Montenegro che molto spera e forse molto esige, come sulla Turchia ·che vanamente, ingiustamente, inopportunamente :sta sul tirato non tanto per colpa del Governo, quanto per colpa dei suoi Agenti.

La Commissione, ·Come serissi, prosegue o per dir meglio arrabatta i suoi lavori di giorno e di notte con un'attività febbrile, con una furia che non è punto una guarenzia della giustizia: tali sono gli ordini pervenuti ieri per telegrafo da parte del Gran Vizir, il quale vuole che fra otto giorni il processo sia finito.

Inquisiti e testimonj del rels:to proseguono nello stesso sistema: quelli pro

vano l'alibi, questi non sanno niente, nulla videro, nulla intesero. Vennero chia

mati i Muktar (diremo i Sindaci, gli Eletti dei varj Comuni) della Zeta a dar

informazioni dei fatti avvenuti nei loro paesi ed anch'essi nulla sanno, nulla

conoscono. E il Pascià li rilegò (tutti e sette) nella fortezza di Spitza.

I Cristiani anch'essi per tema della vendetta non osano far testimonianza.

Sarà quindi difficile che si venga ad una conchiusione.

Nel pensiero del Pascià e perciò della Commissione, 7 sono sospetti di essere autori di assassini, 9 sono compromessi come complici degl'assassini, un numero indefinito poi sono ritenuti colpevoli di eccitamento alla sommossa, complici morali.

I delinquenti sono la maggior parte di buone famiglie, di una certa condi

zione civile, tutti tuvchi e spiega la tendenza a volerli .salvare, a voler dare

invece a quest'orco di giustizia degl'uomini di n~ssun conto, ,soliti strumenti e

bravi in tutte le sommosse.

Pertanto non vi sarà •Condanna alcuna al:la pena di morte, ma a:l più qualche

condanna ai lavori forzati a tempo.

In tal modo saranno puniti gli uccisori di 17 Montenegrini e di 8 altri cri

stiani rajà, fra ·cui una donna e i feritori di 2 Montenegrini e di 4 altri cristiani

rajà fra cui una donna ed un bambino, in tal modo sarà percossa una Città

solidaria di atti di bavbarie e di fanatismo.

In tutto questo procedimento v'ha molta inabilità dal ·canto degl'inquirenti,

molta doppiezza dal canto delle Autorità, molta fermezza da:l canto degl'inqui

siti e dei testi, forti della complicità morale della Città intiera, :sostenuti dalle

simpatie, dai consigli, dai soccorsi di tutti, e che chiusi già tutti insieme nella

23 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. V

stessa prigione s'indettarono, stabilirono la loro condotta, s·i distribuirono sto per dire iJ.e parti che debbono recitare e si diedero la bessa (la fede) di non tradirsi. A:ppunto per isventare questo .complotto dei rei e degl'inquisiti per dar animo ai testi cristiani ed infondere timore nei testi turchi sarebbe stato necessario interrogare le Autorità e sottoporle ad inchiesta.

I Montenegrini poi lasciano che i Turchi facciano a lor talento: essi ascoltano, vedono, redigono processi verbali e si limitano a ciò, forse pensando che l.'•irrilevanza, la irregolarità del processo permetteranno al Montenegro di non accettare quella larva di soddisfazione alla giustizia ed al loro Governo, e lascieranno intiero il diritto del Principato.

n Governo Ottomano ha spedito in Albania un Ingegnere Militare-un Colonnello -, il quale :rilevò testé Ja carta topografica della Zeta : ora è partito alla volta di Antivari per riJevar quel paese. Della •carta della Zeta e della frontiera turco-montenegrina alla scala di m. 1/20.000 H Governo ha fatto colla fotografia tirare parecchie copie che distribuì ad ogni Capo dei battaglioni di questi presidj; io potei avere, non occorre come, una di tali copie •che H Governo gelosamente custodisce. E la porrò a. disposizione di V. E. o del Ministero della Guerra pel caso che vogliano seguire le fazioni a mio parere imminenti.

626

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE :IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 147. Roma, 15 dicembre 1874, ore 15,15.

Veuillez annoncer au Gouvernement du Khédive que je devrai très probablement soumettre à la Chambre l'approbation de ·l'arrangement relatif à la juridiction consulaire en Egypte. n n'est pas possible que nous acceptions la mise en exécution de la reforme judiciaire avant que la Chambre ne nous y ait autorisés. Je ne doute pas que cette autorisation ne nous soit accordée.

627

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 434. Bucarest, 16 dicembre 1874, ore 10 (per. ore 12,50).

Le Gouvernement Roumain vient d'etre informé que le Sultan veut accorder par Firman à Ia Roumanie la permission de conclure des Conventions internationales; fermement décidé à ls.e conformer à la volonté nationale, le Gouvernement roumain a fait déclarer aujourd'hui à Constantinople, ainsi qu'à mes Collègues et à moi qu'il n'acceptera jamais un pareil Firman qui pourrait donner lieu à de graves complications. Je n'ai pas manqué de conseiller beaucoup de modération, mais il serait opportun de faire entendre •le meme langage à Constantinople.

628

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 143. Roma, 16 dicembre 1874.

Durante il soggiorno fatto da V. S. in Roma nel Novembre scorso, ebbi l'occasione di informarla di un mio •Colloquio col Conte Wimpffen e della preghiera da me fattagli di consultaxe preventivamente il suo Governo intorno al modo con cui questi avrebbe accolto una nostra proposizione tendente a risolvere le difficoltà nate fra la Turchia e gli Stati •che hanno manifestato l'intenzione di stringere accordi commemiali diretti coHa Rumenia. Tale nostra proposizione era e~pressa in questi termini: piacesse a quegli Stati di dare comunicazione ufficiale alla Porta ottomana degli accordi ·conchiusi e ciò in omaggio al diritto pubbUco e.sistente.

Col rapporto del 7 corrente (l) Ella mi annunziava che, sebbene tutt'ora assente da Vienna S. E. il Conte Andrassy si era occupato della risposta da darci e che questa pa.rth"ebbe a:ppunto in quei giorni.

Ieri infatti il Conte Wimpffen mi ha comunicato il contenuto di un Dispaccio che egli non era però autnrizzato a lasciar·e in mia mano.

Il senso generale di tale Dispaccio è quello stesso ·che a Lei fu già indicato dal Barone Hoffmann. Il Gabinetto di Vienna è convinto che i Principati abbiano il diritto di stringere accordi ·commerciali •Colle Potenze. Questa convinzione nasce in lui dall'esame degli atti internazionali dai quali è regolato l'attuale ordinamento della Rumania nei suoi rapporti coll'Impero ottomano. A questo riguardo il Dispaccio di ·cui il Conte Wimpffen mi diede lettura contiene una esposizione della quistione di diritto che io non potrei qui ripetere con precisione, ma che non mi sembra differire nella sostanza da ciò che finora è stato detto sopra tale soggetto in appoggio delle ragioni invocate dalla Rumenia. Come conclusione di questi argomenti il Conte Andrassy non crede che il Governo austro-ungarico possa accettare una proposta la quale, a suo avviso, lo metterebbe in contraddizione ·eone sue precedenti affermazioni. Ho pregato il Conte \Vimpffen di ring.raziare il Conte Andrassy della •comunicaz.ione ·che egli mi avea fatto e soggiunsi che, sebbene io rinunciassi a dare seguito a una proposizione .che non riusciva gradita al Governo austro-ungarico, era mio desiderio di ben precisarne il •Carattere, di guisa che a Vienna non rimanesse alcun dubbio sulla intenzione che d avea mossi a farla.

Io non aveva con que,Ua proposta l'intenzione di risolvere la quistione di diritto sviluppata nel Dispaccio di S. E. il Conte Andrassy. Anzi, accennando. colle parole en hommage au droit public existant ai Tapporti di alta sovranità che esistono fra la Porta ed i P·rincipati, io avea studiosamente cercato una locuzione che non si riferisse al punto speciale di diritto relativo alle convenzioni

•commerciali della Rumenia e che si appHcasse invece a quei rapporti che, nelle istruzioni impartite dai tre Governi ImperiaH ai loro dragomanni, erano stati

ben più energicamente ed espJtc,itamente affermati. La semplice comunicazione alla Turchia degli ac·cordi commerciali conchiusi coi Prindpati, ci sembrava cosa conciliabile col doppio interesse di non pregiudicare il punto di diritto relativo ai limiti delle facoltà spettanti al Governo rumeno e di mettere in salvo le ragioni dell'alta sovranità da tutti riconosciuta nella Porta Ottomana. Il mio unico scopo era stato quindi di ottenere dalla Turchia Ia sua adesione a che la quistione fosse portata ,sul terreno pratico degl'interessi materiali, anzi che su quello teorico in cui un accordo è più difficile a conseguire.

Tale essendo illsignificato e tale lo sc01po della proposizione che noi abbiamo avuto in animo di fare, V. S. ben comprende che noi usciremmo dalla linea di condotta ·che ci proponevamo di seguire· se c'impegnassimo in una discuSISione sulle quistioni di diritto. Queste infatti richiedono l'esame e l'interpretazione degli atti internazionali dai quali .sono regolate, non possono es.sere risolte che coll'adesione delle Potenze che hanno preso parte a quegli atti ed acquistano necessariamente quel ,carattere generale che noi abbiamo evitato finora di dare alla divergenza esistente fra la Porta da una parte, I'Austria, la Germania e la Russia dall'altra.

(l) Cfr. n. 619.

629

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 318. Vienna, 16 dicembre 1874 (per. il 19).

Finivo pre-cisamente di leggere la conclusione dell'opuscolo testé pervenutomi, del Capitano Perrucchetti sul Tirolo, allorché ricevetti l'ossequiato dispaccio confidenziale dell'E. V. delli 11 corrente N. 142 (1). Non ho d'uopo di dirLe che non meno certamente dell'E. V., io fui colpito della manifesta somma inopportunità di quella pubblicazione, che già per se stessa spiacevole, perché dettata da un Professore del nostro Primo Istituto militare, acquista maggior gravità ancora dall'essere stata inserita nella Rivista militare, di cui il Governo non può declinare la responsabilità. Infatti ognuno .può leggere inscritto nel Bilancio di definitiva previsione del Ministero della Guerra pel corrente anno; all'articolo 3o del Capitolo 20° • spese per le Biblioteche militari di presidio, per la Rivista militare, e cronaca militare estera ». Inoltre a tutti è notorio, come ben dice I'E.V., che quel periodico sta sotto la diretta dipendenza del Ministero della Guerra. Io non dubito che lsì tosto l'esistenza di quella pubblicazione verrà conosciuta qui, locché non può tardare, poiché al Ministero Imperiale della Guerra vi ha chi è incaricato di leggere quella Rivista, l'effetto ne sarà dei più spiacevoli, e non si mancherà di farmelo sentire. Tutto ciò che io potrò dire per spiegare l'ac•caduto non servirà affatto ad attenuare la cattiva impressione prodotta dal fatto che, considerando le poco piacevoli comunicazioni a cui già diedero luogo le troppe improntitudini su questo argomento che non pochi ebbero a commettere in questi ultimi tempi, è proprio inammissibile.

Continuando di questo passo, a malgrado il ben positivo volere, che certo niuno di me è meglio in grado di apprezzare, da cui i due Governi sono animati di viemmaggiormente stringere cordiali relazioni fra i due Stati, e di cancellare qualsiasi traccia del passato, i ricordi di quel passato ancor sì poco remoto vedrebbero nuovamente il giorno qui, ed i rapporti fra i due Stati finirebbero per alterarsi. Poiché, come già ebbi a dire altra volta alla E. V., sulla questione di nuove cessioni di territorio all'Italia, dall'Imperatore fino all'ultimo Austriaco, a qualsiasi partito appartenga, tutti la penlsano ad un modo solo. Or bene, più che mai io ravviso necessario farla finita con quelle improntitudini, che ingenerano qui opinioni che offendono la nostra lealtà. So che fu detto in alto a Vienna, che ogniqualvo1ta succedono fatti di simile natura, il Governo Italiano non manca mai di porgere spiegazioni atte ad eliminare la sua responsabilità e ad esprimere anche il suo rincrescimento per l'accaduto, dò però sempre in via diplomatica, ma che fino ad oggi si è sempre astenuto dal chiarire in modo da essere inteso anche in Italia, la sua disapprovazione, e dal palesare esplicitamente con un atto soggetto a pubblicità, la recisa sua intenzione di non seguir la via su cui per un ben malinteso amor patrio, vi ha chi vorrebbe spingerlo. Il momento sarebbe opportuni,ssimo per ciò compiere, visto che fino ad ora nessuno ebbe a muovere ancora parola in proposito; poiché se già mi si fosse parlato qui di questo affare, sarei il primo a dire, basta ciò che si è fatto. Un colpevole vi ha, e questi è il Direttore della Rivista; sia tosto esonerato dal suo incarico e sostituito da un altro ufficiale.

Un tal provvedimento io ravviso ~indispensabile si abbia a prendere senza ritardo, se si vuole produca il suo effetto. In quel fatto ,che non sarà ignorato qui, il Governo Imperiale troverà una ben positiva ~conferma della ndstra lealtà, e le nostre relazioni ,coll'Austria-Ungheria ne risentiranno sensibile vantaggio. I commenti che potranno farsi in Italia su di ciò non sono da temersi, poiché col Governo saranno, e non sono i meno, quanti vogliono che ~l'Italia degnamente occupi il suo posto nel concerto delle grandi Potenze, dove malamente sempre si reggerebbe queUa Nazione che mostrerebbe di non 'curarlsi che ~la sua lealtà possa essere sospettata.

Io prego vivamente 1l'E. V. a voler p<I"endere in ~considerazione le osservazioni che, adelTI[)iendo a quanto ritenni essere mio stretto dovere, ebbi l'onore di sottoporle 'con una ,rispettosa franchezza, da ,cui non isaprei dipartirmi mai, quando si tratta dell'onore e dell'interes,se del paese. Io non dubito che se l'E. V. si persuaderà dell'indeclinabile necessità di accogliere la mia proposta, il Ministro della Guerra non farà difficoltà ad aderirvi poiché se può essere spiacevole per il Dicastero che egli regge, il privarsi di un distinto collaboratore, non mancano però nell'Esercito uomini atti a sostituirlo, e ad un interesse maggiore

S. E. il Generale RicoU,i ben son persuaso saprà far sottostare considerazioni di natura, in fin dei conti, secondaria.

Un ris,contrro quanto più sollecito possibile al presente rapporto mi tornerà particolarmente gradito, poiché nei prossimi giorni per l'appunto potrei trovarmi in cir,costanze da ~sentirmi a parlare dell'affare di cui è caso (1).

(i) Annotazione marginale: « Alla Guerra •·

(l) Cfr. n. 621.

630

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 443. Bucarest, 16 dicembre 1874 (per. il 23).

Con i due teleg,rammi 'Che ho avuto l'onore d'indirizzarle ieri ed oggi (1), ho fatto noto a V. E. ·Che il Governo Rumeno fu informato avere H Signor Elliot proposto a Costantinopoli, •come mezzo di sciogliere la quistione dei trattati di comme11cio, ·Che il Sultano conceda per firmano alla Rumania la facoltà di negoziare accordi internazionali.

Riassumo qui le considerazioni con cui il Signor Boeresco accompagnò codesta comunicazione ·in una visita 'Che venne a rendermi ieri sera.

• Un simile firmano, egJli di:sse, essendo affatto contrario allo ,spirito ed alla lettera degli antichi nostri trattati dai quali scaturisce il nostro diritto di negoziar direttamente con le Potenze, non può non esser respinto dal Parlamento e dal Governo H quale è fermamente deciso di uniformarsi alla volontà nazionale.

Da quattro anni 'Che è al potere, H Gabinetto Catargi si lusingava di aver dato alla Sublime Porta ed all'Europa sufficienti prove di moderazione, mantenendo l'ordine all'interno, e ·circoscrivendosi nei limiti dei ·cennati trattati massime per quanto ,concerne le .relazioni del:la Rumania con l'Impero Ottomano. Il quale se per.siste a suscitargli oggi delle difficoltà di questa natura, l'obbligherà a dimettersi per lasciare il potere nelle mani di un partito che anni addietro sollevò a sua volta non pochi imbarazzi.

Onde evitare le interne ed esterne complicazioni ·che prevediamo sorge

rebbero se tla Porta ·cedesse alle suggestioni del Signor Elliot, abbiamo creduto

di dover te,legraficamente incaricare l'Agente Rumeno a CostantinopoLi di dichia

rare al Gran Vizir ,che il Governo di Sua Altezza non sarà .per accettar mai un

tal firmano. Il Principe Ghika è inoltre invitato a far valere tutti gli argomenti

di diritto sui quali d fondiamo per desiderare che la Porta si astenga dall'emet

tere un atto simile, argomenti desunti dal nostro diritto !secolare scritto, ed avva

lorati dalla pe11suasione in •cui siamo ·che l'atto in parola creerebbe del,le difficoltà

che per tutti è meglio di allontanare.

Potrebbe invero il Sultano essere soddisfatto se le Camere rumene dichia

rassero, come è a prevedere, che codesto firmano sarà •considerato da esse e dal

Paese come nullo e non avvenuto?

Le riserve che abbiamo fatte pervenire a Costantinopoli a questo proposito, io le rinnovo intanto, per incarico avutone dai miei Colleghi, a tutti gli Agenti delle maggiori Potenze qui acereditati ».

Ho risposto al Signor Boeresco che non avrei mancato di ragionar di quanto precede con V. E.; ma 'che per mio ·conto non saprei in verità scorgere la ragione sufficiente di un cotanto aUarme per un firmano che dopo tutto somiglierebbe

a molti altri firmani emanati dalla Porta. Ho voluto svolgere con altre considerazioni ancora la stessa tesi col Presidente del Consiglio, raccomandando ad entrambi di non allontanarsi da quella moderatezza di propositi tanto da essi vantata. Ma 1la risposta che ne ho ricevuta è che la Rumania non si è mai opposta all'emanazione di firmani r~st,retti nei <limiti dei trattati, e ~che se essa non protestasse ora contro un firmano che pretende regolare un diritto interno dei Principati, il Governo della Sublime Porta vorrebbe più tardi allargare la cerchia di queste sue usurpazioni, regolando sempre per via di firmani tutto l'ordinamento interno della Moldo-Valachia.

La perfetta calma che regna nel Paese mentre s~crivo non mi fa pensare che, per ora almeno, il Ministero, o per piegarsi al volere del Principe notoriamente sus,cettibile in materia di firmani o per~ché ne credesse propizio il momento, avesiSe in animo di combattere l'ultima battaglia.

Ma non è però men vero che l'Inghilterra con i suoi consigli e la Porta che si mostra propensa ad accoglierli, offrono buon giuoco alla Rumania di cogliere pretesti che possono favorire l'attuazione dell'idea nazionale.

Che se le Potenze hanno interesse a non vedere alterato l'ordine di cose esistente sul Danubio, non sarebbe egli ~conveniente far tenere a Costantinopoli un linguaggio che additi gli ostacoli contro ~cui la Porta urterebbe adottando delle misure inopportune?

(l) Cfr. n. 627. Il telegramma del 15 dicembre non è pub~?licato.

631

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 144. Roma, 17 dicembre 187 4.

Nella stessa visita in cui il Conte Wimpffen mi comunicava la risposta del Conte Andrassy alla proposta sulla quale io avea desiderato consultarlo relativamente alla questione delle ~conven:zJioni commerciali della Rumania, il Rappresentante Austro-Ungarico mi dava lettura ~confidenziale di un altro dispaccio del suo Governo riguardo allo stesso soggetto. Questa seconda comunicazione avea per iscopo d'informarci degli ultimi passi fatti a Costantinopoli dalla diplomazia Imperiale e di dimostrarci ~che alla Sublime Porta, meglio che ai Principati, dovrebbero indirizzarsi le raccomandazioni di non allargare i termini della vertenza e di non dare ad un affare d'interesse particolare per alcuni paesi le proporzioni di una quistione di rpolitka generale e di carattere Europeo.

Nelle istruzioni date dall'Andrassy all'Ambasciatore Austro-Ungarico a Costantinopo<li e di cui il Conte Wimrpffen mi diede lettura il Gabinetto di Vienna rimprovera alla Turchia di non aver saputo cogliere le varie occasioni che nel corso dei negoziati Ie si offrirono per chiudere la discussione pigliando atto delle dichiarazioni fattele le quali mettevano in salvo le ragioni di alta Sovranità del s.ultano sui Principati. Si lagna inoltre il Conte Andrassy che, dopo di avere sperato di tenere a bada l'Austria-Ungheria, il Governo Turco, stretto dalle domande simultanee ed identiche dei tre Imperi, abbia creduto di allontanare da sè la responsabilità delle difficoltà inlsorte mercè una proposta che egli ben sapeva non poter essere accettata a Vienna dove il diritto dei Principati di conchiudere degli accordi commercia<li, non era stato posto in dubbio. Finalmente 1poi accennando all'intenzione attribuita alla Porta di appellarsi alla decisione delle Potenze garanti riunite in Conferenza, il Conte Andrassy si pronuncia in termini assai severi richiamando la Porta a voler riflettere se le convenga di prendere l'iniziativa di una convocazione delle potenze quando già le è manif~sto ·che le decisioni della Conferenza non le potrebbero essere favorevoli.

Ringraziando H Conte Wimpffen di questa ·Comunicazione mi sono astenuto dall'emettere un'opinione sulla proposizione di riunire le potenze in una Conferenza. Soggiunsi essere desiderio del R. Governo che la quistione venga mantenuta e risolta sul terreno pratico degli interessi •commerciali, essendo d'accordo col Conte Andrassy nel ritenere che poco giovi aUa Turchia il discutere la quistione dal Iato giuridico. La Turchia non ci ha consultati a questo riguardo. Se lo avesse fatto la quistione ci si sarebbe presentata sotto i due aspetti del diritto cioè e dell'opportunità. Le ultime notizie telegrafiche ~che io avea ricevuto da Bukarest non mi consigliavano a sortire da una riserva che ci era d'altronde suggerita anche dalla risposta del Conte Andrassy alla nostra proposta di componimento. Io mi dovea dunque limitare a dkhiarare di nuovo che il Governo di Sua Maestà avrebbe volentieri contribuito, potendo, a restringere anzi che ad a1largare i limiti di una controversia, la quale protraendosi potrebbe far nascere altri incidenti ed essere ~causa di maggiori inquietudini.

632

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, CADORNA

D. 221 bis. Roma, 18 dicembre 1874.

In una visita fattami ieri da Sir A. Paget, il nostro discorso si aggirò sulla quistione tutt'ora aperta a Cols.tantinopoli circa il diritto della Rumania di conchiudere accordi commerciali con gli Stati esteri indipendentemente dalla Potenza alto sovrana.

Il rappresentante di Sua Maestà Britannica avea avuto un telegramma da Costantinopoli •col quale lo si informava che mentre la Porta sembrava decisa ad emettere un firmano risolutivo deHa quistione nel senso desiderato dall'AustriaUngheria, dalla Germania e dalla Russia, i Principati 1Si apprestavano a respingere qualunque concessione in materia su cui affermano di avere un diritto proprio ed assoluto. Queste stesse notiz,ie mi erano giunte pochi momenti prima da Bukarest. Quel R. Agente avea saputo dal Ministro degli Affari E.steri di Rumania che il Governo Principesco, informato delle p•ratiche in cm1so a Costantinopoli per indurre la Porta ad emettere il firmano, desiderava 'invece che il Governo del Sultano dismettesse questo pensiero poiché un tal firmano sarebbe dichiarato dal Parlamento Rumeno come nullo e non avvenuto. Io comunicai

àunque a Sir A. Paget le nostre informazioni •che non ci lasciavano alcun dubbio

sulle nuove compHcaz,ioni alle quali la quistione di cui parlavamo potrebbe dar origine se non si trovasse un modo pratico di risolverla prontamente.

Sir A. Paget avea l'incarico di farmi sapere •che fra Londra e Costantinopoli erano stati scambiati alcuni telegrammi per riconoscere qual viso avrebbe fatto il Gabinetto Inglese alla domanda ,promossa dalla Turchia di riunire una conferenza delle Potenze garanti alla quale sottomettere la decisione della questione relativa alle convenzioni ·commerciali dei Principati. Il Gabinetto Britannico avea fatto esprimere ad Aarifi-<prusdà i suoi dubbi sulla opportunità di una siffatta convocazione. La riS)posta di Lord Derby, mentre 1ri·corda alla Porta che la stessa Inghilterra non ha opinato in modo favorevole per il partito della resistenza alle domande dei tre imperi, mette in rilievo la difficoltà di 'Circoscrivere il lavoro d'una conferenza alla sola quistione oggidì agitata fra quei Governi e Costantinopoli. H Rappresentante britannico mi ·chiese che cosa io pensaslsi della riunione d'una conferenza. Limitandomi a •considerare tale progetto al punto di vista della opportunità, risposi a Sir A. Paget che io non dissentivo dal iParere espresso da Lord Derby, e che il Governo ttruliano avrebbe contribuito ben volentieri col suo ·contegno a .restringere iPiuttdstochè ad allargare le proporzioni de1la controversia fra la Tur·chia ed i tre ·Imperi. In qualche mezzo termine che desse praticano la soddisfazione agli interessi commerciali di tutte le Potenze, anziché sollevare una questione di diritto, che non potrebbe risolversi senza l'adesione di tutti i firmatari delle stipulazioni di Parigi.

633

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 102. Roma, 18 dicembre 1874.

Il Ministro di Grecia è venuto di nuovo a parlarmi delle trattative aperte dal suo Governo •con quello di S. A. il Khedive per ·l'adesione del Governo Ellenico alla progettata riforma giudiziaria.

Il Signor Melitopoulos mi ha esposto ciò che gli era stato riferito dell'esito delle pratiche fatte dal Signor Manos presso Sua Altezza e mi ha sviluppato lungamente le ragioni ·che il Gabinetto di Atene adduce per non dichiararsi soddisfatto delle •concessioni ottenute. Quel Gabinetto pur non nascondendOisi le difficoltà alle quali andrebbe incontro ed i danni materiali ai quali si troverebbe esposta la numerosa colonia ellenica in Egitto, si dice risoluto a non transigere in un affare al quale egli attribuisce l'importanza di una quistione di dignità nazionale.

lo avea ricevuto il rappo.rto della S. V. sopra questo stesso !soggetto. Ho dunque potuto valermi delle indicazioni in esso contenute per rispondere al Signor Melitopoulos. Ed anzitutto io mi sono curato di fargli intendere che il suo Governo non poteva esimersi dal riflettere che la situazione in cui egli ora si trovava non era che ,la conseguenza di quella ch'egli stesso si era preparata col contegno tenuto precedentemente, durante tEtto il corso delle tratL1tivc. Non tacqui al rappresentante ellenico che la logica dei .fatti obbligherebbe il suo Governo a dimostrarsi ora assai meno esigente di quello che avrebbe potuto esserlo ,se la sua adesione non arrivasse l'ultima. Volendo però distinguere fra la sostanza delle cose e ciò che si riferisce unicamente alla ,condotta delle pratiche, circa la quale io non avea da pronunciarmi non dissentii ad appoggiare ancora una volta presso il Governo del Khedive le ragioni della Grecia, quando queste mi fossero presentate in termini accettabili. Il Signor Melitopoulos, in seguito a questo mio invito, mi disse che a suo credere H minimum delle concessioni che potrebbero accontentare la Grecia sarebbe questo:

l) Che la Grecia sia chiamata ad aderire nella forma stessa in cui gli altri Governi hanno dato o daranno la loro adesione;

2) Che nella nomina dei magistrati, l'Egitto !si rivolga al Ministro della Giustizia in Atene per la designazione di un sostituto procuratore presso la corte d'appello e per due giudici di prima istanza;

3) Che in caso di vacanza di un ,posto nel personale giudicante della Corte d'appello, un mag;istrato ellenico sia chiamato ad occuparlo.

Sulla prima domanda io consiglierei aU'Egitto di non fare difficoltà. Quella stessa Nota circolare che Nubar Pa'scià ha indirizzato a tutti i rappresentanti in Costantinopoli e che provocò le riSfPoste dalle quali risultarono le adesioni e le riserve delle varie potenze, potrebbe, a nostro avviso, essere indirizzata al Governo ellenico quando fosse ben'inteso che la rispo1sta di esso non solleverebbe nuove difficoltà.

Il numero dei magistrati che la Grecia vorrebbe fosse scelto fra la magistratura ellenica non sarebbe fuori di proporzione coll'importanza ed il numero delle ,colonie greche in Egitto. Io feci però osservare al Signor Melitopoulos che la riserva di un posto nella Corte d'appello non potrebbe essere ammessa essendo prestabilito colle potenze, presso le quali saranno scelti i magistrati di quella Corte, che, avverandosi delle vacanze alle medesime, si provvederà con persone scelte nel paese al quale apparteneva H magistrato uscito di carica.

Non sarebbe poi in alcuna ipotesi ammissibile che la Grecia dovesse avere nei tribunali egiziani un numero di magistrati superiore a Quello che vi avranno l'Italia, la Francia e gli altri grandi Stati. Se il Governo egiziano aderisse ad ammettere la riserva domandata come 3" concessione dal Signor Melitopoulos, converrebbe che tale riserva fos,se accettata senza pregiudizio delle intelligenze preesistenti 'cogli altri Governi ed in tal caso mi pare che la Grecia dovrebbe accontentarsi di avere un solo giudice di prima istanza, come lo avranno appunto tutti i grandi Stati.

Prego la S. V. di esprimersi ~con Scerif Pascià nel senso sovraindicato. Ella deve fare ~comprendere a codesto Governo che una delle condizioni necessarie del buon esito dell'esperimento quinquennale della riforma consiste appunto nell'accettazione per parte di tutti i Governi delle basi della medesima. Ammettendo pure che la Colonia ellenica sarebbe ,Ja prima a soffrire della condotta creata da un tale contegno, non rimarrebbero <Circoscritte fra Egiziani e Greci, ma si estenderebbero anche a tutti gli altri stranieri che hanno degli affari coi numerosi coloni ellenici dimoranti in Egitto. È nell'interesse del Vice Re, non meno che in quello di tutti i Governi çhe si prestarono volonterosi a rendere possibile la riforma, 'che deHe difficoltà di que1sto genere siena eliminate mediante delle concessioni di ,cui la mente illuminata dei Khedive ed i suoi alti sentimenti di equità sapranno certamente stabilire la misura.

634

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 404. Costantinopoli, 18 dicembre 1874 (per. il 28).

Questo Signor Incaricato di Francia mi aveva intrattenuto giorni sono d'ordini che egli aveva ricevuto da VersagHa; m base ad es,si egli aveva a dar passi presso il Ministro Imperiale degli Affari Esteri in appoggio alla domanda delle tre Corti di Vienna, di P·ietroburgo e di Berlino, in un senso che non doveva essere dissimile da quello a cui si atterrebbero i Rappresentanti della Gran Bretagna e d'Italia, al fine d'indurre il Governo della Sublime Porta a dar soddisfazione alle odierne esigenze economiche che potessero reclamare la stipulazione di accordi commerciali diretti fra le estere Potenze e la Rumania. In tali istruzioni al Rappresentante Francese non venivano però consigliati un modo anzi ·che un altro o questa più ·che quella forma da farsi prevalere e da potersi mettere in atto dal Governo Ottomano all'uopo in discorso.

Il Barone di Montgascon mi aggiungeva ch'ei preferiva di rimettere ogni entratura al riguardo presso Aarifi Pacha, al giorno in cui io avrei ricevuto istruzioni al proposito dall'E. V.

Nella soVTaccennata cir.costanza come in tutte le occa:sioni in cui era caso del negozio in discorso, posi la dovuta cura di non scostarmi dal contegno di riserva indicatomi compiacentemente da V. E. nell'agosto scorso, ed ho argomento di ritenere che fosse 'Conforme tuttora alle intenzioni dell'E. V., ora che sono in posses1so dell'ossequiato dispaccio di n. 177 giuntomi ieri e che Ella mi fece l'onore d'indirizzarmi H 3 del corrente mese (1).

In questa quistione ,in cui ,l'Incaricato di F'rancia mi aveva accennato ad eventuali 'concerti con lui e sulla quale altri Rappresentanti delle Principali Potenze ebbero ad interloquire meco, mentre fui tosto in grado, mer·cè l'autorevole ·contenuto di tale riverita ·comunicazione dell'E. V., di far prudentemente conoscere e convenientemente apprezzare le savie viste ed i giusti desiderii del Governo del Re, non era il caso, se io ben m'appongo, che :si addivenisse neppur ora per parte mia ad alcun concerto di determinata azione collettiva

-o ad atti d'iniziativa, da cui, come superflui, nell'alto suo giudizio si astiene il Governo del Re.

Dai rapporti molto particolareggiati, mi si dice, che codesto Inviato Ottomano dirige aUa Sublime Porta sulla questione, Aarifi Pacha deve essere perfettamente inteso del .contegno e dei giusti quanto benevoli intendimenti del Governo di Sua Maestà ed in seguito alla pregiata comunicazione direttami dall'E. V. sarò così in grado nella occasione in cui può essere caso di essa tra questo Signor Ministro degli Affari Esteri e me di tenerli a lui presenti.

Questo Ambasciatore d'Inghilterra dovrebbe, in ·Coerenza alle istruzioni da lui ricevute, indicare al Governo Imperiale anche il modo e la forma -quella cioè di un Firmano da emanarsi -per toglier di mezzo ogni contestazione negli accordi eventuali di commercio a ,stipularsi fra le Estere Potenze e la Rumania.

Il Principe Bismarck ed il Princi[le Cancelliere di Russia -in seguito piuttosto all'invito fatto loro dai rispettivi Ambasciatori Inglesi, anzi che delJ'avviso dei Rappresentanti qui accreditati d'Allemagna e di Russia, meglio conscii delle esigenze e delle suscettibilità locali -si sarebbero dimostrati proclivi ad appoggiare eventualmente la proposta di adozione di tal forma di componimento.

Ma debbo dire ·che rsiffatto modo, a rcui accennano le istruzioni di Lord Derby a Sir Henry EUiot, mentre già fin d'ora pose in non lieve apprensione Aarifi Pacha, è per nulla gustato da quelsto Ambasciatore Austro-Ungarico in ispecie, il quale deplora ,sommamente rche ne possa essere pur solo questione e non vede in esso ·che una causa di [ungaggini ed un pericolo che la questione venga ad intricarsi.

Ad esatto adempimento del mio compito mi pregio di accompagnare il presente Rapporto colla traduzione qui unita (l) ·che ebbi sott'occhio del documento 1sovraccennato del Foreign Office, in data del 20 del passato novembre.

(l) -Cfr. n. 612
635

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI

D. CONFIDENZIALE 90. Roma, 19 dicembre 1874.

Ho letto colla maggiore attenzione il di Lei Rapporto Confidenziale n. 230

S.P. (2) col quale ella mi rendeva conto di un colloquio da Lei avuto con S. E. il Signor Andradè Corvo ·circa il desiderio che parrebbe esistere nel Vaticano di avere, per mezzo del Governo Portoghese, qualche scambio di comunicazioni affatto confidenziali col Governo del Re.

Io la prego di ringraziare a mio nome S. E. il Signor d'Andrade Corvo del modo delicato e gentile con cui si espresse colla S. V. in questa occasione. Finora non è a mia notizia che le disposizioni concilianti alle quali S. E. faceva

allusione esistano realmente. Certamente se le circostanze divenissero più favo

revoli di quello che ora lo siano noi non potremmo augurarci un intermediario migliore di quello del Governo Portoghese.

Intanto, per dimostrare a Sua Maestà Fedelissima ed ai suoi Ministri tutta la mia buona volontà, mi sono tosto occupato dell'oggetto speciale a cui si riferiscono le pratiche che H Nunzio avrebbe fatto ,cQstì ed a cui Ella accennava nel dispaccio a ·cui rispondo.

Né al Ministero di Grazia e Giustiz,ia né aUa Giunta Liquidatrice dell'Asse E~cclesiasti:co in Roma risulta che l'Istituto di Propaganda Fide possegga attualmente una villeggiatura pei suoi allievi. La sola villa, ,che apparteneva a quello stabilimento, per quanto consta, era ·la villa Montalto in Fraiscati che fu comperata all'asta .pubblica da[ Duca Graziali. Ma questa era già da parecchi anni affittata ;per una parte allo stesso Duca Graziali, attuale acquirente e pel resto ad altra persona, in guisa 'che l'Istituto non avrebbe ;potuto servirsene per mandarvi i suoi allievi.

Stando le cose in codesti termini 'la S. V. Illustrissima scorgerà come non sia possibile al R. Governo l'aderire al desiderio ~che fu espresso al Barone d'Andrade Corvo. Tuttavia se l'Istituto di Propaganda Fide designasse fra i suoi immobili alcuno ~che potesse servire e servisse 1poi realmente di villeggiatura ai suoi scolari, io confido di ottenere che la Giunta Liquidatrice aderisca al desiderio di cui si tratta.

Voglia, Signor Ministro, esprimersi in questo senso con S. E. il Ministro degli Affari Esteri.

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 581.
636

IL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. RR. 8151. Roma, 22 dicembre 1874 (per. il 23).

Come io accennava nella mia lettera N. 7826 del 5 ·corrente (1), tosto venne a mia notizia l'inopportuna conclusione dello ls,critto del Capitano Perrucchetti stampato neHa Rivista Militare, ho inflHto il biasimo meritato tanto all'autore della pubblicazione, quanto al Direttore della Rivista.

Devo inoltre aggiungere che siccome il Tenente Colonnello Haymerle Ad

detto Militare della Legazione d'Austria-Ungheria a Roma ebbe a dolersi col

Tenente Colonnello Corvetta Capo del1la Divisione Stato Maggiore di questo

Ministero dello scritto suaccennato, quest'ultimo non solo gliene esprimeva il

mio rammarico, ma gli dava franca cognizione delle due lettere di rimprovero

dirette da me gerarchicamente al Capitano Perrucchetti ed al Capitano Chiala

Direttore della Rivista militm·e; e parve che il Tenente Colonnello Haymerle

.oe ne acquetasse perfettamente, perocché ne esprimeva la sua soddisfazione al

Tenente Colonnello Corvetta.

{l) Cfr. n. 615.

Ciò premesso, a me pare che nel fatto concreto la colpa del Direttore della Rivista militare sia più che altro una svista di apprezzamento; ed in vero per chi non avesse prevenzione e considerasse esclusivamente la natura dello scritto del Capitano Perrucchetti, il concetto ivi espresso non veste alcuna apparenza di provocazione o di offesa all'Austria, ma di troppo bonaria ingenuità. Ond'è che il levare al Capitano Chiala la Direzione della Rivista Militare, che da più anni egl.i ·Sostiene con molta soddisfazione, mi parrebbe una punizione eccessiva e non meritata.

Tuttavia se per riguardi diplomatici l'E. V. stimerà assolutamente indispensabile che ciò venga fatto, io non potrò a meno di aderirvi.

Unisco alla presente le copie delle lettere di rimprovero da me scritte al Comandante della Scuola di guerra pel Capitano Perrucchetti, ed al Capitano Chiala, e la risposta da quest'ultimo fattami.

637

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE CIFRATO 415. Pietroburgo, 23 dicembre 1874 (per. il 29).

Le Représentant roumain animé (?) à la suite d'une conversation avec l'Ambassadeur d'Angleterre dans la quelle ce dernier lui aurait dit que la Serbie et .Ja Roumanie risquaient d'etre englouties un jour ou I'autre par l'Autriche ou la Russie, peut-ètre par les deux à la foi1s et surtout lui aurait représenté les Grandes Puissances comme divisées en deux camps au sujet des Conventions, m'a prié à l'occasion d'en toucher un mot à V. E.

Il va sans dire que c'est l'Italie, la France et l'Angleterre que Lord Loftus aurait entendu dés.igner comme opposées aux trois autres Puissances. M. Philippesco me fit une longue exposition des droits des Principautés et me dit avoir été jusqu'à ne pas dils•simuler à I'Ambassadeur que dans 1'avenir une indépendance semblable à celle de la Belgique devait ·couronner leurs droits. Il ajouta que la France ici ne se montre pas hostile aux Conventions, ce que j'ai eu occasion du reste de déduire moi mème de mes récents entretiens avec l'Ambassadeur de France, qu'H ne croyait pas l'Italie hostile non plus, mais que I'opposition véritable venait de Lord Elliot qui suit avec une obstination personnelle les traditions de Lord Redcliff. Si Lord Loftus a parlé dans les termes que j'ai référé, je dois dire qu'il m'a toujours paru très réservé à ce 1sujet et on m'a dit mème qu'au Ministère des Affaires Etrangères il avait témoigné tant de retenue que plusieurs de ses questions relatives avaient paru presque na'ives. Tout en faisant la part de la vivacité patriotique de M. Philippesco, je dois noter le sens de ces paroles, d'autant ,plus que j'ai eu maintes occasions dernièrement de constater, au Ministère des Affaires étrangères, comme à l'Ambassade d'Autriche et d'Allemagne qu'on s'intéresse spécialement à notre attitude.

638

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 540. Roma, 25 dicembre 1874.

Il rapporto non ha guari presentato all'Assemblea Francese ,sulle operazioni deH'Esercito dell'Est nelle campagne del 1870 ha suscitato, com'Ella ben saprà, molto rumore in Italia ,pei g,iudizi ch'esso ~contiene sulla condotta del Generale Gariba'ldi in quel tempo, quale ~comandante dei vOilontarj accorsi in ajuto della Francia. Non sarebbe improbabile che al riaprirsi delle Camere nel prossimo mese venisse mossa qualche domanda al Governo su quel soggetto, come già se n'ebbe quakhe sentore fin dall'ultima seduta prima delle attuali vacanze. Nella previsione di dò, abbenché fiducioso che la detta interrogazione possa evitarsi, io ~credo opportuno di pregare V. S. IUu:strissima di volermi procurare in tempo tutti ,i dati e documenti che si riferiscono a quella pubblicazione ufficiale, onde il R. Governo possa, all'evenienza, trattarne davanti al Parlamento con piena cognizione di causa.

639

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA

D. 178. Roma, 28 dicembre 1874.

Come prima ebbi contezza dal R. Console a Scutari dei disordini avvenuti a Podgoritza in seguito al ~conflitto sorto colà fra Turchi e Montenegrini, mi affrettai ad inviare al Cav. Berio istruzioni telegrafiche che ,lo autorizzavano a porsi d'accordo ~coi suoi colleghi ano scopo di far cessare la lotta ed esercitare per quanto era possibile un'azione conciliante fra le parti contendenti. Da quell'epoca in poi, tanto la S. V. Illustrissima quanto il Cav. Berio continuarono a tenermi informato delle fasi ,successive dell'incidente e delle misure prese dal Governo ottomano per ristabilire la quiete sulle frontiere del Montenegro. Ebbi così notizia dell'inchiesta ordinata dalle due parti per iscoprire gli autori principali del conflitto e dare adeguata soddisfazione a quelle eccitate popolazioni e dalla S. V. Hlustrissima venni pure informato degli atti e delle opinioni dei Rappresentanti de1le maggiori potenze a Costantinopoli relativamente a quei luttuosi eventi.

Sebbene io non abbia avuto occasione di inviare alla S. V. Illustrissima istruzioni speciali circa il modo di contenersi ,in questa vertenza, Ella conosce abbastanza il nostro desiderio di cooperare al mantenimento della pace e deUa tranquillità fra le popolazioni dell'Impero ottomano per sapere qual parte Ella era autorizzata a prendere negli adoperamenE diplomatici degli altri esteri rappresentanti presso la Sublime Porta. Disgraziatamente, i risultati che hanno dato finora e l'iniziata inchiesta e le disposizioni dell'autorità ottomana a Podgoritza, non sembrano corrispondere allo scopo di pacificazione che si sperava veder conseguito, e le notizie che giungono di colà seguitano a rappresentare gli animi degli abitanti in preda ad una pericolosa emozione. Questo stato di ,cose merita tutta la nostra sollecitudine. Io la prego, Signor Cavaliere, di volermi tenere al fatto di quanto perverrà a sua notizia relativamente a questa importante materia e, senza restringere l'azione di Lei nei limiti di particolaregg,iate istruzioni, desidero che la S. V. si tenga in comunicazione coi Rappresentanti delle Potenze estere intere1s1sate al pari di noi a coadiuvare alla pacificazione degli animi nel Montenegro e nei paesi ,limitrofi di quel Principato, associandosi quando occorra agli atti diplomatici che le circostanze dimostrassero opportuni.

640

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 320. Vienna, 28 dicembre 1874 (per. il 2 gennaio 1875).

L'E. V., col suo ossequiato dispaccio del 22 ~corrente, n. 146 (1), compiacevasi informarmi della lagnanza già direttamente stata sporta dall'addetto militare AUistriaco al Luogotenente Colonnello Corvetto, re,lativamente all'avvenuta pubblicazione nella Rivista Militare dell'opuscolo del Capitano Perrucchetti, e del pari ben voleva riferirmi le spiegazioni dategli in proposlito dal capo della Divisione Stato Maggiore presso il Ministero della Guerra. Da questo fatto l'E. V. traeva la conseguenza: le circostanze essere mutate da quando io scrivevo il mio rapporto dei 16 cmrente (2), e quindi la misura da me proposta ,contro il Capitano Chiala non poter più avere quei medesimi effetti ,che io contemplavo quando l'incidente non aveva ancora formato oggetto di alcuna comunicazione col Governo Imperiale.

Convengo pienamente coll'E. V. su Questo apprezzamento ed io pure sono oggi d'avviso che essendosi già dovute fare delle scuse (che proprio non si potrebbero chiamare altrimenti) non è più il caso di prendere altre misure che verrebbero a perdere quel carattere 'Che l'iniziativa da noi presa solo poteva dar loro. Non conviene ,però farsi illusione, l'inc,idente sarà forse ufficialmente esaurito ~così, poiché il Colonnello Haymerle non avrà mancato di riferir la cosa al Ministro della Guerra, ed il suo rapporto, come sempre, sarà andato sotto gli occhi dell'Imperatore, ma la cattiva impressione resterà, venendosi ad aggiungere alle molte altre analoghe che già ebbero a prodursi qui; e le nostre relazioni coll'Austria-Ungheria finiranno per trovarsi pregiudicate, a causa dell'ingenuità degli uni e delle sviste d'apprezzamento degli altri; e dò malgrado le migliori rettissime intenzioni del R. Governo, 'le quali, ben so, escludono nel modo il più assoluto, qualsiasi aspirazione che 'possa tornare meno che gradita al vicino Impero.

(l) -Non pubblicato, ma cfr. n. 636. (2) -Cfr. n. 629.
641

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 532. Madrid, 31 dicembre 1874 (per. il 6 gennaio 1875).

Facendo :seguito al telegramma che ho avuto l'onore di spedire a V. E. nella notte del 29 corrente e a quelli che vi tennero dietro la notte sco,rsa e questa mane (1), mi pregio trasmettere qui unita la prima pagina della Gazzetta Ufficiale di oggi (2) in cui si notifica ,che fu proc:lamato dalla Nazione e dall'Esercito, il Re D. Alfonso di Borbone e Borbone.

Il Signor Canovas del Castillo, Presidente del Ministero-Reggenza, in virtù di Poteri conferitigli da un Real decreto in data de:l 22 agosto 1873, de,creta in nome del Re, che detto Ministero-Reggenza dovrà governare il Regno fino all'arrivo a Madrid del Re D. Alfon:so.

Il Presidente enumera quindi i personaggi da lui scelti per la formazione del Gabinetto. Finora non ho ricevuto alcuna comunicazione di quanto precede, e tosto che mi perverrà, mi affretterò di parteciparla a V. E.

642

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 322. Vienna, 31 dicembre 1874 (per. il 9 gennaio 1875).

Il nuovo anno s'annuncia sotto auspici ben poco favorevoli per l'AustriaUngheria.

Al di là delil.a Leytha il dissesto finanziario, il disordine amministrativo e le necessità del Tesoro giunsero a :segno tale che i peggiori pronostici sono ammissibili. Nella Cisleythania le cose sono certamente lontane di molto da quelle Ungheresi; non convJ:ene però dissimularsi che anche qui il male è grave. La crisi pecuniaria che travaglia questa parte della Monarchia da presso a poco due anni, ha intaccato fino alle radici l'industria ed il commercio Austriaco. Gli opi:liizi quas,i ovunque chiusi, ogni produzione è sospesa, cessata di ,conseguenza J.'esportazione, gli affari di ogni genere a11restati. 'l proventi delle strade ferrate in notevole diminuzione su tutte le linee. La miseria batte alla porta dei grandi centri e principalmente di questa Capitale. I popoli dell'AustriaUngheria, avvezzi sempre a,cché l'iniziativa d'ogni provvedimento venga dal Governo attendono che questo rsi muova, ed il Governo poco o nulla fa. In

Ungheria esso non osa appigliarsi a rimedj radicali soli efficaci nei gravi frangenti; in Austria, dove pur si potrebbe fare, purché si volesse scrutare le intime cagioni del male e provvedere a ripararvi, nulla si è fatto, nulla si accenna a fare. Mentre •con ragione sii. resiste a chi vorrebbe per interessi privati spingere alla •costruzione di nuove ferrovie improduttive, si resiste del pari alla tendenza naturale ai tempi nostri di sentire gli interessati e di discutere seco loro i provvedimenti a prendersi. Una grande inchiesta industriale e commerciale che avesse l'incarico di scrutare il male ove si trova e di proporre i rimedj necessarj è desiderata da molti, ma essa sarebbe cosa talmente all'infuori delle usanze governative Austriache che neppure i giornali ne esprimono la convenienza. Il Ministro delle Finanze è uomo di una certa abilità senza dubbio, ma egli ha saputo siffattamente alienarsi l'opinione pubbUca ·che qualsiaJsi cosa accennerebbe ad tintraprendere verrebbe male accolta; d'altronde la resistenza pare sia la sua tendenza dominante.

Il Parlamento si agita in discussioni sterili senza sapersi sollevare all'altezza delle esigenze della situazione. Il Governo che, non conviene dissimularselo, era in gran parte sorretto dalla Potenza finanziaria degli Ebrei, fra i quali esso aveva i suoi migliori e più saldi amici, travasi, dopo ·che questa ebbe ad essere sì ,gravemente scossa, singo·larmente indebolito. Esso si sostiene per la difficoltà ·che vi ha a sostituirlo, e per le conseguenze •che un tal fatto avrebbe di necessità sulla politica sì interna che estera dell'Austria. Un cambiamento di Min~stero a Vienna che non potrebbe effettuarsi se non in senso conservatore, avrebbe per necessarie conseguenze un analogo mutamento a Pest, e finalmente per inesorabile logica necessità la •c1;1duta del Conte Andrassy. A ll'iguardo di questo uomo di Stato, non conviene poi neppure farsi J.'illusione che egli sia ancora tuttora egualmente forte •Come lo fu pel passato. rn Ungheria vi fu chi osò attaccarlo publicamente ed accusarlo per le ,stampe di essere egli la causa dei mali che travagliano quel paese, i difensori sorsero pochi e fiacchi. rn Austria Egli non ebbe mai a mettere radici. A mio avviso egli ha realizzato un grande risultato .per questo Impero, quello di toglierlo dall'isolamento a cui sembrava dalle circostanze sue interne ed esterne •condannato, e di fargli riprendere autorevole posto nel Consorzio Europeo. Il Conte Andrassy ha capito che l'Austria-Ungheria ·Correva alla 1SUa perdita, ove non avesse riuscito a far tacere i suoi vecchi rancori contro la Germania e ad ispirare a questa la possibile fiducia. Con particolare tenacità :s'accinse a quello scopo ed ebbe a conseguirlo, il comune interesse consigliando alla vicina Potenza di accogliere i suoi sforzi. Mercé la Germania, la vecchia inimicizia colla Russia venne pure sostituita da una cordiale intelligenza, e mercé la così conseguitasi alleanza più o meno reale e sincera dei tre Imperi, l'Austria ebbe a godere dei vantaggi di una luce riflessa, •che pur le diede nuova vita ed un'auto'l'ità •che non •sembrava più dovesse conseguire.

Ma poche sono le cOise buone •che non abbiano i loro svantaggi. Conseguenza di quell'unione dei tre Imperi fu la nuova politica Orientale dell'Austria-Ungheria, politica che a dire il vero, non sono ancora riuscito ad afferrare o per lo meno ad apprezzarne la vantaggiosa portata pel Gabinetto di Vienna. Mercé l'ardita ma poco prudente iniziativa del Conte Andrassy, il

Gabinetto di Pietroburgo ebbe la ,soddisfazione di poter vedere 'iniziata la sostituzione dell'accordo dei tre Imperi negli Affari d'Oriente a quello delle Potenze firmatarie dell'odioso trattato di Parigi. La Germania dal suo canto non ha ,in prospettiva ana,logo vantaggio morale, ma essa ne spera, a mio parere, uno materiale più pratico, facendo aprire al rsuo commercio diretto facile transito all'Oriente attraverso all'Austria-Ungheria, nella quale faccenda il Gabinetto di Vienna sta, parmi, facendo la zampa del gatto. Intanto i vantaggi per l'Austria dalla situaz,ione 'Creata dalla sua nuova politica Orientale sembrano abbastanza problematici. L'Europa si ~commosse per l'affermazione accampata dai Gabinetti di Vienna Pietroburgo e Berlino del diritto dei Principati vassalli della Porta di conchiudere direttamente convenzioni commerciali cogli Stati Europei; i Governi di Bukarest e Be,lgrado sentendosi appoggiati, aìssunsero non solo baldanzosa attitudine 'contro la Corte Alto-Sovrana, ma anche contro il vicino Impero, ,che pur sostenendo le loro pretese, non seppe amicarseli, ed intanto non accennano a ~conciliare le loro esigenze in linea commerciale con quelle di ,chi d'altronde non aveva, neppure in casa sua, fatto precedere all'azione diplomatica i necessari studj commerciali. Come già ebbi l'onore di rifevire all'E. V. la 'convenzione di cui tanto già si parlò non solo non si conchiude, ma neppure fin qui ha ,potuto arrivare allo stadio di serii negoziati. Tutto ciò si rsa, e si commenta naturalmente in senso poco favorevole al Ministero degli Affari Esteri; quindi non è da meravigliarsi se un tale stato di cose venendosi ad aggiungere ad un :malcontento latente causato da un assieme di piocoli fatti ~che inutile sarebbe il qui riferire ma che pure hanno peso nella bilancia, abbia ~indebolito non poco la posizione del Conte Andrassy. La difficoltà però di trovare chi pos,sa sostituirlo senza che l'accordo ora esistente e riconosciuto generalmente come indispensabile, ~colle Corti Nordiche venga a subire grave alterazione, farà sì che per il momento non credo abbiano a succedere cambiamenti. Ove però una crisi si rendesse inevitabile a Vienna od a Pest, ugual ,cosa si verificherebbe pure per naturale consenso neH'altra parte della Monarchia, e nella caduta generale verrebbe travolto anche il Conte Andrassy. In quanto a noi: sebbene il Conte Andrassy, dopoché ebbe a trovare a Pietroburgo il terzo punto necessario a dargli ,l'appoggio stabile che gli occor~ reva, più non accenni a trovarlo nell'intimo accordo coH'Italia, conformemente a quanto con insistenza sempre ri!petevami allor,ché venne al potere, pur non saprei vedere altro uomo di Stato qui che, tanto per la sua origine ed i suoi antecedenti come pel ,concorso di molte altre ~circostanze potesse esserci meno di il.ui avverso. Or bene, siccome io ritengo fermamente che le buone relazioni fra l'Austria-Ungheria e l'Italia sono non solo un preciso interesse dei due Paesi ma anche una guarentigia di pace per l'Europa, così faccio voti affinché nell'anno che sta per incominciare, i mali ~che affliggono le due parti di questa Monarchia vadano grado grado scemando :lìino a s'comparire del tutto, e che così i Governi sufficientemente liberali che le reggono, riprendano la forza che loro è necessaria per conservarsi la fiducia del Sovrano. Venendo così per naturale ~conseguenza a scomparire j,l malcontento che un po' ovunque serpeggia, si rinforzerà il triangolo governativo, al cui vertice superiore sta il Conte Andrassy, del quale le non poche e belle qualità devono, malgrado tutto,

far desiderare che per lungo tempo ancora sia conservato alla direzione degli Affari Esteri dell'Impero.

N.B. Il presente rapporto è consegnato al Cavaliere Terzaghi ehe recandosi

in congedo, ne affiderà la .spedizione ad un'Autorità Italiana. Si unisce una lettera particolare per S. E. il Ministro (1).

(l) -Non pubblicati. (2) -Non si pubblica.
643

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L.P. Vienna, 31 dicembre 1874.

Vi scrivo per non 'lasciar passar il fin d'anno senza darrvi segno di vita, ma in verità ben poco ho da dirvi. Dacché son di rritorno a Vienna non ebbi ancorra la possibilità di vederr il Conte Andrrassy, sono dunque presso a poco cinque mesi <Che non <lo vedo più. Momentaneamente EgU travasi a Vienna, ma Lunedì 'scolìso giorno di sua ordinaria udienza mi presentai inutilmente coi miei ~colleghi al Ministero essendo egli andato alla caccia! In un mio rapporto d'oggi (2) vi faccio un piccolo quadro della situazione in Austria-Ungheria poco sorridente in verità, gli affari non vanno bene qui, e se !l'Imperatore avesse altri uomini 'SU cui metter la mano son persuaso ·che un ,cambiamento di !SCena non tarderebbe a verificarsi, ma gli uomini <POS.'dbHi mancano e così si tira avanti. Fra i possibili successorri del Conte Andrassy, mi venne indicato da persona molto bene informata sempre, il nostro Conte Wimpffen, il quale a quanto pare è da quakhe tempo molto nelle grazie del Sovrano. Vi do questo on dit come l'ebbi senza intendere dargli soverchio peso. Quel che è ·certo si è che il Conte Andrassy è pel momento alla baisse. A proposito della questione Rumena si attribuiscono al Conte le seguenti parole: • J'ai tiré ces gens là du fond du fossé et maintenant qu'ils en sont dehors au Heu de m'etre rreconnaissants, ils m',injurient •. Al ehe il •colto pubblico risponde, bisognava prevederlo prima. Tutti i giornali annunciano per la primavera, principio d'Aprile, un viaggio dell'Imperatore in Dalmazia, ed anzi la cosa pare !sicura giacché ·co~à sono già incominciati i preparativi per riceverlo. L'occasione sarebbe più che propizia per Ia <controvisita in Halia, anzi ove non si effettuasse in tal circostanza il fatto sarebbe doppiamente grave. Non mancherò di tenervi al corrente di tutto ciò che potrò sapere in proposito, e dintanto io serberò qui un'attitudine un po' fredduc,cia che mi pare la sola conveniente sintantoché non mi si fa neppur parola dell'intenzione di contracambiar la viJsita ricevuta. Se per caso Wimpffen avesse a dire al ricevimento dell'ultimo dell'anno qualche parola in proposito a Sua Maestà, mi sarebbe assai caro l'esserne tosto informato onde regolar di conseguenza la mia attitudine qui.

Mi vien detto che Monsignor Manning il quale deve trovarsi attualmente a Roma, •consigli caldamente il Vaticano alla conciliazione coll'Italia, Voi saprete ·cosa ci poS1sa esser di vero in quella voce, io mi limito ad accennarvela come semplice indicazione.

Vedo sui giornali nostri ·che H mov.imento nel personale nostro diplomatico è ancora allo studio, mi permetto quindi ripetervi la mia raccomandazione a favore di Della Croce, e del povero Balbi che si strugge dal desiderio della promozione a 1° Segretario. Augurandovi anche per incari·co :speciale di mia moglie, tutto ciò che potete des1derar pel .prossimo anno, e ringraziandovi ancora per ila somma indulgenza /sempre dimostratami, e per le molte •cortesie che in quest'anno vi piacque usarmi, con particolare devozione pregiomi raffermarmi...

(l) -Cfr. n. 643, (2) -Cfr. n. 642.
<
APPENDICI

APPENDICE l

LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione al 31 dicembre 1874)

ARGENTINA

Buenos Aires -DELLA CROCE Dr DoJOLA conte Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARTIN LANCIAREZ Eugenio, segretario.

AUSTRIA-UNGHERIA

Vienna -NrcoLrs Dr RoBILANT conte Carlo Felice, maggior generale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CURTOPASSI Francesco, consigliere; BALBI SENAREGA marchese Giacomo, segretario; TERZAGHI Carlo, segretario; NrccoLrNr Carlo, addetto onorario; RrsToRr Giovanni Battista, addetto onorario; MAJNONI n'INTIGNANO Luigi, maggiore di stato maggiore, addetto militare.

BAVIERA

Monaco -GREPPI conte Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (accreditato anche presso il granducato di Assia); DE NrTTO Enrico, segretario.

BELGIO

Bruxelles -BLANC barone Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GERBAIX DE SoNNAZ Carlo Alberto, segretario; BECCARIA INCISA marchese Emanuele, addetto.

BOLIVIA

GARROU Ippolìto, incaricato d'affari (residente a Lima).

BRASILE

Rio de Janeiro -CAVALCHINr-GAROFOLI barone Carlo ~Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CANTAGALLI Romeo, segretario.

CILE

Santiago -SANMINIATELLI Fabio, incaricato d'affari.

CINA

FE' D'OsTIANI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Tokio).

COSTARICA ANFORA, dei duchi Guatemala). di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a DANIMARCA

Copenaghen -SPINOLA marchese Federico Costanzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MrNGHETTI Achille, addetto onorario.

FRANCIA

Parigi -NIGRA Costantino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; REsMANN Costantino, segretario; AvARNA, dei duchi di Gualtieri, Giuseppe, addetto; GuAsco Dr Brsro Alessandro, addetto; LANZA conte Carlo, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare.

GERMANIA

Berlino -DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, (accreditato anche presso i regni di Prussia e di Sassonia, presso i granducati di Baden, di Sassonia, di Mecklemburgo Schwerin e Strelitz e di Oldemburgo e presso i ducati di Brunswick e di Sassonia Altemburgo, Coburgo-Gotha e Meiningen); Tosr Antonio, segretario; TUGINI Salvatore, segretario; D'ALBERTAS Felice, addetto.

GIAPPONE

Tokio -FE' D'OsTIANI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LITTA-BIUMI-RESTA conte Balzarino, segretario; BECCADELLIBOLOGNA Paolo, principe di Camporeale, addetto onorario.

GRAN BRETAGNA

Londra -CADORNA Carlo, inviato straor:dinario e ministro plenipotenziario; DE MARTINO Renato, segretario; CaNELLI DE' PROSPERI Carlo, segretario; CATALANI Tommaso, segretario; CAPPELLI, dei marchesi, Raffaele, addetto; DEGLI ALESSANDRI conte Giovanni, addetto onorario.

GRECIA

Atene -MIGLIORATI marchese Giovanni Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GALVAGNA barone Francesco, segretario.

GUATEMALA

Guatemala -ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari.

HONDURAS ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala). MAROCCO Tangeri -ScovAsso Stefano, incaricato d'affari.

MESSICO Messico -BrAGI Giuseppe, incaricato d'affari.

NICARAGUA

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

PAESI BASSI

Aja -BERTINATTI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PRAMPERO conte Ottaviano, segretario.

PERU' Lima -GARROU Ippolito, incaricato d'affari.

PORTOGALLO

Lisbona -0LnorNI marchese Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ScoTTI conte Alberto, segretario; DE FoRESTA Ernesto, addetto.

RUSSIA

Pietmburgo -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAROCHETTI barone Maurizio, segretario, incaricato d'affari; AvoGADRO Dr CoLLOBIANO ARBORIO, Luigi, segretario; DALLA VALLE Dr MIRABELLO marchese Alessandro, addetto; BELLA CARAccroLO marchese Giuseppe, addetto onorario.

SAN SALVADOR

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

SPAGNA

Madrid -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAFFEI DI BoGLIO conte Carlo Alberto, consigliere, incaricato d'affari; FRANCHETTI Giulio, segretario.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -CoRTI conte Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZANNINI conte Alessandro, segretario.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -SALLIER DE LA TouR conte Vittorio. inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BoBBIO Ettore, segretario.

SVIZZERA

Berna -MELEGARI Luigi Amedeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARTUSCELLI Ernesto, segretario; VIGONI Giorgio, segretario; HIERSCHEL DE' MINERBI Oscarre, addetto.

TURCHIA

Costantinopoli -ULISSE BARBOLANI conte Raffaele, inviato straordinario e ministro :plenipotenziario; CovA Enrico, segretario; CoTTA Francesco, segretario; VERNONI Alessandro, interprete; GRAZIANI Edoardo, interprete; BARONE Antonio, interprete; CHABERT Alberto, interprete; CANGIÀ Alfredo, alunno interprete.

VICEREAME D'EGITTO

Alessandria -DE MARTINO Giuseppe, agente diplomatico e console generale.

REGGENZA DI TUNISI

Tunisi -PINNA Luigi, agente diplomatico e console generale.

ROMANIA

Bucarest -FAVA barone Saverio, agente diplomatico e console generale.

SERBIA

Belgrado -JoANNINI CEVA DI SAN MICHELE conte Luigi, agente diplomatico e console generale.

URUGUAY

Montevideo -CERRUTI Giovanni Battista, incaricato d'affari.

VENEZUELA Caracas -VIVIANI Giovanni Battista, incaricato d'affari.

WURTEMBERG

Stoccarda -RATI 0PIZZONI conte Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

APPENDICE Il

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

(Situazione al 31 dicembre 1874)

MINISTRO

VrscoNTI VENOSTA Emilio, deputato al Parlamento.

SEGRETARIO GENERALE

ARTOM !sacco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, incaricato delle funzioni di segretario generale.

DIVISIONE POLITICA

ToRNIELLI BRUSATI DI VERGANO conte Giuseppe, consigliere di legazione, reggente la divisione.

UFFICIO I

Corrispondenza politica -Corrispondenza particolare del Ministro Trattati politici -Pubblicazioni diplomatiche -Cifra e telegrammi.

RrvA Alessandro, segretario di 2a classe; PANSA Alberto, segretario di 2a classe; BrANCHI DI LAVAGNA Francesco, sottosegretario di la classe.

UFFICIO II

Personale del Ministero, delle Legazioni e dei Corrieri di Gabinetto Ordini cavallereschi nazionali ed esteri -Atti pubblici -Notariato della Corona -Cerimoniale di Corte -Cancelleria dell'Ordine della SS. Annunziata -Biblioteca -Archivi.

BERTOLLA Giuseppe, archivista capo di la classe; SEVEZ Lorenzo, archivista capo di 2a classe; ALINARI Enrico, archivista di 3a classe; GABUTTI Pasquale Pietro, ufficiale d'ordine.

RAGIONERIA

Bilancio -Contabilità generale dei RR. Agenti diplomatici e consolari Mandati -Rendiconti -Corrispondenza relativa.

CATTANEO Angelo, ragioniere capo; 0DETTI DI MARCORENGO Edoardo, segretario di 2a classe, supplente ragioniere

capo; BERNONI Luigi, ragioniere di 1a classe; LONGO-VASCHETTI Giovanni Battista, ragioniere di 2a classe (cassiere); GuGLIELMINETTI Giuseppe, ragioniere di 2a classe; BELLISOMI Lodovico, computista di 1a classe.

DIREZWNE GENERALE DEI CONSOLATI E DEL COMMERCW

PEIROLERI Augusto, direttore generale.

UFFICW DEL PERSONALE Corrispondenza riservata e confidenziale della direzione generale -Per sonale consolare e dragomannale -Esami -Exequatur degli Agenti esteri.

BARILARI Federico, sottosegretario di 2a classe; BERTOLLA Cesare, sottosegretario di 2a classe.

DIVISWNE I

DE VEILLET Francesco, direttore capo di divisione di l a classe.

UFFICW I

Corrispondenza coi RR. Agenti diplomatici e consolari residenti presso i diversi stati d'Europa e loro colonie, eccettuate la Turchia e la Grecia, e cogli Agenti diplomatici e consolari di detti Stati in Italia; coi Ministeri, colle Autorità e coi privati in tutte le materie non politiche, né commerciali.

ScHMUCKER barone Pompeo, capo sezione di 2a classe; CAVACECE Emilio, segretario di la classe; MIRTI DELLA VALLE Achille, segretario di la classe; MoNTERSINO Francesco, segretario di l a classe; CAPELLO Carlo Felice, segretario di 2a classe; BAZZONI Augusto, segretario di 2a classe; 0RFINI conte Ercole, sottosegretario di l a classe; VACCAJ Giulio, sottosegretario di 2a classe; FASSATI DI BALZOLA Ferdinando, sottosegretario di 3a classe; MANASSERO DI CoSTIGLIOLE Vincenzo, sottosegretario di 3a classe; CASTELLI Stefano, console di 2a classe, addetto all'ufficio; MADDALENA Giuseppe, vice console di la classe, addetto all'ufficio.

UFFICIO II

Corrispondenza coi RR. Agenti diplomatici e consolari residenti in Grecia, nell'Impero Ottomano, in Asia, Africa ed America, e cogli Agenti diplomatici e consolari di detti paesi in Italia; coi ·Ministeri, colle Autorità e coi privati, in tutte le materie non politiche né commerciali.

BIANCHINI Domenico, capo sezione di 2a classe; MILIOTTI Luigi, segretario di la classe; MASSA Nicolò, sottosegretario di la classe; PIRRONE Giuseppe, sottosegretario di 2a classe.

DIVISIONE II

MALVANO Giacomo, direttore capo di divisione di 2a classe.

UFFICIO I

Corrispondenza relativa alla stipulazione dei trattati e delle convenzioni commerciali, di navigazione, consolari, monetarie, doganali, postali e telegrafiche ecc. -Pubblicazioni commerciali -Bollettino consolare.

DE GoYZUETA, dei marchesi di Toverena, Francesco, capo sezione di 1a classe; BoREA D'OLMO marchese Giovanni Battista, segretario di la classe; PucciONI Emilio, sottosegretario di la classe; BARDI Alessandro, sottosegretario di 2a classe; PAGANUZZI Daniele, sottosegretario di 3a classe; DE ANGIOLI Eugenio, ufficiale d'ordine.

UFFICIO li

Corrispondenza relativa alle successioni di nazionali all'estero ed agli atti di stato civile rogati all'estero.

SANTASILIA Nicola, capo sezione di la classe; CASELLI Carlo, segretario di 2a classe; BARILARI Pompeo, sottosegretario di 3a classe; NARDUCCI Augusto, volontario.

ECONOMATO E SPEDIZIONE

Spese d'ufficio -Contratti -Spedizioni -Economato -Servizio interno.

BROFFERIO Tullio, archivista di la classe; DE NoBILI Achille, archivista di 2a classe.

PASSAPORTI E LEGALIZZAZIONI

PAPINI Andrea, archivista capo di 2a classe.

ISPETTORE GENERALE (ONORARIO) DEI CONSOLATI

NEGRI Cristoforo, console generale di la classe in riposo, col titolo di inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

INTERPRETI

TKALAC Emerico, interprete di la classe; VALERGA Pietro, interprete onorario per la lingua araba.

CORRIERI DI GABINETTO

Corrieri di Gabinetto di la classe -ARMILLET Giuseppe; ANIELLI Eugenio. Corrieri di Gabinetto di 2a classe -VILLA Antonio; LONGO Giuseppe.

USCIERI

Capi uscieri: CAVAGNINO Pietro; FERRERO Antonio; CARELLO Giuseppe.

Uscieri: Rossi Antonio; RosTAN Cesare; SAROGLIA Giuseppe; Bo Ignazio; BRuNERI Michele; DONZINO Domenico; MORONE Giovanni Battista; BERNARDI Lodovico; ZEI Giuseppe; DE MATTEIS Giacomo; BRUSA Luigi; VILLANI Antonio; CoMPAGNO Lorenzo; RosA Ettore.

Inserviente: CRAVANZOLA Luigi.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Questioni di diritto internazionale, di nazionalità, di leva, interpretazione di trattati, ecc.

PRESIDENTE

N. N.

VICE PRESIDENTE

VIGLIANI Paolo Onorato, senatore del Regno, ministro di Stato.

24 -Documenti diplomatici -Serie Il -Vol. V

CONSIGLIERI

Il segretario generale del Ministero degli Affari Esteri; MIRAGLIA Giuseppe, senatore del Regno; ALFIERI DI SosTEGNO marchese Carlo, senatore del Regno; GuERRIERI-GoNZAGA marchese Anselmo, deputato al \Parlamento; RAELI Matteo, consigliere di Stato; TABARRINI Marco, senatore del Regno, consigliere di Stato; MAURI Achille, senatore del Regno, consigliere di Stato.

SEGRETARIO

Il segretario generale del Ministero degli Affari Esteri.

SEGRETARIO AGGIUNTO

BIANCHINI Domenico, capo sezione presso il Ministero degli Affari Esteri.

APPENDICE IIl

LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione al 31 dicembre 1874)

Argentina -BALCARCE Mariano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Austria Ungheria -WIMPFFEN conte Felix, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PAsETTI voN FRIEDENBURG barone Marius, segretario; VoN SCHWARTZ-MOHRENSTERN, segretario; VoN BIEGELEBEN barone Rudiger, segretario; LuTzow conte Franz, addetto; ScHoBER J., addetto; VoN HAYMERLE, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

Baviera -VoN BIBRA barone Alfred, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VoN TAUTPHOEUS barone Rudolf, consigliere.

Belgio -VAN Loo Auguste, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; HooRICKX Frédéric, consigliere; LE GHAIT Alfred, segretario.

Brasile -DE JAVARY barone Joao, ministro residente; ITIBERE DA CuNHA B., addetto; HALVÉ DE CARVACHO H., addetto.

Costarica -DE LINDEMANN conte Alfonso Cristiano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Danimarca -FRIEDERICHSEN DE KJOER Fritz, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Francia -DE NoAILLES, marchese Emmanuel, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; TIBY Victor, primo segretario; DE GROUCHY, visconte, secondo segretario; BRIN barone L., terzo segretario; Du MAREUIL, visconte, addetto; DE VoiZE, addetto; LEMOYNE, capo squadrone di Stato Maggiore, addetto militare.

Germania -VoN KEUDELL Robert, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VoN LYNAR, principe, consigliere; VoN ScHWEITZER, barone, addetto, VoN HAsPERG maggiore Gustav, addetto; VoN BuLOW, addetto; VoN PoRTATIUS, capitano, addetto militare.

Giappone -KAVASE MATASAKA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SAKURADA, segretario; AssAI, addetto interprete; TANAKA, addetto.

.Gran Bretagna -BERKELEY PAGET sir Augustus, inviato straordinario e mimstro plenipotenziario; HERRIES Edward, primo segretario; LASCELLES Frank Cavendish, secondo segretario; KENNEDY John Gordon, terzo segretario; MuRRAY Charles James, addetto; HowARD capitano Edward Henry, addetto navale.

Grecia -MELrTOPOULo Leonidas, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Honduras -THIRrON DE MoNTAUBAN Julio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Nicaragua -DE FRANCO José Tomaso, ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Paesi Bassi -WEsTENBERG Bernardo, ministro residente.

Portogallo -FERREIRA BoRGES DE CASTRO visconte José, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE TovAR, segretario; DE SA NoGuErRA, maggiore, addetto militare.

Russia -D'UxKULL-GYLLENBANDT barone Karl, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ScHEWrTcH barone Dimitri, p!'imo segretario; Dr BENKENDORFF conte Aleksandr, addetto; NowrTZKY, generale, agente militare; ScHESTAcow, contrammiraglio, agente di marina.

Spagna -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DEL MoRAL marchese, primo segretario; CoRDERO Santiago Alonso, secondo segretario; RrcA Y CALVO José, terzo segretario.

Stati Uniti -PERKrNs Marsh George, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; WuRTS George W., segretario.

Svezia e Norvegia -Dr EssEN barone Hans Eric, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BoNDE, barone, addetto.

Svizzera -ProDA Giovanni Battista, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ProDA Luigi, segretario.

Turchia -CARATHEODORY effendi, inviato straordinario e ministro plenipoten2liario; CHRYSSIDr effendi, primo segretario; DJEMAL bey, secondo segretario.

Uruguay -ANTONrNr Y DrEZ, ministro residente.